VITA nostra Periodico della Comunità Parrocchiale di San Paolo Biella - aprile 2012
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VITA nostra Periodico della Comunità Parrocchiale di San Paolo Biella aprile 2012 15 anni di Casa Alpina
Funzioni religiose GRUPPI PARROCCHIALI nella PARROCCHIA • ANIMAZIONE MISSIONARIA di SAN PAOLO Portavoce: Michela Conti Pillo - Tel. 015.28368 Riunioni: 1° lunedì del mese ore 17 CHIESA PARROCCHIALE S. Messa del gruppo: 2° lunedì del mese ore 18,30 • BATTESIMI S. MESSE FESTIVE Portavoce: Paola e Piero Serra - Tel. 015. 406345 Sabato ore 18,30 • BRICOLAGE Domenica Portavoce: Nicoletta Gaddini - Tel. 015.8492387 ore 8,30 - 10 - 11,30 - 18 Riunioni: ogni martedì ore 15 • CARITÀ S. MESSE FERIALI Portavoce: Piero Bider - Tel. 015.8492415 ore 7,30 - 8,30 - 18,30 Riunioni: 3° mercoledì del mese ore 18 • CASA ALPINA VALSAVARENCHE CAPPELLA S. PIO X Portavoce: Piergiorgio Debernardi - Tel. 015.401348 AL VILLAGGIO SPORTIVO • CATECHISTI ELEMENTARI Portavoce: Livia Giana Debernardi - Tel. 015.401348 S. MESSA FESTIVA ore 9 Riunioni: settimanali di preparazione • CATECHISTI MEDIE CHIESA DEL COTTOLENGO Portavoce: Giuseppe Agostino - Tel. 015.8493354 Riunioni: settimanali di preparazione S. MESSE FESTIVE • COMUNITÀ RAGAZZI ANIMATORI Sabato ore 17 Portavoce: Roberta Antonelli - Tel. 320.6352013 Domenica ore 6,30 - 9 - 10 Riunioni: quindicinali al venerdì • CORO Portavoce: Mauro Mazzia - Tel. 015.8493667 ORARIO DELLE CONFESSIONI Riunioni: ogni martedì ore 21 • GIOVANI “MUMBLE” Giorni festivi: nella mezz’ora prima dell’inizio Portavoce: Sara Zegna - Tel. 015.8495314 delle celebrazioni. Nei giorni feriali: Riunioni: una volta al mese Don Oreste Ramella Pairin: • FAMIGLIE - Tutti i giorni dalle ore 7 alle ore 8,30 Portavoce: Piero Leone - Tel. 015.402894 - Sabato pom. dalle ore 14,30 alle 18,15 Riunioni: mensili di formazione • LAVORI E PRESEPIO Don Giorgio Roncan: - Lunedì e mercoledì dalle ore 17 alle 18,15 Portavoce: Guido Bonizzi - Tel. 015.22739 • MUSICA Don Gabriele Leone: Portavoce: Carlotta Buttini - Tel. 015.401785 - Martedì e giovedì dalle ore 15 alle 16 • ORATORIO Don Filippo Nelva: Portavoce: Nicola Azzarello - Tel. 015.31275 - Martedì dalle ore 18 alle 19 • “RAFFAELE” - Giovedì dalle ore 11 alle 12 Portavoce: Livia Giana Debernardi - Tel. 015.401348 - Venerdì dalle ore 18 alle 19 Guido Bonizzi - Tel. 015.22739 • SCOUT Portavoce: Ilaria Meini e Franco Brunazzo Tel. 015.543058 SITO PARROCCHIALE Riunioni: 2° e 4° giovedì di ogni mese ore 21 www.parrocchiasanpaolobiella.it • TERZA ETÀ Portavoce: Sebastiano Raimondo - Tel. 015.403926 Riunioni: ogni mercoledì ore 15,30 UFFICIO PARROCCHIALE PER ADERIRE AL GRUPPO Orario segreteria CONTATTARE IL PORTAVOCE ore 9,30/11,30 - 16/19,30 Escluse le feste religiose e civili In copertina: ed il sabato pomeriggio 21 giugno 2009, intitolazione della Casa Alpina a don Tullio Vitale
LA LETTERA DEL PARROCO Era stata una giornata tranquilla fino a quel momento quando, mentre eravamo in attesa del nostro turno dal benzinaio, un uomo abbastanza giovane grida insulti verso un anziano col- pevole, secondo lui, di avergli soffiato il posto facendogli così perdere almeno tre minuti del suo preziosissimo tempo. In un attimo la mia mente si sposta sul sagrato della chiesa affac- ciato su un incrocio dove, purtroppo, avvengono incidenti e spesso gli autisti “staccano” insul- ti e bestemmie ancora prima di chiedere se qualcuno si è fatto male. Mi chiedo perché siamo tutti così arrabbiati, basta un attimo e si va fuori dalle righe, è stanchezza? Tristezza? Angoscia? Paura di non farcela? Invidia? A volte sembra ci sia un malessere generale che prende tutti e si cristallizza nell’idea che ormai non se ne possa più e che il mondo stia scivo- lando in un vortice irrefrenabile verso il basso. Tanti hanno la percezione che tra poco debba accadere qualche cosa e non di bello. Perché si urla? Perché non vorremmo che il mondo fosse così, il gridare è l’accumulo di tante piccole tensioni e fatiche che esplodono in un atti- mo, è un paradossale grido di richiesta di pace e giustizia che non trova qualcuno a cui chie- dere aiuto e, per come esce, ci mette automaticamente dalla parte del torto diventando a nostra volta demolitori invece che costruttori di pace e facendo fare al mondo un altro passo verso il basso. Così mi chiedo: dove stiamo andando? Che strada abbiamo preso? Stiamo camminando verso Dio o ci stiamo allontanando, anche se non lo vogliamo, incatenati dalla stanchezza e dalla sfiducia? Tralasciando l’ottimismo a buon mercato che non convince nes- suno, vorrei spostare il vostro sguardo su Gesù crocifisso: lì si è toccato il punto più basso dell’umanità, condannando un innocente ed espellendo Dio da questo mondo; eppure, pro- prio in quel momento, la vita ha vinto e si è spalancato per l’umanità l’orizzonte della resurre- zione. Gesù è risorto e non è lontano, per quanto il mondo vada male! Anzi, forse il Signore non è mai stato così vicino proprio perché tutto è così oscuro, abita il nostro presente, proba- bilmente siamo ad un passo da un mondo nuovo, manca solo un piccolo spazio che si colmerà se noi cristiani saremo capaci di essere pazienti e perseveranti nella fede. Dio infatti stima troppo l’uomo per non lasciargli nulla da fare. Gesù è risorto, è vicino. Se lo pregassimo di più quando sentiamo l’inizio dell’oscurità nel cuore, saremmo consolati, ci arrabbieremmo di meno, perdoneremmo di più e romperemmo questo gioco perverso che usa i nostri gridi di dolore per farci peg- giorare ancora. Prendiamo esempio dai discepoli di Emmaus, quando sentiamo arri- vare la tristezza anche noi rifugiamoci nella Parola di Dio, che ci spiega il significato di ciò che viviamo, e diciamo a Gesù: “Resta con noi Signore perché si fa sera!” e vedrete, tro- veremo ristoro per le nostre anime. Gesù è risorto, Dio è vicino a tutti noi, e allora Buona Pasqua cari amici, siate pazienti, per- severate nella fede qualunque cosa succeda. Guardate l’agricoltore: egli aspetta paziente- mente il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge d’autunno e le piog- ge di primavera. Siate pazienti anche voi, rin- francate i vostri cuori perché il Signore risorto abita ancora il nostro mondo e lo guida alla vita e alla pace. Buona Pasqua cari amici. Don Filippo Bronzino, Deposizione di Cristo 1
“Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti” 1Cor 15,20 FUNZIONI RELIGIOSE Perugino, Resurrezione di Cristo 1 aprile DOMENICA DELLE PALME - Ore 9,45 Gesù entra in Gerusalemme Processione con i rami di ulivo e celebrazione dell’Eucarestia Ore 16 Celebrazione del Sacramento della Riconciliazione con la confessione individuale 5 aprile GIOVEDÌ SANTO - Ore 18 Messa della Cena del Signore Conclusione della “Quaresima di Fraternità” dopo la Messa prosegue l’adorazione fino a tarda sera Ore 21 Celebrazione del Sacramento della Riconciliazione con la confessione individuale 6 aprile VENERDÌ SANTO - Ore 16 Celebrazione della Passione e Morte del Signore Ore 20,45 Via Crucis in città con il Vescovo. Inizia davanti all’ospedale 7 aprile SABATO SANTO - Ore 21 Liturgia della “Veglia Pasquale” e celebrazione dell’Eucarestia nella Resurrezione del Signore 8 aprile PASQUA DI RESURREZIONE Ore 8,30 - 9 (in via Lazio), 10 - 11,30 - 18: Sante Messe comunitarie. 17,30 Vespri 9 aprile LUNEDÌ DI PASQUA - Ore 7,30 - 8,30 e 18,30 Celebrazione dell’Eucarestia 2
