Edizioni La Fenice - Teatro La Fenice

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Edizioni La Fenice
VeneziaMusica e dintorni
n. 56 – novembre 2014
Testata in corso di registrazione
Direttore responsabile
Giampiero Beltotto

a cura di
Leonardo Mello

VeneziaMusica e dintorni
è stata fondata da Luciano Pasotto nel 2004

Editore
Fondazione Teatro La Fenice
Campo San Fantin
San Marco 1965
30124 Venezia

Realizzato da
Dali Studio S.r.l.
VENEZIAMUSICA
          e dintorni

       Edizioni La Fenice
Sommario

                                                               32 Opera – Saggi
     3   Editoriale

    4    Focus – La stagione 2014-2015                          32   Giulio Viozzi e il suo teatro lirico
                                                                     di Chiara Facis

                                                               37 Altre musiche
     4   La specificità della Fenice,
         tra innovazione e importanti ritorni
         di Cristiano Chiarot
                                                                37   I Pink Floyd tra genio assoluto
     6   Una stagione «italiana» e variegata                         e polemiche (anche veneziane)
         di Fortunato Ortombina                                      di Giò Alajmo

    8    Focus – Simon Boccanegra                              40 Dintorni
     8   Il «Simon Boccanegra» del 1857: una cronaca            40   Bernard-Henri Lévy e l’edizione italiana
                                                                     della «Barbarie à visage humaine»
    12   Da Gutiérrez a Verdi                                        di Cesare De Michelis
         di Lorenzo Bianconi
                                                                42   La scrittura secondo Claudio Magris
    14   Qualche nota sul «Simon»
         di Fabrizio Della Seta                                 44   Il premio «Una vita nella musica» 2014
                                                                     di Anna Ave

                                                               46 Prosa
    17   Una breve storia della vocalità
         di Giorgio Gualerzi

    18   Andrea De Rosa illustra il suo allestimento            46   La «Bovary» di Luciano Colavero
         a cura di Alberto Massarotto                                di Fernando Marchiori

20 Contemporanea                                                47   Dalle note di regia della «Bovary»

    20   A proposito della «Porta della legge» di Sciarrino    48 Carta Canta
         di Mario Messinis
                                                                48   Il Mozart «al femminile» di Leonetta Bentivoglio
    22   La terza Biennale di Ivan Fedele                            di Leonardo Mello
         a cura di Alberto Massarotto

    24   La «Biennale College»

    25   Steve Reich
         di Mario Messinis

    26   Sulla Biennale Musica 2014 (1)
         di Paolo Petazzi

    28   Sulla Biennale Musica 2014 (2)
         di Enrico Bettinello

    30   Claudio Ambrosini e la guerra vista da un bambino
         a cura di Leonardo Mello

2    | VENEZIAMUSICA e dintorni
EDITORIALE

   C
                ome è ormai tradizione, VeneziaMu-       poranea, a partire ovviamente da uno sguardo ca-
                sica e dintorni incentra il numero di    pillare sulla Biennale Musica appena trascorsa, e
                novembre su uno dei momenti più          dedicando altresì alcune pagine al dibattito lettera-
                importanti dell’anno musicale vene-      rio di oggi e di ieri.
ziano, vale a dire l’apertura della stagione lirica.     La musica, il teatro, la letteratura, le arti visive
Quest’anno la Fenice, all’interno di un program-         sembrano sempre più «necessitate» a incontrarsi,
ma dai contorni vasti e frastagliati, presenta, come     abbandonando i marcati confini che contraddistin-
spettacolo inaugurale, un nuovo allestimento del         guevano e connotavano ciascun genere nell’ormai
Simon Boccanegra verdiano, che proprio a Vene-           trascorso Novecento. Commistioni innovative tra
zia ebbe il debutto assoluto il 12 marzo del 1857.       parola, gesto, movimento, canto, supporti architet-
Un’altra opera, dopo Il trovatore, che il composito-     tonici sono ormai all’ordine del giorno, in una ten-
re emiliano, coadiuvato per il libretto da Francesco     denza che sembra irreversibile e che probabilmen-
Maria Piave, aveva tratto dal teatro drammatico          te influirà in modo determinante nelle ridefinizione
dello spagnolo Antonio García Gutiérrez, un au-          futura delle arti, sceniche e non. Favorire la comu-
tore acclamato in patria ma piuttosto sconosciuto        nicazione tra questi settori è parso uno dei modi
nel resto d’Europa. Tra i capolavori di Verdi, il        più efficaci di rispondere senza presunzione alla
Simon non è uno dei più celebri e rappresentati,         funzione che sta all’origine di questa nostra espe-
ma presenta importanti snodi sia dal punto di vista      rienza editoriale, che con novembre 2014 sorpas-
musicale che drammaturgico: all’analisi di questi        sa il traguardo del decimo anno di vita. La prima
elementi, oltre che all’esplorazione del nuovo im-       uscita, caratterizzata dall’entusiasmo e dall’ingenu-
pianto registico, firmato da Andrea De Rosa, ab-         ità che sempre accompagnano le nuove avventure,
biamo dunque dedicato la prima parte della rivista.      risale infatti al novembre 2004, in ideale coinciden-
Ma per confermare e accrescere la volontà, accen-        za con l’agognata riapertura della Fenice, grazie,
tuatasi ulteriormente negli ultimi numeri, di svisce-    anche allora, a uno spettacolo verdiano, quella
rare il panorama culturale del territorio cui ci rife-   Traviata allestita da Robert Carsen che ancora oggi
riamo, spesso allargato a «dintorni» sia geografici      è riproposta con successo, oltre che a Venezia, nei
che sostanziali, nella seconda parte ampio spazio        cartelloni dei maggiori teatri europei.
ricopre l’elaborazione musicale e teatrale contem-

                                                                             VENEZIAMUSICA e dintorni |     3
Focus – La stagione 2014-2015

      LA SPECIFICITÀ DELLA
    FENICE, TRA INNOVAZIONE
     E IMPORTANTI RITORNI
                                           di Cristiano Chiarot*

    L
                 a stagione 2014-2015 rafforza la         programma si articola anche in altre direzioni. Ne è
                 strada intrapresa in questi ultimi       esempio il recupero di un’opera piuttosto trascura-
                 anni, nei quali si è sempre più chia-    ta come l’Alceste di Christoph Willibald Gluck. Ri-
                 ramente definito un modello pro-         teniamo sia compito di un’istituzione come la Fe-
duttivo proprio della Fenice. L’obiettivo che ci sia-     nice intervallare a titoli di grande richiamo anche
mo prefissati è continuare a offrire un’ampia varietà     opere meno note che però rappresentano passaggi
di proposte culturali e musicali ai diversi pubblici      fondamentali della nostra tradizione musicale. Per
che frequentano i nostri due teatri, aumentando il        valorizzare al massimo quest’Alceste abbiamo affi-
più possibile quest’offerta. Si tratta di uno sforzo      dato la regia, le scene e i costumi a un artista raffi-
ingente, che vede coinvolti tutti i settori del Teatro,   nato e colto come Pier Luigi Pizzi, che tornerà per
ciascuno con le sue competenze, per raggiungere           la quarta volta a lavorare su questo capolavoro di
le finalità che ci siamo programmaticamente posti.        Gluck, autore di cui festeggeremo anche il tricen-
Il primo pubblico al quale abbiamo pensato è na-          tenario della nascita.
turalmente il fedele gruppo degli abbonati, cui è         Un altro elemento caratterizza da tempo gli indi-
riservata una stagione variegata e caratterizzata da      rizzi programmatici del Teatro, vale a dire la colla-
molte novità. Nella costruzione di questo nuovo           borazione con altre importanti realtà culturali del
cartellone, come già in passato, abbiamo infatti te-      territorio. In questo senso va il progetto dedicato
nuto conto anche dei preziosi suggerimenti che ci         a Vincenzo Bellini, la cui Norma sarà presentata a
arrivavano dagli abbonati stessi.                         maggio. Dopo il successo della Butterfly realizza-
C’è poi l’importante appuntamento rappresenta-            ta nel 2013 insieme alla Biennale Arte, nella quale
to dall’Expo, al quale abbiamo riservato partico-         abbiamo assistito all’affascinante e inedita lettura
lare attenzione con la volontà di proporre anche          scenografica di Mariko Mori, è ora la volta del fa-
a spettatori che provengono da lontano un ampio           moso lavoro belliniano, con il quale si cimenterà
ventaglio di rappresentazioni. La Fenice da sempre        un’altra importante artista visiva come Kara Wal-
per sua natura si rivolge anche a un pubblico inter-      ker, che nella sua carriera ha indagato temi centrali
nazionale, che grazie ai nostri spettacoli è attirato a   del dibattito culturale odierno, quali la violenza
venire a Venezia. E la manifestazione milanese è un       di genere, la sessualità, la discriminazione. Tutto
momento particolarmente importante per l’enor-            questo confluirà certamente nella sua interpre-
me numero di persone che richiamerà da tutta Ita-         tazione registica dell’amara vicenda di Norma. Il
lia e dall’estero. Con questo spirito è stata varata      sodalizio con la Biennale nasce dalla convinzione
l’iniziativa «Expo Traviata»: il celebre allestimento     che sempre più sia necessario un incontro tra for-
firmato da Robert Carsen nel 2004, in occasione           me espressive differenti, per esprimere un punto di
della riapertura del Teatro, raggiungerà nel 2015 la
cifra record di venticinque repliche.
Ma il nostro impegno per ampliare e diversificare il      *   Sovrintendente Fondazione Teatro La Fenice

