Senato della Repubblica Camera dei Deputati Alma Mater Studiorum - Università di Bologna

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                                                             Con il cofinanziamento di:

                                                                Repubblica di San Marino
                                                           Segreteria di Stato agli Affari Esteri
                                                        Segreteria di Stato al Territorio e Ambiente
                                                       Segreteria di Stato per la Pubblica Istruzione

                                                        Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli

                                                                Con il patrocinio di:

                                                    Senato della Repubblica
                                                     Camera dei Deputati
                                          Alma Mater Studiorum - Università di Bologna

                                                                             2
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                                                  Celebrazioni scarabelliane (1905-2005)

                                              Stazione preistorica
                                    sul Monte del Castellaccio presso Imola
                                       scoperta ed interamente esplorata
                                    da Giuseppe Scarabelli Gommi Flaminj

                                             Presentazione pubblica
                                della ristampa anastatica dall’originale del 1887
                                                    a cura del
                              Comitato Promotore per le Celebrazioni Scarabelliane
                                                        e
                                      dell’Associazione Culturale Scarabeo

                                                             Palazzo Sersanti
                                                         Piazza Matteotti, 8 - Imola

                                                         19 dicembre 2003

                                                                  ATTI

                                                                      3
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                                                              PRESENTAZIONE

                     Tra i principali obiettivi che il Comitato Promotore si è posto per queste Celebrazioni
                     Scarabelliane vi è la diffusione delle opere a stampa di Giuseppe Scarabelli Gommi Flaminj
                     nei principali luoghi di conservazione e produzione del sapere (biblioteche, università,
                     musei) ma anche presso la folta schiera di scienziati, studiosi, bibliofili e semplici cultori.
                     Attraverso la diffusione di questi scritti che sono frutto di una vita dedicata alla scienza si
                     intende così elevare la conoscenza dell’operato di questo grande scienziato dell’Ottocento
                     per un pubblico più vasto sempre più attento e preparato.
                     Il Comitato, in accordo con l’Associazione Culturale Scarabeo che ha intrapreso l’opera di
                     ristampa inserendola nella propria apposita collana “Le Ristampe dello Scarabeo” ha
                     ritenuto quindi necessario presentare questa riedizione. Lo ha fatto presso la sede non
                     casuale della Fondazione Cassa di Risparmio di Imola sostenitrice dell’iniziativa di
                     ristampa e diffusione del volume ma anche diretta emanazione di quell’istituto bancario
                     fondato da Scarabelli nel 1855.
                     Alla presenza di un numeroso pubblico attento e interessato, i relatori Pietro Corsi, Pier
                     Luigi Dall’Aglio, e Gian Battista Vai hanno ricordato la figura del geologo e archeologo
                     Giuseppe Scarabelli e lo scavo del villaggio preistorico eseguito con l’innovativa tecnica
                     stratigrafica in vari anni di intenso lavoro e studio sul Monte del Castellaccio.
                     La presentazione, moderata dal Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Imola
                     Sergio Santi, ha ricevuto il saluto del Sindaco di Imola Massimo Marchignoli che ha
                     ricordato la poliedrica figura dell’illustre imolese, come Sindaco di Imola e uomo politico
                     liberale, come fondatore e primo presidente della Cassa di Risparmio di Imola nonchè
                     portatore e cultore di libertà attraverso la realizzazione di iniziative indirizzate a progresso
                     e solidarietà.
                     In occasione della pubblicazione di questi Atti il Comitato Promotore per le Celebrazioni
                     Scarabelliane indirizza un sentito ringraziamento al Comune di Imola e alla Fondazione
                     Cassa di Risparmio di Imola quali Enti copromotori delle Celebrazioni, al Senato della
                     Repubblica, alla Camera dei Deputati e all’Alma Mater Studiorum - Università di Bologna
                     per il patrocinio conferito. Ringrazia la Repubblica di San Marino, la Regione Emilia-
                     Romagna, il Polo Scientifico-Didattico di Ravenna, la Fondazione Cassa di Risparmio in
                     Bologna, la Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, la Fondazione Appio Alvisi per il
                     loro importante cofinanziamento.
                     Il Comitato ricorda e ringrazia inoltre le Fondazioni delle Casse di Risparmio di Cesena, di
                     Forlì, di Ravenna e di Saluzzo, la Fondazione della Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza,
                     Belluno e Ancona, le Fondazioni delle Casse di Risparmio e Banche del Monte di Faenza e
                     di Lugo, le Casse di Risparmio di Cento, di Ferrara, di Rimini e il CEDACRI S.p.A., per
                     l’aiuto e l’impegno profuso nella diffusione delle pubblicazioni di Giuseppe Scarabelli nelle
                     università, nelle biblioteche e nei musei delle rispettive città e territori di competenza.

                                                                                                    Paolo Casadio Pirazzoli
                                                             Presidente del Comitato Promotore per le Celebrazioni Scarabelliane

                                                                          5
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                     Elenco dei destinatari del volume stilata da Giuseppe Scarabelli.