LA SPECIALE PREGHIERA che ci ha preparato alla festa patronale Dire Festa patronale per una parrocchia è come dire festa di onomastico per gli esseri umani, giorno nel quale si ricorda e si onora il Santo di cui si porta il nome, quindi ricorrenza da celebrare con gioia. Per una Comunità che vanta un Patrono della statura di san Paolo è importante festeggiare dando spazio anche alla riflessione e alla preghiera. Come è avvenuto la sera del 27 gennaio, proprio a ridosso della festa, quando in tanti ci siamo ritrovati in chiesa per ascoltare, per pensare, per pregare tutti insieme, dai bambini ai genitori ai nonni, senten- doci parte di una Comunità senza distinzione di età o di gruppi, secondo la traccia che don Filippo aveva indica- to da tempo. Così come persone di età e generazioni diverse avevano composto il gruppo ideatore della serata. Questa è la Chiesa e questo ci dimostravano praticamente i ragazzi che sull’altare, pezzo dopo pezzo, andavano costruendo un modellino della chiesa di san Paolo (davvero bravi i nostri giovani architetti!), mentre la voce spiegava: “...C’è la chiesa in muratura e l’altra fatta di tutti i battezzati... La base è la parte più antica della chie- sa, è il suo fondamento... metaforicamente, potrebbe essere rappresentata dagli anziani. essi ci hanno trasmesso la fede ed è grazie a loro che tutto si è potuto fare. Sopra la base ci sono i muri e le colonne portanti: questa è la parte più forte della chiesa, quella che sostiene tutto il peso. Metaforicamente sono gli adulti, sono loro la vera forza, quelli che lavorano di più per la chiesa e che permettono che essa viva e resti in piedi, nonostante tutti ciò che avviene nel mondo. “Poi c’è il tetto: esso copre sia le fondamenta che le colonne portanti... Esso è ugualmente fondamentale anche se non porta peso e non sostiene nulla. Esso è anche il più alto, il più vicino al cielo, il più libero. Metaforicamente sono i giovani e i ragazzi. Non ancora responsabili della chiesa, non ne portano il peso, ma senza di essi tutto crollerebbe prima o poi. “In tutto questo manca Dio: esso è ciò che permette di tenere unito tutto, è il CEMENTO. Non se ne può fare a meno, se vogliamo che la chiesa stia in piedi”. Come “cemento” viene letto un brano di san Paolo, la lettera agli Efesini nella quale, fra l’altro, egli esorta a comportarsi “...in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni UMILTÀ, MANSUETUDINE E PAZIENZA, SOPPORTANDOVI A VICENDA CON AMORE...”. 3
Per rendere più efficace l’applicazione pratica di queste qualità indicate dal nostro Patrono, si leggono quattro lettere scritte da persone di età diverse, che danno la loro versione personale. Eccone gli stralci. Una nonna scrive ai nipoti parlando di MANSUETUDINE “Capirete mai quanto bene vi abbiamo voluto, il nonno e io, da quando siete nati? Saprete mai quanta gioia ci avete regalato con la vostra presenza e la vostra compagnia? E la tenerezza infinita di ogni minimo gesto di affetto, dei vostri primi discorsi, di tante piccole complicità e di ogni nuova scoperta? .. Dicono che nei rappor- ti tra nonni e nipoti c’è mansuetudine. E’ una definizione che a me è sempre piaciuta perché la penso come il contrario dell’ira, dell’arrabbiatura che oggi è tanto diffusa e che fa danni ovunque, ma la intendo anche come dolcezza, gentilezza, bontà... Il vocabolario però mi dice che “mansuetudine” significa pure “indulgenza, tolle- ranza, capacità di adeguarsi alle circostanze con spirito di comprensione e con pazienza...”. Un marito si rivolge alla moglie per confidarsi sulla SOPPORTAZIONE CON AMORE “Prendo spunto dalla discussione per futili motivi di ieri sera, dove la mia conclusione è stata “Basta, non ti sopporto più”... e volevo condividere con te i miei pensieri sul termine “sopportare”... Sicuramente oggi la coppia è in crisi perché non si è più abituati a sopportare nulla che duri nel tempo e, di conseguenza, pensare di trascorrere una vita insieme rimane, eventualmente, una remota possibilità. In effetti, se mi guardo indietro... appena sposati vedo solo note positive, si accetta ogni tipo di critica, ogni lamentela, si vive in uno stato di benessere quasi ipnotico... poi arrivano i figli, il dipanarsi delle solite giornate piene del monotono vissuto quo- tidiano e diventa più difficile accettare critiche e lamentela, così nascono i conflitti... “Devo però dirti una cosa: nonostante le discussioni e le mille traversie, mi accorgo che il nostro matrimonio è stato bello e che ti voglio bene. Il Signore non ci ha lasciato soli e con il suo aiuto... abbiamo imparato a tra- sformare il sopportarci in atto d’amore”. Un giovane racconta agli amici del gruppo che cosa sia per lui l’UMILTÀ “Io tendo a essere modesto, badate bene non umile, ma modesto, la differenza può sembrare sottile, ma è sostanziale. Da dizionario, la modestia è “non mostrare o non vantarsi dei propri meriti e qualità”, per me è una tattica... Come a scuola: faccio il finto tonto, posso permettermi di prendere brutti voti, gli altri diranno “tanto non ci arriva” e in questo modo limito responsabilità e fatiche. “L’umiltà però è più profonda, mira al cuore del problema... I limiti che Dio ha posto in ciascuno di noi talvolta presentano il conto... ma è qui che avviene l’incontro con i nostri fratelli e sorelle: la faccenda dei limiti è tutto uno stratagemma di Dio per far sì che dove trovo un mio limite vi sia una possibilità di comunione con il prossimo, che può aiutarmi, così si crea- no dei legami.. In un mondo dove il successo è riservato ai più competitivi, sino all’arroganza spietata, la vera sfida per essere davvero dei grandi è arrivare ai propri sogni con umiltà”. Un ragazzo parla ai genitori di PAZIENZA “Cari papà e mamma, voi di pazienza per allevarmi e per accudirmi ne avete avuta molta e forse proprio per questo anche io sono in grado di averne un po’ nei vostri confronti... Adesso che sono cresciuto non ascoltate più ciò che vi vorrei dire, non avete mai tempo né voglia per farlo... non vi rendete conto che sono cresciuto, che sono diverso, che avrei tante cose da chiedervi... Inoltre le poche volte che mi ascoltate credete di aver già capito tutto e non mi lasciate il tempo di spiegarvi, e forse è vero, avete capito, ma forse dovreste lasciare che io mi sfoghi... Non vorrei essere stato troppo duro, avere pazienza con voi è un modo di ringraziarvi di tante cose che mi avete donato... non smetterò mai di volervi bene”. Dopo qualche minuto di silenzio, tutti sono invitati a scrivere un’intenzione di preghiera su un foglietto che viene deposto nei cestini sparsi per la chiesa; ne vengono scelti alcuni a caso che sono letti subito: nessun truc- co, sono pensieri appena scritti dai bambini e dagli adulti, uno più bello dell’altro! L’incontro di preghiera si concluderà nel cortile dell’Oratorio, ma prima di lasciare la chiesa ognuno deve for- mare una “famiglia”, cercando persone di età diversa come in una vera comunità: non è proprio facile, così su due piedi e un po’ di... caos è inevitabile. Poi tutti fuori dove è già acceso il mega-falò preparato dagli Scout con il legno della loro storica ma ormai decrepita casetta: è un vero spettacolo e serve anche a riscaldarci perché la temperatura si è fatta gelida. Si ter- mina con la preghiera allo Spirito Santo perché ci aiuti a essere UMILI, PAZIENTI e MANSUETI e poi si beve il vin brulé dando una sbirciata al cielo scuro che prepara la neve per il giorno dopo. margherita 4