4   | VENEZIAMUSICA e dintorni
Focus – La stagione 2014-2015

vista fresco e innovativo nella creazione di nuovi       ed emblematica come Il flauto magico mozartiano.
spettacoli d’opera. Non mi riferisco alle cosiddette     Qualche considerazione infine sull’inaugurazione,
«attualizzazioni», spesso estetizzanti, quanto a un      che come ogni anno è l’inizio di un’ulteriore sfida.
modo contemporaneo e vitale di intendere il teatro       Questa volta abbiamo voluto accostare al menzio-
musicale.                                                nato Simon un titolo amato dal pubblico come La
Senza soffermarmi su ogni titolo scelto voglio però      traviata, che come ricordavo poc’anzi tornerà più
mettere in evidenza alcune altre linee-guida di que-     volte nel corso della stagione. Anche qui la volon-
sta nuova stagione, che prosegue – lo ripeto – il        tà è stata quella di mettere insieme uno spettacolo
percorso avviato negli ultimi anni. Oltre allo sforzo    nuovo di zecca, curato scenicamente da Andrea
produttivo, che si fa sempre più massiccio, l’atten-     De Rosa, e un «classico» che è divenuto nel tempo
zione è rivolta anche all’eccellenza del cast artisti-   anche, per così dire, il marchio di fabbrica della
co. In questo senso fondamentale è l’alternanza di       Fenice. Due opere, tra l’altro, composte da Verdi
nomi di chiara fama – due per tutti il citato Pizzi      proprio per il nostro Teatro, e che assumono, an-
e Myung-Whun Chung, che tornerà alla Fenice              che per questo, un forte valore simbolico. Simbo-
per dirigere il nuovissimo allestimento del Simon        lica è poi anche la centesima ripresa della Travia-
Boccanegra verdiano – e direttori, cantanti e registi    ta, che rappresenta, per tornare a quanto dicevo
giovani, che abbiamo selezionato per il loro talento     all’inizio, l’idea che sottende la nostra concezione
e che rappresentano un’importante apertura alle          produttiva: costruire spettacoli importanti, con
nuove generazioni, in un disegno complessivo che         caratteristiche di novità nel rispetto della dram-
deve necessariamente contraddistinguere un ente          maturgia originale, e dare loro una vita, riproporli
culturale come il nostro. In questa direzione si in-     perché possano essere visti e ammirati dal più vasto
serisce anche la prossima regia di Damiano Michie-       numero di appassionati possibile.
letto, che affronterà questa volta un’opera capitale

                                                                             VENEZIAMUSICA e dintorni |    5
Focus – Simon Boccanegra

    UNA STAGIONE «ITALIANA»
          E VARIEGATA

                                       di Fortunato Ortombina*

    N
                       ella stagione 2014-2015 abbia-    Triumphans di Vivaldi, dei primi del Settecento. In
                       mo voluto dare un ulteriore in-   mezzo trova posto il Classicismo e il melodramma
                       cremento alla nostra program-     dell’Ottocento fino a Puccini. La doppia inaugu-
                       mazione. Da anni abbiamo          razione è poi tutta verdiana, con il nuovo allesti-
costruito, per così dire, una «politica dello svilup-    mento del Simon Boccanegra firmato da Andrea De
po», prima di tutto del repertorio, ampliandolo, e       Rosa e diretto da Myung-Whun Chung, sommo in-
poi creando le basi per la crescita di giovani talenti   terprete del Genio di Busseto, e la riproposizione
per quanto riguarda il canto, la regia e la direzione    della Traviata, che vedrà sul podio Diego Matheuz.
d’orchestra. Su tutti questi fronti ora ci proponia-     Questo accostamento è interessante anche per il
mo di continuare il processo di accrescimento av-        fatto che il giovane venezuelano iniziò a lavorare
viato. Questo significa anche aumentare, in termini      a Venezia cinque anni fa, quando venne a dirigere
numerici e qualitativi, le opere in cartellone: le fu-   le ultime recite di un Rigoletto che aveva diretto
ture «alzate di sipario», seppure proponendo per         proprio Chung. In questo senso quindi il cerchio
tre volte la nostra Traviata, saranno infatti ventuno.   si chiude.
Quindi incrementeremo ancora di più la varietà           Un altro argomento forte è la venezianità di molti
della stagione lirica, che –come ho detto altre volte    dei pezzi che abbiamo selezionato: il Simon ebbe la
– deve essere un unico grande spettacolo, compo-         prima versione proprio alla Fenice (una seconda,
sto di molti ingredienti diversi. Deve cioè avere un     più fortunata, che riproponiamo anche noi, fu in-
appeal, perché è la presentazione di un Teatro e di      vece scritta per la Scala), così come è noto che La
quello che offre, ed è dal grado di appetibilità e       traviata fu ideata per il nostro Teatro. A queste si
di interesse con cui riesce a vellicare la curiosità     aggiunge – per citare soltanto un altro titolo – an-
e il gusto di ogni singolo abbonato che si capisce       che I Capuleti e i Montecchi composta nel 1830 da
se la programmazione funziona o meno, pensando           Bellini per Venezia.Cerchiamo insomma, in questo
anche alle molte persone che arrivano in laguna da       nuovo cartellone, di sottolineare una vera e propria
fuori,e magari da lontano, e che – a seconda delle       civiltà veneziana legata all’opera e al canto. Bellini
proposte che vengono fatte loro – pianificano uno        poi tornerà anche con una nuova messinscena della
o più viaggi a Venezia.                                  Norma, realizzata in collaborazione con la Biennale
Da un punto di vista musicale, quest’anno pre-           d’Arte, come già avvenne due anni fa per la for-
sentiamo una stagione fortemente improntata a            tunata rappresentazione della Madama Butterfly
un’identità italiana, che allarga l’ampiezza tempo-      firmata da Mariko Mori. Questa volta, a curare la
rale in cui le composizioni sono state scritte. C’è      regia e le scenografie sarà l’americana Kara Wal-
musica del Novecento inoltrato, come La voix             ker, e sarà assai interessante vedere come un’artista
humaine di Francis Poulenc, scritta alla fine degli
anni cinquanta, cioè musica pressoché contempo-
ranea, così come all’estremo opposto la Juditha          *   Direttore artistico Fondazione Teatro La Fenice