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                                              DALLO SCAVO ALLA PUBBLICAZIONE

                      Nel 1887 con i tipi della Tipografia d’Ignazio Galeati e Figlio, venne pubbli-
                      cato il resoconto di una lunga campagna di scavi archeologici condotti inin-
                      terrottamente negli anni tra il 1873 e il 1883 dallo scienziato imolese Giuseppe
                      Scarabelli Gommi Flaminj su un piccolo colle nei pressi di Imola detto Monte
                      del Castellaccio in quanto si riteneva che sulla sua sommità si trovassero i
                      resti di un’antico complesso fortificato. Nel curare oggi la ristampa si è rite-
                      nuto prioritario interrogarsi su quale sia stata la genesi di questa opera, quali
                      le aspettative del suo estensore, i dubbi, le fatiche ed anche i costi umani ed
                      economici di una realizzazione composta da centinaia di disegni su tavole lito-
                      grafate, alcune delle quali poi, di grande formato e a colori. L’indagine
                      archeologica non fu facilitata dall’innovativa metodologia di scavo di cui si
                      avvalse l’archeologo-geologo. Per Scarabelli questa fu certamente “la sua più
                      straordinaria impresa scientifica”: lo scavo completo di un insediamento pro-
                      tostorico resta un esperienza unica nel panorama italiano. Oltre alla genesi,
                      riveste particolare interesse la successiva distribuzione ed ulteriore diffusio-
                      ne del volume. A tal proposito è risultato importante il carteggio del suo
                      archivio dal quale si intuisce quanto Scarabelli fosse interessato e preoccu-
                      pato al tempo stesso che la sua opera fosse degnamente diffusa. Il volume fu
                      perciò distribuito in esclusiva dalla famosa Libreria ed Editoria dei Fratelli
                      Bocca di Torino. Per meglio comprendere l’esatto contesto culturale, la
                      dimensione storico-scientifica nella quale l’operato di Scarabelli si era nel
                      tempo inserito, è stato utile verificare anche le destinazioni del volume tra
                      amici, scienziati ed istituzioni scientifiche varie. L’elenco dei destinatari reca
                      i nomi di importanti pionieri delle nuove ‘scienze archeologiche’, tra i quali:
                      Gabriel de Mortillet, Oscar Montelius, Alfred Purgold, Eduard Suess, Paul
                      Topinard e Torquato Taramelli. Tra le importanti istituzioni che beneficiaro-
                      no del libro troviamo l’Accademia dei Lincei, la Geological Survey di
                      Washington, le Società Geologiche d’Italia e di Francia e l’Istituto
                      Antropologico di New York. L’attività scientifica e divulgativa assai prolifica
                      di Scarabelli, attraverso questa pubblicazione, può così essere resa nuova-
                      mente fruibile tramite la ristampa che si propone di essere la prima dell’inte-
                      ra sua opera. La figura poliedrica e complessa di Giuseppe Scarabelli,
                      archeologo, paleontologo, paletnologo e soprattutto geologo troverà così,
                      attraverso queste ristampe, nuova luce.

                                                                                     Giorgio Bolognesi
                                                                         Associazione Culturale Scarabeo

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                     Giuseppe Scarabelli

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                                                  CRONOLOGIA DELL’ATTIVITÀ
                                            DI GIUSEPPE SCARABELLI ARCHEOLOGO

                     1820 - Nasce a Imola il 15 settembre da Giovanni Scarabelli e da Elena Gommi
                            Flaminj.
                     1840 - Compie le sue prime escursioni scientifiche sui colli imolesi facendo capo alla
                            “Villa Cerchiara”, residenza di campagna dei fratelli Cerchiari, attivi
                            nella ricerca e raccolta di reperti paleontologici ed archeologici.
                     1843 - Frequenta corsi all’Università di Pisa, dove assiste alle lezioni del geologo
                            Leopoldo Pilla.
                     1846 - Pubblica su «Nuovi Annali delle Scienze Naturali», numero 6, il saggio dal
                            titolo Una parola sulle ossa fossili dell’imolese, frutto delle ricerche e
                            osservazioni sulle collezioni di Giuseppe Cerchiari.
                     1849 - Pubblica su «Nuovi Annali delle Scienze Naturali», numero 10, Sui depositi
                            delle ossa fossili esistenti nell’imolese, lettera scientifica indirizzata ad
                            Antonio Toschi.
                     1850 - Pubblica su «Nuovi Annali delle Scienze Naturali», numero 2, Osservazioni
                            intorno alle armi antiche di pietra dura che sono state raccolte nell’imolese,
                            il primo articolo scientifico di preistoria italiana.
                     1857 - Fonda il “Gabinetto di Storia Naturale” di Imola.
                     1867 - È membro corrispondente del Congresso Internazionale d’Antropologia
                            di Parigi, dove espone i reperti preistorici della collezione Cerchiari, già
                            oggetto dell’articolo del 1850.
                     1870 - Effettua scavi a Riolo Terme, in provincia di Ravenna, nella Grotta del Re
                            Tiberio, avvalendosi tra i primi del metodo dell’analisi stratigrafica.
                     1871 - Presiede il V° Congresso Internazionale di Archeologia e Antropologia
                            preistoriche di Bologna. Riceve pubblicamente l’elogio di Luigi Pigorini.
                     1872 - Pubblica su «Atti Società italiana Scienze Naturali», numero 15, Notizie sulla
                            Caverna del Re Tiberio, lettera scientifica indirizzata ad Antonio Stoppani.
                     1873 - Inizia lo scavo sul Monte del Castellaccio presso Imola che condurrà quasi
                            annualmente fino al 1883.
                     1875 - Pubblica su «Bullettino di Paletnologia Italiana», numero 3, Scavi nella
                            terramara del Castellaccio presso lmola, lettera scientifica indirizzata a
                            Pellegrino Strobel.

