ANIEM Rassegna Stampa del 24/11/2017

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ANIEM
   Rassegna Stampa del 24/11/2017

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INDICE

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SCENARIO EDILIZIA
   24/11/2017 Il Messaggero - Nazionale                                           6
   Casa con vista su San Pietro: furbetto restituisce le chiavi

   24/11/2017 ItaliaOggi                                                          7
   Pensione a 67 anni. Tranne 15 categorie di lavoratori

   24/11/2017 ItaliaOggi                                                          10
   Scuole, sport, terremoto, priorità per gli enti

   24/11/2017 ItaliaOggi                                                          11
   Opere pubbliche, svolta in arrivo

   24/11/2017 Avvenire - Nazionale                                                12
   Province, più risorse per gli istituti superiori

   24/11/2017 Il Fatto Quotidiano                                                 13
   Post-Expo, ecco il progetto: polo tech, verde e università

   24/11/2017 Internazionale                                                      15
   Bilocale con piscina

SCENARIO ECONOMIA
   24/11/2017 Corriere della Sera - Nazionale                                     23
   Veneto Banca: imprenditori e campioni I 100 nomi del «buco» da otto miliardi

   24/11/2017 Il Sole 24 Ore                                                      25
   Padoan: le mafie sguazzano nella finanza opaca

   24/11/2017 Il Sole 24 Ore                                                      27
   Ipotesi spin-off della rete Telecom +4,5% in Borsa
24/11/2017 Il Sole 24 Ore                                                    29
  Investimenti «salvati» dai privati

  24/11/2017 Il Sole 24 Ore                                                    30
  «Web tax da 100-200 milioni»

  24/11/2017 Il Sole 24 Ore                                                    32
  L'Italia si conferma ai vertici per competitività

  24/11/2017 La Repubblica - Nazionale                                         34
  LE PENSIONI PAGATE DAI GIOVANI

  24/11/2017 La Repubblica - Nazionale                                         35
  L'Italia senza culle che può salvarsi grazie ai migranti

  24/11/2017 La Repubblica - Nazionale                                         37
  "Caro Padoan non è di sinistra questa iniqua legge pensionistica"

  24/11/2017 La Repubblica - Nazionale                                         39
  L'Europa porta un po' di trasparenza allo sportello

  24/11/2017 La Repubblica - Nazionale                                         40
  Riparte l'Alitalia commissariata ma da sola non ha futuro

  24/11/2017 La Stampa - Nazionale                                             42
  Redditi bassi, ecco le regole per il bonus

  24/11/2017 La Stampa - Nazionale                                             44
  Morelli: a Mps serve tempo Ma è scontro in commissione

  24/11/2017 La Stampa - Nazionale                                             45
  Stilisti, palazzinari e faccendieri Ecco i grandi debitori di Veneto Banca

  24/11/2017 Il Messaggero - Nazionale                                         46
  Polizia e militari in busta paga 650 euro a gennaio

  24/11/2017 Il Messaggero - Nazionale                                         48
  In pensione più tardi, "salvi" in 14.600

SCENARIO PMI
  24/11/2017 Il Sole 24 Ore                                                    50
  Carlo Robiglio presidente della Piccola Industria

  24/11/2017 Il Sole 24 Ore                                                    52
  Fatturato in crescita per il 53% delle «piccole»
24/11/2017 Il Sole 24 Ore                                           53
Carige, il fondo Crc a un passo da Creditis Il titolo perde il 4%

24/11/2017 La Repubblica - Roma                                     54
Scontento delle imprese "Più soldi e meno app"

24/11/2017 La Stampa - Asti                                         55
Come aiutare le aziende nell'innovazione tecnologica
SCENARIO EDILIZIA

7 articoli
24/11/2017                                                                                             diffusione:102976
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 IL CASO
 Casa con vista su San Pietro: furbetto restituisce le chiavi
 Maria Lombardi

 Il prossimo: casa con vista sul Cupolone, reddito da 90mila euro, affitto sui cento euro al mese. Un altro
 «abusivo benestante» a cui toccherà restituire al Comune l'alloggio nel centro storico «di pregio» che non
 gli spetta. I suoi guadagni dichiarati sono quasi cinque volte superiori al tetto massimo previsto per avere
 diritto a un appartamento di edilizia popolare. Dopo la signora con 18 proprietà e residenza in un palazzetto
 in centro di proprietà del Campidoglio, tocca a mister 90mila. È riuscito finora a farla franca spendendo una
 cifra ridicola per abitare in una strada dove si paga almeno dieci volte di più, se va bene. Adesso è finito
 insieme a tanti altri inquilini furbetti nell'elenco di quelli che verranno mandati via per «esubero di reddito».
 E se non accetteranno di lasciare gli alloggi a cui non hanno alcun diritto il Campidoglio passerà alla linea
 dura, denunciando. Il rischio in alcuni casi sarebbe anche l'accusa di truffa. Come per chi ha vissuto per
 anni e anni in una casa che sarebbe destinata alle famiglie più deboli pur avendo un reddito molto al di
 sopra del consentito e essendo proprietario di altri immobili. L'INTERVENTO È il caso della signora
 quarantenne con appartamento in via dell'Arco di Parma, a due passi da via dei Coronari, tra piazza
 Navona e Castel Sant'Angelo. Centro metri quadrati, «li ho ristrutturati a mie spese», dove viveva la nonna
 e lei non avrebbe potuto tenere dal momento che ha ereditato ben 18 proprietà, tra appartamenti, terreni,
 magazzini, garage, negozi (uno con sei vetrine). Quando i vigili urbani dell'Usdpa (unità di supporto presso
 il dipartimento delle politiche abitative) le hanno notificato l'ordine di lasciare Occupazioni, ecco l'abusivo
 benestante: aveva un reddito di 90.000 euro l'anno ` la casa, la signora si è subito presentata negli uffici e
 ha firmato l'atto di rinuncia. Tra i tanti «occupanti benestanti» duramente attaccati dal sindaco Raggi («le
 case popolari devono andare a chi ha realmente bisogno») c'è il signore con la Porsche parcheggiata
 davanti al portone. Non abita in centro ma in periferia, anche lui sloggiato. Duemila gli inquilini "abusivi"
 secondo il censimento in mano al Comune. Quelli che senza diritto occupano uno dei 23mila alloggi Erp
 (edilizia residenziale pubblica). Almeno quelli finora accertati, in realtà potrebbe essere molti di più. Dal
 centro alla periferia fino ad L'uomo deve riconsegnare l'immobile al Campidoglio, al vaglio una denuncia `
 Ostia. La squadra dei trenta vigili urbani che si occupa degli sgomberi arriverà fino al Litorale dove la
 situazione è particolarmente critica. Lì c'è tra l'altro da smantellare il «mercato sommerso», il racket degli
 alloggi abusivi. Dai dieci ai ventimila euro per subentrare all'inquilino a cui era stato assegnato l'alloggio, chi
 paga prende possesso della casa del Comune e poi spera - come tante volte è successo - che vada bene.
 Accade anche in altri quartieri di Roma, c'è chi venti anni fa ha pagato quaranta milioni di lire per una casa
 dell'Ater a San Basilio «a mio rischio, ovvio» e sta ancora lì, «un contratto non ce l'ho ma le bollette sono a
 mio nome». LE FORZE Il IV, il V e il VI sono i municipi con il più alto tasso di abusivismo. Qui si trovano la
 maggior parte dei 1.600 occupanti che si sono piazzati in alloggi popolari dopo la morte dell'inquilino
 assegnatario. Un lavoro immenso e c'è solo una squadra di una trentina di vigili urbani che deve occuparsi
 di 3.600 casi. © RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 24/11/2017                                                                         6
24/11/2017                                                                                               diffusione:38448
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 DDL BILANCIO 2018
 Pensione a 67 anni. Tranne 15 categorie di lavoratori
 LEONARDO COMEGNA