6   | VENEZIAMUSICA e dintorni
Focus – Simon Boccanegra

contemporanea, finora estranea alla lirica, possa       Triumphans di Vivaldi, che non è un’opera ma un
sintetizzare l’universo di quest’opera, che – rispet-   oratorio per il quale il Prete Rosso ricevette l’inca-
to alla Butterfly – presenta alcune complessità in      rico nei primi del Settecento in occasione di una
più, dovute alle molte scene di massa e corali.         vittoria sui turchi per il possesso di Corfù: il go-
A seguire un dittico di Gaetano Donizetti, di cui       verno veneziano gli commissionò questo pezzo che
presenteremo L’elisir d’amore e il Don Pasquale: a      fu eseguito alla Pietà, che come tutti sanno era un
quest’ultimo titolo siamo molto legati, perché ven-     collegio femminile. La compagine vocale, che com-
ne rappresentato, con grande successo, al Malibran      prende cinque ruoli solistici e ampie parti corali,
quando ancora la Fenice non era rinata. Dopo di         per cui è stata composta pure la linea dei bassi e
allora, ben quattordici Teatri, tra italiani ed euro-   dei tenori, sarà esclusivamente eseguita dalle voci
pei, l’hanno richiesto per il loro cartellone.          femminili del coro della Fenice. Quindi sarà anche
Una vera rarità è poi la prima veneziana dell’Alce-     un test sonoro molto interessante.
ste di Christoph Willibald Gluck: la versione del       Nel mese di settembre avremo infine la nostra or-
1767, in italiano, era un’opera-programma di quel-      mai abituale ripresa dopo l’estate con La traviata,
la che doveva essere la riforma del melodramma.         che si alternerà ad altre produzioni della Fenice
Mi stupisce che in tanti anni, data anche la forte      come Tosca e La cambiale di matrimonio di Rossini.
vocazione classicista e neoclassicista che ha sempre    Si prosegue, al Malibran, con un altro dittico, com-
contraddistinto Venezia, non sia mai stata rappre-      posto dal Diario di uno scomparso di Leoš Janáček
sentata qui. Per un recupero in grande stile abbia-     e la citata Voce umana di Poulenc con la regia affi-
mo affidato la regia a un maestro come Pier Luigi       data a un giovane talento milanese, Gianmaria Ali-
Pizzi, festeggiando con l’occasione anche i suoi ot-    verta. E a chiudere la stagione sarà un altro titolo
tantacinque anni.                                       importante, Il flauto magico di Mozart, affidato a
In giugno sarà poi la volta della citata Juditha        Damiano Michieletto e al suo team.

                                                                             VENEZIAMUSICA e dintorni |     7
Focus – Simon Boccanegra

       IL «SIMON BOCCANEGRA»
        DEL 1857: UNA CRONACA

    I
                 l 22 novembre debutta alla Fenice il     cipali: Simone Piazzola (Simon Boccanegra), Giacomo
                 Simon Boccanegra di Giuseppe Ver-        Prestia (Jacopo Fiesco), Julian Kim (Paolo Albiani),
                 di, un nuovo allestimento del Teatro     Luca Dall’Amico (Pietro), Maria Agresta (Amelia Gri-
                 con la regia di Andrea De Rosa e la      maldi), Francesco Meli (Gabriele Adorno).
direzione di un grande esperto del musicista di Busseto   Prima di dare spazio agli interventi seguenti, che offro-
come Myung-Whun Chung. Questi gli interpreti prin-        no una lettura dell’opera da molteplici punti di vista, ri-

8   | VENEZIAMUSICA e dintorni
Focus – Simon Boccanegra

produciamo la recensione pubblicata anonima nell’Ap-       ed io non m’arrischio a profferire più nessuna sen-
pendice della «Gazzetta privilegiata di Venezia» in        tenza. Potrei chiamar buoni i versi del Piave, potrei
data 15 marzo 1857. Questo resoconto del Simon, la         chiamarli cattivi, ed avere torto egualmente. E poi
cui prima assoluta si svolse il 12 marzo, nell’originale   chi bada ora alla veste poetica ne’ libretti? La mu-
ottocentesco era accostato a un’altra critica verdiana,    sica, nata ad un parto colla poesia, come i due putti
dedicata invece a una ripresa del Trovatore, andata in     del Rota, fa a un di presso al modo del putto bianco,
scena, sempre alla Fenice, il primo gennaio.               che si caccia sotto a’ pie il negro. La musica conculca
                                                           la poesia; fa strazio della parola, e purché ne sorga
Il tempo è prezioso e questa è verità dimostrata,          la nota, tanto fa l’una che l’altra. Quello ch’è certo
benché non generalmente riconosciuta; e’ non si dee        è che il poeta presentò al maestro una nuova e varia
dunque perdere in opere inutili. Noi vi demmo fino         tela, che il suo dramma ha un certo scenico effetto,
da una settimana fa la storia di questo Simon Bocca-       e pietosissime situazioni. Quantunque d’una certa
negra: voi sapete chi è, che cosa ha fatto, come visse     misura, nessuno dirà che la favola si perda in troppe
e morì, non ci occorre dunque parlar del soggetto. Il      lungaggini; molti fatti ci sono esposti, ma molti, an-
libretto ci aggiunse soltanto una figlia, che il Bocca-    cora si lasciano indovinare; si fa capitale dell’accor-
negra ebbe da certi suoi amori contrastati e clandesti-    tezza dell’uomo.
ni con una Fieschi; ch’egli smarrì bambina e che poi       Quanto alla musica, egli è un altro discorso, un altro
riscontra e riconosce nel tempo, in cui il dramma si       ordine d’idee. Il Verdi è salito a tale altezza, il suo
finge; ch’è amata del pari da un Gabriele Adorno e         nome, fondato su tante egregie prove, ha sì gran suo-
da un Paolo Albiani, popolano rifatto, e che il padre      no, che l’annunzio d’un suo nuovo lavoro equivale a
concede in isposa al primo, pel motivo plausibilissi-      un avvenimento nell’arte, e se ne può predire, se non
mo, ma non sempre da’ padri compreso, ch’egli è da         il futuro successo, il quale spesso dipende da mille
lei preferito, e benché suo nemico, mentre l’altro è       incerte e occulte cagioni, certo l’intrinseco pregio.
suo fautore e seguace. Di che segue costui si mette        La musica del Boccanegra non è di quelle che ti fac-
contro il doge co’ Guelfi, e questo non gli riuscendo,     ciano subito colpo. Ella è assai elaborata, condotta
te gli dà un beverino e finisce la storia, o meglio, la    col più squisito artifizio, e si vuole studiarla ne’ suoi
favola.                                                    particolari. Da ciò nacque che la prima sera ella non
Fuor di questo traditore, ch’è un vero marrano, tut-       fu in tutto compresa, e se ne precipitò da alcuni il
ti gli altri compongono una società di genti compi-        giudizio; giudizio aspro, nemico, che nella forma,
te, docili, pieghevoli, che non conservan rancore: il      con cui s’è manifestato, e rispetto ad un uomo, che
doge perdona a’ congiurati, i congiurati perdonano         chiamasi Verdi, uno de’ pochi, che rappresenti di
al doge; Fiesco giunge a pregar fin pace sulla sua         fuori le glorie dell’arte italiana, che compose il Na-
tomba; Amelia per obbedire al padre, appena tro-           bucco, i Lombardi e tanti altri capolavori, i quali fece-
vato, dimentica quasi l’amor suo: tutti piegano, si        ro e fanno il giro del mondo, ben poteva parere, per
convertono, e se il mondo non va per ordinario così,       non dir altro, strano e singolare. Se non che le cose
e così non sarà ne meno andato ai tempi di messer Si-      mutarono faccia alla seconda rappresentazione: le
mone; se i caratteri sempre rimangono saldi, e’ dovrà      opinioni si modificarono; alcuni pezzi, ch’erano pri-
pur confessarsi che il mondo a questa guisa cammi-         ma inavvertiti e negletti, si notarono, s’applaudirono,
nerebbe assai meglio; e’ sarebbe davvero il miglior        e il maestro, ben contate, fu domandato per insino a
dei mondi possibili, ed io lodo assai il Piave d’averlo    diciannove volte sul palco; trionfo tanto più grande,
trovato.                                                   quant’egli sorgeva dalla caduta, ma che non sorprese
Quanto a’ versi non ne discorriamo. In un tempo di         nessuno, chi ben pensava.
tanta confusione d’opinioni e di gusti, quando il sig.     Ciò che può in qualche modo spiegare quella prima
di Lamartine in Francia osava pubblicare alla faccia       e sinistra impressione, è il genere della musica forse
della terra che i versi di Dante sono presso a poco        troppo grave e severa, quella tinta lugubre che domi-
una porcheria, in verità non si capisce più nulla: le      na lo spartito, e il prologo in ispecie. Dopo un breve
leggi della critica o le teste degli uomini cambiarono,    preludio, in cui si toccano i più bei motivi dell’opera,