                                                                9
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                     L’oggetto del Sapere sopra il sapere sull’Oggetto.

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                     1877 - Pubblica su «Bullettino di Paletnologia Italiana», numero 3, La terramara
                            del Castellaccio presso Imola, nuova lettera scientifica indirizzata a Strobel.
                     1880 - Pubblica su «Memorie Regia Accademia dei Lincei, classe di scienze fisiche
                            matematiche e naturali», numero 5, Sugli scavi eseguiti nella Caverna detta
                            di Frasassi.
                     1887 - Pubblica il volume dal titolo Stazione preistorica sul Monte del Castellaccio
                            presso Imola scoperta e interamente esplorata..., con l’editore imolese
                            e amico Paolo Galeati. È la sua opera più importante in ambito preistorico,
                            essendo l’unico ad aver scavato interamente un villaggio dell’età del bronzo.
                     1888 - Pubblica Tavole due (I e II), dimostranti la scheggiatura delle pietre
                            lavorate, quaternarie dell’imolese.
                     1890 - Pubblica su «Bullettino di Paletnologia Italiana», numero 16, Sulle pietre
                            lavorate a grandi schegge del Quaternario presso Imola, una sorta di
                            testamento archeo-paletnologico.
                     1893 - Segnala il ritrovamento di un importante reperto del periodo villanoviano
                            a Comezzano, nei pressi di Imola. Da un’altra località nell’Imolese segnala a
                            Edoardo Brizio il ritrovamento di un’ascia ad alette.
                     1894 - Scopre una necropoli romana a Trentola, vicino al torrente Sellustra,
                            nei pressi di Imola.
                     1895 - Esegue scavi di sepolture barbariche a Imola nei pressi della Villa Clelia.
                            Dirige il recupero del mosaico policromo romano di via San Pier Grisologo
                            a Imola.
                     1896 - Segnala il rinvenimento di due piloni di un ponte romano sul fiume Santerno.
                     1897 - Segnala il ritrovamento di un’ascia di bronzo villanoviana a Mordano. Invia
                            a Brizio una relazione sul bassorilievo rinvenuto a Imola nei pressi della
                            soppressa chiesa della Maddalena.
                     1900 - Esegue scavi in località S. Giuliano presso Toscanella di Dozza Imolese.
                            In seguito preparerà, per la pubblicazione, lo studio completo dei risultati
                            dell’indagine di scavo dal titolo Stazione preistorica o villaggio a capanne nel
                            podere S. Giuliano presso Toscanella. Le condizioni di salute dell’ottantenne
                            archeologo non gli permisero di dare alle stampe la sua ultima opera.
                     1905 - Muore la notte del 28 ottobre.

                                                               11
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                                                                   RELATORI:

                                                                    Pietro Corsi
                                                              Università La Sorbona, Parigi

                                                              Pier Luigi Dall’Aglio
                                                                  Università di Bologna

                                                                 Gian Battista Vai
                                                                  Università di Bologna

                                                                    PRESIEDE:

                                                                    Sergio Santi
                                                       Fondazione Cassa di Risparmio di Imola

                                                                     SALUTO:

                                                              Massimo Marchignoli
                                                                    Sindaco di Imola

                                                                           12
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                     SERGIO SANTI: Innanzitutto un saluto al nostro sindaco Massimo
                     Marchignoli, ai relatori e a tutti i presenti che vedo numerosi e la cosa ci fa
                     molto piacere. La presentazione di questa sera mi pare possa essere intesa
                     quasi come un’anteprima di quelle che saranno le Celebrazioni Scarabelliane
                     in programma per i prossimi due anni. È un’anteprima importante perché il
                     volume che è stato riproposto può essere considerato sicuramente il più signifi-
                     cativo degli studi dati alle stampe da Giuseppe Scarabelli e quindi credo che lo
                     possiamo ritenere un buon inizio. Solitamente alle inaugurazioni e alle presen-
                     tazioni di quei volumi usciti grazie a un contributo della Fondazione è nostro
                     compito dare conto delle motivazioni che hanno portato ad appoggiare il pro-
                     getto: io credo che in un caso come questo si fatichi ad elencare tutte le ragioni
                     per le quali, e parlo a livello generale, iniziative legate alla figura di Scarabelli
                     sono ovviamente ben accettate. Scarabelli fondatore della Cassa di Risparmio
                     e Presidente dell’istituto per il primo cinquantennio è un riferimento sufficien-
                     te per comprendere il nostro legame a questo illustre concittadino. Ma venen-