FESTA PATRONALE E DI TUTTA LA GENTE Partecipazione sentita e gioiosa nel segno della fraternità La festa patronale del 29 gennaio nella Conversione di San Paolo è attesa di anno in anno ed è un appuntamento atteso. Sempre uguale e sempre diverso. A caratterizzare questa volta l’incontro festoso fra i parrocchiani sono state intanto le belle iniziative di preparazione: incontri e preghiere lungo la settimana precedente. Un altro fat- tore vincente è stato sicuramente l’invito all’incontro conviviale aperto a tutti, proprio a tutti, poiché ognuno era liberissimo di offrire secondo le proprie possibilità. Festeggiato don Giorgio Roncan La Santa Messa è stata invece caratterizzata questa volta dai festeggiamenti rivolti al celebrante stesso, il caro don Giorgio Roncan, per il suo sessantesimo di ordinazione sacerdotale. Il festeggiato, senza nascondere la pro- pria commozione, ha manifestato i suoi sentimenti di affetto per tutti, nel corso dell’omelia accentrata sul profondo significato della “conversione” di Saulo (“Saulo Saulo, perché mi perseguiti?”). Hanno “prestato ser- vizio” la Corale Jubilate e il Coro dei giovani in splendida gara. Un generale per Priore Non ultimo naturalmente l’evento del cambio di Priore. Quest’anno la scelta della Confraternita dei Santi Paolo ed Elisabetta è caduta - ancora una volta e naturalmente - su un parrocchiano esemplare: Claudio Vercellotti, classe 1958, coniugato con Anna Ranieri, anch’essa ben presente in ambito parrocchiale. La coppia ha tre figli, Andrea, Paolo e Stefano. E’ stata accolta sul sagrato dal Priore uscente, Mauro Mazzia, con la moglie Maria Paola con e un gruppetto di ex Priori, componenti della Confraternita. Va detto che quest’anno la designazione del priore a San Paolo ha destato un’eco più vasta del solito sui giornali locali: Vercellotti è infatti Generale di brigata e dirige la Scuola di Applicazione d’Arma di Torino. Ha svolto importanti incarichi per la Nato nonché missioni in Bosnia e in Afghanistan. Quanto basta per alcuni titoloni a tutta pagina, tipo “Un Generale per Priore” e così via. Il pranzo comunitario Già si è detto della possibilità di partecipare al pranzo offerta a tutti. L’invito è stato raccolto con entusiasmo, come sempre del resto, e così centinaia di persone - dopo il saluto e la benedizione del Parroco - hanno affollato il salone sottochiesa ed altri locali, gomito a gomito attorno ai tavoli. Come sempre l’allegria e la gioia di stare insieme hanno caratterizzato il convito, riuscito grazie all’impegno e all’abilità dei cucinieri e degli addetti di sala. Don Roncan ha avuto complimenti e meritati applausi per la fausta ricor- renza. Al termine una straordinaria torta decorata ha suscitato ulteriori entusiasmi fra i Il banco dei Priori: da sinistra Claudio Vercellotti accanto all’uscente Mauro Mazzia, presenti. la signora Vercellotti ovvero Anna Ranieri con Maria Paola Dalmasso Mazzia Cari parrocchiani, cari lettori “Vita Nostra”, il bollettino della nostra Comunità di san Paolo, si è di nuovo trasformato. Il suo formato più grande offre più spazio per gli articoli e per le fotografie. Ci auguriamo che vi piaccia e che lo leggiate con rinnovato interesse. La Redazione 5
Il Comitato d’accoglienza del Priore dinanzi alla chiesa prima della solenne funzione religiosa I giovani della parrocchia nella sala pranzo loro riservata La torta servita al pranzo comunitario Giochi e gare dei giovani La festa è continuata lungo l’arco del pomeriggio, con gare, giochi e balli da parte dei giovani, grazie all’impe- gno di geniali organizzatori. Chi è rimasto (tanti!) si è divertito e non ha lesinato gli applausi. Bravi tutti! Grandi applausi alla giovane orchestra Un momento dei giochi svoltisi nel pomeriggio in oratorio 6
SESSANT’ANNI DI MESSA PER DON GIORGIO RONCAN La festa patronale ha offerto l’occasione per sottoli- neare e festeggiare degnamente i sessant’anni di Ordinazione sacerdotale del nostro caro don Giorgio Roncan, cappellano a San Paolo dal 1964. Nato a Mori di Trento il 27 ottobre 1928, ha frequentato il Seminario di Como e poi quello di Biella, dove è stato ordinato il 7 giugno 1952. E’ stato viceparroco in quattro diverse parrocchie: Mosso, Trivero, Biella Piazzo e Chiavazza, prima di approdare a San Paolo. Laureato nel 1961 in Filosofia e Storia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha insegnato nella nostra città a migliaia di allievi Italiano e Storia all’Istituto per Geometri (1963-66), Filosofia e Pedagogia all’Istituto Santa Caterina (1964-79), Filosofia e Storia al Liceo Classico (1966- 95). Guida ai Pellegrinaggi paolini, assistente dei Maestri cattolici, don Roncan ha ricoperto le cariche di presi- dente dell’Università Popolare dal 1988 al 1992, vice- direttore all’istituto Regina Montis Oropae di Andorno, vicedirettore per quindici anni (1975-90) dei Corsi serali per Assistenti sociali all’Istituto Crivelli. Una lunga esistenza feconda e ricca di soddisfazioni, per la quale i ringraziamenti e gli auguri di tutta la nostra Comunità non sono di sicuro formali, ma forte- mente sentiti. Grazie, Professore, e ad multos annos. 7
Padre Giulio Albanese il 1° dicembre 2011 a San Paolo “L’ATTIVITÀ MISSIONARIA VALORE AGGIUNTO PER LA FORMAZIONE UMANA E CRISTIANA” Pubblichiamo in riassunto alcuni significativi stralci del seguitissimo intervento del Missionario ...Papa Paolo VI, in occasione della Giornata Missionaria Mondiale del 1971, descrisse il nostro tempo in maniera estremamente profetica. Ci faceva capire, e ci fa capire ancora oggi, il contesto esistenziale in cui viviamo. Scriveva così: “Viviamo in un tempo senza precedenti, in cui a vertici di progresso mai prima raggiunti si associano abissi di perplessità e di solitudine anch’essi senza precedenti”. A signi- ficare che c’è una costante divaricazione tra gli estremi, tra il progresso e il egresso, tra la ricchezza e la miseria. Mai come oggi la forbice è stata così ampia. “Eppure - aggiungeva - nella storia della Chiesa non c’è mai stato un tempo come questo in cui, più che mai, fosse necessario gridare a tutti la Buona Notizia, perché questo è il Tempo della Missione per eccellenza”. Sono stato in giro per il mondo, ho vissuto in Africa, in altri continenti, diverse volte nel Regno Unito e negli Stati Uniti, anche nei Paesi dell’Estremo Oriente... e mi sono reso conto che davvero viviamo in una stagione molto particolare della storia umana. Sono nato 52 anni fa, ma i cambiamenti avvenuti in questi 52 anni della mia vita non sono avvenuti in