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Focus – Simon Boccanegra

ecco il prologo comincia. È notte; la città di Genova        Figlio, a tal nome palpito,
è sordamente agitata per la elezione di un nuovo si-
gnore. Paolo si maneggia pel Boccanegra, ch’ei chia-         con quella esimia cadenza; da ultimo, il magistrale
ma di soppiatto da Savona, e mette innanzi per salire        artifizio del finale, sono bellezze di prim’ordine, che
con lui; un coro narra le sventure dì Maria, l’amata di      la seconda sera perfettamente s’intesero e si valutaro-
Simone, tenuta prigioniera da’ suoi; ed indi a poco          no, e tanto dopo la cavatina, quanto dopo il secondo
Fiesco, nella cavatina del basso, l’Echeverria, ne an-       duetto e l’adagio del finale, il maestro dovette, a furia
nunzia e deplora la morte: tutte queste misteriose e         di voci e di mani, mostrarsi non so quante volte.
tetre cagioni sono espresse dal solenne carattere della      L’atto secondo non ebbe eguale fortuna. L’aria del
musica, studiosamente ponderata all’effetto ne’can-          tenore, in cui, per le malvagie insinuazioni di Paolo,
ti e ne’passi eloquentissimi dell’orchestra; come nel        Gabriele, che non conosce ancora il secreto del vin-
bell’adagio dell’anzidetta cavatina, a cui si mesce di       colo che stringe il doge ad Amelia, concepisce contro
dentro un flebil coro dì donne, con pedale degli uo-         lei sospetti e gelosie; e il duetto ch’indi tra’ due, Ame-
mini, e che termina non si può dire con quale soave          lia e Gabriele, ne segue, passarono piuttosto freddini.
malinconica melodia degli strumenti. A questo pun-           Non ci si nota grande sfoggio d’immaginazione, ben-
to, fin dalla prima sera fu domandato il maestro, e          ché nella prima assai si lodasse la burrascosa agita-
più volte comparve alla seconda. Il prologo sì chiude        zion dell’orchestra, che così bene risponde all’interna
con un coro assai vivace e festìvo, in cui il popolo         agitazione del personaggio ed alla parola. A questo
celebra l’elezione del Boccanegra.                           luogo cade il terzetto, uno de’ pezzi più condotti e
L’atto primo s’apre con la cavatina del soprano.             finiti dell’opera, a detta di tutti gl’intelligenti.
Amelia, la Bendazzi, aspetta l’amante, e s’affligge de’      Il doge, la mente oppressa, stanche le membra, come
suoi lunghi indugi. Il primo tempo è, per verità, un         dice il libretto, è vinto dal sonno. E’ sogna d’Amelia,
po’ languido e scolorato, benché s’accompagni col            e come la sua mente, la musica, con filosofico pen-
più grazioso movimento d’orchestra, e spertichino            siero, richiama l’immagine della figlia con la melodia
del tenore, il Negrini, di dentro. All’udir quella voce      del duetto, in cui egli la riconobbe. Quand’egli si de-
cessano ì dubbi suoi, e ben l’allegrezza di quell’ani-       sta, si trova a fronte della figlia, che arresta il braccio
mo tutta si spande nella cabaletta, del più vivace e         di Gabriele, il quale volea trucidarlo. Gli esce allora
spiritoso concetto, che la Bendazzi canta con una for-       dal labbro il secreto; quegli s’avvede e si pente del
za, un’agilità e potenza d’acuti, che difficilmente da       suo errore, s’offre ad espiarlo; il doge pende incerto
altre udiremo. Che voce, e qui pure, qual arte!              se debba perdonare o punire, ed Amelia, che più non
In quest’atto sono tre altri pezzi notabili: il duetto tra   teme pel padre, ora teme per l’amor suo. Il terzetto
soprano e tenore, un altro tra quello e il baritono,         si svolge in questa varia situazione; se ne ammira il
ed il finale. Nel primo l’imitativa armonia degl’istru-      grandioso lavoro, la proprietà della frase e del canto:
menti, la vaghezza della frase                               ma ci lascia scarsa impressione, perché termina qua-
                                                             si improvviso, con un coro dì congiurati di dentro,
ripara i tuoi pensieri                                       che poco anche s’intende, e sembra piuttosto inter-
Al porto dell’amor;                                          rompere che finire il pezzo. Gli nocque la singolarità
                                                             della forma.
l’agitato della stretta, quando i due amanti, per fug-       Un altro gran tratto, il tratto anzi capitale dell’opera,
gire alle insidie di Paolo, risolvono d’affrettare il        è il quartetto finale dell’atto terzo. Il doge, circonda-
rito nuziale, ed in cui i cantanti sì bene si uniscono;      to dalla figlia, da Gabriele, da Fiesco, con cui s’è già
nell’altro l’entrata del clarinetto, la passione che spi-    riconciliato, muor del veleno, propinatogli da Paolo.
ra dal racconto, benché un po’ forse prolisso, della         Sarebbe difficile notare tutt’i pregi, che si riscontrano
Bendazzi, quella espansione, mi si permetta la figura,       in questa veramente grandiosa composizione, in cui
dell’orchestra, quando il padre riconosce la figlia, e       tutti si manifestano il profondo sapere e il grande in-
più di tutto la piena e larga, e sì affettuosa melodia       gegno dell’insigne maestro. Quale tesoro d’armonie!
dell’ultimo tempo:                                           qual filosofia di melodiche espressioni! La frase della