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                     do a conoscenza della biografia di quest’uomo pare quasi di cogliere negli impe-
                     gni, nelle funzioni da lui assolte, una sorta di paternità collettiva assieme ad
                     altri padri nobili nella quale gran parte della città può riconoscersi. Scarabelli
                     volontario risorgimentale, Scarabelli sindaco, Scarabelli senatore del Regno,
                     Scarabelli presidente della Congregazione di Carità, Scarabelli fra i promotori
                     del Ricovero per anziani, attento alle problematiche legate all’istruzione, atti-
                     vo nel Consorzio Operaio di Mutuo Soccorso, fra i fondatori del Magazzino
                     Cooperativo e della Cooperativa di Credito Edilizio, Scarabelli presidente del
                     Club Alpino Italiano, Scarabelli, infine, geologo e paleontologo, ispettore alle
                     Antichità e ai Monumenti, nonché fondatore e direttore del Museo Civico di
                     Imola: ce ne è per tutti come si usa dire e credo di non aver dimenticato molto.
                     Ma aldilà di questa battuta colpisce come, a cent’anni dalla morte del senato-
                     re, sorvolando un secolo di grandissime trasformazioni, tante e così diverse
                     realtà possono ancora rifarsi alla figura di quest’uomo. A noi come Fondazione
                     ultima eredità di quell’istituto bancario da lui fondato nel 1855 interessa esclu-
                     sivamente quell’interesse filantropico che, partendo dall’incentivazione del
                     risparmio, si allargò come si diceva alle problematiche degli anziani, all’istru-
                     zione, alla cultura, al progresso sociale ed economico nel suo complesso: come
                     vedete, parafrasando, sono gran parte di quelle attività che statutariamente e
                     per legge la Fondazione cerca di perseguire. Lasciamo queste considerazionio
                     per gli anni a venire per la parte residua e sicuramente più importante o per-
                     lomeno più eclatante della manifestazione e godiamoci questo bel volume che
                     ancor oggi colpisce per la ricchezza di dati e per la precisione descrittiva. È una
                     opera pionieristica per quell’epoca, frutto di un approccio scientifico interdi-
                     sciplinare perchè quello di Monte Castellaccio fu il primo scavo stratigrafico, se
                     non sbaglio, fatto in Italia; saranno poi gli esperti che seguiranno a illustrarci
                                                           il volume nel modo più appropriato, men-
                                                           tre la cosa che più ci colpisce è la storia che
                                                           racconta questo libro, e non è la storia del
                                                           villaggio protostorico o del castrum longo-
                                                           bardo ma la storia dell’ormai anziano
                                                           Scarabelli che ritorna al Monte Castellacio
                                                           teatro delle sue prime ricerche giovanili
                                                           carico dell’esperienza accumulata negli
                                                           anni e da questo monte che è poi il monte
                                                           vicino a casa ha la possibilità e la capacità

                                                              14
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                     di dialogare con i maggiori referenti nazionale e internazionali. Ecco credo di
                     essermi dilungato per più dei tre minuti che solitamente uso, ma ritengo ne
                     valesse la pena. E nel passare la parola al nostro Sindaco ringrazio tutti quan-
                     ti voi per la vostra presenza qui stasera.

                                                              15
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                     MASSIMO MARCHIGNOLI: Nel portare il saluto dell’Amministrazione comu-
                     nale, esprimo la più ferma e convinta volontà della città di Imola di essere
                     copromotrice, insieme alla Fondazione Cassa di Risparmio di Imola e al
                     Comitato Promotore che si è appositamente costituito, delle iniziative pro-
                     grammate per celebrare adeguatamente il centenario della scomparsa di questo
                     grande imolese e per riflettere sulla sua vita, sulle sue opere e sul segno che ha
                     lasciato nella nostra città. L’obiettivo è di progettare il futuro di Imola anche
                     sulla base di quanto una così straordinaria figura di imolese ha promosso nella
                     nostra città. Quella di oggi rappresenta un’iniziativa di apertura e prefigura un
                     programma di celebrazioni e di manifestazioni che proporremo, in specifico nel
                     2005, insieme a tutti gli imolesi, come è giusto che sia. Va sottolineato che in
                     questi anni la città di Imola, attraverso l’Amministrazione rappresentata dal
                     sottoscritto, ha messo in campo diverse iniziative che hanno messo in valore, in
                     specifico, la figura di Giuseppe Scarabelli come uomo di scienza e più comples-
                     sivamente di cultura. Mi riferisco, per esempio, all’intitolazione del museo di

