CONFIMI Rassegna Stampa del 05/09/2014

Pagina creata da Camilla Giuliani
 
CONTINUA A LEGGERE
CONFIMI
   Rassegna Stampa del 05/09/2014

La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o
parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue;
MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto
specificato nei contratti di adesione al servizio.
INDICE

CONFIMI
  Il capitolo non contiene articoli

CONFIMI WEB
  Il capitolo non contiene articoli

SCENARIO ECONOMIA
   05/09/2014 Corriere della Sera - Nazionale                                     6
   ma più di così sarà difficile

   05/09/2014 Corriere della Sera - Nazionale                                     7
   Istituti italiani, pronti 75 miliardi

   05/09/2014 Corriere della Sera - Nazionale                                     8
   Il rilancio delle imprese e la corsia preferenziale aperta da Francoforte

   05/09/2014 Corriere della Sera - Nazionale                                     9
   Relazioni speciali fra India e Giappone con un Occhio allo Strapotere cinese

   05/09/2014 Il Sole 24 Ore                                                      10
   L'ossigeno non basterà senza riforme

   05/09/2014 Il Sole 24 Ore                                                      12
   Per investire serve più della liquidità

   05/09/2014 Il Sole 24 Ore                                                      13
   Se gli Abs diventano «buoni»

   05/09/2014 Il Sole 24 Ore                                                      15
   All'Ilva arriva il prestito-ponte

   05/09/2014 Il Sole 24 Ore                                                      17
   Una boccata d'ossigeno per evitare il collasso

   05/09/2014 Il Sole 24 Ore                                                      18
   Da Draghi e dal dollaro una spinta in più

   05/09/2014 Il Sole 24 Ore                                                      19
   Un sistema che viene bocciato senza appello
05/09/2014 La Repubblica - Nazionale                                             20
"Draghi coraggioso ma è solo il primo passo restano da abbattere le resistenze
tedesche"

05/09/2014 La Repubblica - Nazionale                                             22
RaiWay già corre verso la Borsa "Ma dovete cedere meno del 40%"

05/09/2014 La Repubblica - Nazionale                                             23
Agosto bagnato ma fortunato per le autostrade e gli scali romani di Atlantia

05/09/2014 La Repubblica - Nazionale                                             24
L'azionista cinese

05/09/2014 La Stampa - Nazionale                                                 26
Così il banchiere tesse la tela contro gli ideologi del rigore

05/09/2014 La Stampa - Nazionale                                                 27
Recesso sotto i 500 milioni, via libera a Fca

05/09/2014 La Stampa - Nazionale                                                 28
Parmalat torna a crescere in Brasile Acquisizione da 610 milioni di euro

05/09/2014 La Stampa - Nazionale                                                 29
Il ritorno dei "grandi vecchi" nelle imprese di famiglia

05/09/2014 MF - Nazionale                                                        30
Saremo campioni agli stress test

05/09/2014 MF - Nazionale                                                        32
È arrivato il momento di fare chiarezza sulla politica economica del governo

05/09/2014 MF - Nazionale                                                        34
Jobs Act utile solo se aumenta la produttività

05/09/2014 L'Espresso                                                            35
Sex tax falso problema

05/09/2014 L'Espresso                                                            36
aspettando la rivoluzione

05/09/2014 L'Espresso                                                            38
Quanto ci costa Putin

05/09/2014 L'Espresso                                                            41
un aiuto per la casa

05/09/2014 L'Espresso                                                            44
Di chi sarà LUXOTTICA
SCENARIO PMI
  05/09/2014 Corriere della Sera - Brescia                                       47
  Fiera aeronautica, l'embargo europeo dimezza la presenza delle imprese russe

  05/09/2014 La Repubblica - Roma                                                49
  Regione, 7,6 milioni per l'export delle imprese

  05/09/2014 Espansione                                                          50
  La svolta hi-tech della manifattura

  05/09/2014 Espansione                                                          52
  Quando l'ottimismo diventa un premio
SCENARIO ECONOMIA

27 articoli
05/09/2014                           Corriere della Sera - Ed. nazionale                                            Pag. 1
                                             (diffusione:619980, tiratura:779916)

                                                                                                                                 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
 Forza e limiti della banca centrale
 ma più di così sarà difficile
 DANILO TAINO

 Ieri sera, un importante banchiere svizzero diceva che Matteo Renzi è un ragazzo fortunato. Le misure di
 politica monetaria annunciate da Mario Draghi, in effetti, sono il massimo che ci si potesse aspettare: anzi,
 vanno al di là delle aspettative della gran parte degli economisti. Attraverso misure convenzionali e non
 convenzionali - cioè ordinarie e straordinarie - e anche dividendosi al proprio interno, la Banca centrale
 europea ha ridotto al minimo possibile i tassi d'interesse; si prepara a comprare debiti degli operatori
 economici (raccolti in pacchetti) per liberarne i bilanci e spingerli a chiedere credito; fornirà denaro alle
 banche a costi che più bassi non potranno mai essere in modo che li prestino a imprese e famiglie. È lo
 stimolo monetario più poderoso che i Paesi dell'Eurozona abbiano mai avuto: quel Quantitative Easing
 (allentamento monetario) teso a spingere la crescita, a creare inflazione e a indebolire il cambio dell'euro.
 Renzi è un ragazzo fortunato nel senso che nessun presidente del Consiglio ha mai avuto un aiuto del
 genere dalla Bce. Questo però significa che non potrà chiedere più nulla a Draghi: il governatore è arrivato al
 limite estremo (salvo un difficile, eventuale programma di acquisto di titoli di Stato) a cui poteva arrivare.
 D'ora in poi, tutto è nelle mani dei governi. E, anche da questo punto di vista, Draghi è stato esplicito nel
 chiarire il suo pensiero su cosa occorre fare, pensiero in una certa misura distorto dalle letture che del suo
 discorso al seminario dei banchieri di Jackson Hole (Wyoming), a fine agosto, avevano dato alcuni media (ad
 esempio il Financial Times ) e alcuni leader europei (ad esempio il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang
 Schäuble).
 Il governatore ieri ha chiarito ancora una volta che dei tre strumenti per rafforzare la crescita - politica
 monetaria, politica di bilancio, riforme strutturali finalizzate a liberare l'offerta - «il primo e prioritario» è quello
 delle riforme strutturali. Senza un'economia efficiente, ogni stimolo finisce nella sabbia. In più, ha precisato di
 non avere mai messo in discussione il Patto di stabilità europeo, che anzi ritiene «l'àncora per la fiducia»
 economica. Le flessibilità di cui ha parlato - ha detto - sono interne al Patto, non ne devono «danneggiare
 l'essenza» e, affermazione non secondaria, ha spiegato che nella politica di bilancio il taglio delle tasse
 stimola (sempre mantenendo i conti in ordine) l'economia più di quanto non faccia l'aumento della spesa
 pubblica. «Il punto chiave - ha ribadito - sono le riforme strutturali», che devono essere «ambiziose,
 importanti e forti». Inoltre, ha voluto fare un'aggiunta che va inevitabilmente letta come indirizzata all'Italia: dal
 momento che le basse aspettative sul futuro e sulle prospettive dell'economia limitano le possibilità di ripresa,
 sarebbe bene recuperare la fiducia con «prima una discussione molto seria sulle riforme strutturali e dopo
 sulla flessibilità».
 Draghi e la Bce hanno dunque preso tutte le decisioni di politica monetaria possibili. Ora, le scelte cadono sui
 governi nazionali. In Italia, significa che Renzi e il governo devono realizzare riforme economiche vere e
 serie; almeno una, ad esempio quella del mercato del lavoro, in fretta, prima del vertice europeo sulla crescita
 del 7 ottobre. Non può essere come nella canzone di Jovanotti, dove al «ragazzo fortunato» di dieci cose
 fatte (o dette) ne è «riuscita mezza».
  @danilotaino
  © RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2014                                                                               6
05/09/2014                         Corriere della Sera - Ed. nazionale                                         Pag. 1
                                           (diffusione:619980, tiratura:779916)