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Focus – Simon Boccanegra

benedizione del morente, il lamento, il singulto della             Fu una importazione di fuori. Il pubblico di Venezia
figlia, quel sommesso accompagnar de’ violini, i rin-              è umano, intelligente, cortese: si rispetta e rispetta
tocchi misurati de’ timballi, tutto quel funebre con-              gl’ingegni.
certo di voci e di suoni, ti lacera il cuore, ingombra
di terrore la scena. L’arte sorpassa quasi se stessa, la           Questi, infine, i dati di locandina che completavano
finzione va fin troppo al vero vicina. Il maestro, finito          l’articolo:
lo spettacolo, per due volte la seconda sera raccolse
sul palco la corona del pubblico suffragio.                        1857, 12 marzo – Teatro La Fenice
Della Bendazzi a suo luogo dicemmo: tutti gli altri                SIMON BOCCANEGRA
attori, il Negrini, il Giraldoni, l’Echeverria, sostenne-          Melodramma in un prologo e tre atti di Francesco
ro egualmente l’opera coll’usato loro valore, ed ella è            Maria Piave, musica di Giuseppe Verdi.
messa, come di consueto, splendidamente in iscena.                 Prima Assoluta
Onorando l’opinione di tutti, e poiché quella del                  Interpreti: Leone Giraldoni (Simon Boccanegra);
pubblico non è in questa occasione chiara abbastan-                Giuseppe Echeverria (Jacopo Fiesco); Giacomo
za, abbiamo detto sul lavoro del Verdi liberamente                 Vercellini (Paolo Albiani); Andrea Bellini (Pietro);
la nostra, anche perché fondata sul voto delle più                 Luigia Bendazzi (Maria Boccanegra); Carlo Negrini
competenti persone, che tutte s’accordano a levarne                (Gabriele Adorno).
a cielo, massime la fattura. Non nascondiamo però                  Direttore Carlo Ercole Bosoni.
che tutti non sono del nostro avviso, e che il Verdi, o            Maestro del coro Luigi Carcano.
almen la sua opera, ha non pochi avversarii; ma, per               Messa in scena di Francesco Maria Piave.
onore del nostro gentile paese, dobbiamo pur dichia-               Scene di Giuseppe Bertoja.
rare che certi segni di sfavore, troppo eloquenti ed               Impresa fratelli Marzi.
aperti, non mossero da labbro veneziano.                           N. 6 repliche.

Un bozzetto di Andrea De Rosa per il Simon Boccanegra di Verdi in scena alla Fenice dal 22 novembre.

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Focus – Simon Boccanegra

           DA GUTIÉRREZ A VERDI

                                       di Lorenzo Bianconi*

     C
                ol Simon Boccanegra Verdi ri-        1338, nel momento dell’acclamazione del cor-
                tenta il colpo fortunato del Tro-    saro a doge; i quattro atti successivi si svolgo-
                vatore: per la seconda volta at-     no ventiquattr’anni dopo, e terminano con la
                tinge da un dramma di Antonio        morte del protagonista: chi aveva trentasette
García Gutiérrez (1813-1884), Simón Bocane-          anni nel prologo (Simón) ne ha sessantuno nel
gra, andato in scena nel 1843. Non sappiamo          dramma; chi ne aveva quarantacinque (Fiesco),
da dove Verdi avesse tratto notizia di questi        sessantanove; chi tre (María, creduta Susana
drammi acclamati a Madrid ma sconosciuti al          nel dramma, Amelia nell’opera), ventisette. Il
di qua dei Pirenei. Come nel caso del Trova-         prologo, peraltro, consente sì di presentare de
dor, il folgorante «dramma cavalleresco» che         visu gli eventi originari della vicenda: ma non
nel 1836 aveva proiettato d’un balzo lo squat-       per questo il drammaturgo ha rinunziato a un
trinato studente ventitreenne nel firmamento         antefatto, tenebrosissimo anch’esso, che come
del teatro romantico spagnolo, non vi era allo-      nel Trovador solo a poco a poco riaffiora dai
ra alcuna traduzione francese o italiana del Si-     resoconti, sempre frammentari e obliqui, che
món Bocanegra. E come per Il trovatore, Verdi        ne danno diversi personaggi. In più, la stoffa
si dev’essere arrangiato a tradurlo di suo pu-       del dramma essendo ritagliata nell’aspro, sordo
gno, assistito dalla colta consorte, Giuseppina      conflitto che oppone dapprincipio la plebe agli
Strepponi, versata nelle lingue. È probabile         aristocratici, indi il despota ai suoi oppositori
che il librettista Francesco Maria Piave non         occulti sia guelfi sia ghibellini, vari personaggi
abbia mai avuto per mano l’originale spagno-         del dramma vivono in clandestinità, sotto falso
lo. Ancor oggi manca un’edizione italiana, che       nome, e i loro dialoghi sono avvolti in una col-
pure dovrebbe far gola a tutti i patiti del teatro   tre di mistero, di cifrata allusività, in un guar-
verdiano: c’è però una bella versione in versi       dingo dire e non dire che aizza la curiosità dello
che attende un editore, approntata or ora da         spettatore ma esige dal lettore un’acuita atten-
una giovane ispanista fiorentina, Silvia Rogai.      zione. In senso generale il dramma di García
Come nel caso del Trovador/Trovatore, l’intrec-      Gutiérrez illustra appunto la corrosione degli
cio, aggrovigliato già nel dramma, risulta anco-     animi che in un regime di tirannide finisce per
ra più oscuro nella compressione librettistica.      guastare perfino la marmorea statura morale
Il congegno teatrale che García Gutiérrez ha         dei due principali antagonisti, il patrizio Jacobo
imbastito sulla vicenda umana del primo doge         Fiesco e il plebeo Simone Boccanegra.
di Genova, Simone Boccanegra (1301-1363), è
artificioso all’estremo. Il prologo si colloca nel   *   Università di Bologna

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Focus – Simon Boccanegra

Nel clima di dissimulazione e sospetto che          Si dice spesso che Simon Boccanegra è un’ope-
permea il dramma, García Gutiérrez ha fatto         ra politica. Certo, la lotta delle fazioni alimen-
abbondante ricorso a un procedimento tipico         ta sordide passioni in quest’opera: e nella ver-
del teatro classico, il tardivo riconoscimento      sione del 1881 la figura del doge dominatore
della vera identità di un personaggio: l’ac-        viene potentemente sbalzata dalla Scena del
cumulo delle agnizioni deve aver affascinato        Consiglio aggiunta di sana pianta da Boito
Verdi, per i veementi effetti patetici che ne       (nulla di simile nell’originale). Ma nel dram-
poté trarre. Il Simón Bocanegra vanta almeno        ma spagnolo un altro e diverso tema deve aver
un’agnizione per atto. Nel prologo Simón sti-       sedotto Verdi, il feroce contrasto tra il corsaro
pula col capo della fazione plebea, Paolo, un       e il patrizio, cioè tra il baritono che incarna
patto politico scellerato al solo fine di potersi   la forza irresistibile dell’amore e il basso che
impossessare della sua donna, la figlia del no-     gli oppone la granitica inflessibilità dell’odio.
bile Fiesco che la tiene sequestrata: ma un atti-   Nel Simon Boccanegra la sfida che oppone Fie-
mo dopo la scopre ormai cadavere. Susana sa         sco e Simone per un interminabile quarto di
di essere María e lo palesa a Simón al prim’at-     secolo tematizza un quesito assai serio: come
to, ma non sa di essere sua figlia: lo apprende     invecchiare bene, come invecchiare male. Si-
da Simón al second’atto. Gabriel, l’amante di       mone muore male, sì, ma muore contento: ha
Susana, ignora che Simón non è, com’egli cre-       inseguito un sogno d’amore, infine appagato
de, il seduttore e rapitore di Susana bensì il      nel ritrovamento della figlia perduta; ricono-
suo genitore: lo apprende al terz’atto. Simón       sciuto Fiesco, può mantenere il patto che in-
non sa che Andrea è in realtà il vecchio Fie-       speratamente suggella la loro riconciliazione
sco, il suo antagonista nobile, e questi non        e la concordia dei Genovesi; salda i conti col
sa che Susana è sua nipote: lo apprendono al        passato, e sulle labbra smorte gli fiorisce un
quart’atto, nel diverbio finale che nell’opera      fioco sorriso di serena letizia. Fiesco invece è
dà luogo al formidabile duetto dei due bassi.       invecchiato male, nella sua alterigia ha covato
Susana stessa apprende soltanto in extremis         l’odio, il livore, la brama di rivalsa, il rancore:
d’essere la nipote di Fiesco, nell’attimo in cui    il riconoscimento di Maria nell’attimo stesso
Simón spira, avvelenato per vendetta da Pao-        della morte di Simone è per lui insieme una
lo. Quanto a costui, l’antagonista ignobile che     grazia inopinata e il fomite d’un rimorso che
pretendeva per sé la mano di Susana, muore          lo perseguiterà in sempiterno. Il sentimento
in esilio senza aver appreso perché mai Simón       prevale infine sulla lotta per il potere.
gliela negasse.