                                                              16
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                     cui è stato fondatore e alla sua ricollocazione all’interno del complesso di San
                     Domenico, una volta terminati i lavori di ristrutturazione, ovvero in una sede
                     adeguata e di alto prestigio, in sintonia con la figura dell’illustre imolese.
                     Inoltre, sempre negli ultimi anni, sono state numerose e qualificate anche le ini-
                     ziative di approfondimento promosse dal Comune di Imola sulla figura di
                     Giuseppe Scarabelli come uomo di scienza, geologo e paleontologo. A tali aspet-
                     ti, in questa sede vorrei aggiungerne uno ulteriore: quello di Giuseppe
                     Scarabelli come uomo politico. Egli, infatti, è stato anche sindaco della nostra
                     città dal 1860 al 1866. Questo ci impone una riflessione rispetto alla sua figura
                     ed al suo essere portatore del pensiero liberale. Ritengo, infatti, che guardan-
                     do all’Imola di oggi e soprattutto all’Imola che vogliamo costruire e che voglia-
                     mo sviluppare nel futuro, vada sottolineata la grande valenza del pensiero libe-
                     rale di cui Scarabelli è stato un interprete di eccellenza. Il pensiero liberale ha
                     nella cultura della libertà dell’individuo il proprio perno e il proprio cardine e
                     credo che questo filone di pensiero sia una risorsa davvero straordinaria per
                     l’Imola di domani, nella misura in cui la città in tutte le sue articolazioni sarà
                     in grado di coniugarlo e di interpretarlo con l’idea di libertà unita alla solida-
                     rietà e al tema dei diritti collettivi delle persone. Libertà e solidarietà costitui-
                     scono la sfida del futuro: sta in noi essere capaci di interpretare in chiave
                     moderna la coniugazione di questi due grandi valori che spesso sono stati vis-
                     suti e interpretati nella politica come nell’economia in chiave alternativa e come
                     segno di un discrimine. Penso che oggi il mondo che abbiamo di fronte ponga
                     questa grande sfida anche alla nostra città ed è in questo senso che ritengo cru-
                     ciale, punto di riferimento fondamentale, la cultura del pensiero liberale.
                     Anche questo versante testimonia come la figura di Scarabelli sia non solo inte-
                     ressante, ma di grande modernità e questo aspetto costituisce un passaggio fon-
                     damentale riguardo alle riflessioni in corso
                     in questo incontro. La stessa sfida per
                     costruire l’Imola di domani passa attra-
                     verso una nuova declinazione di quei valo-
                     ri, in un loro nuovo incontro. C’è poi un
                     altro aspetto che merita di essere sottoli-
                     neato. Lo farà in primo luogo la
                     Fondazione Cassa di Risparmio di Imola,
                     come è naturale che sia, ma non posso
                     come sindaco della città non ricordare

                                                              17
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                     anche il grande merito di Giuseppe Scarabelli nell’avere costruito la Cassa di
                     Risparmio e nell’avere organizzato la comunità imolese attorno a questo stru-
                     mento al servizio della collettività, che per oltre un secolo ha rappresentato una
                     straordinaria leva di sviluppo e di socialità per la nostra città. Francamente
                     non so se oggi, potendoci vedere, sarebbe soddisfatto di come è finita quella
                     vicenda. Questa è una sottolineatura che mi sento di fare proprio ora, con
                     molta serenità, perché so che rappresenta un tema che pone interrogativi a tutti
                     e che sarà oggetto di riflessioni future, al quale tuttavia non volevo sottrarmi in
                     questo momento, seppure con una semplice battuta. Ringrazio quindi gli orga-
                     nizzatori di questa prima iniziativa e do appuntamento alle manifestazioni
                     future, attraverso le quali intendiamo coinvolgere l’intera nostra città. Grazie
                     per l’attenzione.

                     SANTI: ringrazio il nostro sindaco Massimo Marchignoli per questa valutazio-
                     ne complessiva per questo suo richiamo all’attualità di un pensiero e soprat-
                     tutto di un comportamento di Scarabelli nei confronti della sua città. E a que-
                     sto punto comunicandovi che purtroppo il professor Pier Luigi... incredibile
                     stavo per annunciarvi che il professor Dall’Aglio non poteva arrivare per pro-
                     blemi di viabilità... ecco l’abbiamo... un coup de théâtre. A questo punto però
                     non possiamo dargli la parola essendo appena arrivato. Direi di passare il testi-
                     mone al relatore Pietro Corsi che è professore di Storia della Scienza
                     all’Università La Sorbona di Parigi e inoltre è direttore italiano della New York
                     Review of Books... per cui, professore, a lei la parola.

                                                              18
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                     PIETRO CORSI: Vorrei innanzitutto ringraziarvi per il cortese invito.
                     Sarebbe da parte mia una pretesa infondata quella di parlare di Scarabelli
                     nella sua città e di fronte a coloro che sono i veri esperti delle attività multifor-
                     mi di questo illustre vostro concittadino. Desidero trattare brevemente due
                     questioni. Per prima cosa, vorrei spendere qualche parola per illustrare quale
                     sia il significato dell’interesse per un personaggio come Scarabelli; vorrei poi
                     invitarvi a considerare insieme quali azioni si possano intraprendere per far
                     comprendere a un pubblico nazionale ed internazionale perché sia importante
                     ricordare un personaggio come Scarabelli, dove per ricordare non intendo
                     affatto nè celebrare, nè strappar lacrime, nè fare discorsi. Celebrare significa,
                     in questo caso, e come già diceva per altro il Sindaco nel suo intervento, ispi-
                     rarsi ad una vita ricca di insegnamenti. Capirete meglio il senso di queste frasi,
                     che potrebbero suonare come vuota retorica, se passo subito al primo punto e
                     cioè perché sia importante occuparsi di personaggi come Scarabelli. Parlo evi-
                     dentemente del geologo, da (aspirante) studioso di storia della geologia. Cosa