 a pag. 29 Confermato l'adeguamento demografico, che porterà la soglia anagrafica per andare in pensione
 a 67 anni nel 2019. Ampliamento della platea dei lavoratori esclusi dall'adeguamento automatico (biennale
 dal 2019), aggiungendo alle attuali 11 attività altri quattro profi li professionali. Parti sociali coinvolte nelle
 due commissioni tecniche che dovranno, da un lato innovare il calcolo dell'impatto delle aspettative di vita
 sull'età di pensionamento, e dall'altro studiare la separazione tra previdenza e assistenza. Ape sociale
 strutturale, attraverso l'accantonamento in un apposito fondo dei risparmi di spesa. Il «pacchetto» in 12
 punti sulle pensioni, del valore di circa 300 milioni di euro, frutto dell'ultimo vertice con i sindacati, è stato
 depositato ieri dal governo in commissione bilancio al Senato come emendamento al disegno di legge di
 Bilancio 2018. Adeguamento demografi co Su questo punto l'esecutivo dunque non ha ceduto, offrendo in
 cambio solo un allargamento della platea dei lavoratori già oggi esclusi dall'adeguamento automatico
 (biennale dal 2019), aggiungendo alle attuali 11 attività, altri quattro profi li professionali: operai siderurgici,
 braccianti agricoli, lavoratori marittimi e pescatori. Da notare la novità dell'ultima ora con l'inserimento dei
 lavoratori siderurgici di prima fusione, misura che interessa anche i lavoratori Ilva. In tutto 20-30 mila
 persone l'anno per un costo di qualche centinaio di milioni di euro (10% dei pensionamenti stimati per il
 2019). Inoltre, c'è la promessa di valutare una rivisitazione del meccanismo di calcolo dell'adeguamento
 alla speranza di vita, tenendo in maggior conto i cali della stessa (si è verifi cato nel 2015 e potrebbe
 riverificarsi nel 2017) e riallungando lo scatto, da biennale a triennale. L'ipotesi dello stop, inoltre, non sarà
 limitato al solo recontinua a pag. 30 SEGUE DA PAG. 29 quisito anagrafi co per la pensione di vecchiaia,
 come previsto in un primo tempo, ma anche a quello contributivo (42 anni e 10 mesi) richiesto per la
 pensione anticipata. Insomma, un meccanismo più soft, senza scossoni per i conti pubblici. La
 commissione Arriva una apposita commissione con Inps, Inail, Istat, i ministeri della Salute, del Lavoro e
 dell'Economia e i sindacati, che lavori fi no a settembre, per defi nire meglio le differenze della speranza di
 vita in base al lavoro che si svolge. Una differenziazione dei requisiti previdenziali sulla base delle
 mansioni. In sostanza: dimmi che mestiere fai e ti dirò a che età andrai in pensione. Lavori usuranti Le
 categorie dei benefi ciari sono quelle già individuate nel 2011 (decreto legislativo n. 67), come, ad esempio,
 chi lavora nella produzione a catena, in galleria, in spazi ristretti, chi esporta amianto, ecc. (vedi elenco
 completo nella tabella sottostante). Ebbene, questi lavoratori possono continuare ad andare in pensione
 con il «vecchio» sistema delle quote: 61 anni e 7 mesi di età e 36 anni di contributi, oppure 62 anni e 7
 mesi e 35 di contributi (si contano anche le frazioni di anno). Nessun problema con la speranza di vita.
 Infatti, grazie alla legge di Bilancio 2017, i suddetti requisiti non sono soggetti agli adeguamenti demografi
 ci sino a tutto il 2026, né devono più aspettare l'apertura della cosiddetta «fi nestra mobile»: 12 o 18 mesi
 dal perfezionamento dei suddetti requisiti. Gli interessati dovranno dimostrare di aver svolto le suddette
 attività per almeno sette negli ultimi dieci anni di lavoro, oppure, in alternativa, per almeno la metà della vita
 lavorativa complessiva. L'unico adempimento burocratico loro richiesto è, per così dire, la prenotazione.
 Devono avanzare richiesta di pensionamento anticipato entro il 1° maggio dell'anno precedente a quello in
 cui si maturano i requisiti. La richiesta non è da confondere con la domanda di pensione che sarà
 presentata solo in un momento successivo, dopo la comunicazione da parte dell'Inps di accoglimento della
 domanda di accertamento di lavoro usurante. Peraltro, la presentazione della domanda oltre il termine
 previsto comporta, in caso di accertamento positivo dei requisiti, il differimento del diritto alla decorrenza da
 uno a tre mesi a seconda dei mesi di ritardo: un mese, per un ritardo della presentazione massimo di un
 mese; due mesi, per un ritardo della presentazione superiore ad un mese ed inferiore a tre mesi; tre mesi
 per un ritardo della presentazione pari o superiore a tre mesi. Lavori gravosi Gli addetti alle mansioni