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Focus – Simon Boccanegra

                         QUALCHE NOTA
                          SUL «SIMON»

                                          di Fabrizio Della Seta*

     S
                  imon Boccanegra è tra le opere ver-     doge, ma per due volte rifiuta di «assassinarlo» o
                  diane una delle più dichiaratamente     di lasciarlo assassinare a tradimento. Il suo dolore
                  politiche. Da Dante a Manzoni, i        per la morte della figlia è autentico, umanissimo è
                  più grandi italiani avevano visto la    il rimprovero rivolto alla Vergine Maria per non
causa della decadenza italiana nelle discordie civi-      averne protetto la verginità, come pure il repentino
li, nei contrasti sociali e religiosi. Già nella prima    pentirsi della quasi bestemmia. Pur non sapendo
versione (1857), nata in un’Italia divisa tra monar-      che Amelia Grimaldi è sua nipote, veglia su di lei
chici e repubblicani, liberali e clericali, federalisti   «con paterna cura» e assente alle sue nozze con
e centralisti, l’opera mette in scena le vicende del-     Gabriele Adorno. Fiesco sa che la sua pupilla non è
la Genova trecentesca, dove si combattono guelfi          nata nobile e mette alla prova la sincerità del giova-
e ghibellini, patrizi e plebei. Nel 1881 (seconda         ne: poiché questi dichiara di adorare la trovatella,
versione), mentre il processo unitario è tutt’altro       Fiesco lo proclama degno di lei; dunque egli fa per
che consolidato e le classi emarginate cominciano         Amelia quello che non aveva voluto fare per sua
a far sentire la loro voce, lo scenario si allarga: il    figlia: l’orgoglioso custode dei privilegi di casta be-
doge cerca di convincere i propri concittadini che        nedice un’unione diseguale consacrata dall’amore.
«Adria e Liguria / hanno patria comune», ma solo          Quando Simone morente gli restituisce la nipote,
per sentirsi ribattere che «È nostra patria / Geno-       Fiesco riconosce l’errore in cui è vissuto, piange,
va». Subito dopo assistiamo all’irruzione del popo-       abbraccia l’antico nemico. La musica ci dice più
lo nella sala del Senato, che allo spettatore di allora   delle parole: per tutta l’opera Fiesco canta in un
richiamava momenti di terrore ancora vivi nella           registro di basso profondo, con toni sacerdotali
memoria (la Comune di Parigi).                            che esprimono la fermezza dei suoi principi; qui si
L’arco del dramma è teso fra i due grandi confron-        spinge a un registro baritonale, vicino a quello di
ti tra Fiesco e Simone: essi rappresentano le forze       Simone, e giunge quasi a riprenderne una melodia
politiche contrapposte, ma in loro il conflitto pub-      cantata in precedenza.
blico s’interseca con questioni private. Entrambi         Simone è invece schietto e generoso, ma ha
sono padri di un’unica figlia perduta. Di solito lad-     anch’egli qualche lato oscuro. Accetta più per mo-
dove i padri sono due, come in Luisa Miller, uno          tivi privati che per vocazione pubblica l’elezione a
è ritratto in termini assolutamente negativi; qui         doge, ch’è frutto di un «voto di scambio». Il fatto
invece Fiesco, che dei due è certo il meno simpati-       che non sembri esserne pienamente consapevole
co, ha un lato umano che suscita perlomeno com-           non depone a favore del suo acume politico, e co-
prensione. Per orgoglio di casta rifiuta a Simone la      munque egli accetta la richiesta di Paolo di farlo
mano della figlia sedotta e resa madre, ma l’offerta      «parte ai perigli e alla possanza», un palese caso di
di perdonarlo se gli affiderà la nipote è sincera; si     concussione. Eletto come uomo di parte, governa
sente offeso nell’onore e per questo, ancor più che
per motivi politici, resta fino all’ultimo nemico del     *   Università di Pavia

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Focus – Simon Boccanegra

super partes, sollecito del bene comune, tuttavia      risolve sublimando l’amor paterno frustrato in un
l’antico popolano non ha una grande opinione di        ideale più alto e più astratto, la pace civile:
quelle che definisce sprezzantemente «le plebi»:
                                                       (Deggio salvarlo e stendere
Quest’è dunque del popolo la voce?                     La mano all’inimico?
Da lungi tuono d’uragan, da presso                     Sì – pace splenda ai Liguri,
Gridio di donne e di fanciulli.                        Si plachi l’odio antico;
                                                       Sia d’amistanze italiche
Così parla il Simone dell’aristocratico Boito, ma      Il mio sepolcro altar.)
anche del Verdi settantenne e proprietario terriero,
molto lontano dal figlio dell’oste delle Roncole e     A questo auspicio risponde il coro dei congiurati
dal mazziniano del 1848. Posto di fronte al dilem-     guelfi, con parole dure, feroci come la musica che
ma di ogni uomo di potere che ha vinto i propri        le intona. Si noti il rispondersi di due versi, «Sì –
nemici – condannarli o concedere loro la grazia?       pace splenda ai Liguri» / «All’armi, all’armi, o Li-
– nel 1857 Simone propende per la prima opzione:       guri», parallelismo della parola-rima, antitesi ideo-
                                                       logica tra «pace» e «armi».
Doge! Ancor proveran la tua clemenza                   Simone parla della propria morte in termini reli-
I traditor?... No, di paura segno                      giosi (sepolcro = altare): è chiaro che egli si sente
Fora il perdono...,                                    la vittima sacrificale che si immola volontariamente
                                                       per il bene comune; più avanti si definirà come un
nel 1881 per la seconda, con un argomento degno        martire. L’idea della morte aleggia su tutta l’opera,
del Tito di Metastasio, da monarca assoluto più che    ma non sempre come pensiero angoscioso. Simone
da leader democratico:                                 la vede piuttosto come liberazione dagli affanni,
                                                       come riposo eterno, un pensiero che ritorna spes-
Di paura segno                                         so nel Verdi maturo. Le ultime parole dell’opera
Fora il castigo...                                     sono quelle con cui Fiesco comunica ai Genovesi
                                                       la morte del doge: «Pace per lui pregate!...». E il
A differenza di altri padri verdiani, Simone non       popolo, dalla piazza, ripete: «Pace per lui!». L’at-
è geloso. Prima di sapere che Amelia è sua figlia      mosfera è la stessa con cui si apre il Requiem del
s’informa discretamente sui suoi sentimenti, dopo      1874, ma non siamo neppure lontani dal finale di
abbandona il proposito di chiederne la mano per        Aida, col triplice «pace» di Amneris.
Paolo. Ma quando scopre che l’eletto è Gabriele,       «Pace», la parola chiave del dramma. Nel libret-
prorompe: «Una figlia ritrovo; ed un nemico / A        to del 1881 ricorre non meno di undici volte, col
me la invola...»; e mentre si abbandona al sonno,      massimo rilievo nel grande concertato ch’è il cuore
rimugina tra sé: «Oh! Amelia... ami... un nemi-        dell’opera. L’appassionata invocazione di Simone:
co...». Quando Gabriele tenta di ucciderlo, Simo-
ne se ne esce in una frase che, più che minaccia,      E vo gridando: pace!
esprime amarezza e lascia intravedere la strada del    E vo gridando: amor!
perdono:
                                                       trova risposta nella strofa di Amelia:
Ah quel padre tu ben vendicasti,
Che da me contristato già fu...                        (Pace! lo sdegno immenso
Un celeste tesor m’involasti                           Raffrena per pietà!
La mia figlia...                                       Pace! t’ispiri un senso!
                                                       Di patria carità.)
È questa una delle situazioni in cui passioni pub-
bliche e private vengono a conflitto; Simone lo        Spetta alla figlia concludere la pagina avviata