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                     dunque ha a che fare Scarabelli con la nostra vita di tutti i giorni: e non solo il
                     nostro Scarabelli, ma insieme a lui i tanti “Scarabelli” che l’Italia ha prodotto:
                     uomini dediti allo studio del territorio locale, capaci di raccogliere intorno alle
                     proprie proposte una città intera. Scarabelli ci propone un modello possibile di
                     sviluppo che l’Italia avrebbe potuto perseguire e che non ha voluto o potuto
                     realizzare. La prima parte del mio discorso riveste dunque una dimensione
                     politica, nel senso etimologico della parola. Parlo evidentemente da cittadino,
                     da abitante della polis: non sono un politico di professione, bensì uno studioso
                     che vive negli archivi. Anche se, mi affretto ad aggiungere, gli archivi permet-
                     tono a volte di leggere la realtà con una lucidità che chi vive solo e sempre nel
                     presente non ha. L’archivio e la biblioteca sono luoghi di distanza, e al tempo
                     stesso luoghi anche di riflessione sul presente. Sono luoghi in cui gli ingranaggi
                     più reconditi della macchina sociale o politica emergono con pienezza, tramite
                     lo studio di diari, corrispondenze, quaderni di appunti. Le tendenze di lungo
                     periodo emergono con il tempo, si impongono da sè, mentre chi riflette solo sul
                     presente si trova spesso ad attribuire motivazioni e influenze che sono in realtà
                     solo contigenti. Perché dunque è importante Scarabelli, per noi che viviamo
                     agli inizi di questo nuovo millennio? Pensavo proprio a lui qualche mese fa,
                     quando l’Italia è stato il primo paese al mondo a chiudere il Servizio Geologico
                     Nazionale, per poi ricostituirlo a ranghi ridotti, per così dire. In un paese che
                     paga ogni anno il tributo di decine di vite umane all’incuria colpevole di un ter-
                     ritorio dissestato e periodicamente “risanato” a colpi di condoni, ci si è presi il
                     lusso di ridurre al lumicino il Servizio Geologico. Ora, per l’appunto,
                     Scarabelli fu uno dei primi a occuparsi della carta geologica della sua regione e
                     del Paese. Era stato allievo di un altro personaggio straordinario, Leopoldo
                     Pilla, nato a Venafro, chiamato nel 1841 ad insegnare all’Università di Pisa dal
                                                           Granduca di Toscana, un sovrano illumi-
                                                           nato che credeva in uno sviluppo diverso
                                                           del paese, uno sviluppo fondato sulla cono-
                                                           scenza del territorio, su una conoscenza
                                                           che portasse ad azioni incisive per la dife-
                                                           sa dell’equilibrio naturale, per lo sfrutta-
                                                           mento durabile delle risorse. Non voglio
                                                           modernizzare troppo, nè esaltare oltremo-
                                                           do la figura del Granduca. Certo è che nel
                                                           suo diario si trovano cenni sistematici alla

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                     questione del risanamento della Maremma, allo studio della geologia della
                     Toscana. Pilla, il geologo in cui il Granduca ripose la sua fiducia, era un per-
                     sonaggio straordinario, un ipocondriaco di prima forza che ogni giorno faceva
                     un elenco di quante cose buone e cattive gli fossero accadute per poter redige-
                     re, alla fine della vita, una economia politica delle passioni umane. Era stato il
                     maestro di Scarabelli a Pisa, una città che gli era sembrata accogliente, e nella
                     quale si trovò presto isolato e contestato dai notabili che reggevano le sorti del-
                     l’ateneo pisano. Con Pilla, Scarabelli condivideva la passione patriottica. Pilla
                     morirà nel maggio del 1848 a Curtatone e Scarabelli (unico tra i geologi che
                     insegnavano o si erano formati a Pisa nei suoi anni giovanili) rimarrà molto
                     legato all’immagine del maestro. Oltre alla biografia, cosa unisce queste due
                     vite al nostro discorso? Pochi sanno che l’Italia è l’unico paese al mondo che ha
                     una carta geologica del tutto insoddisfacente. Nel 1976 Ardito Desio presenta-
                     va al Parlamento italiano la Carta Geologica d’Italia che era finalmente com-
                     pletata, lamentando che la scala scelta, 1/100.000, era insufficiente ai bisogni
                     operativi di una buona carta geologica. In ogni caso, aggiungeva, molti dei fogli
                     rilevati nella seconda metà dell’Ottocento non erano più in stampa, o presen-
                     tavano lacune e difetti molto gravi. La Carta era dunque completata, ma era
                     per lo più non disponibile nè utilizzabile. Il progetto era stato avviato nel 1861
                     da Quintino Sella; si era cercato a più riprese di avvicinare Scarabelli all’im-
                     presa, ma questi si era mostrato piuttosto riluttante. Si arrivò persino a nomi-
                     narlo d’ufficio nel Comitato Geologico che doveva assumere la responsabilità
                     scientifica della Carta Geologica d’Italia o quantomeno sorvegliarne i lavori.
                     Scarabelli scrisse una lettera indiginata di rifiuto, e se ne tenne fuori. In altre
                     lettere esprimeva dubbi e esitazioni. Non ci vedeva chiaro, non capiva se vera-
                     mente il Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, cui era affidato l’in-
                     carico, e il Governo (meglio i vari governi
                     che si succedevano a ritmi vertiginosi)
                     avessero veramente l’intenzione di portare
                     a termine il progetto. Scarabelli sapeva
                     bene di quante energie umane e di quali
                     risorse avesse bisogno il rilevamento di un
                     paese accidentato e per gran parte privo di
                     infrastrutture viarie e ferroviarie quale
                     era l’Italia dei primi decenni dell’Unità.
                     Era al corrente di quanto si faceva in