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 gravosi sono i dipendenti addetti alle 11 attività indicate nella legge di Bilancio 2017, i quali svolgono, al
 momento del pensionamento, da almeno sei anni in via continuativa attività lavorative per le quali è
 richiesto (testuale) «un impegno tale da rendere particolarmente diffi coltoso e rischioso il loro svolgimento
 in modo continuativo». Si tratta, più precisamente: degli operai dell'industria estrattiva e dell'edilizia; dei
 conduttori di gru, di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni; dei conciatori di pelli e pellicce; i
 conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante; i conduttori di mezzi pesanti e camion; professioni
 sanitarie infermieristiche con lavoro organizzato in turni; gli addetti all'assistenza personale di persone in
 condizioni di non autosuffi cienza (le badanti); gli insegnanti della scuola dell'infanzia; il personale non
 qualifi cato addetto a servizi di pulizia; i facchini e gli operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori rifi
 uti. Tutti costoro, se hanno compiuto i 63 anni di età e accumulato almeno 36 anni di contributi, possono
 accedere all'Ape sociale, ossia il sussidio (a carico dello Stato) corrisposto dall'Inps sino all'età della
 pensione di vecchiaia. Dal 2018 i possibili beneficiari saliranno quindi a 15 categorie. Previdenza
 complementare Sul tema della previdenza complementare il governo punta all'incentivazione soprattutto
 per incrementare l'adesione dei lavoratori pubblici, dove prevede, la parifi cazione della tassazione sulle
 prestazioni di previdenza integrativa per i dipendenti pubblici al livello di quella dei privati. No solo, ma
 arriverà anche per loro il famoso «silenzio-assenso». Dovranno essere stabilite, con una specifi ca norma
 di legge, le «forme di adesione basate anche su sistemi di silenzio-assenso», come defi nite dalle parti
 istitutive dei fondi pensione, destinate ai pubblici dipendenti che saranno assunti in futuro. Donne e giovani
 L'intenzione è quella di all'allargamento dei requisiti agevolati di accesso alle prestazioni, «per le lavoratrici
 con fi gli, al fi ne di avviare il processo di superamento della disparità di genere e dare primo
 riconoscimento al valore sociale del lavoro di cura e di maternità svolto dalle donne». Uno «sconto» sull'età
 non meglio specifi cato, probabilmente correlato al numero dei fi gli. Per quanto riguarda i giovani, il
 governo s'impegna a dare priorità alla «sostenibilità sociale dei trattamenti pensionistici destinati ai giovani
 al fi ne di assicurare l'adeguatezza delle pensioni medio-basse nel regime contributivo con riferimento sia
 alla pensione anticipata che a quella di vecchiaia». In soldoni: il ripristino di una sorta di trattamento minimo
 non previsto per le pensioni liquidate in regime contributivo. © Riproduzione riservata
 Le attività usuranti... e le attività gravose Lavori in galleria, cava o miniera: mansioni svolte in sotterraneo
 con carattere di prevalenza e continuità. Lavori nelle cave, mansioni svolte dagli addetti alle cave di
 materiale di pietra e ornamentale Lavori nelle «gallerie», mansioni svolte dagli addetti al fronte di
 avanzamento con carattere di prevalenza e continuità. Lavori espletati in «spazi ristretti», con carattere di
 prevalenza e continuità e in particolare delle attività di costruzione, riparazione e manutenzione navale, le
 mansioni svolte continuamente all'interno di spazi ristetti, quali intercapedini, pozzetti, doppi fondi, di bordo
 o di grandi blocchi strutture Lavori svolti dai palombari Conducenti di veicoli pesanti, di capienza
 complessiva non inferiore ai nove posti compreso il conducente, adibiti a servizi pubblici di trasporto.
 Lavoratori siderurgici Lavoratori marittimi 2) Conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione
 nelle costruzioni 3) Conciatori di pelli e di pellicce 4) Conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante
 5) Conduttori di mezzi pesanti e camion 6) Personale delle professioni sanitarie infermieristiche e ostetriche
 ospedaliere con lavoro organizzato in turni 7) Addetti all'assistenza personale di persone in condizioni di
 non autosuffi cienza 8) Insegnanti della scuola dell'infanzia ed educatori degli asili nido Lavori di
 asportazione dell'amianto: mansioni svolte con carattere di prevalenza e continuità. Mansioni dei soffi atori
 nell'industria del vetro cavo eseguito a mano e a soffi o. Lavoratori a turni, che prestano la loro attività di
 notte per almeno 6 ore, comprendenti l'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino, per un numero
 minimo di giorni lavorativi annui non inferiore a 64. Lavoratori che prestano la loro attività per almeno 3 ore
 nell'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino, per periodi di lavoro di durata pari all'intero anno
 lavorativo. Lavoratori addetti alla c.d. «linea catena», ovvero i lavoratori, impegnati all'interno di un
 processo produttivo in serie, con ritmo determinato da misurazione di tempi, sequenze di postazioni,

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 24/11/2017                                                                            8
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 ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo su parti staccate di un prodotto fi nale, che si spostano a
 usso continuo o a scatti con cadenze brevi determinate dall'organizzazione del lavoro o dalla tecnologia.
 Lavori in cassoni ad aria compressa. Lavori ad «alte temperature»: mansioni che espongono ad alte
 temperature, quando non sia possibile adottare misure di prevenzione, quali, a titolo esemplifi cativo, quelle
 degli addetti alle fonderie di seconda fusione, non comandata a distanza, dei refrattaristi, degli addetti ad
 operazioni di colata manuale. Braccianti agricoli Pescatori Le attività gravose 1) Operai dell'industria
 estrattiva, dell'edilizia e della manutenzione degli edifi ci 9) Facchini, addetti allo spostamento merci e
 assimilati 10) Personale non qualifi cato addetto ai servizi di pulizia 11 Operatori ecologici e altri raccoglitori
 e separatori di rifi uti 12) Lavoratori siderurgici 13) Lavoratori marittimi 14) Braccianti agricoli 15) Pescatori
 L'emendamento sulle pensioni e gli altri emendamenti del governo sul sito www.italiaoggi.it/

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 24/11/2017                                                                         9
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 Scuole, sport, terremoto, priorità per gli enti

 Edilizia scolastica, impiantistica sportiva, interventi di ricostruzione post terremoto, comuni piccoli e/o istituiti
 mediante fusione, prevenzione del rischio sismico e idrogeologico. È questa la mappa delle priorità che
 guiderà nei prossimi due anni la distribuzione degli spazi fi nanziari nell'ambito del c.d. Patto verticale
 nazionale. Sul piatto ci sono 900 milioni per il 2018 e altrettanti per il 2019, mentre dal 2020 il plafond
 scenderà a 700 milioni. Il meccanismo è ormai oliato da due lustri di applicazione (all'inizio soprattutto a
 livello regionale), anche se i risultati in termini di rilancio degli investimenti locali sono ancora modesti. Ad
 esempio, se si confrontano i dati Siope sul pagamenti dei comuni, si nota come la spesa in conto capitale
 sia scesa dai 12,6 miliardi del 2015 ai 10,9 del 2016, con una riduzione secca di oltre il 13%. Ancora più
 preoccupante è il confronto con il 2008, quando il medesimo aggregato valeva 20.864.908.922,88, quasi il
 doppio del valore registrato lo scorso anno. Per questo, la manovra in discussione in Parlamento non si
 limita a incrementare le risorse (+200 milioni per il 2018 e altrettanti per il 2019) per il prossimo biennio, ma
 si sforza di canalizzarle là dove vi sono le maggiori necessità, enfatizzando (si veda ItaliaOggi del 17
 novembre) la rilevanza della progettazione. Le fetta più grossa (400 milioni per il 2018 e altrettanti per il
 2019) è quella dedicata all'edilizia scolastica, dove in pole position ci saranno gli interventi di nuova
 costruzione di edifi ci scolastici o di adeguamento antisismico degli edifi ci esistenti per i quali gli enti
 dispongono del progetto esecutivo e che non abbiano ancora pubblicato il bando di gara al momento della
 richiesta. A seguire gli altri interventi immediatamente cantierabili, mentre chi dispone «solo» di un progetto
 defi nitivo (comunque completo di Cup) dovrà sperare nei ripescaggi. Più contenuta (100 milioni per
 ciascuno dei prossimi due anni) ma tutta nuova la dote per l'impiantistica sportiva, che attende ancora la
 conferma del voto parlamentare sulla legge di bilancio 2018. In questo caso, fra gli interventi già arrivati
 all'ultimo livello di progettazione saranno preferiti quelli per messa in sicurezza e a norma, per abbattimento
 di barriere architettoniche, per effi cientamento energetico. Infi ne, altri 400 milioni saranno divisi fra i
 comuni terremotati, quelli istituiti mediante fusione e con popolazione fi no a 5 mila abitanti, anche se non
 dispongono di una progettazione avanzata (ma attenzione alle sanzioni per il mancato, integrale utilizzo
 degli spazi assegnati). Mentre occorre di nuovo il progetto esecutivo per concorrere alle quote destinate
 agli investimenti fi nanziati da avanzo (non da mutuo) fi nalizzati all'adeguamento e al miglioramento
 sismico degli immobili, ovvero alla prevenzione del rischio idrogeologico e alla messa in sicurezza e alla
 bonifi ca di siti inquinati ad alto rischio ambientale. Infi ne, gli emendamenti al dl 148/2017 approvati al
 Senato introducono una nuova fattispecie, ovvero le spese fi nanziate da avanzo per la progettazione, defi
 nitiva ed esecutiva, di investimenti finalizzati al miglioramento della dotazione infrastrutturale o di recupero
 degli immobili e delle strutture destinati a servizi per la popolazione.