                                                                                                                            La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
 Istituti italiani, pronti 75 miliardi
 MARIO SENSINI

 Le nuove mosse della Bce, e in particolare la penalità alle banche che non prestano alle aziende, potrebbero
 valere fino all'1% di Pil in più in due anni.A PAGINA 3
 ROMA - L'effetto sui tassi di interesse sarà positivo, come pure sui cambi, e il bilancio pubblico ne trarrà
 benefici. Ma più che sulla riduzione dei tassi, le attese del ministro dell'Economia che ha «molto apprezzato»
 la manovra di ieri della Bce, e del presidente del Consiglio, secondo il quale «un altro tassello è andato a
 posto», sono rivolte ai nuovi meccanismi di rifinanziamento della banca centrale. I disincentivi previsti per le
 banche che non "girano" il denaro raccolto dalla Bce alle imprese, e la volontà di acquistare anche Abs e
 covered bond, prodotti finanziari emessi dalle imprese, dicono a via XX settembre e a Palazzo Chigi,
 potrebbero essere decisivi per l'economia reale e far ripartire la crescita.
 Le penalità per chi non impiega i fondi raccolti, per il governo, sono la miglior garanzia che la nuova liquidità
 finisca davvero al settore produttivo. Le banche italiane hanno prenotato 75 miliardi di euro presso la Bce da
 qui alla fine dell'anno (200 miliardi nel prossimo biennio). Sarebbero una boccata d'ossigeno preziosissima
 per la ripresa dell'economia, capace di smuovere anche il prodotto interno lordo. Secondo il governatore della
 Banca d'Italia, Ignazio Visco, se tutti i fondi chiesti dalle banche italiane finissero nell'economia reale, sarebbe
 lecito attendersi un incremento aggiuntivo dell'1% del pil nel biennio.
 Il governo, che sta giocando tutte le sue carte sul rilancio della crescita, ci spera ardentemente. Inutile dire
 che per Renzi e Padoan la manovra varata ieri da Mario Draghi è anche un punto d'appoggio politico
 fondamentale per spingere in Europa l'idea di politiche di bilancio meno restrittive accompagnate da
 investimenti e grandi riforme strutturali. «Bene così» dice Renzi a proposito di Draghi, mentre il Tesoro
 sottolinea come anche «la reazione positiva dei mercati e del cambio» dimostri l'efficacia dell'intervento.
 Anche dal deprezzamento dell'euro rispetto al dollaro, che la riduzione dei tassi della Bce accelera, il governo
 si attende effetti positivi sull'economia reale. Una crescita importante delle esportazioni e del loro contributo al
 prodotto interno lordo, ma anche un po' di inflazione importata attraverso gli acquisti sui mercati esteri.
 Al di là dei risvolti politici e degli effetti sull'attività economica, le mosse della Bce avranno comunque anche
 una serie di conseguenze sulla politica di bilancio. La riduzione dei tassi ed il suo impatto sui cambi e sul
 differenziale di interesse tra i titoli di Stato modificheranno in modo importante il quadro macroeconomico, e
 le previsioni sulle quali si costruirà la legge di bilancio del 2015.
 Nel vecchio Documento di Economia di aprile il livello dei tassi di interesse sui titoli a dieci anni, per il 2014-
 15, era stimato al 3,6%. Già nei mesi scorsi, però, i tassi erano scesi più in basso, e dopo gli annunci di
 Francoforte ieri sono ulteriormente diminuiti, con il rendimento dei Btp al 2,3%. Stesso discorso per i titoli a
 breve. Per il bilancio pubblico significa una minor spesa per gli interessi. Solo tra gennaio e fine luglio sono
 stati risparmiati 1,1 miliardi di euro rispetto alle attese iniziali, ma la flessione potrebbe accelerare con
 un'ulteriore riduzione dello spread. Nello scenario di aprile il governo lo prevedeva intorno ai 250 punti base
 per il 2014. Ma nel corso dell'estate era già sceso intorno a 150 (il livello medio previsto per il 2015), e ieri ha
 rotto anche quell'argine.
  Mario Sensini
  © RIPRODUZIONE RISERVATA
 200
 Miliardi di euro la liquidità che le banche italiane hanno prenotato presso la Bce per il prossimo biennio. Altri
 75 miliardi sono attesi per la fine di quest'anno

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2014                                                                          7
05/09/2014                          Corriere della Sera - Ed. nazionale                                          Pag. 2
                                            (diffusione:619980, tiratura:779916)

                                                                                                                              La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
 Il rilancio delle imprese e la corsia preferenziale aperta da Francoforte
 STEFANIA TAMBURELLO

 Non è un'arma potente come il Quantitative easing per combattere la stagnazione. Ma il nuovo programma di
 acquisto di titoli bancari cartolarizzati annunciato da Mario Draghi è comunque uno strumento che potrebbe
 risultare - ed è lo stesso presidente della Bce a dirlo - molto efficace. «Molto simile a ciò che la Federal
 Reserve fece qualche anno fa» ha precisato. La Bce non riverserà nell'economia moneta preziosa
 comprando massicce quantità di titoli privati e soprattutto pubblici ma acquisterà titoli bancari cartolarizzati
 che rappresentano prestiti a famiglie, compresi i mutui immobiliari, e imprese, anche piccole e medie. E così
 facendo libererà, da una parte di rischi, l'attivo delle banche che avranno a disposizione più risorse da
 prestare. Si tratta di uno strumento di credit easing, di sostegno al credito, come ha detto Draghi, che si unirà
 al significativo programma di prestiti alle banche destinati ancora ad imprese e famiglie (Tltro).
 La Bce, in altre parole, sta puntando ad un allargamento imponente delle risorse da far transitare dal sistema
 del credito, che ha in mano circa l'80% dei finanziamenti all'economia, al mondo delle imprese e delle famiglie
 per superare le strozzature ed arrivare per quella strada al rilancio degli investimenti, della produzione, dei
 salari e dei prezzi. Se c'è un interrogativo, in particolare in Italia, riguarda la capacità dell'impresa, soprattutto
 se piccola o media di impegnarsi in progetti di investimento e di assorbire i finanziamenti disponibili.
 I particolari del piano sugli Abs verranno resi noti al termine della prossima riunione del Consiglio direttivo ma
 già il banchiere centrale italiano ha detto che la Bce si muoverà ancora prima che siano risolti i molti problemi
 regolamentari, da parte dei paesi, per rilanciare il mercato delle cartolarizzazioni, crollato dopo la crisi
 finanziaria. Proprio a causa della zavorra dei titoli cartolarizzati che impacchettavano di tutto. Ora però,
 assicura Draghi, questi titoli saranno «semplici, trasparenti e reali»
  © RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2014                                                                            8
05/09/2014                        Corriere della Sera - Ed. nazionale                                      Pag. 58
                                         (diffusione:619980, tiratura:779916)