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                     Tavola n. 22 dall’opera originale del 1887.

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                     Inghilterra e in Francia, in Belgio e negli Stati tedeschi o negli Stati Uniti. In
                     Italia, non sembrava proprio esserci la volontà politica di avere una carta geo-
                     logica. Quanto meno, i mezzi in campo erano del tutto insufficienti. La stessa
                     tesi sosteneva quasi un secolo dopo, tra le righe, Ardito Desio, proponendo - e
                     con lui i suoi successori alla testa del Servizio Geologico - una radicale inver-
                     sione di rotta. Si proponeva dunque di dotare l’Italia di una moderna carta
                     geologica al 50.000. Si trattava - e si tratta - di un progetto molto innovativo, a
                     cui prendono parte molti docenti universitari estranei al Servizio Geologico,
                     mettendo così fine a decenni di ostilità tra geologi “statali” e universitari.
                     Inoltre, per la prima volta la geologia italiana si era aperta alle regioni, agli enti
                     pubblici e privati. In mancanza di una volontà politica nazionale, il risultato è
                     stato tuttavia deludente. Le regioni più virtuose hanno fatto il loro lavoro,
                     l’Emilia Romagna come sempre in testa, seguita dalla Toscana. Ma vi sono
                     regioni che hanno aperto il loro Ufficio Geologico solamente qualche anno fa, e
                     non hanno fatto assolutamente nulla di concreto. La difesa del territorio, che
                     si fonda sulla conoscenza della struttura geologica della nostra penisola, è un
                     compito che lo Stato italiano non ha mai creduto di dovere assolvere, con costi
                     economici e in vite umane assolutamente inaccettabili. È chiaro tuttavia che
                     una conoscenza approfondita della struttura di una regione o provincia costi-
                     tuirebbe un ostacolo grave alle speculazioni edilizie o agli insediamenti avven-
                     tati e spesso forieri di sciagure. In molte regioni, la carta geologica non la si
                     vuole in quanto dannosa ad interessi più o meno occulti. Non credo di esagera-
                     re quando dico che la situazione è molto grave, e non va certo migliorando. È
                     in questo contesto che la figura di Scarabelli assume un rilievo ed una attualità
                     davvero considerevoli. Comprendere il suo itinerario umano e scientifico signi-
                     fica ripercorrere aspetti poco noti e tuttavia cruciali della vita del nostro Paese.
                     Italo Calvino diceva che due strade erano aperte all’Italia, rifendosi all’epoca
                     di Galileo: divenire un paese di letterati, di poeti e avvocati, con tutto il rispet-
                     to per queste tre figure, o un paese di scienziati e di innovatori. La storia e scel-
                     te ben precise da parte dei poteri dell’epoca fece prendere la strada di un paese
                     di teologi, letterati e avvocati fortemente sospettosi verso la cultura tecnica e
                     scientifica. Calvino avrebbe potuto aggiungere, e sono convinto che avrebbe
                     accettato questa interpretazione, che a metà Ottocento si prospettò una nuova
                     biforcazione. Il Paese poteva scegliere se modernizzarsi o se optare per il man-
                     tenimento dei piccoli privilegi del piccolo mondo rurale e provinciale. Il con-
                     servatorismo dei ceti dominanti portò a rifiutare la sfida dell’innovazione tec-