un milione di anni di storia. Ebbi occa- sione anni fa di lavorare negli Stati Uniti insieme a Nicholas Negroponte, il fondatore MISSIONARIO del Massachusetts Institute of Technology, e E GIORNALISTA uno dei guru della rete... Ebbene, ricordo che mi disse, era il 1996, che un anno “Internet” Romano, classe 1959, corrispondeva a tre mesi solari, il che signifi- padre Giulio Alba- cava che un anno solare era composto da nese è un missiona- quattro anni digitali... Feci fatica, inizialmen- rio e giornalista italia- te, a capire questo. Oggi la produzione digi- no. Missionario Com- tale ci appartiene, la siamo affrontando anche boniano, ha vissuto in a livello di Chiesa, di comunità cristiana, Africa per diversi anni come una sfida, con un atteggiamento ancora svolgendo la sua du- forse eccessivamente timoroso... plice attività. È stato Da ragazzo, ricordo, quando occorreva scri- direttore in Kenia del vere una lettera, si prendeva penna e cala- “New People Media maio, o una biro, e per comunicare con terre Center” e di due te- lontane si comperavano dal tabaccaio carta e state sull’attualità africana in lingua inglese: il busta leggerissime, si scriveva, si metteva il “New People Feature Service” e il “New People francobollo e si spediva. Poi si attendevano Magazine”. Nel 1997 ha fondato MISNA (Mis- giorni, qualche volta anche mesi, prima di sionary Service News Agency), agenzia di avere una risposta. Oggi uno si siede davanti stampa on line in tre lingue (italiano, inglese e al computer e in tempo reale riesce a comu- francese), con notevole successo internaziona- nicare con quei mondi lontani. Moltissime le. È collaboratore di varie testate giornalistiche operazioni che prima richiedevano molto , tra le quali “l’Espresso”, “Avvenire”, “Radio tempo oggi si possono fare in un batter d’oc- Rai” e “Radio Vaticana”. È anche autore di chio. Pensiamo ai telefoni cellulari che sono diversi libri di tema missionario e ha conseguito diventati vere e proprie protesi, si voglia o dieci premi giornalistici e quattro letterari. Dal no, nel bene e nel male. 2007 insegna “giornalismo missionario” alla Voi direte: “Che cosa c’entra tutto questo Pontificia Università gregoriana di Roma. con l’evangelizzazione?.. Con la sfida dell’e- Insignito della dignità di Cavaliere della ducazione?”. C’entra, eccome! Perché noi Repubblica dal presidente Carlo Azeglio Ciampi viviamo in una crisi: in un mondo che schiz- (2003) per meriti giornalistici nel Sud del za via alla velocità della luce, tante volte noi mondo, attualmente dirige e riviste missionarie cristiani stiamo alla finestra a guardare. Ora, delle Pontificie Opere Missionarie: Missio Italia, in fondo, che cosa significa vivere la missio- Popoli e Missione, Il Ponte d’Oro. ne? Significa, innanzi tutto, fare esperienza di Gesù Cristo. E’ chiaro che, quando incon- 8
tri Gesù Cristo, non rimani con la mani in mano... Senti il biso- gno, nel nome del Signore, di incarnarti nella storia, non puoi essere un qualcosa a se stante... In fondo, che cos’è la spiritua- lità cristiana, se non vita secon- do lo Spirito? ... Ci sono due atteggiamenti che per certi versi caratterizza- no il nostro modo di “vivere il cristianesimo” tra virgolette. Il primo, presente in alcune realtà, talvolta anche a livello associativo o a livello di movi- mento, è quello del vittimismo. Di un cristianesimo sotto nafta- lina... Uno viene in chiesa, mani giunte e collo storto, si sente la coscienza a posto per- ché è un bravo cristiano... recita le preghiere prima di andare a letto, ci tiene ad andare a Messa tutte le domeniche, si confessa anche regolarmente... poi, che cosa succede nella quotidianità della sua vita? Che non c’è assolutamente corrispondenza fra quanto viene celebrato in chiesa e la quotidianità della sua vita. E questo è uno degli elementi caratteristici del nostro tempo. Il rischio opposto è quello del pragmatismo, che è totalmente sciolto, slegato da quella che è la conte- stazione, per intenderci dall’ascolto delle Sacre Scritture, dalla Parola forte di Dio... e credo che questi siano i due estremi, da una parte il vittimismo e dal’altra l’eccessivo pragmatismo. Credo che da questo punto di vita, la sfida di questa società - che viaggia alla velocità della luce e che, comunque, è terra di missione - sia proprio quella di coniugare spirito e vita... E dunque in realtà quel- lo che nostro Signore ha realizzato duemila anni fa: il mistero dell’incarnazione. E questo significa tornare indietro con la cultura della storia, parafrasando quello che scriveva Pietro: dobbiamo essere in grado di dare ragione della speranza che è nei cuori. Anche perché chi vuol fare esperienza di Gesù Cristo sente il bisogno istintivo di condividere con gli altri la Buona Notizia. ... Duemila anni fa era Gesù Cristo in carne e ossa che annunciava la Buona Notizia. Oggi nostro Signore non ha gambe per camminare sulle strade polverose del mondo, non ha una lingua, una bocca per parlare a questa umanità dolente, di cui noi siamo parte integrante. Ha bisogno di noi e, da questo punto di vista, nessuno, ma davvero nessuno, può tirarsi indietro. ... Tornando al nostro punto di partenza, proprio perché viviamo in questo pazzo pazzo mondo che ha fame e sete di Dio, credo che tutti quanti dobbiamo assumerci delle responsabilità. Dobbiamo metterci in testa una cosa: il cristianesimo è una religione fondamentalmente positiva, fondata sula Buona Notizia... Forse la responsabilità che noi preti abbiamo - credo che un po’ tutti ci dobbiamo battere il petto - è quella di aver ridotto il cristianesimo a un compendio fatto di leggi, leggine e dottrine, per cui alla fine essere cristiani significa non peccare... Ora voi capite che il cristianesimo presentato in questi termini è davvero una palla al piede... quasi uno dovesse fare una specie di slalom, no? evitando tutti i giorni di peccare... L’approccio rispetto a quelle che sono le realtà e le sfide della vita deve essere un approccio positivo, illuminato dalle Sacre Scritture. Il cristianesimo non è una dottrina, no! no! E’ un’esperienza di vita: l’incontro con Gesù Cristo. Ed è un’esperienza liberante... di fraternità, di unio- ne, che dovremmo essere in grado di comunicare agli altri. Esperienza così importante, paradigmatica, che diventa davvero pane spezzato... I primi cristiani chiamavano l’Eucaristia fractio panis... E uno è chiamato a condividere non solo il pane che trova tutti i giorni sulla propria mensa, ma è chiamato a condividere “il pane della fede”. Il Pane Eucaristico. ... Di fronte a questa società che ci mette profondamente in discussione, che facciamo fatica a interpretare, non possiamo avere paura... dobbiamo davvero giocare d’attacco. Anche perché, se uno ha fatto l’esperienza di Gesù Cristo, se vive l’esperienza dei sacramenti, la Grazia santificante, non può rimanere in silenzio. Mi viene in mente quello che scriveva un grande personaggio che ho avuto la grazia di conoscere negli Stati Uniti, quando ero bambino:Martin Luther King. Lui diceva: “Non dob- biamo aver paura delle parole dei malvagi”. No! No! Dobbiamo aver paura del silenzio! 9