                                                                           VENEZIAMUSICA e dintorni |    15
Focus – Simon Boccanegra

dall’allocuzione del padre, in maniera sorprenden-     sono necessarie a un progetto di vita che trascende
te: dopo la cadenza generale in triplice pianissimo,   il singolo. Se nella maggior parte delle sue opere
la sua voce si attarda per altre due battute, senza    la presentazione del conflitto tra individuo e po-
accompagnamento, con una dolcissima fioritura          tere investe della massima simpatia il primo e il
su «pace!». Nulla potrebbe indicarci più chiara-       secondo è visto come il negativo, qui Verdi tenta
mente ciò che Verdi ha voluto intendere. Amelia        un’analisi comprensiva dell’aspetto anche positivo
è lo strumento per mezzo del quale Simone spera        della sfera pubblica e azzarda l’idea che la felici-
di realizzare il suo grande disegno; il matrimonio     tà individuale possa realizzarsi all’interno di essa.
con l’Adorno, benedetto dal doge morente e da          Insomma, pur essendo una delle opere più cupe
un Fiesco riconciliato, prelude alla ritrovata con-    di Verdi, Simon Boccanegra è forse l’unica con una
cordia civile: «Gli odii funesti han fine!». Verdi è   conclusione, non si dice ottimistica, ma perlomeno
troppo disincantato per non sapere che «tutto fi-      non desolata.
nisce»; ma sa anche che utopia, speranza, illusione

16   | VENEZIAMUSICA e dintorni
Focus – Simon Boccanegra

                  UNA BREVE STORIA
                   DELLA VOCALITÀ

                                          di Giorgio Gualerzi*

   P
                    er poche delle sue opere Verdi       Poco da dire circa il personaggio di Amelia
                    fu particolarmente esigente circa    Grimaldi, che alla prima assoluta del 1857 era stato
                    la scelta dei cantanti come per      affidato a Luigia Bendazzi, uno dei più compiuti
                    Simon Boccanegra nell’edizione       esempi di soprano drammatico di agilità. Alla Scala
riveduta e corretta andata in scena alla Scala nel       nel 1881 fu la volta di Anna d’Angeri, poco gradita
febbraio 1881. Subito si pose il problema del            a Verdi perché «precisamente per la potenza della
protagonista, di cui Verdi, con il solito gusto del      voce, e della persona, non sarebbe a posto per
paradosso, sottolineava le molteplici difficoltà. «È     far la parte di una fanciulla modesta, ritirata, una
una parte faticosa quanto quella del Rigoletto»,         specie di monachella». Insomma un’Amelia forzuta
scriveva infatti a Giulio Ricordi nel novembre           nel fisico e nel robusto strumento di soprano
1880, «ma mille volte più difficile. Nel Rigoletto la    drammatico, privo però della duttilità vocale tipica
parte è fatta, e con un po’ di voce e di anima si può    della scuola belcantistica italiana.
cavarsela bene. Nel Boccanegra la voce e l’anima         Verdi aveva le idee molto chiare anche sulle
non bastano». A parte le non comuni qualità              peculiarità vocali di Fiesco, figura «satanica»
vocali, occorre poi anche «quella certa autorità         d’ispirazione meyerbeeriana: «Ci vorrebbe una
scenica indispensabile per la parte di Simone». A        voce profonda, sensibile nelle corde basse fino al
impersonare il vecchio doge alla Scala fu Victor         fa, con qualche cosa nella voce di inesorabile, di
Maurel, di lì a qualche anno primo Jago e primo          profetico, di sepolcrale», tutte caratteristiche di
Falstaff, dotato d’indiscutibili qualità d’interprete.   cui era priva la voce certamente di prim’ordine ma
Ed è tanto vero ciò che proprio nella presenza di        «un po’ vuota e troppo baritonale» di Édouard de
un protagonista poco autorevole dal punto di vista       Reszke, il Fieschi del 1881 alla Scala.
scenico – il pur bravo Carlo Tagliabue – consisterà il   Gabriele Adorno, infine, fu interpretato da
punto relativamente debole della ripresa veneziana       Francesco Tamagno, tenore già celebre e
del gennaio 1950.                                        apprezzato (alla Scala, per esempio, se l’era cavata
A stimolare l’interesse di Verdi erano anche i           egregiamente nell’assai più ardua parte di Don
personaggi di Paolo Albiani (drammaturgicamente          Carlo) ma non ancora entrato nel mito. Ci entrerà
fondamentale) e del popolano Pietro: «Sono parti         di lì a sei anni quale Otello, e per il 1881 possiamo
per due attori, e che sieno veramente attori», si        immaginare un Verdi interessato non tanto al suo
raccomandava Verdi a Ricordi, in ciò indicando la        rendimento nel Simon Boccanegra, quanto a capire
necessità di non sottovalutarle e di affidarle a due     se le sue risorse d’interprete potessero un giorno
artisti completi. Non a caso per Giancarlo Landini       essere adatte al Moro di Venezia.
questa lettera di Verdi rappresenta «il momento
ufficiale della nascita del cantante-attore che tanta
parte avrà nella produzione della Giovane Scuola
e, più in generale, nel teatro del Novecento».           *   Critico musicale

                                                                                VENEZIAMUSICA e dintorni |   17
Focus – Simon Boccanegra

     ANDREA DE ROSA ILLUSTRA
       IL SUO ALLESTIMENTO

                                      a cura di Alberto Massarotto*

     A
                     ndrea De Rosa, cosa vedremo sul       tempo, prepotente poiché simbolo di un impedi-
                     palco del Teatro la Fenice?           mento amoroso: è infatti il padre di Maria, Jacopo
                     Se dovessi rispondere d’istinto       Fiesco, a segregare la figlia all’interno della fortezza
                     direi semplicemente: il Simon         affinché rinunciasse, addirittura a costo della pro-
Boccanegra! Intendo dire che per il nuovo allesti-         pria vita, all’amore per Simone.
mento dell’opera di Verdi che il Teatro mi ha affi-
dato, sono rimasto fedele al testo evitando qualsiasi      Quali difficoltà si incontrano nel rendere le relazioni
tipo di tradimento o sconvolgimento provocato da           che intercorrono tra i vari personaggi?
qualche effimero trucco o effetto. Direi che in un         Su questo fronte Simon Boccanegra è un’opera mol-
certo senso ho pensato all’opera nel modo più tra-         to articolata, al punto da apparire addirittura com-
dizionale, cercando di rafforzare l’interpretazione        plicata. Ed è probabilmente questo uno dei motivi
al fine di esaltare quello che secondo me può essere       che decretò lo scarso successo di pubblico nella
considerato l’elemento chiave: il mare.                    prima versione. I rapporti di parentela o di interes-
                                                           se che sussistono tra i vari personaggi della vicenda
In quale modo?                                             sono in continuo cambiamento. Si dovrà aspetta-
Posso anticipare che al mare ho attribuito un’im-          re il terzo atto affinché tutti i nodi della storia si
portanza primaria rendendolo presente, in forme            sciolgano quasi in una sorta di smascheramento
sempre diverse, per tutta la durata dello spettacolo:      identitario. Provo un interesse vivo nell’esaltare le
a volte ne avvertiamo il richiamo in lontananza, in        relazioni umane sulla scena, un’operazione che mi
altre invece si rivela addirittura attraverso il suppor-   appassionò già quando affrontai la realizzazione
to video che interagisce con il resto dell’allestimen-     del Trovatore lo scorso marzo per il Teatro Muni-
to. Un altro elemento che ho voluto sottolineare in        cipal de São Paulo in Brasile. Anche in quell’opera
maniera particolare riguarda la rappresentazione           i personaggi sono uniti da una fitta rete di connes-
del tempo. Si tratta di una componente molto im-           sioni che vengono svelate solamente a conclusione
portante in quest’opera: dall’inizio alla fine infatti è   della narrazione. Mi riferisco per esempio alla crisi
possibile avvertire lo scorrere del tempo, a partire       esistenziale che prova Manrico nel secondo atto
dallo scarto di venticinque anni che intercorre tra        quando scopre dalla madre di non essere il suo
il prologo e il primo atto fino agli istanti che descri-   vero figlio intonando così la celebre «Non sono
vono il martirio cui Simon Boccanegra è destinato,         tuo figlio?». Il colpo di scena viene però totalmen-
dopo aver bevuto il veleno che gli era stato versato       te scatenato solo alla fine del quarto atto quando
a tradimento nella coppa.                                  Azucena, presa dalla disperazione dovuta alla vi-
A questi elementi metafisici, di cui si avverte la         sione di Manrico in fin di vita, rivela al Conte di
presenza ma che effettivamente non sono del tutto
visibili sulla scena, ho contrapposto la solidità del
palazzo come elemento fisico reale e, allo stesso          *   Musicologo