                                                                                                                         La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
 Relazioni speciali fra India e Giappone con un Occhio allo Strapotere
 cinese
 Guido Santevecchi

 I cinque giorni di visita sono cominciati a Kyoto con un abbraccio davanti ai fotografi: il premier indiano
 Narendra Modi e il giapponese Shinzo Abe si stimano e hanno molto in comune, essendo etichettati come
 riformisti e nazionalisti. Lo scopo della missione del nuovo leader di New Delhi è soprattutto economico: il suo
 Paese ha bisogno di tecnologia e investimenti nelle infrastrutture, due campi nei quali l'appoggio di Tokyo
 può essere pesante e vitale. Abe ha subito promesso l'intervento in progetti per 35 miliardi di dollari in cinque
 anni. Sta nascendo una nuova «relazione speciale» in Asia? Le due democrazie, oltre a interessi economici,
 potrebbero condividere anche una strategia geopolitica di contrasto alla Cina?
 Modi, parlando davanti a una platea di businessmen a Tokyo ha lanciato un monito a Pechino, pur senza
 citare il potente vicino. «È il momento che le nazioni scelgano tra sviluppo ed espansionismo, non è più il
 tempo di avventurarsi in sconfinamenti territoriali e intrusioni nei mari di altri Paesi», ha detto. Cina e India
 sono divise da un contenzioso di frontiera sull'Himalaya e soldati di Pechino sconfinano regolarmente. In
 mare è acceso il confronto sino-giapponese per le isole Diaoyu/Senkaku. Una relazione speciale indo-
 giapponese potrebbe effettivamente arginare la nuova aggressività cinese.
 Ma anche il presidente cinese Xi Jinping ha già incontrato faccia a faccia Modi a luglio (i due Paesi fanno
 parte dell'alleanza economica dei Brics con Brasile, Russia e Sud Africa) ed è atteso a New Delhi a fine
 mese.
 La stampa di Pechino ha commentato abbondantemente il vertice Modi-Abe e ha scartato le speculazioni
 secondo cui India e Giappone potrebbero costituire un blocco per contenere la Cina. Secondo gli analisti
 cinesi è la stampa di Tokyo che «si è fatta cogliere da questa frenesia». Per la Cina, nei rapporti conta
 soprattutto il peso economico e quello della Repubblica popolare cinese è enorme. In questi giorni si stanno
 concludendo accordi per la costruzione di cinque linee ferroviarie ad alta velocità in India: le commesse
 dovrebbero andare ai cinesi che hanno la tecnologia e i fondi. La diplomazia corre anche sui binari.
  @guidosant
  © RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2014                                                                       9
05/09/2014                                          Il Sole 24 Ore                                                Pag. 1
                                            (diffusione:334076, tiratura:405061)

                                                                                                                           La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
 LA MANOVRA BCE/1
 L'ossigeno non basterà senza riforme
 Donato Masciandaro

 La Banca centrale europea (Bce) ha dato ulteriore ossigeno all'Unione: una ulteriore espansione monetaria,
 che però potrà dare risultati solo se i governi nazionali - a partire da quello italiano - non metteranno in campo
 gli unici due bazooka che possono davvero funzionare: da un lato politiche fiscali disciplinate ma orientate
 alla crescita; dall'altro politiche strutturali che rendano tutti i mercati più competitivi ed integrati, a partire da
 quello del lavoro.
   La Bce, di fronte al peggiorare delle prospettive congiunturali, ha annunziato una ulteriore espansione
 monetaria, mettendo in campo uno strumento tradizionale - l'abbassamento di fatto a zero dei tassi di
 interesse sui prestiti alle banche - ed uno non tradizionale - l'acquisto di titoli privati cartolarizzati. Una scelta
 che si pone di fatto in mezzo al guado rispetto ai due diversi orientamenti che si possono individuare sulla
 strategia ottima che la nostra banca centrale dovrebbe adottare: l'orientamento attendista e quello
 interventista.
   L'orientamento attendista è convinto che ogni intervento di politica monetaria sia oramai inefficace, anzi
 l'attivismo della banca sarebbe addirittura controproducente. Gli attendisti si basano sull'idea che l'economia
 europea sia in una situazione di perfetta trappola della liquidità. Per uscire dalla trappola della liquidità ci sono
 due strade. Da un lato, ci sono le politiche strutturali che aumentano la competitività e l'integrazione in tutti i
 mercati di beni, servizi e fattori produttivi, inclusi i mercati del lavoro. Le politiche strutturali irrobustiscono
 l'offerta aggregata, ed hanno effetti benefici sulla produttività, quindi sulla crescita, ed in più creano la
 disinflazione "buona", cioè le cadute dei prezzi che nascono dalla maggiore concorrenza e vanno a favore dei
 consumatori.
  Donato Masciandaro
   Dall'altro lato ci sono le politiche fiscali che possono aumentare la domanda aggregata, a patto che non
 peggiorino i conti pubblici di un Paese, creando così un effetto moltiplicativo sulla crescita economica. Quindi
 la ripresa economica è esclusivamente nelle mani dei governi nazionali e di Bruxelles.
  In questa visione la Bce non può far nulla. Essendo la trappola della liquidità perfetta, ogni intervento della
 banca centrale, tradizionale e non, è inutile. Il sistema economico - a partire da quello bancario - è come una
 spugna: data l'avversione al rischio, assorbe tutta l'offerta di liquidità. I tassi si schiacciano a zero, ma senza
 effetti né sulla crescita né sui prezzi al consumo. Non solo: le politiche non convenzionali, attraverso i
 massicci acquisti di titoli pubblici e privati, aumentano la propensione al rischio sia degli Stati che dei privati. Il
 risultato finale? Maggiore indisciplina fiscale e finanziaria, che inibisce ulteriormente le capacità di crescita. Le
 decisioni di ieri della Bce hanno sicuramente indispettito gli attendisti.
  L'orientamento interventista è all'opposto, convinto che la politica monetaria possa essere ancora efficace,
 soprattutto attraverso gli interventi non convenzionali, mentre è l'attendismo della banca che è la vera
 tossina. Gli interventisti si basano sul presupposto che la banca centrale possa eludere la trappola della
 liquidità, attraverso operazioni di mercato aperto in titoli pubblici e privati. Le operazioni di mercato aperto, a
 differenza di quelle bilaterali con le banche commerciali, aumentano le possibilità che la liquidità primaria
 creata dalla Bce cresca. La crescita della liquidità primaria può avere ha effetti moltiplicativi sugli aggregati
 monetari e creditizi. Di riflesso anche le aspettative inflazionistiche si possono nutrire di segnali inequivocabili
 di crescita della liquidità. Non basta: le operazioni di mercato aperto aumentano le possibilità di
 indebitamento sia degli Stati che dei privati. La politica monetaria ha effetti fiscali e finanziari positivi, quindi
 effetti espansivi sulla crescita economica e sui prezzi, scongiurando il rischio deflazione. Se cosi è, le
 decisioni di ieri della Bce hanno sicuramente contrariato anche gli interventisti: la politica monetaria continua
 ad essere troppo timida, non usando il bazooka delle operazioni di mercato aperto.