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 24/11/2017                                                                          10
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 Negli anni della crisi (2007-2015) perso il 33% della spesa secondo il XV rapporto Cresme
 Opere pubbliche, svolta in arrivo
 Risorse in crescita: dal governo 149 miliardi fi no al 2023
 ANDREA MASCOLINI

 Ancora difficoltà nella spesa per investimenti scesa del 2,6% nel 2016; nel 2017 previsto ancora un calo
 dell'1,5%; nel 2018 prevista un'inversione di tendenza con le opere pubbliche a +4,8%; 149 i miliardi messi
 sul tavolo dal governo fino al 2023. Sono questi alcuni degli elementi più significativi contenuti nel XV
 rapporto congiunturale e previsionale sul mercato delle costruzioni elaborato dal Cresme e presentato la
 scorsa settimana a Venezia. Il Cresme fa presente innanzitutto il contesto complessivo in cui si colloca il
 settore delle infrastrutture e delle opere pubbliche. In particolare è stato fatto notare come lo scenario
 economico italiano e quello europeo siano in miglioramento, il che porta anche il settore delle costruzioni,
 faticosamente, in una nuova fase dopo anni molto pesanti che hanno visto un 33% di spesa persa negli
 anni della crisi, dal 2007 al 2015 (dati in valori reali). In termini generali (edilizia e opere pubbliche) i segnali
 positivi, ha sostenuto il Cresme, dipendono in primo luogo dal settore della riqualifi cazione anche se
 qualche primo debole segnale arriva anche dalle nuove costruzioni; mentre le risorse per le opere
 pubbliche crescono e sono pronte a giocare il loro ruolo nella crescita del paese nei prossimi anni. C'è poi
 tutto il campo dei nuovi incentivi legati al tema del rischio sismico, senza poi trascurare le nuove
 opportunità che sembrano aprirsi sui mercati internazionali. Ciò premesso, l'istituto di ricerca ha calcolato il
 valore effettivo dei fondi per infrastrutture e edilizia all'interno dei programmi o finanziamenti disponibili nella
 programmazione 2014-2020 giungendo alla conclusione che il settore delle costruzioni attira risorse per
 53,4 miliardi, di cui 17 di piani cofi nanziati con fondi Ue e piani complementari nazionali, e 36,4 miliardi di
 fondi sviluppo e coesione. Poi ci sono 14,7 miliardi dalla legge di bilancio 2016, di cui 8,3 per Rfi e 6,4 per
 l'Anas. Il rapporto evidenzia anche come dalla legge di Bilancio 2017 sia arrivata la cospicua cifra di 43,6
 miliardi per infrastrutture e altre opere pubbliche, di cui 35,6 dal fondo investimenti (Dpcm 21 luglio 2017),
 4,3 per il post-terremoto 2016 (altri 3,5 dal decreto 50), 3,6 per il rilancio degli investimenti degli enti locali.
 Va notato, inoltre, che anche nel disegno di legge di Stabilità per il 2018 sono contenute, salvo modifi che
 derivanti dall'iter parlamentare, risorse per altri 34,1 miliardi, di cui 28,4 per il rifi nanziamento del fondo
 investimenti (comma 140) relative a opere pubbliche; 250 milioni per il piano invasi; 850 milioni per
 investimenti dei comuni e altri 4,6 miliardi per il rilancio complessivo degli investimenti degli enti locali. Ma è
 soprattutto sul fronte della programmazione e delle risorse che si possono attendere miglioramenti signifi
 cativi, a patto che si riesca a spendere velocemente quanto stanziato: infatti la forte iniezione di risorse
 (149 miliardi di euro dal 2016 al 2023, compresi i programmi europei) stanziati dal governo per infrastrutture
 ed edilizia pubblica non riesce ancora a produrre il rilancio del settore delle costruzioni. Ecco quindi che nel
 2016 la spesa effettiva per opere pubbliche si è ridotta ancora, del 2,6% (nonostante la clausola
 investimenti strappata alla Ue) e il Cresme prevede che scenda dell'1,5% nel 2017. Tutto questo fermerà il
 settore delle costruzioni a un +1,1% nel 2016 e all'1% nel 2017. L'anno di svolta dovrebbe invece essere il
 2018, con il boom delle opere pubbliche (+4,8%), già avvertito nel settore della progettazione nel 2016 e
 adesso anche nei lavori, e con una ripresa del settore che si dovrebbe collocare al +2,5 %.

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 24/11/2017                                                                          11
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 Province, più risorse per gli istituti superiori
 Agli enti il 30% del piano triennale da 1,7 mld Variati (Upi): «Impegno centrale per il Paese» La
 distribuzione dei fondi avverrà sulla base del numero di studenti e non di scuole. La struttura di missione di
 Palazzo Chigi: «Dal 2015 sbloccati oltre 200 milioni»
 PAOLO FERRARIO