18   | VENEZIAMUSICA e dintorni
Focus – Simon Boccanegra

Luna che l’uomo che ha appena ucciso era in realtà        considerazione esclusivamente la seconda versione
suo fratello.                                             del libretto.

La messinscena di Simon Boccanegra e del Trovato-         La prima versione dell’opera ebbe luogo proprio alla
re fanno parte di un progetto specifico?                  Fenice nel 1857, poco più di centocinquant’anni fa:
L’allestimento delle due opere, a pochi mesi di di-       che tipo di responsabilità avverte?
stanza una dall’altra, non è collegato. Sia il Simon      A parte il fatto che la mia versione di Simon Boc-
Boccanegra che Il Trovatore mi sono state affidate,       canegra non tiene in considerazione tale ricorren-
separatamente, dalla Fenice e, ancor prima, dal           za, più che di responsabilità storica sarei tentato
Municipal. Non fanno in realtà parte di alcun ciclo       di dire che avverto il fascino della città all’interno
o progetto personale anche se un accostamento di          della quale è collocato il teatro. Stiamo ovviamente
questo tipo potrebbe farlo pensare. Forse perché          parlando di uno dei teatri più grandi e belli al mon-
esiste un legame sotterraneo tra le due opere: en-        do, su questo siamo d’accordo. Ma è tutto ciò che
trambe sono state tratte da un dramma di Antonio          mi circonda prima di entrare a teatro per le prove
García Gutiérrez. Ma anche questo è un fatto di           e il silenzio della sera che mi avvolge e che investe
pura casualità.                                           i miei pensieri, le riflessioni avviate sulle decisioni
                                                          prese durante il lavoro, che in qualche modo si è
A quali fonti si è rivolto per la messinscena del Si-     radicato nel pensiero registico. È come se l’aura di
mon?                                                      questa città, con la sua storia e nella sua unicità,
Alla seconda versione del libretto operistico. La         abbia in qualche modo arricchito la mia idea ori-
prima è stata scritta da Francesco Maria Piave            ginale. E devo dire che è una bellissima sensazione
intorno alla metà dell’Ottocento. La revisione di         che mi ha fatto sentire parte integrante di questa
Arrigo Boito venne effettuata circa trent’anni più        città, insieme al mio spettacolo, nei giorni della
tardi su invito dell’editore Ricordi in vista della fu-   mia permanenza. Un valore aggiunto che ho avuto
tura collaborazione tra Verdi e il giovane letterato      la fortuna di vivere in prima persona e che credo
per la realizzazione di Otello. Per quanto riguarda       di essere riuscito a trasferire all’interno di questo
la regia di Simon Boccanegra ho dunque adottato           spettacolo.
un approccio del tutto tradizionale prendendo in

                                                                               VENEZIAMUSICA e dintorni |     19
Contemporanea

            SULLA «PORTA
            DELLA LEGGE»
       DI SALVATORE SCIARRINO
                                              di Mario Messinis*

P
                ubblichiamo un estratto della presen-       Già in quel primo incontro palermitano si era per-
                tazione pubblica dell’opera di Salva-       cepita subito la novità che Sciarrino recava in sé.
                tore Sciarrino curata da Mario Messi-       Da un lato si era formato, come lui stesso amava
                nis insieme a Paolo Furlani e tenutasi      indicare, dall’ebollizione materica di Darmstadt e
alle Sale Apollinee il 17 ottobre, nell’ambito degli        attraverso la figura di Stockhausen, per prenderne
incontri organizzati dagli Amici della Fenice. La ste-      dall’altro successivamente le distanze, opponendo-
sura del testo è a cura di Alberto Massarotto.              si alla tabula rasa professata da quel movimento e
                                                            mantenendo vivo il rapporto con la storia. Sotto
Ho conosciuto Salvatore Sciarrino a Palermo nel             questo profilo egli rivela delle forti affinità con
1968, durante le Settimane Internazionali di Nuo-           autori di casa nostra, penso a Maderna e ancora
va Musica, e, benché fosse un ragazzo di appena             a Nono, i quali operavano sulla via di un certo Ri-
vent’anni, ho riscontrato in lui tutte le caratteristiche   nascimento. Sciarrino riscopriva nella sua anima
proprie di un grande compositore. Pur arrivando al          e nella sua coscienza una civiltà greca, antica, che
proscenio vent’anni dopo i maestri della neoavan-           si riteneva perduta e che lui stesso è riuscito a far
guardia quali Berio, Boulez, Stockhausen, Nono e            rivivere senza ritorni neoclassici ma come stimolo
Maderna, è impressionante come egli abbia rapidis-          alla nuova creatività e all’avanguardia più estrema.
simamente aggiornato i suoi strumenti espressivi e          Lo dimostra questa formidabile Porta della legge,
compositivi divenendo immediatamente un «coeta-             composta nel 2008, che a mio parere, insieme a
neo», dal punto di vista della maturità artistica, di       Luci mie traditrici, scritta dieci anni prima, rimane
quegli autori. Mi riferisco soprattutto al composito-       l’opera più forte, esemplare e radicale che abbia
re che idealmente, anche se non linguisticamente, gli       mai realizzato. Un’opera difficile per la quale si
è più vicino: Luigi Nono. Ebbene Sciarrino esplorò          esige una particolare concentrazione e anche una
una drammaturgia del silenzio dieci anni prima ri-          certa pazienza nell’ascolto.
spetto a quanto poi fece Nono nel suo Prometeo e            Sciarrino è un librettista singolare, o per meglio
negli ultimi lavori. Non è un caso che i due autori si      dire è il librettista di se stesso. In genere – tranne
amassero molto. In Sciarrino infatti anche il silenzio      i primissimi esperimenti – ricorre a fonti letterarie,
ha un suono, divenendo così una delle componenti            sottoponendole a una contrazione rigorosa. Non è
fondamentali della teatralità dell’opera, alla quale si     il primo autore a intrattenere questo tipo di rap-
assomma la ricerca sonora, ovvero la drammatur-             porto con la letteratura, penso ad esempio a Gian
gia sul suono. Grazie a un particolare utilizzo degli       Francesco Malipiero, che si scrisse sempre i libretti
strumenti sintetici, in accostamento a quelli acusti-       da sé, estrapolandoli da fonti esterne che venivano
ci tradizionali, raggiunge delle zone inesplorate del       poi «concentrate» attraverso un procedimento cu-
suono, attraverso un tipo di ricerca che si avvicina
molto a quella elettronica pur rinunciando a usarne
gli strumenti specifici.                                    *   Critico musicale

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