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2014                                                                        10
05/09/2014                                        Il Sole 24 Ore                                             Pag. 1
                                          (diffusione:334076, tiratura:405061)

                                                                                                                      La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
  Perché Draghi è rimasto nel mezzo, annunziando decisioni prese - guarda caso - non all'unanimità? La
 ragione è in una visione dell'economia europea che si colloca a metà tra gli opposti: la nostra Unione può
 uscire dalla trappola della liquidità, e la banca centrale può dare un contributo, ma solo se le altre politiche
 economiche faranno la loro parte, e non per un tempo indefinito. L'ulteriore espansione monetaria può
 contribuire a sbloccare il meccanismo della moneta e del credito, rassicurare le aspettative, rafforzare i
 mercati finanziari, contribuire ad una stabilizzazione del tasso di cambio. Ma da sola la politica monetaria non
 va lontana.
  Draghi non poteva essere più chiaro: tanto più le necessarie politiche fiscali e strutturali tarderanno, tanto
 minore sarà l'efficacia della politica monetaria, a partire dalla capacità di rispettare lo stesso mandato di
 tutelare la stabilità dell'euro. Una affermazione così decisa dovrebbe far riflettere tutti. l'Unione è come una
 macchina impantanata; ha almeno quattro ruote motrici - moneta, fisco, concorrenza e lavoro - ma solo una
 sta girando. In simili situazioni, la macchina rischia di affonda. Anche in meno di mille giorni.
  © RIPRODUZIONE RISERVATA LE PAROLE CHIAVE Abs o strumenti finanziari, emessi a fronte di
 operazioni di cartolarizzazione, del tutto simili alle normali obbligazioni. L'acronimo sta per asset-backed
 securities, ovvero obbligazioni garantite dalle attività, dagli asset dell'ente che li emette. Banche o società
 finanziarie creano gli Abs attraverso società Spv, special purpose vehicle, alle quali conferiscono una serie di
 crediti, per esempio mutui. Le Spv, a loro volta, emettono obbligazioni usando a garanzia proprio i crediti loro
 conferiti.
  Covered bond Sono obbligazioni garantite emesse da banche o istituzioni finanziarie. Questo tipo di
 obbligazione è di solito caratterizzata da un profilo di rischio basso per l'investitore. I covered bond si basano
 sulla garanzia che sta alla base della loro emissione: un insieme di attività ben definite e di un valore certo.
 Vengono emessi per finanziare un progetto, e chi li sottoscrive affronta un livello di rischio inferiore ad altre
 emissioni. Il rating assegnato è superiore di quello dell'emittente.

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2014                                                                   11
05/09/2014                                          Il Sole 24 Ore                                                Pag. 1
                                            (diffusione:334076, tiratura:405061)

                                                                                                                           La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
 LA MANOVRA BCE/2
 Per investire serve più della liquidità
 Alessandro Plateroti

 «Oggi è una grande giornata per gli investitori in euro-bond!». Tra i tanti commenti entusiastici degli analisti
 sulla manovra di Mario Draghi, il più appropriato sembra proprio questo. Perché ancora una volta dalla
 grande crisi del 2008, le massicce iniezioni di liquidità hanno stabilizzato il sistema finanziario ma non hanno
 rilanciato quello industriale, il lavoro e i redditi delle famiglie. Sono le banche e i grandi intermediari finanziari,
 che oltre a beneficiare di tassi di interesse a zero, avranno la possibilità di fare cassa sui derivati che hanno
 in portafoglio, dai cosiddetti Abs (cartolarizzazioni di prestiti alle imprese) ai Covered bond (obbligazioni
 garantite da mutui fondiari): per loro, come dimostra il volo spiccato in Borsa dai titoli finanziari e bancari, si
 profila un lungo periodo di raccolta a basso costo e di maggiore disponibilità di contanti e titoli di Stato da
 contabilizzare nel patrimonio di vigilanza.
  Non che tutto ciò non sia importante: un sistema bancario e finanziario ben capitalizzato e con abbondanza
 di risorse da impiegare è nell'interesse di tutti gli attori del mercato, dalle aziende industriali e di servizio che
 hanno bisogno di finanziamenti fino alle famiglie che vogliono chiedere prestiti e mutui. Ma il problema di
 fondo che ha provocato la paralisi degli investimenti industriali in Italia e nelle altre economie deboli
 dell'Eurozona, l'aumento della disoccupazione, la caduta dei consumi, la frenata dei redditi e in ultima analisi
 il palese rallentamento della crescita economica in mezza Europa non è risolto affatto: il denaro non si chiede
 se mancano le condizioni per remunerare gli investimenti o per indebitarsi per la famiglia. In altre parole, la
 disponibilità di denaro in quanto tale serve a ben poco se le economie non ricominciano a crescere.
  Alessandro Plateroti
   Non è un caso se le stesse banche ripetono da tempo che il vero problema non è la prudenza nella
 concessione del credito, ma la domanda stessa di credito. E come è noto, solo un miglioramento delle
 aspettative economiche può rimettere in moto la domanda di credito e quindi riavviare la crescita in modo
 generalizzato.
   Inquadrata in questi termini, dunque, la manovra della Bce ha cambiato ben poco nelle aspettative degli
 imprenditori e delle famiglie. Certo, il taglio dei tassi e le altre misure di aumento della liquidità hanno favorito
 immediatamente una caduta del cambio euro/dollaro - condizione necessaria per recuperare competitività
 nell'export extra-europeo - ma alle imprese servono oggi segnali ben più forti. E questi non possono che
 venire dalla politica: da quella europea, in primo luogo, ma anche anche dalle politiche fiscali nazionali. Ormai
 è chiaro a tutti che per uscire dalla recessione, sbloccare la stagnazione o recuperare slancio nella crescita,
 le misure «straordinarie» varate dalla Bce devono essere accompagnate da misure altrettanto «straordinarie»
 da parte di Bruxelles: dare maggiore flessibilità ai governi che hanno l'economia nel tunnel nel rigido rispetto
 dei parametri imposti dal fiscal compact e dal tetto nel rapporto deficit/pil; varare politiche coraggiose di
 investimenti europei nelle infrastrutture e nel sostegno delle aree ad alta crisi occupazionale. Tutto ciò non
 per tornare alle spese pazze e alla finanza pubblica allegra, ma per liberare risorse ormai più che mai
 necessarie da destinare agli investimenti e soprattutto al cuneo fiscale, che in Paesi come l'Italia è ormai a
 livelli insostenibili.
  Non si capisce per quale motivo la flessibilità che i Governi dell'Eurozona hanno garantito fino all'azione della
 Bce non possa essere estesa anche alle politiche di bilancio nazionali, vista l'emergenza economica che
 riguarda ormai anche i paesi più forti come la Germania. Ciò non significa accantonare le riforme, anzi: una
 maggiore flessibilità a fronte di impegni precisi nell'attuazione delle riforme significa entrare in percorso di
 ripresa a breve, a medio e soprattutto a lungo termine, quando ciò gli effetti benefici delle riforme strutturali si
 dovrebbero manifestare nella loro pienezza.
  © RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2014                                                                        12
05/09/2014                                          Il Sole 24 Ore                                                Pag. 1
                                            (diffusione:334076, tiratura:405061)