 Più soldi alle Province per la manutenzione e la messa in sicurezza delle scuole superiori. Lo stabilisce il
 decreto con i criteri per la nuova programmazione triennale 20182020 per l'edilizia scolastica (pari a 1,7
 miliardi di euro), approvato ieri in Conferenza unificata. In sostanza, le risorse agli enti locali (Comuni e
 Province) saranno assegnate non più sulla base del numero di scuole ma su quello della popolazione
 scolastica. Con il vecchio criterio, fanno sapere dall'Upi, le Province erano penalizzate, perché hanno un
 minor numero di edifici (5.100), ma molti alunni (2,5 milioni, pari al 30% del totale di tutte le scuole). Negli
 ultimi tre anni, ha recentemente ricordato il presidente dell'Unione delle Province, Achille Variati, alle
 superiori è andato «non più del 14%» di tutti i fondi destinati alla messa in sicurezza delle scuole. Con il
 decreto di ieri, questa quota è destinata ad aumentare fino praticamente a raddoppiarsi. «È un passo avanti
 molto significativo - commenta Variati, che aveva fortemente sollecitato questa soluzione - perché riporta le
 scuole superiori, che negli ultimi tre anni hanno ricevuto finanziamenti scarsi a causa dei tagli alle Province,
 come impegno centrale per il Paese. Abbiamo scritto una bella pagina per il Paese: Governo, Regioni,
 Comuni, Città metropolitane e Province hanno insieme deciso che nei prossimi tre anni nelle scelte
 politiche nazionali e territoriali sarà considerata come una priorità la messa in sicurezza delle scuole
 superiori. Un passaggio essenziale, che risponde anche ai giusti richiami che su questi temi gli studenti e le
 associazioni dei cittadini hanno ripetutamente avanzato alle istituzioni». Soddisfazione è stata espressa
 anche dal sottosegretario all'Istruzione, con delega all'edilizia scolastica, Vito De Filippo, che sottolinea il
 «rinnovato impegno» per la messa in sicurezza delle scuole superiori. In particolare, il decreto approvato in
 Conferenza unificata prevede che le Regioni, nella definizione dei loro piani diano priorità a: interventi di
 adeguamento sismico, o di nuova costruzione per sostituzione degli edifici esistenti nel caso in cui
 l'adeguamento sismico non sia conveniente; interventi finalizzati all'ottenimento del certificato di agibilità
 delle strutture; interventi per l'adeguamento dell'edificio scolastico alla normativa antincendio previa verifica
 statica e dinamica dell'edificio; ampliamenti e nuove costruzioni per soddisfare specifiche esigenze
 scolastiche. «È un ulteriore segnale di attenzione del Governo verso le problematiche delle scuole
 superiori, fondamentali per lo sviluppo del Paese - commenta Laura Galimberti, coordinatrice della Struttura
 di missione della Presidenza del Consiglio dei Ministri per la riqualificazione dell'edilizia scolastica -. Un
 impegno cominciato, nonostante le innegabili difficoltà, dal 2014 e protratto nel tempo: pochi giorni fa è
 stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto ministeriale Miur che ripartisce 321 milioni e 100mila euro a
 favore di Province e Città Metropolitane per interventi di edilizia scolastica sulle scuole di loro competenza.
 Sono 478 gli istituti superiori già finanziati e c'è anche l'elenco degli altri che potranno essere soddisfatti
 scorrendo la graduatoria grazie ai ribassi d'asta». Nonostante i tagli ai trasferimenti (soltanto per il 2018
 l'Upi ha quantificato uno squilibrio di bilancio di 470 milioni di euro), «non sono poche le Province e le Città
 metropolitane che hanno lavorato - e molto - per la riqualificazione dell'edilizia scolastica», aggiunge
 Galimberti. Che ricorda come dal 2015 gli Enti provinciali abbiano «risposto all'appello dei Governi che
 hanno sbloccato risorse per oltre 200 milioni di euro». Ulteriori 947 milioni per la sicurezza delle scuole,
 sono stati, infine, stanziati dall'Inail nel piano triennale 2016-2018: 450 milioni per la costruzione di scuole
 innovative, 150 milioni per nuovi poli per l'infanzia e 347 milioni per iniziative di elevata utilità sociale.

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 24/11/2017                                                                      12
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 IL DOCUMENTO Il masterplan Gli australiani di Lend Lease gestiranno in concessione per 99 anni lo
 sviluppo dell ' area, in cambio di 671 milioni ad Arexpo
 Post-Expo, ecco il progetto: polo tech, verde e università
 Human Technopole A gennaio 2018 i primi ricercatori entreranno a Palazzo Italia. Sarà a pieno regime nel
 2024
 GIANNI BARBACETTO

 Tra qualche giorno ci sarà l ' annuncio ufficiale di che cosa sarà fatto sull ' area Expo. Gli australiani di Lend
 Lease il 9 novembre hanno vinto la gara con una proposta di masterplan che, secondo quanto il Fatto
 Quotidiano può anticipare, concentra il parco al centro della grande area, in un ' unica spina verde che
 sostituisce e amplia il " decuma no " , la grande strada su cui si affacciavano i padiglioni di Expo. Il parco
 dividerà le aree pubbliche, a nord della zona verde, dalle aree private, a sud. Quattro gli insediamenti
 pubblici. Il campus dell ' Università Statale di Milano, che trasferirà qui, a est dell ' Albero della Vita, le sue
 facoltà scientifiche che ora sono nelle vecchie sedi di Città Studi. Human Technopole , il centro di ricerca su
 genoma e big data, che occuperà Palazzo Italia e la parte a ovest dell ' Albero della Vita. La Cascina
 Triulza resterà come casa delle associazioni del volontariato, oltre a ospitare la sede di Arexpo, la società
 pubblica proprietaria delle aree che ora svilupperà l ' ope razione immobiliare insieme a Lend Lease. Infine,
 contiguo alla Triulza, sorgerà il nuovo ospedale Galeazzi . GLI EDIFICI. Sotto la spina verde saranno
 concentrati gli interventi privati, sviluppati da Lend Lease o direttamente da Arexpo. Soprattutto te rz iario
 (200 mila metri quadrati), ma terziario di qualità, almeno secondo le promesse degli sviluppatori: hanno già
 presentato manifestazioni d ' i nteresse grandi aziende come Novartis, Bayer, Glaxo, Bosch, Abb, Celgene,
 Ibm Watson. Poca residenza , 24 mila mq, a cui si aggiungono 9 mila mq di " senior living " , cioè residenze
 di altissimo livello, e 30 mila di social housing , ossia case a prezzo calmierato. Ben 54 mila mq saranno re
 sidenze per studenti , in prossimità del campus universitario, 16 mila saranno spazi commerciali , ma senza
 grande distribuzione, e 7 mila mq per hotel . In totale, sono 480 mila i metri quadrati di costruito proposti dal
 progetto Lend Lease, che diventeranno 510 mila con i 30 mila di s o c ia l housing . Il parco nel progetto
 occupa 460 mila metri quadrati, 20 mila più di quanto era obbligatorio, ed è uno spazio unitario e continuo,
 non spezzettato, come si temeva, in tanti " giardini condominiali " . Human Technopole occuperà 35 mila
 mq: Palazzo Italia appositamente ristrutturato, i padiglioni ex Expo del " cardo " , la stecca ex Expo che si
 affaccia sulla piazza dell ' Albero della Vita, più due fabbricati nuovi per i laboratori, uno di 18 mila mq e l '
 altro di 2 mila. Il campus della Statale per 18 mila studenti impegnerà 98 mila mq di cui 42 mila di costruito,
 mentre su 50 mila mq cresceranno i sedici piani del nuovo ospedale Galeazzi. I SOLDI. La società Arexpo
 (39% min i s t e r o de ll ' Eco nomia, 21% Regione Lombardia, 21% Comune di Milano, 16% Fondazione
 Fiera Milano), che ha comprato da privati i terreni dove si è svolto Expo 2015, nel 2018 avrà 200 milioni di
 debito. Conta di rientrare in dieci anni. Con i 671 milioni che saranno via via versati da Lend Lease, che
 avrà la concessione per 99 anni per " valorizzare " al meno 250 mila mq. Altri 230 mila mq saranno "
 valorizza ti " direttamente da Arexpo, che conta di ricavarci 130 milioni, vendendoli a Lend Lease o
 direttamente a privati. Arexpo incasserà poi 25 milioni dal Galeazzi, per i 50 mila mq venduti per l '
 ospedale. Altri 140 milioni potrebbero arrivare in dieci anni dagli oneri di urbanizzazione dell ' area. I
 TEMPI. L ' attuale proposta di masterplan di Lend Lease diventerà m a st e r p l an d e f i ni t ivo entro il
 giugno 2018, quando sarà approvato dall ' assem blea degli azionisti di Arexpo. Entro la fine del 2018 dovrà
 essere a p p r ov a t o dai Comuni di Milano e di Rho lo strumento urbanistico (il Pr ogra mma i n t e g r a t
 o d ' intervento). Poi si apriranno i cantieri. Intanto però partiranno almeno il Galeazzi (cantiere nella
 primavera 2018) e Human Technopole: 22 dicembre 2017 consegna di Palazzo Italia ristrutturato, gennaio
 2018 arrivo dei primi 40 addetti e ricercatori, che diventeranno 400 a fine 2018. Tutti gli edifici per il polo
 tecnologico saranno consegnati a fine 2021 ed entreranno a regime, con 1500 addetti, nel 2024. L ' al bero
 della vita Resterà anche nel nuovo proge t to, tra il campus e il polo te c nolog ico Ansa I numeri 51 0 mila
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 metri quadrati le edificazioni private, di cui 24 mila di re s i d e n z i a l e libero e 30 mila di social housing
 460 mila metri quadrati il parco: 20 mila più di q u a n to imposto nel bando 230 mila metri q u a d ra t i s a
 ra n n o sv i l u p p a t i d i re t t a m e n te da Arexpo