LA CASA ALPINA COMPIE QUINDICI ANNI IL 17 GIUGNO TUTTI SU A FESTEGGIARE Cominciando con il porgere gli auguri al caro Piero che avrebbe dovuto scrivere questo articolo se la malattia non si fosse accanita su di lui, cercherò di esprimere la sua idea espostami durante un colloquio impegnandomi a non tradirla troppo. Psicologi e sociologi raccontano di un pianeta giovanile profondamente cambiato: fino a qualche anno fa i ragazzi erano tendenzialmente d’animo buono e generoso, ora sembra non essere più così. Sta nascendo una disaffezione al lavoro, relativa soprattutto ai lavori considerati umili, o faticosi, richieden- ti sacrificio. Fa pensare che le nuove imprese nate in Piemonte siano costituite in larga maggioranza da extra comunitari. I nostri ragazzi - dicono gli esperti - hanno la tendenza a pensare a se stessi e ad apparire. Che dire poi delle famiglie? In Piemonte si è superata la soglia del 50% dei divorzi. Ora, mi faceva osservare Piero, di fronte a questi fatti la nostra parrocchia ha risposto con la Casa Alpina. Essa infatti, secondo lo statuto, è luogo di incontro e di condivisione, di preghiera e di riflessione, di lavoro e di riposo. Non vuole essere un ‘albergo’ e da tutti è atteso un contributo positivo nell’am- bito delle proprie capacità. L’ospitalità, l’accoglienza e il servizio verso gli altri, il rispetto per l’am- biente e i suoi abitanti sono valori da coltivare in un clima di essenzialità e di semplicità. I campeggi sono una boccata d’ossigeno per ragazzi e famiglie. Tante iniziative comu- nitarie sono nate in Casa Alpina, davvero lì si impara a condividere! In mezzo a fresche risate si sono formate amicizie sfociate in opere di solidarietà, tante persone hanno scoperto o si sono riavvicinate alla fede e numerosi problemi e dubbi vengono risolti. L’esperienza dei campeggi è ciò che aiuta famiglie e i giovani a mantenere la fede durante l’anno, quando si frequentano luoghi e ritmi che ten- dono a toglierci il tempo e la voglia di far bene... Guai se non si fosse costruita la Casa Alpina! Ecco allora che Domenica 17 giugno vi aspettiamo tutti su per festeggiare il 15° compleanno della nostra Casa Alpina!. Ringrazieremo insieme il Signore per questo dono e per le esperienze vissute, ravviveremo la coscienza dell’importanza di questa struttura che la comunità deve sentire “casa sua” frequentan- dola e sentendosi responsabile del suo mantenimento per il bene e la fede di tutti, soprattutto dei nostri giovani. Durante la giornata compiremo un gesto particolare: tutti sanno che, dato il numero dei ragazzi, oltre alla Casa Alpina abbiamo da anni acquisito una casetta costituita da tre alloggi; viene occupa- 12
ta generalmente dalle cuoche e dalle famiglie e non ha ancora un nome. Così, su proposta del Consiglio della Casa Alpina e del Gruppo di Gestione, il Consiglio Pastorale ha deciso di dedicare la casetta a Rosita Maggia, una donna straordinaria... che la maggioranza dei “clienti della Casa Alpina” non ha conosciuto. Perché allora - vi chiederete - proprio lei? Non era meglio qualcuno che fosse noto ai più? Ma vi sono due fondamentali motivi alle radici di questa scelta: intanto, Rosita ha educato persone diventate fondamentali per la parrocchia: vedete, la nostra fede viene trasmessa da cuore a cuore e non dobbiamo dimenticare chi ci ha fatto questo dono, le tracce lasciate parlano ancora... Per il secondo motivo, occorre una premessa: Rosita negli ultimi anni era malata, non la si vedeva più; nonostante la sua debolezza, riusciva talvolta a venire a pregare il Signore negli orari in cui la chiesa non era frequentata. Ma pur costretta ad isolarsi per la malattia, Rosita non ci ha mai dimenticato noi e ci ha voluto bene, al punto di lasciarci un regalo in punto di morte. Ecco,se lei ci ha voluto bene fino in fondo, noi non dobbiamo dimenticare lei e il suo affetto che si prolunga ancora oggi con le sue preghiere dal cielo. don Filippo ROSITA MAGGIA, UNA PERSONA IMPORTANTE In una parrocchia ci sono delle belle storie di vita che è giusto e bello rac- contare, storie d’amore e di fedeltà…ad una comunità. Questa è una. Rosita Maggia, appartenente ad una bella famiglia biellese, venuta ad abi- tare a San Paolo nel 1938, è stata una figura importante per la nostra par- rocchia: maestra, catechista, animatrice dei gruppi giovanili, presidente di Azione Cattolica. Molte sono le persone che l’hanno conosciuta ed hanno potuto godere della sua disponibilità ed apprezzare la sua forte fede e la viva intelligenza unita ad un grande cuore. È mancata due anni fa in marzo. Vogliamo ora ricordarla con alcune brevi testimonianze: della sorella Miranda, della maestra Caterina, di un ex-allievo, oltre alla mia (Livia). MIA SORELLA ERA COSÌ Leggendo alcuni suoi appunti molto personali e segretamente custoditi balza evidente che la sofferenza fisica e morale per la sua situazione fisica ha costituito il sottofondo di tutta la sua vita. All’esterno tutto questo, anche in famiglia, non è mai trapelato se non in minima parte tanto che la mamma sosteneva che, dei suoi figli, Rosita era la più stabile di umore. Era mite, una mitezza conquistata con grandi lotte e sofferenze interiori giorno dopo giorno. Mitezza “voluta”, non dono di natura. La sua arrendevolezza, per lei che era un po’ cocciuta, le è costata moltissimo. Tra tanti momenti sofferti per le cure cui doveva sottoporsi (suo malgrado e con molte resistenze) e per un lavorio interiore di accettazione della situazione, quelli gioiosi, oserei dire felici, per lei sono stati quelli vissuti nella scuola dove si è veramente realizzata tanto che dice (Zubiena, 12/10/1960) “sono rientrata nel mio elemento, la scuola, come un pesce nell’acqua.” Ha amato profondamente come figli i suoi allievi. I due anni in cui ha fatto scuola a Boccioleto, in Valsesia, sono stati anni di maturazione e di mag- gior conoscenza di se stessa grazie ad una amicizia profonda con Maria, una donna del luogo, e all’aiuto, nel cammino di fede e di consapevolezza di se stessa, del “Pievano”, il parroco del luogo. Del suo impegno in parrocchia altri diranno; io so solo che le stavano molto a cuore le giovani (le giovanissime di Azione Cattolica)… e i campeggi che sono sempre un momento “magico” che lascia in tutti semi preziosi che daranno frutto nel tempo. Di estrema discrezione, ascoltava quello che di me le dicevo (poco) ma non ha mai indagato nelle mie cose. Ultimamente la faceva stare male il pensiero che per seguirla e aiutarla io rinunciassi ai miei impegni o ai miei interessi. Non mi ha mai dato fastidio, non ho perso una notte per lei, era molto buona. Qualche volta mi ha detto: “quando sei poi stanca di starmi dietro portami al Cottolengo”, ma io non avrei tollerato che finisse in mani non familiari. Pochi giorni prima che si sentisse male, all’improvviso mi chiese cosa pensavo che dovesse anco- ra capitarle per morire. Da questo ho capito che era ben cosciente che la sua vita stava per finire. Miranda 13