                                                                                                                           La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
 L'ANALISI
 Se gli Abs diventano «buoni»
 Isabella Bufacchi

 Dalle cattive cartolarizzazioni alle buone cartolarizzazioni. Dai Cdo squared sintetici, le famose salsicce di
 mutui subprime che misero in ginocchio il mondo finanziario, agli Abs "trasparenti e chiari" di Mario Draghi
 acquistati dalla Bce per aumentare il credito all'economia. Ebbene sì, per rilanciare occupazione e crescita
 tutti dovranno fare la loro parte, persino le asset backed securities.
  Per rafforzare la crescita dove langue, o per farla tornare dove non c'è più, si bussa a tutte le porte. Anche a
 quella delle cartolarizzazioni, sofisticati strumenti di finanza strutturata che però nell'immaginario collettivo
 sono ancora visti male, sono più cattivi che buoni, sono inaffidabili.
  E invece non c'è da sorprendersi se si torna proprio lì, alle asset backed securities, con il bollino blu della
 Bce. Tecnicamente, si tratta di titoli obbligazionari come tanti, con rating dalla "AAA" alla "B" che pagano
 cedole e che vengono emessi solitamente da società-veicolo, vere scatole vuote. La spv acquista portafogli di
 asset (da qui asset backed securities) come i prestiti alle Pmi, i mutui residenziali o commerciali ipotecari, i
 contratti di leasing. Acquista asset con il ricavato dell'emissione degli Abs e poi paga cedole e rimborso del
 capitale con i flussi di cassa generati dagli asset stessi. La rivitalizzazione delle cartolarizzazioni avrà un
 duplice effetto benefico: libera spazio nei bilanci delle banche e nei portafogli a reddito fisso dei grandi
 investitori istituzionali e dunque crea liquidità che va reimpiegata. E contribuisce alla disintermediazione del
 sistema bancario. Il secondo obiettivo è più nobile del primo.
  Una delle carenze strutturali dell'Europa e dell'Italia è la dimensione troppo piccola del mercato dei capitali
 rispetto al Pil e un eccessivo "bancocentrismo": l'economia viene finanziata principalmente dalle banche,
 meno da bond ed equity. Dopo il crack di Lehman e il fallimento di decine di istituti bancari europei, le banche
 si sono dovute assoggettare a più regole, più vincoli. Il trend che ne è conseguito è il cosiddetto deleveraging,
 i bilanci bancari sono più solidi con più capitale e meno rischi. Il mondo è un posto più sicuro rispetto al 2007,
 è questa la tesi, ma questa evoluzione è traumatica per un sistema economico bancocentrico e genera
 un'aggravante in recessione: il cavallo non beve ma in aggiunta chi deve portare l'acqua al cavallo non ha
 mezzi (o voglia) per farlo.
  La parola d'ordine è dunque disintermediare le banche, in qualsiasi modo: ecco allora che al fianco delle
 obbligazioni societarie spuntano i mini-bond, e con le cartolarizzazioni la Bce ritorna sui covered bond
 (speciali cartolarizzazioni od obbligazioni bancarie garantite perchè contano su una doppia garanzia, il
 portafoglio degli asset cartolarizzati e il patrimonio delle banche che le emettono). Per le infrastrutture si
 scommetterà sempre di più sui project bonds, e per il mercato immobiliare si sta finalmente mettendo il turbo
 alle SIIQ. Draghi è stato esplicito. Rispondendo a un giornalista ha spiegato che lo strumento delle
 cartolarizzazioni è di per sè buono ma può diventare cattivo per colpa del tipo di asset cartolarizzato. O per
 l'opacità, mancanza di standardizzazione. Ed è stato ancora più esplicito quando ha affermato che la Bce
 acquisterà per esempio mortgage-backed securities (cartolarizzazioni di mutui per l'acquisto di abitazioni o
 altro) e lo farà dalle banche e dagli investitori istituzionali: la liquidità così creata, però, non si sa dove andrà a
 finire, se tornerà al mercato immobiliare o prenderà altre strade.
  La porta delle cartolarizzazioni si apre su un mercato di finanza strutturata da rivitalizzare e che avrà bisogno
 di lunghi anni per riaffermarsi e per fare veramente la differenza. Gli importi al decollo sono incerti. E la Bce
 dovrà risolvere entro i primi di ottobre il problema dei criteri di acquisto, in quanto il mercato è molto
 frammentato, gli abs e i covered bond sono popolari in alcuni paesi, meno in altri, in alcuni casi la Germania
 la fa da padrone, proprio lei che non soffre di credit crunch. A fare veramente la differenza sarebbero gli
 eurobond, i titoli di debito europeo emessi con un budget europeo e frutto di quella fiscalità condivisa comune
 europea a cui Draghi ha fatto riferimento ancora una volta ieri: ma quella porta, la porta degli eurobond, resta
 chiusa. Perchè nessuno ci si avvicina e prova a bussare.

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2014                                                                        13
05/09/2014                                  Il Sole 24 Ore                         Pag. 1
                                    (diffusione:334076, tiratura:405061)

                                                                                            La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
 isabella.bufacchi@ilsole24ore.com
  © RIPRODUZIONE RISERVATA Olanda 61 Italia 129 Gran Bretagna 136 Francia 344 Spagna 365
 Germania 452 Fonte: Ecbc

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2014                                         14
05/09/2014                                         Il Sole 24 Ore                                               Pag. 13
                                           (diffusione:334076, tiratura:405061)

                                                                                                                          La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
 La crisi dell'acciaio. Le banche concedono 250 milioni in due tranche da 125: la seconda quando sarà definito
 il socio PUGLIA
 All'Ilva arriva il prestito-ponte
 Ammessa alla due diligence anche Jindal, interesse di Emirates Steel Industries IL FINANZIAMENTO AIA Il
 commissario Gnudi ha attivato la procedura per poter utilizzare i fondi sequestrati alla famiglia Riva a Milano
 Domenico Palmiotti