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 24/11/2017                                                                        14
24/11/2017
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 Romania
 Bilocale con piscina
 A Bucarest i complessi residenziali recintati sono sempre più difusi. È l'utopia a buon mercato di una classe
 media che non crede nello stato, vuole sicurezza e insegue uno stile di vita tutto suo
 Andrada Fiscutean e Sorina Vasile

 Ai margini di Bucarest cinquemila persone vivono in un invitante universo parallelo, lontane dalla
 confusione della città. Casette dai tetti color turchese, come nel Monopoly, si afacciano su un lago e, più
 avanti, palazzi gialli di dieci piani incorniciano grandi piscine piene d'acqua limpidissima. Tutti lasciano i
 telefonini e i portafogli in vista sulle sdraio. Un pallone rimbalza sull'acqua. Un ragazzo abbronzato con un
 braccialetto rosa al polso si tufa per prenderlo, schizzando le persone a bordo piscina. Tutti portano lo
 stesso braccialetto di plastica. Indica che hanno il permesso di stare qui. Cosmopolis è uno dei più grandi
 complessi residenziali della zona di Bucarest, premiato perfino a livello internazionale. Qualche anno fa qui
 c'erano solo terreni abbandonati lungo le rive del lago Creuleasca. Oggi c'è un quartiere che appartiene al
 comune di tefnetii de Jos. L'ingresso ricorda una frontiera: muri, cancelli e guardie. Uno dei vigilanti, con
 occhiali da sole, maglietta azzurra e pancia d'ordinanza, fa la stessa domanda a tutti gli sconosciuti: dove
 va? Qui possono entrare solo i residenti, altrimenti bisogna essere annunciati con una telefonata in
 portineria. La crisi è passata, gli stipendi crescono, e sempre di più gli abitanti di Bucarest vogliono
 comprare casa in uno degli oltre cento complessi residenziali costruiti alla periferia della città. Queste
 strutture hanno servizi di vigilanza, parchi e piscine, e le case non costano più dei vecchi appartamenti del
 centro. Molti hanno fretta di comprare perché temono che i prezzi tornino a salire e raggiungano i livelli
 precedenti alla crisi. I dati di Eurostat mostrano che la Romania è il paese dell'Unione europea con la più
 alta percentuale di proprietari di casa. L'affitto è considerato una soluzione transitoria, che sul lungo periodo
 serve solo a buttar via soldi. Per questo abbiamo cercato di capire perché i romeni sono così legati alla
 proprietà della casa, e soprattutto che vantaggi e che svantaggi hanno a vivere in quartieri periferici chiusi e
 mal collegati alla città. Abbiamo viaggiato tra passato e futuro, tra campagna e città, tra comunità reali e
 virtuali. E abbiamo capito che il modo in cui abitiamo dice molto su chi siamo e su chi vogliamo diventare.
 Alice e Rzvan È domenica prima dell'ora del pranzo e via Europa, nel complesso Cosmopolis, è deserta.
 Qualche alberello spunta dal cemento. Siamo a venti chilometri dal centro di Bucarest, fuori dal raccordo.
 Davanti al cancello c'è la fermata del minibus che porta in città; se non c'è trafico in mezz'ora si arriva alla
 prima fermata della metropolitana. La sala d'attesa ha le pareti gialle. Sotto un grande specchio è disegnato
 un divano azzurro, e dal sofitto pende un candelabro di finto bronzo. In fondo alla strada principale, in una
 casetta circondata da una palizzata bianca, abitano Alice e Rzvan Petrescu insieme alla loro figlia. Prima di
 lasciare la città sono stati in afitto a Cosmopolis per un periodo di prova. Quando Alice è rimasta incinta si
 sono decisi: hanno venduto l'appartamento di Bucarest e hanno comprato qui. In giardino hanno il
 barbecue, le sdraio, alberi da frutta e lillà. Alice ha piantato le erbe aromatiche che le ha dato la nonna.
 "Quando sei cresciuta in città e improvvisamente hai un pezzo di terra ti sembra una magia", dice. Al piano
 di sopra ci sono le camere da letto, mentre al piano terra la cucina e il salotto, che si è trasformato in un
 parco giochi per la bambina. È stato il suo arrivo, raccontano, a convincerli a prendere una decisione
 radicale e a cercare un quartiere simile a quelli che avevano visto in Europa occidentale. A diferenza che in
 città, qui Alice può andare tranquillamente in giro con il passeggino e non deve preoccuparsi per quello che
 può succedere alla bambina. Quando era piccola, Alice voleva diventare ginnasta, come Nadia Comaneci.
 "Solo che esercitandomi una volta ho battuto la testa sull'asfalto. Qui c'è l'erba". I coniugi Petrescu hanno
 entrambi tatuaggi del gruppo musicale tedesco Rammstein sulle braccia e durante le vacanze vanno in giro
 per festival e concerti. La scorsa estate sono stati a un festival a Cluj, l'Electric castle, e a vedere i Depeche
 Mode, sempre con la figlia. Alice ha 37 anni, indossa una salopette a fiori e ha i capelli neri e lunghi, legati