SEMPLICITÀ, VERITÀ E CHIAREZZA Ci incontravamo in parrocchia come catechiste; e poi in campeggio, accompagnando le ragazze, piene di entusiasmo, ai tempi in cui don Tullio gettava le fondamenta dei progetti che oggi sono concreta realtà. Ma la mia conoscenza di Rosita risaliva ai tempi delle mie prime esperienze d'in- segnante: quando lei, maestra, mi regalò un alfabetiere della sua scuola di montagna... Fu mae- stra in tante cose, Rosita, con il suo chiaro esempio di semplicità, verità e chiarezza, replicando all'occorrenza con argomenti chiari, senza polemizzare. Si dice “per non dimenticare”... e certa- mente va fatto tesoro di quanto Rosita ci ha insegnato con la sua vita stessa. Caterina LA MIA MAESTRA ALLE ELEMENTARI Ho un bellissimo ricordo della mia maestra delle elementari. Oltre ad essere una bravissima insegnante dava anche molto affetto e attenzioni a noi alunni. Aveva una fede, semplice, forte e ben radicata che per me è stata di grande esempio. Quando negli ultimi tempi la incontravo casualmente, benché provata dalla malattia, aveva sempre un sorriso e parole buone. Ha accettato con serenità la sua prova. Sono certo che fa parte di quella schiera di Santi di cui solo Dio conosce il nome. Paolo Femminis UNA VERA EDUCATRICE Rosita è stata una vera educatrice nei vari ambiti della sua vita: di caratte- re riservato, sapeva dare amicizia profonda ed essen- ziale. Dotata di spi- rito di discernimen- to unito a grande equilibrio, emanava serenità e svolgeva un’azione veramen- te equilibratrice nei gruppi. È stata per lunghi anni presidente delle giovani di Azione Cattolica… quanti pomeriggi di domenica passati in parrocchia… si tenevano le riunioni formative per le giovani (le sue “gio- vanissime”!), poi si andava a vespro e infine a giocare... Per Rosita noi giovani eravamo come sue figlie, ella aveva a cuore la nostra crescita sia umana che cristiana e non mancava di organizzare per noi momenti di divertimento e di svago come quando ci ha invitate tutte nella casa di fami- glia a Pettinengo per una… castagnata. Ricordo ancora l’“invasione”! Poi sono iniziati i campeggi femminili (allora non erano ancora misti) a cui Rosita ha partecipato con gioia come organizzatrice e animatrice: Valsavarenche, Bionaz, Valgrisanche e poi… Goglio. Molto sensibile ai problemi degli “ultimi”, ha partecipato per anni al gruppo carità. Anche negli ultimi tempi quando i problemi di salute ne hanno limitato molto la libertà, si è sem- pre interessata a tutte le attività della parrocchia e, pur non potendo più parteciparvi, le sostene- va con la sua affettuosa preghiera. Quando andavo a portarle la Comunione, attendeva l’incontro con Gesù con desiderio e fede e si angustiava non tanto per la sua salute ma di dare preoccupa- zioni ai suoi cari, in particolare alla sorella Miranda. Penso che ora dal cielo ci guardi e ci proteg- ga, con quel suo speciale sorrisetto che voleva dire:”birichini!”. Livia 14
Sono davvero finite le docce fredde nella Casa Alpina? Quando una quarantina di ragazzi, animatori, accompagnatori, ecclesiastici, scendono a valle dopo una gita in montagna di alcune ore sotto il sole cocente, gli indumenti intimi sono intrisi di sudore, i piedi troppo a lungo serrati in spazi ristretti recano il segno dell’usura, le gambe fanno “giacomo, giacomo”. La cosa che si desidera di più è una bella doccia calda. I primi che arrivano alla Casa Alpina possono certamente godere di questo sollievo e magari si sollazzano a lungo sentendo scor- rere l’acqua tiepida lungo il corpo. Peccato per chi viene dopo quando l’acqua calda comincia a scarseggiare. I tempi di permanenza sotto la doccia tendono progressivamente a ridursi. Poi rimane solo la scelta tra: non fare la doccia, fare la doccia con l’acqua fredda, aspettare che l’acqua si scaldi di nuovo. Gli inconvenienti che si sono verificati nel passato, dovuti all’impianto di riscaldamento, sono anche altri: ad essi ha sempre posto rimedio un nostro “santo” protettore: il Sandro Oddone. I frequenta- tori della Casa Alpina lo conoscono bene, così anche i turisti che salgono a Valsavarenche. È lui che fa il pane per tutta la valle e degli ottimi grissini stirati a mano uno per uno secondo la ricetta di suo padre. Ebbene è proprio Sandro che ci ha sempre tolto dagli impicci quando le due caldaie faceva- no le bizze. Ad incontrarlo nel suo negozio si può avere l’impressione di una persona un po’ brusca, ma questo è dovuto solo alla sua incontenibile antipatia verso chi si crede un saccente “cittadino di città” e viene in montagna con la pretesa di essere servito perché paga... Egli passa anche per un mangiapreti, ma tra questi preti non è compreso il nostro parroco nè quello della parrocchia di Genova che ha una casa più a valle ove ospita dei ragazzi che non potrebbero permettersi una vacanza in montagna. Sotto l’apparenza di severità tuttavia si nasconde un cuore generoso e una buona amicizia con gli animali. Si pensi che nel suo recente viaggio in Norvegia Sandro ha portato con se anche il suo cagnolino Leo che lo segue ovunque, mantenendo la sua manifesta indipenden- za. Forse in questo è stato contagiato dalla moglie Franca che ha accudito per anni lo stambecco Lillo, che ha vissuto in valle più a lungo di tutti. Per Lillo era sempre pronto un giaciglio sotto la tet- toia a fianco della casa e certo non gli mancava il fieno durante l’inverno e qualche volta anche il risotto. Ora anche Lillo è andato nel paradiso degli stambecchi, ma alla signora Franca non manca altro lavoro. Sandro si occupa di farci trovare la Casa Alpina calda quando saliamo d’in- verno: due giorni prima va ad accende- re le caldaie e il giorno seguente mette in funzione l’impianto dell’acqua pota- bile. Si sa che in montagna la tempera- tura in inverno raggiunge anche i –25°C e tutti gli impianti sono sotto la terribile minaccia del gelo: basta dimenticare un po’ d’acqua in un sifone o in un tubo perché la rottura sia assi- curata. Ebbene, tanto per fare un esempio, in occasione di un soggiorno invernale Sandro è andato come al soli- to ad avviare le caldaie che però non ne volevano sapere. Quel giorno era Natale e il giorno dopo sarebbero arri- vati i ragazzi; Sandro non si è perso d’animo ed ha trafficato tutta la giorna- ta, con temperature polari, finché è riu- scito a metterle in funzione con artifici L’esemplare di stambecco più longevo del Parco si chiamava che solo lui conosce. Lillo: nato nel 1985, dopo ben 22 anni di “onorata carriera” si Mi ricordo ancora di quella volta in cui è spento nel 2007 a Dejoz in Valsavarenche. nuovamente una caldaia si era fermata (Se volete altre informazioni su Lillo, cercata su Google: e un ospite della casa aveva cercato di Lillo Valsavarenche) 15