 TARANTO
   Sbloccato. Nell'incontro di ieri a Milano col commissario Piero Gnudi, cinque banche (tra cui Intesa e
 UniCredit) hanno detto definitivamente sì al prestito ponte all'Ilva. Nel frattempo, l'azienda ha deciso di
 pagare il 12 settembre, insieme allo stipendio di agosto, anche la rata trimestrale del premio di risultato che
 va in scadenza lo stesso giorno. L'altro ieri aveva invece proposto ai sindacati metalmeccanici uno
 slittamento a dicembre.
  I primi 125 milioni arriveranno intorno al 12 settembre e a breve la seconda tranche di pari importo, dicono
 fonti aziendali. E proprio questo avrebbe spinto l'Ilva a mettere in pagamento anche il premio. L'operatività
 aziendale, con le due tranche in sequenza, sarebbe assicurata. In realtà, pare che la seconda tranche possa
 arrivare quando l'investitore estero interessato all'acquisizione dell'azienda, avrà meglio specificato la sua
 offerta. Che potrebbe essere Arcelor Mittal, gruppo franco indiano oggi in pole position, ma anche il gruppo
 indiano Jindal, ammesso ad effettuare la due diligence sull'Ilva come ha confermato Gnudi agli istituti di
 credito. In verità, il commissario ha parlato anche di un terzo investitore ma non ha fatto nomi al riguardo. Da
 fonti sindacali si apprende però che potrebbe trattarsi di Emirates Steel Industries, produttore siderurgico
 degli Emirati Arabi, che peraltro a giugno ha annunciato di aver ottenuto nuove linee di credito per un valore
 complessivo di 1,3 miliardi di dollari da 19 banche nazionali ed internazionali. Ed una di queste linee andrà a
 rifinanziare una già attiva, mirata a supportare i piani di espansione della società. Le stesse fonti, tuttavia,
 ritengono poco probabile che Jindal, in corsa anche per la Lucchini di Piombino, ed Emirates Steel possano
 essere della partita. Si attende perciò di vedere le nuove mosse di Arcelor Mittal che, dopo aver confermato
 la propria manifestazione di interesse a Gnudi e al Governo, si è impegnato a presentare il piano industriale
 entro fine mese. Tra l'altro Arcelor Mittal è stato il primo a vedere gli impianti di Taranto con una sua
 delegazione di tecnici e l'impressione ricavata è stata positiva.
  Tornando invece al prestito ponte, 250 milioni è la cifra che Gnudi, a due mesi dalla nomina da parte del
 Governo, porta complessivamente a casa. Il commissario aveva chiesto molto di più nell'incontro della prima
 metà di luglio: 650 milioni. E lo aveva fatto sulla base di un calcolo che metteva insieme necessità operative
 della società, arretrato da pagare ai fornitori, lavori di risanamento ambientale del sito di Taranto. Ma si capì
 subito che le banche quella somma non gliel'avrebbero data perchè lo scenario dell'Ilva era ancora nebuloso,
 nè Arcelor Mittal aveva esplicitato meglio il suo interesse come ha poi fatto in seguito.
  La partita del prestito non comincia con Gnudi ma con l'ex commissario Enrico Bondi nell'inverno scorso.
 Bondi incontrò più volte le banche (inizialmente si parlò di 300 milioni, poi di cifre superiori) ma non ottenne
 nulla. Le banche non erano convinte del piano dell'ex commissario e non solo per i costi che presupponeva
 (4 miliardi tra risanamento ambientale e investimenti industriali), seppure spalmati sino al 2020, ma anche per
 la scelta di Bondi di puntare sul preridotto di ferro e sul gas in alternativa all'agglomerato di minerali e alla
 cokeria. Arrivato poi Gnudi, ha cominciato a lavorare su due fronti: il prestito, perchè nel frattempo la crisi di
 liquidità dell'azienda si era aggravata, e la cessione dell'azienda. Ricostruendo però al tempo stesso, con una
 serie di nomine, anche un vertice dirigenziale in grado di governare l'Ilva in una fase difficilissima.
  Il primo obiettivo è stato centrato, ora resta l'altro, per il quale Gnudi si è dato la fine dell'anno o l'inizio del
 prossimo. Parte delle risorse in arrivo andranno a coprire l'esposizione maturata verso le aziende
 appaltatrici.Difficile, invece, che col prestito Gnudi riesca a finanziare parte del piano dell'Aia, che a luglio del
 prossimo anno dovrà vedere l'80% delle prescrizioni eseguite.

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2014                                                                       15
05/09/2014                                        Il Sole 24 Ore                                            Pag. 13
                                          (diffusione:334076, tiratura:405061)

                                                                                                                      La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
  © RIPRODUZIONE RISERVATA 2013 165 2013 311 Cina 1995 95 2030 879 2013 779 Africa e Medio
 Oriente Altri Paesi asiatici 1995 22 1995 194 2030 82 2030 286 2013 I RICAVI DELL'ILVA Dati in milioni di
 euro e var. % sull'anno precedente COME CAMBIA LA GEOGRAFIA DELL'ACCIAIO Dati in milioni di
 tonnellate America Europa 1995 157 1995 285 2030 173 2030 305 2013 165 2013 311 Cina 1995 95 2030
 879 2013 779 Africa e Medio Oriente Altri Paesi asiatici 1995 22 1995 194 2030 82 2030 286 2013 42 2013
 280 3.000 4.000 5.000 6.000 4.606 3.965 4.229 4.468 4.880 5.032
 OBIETTIVI E RISORSE
 1,8 miliardi
  L'Aia
  Il costo complessivo delle misure per il risanamento ambientale dell'Ilva ammonta a 1,8 miliardi di euro. A
 questo scopo il commissario Piero Gnudi si è attivato per utilizzare i soldi sequestrati ai Riva dalla Procura di
 Milano per reati fiscali e valutari
  800 milioni
  I cantieri da avviare
  È stimata in 800 milioni la somma necessaria all'Ilva per adempiere alle prescrizioni dell'Aia fino al giugno del
 2015
  125 milioni
  Nuove risorse
  Una tranche, pari a 125 milioni, delle nuove disponibilità garantite dal prestito ponte con le banche
 arriverànelle casse dell'Ilva già la prossima settimana. La seconda tranche, di pari importo, sarà versata
 quando l'investitore estero interessato all'azienda formalizzerà la sua offerta

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2014                                                                   16
05/09/2014                                        Il Sole 24 Ore                                             Pag. 13
                                          (diffusione:334076, tiratura:405061)

                                                                                                                       La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
 L'ANALISI
 Una boccata d'ossigeno per evitare il collasso

 Paolo
  Bricco Pochi (e quasi) subito. Alla fine, le banche hanno fatto quello che dovevano fare. Ma non hanno
 rinunciato alla prudenza con cui avevano ascoltato, a fine luglio, la richiesta del commissario Gnudi (650
 milioni di euro) chiarendo da subito che non avrebbero fatto affondare l'Ilva in un mare di debiti, ma che
 nemmeno avrebbero corso rischi impropri. Duecentocinquanta milioni di euro sono la cifra base per evitare -
 sul breve periodo - l'asfissia finanziaria. In realtà, però, l'ossigeno subito pompato in vena all'Ilva equivale al
 50% di questo importo. Centoventicinque milioni. Sarà questa la cifra che, la prossima settimana, verrà
 accreditata sui conti della società commissariata. Se pensate che il debito consolidato verso i fornitori
 ammonterebbe ormai a 350 milioni di euro, ecco che questa prima somma appare - in tutta sua evidenza -
 quella che è: il minimo per evitare che tutto vada a rotoli, per ridare un poco di fiato al circolante, per saldare
 le prime fatture e (soprattutto) per accompagnare la ricerca di un investitore straniero. Soltanto quando ci
 sarà un passaggio effettivo - concreto, con numeri e piani industriali - legato a quest'ultimo, le banche
 accrediteranno all'Ilva gli altri 125 milioni. L'auspicio - e la fiducia del commissario - è che questo avvenga
 prima possibile. In un contesto segnato così dalla prudenza i dirigenti di Unicredit, Intesa Sanpaolo e Banco
 Popolare hanno accolto con interesse l'informazione che altri due gruppi stranieri sono intenzionati a fare una
 due diligence sull'Ilva. Arcelor Mittal, dunque, non è la sola. Pare scontato che un gruppo interessato all'Ilva
 sia Jindal: la visita attesa per questa settimana in acciaieria è stata rimandata per un problema di visti dei
 suoi tecnici. Vedremo chi altro, nelle prossime settimane, busserà a Taranto. Di certo, l'esistenza di un
 interesse concreto per rilevare l'acciaieria restituisce un minimo di serenità. Anche se la prudenza dei
 banchieri dimostra quanto ci sia ancora da fare - sul piano del capitale e della finanza di impresa - per
 mettere del tutto in sicurezza uno dei cardini della siderurgia (e della manifattura) del nostro Paese.
  © RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2014                                                                    17
05/09/2014                                          Il Sole 24 Ore                                              Pag. 25
                                            (diffusione:334076, tiratura:405061)