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 in una coda. Ha lavorato per otto anni e mezzo come consulente legale per una multinazionale, senza
 riuscire a occuparsi delle sue passioni: l'astronomia, la musica e l'arte. Alla fine ha deciso di mettersi a
 studiare pianoforte e di lasciare il lavoro. Insieme alla sua migliore amica ha aperto una scuola d'arte,
 Artskul, che aiuta le persone a sviluppare il proprio talento. Ed è soddisfatta. Con la nascita della figlia si è
 presa una pausa, e ora si prende cura della bambina, va in piscina e cucina. A volte non esce dal
 complesso per settimane, perché qui ha tutto quello che le serve: supermercato, campi sportivi, bar,
 negozi. Perfino il dentista. Anche Rzvan è laureato in giurisprudenza. Indossa pantaloncini corti e una
 maglietta beige su cui è disegnato un topolino. Nella stanza da letto ha un diorama di Star Wars che si è
 costruito da solo con i mattoncini del Lego. Rzvan e Alice raccontano di essere scappati da Bucarest
 perché era troppo caotica e perché ai loro vicini non importava della pulizia e dell'ambiente. C'era chi
 gettava gli avanzi nelle condutture per la raccolta comune della spazzatura, chi gli scrollava la tovaglia sul
 balconcino. Loro si sforzavano di fare la raccolta diferenziata, gli altri non capivano. "E quelli strani eravamo
 sempre noi", spiega Alice. Le discussioni con i vicini erano quotidiane. A Cosmopolis, invece, tutti sono
 aperti alle novità, s'interessano di ecologia e stanno attenti a non disturbare. "Voglio vivere in una comunità
 di persone come me. La diferenza di età comporta anche una diferenza in materia di istruzione. La nostra
 generazione è molto più responsabile", dice la donna. Una vera comunità Sempre a Cosmopolis, a pochi
 passi da Alice e Rzvan, in un appartamento di tre camere con terrazzo vivono Ramona e Ctlin Ivan,
 insieme a Puiu, il loro gatto, che hanno raccolto per strada. Dopo aver abitato per dieci anni in una casa in
 afitto, volevano avere un posto tutto loro. Ramona insegna inglese in una scuola privata di Greenfield, un
 altro complesso residenziale che si trova al nord della capitale, e Ctlin lavora in un'azienda di
 comunicazioni al centro della città. Vivono qui da due anni e mezzo. Hanno deciso di trasferirsi perché
 passando in autostrada vedevano le casette del quartiere, con i loro tetti turchesi, e sognavano di viverci.
 "Quando siamo entrati per la prima volta nell'appartamento, abbiamo capito subito che era quello che
 volevamo", dice Ramona. Consigliano anche ai loro amici di venire a vivere qui, perché Cosmopolis "è un
 posto più civile di Bucarest". "Un autista della scuola dove lavoro mi ha raccontato che una volta è venuto a
 prendere un bambino a Cosmopolis", racconta Ramona. "Appena ha passato l'ingresso, un altro bambino
 che era sul bus gli ha chiesto: 'Signore, in che paese siamo qui?'". La persona che li ha convinti a trasferirsi
 a Cosmopolis è Gabriel Voicu, che dirige l'ufficio vendite del complesso. Porta la giacca, ma non la
 cravatta, e guarda continuamente l'orologio. Il suo telefono non smette di squillare, ma lui non risponde.
 Dice che l'85 per cento degli abitanti del complesso sono giovani, alcuni con bambini piccoli. Anche lui
 prima viveva a Bucarest, poi si è trasferito con la moglie e il figlio. "Il primo shock l'ho avuto quando è nato il
 bambino", racconta. "Per arrivare al parco più vicino, quello di Herstru, mia moglie doveva camminare venti
 minuti in mezzo alle macchine. Allora ho capito che non avevo nessun motivo per restare in città. Ricordo il
 frastuono dei tram e delle macchine che passavano di notte a tutta velocità. Non riesco a credere di non
 sentire più quel rumore". Voicu è cresciuto in un quartiere operaio a Costanza. Dice che somigliava a
 Cosmopolis perché "era una vera comunità": gente della stessa età, con lo stesso status sociale e gli stessi
 ideali. Oggi è convinto che quasi tutti quelli che vivono a Cosmopolis siano felici della scelta fatta, tranne
 poche persone che si lamentano su Facebook per la qualità delle rifiniture, la polvere che entra dalle
 finestre e gli insetti. Mille nuovi muri Cosmopolis, Greenfield, Militari Residence, Confort City e gli oltre
 cento complessi residenziali chiusi di Bucarest e dintorni, nel distretto di Ilfov, devono il loro successo ai
 romeni della classe media, spesso dipendenti di multinazionali. In alcuni casi questi inquilini hanno cercato
 di applicare allo spazio in cui vivono le regole del loro lavoro. In un complesso nel quartiere di Titan, per
 esempio, c'è chi ha proposto di introdurre un sistema per definire i problemi da risolvere e poi stabilire le
 priorità. Per entrare nel complesso Area Residence bisogna invece sostenere un colloquio. "Se non gli
 piaci, non ti vendono casa", ci racconta al telefono compiaciuto un rappresentante degli inquilini. Quasi tutti
 i complessi residenziali hanno un ingresso sorvegliato, sono circondati da recinzioni o laghi e sembrano

SCENARIO EDILIZIA - Rassegna Stampa 24/11/2017                                                                       16
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 separati dalla città. All'interno le persone raccontano di sentirsi sicure, parte di una comunità in cui lo stato
 e altri fattori esterni intervengono il meno possibile. Gli antropologi chiamano questi complessi residenziali
 gated communities . La loro diffusione si spiega con la mancanza di fiducia dei cittadini nelle autorità. Più
 precisamente, secondo gli studiosi europei e statunitensi, chi vive in queste strutture non crede che lo stato
 possa ofrire servizi di qualità. Qui gli abitanti si gestiscono da soli. Come spiega l'urbanista statunitense
 Peter Marcuse nel suo saggio Walls of fear and walls of support (muri di paura e muri di sostegno) queste
 cittadelle ofrono servizi di vigilanza, piscine, campi da tennis e da golf, aree gioco, ristoranti e palestre di cui
 gli inquilini usufruiscono in comune. Le gated communities sono apparse per la prima volta negli anni
 settanta negli Stati Uniti, e poi si sono difuse, verso la metà degli anni novanta, in Europa occidentale. Negli
 Stati Uniti oggi comprendono più di dieci milioni di abitazioni. Secondo i sociologi, la loro difusione è legata
 alla crescita delle disuguaglianze sociali. In Romania questi complessi sono arrivati alla fine degli anni
 novanta e si sono moltiplicati dopo il duemila. "Siamo passati dal controllo assoluto dello stato sull'edilizia
 abitativa degli anni del comunismo all'anarchia totale", spiega l'architetto tefan Ghenciulescu, docente
 all'università di architettura e urbanistica Ion Mincu di Bucarest e direttore della rivista Zeppelin.
 Ghenciulescu è nato e cresciuto a Bucarest e da sempre osserva lo sviluppo della città. Negli anni novanta
 - racconta - i romeni odiavano la vita nei condomini, rifiutavano tutto quello che gli ricordava una
 dimensione collettiva. "Ognuno voleva la casa di proprietà. Con il giardino", ricorda Ghenciulescu. Poi
 spiega che chi si sposta nei nuovi palazzi in periferia cerca di tenere insieme i vantaggi della vita di città
 con quelli della campagna. Ma alla fine non ha né gli uni né gli altri: " Sei isolato dalla città e dai suoi
 benefici, ma non godi neanche della natura e del silenzio, perché in questi posti la densità abitativa è
 elevatissima. Si è costruito tantissimo, non ci sono veri spazi verdi né intimità". Il motivo è che questi
 comprensori sono stati realizzati senza un vero progetto, senza pianificazione o infrastrutture. "In un
 sistema che funziona a volte è il comune che costruisce le infrastrutture", dice Ghenciulescu, "altre volte è il
 costruttore stesso, che poi le cede alla città, altre volte ancora il pubblico e il privato collaborano. Da noi
 non succede nulla di tutto questo". Dopo la rivoluzione del 1989 a Bucarest sono stati costruiti molti palazzi
 di oltre dieci piani. Parchi e spazi verdi sono stati restituiti ai vecchi proprietari, che li hanno usati per farci
 soldi e hanno cementificato tutto. Il risultato è che oggi gli spazi verdi sono pochi, meno di quelli previsti
 dagli standard dell'Unione europea. Inoltre, secondo i dati del produttore di dispositivi gps TomTom,
 Bucarest è la quinta città più traficata del mondo. I complessi residenziali ai margini della capitale sono una
 conseguenza di questi problemi, "a prescindere dal fatto che le persone se ne rendano conto o meno", dice
 Ghenciulescu. Molti li scelgono per sfuggire ai fastidi della città e per vivere in maniera più sostenibile. Ma
 non si rendono conto che, anche facendo scelte ecologiche, alla fine consumano più risorse lì che in città. I
 palazzi, infatti, occupano meno spazio delle case, sono più facili da riscaldare e consumano meno energia.
 Un altro motivo che spinge i romeni a trasferirsi nelle gated communities è la presenza di guardie e sistemi
 di vigilanza. Tuttavia, contrariamente alla percezione generale, secondo i dati Eurostat sui furti denunciati,
 la Romania è uno dei paesi più sicuri d'Europa, allo stesso livello del Lussemburgo e meno pericolosa di
 Spagna e Francia. Ma non è l'unica nazione dell'Europa orientale in cui le strutture abitative protette da
 cancelli e recinti sono sempre più numerose. Sonia Hirt, preside della facoltà di architettura dell'Università
 del Maryland, negli Stati Uniti, ha studiato le gated communities di Sofia, in Bulgaria. Dopo il crollo del muro
 di Berlino, racconta, i paesi dell'ex blocco sovietico hanno cominciato a erigere nuovi piccoli muri. Costruite
 intorno a case e palazzi, queste barriere sono di fatto la conseguenza di "forti tensioni sociali. E la quantità
 di ferro, cemento, mattoni e malta usati per costruirle è infinitamente maggiore di quella usata per tirare su il
 muro di Berlino". Disuguaglianze e traslochi Cosmopolis e gli altri complessi del genere sono spazi
 impersonali, che ofrono l'illusione dell'indipendenza. Chi ci abita non vuole avere i fastidi legati alla vita nei
 condomìni, con le regole imposte dai vicini e dagli amministratori, spiega Bogdan Iancu. Si fugge dalla città
 per sentirsi parte di una comunità con un livello di sviluppo più elevato. Iancu insegna antropologia visuale