porvi rimedio con artifici impropri. Sandro, trovando scombussolati tutti i suoi collegamenti elettrici, si imbufalì ferocemente minacciando di non volere più occuparsi di noi incompetenti. Ci volle molto "savoir faire" accompagnato da dimostrazione di pentimento per convincerlo a ritirare le sue dimissioni. L’anno scorso Sandro si è reso conto che quelle caldaie non ce la facevano proprio più e ci ha sug- gerito un intervento risolutore: cambiare le caldaie e inserire una vasca per l’accumulo di acqua calda per garantire docce calde a tutti. Esaminata la situazione e dato uno sguardo al portafoglio, abbiamo deciso di non procrastinare l’intervento anche se, pur non sapendo ancora il costo dei lavori, temevamo di non potercelo permettere. Ma si sa, se avessimo fatto i conti giusti anche 20 anni fa, non avremmo di certo costruito la Casa Alpina. Così, in modo un po’ subdolo, abbiamo chiesto il parere di un esperto impiantista, l’ing. Roberto Zaninetta, genitore di ragazze che hanno frequentato la Parrocchia, nonché marito di una cuoca dei campeggi. Roberto si è subito reso disponibile per fare gratuitamente il progetto dell’impianto... e ciò era quello che speravamo. Nella primavera del 2011 sono iniziati i lavori affidati all’impresa che aveva già realizzato gli impianti preesistenti. Il nuovo impianto è stato terminato poco prima dell’inizio dei campeggi estivi . È rima- sto un conto da pagare diviso in tre rate: per l’ultima si è dovuto ricorrere al contributo della Parrocchia. Sono così davvero finite le docce fredde nella Casa Alpina? Chi conosce l’ambiente dei campeggi estivi, gli animatori e non per ultimo il Parroco, sa benissimo che in alcune giornate calde d’estate, per la frazione Toulaplana,ove si trova la Casa Alpina, volano palloncini pieni di acqua, gavettoni, secchiate e persino immersioni nella vasca del cortile, nessuno riesce a sfuggire., Se l’acqua di queste docce non fosse gelida, il divertimento certamente sarebbe minore. Pier Giorgio 16
Campeggi estivi per bambini e ragazzi 1° turno: bambini di 4°-5° elementare dal 17 al 23 giugno 2° turno: ragazzi di 1° media dal 24 al 30 giugno 3° turno: ragazzi di 2° media dall’1 all’8 luglio 4° turno: ragazzi di 3° media (gruppo SIP) dal 9 al 18 luglio 5° turno: ragazzi di 1° e 2° superiore (gruppo RUM) dal 18 al 27 luglio Campeggi per famiglie Cari amici, mi rivolgo a voi che avete la passione del ridere, amate l’amicizia e la condivisione. Vieni anche tu che cerchi il silenzio e rimani incantato a sentite il mormorio di una brezza leggera. Sto cercando voi che vi stupite ancora per la grandezza della natura e vi intenerite davanti a una marmotta. Parlo ai genitori che sentono il bisogno di creare un gruppo per i loro figli. Non dimenti- co voi, che vorreste parlare di fede e cercare il Signore ma non sapete come. Ma certo, penso anche a te che scalpiti al mattino per salire e ammirare un panorama. E tu che ami una grigliata ben innaffiata in compagnia e ti immagini a far gavettoni dentro un lavatoio. Infine mi rivolgo a te che hai il gusto dell’avventura e vuoi sperimentare una cosa mai successa prima: Il campeggio delle famiglie di San Paolo La data è dal 20 al 26 agosto. La quota orientativa dipende dal numero di iscritti e dalle attività decise insieme, sarà tra Euro 126 (40 partecipanti) – 168 (25 partecipanti) circa a persona. Attenzione: si tratta di un a nuova esperienza, è evidente che non può essere una vacanza tradizio- nale: per arrivare al campeggio affiatati, convinti e preparati saremo coinvolti tutti nella progettazio- ne e preparazione delle attività, ci troveremo quindi alcune volte insieme prima di partire e ciò con- sentirà di accogliere le esigenze di tutti, affiatarci ed essere tutti responsabili. La famiglia che è interessata può contattarci venendoci a trovare o scrivendo sul nostro sito www.parrocchiasanpaolobiella.it. Chi volesse avere informazioni può rivolgersi a don Filippo. Il tagliando di iscrizione è da compilare entro domenica 13 maggio. Per motivi organizzativi è meglio consegnarlo in parrocchia prima possibile. 17
Due pensieri sull’affettività “È necessario tornare a proporre con chiarezza la bellezza della castità” Dalla lettera pastorale Comunicare e trasmettere la vita buona del Vangelo È Vero! È un articolo lungo e scritto piccolo che non invita ad iniziare! Ma è il ragionamento giusto? Vi sono alcune cose belle e importanti che richiedono più di due righe per essere spiegate. Inoltre, credo sia venuto il momento di smettere di vivere l’affettività partendo dalle frasette scritte su facebook o sulla carta dei “Baci Perugina”. Ecco allora questo brano tratto dal libro “Amare nella libertà” (ed. qiqajon) scritto da Timothy Radcliffe Maestro generale dell’ordine Domenicano dal 1992 al 2001 e docente a Oxford di Nuovo Testamento. È vero, è un brano lungo ma, se inizierete a leggerlo, vi sorprenderete a non smettere più e chissà, forse vi sug- gerirà un pensiero da lasciare a qualche giovane a cui volete bene: buona lettura. Don Filippo Che cosa significa allora essere casti? Quando amiamo qualcuno profondamente dobbiamo imparare ad essere casti. Tutti - celibi, sposati, religiosi - siamo chiamati alla castità. Questa parola non gode di grande popolarità al giorno d’oggi. Risuona alle orecchie come puritana, fredda, distante, priva di vitalità e di attrattiva. Herbert McCabe, domenicano, ha scritto che “la castità che non è una manifestazione di amore non è che il cadavere della vera castità”. Il cadavere di un cane può solo assomigliare ad un cane. Certo, si può anche sbagliare e credere che sia un cane che dorme tranquilla- mente. Ma non è un cane, è appunto un ex-cane. Allo stesso modo chi è celibe ma non ama può assomigliare a qualcuno che è casto, ma in realtà è morto. Allora cosa significa essere casti? La castità non è innanzitutto la soppressione del desiderio, almeno secondo la tradizione di Tommaso d’Aquino. Il desiderio e le passioni contengono verità profonde su chi noi siamo e sui nostri bisogni. Soffocarli non farebbe altro che ucciderli spiritualmente, oppure, un giorno o l’altro, farci perde- re la testa. Dobbiamo educare i nostri desideri, aprire gli occhi su quello che è il loro oggetto reale, liberarli dai piaceri meschini. Dobbiamo desiderare più in profondità e con maggiore limpidezza. Tommaso d’Aquino ha scritto una cosa che si potrebbe facilmente travisare. Egli afferma che la castità consiste nel vivere secondo l’ordine della ragione. Sembra un’affermazione molto fredda e celebrare, come se l’essere casti fosse interamente in potere della mente. Ma per Tommaso vivere secondo la ratio significava vivere nel mondo reale, “conformemente alla realtà delle cose concrete”. Cioè vivere nella realtà di ciò che sono io e di quello che sono realmente le persone che amo. La passione e il desiderio possono spingerci a vivere nell’imma- ginario, mentre la castità ci riporta con i piedi per terra, facendoci vedere le cose così come sono. Per un religio- so, o a volte per dei celibi, può nascere la tentazione di rifugiarsi nella fantasia perniciosa che noi siamo esseri angelici eterei, che non hanno nulla a che vedere con il sesso: questo può sembrare castità, ma ne è una perver- sione. Ricordo uno dei miei fratelli che un giorno doveva andare a celebrare l’eucarestia in un convento di reli- giose; la sorella che gli aprì la porta vedendolo gli disse: “Ah, è lei, padre! Stavo aspettando un uomo…”. È difficile immaginare una celebrazione dell’amore più realistica dell’ultima cena. Non c’è nulla di romantico: Gesù dice chiaramente ai suoi discepoli che la fine è vicina, che uno di loro l’ha tradito, che Pietro lo rinne- gherà, che gli altri si daranno alla