                                                                                                                           La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
 L'ANALISI
 Da Draghi e dal dollaro una spinta in più

 Marco
   Ferrando Proprio un mese fa, il 5 agosto, il titolo Fiat si preparava a precipitare verso quota 6,4 euro,
 toccando i minimi dell'anno. Ieri invece ha chiuso a 7,68 euro, riportandosi sui valori di luglio, prima che - con
 l'assemblea straordinaria - si aprisse il bailamme
  sul recesso.
  Evidentemente ora soffia un'aria diversa sul Lingotto, e non solo perché intanto lo spauracchio del recesso è
 scacciato; tra le novità degli ultimi giorni che potrebbero tradursi in effetti positivi per Fiat ci sono anche i piani
 della Bce, con l'accelerazione data ieri da Mario Draghi che - prevedono gli analisti - potrebbe spingere al
 rialzo i listini europei: se il titolo Fiat si stabilizzerà oltre quota 7,7 euro, il prezzo a cui il gruppo dovrebbe
 riacquistare le azioni oggetto di recesso, sarà altamente improbabile che si trovi a doverlo fare. Altro punto, la
 corsa del dollaro: per un gruppo che nel 2013 ha registrato oltre la metà degli utili in area Nafta e che
 compilerà i suoi bilanci in euro almeno fino al 2015, non c'è che da guadagnarci da un biglietto verde un po'
 più forte di oggi.
  © RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2014                                                                        18
05/09/2014                                        Il Sole 24 Ore                                             Pag. 39
                                          (diffusione:334076, tiratura:405061)

                                                                                                                       La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
 L'ANALISI
 Un sistema che viene bocciato senza appello

 Giorgio
  Santilli Non sono pochi coloro già al lavoro in queste ore per sminuire il valore storico della pronuncia della
 Corte Ue che spazza via le tariffe obbligatorie (travestite da costi minimi) per l'autotrasporto. Soprattutto sul
 versante delle associazioni di autotrasportatori si sostiene infatti che la sentenza è relativa a un sistema
 ormai superato, in quanto è stata cancellata dalla legge italiana la procedura che affidava all'Osservatorio per
 l'autotrasporto la definizione dei costi minimi e addirittura è stato soppresso l'Osservatorio, riportando la piena
 titolarità in capo al ministero dei Trasporti. Ma questa valutazione è sbagliata perché si regge
 sull'enfatizzazione dei dettagli e ignora la sostanza della sentenza. Se è evidente che la norma di legge
 impugnata e condannata è quella vigente in quel momento, è altrettanto chiaro dal dispositivo che il sistema
 delle tariffe obbligatorie travestite da costi minimi viene messo radicalmente in discussione. La
 determinazione dei costi minimi d'esercizio - scrive la Corte - «impedendo alle imprese di fissare tariffe
 inferiori a tali costi, equivale alla determinazione orizzontale di tariffe minime imposte». E ancora: «La
 determinazione dei costi minimi di esercizio per l'autotrasporto, resa obbligatoria da una normativa nazionale
 quale quella controversa nei procedimenti principali, è idonea a restringere il gioco della concorrenza nel
 mercato interno». Quanto al legittimo obiettivo di tutelare la sicurezza stradale, «la determinazione dei costi
 minimi di esercizio non risulta idonea né direttamente né indirettamente a garntirne il conseguimento». Una
 bocciatura senza appello del sistema dei costi minimi, non della procedura di definizione.
  © RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2014                                                                    19
05/09/2014                            La Repubblica - Ed. nazionale                                            Pag. 4
                                           (diffusione:556325, tiratura:710716)

                                                                                                                        La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
 L'intervista
 "Draghi coraggioso ma è solo il primo passo restano da abbattere le
 resistenze tedesche"
 Nouriel Roubini L'economista della New York University: "La vera soluzione della crisi di Eurolandia solo
 quando la Bce acquisterà titoli di Stato" La Bundesbank fa un'opposizione preconcetta. La Merkel è più
 realista, ma ha problemi interni "Le riforme di Renzi? Misure così strutturali che hanno bisogno di due-tre anni
 per registrare effetti" Ora le nostre previsioni sull'Italia sono peggiorate: chiuderete anche quest'anno in
 recessione
 EUGENIO OCCORSIO

 "CERNOBBIO. «Il giudizio sulle misure intraprese da Draghi non può essere che positivo. Ha avuto coraggio,
 ha fatto un passo nella direzione giusta. Però una vera svolta, e la possibile soluzione duratura al dilemma
 della crescita europea, verrà solo in presenza di un vero e proprio quantitative easing , l'acquisto massiccio e
 generalizzato di titoli privati e pubblici da parte della Bce». Nouriel Roubini, il guru della New York University,
 è arrivato ieri sera a Villa d'Este dove da stamattina si confronterà con i governanti di tutta Europa nel forum
 di AmbrosettiThe European House.E terrà fermo il punto: l'eurozona è tuttora in una crisi gravissima, per cui
 serve una totale rivoluzione sia nelle politiche dei governi che in quelle monetarie. E la combinazione delle
 due. «Occorre passare senza più reticenze né preoccupazioni a un mix decisamente espansivo, in una
 misura mai vista prima».
  Però non negherà che c'è stato un grosso passo in avanti.
  Draghi poteva fare di più? «Non è un caso che abbia ripetuto due volte nella conferenza stampa che il voto
 nel board non era unanime. Inutile dire chi si era opposto. Dobbiamo rassegnarci: la Bundesbank fa il suo
 mestiere di controllore della mo neta con un'opposizione che definirei preconcetta a qualsiasi iniziativa che
 crei anche un minimo di rischio. Non dimentichiamo che dietro lo stendardo dell'indipendenza si oppose alla
 riunificazione tedesca, al cambio uno-uno del marco, perfino alla costruzione dell'euro. Il fatto che Draghi
 abbia sfidato questa posizione è importante. E indica che tutto sommato la Merkel non si era dimostrata
 troppo contraria a Draghi nelle famose telefonate post-Jackson Hole».
  Vuol dire che la Cancelliera recita due parti in commedia? «Semplicemente, è una politica: deve fronteggiare
 intanto un'economia tedesca in semirecessione, e non ci facciamo illusioni che qualche dato positivo appena
 uscito (gli ordini nel settore manifatturiero sono cresciuti del 4,6% contro un consensus dell'1,5%, ndr )
 significhi cheè già tornato il sereno. Poi deve vedersela con un'opposizione interna sempre più fortemente
 antieuropea, e ci sono i falchi nel governo e nella Bundesbank, e poi ancora la Corte di Karlsruhe, e tutti si
 oppongono sempre e comunque a qualsiasi misura che abbia minimamente il sentore della solidarietà. Lei
 personalmente è molto più realista, costruttiva e aperta al dialogo». E l'Italia? «Purtroppo qui non ci sono
 neanche quei dati estemporanei positivi. Le nostre previsioni sono peggiorate: dai calcoli prospettici basati sui
 vari indici di fiducia delle imprese e dei consumatori, appena tornati sotto il livello di guardia di 50 dopo che in
 primavera erano arrivati a 54, deduciamo che l'Italia chiuderà l'anno in recessione. Non c'è nessun segnale
 che faccia sperare in una chiusura positiva di questo trimestre e tutt'al più si registrerà un +0,2% nel quarto.
 Non basterà per riequilibrare la pessima prima parte dell'anno. Nel 2015 ci dovrebbe essere una lieve ripresa
 nell'ordine dello 0,60,7%». Ma come giudica il passo del governo Renzi sulle riforme? «C'è qualche lentezza,
 però siamo onesti: sono misure così strutturali che hanno bisogno di due-tre anni, non di qualche mese, per
 dispiegare i loro effetti, Certo, prima si comincia...» Torniamo alla Bce: quello varato ieri è un quantitative
 easing sotto mentite spoglie? «Per ora è un credit easing.
  Anche se non è proprio un bazooka , le misure sono coraggiose e vicine ai limiti: -0,2% nei depositi per
 esempio è ad un passo dalla soglia del -0,25% oltre la quale c'è il disordine monetario.
  E poi Draghi ha sciolto bene l'equazione delle asset backed securities. Il dibattito era sull'opportunità di
 rendere retroattive le misure, il che poneva il pericolo di trattamenti privilegiati per questa o quella banca. L'ha
 risolto garantendo la massima attenzione su questo punto cruciale. Però, rendendosi conto dell'urgenza