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 e sociologia della vita quotidiana e s'interessa alle modalità abitative della classe media e alle comunità
 recintate. È cresciuto in un palazzo nella città di Râmnicu Vâlcea e oggi vive in un appartamento di due
 camere in una zona semicentrale di Bucarest. Davanti ha i grandi edifici costruiti per gli operai ai tempi del
 comunismo e dietro le ville borghesi di inizio novecento. Iancu racconta che i complessi residenziali chiusi
 non si trovano solo a Bucarest, ma anche, seppure in numero minore, in altre grandi città del paese. Gli
 abitanti di Cluj-Napoca, tuttavia, sembrano preoccupati più per la chiusura degli spazi pubblici, che per la
 tutela di quelli privati. Qualche anno fa l'associazione dei condomini di un palazzo ha fatto erigere una
 grande porta per limitare l'ingresso a uno dei punti più pittoreschi della città, lungo il canale del mulino,
 dove i bambini vanno da sempre a vedere le anatre. Adrian Dohotaru, un attivista poi eletto deputato con il
 partito Unione salvate la Romania, è stato tra quelli che si sono battuti per eliminare la porta. "Alla fine,
 dopo l'intervento del comune, la barriera è stata demolita, in quanto illegale. I muri non incoraggiano la
 mescolanza sociale", dice Dohotaru, che ricorda come in Romania il problema delle disuguaglianze sia
 particolarmante serio. Per questo è convinto che le autorità dovrebbero cercare di limitare il fenomeno delle
 gated communities . "Il proliferare di queste strutture indebolisce la città. Una democrazia eficace ha
 bisogno di spazi pubblici, non di luoghi chiusi in cui le persone si isolano sempre di più". Più di altri centri
 romeni, oggi Bucarest è un aggregato di comunità recintate, separate dalla città da cattive infrastrutture.
 Spesso le strade di nuova costruzione non sono state pensate per far fronte al trafico generato dai grandi
 palazzi sorti in periferia. Oltre a quello delle infrastrutture, alcuni abitanti dei complessi recintati hanno
 anche un altro problema: dopo essersi trasferiti si rendono conto che la nuova vita non fa per loro e che il
 silenzio li disturba. Il cambiamento dello stile di vita riguarda anche chi decide di andare a vivere nei paesi
 poco fuori Bucarest. Carmen Mihalache, etnologa del Museo del contadino romeno ha lasciato il suo
 appartamento in città per trasferirsi nel comune di Chiajna. Subito dopo il trasloco ha cominciato a studiare
 la storia di questa comunità, cercando di capire come i nuovi arrivati ne stiano cambiando le abitudini. Nel
 centro di Chiajna ci sono le case vecchie, ognuna con il suo orto e il suo giardino; in periferia si vedono
 invece i muri in cemento voluti dai nuovi abitanti per recintare i loro prati. Mihalache racconta che chi arriva
 dalla grande città non è interessato a entrare in contatto con la gente del posto e le sue tradizioni. In questo
 modo il divario tra i vecchi e i nuovi abitanti si allarga. "È come se venissero i colonialisti e si sedessero
 accanto ai nativi", commenta Bogdan Iancu. Alcuni "cittadini" gli hanno confessato che a volte si mettono a
 guardano con il binocolo cosa fanno gli abitanti più poveri, come fosse "una specie di safari umano",
 aggiunge l'antropologo. I vantaggi del proprietario Per comprare una casa spesso gli abitanti di Bucarest
 accendono un mutuo. E molti si rivolgono a Drago Nichifor, che dirige una delle più vecchie società di
 intermediazione finanziaria della città. Nel 2006 Nichifor ha comprato un appartamento in un quartiere
 semiperiferico della città. Allora il mercato immobiliare era in rapidissima crescita, tanto che era dificile
 anche solo riuscire a visitare delle case in vendita. Nessuno immaginava che presto sarebbe arrivata la
 crisi e i prezzi sarebbero crollati. "Ho visto l'appartamento per un paio di minuti, non sono nemmeno
 arrivato sul balcone. E ho subito detto all'agente immobiliare che l'avrei preso", racconta. "È assurdo.
 Perfino per comprare una bicicletta ci si mette di più". L'ideale, aggiunge, sarebbe "poter passare qualche
 ora nell'immobile, magari afittarlo per un giorno, passarci la notte". Nichifor segue il mercato immobiliare da
 quando era adolescente. Nel 2002 a Bucarest un appartamento di due stanze costava circa 15mila euro.
 Sei anni dopo, all'apice della bolla immobiliare, per lo stesso appartamento potevano volerci anche 120mila
 euro. La crisi ha fatto crollare i prezzi di oltre il 50 per cento, ma da qualche anno il mercato ha ripreso a
 crescere. Nel giro di cinque anni si potrebbe tornare ai livelli pre-crisi. Nichifor è convinto che i romeni non
 vogliano vivere in afitto per motivi economici, ma anche per colpa della burocrazia e delle falle nella
 legislazione che regola i rapporti tra proprietario e locatario. "Quando il mercato è caotico e non
 regolamentato, con ognuno che fa come vuole, è chiaro che possedere una casa ofre certezza e stabilità".
 In Romania la maggior parte degli afittuari non ha contratti registrati e non conosce i propri diritti. Il risultato

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