fuga. Non si tratta di certo di una cenetta in trattoria alla luce delle candele. C’è un’estrema adesione alla realtà. Un amore eucaristico ci mette senza equivoci e in modo categorico di fron- te ai disordini dell’amore, ai suoi fallimenti, alla sua vittoria finale. Quali sono le fantasie in cui può farci cadere il desiderio? Ne metto a fuoco due. La prima è la tentazione di cre- dere che l’altra persona sia tutto, tutto quello che cerchiamo, tutto quello che corrisponde alle nostre aspirazioni. È un’ossessione. La seconda consiste nel non riuscire a vedere l’umanità dell’altra persona, nel ridurla a servire alla soddisfazione delle nostre pulsioni. È concupiscenza. Queste illusioni non sono poi così diverse l’ una dal- l’altra come a prima vista sembrerebbe. L’una è il riflesso dell’altra. Il desiderio di intimità Suppongo che tutti noi abbiamo conosciuto quei momenti di ossessione quando qualcuno diventa l’oggetto di tutti i nostri desideri, il simbolo di tutto ciò che abbiamo sempre desiderato, la risposta a tutti i nostri bisogni. Se non arriviamo a essere uno con quella persona ci sembra che la nostra vita sia vuota e priva di significato. L’oggetto del nostro amore ricolma quel pozzo profondo di bisogni che scopriamo in noi. Ci pensiamo tutto il giorno. Shakespeare ha saputo esprimere molto bene questa situazione: “ Il corpo il giorno e a notte la seguace mente, per te e per me, non trova pace” O, in termini un po’ più moderni, il volto della persona amata diventa un po’ come il salva schermo del nostro 22
computer. Nel momento in cui si smette di pensare a qualcos’altro, eccolo! È come una prigione, una schiavitù alla quale non vogliamo sottrarci… Divinizziamo la persona amata, la mettiamo al posto di Dio. Evidentemente quello che noi adoriamo è qualcosa che siamo stati noi a creare, una proiezione. Forse ogni amore passa attra- verso questa fase di ossessione insensata. L’unico rimedio è vivere con la persona amata giorno per giorno, e scoprire che essa non è Dio, ma soltanto un suo figlio. L’amore comincia quando siamo guariti da questa illu- sione e ci troviamo faccia a faccia con una persona reale e non con una proiezione dei nostri desideri. Infatti che cosa cerchiamo in tutto questo? Cos’è che provoca questa ossessione? Posso parlare solo per me, ma direi che quello che si celava dietro i miei occasionali turbamenti emotivi era sempre un desiderio di intimità: il desiderio di essere interamente uno con l’altro, di far scomparire le frontiere tra me e un’altra persona , di perdermi in essa, di giungere a una comunio- ne pura e totale. Più che una passione sessuale, penso che la maggior parte degli umani cerchi l’intimità. Se dobbiamo passare attraverso delle crisi di affettività, ci è necessario conoscere il nostro bisogno di intimità. Io penso che ogni essere umano, sposato o celibe, religioso o laico, debba imparare ad accettare i limiti dell’in- timità che si trova a vivere. Il sogno di una comunione totale è un mito che porta alcuni religiosi a desiderare di essere sposati, e molto sposati a desiderare di stare con qualcun altro. Di certo l’intimità vera e felice è possibile solo se ne accettiamo i limiti. Possiamo proiettare sulle coppie sposate la fantasia di un’intimità totale e meravi- gliosa, che nella realtà è impossibile, ma che è la proiezione dei nostri sogni. Rainer Maria Rilke ha compreso che non può esserci un’autentica intimità in una coppia senza che ciascuno riconosca che l’altro, in certo qual modo, resta solitario. Ogni essere umano conserva attorno a sé una parte di solitudine che non può essere abolita: “Un buon matrimo- nio è quello nel quale ciascuno fa dell’altro il custode della sua solitudine e gli accorda questa fiducia, la più grande possibile … Una volta che si è compreso e accettato che, anche tra gli esseri umani più vicini, continua- no a esistere distanze infinite, può svilupparsi una meravigliosa vita fianco a fianco, se si riesce ad amare quel- la distanza che permette a ognuno di vedere nella totalità il profilo dell’altro stagliato contro un ampio cielo.“ Penso che ogni essere umano, sposato o celibe, religioso o laico, debba imparare ad accettare i limiti dell'intimità che si trova a vivere. Il sogno di una comunione totale è un mito che porta molti religiosi a desiderare di essere sposati e molti sposati a desi- derare di stare con qualcun altro... Nessuno può offrire piena soddisfazione ai nostri desideri. Questo si può trovare solo in Dio. Rowan Williams, sposato e arcivescovo di Canterbury, scrive: “ un essere umano diviene adulto e fedele quando prende coscienza dell’inguaribilità del suo desiderio: il mondo è fatto in modo tale che nulla può dare alla persona un’identità senza carenze e pienamente realizzata.” Oppure, per citare Jean Vanier:” [la sofferenza della solitudine] è un’angoscia insita nella nostra umanità, poi- ché nulla nella nostra esistenza può soddisfare completamente le esigenze del cuore umano.” Per gli sposati è possibile una meravigliosa intimità una volta che si sia accettato di essere i custodi della solitu- dine dell’altro, come dice Rilke; ma anche per quelli di noi che non sono sposati o che si sono impegnati nel celibato è possibile scoprire una profonda e meravigliosa intimità con gli altri. “Intimità” viene dal latino “inti- mare”, che significa essere in rapporto con ciò che vi è di più profondo in un’altra persona. Proprio perché sono un religioso, il voto di castità mi offre una possibilità incredibile di intimità con gli altri. Il fatto di non avere intenzioni recondite e di poter offrire un amore non divoratore e possessivo fa sì che io possa arrivare molto vicino al cuore della vita delle persone. Il pericolo di fare di se stessi un Dio Agli antipodi dell’ossessione che consiste nel mettere l’altra persona al posto di Dio, c’è il pericolo di fare del- l’altro un semplice oggetto, qualcosa con cui soddisfare le pulsioni sessuali. La concupiscenza ci chiude gli occhi sull’altro in quanto persona, sulla sua fragilità e sulle sue qualità. Tommaso d’Aquino a proposito della castità scrive che il leone, quando vede la gazzella, vede un pasto, e che la concupiscenza fa di noi dei cacciatori, dei predatori che cercano con gli occhi quello che possono divorare. Ciò che vogliamo è un pezzo di carne, qualcosa da divorare. Anche qui, la castità consiste nel vivere nel mondo reale. La castità ci apre gli occhi e ci fa vedere che quello che è dinanzi a noi è effettivamente un bel corpo, ma che questo corpo è qualcuno, non è un oggetto, è un sog- getto. Cito di nuovo Hederman: “ Il voto di castità impedisce ai piedi del cacciatore di fare quello che farebbe- ro spontaneamente: tendere insidie agli altri e avvicinarsi a loro come predatore. L’aspetto più terribile dei recenti casi di abuso sessuale è che spesso c’è stata premeditazione e calcolo”. Spontaneamente verrebbe da pensare alla concupiscenza come a una passione sessuale incontrollata, un deside- rio sessuale sfrenato. Ma Agostino di Ippona, che in questo campo si conosceva bene, riteneva che la concupi- 23
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