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2014                                                                     20
05/09/2014                            La Repubblica - Ed. nazionale                                           Pag. 4
                                           (diffusione:556325, tiratura:710716)

                                                                                                                       La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
 dell'intervento, non si può non comprare qualche titolo preesistente, sennò c'è da aspettare troppo per
 redigere eventuali nuovi regolamenti, fare i finanziamenti, cartolarizzarli e rivenderli. Inoltre ha esteso la
 misura ai covered bonds costruiti tra l'altro con i mutui immobiliari, ampliando così il raggio d'azione. Con tutte
 queste misure si potrà arrivare ad un trilione di moneta fresca entro un anno. E non dimentichiamo che fra
 poco ripartiranno gli Ltro, i finanziamenti agevolati alle banche che non avranno più scuse per non
 interrompere il credit crunch ».
  Ma questo benedetto quantitative easing che sarebbe il colpo finale, vedrà alla fine la luce o no? «Credo di
 sì. Quella di ieriè stata una mossa di avvicinamento.
  Per fine anno, la Bce comincerà a comprare titoli». PER SAPERNE DI PIÙ www.confcommercio.it
 www.economonitor.com/nouriel
 Foto: ECONOMISTA USA Nouriel Roubini è nato a Istanbul, ma ha vissuto a lungo in Italia. È cittadino
 americano e insegna alla New York University

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2014                                                                    21
05/09/2014                            La Repubblica - Ed. nazionale                                             Pag. 26
                                           (diffusione:556325, tiratura:710716)

                                                                                                                          La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
 PRIVATIZZAZIONI/ PRONTA LA DOCUMENTAZIONE PER CONSOB, VIA LIBERA A NOVEMBRE
 RaiWay già corre verso la Borsa "Ma dovete cedere meno del 40%"
 Anzaldi (Pd): "Viale Mazzini ha subìto tagli per 150 mln, non ecceda nella dismissione"
 VITTORIA PULEDDA MILANO

 . Il processo di privatizzazione delle torri di trasmissione della Rai entra nel vivo. Il cda della società televisiva
 ha dato il via libera alla vendita di una quota di minoranza di RaiWay finalizzata alla quotazione. Inoltre i
 consiglieri hanno approvato - all'unanimità dei presenti - i documenti per il filing presso Consob e Borsa
 Italiana.
  Insomma, la macchinaè stata avviata. Non senza immediate polemiche: il deputato del Partito democratico e
 segretario della commissione di Vigilanza Rai, Michele Anzaldi, ha criticato che si voglia mettere sul mercato
 una quota valutata circa 400 milioni (di cui si è parlato sulla stampa) quando invece alla Rai sono stati tagliati
 fondi per 150 milioni (ed è quello l'importo che teoricamente andrebbe recuperato con la vendita di RaiWay).
 Critiche e richieste di incontro urgente con il direttore generale Luigi Gubitosi anche da parte dell'Usigrai (il
 sindacato giornalisti Rai).
  L'obiettivo comunque è di fare in fretta, presentando quanto prima il filing alla Consob, per arrivare entro la
 prima metà di novembre in Borsa. Nel frattempo sono già partite le operazioni propedeutiche ad avere il disco
 verde da parte dell'Authority, comprese una serie di nomine (interne) per coprire ruoli esecutivi finora
 esercitati dalla controllante Rai. Allo stesso modo, il debito ora infragruppo (un centinaio di milioni) dovrebbe
 passare direttamente alle banche.
  Se il quadro è chiaro, sui dettagli della quotazione non sono ancora state prese decisioni vincolanti,
 dall'azienda e dalle banche collocatrici (Banca Imi, Mediobanca e Credit Suisse, mentre Bnp e Citi faranno da
 joint bookrunner): a quanto risulta il decreto della presidenza dei ministri parlerà infatti di una quota compresa
 tra il 25 e il 49% dell'azienda. E' probabile che ci si indirizzi verso una quota importante da offrire sul mercato,
 intorno al 40%, di cui una parte significativa ma non preponderante andrà ai risparmiatori.
  L'obiettivo, infatti, resta quello di tenere l'enfasi sulla componente istituzionale (e in particolare estera) anche
 se verrà riservata molto probabilmente una percentuale ai dipendenti (che in genere in occasione di società
 privatizzate vengono incentivati dalla distribuzione di bonus). Tutti dettagli ancora allo studio e che devono
 ancora passare il vaglio dei consulenti finanziari ma anche, vista la specificità della società (una controllata
 Rai) trovare il gradimento del mondo politico. In termini di capitalizzazione si sta ragionando su un valore che
 dovrebbe oscillare trai 900 milionie il miliardo, sulla base di un multiplo vicino a 10-12 volte l'Ebitda (in linea
 con i competitor). Il punto di forza della società è il contratto, appena confermato per sette anni e rinnovabile
 per altrettanti, con la Rai, per 170 milioni annui. Un flusso di cassa certo, quindi, ma sulla base di un accordo
 flessibile, con clausole che dovrebbero permettere, negli anni futuri, altri possibili accordi per la vendita del
 segnale a terzi (oltre che alla stessa Rai).
 150 mln FONDI PUBBLICI Dopo il taglio dei fondi statali, la Rai quota Raiway (ripetitori)

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2014                                                                       22
Puoi anche leggere