                                                               23
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                     nologica, della scienza, della strutturazione dello Stato moderno anche attra-
                     verso l’istituzione di organi scientifici centrali. E torniamo ancora una volta
                     alla Carta Geologica: per tutto l’Ottocento, il rilevamento e la pubblicazione di
                     carte geologiche costituirono il primo episodio di quello che si chiama in gergo
                     l’avvento della big science, la “grande scienza”. Quando noi pensiamo alla
                     grande scienza pensiamo ai reattori nucleari, ai computers, all’aereonautica o
                     alle imprese spaziali. Nel corso del diciannovesimo secolo la prima grande
                     scienza fu la geologia. Nel 1880 il governo inglese spendeva diverse centinaia di
                     migliaia di sterline l’anno, una cifra davvero importante per l’epoca, equiva-
                     lente a diversi milioni di euro l’anno, solo per pubblicare la Carta Geologica
                     dell’Inghilterra. La Francia, la Prussia, persino l’India (ovviamente sotto il
                     dominio inglese) rilevarono le loro carte geologiche, ma non l’Italia. La stessa
                     leadership piemontese, che iniziò il progetto, non era affatto convinta che il
                     paese dovesse puntare sullo sviluppo tecnologico. Certo, non mancarono le
                     eccezioni, sia individuali (Quintino Sella, per l’appunto) o industriali, come ad
                     esempio lo straordinario svilupppo della elettromeccanica torinese e piemonte-
                     se in genere. Ma appunto di eccezioni si trattava. Nella testa di un genio della
                     politica come Cavour, e in parte di molti collaboratori dello stesso Sella, l’Italia
                     doveva rimanere un paese agricolo. In un sistema di libero scambio, il nostro
                     Paese vendeva prodotti agricoli e importava macchine. La rivoluzione indu-
                     striale andava tenuta fuori dai confini, o dal podere, perché produceva disastri
                     sociali, fenomeni pericolosi per l’ordine pubblico come il proliferare di ceti
                     proletari, facile preda di sovversivi e sindacalisti. Le scuole tecniche che Sella
                     aveva auspicato si affermano con estrema lentezza, come pure l’idea di una dif-
                     fusa educazione di base. La geologia stessa è vista da alcuni con sospetto. Il rile-
                     vamento del territorio potrebbe portare alla scoperta di risorse energetiche, o
                     minerarie, aprendo così la strada all’industralizzazione. Nei primi decenni del
                     Novecento, si inverte la rotta, per porre un freno alla dipendenza quasi totale
                     dell’Italia da fonti di energia di importazione, petrolio e carbone in primo
                     luogo. Ma si procedette ancora una volta a colpi di perforazioni selvagge, di
                     corse affannose all’annuncio spettacolare, per ripiegare poi su un colonialismo
                     straccione che decretò l’assenza totale di petrolio in Libia... Scarabelli credeva
                     invece che occorresse puntare sull’istruzione di massa, puntare sui diritti dei
                     cittadini come condizione per lo sviluppo, puntare sulla conoscenza del terri-
                     torio per trovare le risorse necessarie ad alimentare la crescita del Paese.
                     Ricordarlo e studiarlo non è atto di orgoglio cittadino o di pervicacia accade-

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                                          Ricostruzione di una capanna del villaggio dell’età del bronzo sul Monte del Castellaccio
                                                                                         eseguito da Giuseppe Scarabelli nel 1887.

                     mica, ma elemento, insieme ad altri, di riflessione su quanto si sarebbe dovuto
                     e potuto fare, su quanto occorre fare oggi.
                     La seconda parte di questo mio brevissimo intervento è una proposta concreta,
                     che si rivolge a voi tutti, all’amico Vai, ai suoi collaboratori. Con alcuni colle-
                     ghi, stiamo costruendo un sito Internet (www.histmap.net) sulla storia della
                     Geologia italiana nei suoi rapporti con lo Stato, una storia che, come abbiamo
                     visto, comincia nel 1860 e finisce nel 2003, quando lo Stato chiude il Servizio
                     Geologico nazionale. Si tratta di una storia straordinariamente complessa,
                     ricca di documenti spesso minacciati dall’incuria. L’interesse dell’impresa non
                     si limita tuttavia alla sola geologia. Si tratta infatti di esplorare alcuni aspetti
                     del rapporto tra scienza e Stato nell’Italia post-unitaria e contemporanea,
                     interrogarsi su quanto è accaduto o non è accaduto, esplorare soluzioni e pro-
                     porre vie d’uscita. L’Italia è oggi all’ultimo posto, nella classifica dei paesi svi-
                     luppati, per investimenti in ricerca e sviluppo. Per darvi un’idea, la Francia
                     stipendia 160.000 ricercatori, la Germania 260.000, l’Inghilterra 170.000,

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                     l’Italia solo 66.000, e sono in calo. La situazione è veramente molto grave.
                     Occuparsi di tali questioni significa occuparsi del rapporto tra scienza, tecno-
                     logia e società, di scelte politiche, di investimenti e di ritorni che la società si
                     deve attendere da questi investimenti. Nel grande progetto di sito Internet sulla
                     Carta Geologica d’Italia e sulle vicende che vi ho brevemente tratteggiato,
                     sarebbe giusto ed opportuno integrare anche la figura di Scarabelli. So che
                     alcuni colleghi di Imola hanno in progetto di realizzare un sito Internet su
                     Scarabelli. La sua corrispondenza, ad esempio, potrebbe essere messa in rete
                     solamente sotto formato immagine e catalogata con una breve indicazione del
                     valore e dell’interesse di questo o quel documento, possibilmente anche in
                     inglese. Le esperienze da me realizzate di siti Internet dedicati alla storia e alla
                     cultura scientifica (http://histsciences.univ-paris1.fr/) dimostrano che esiste un
                     pubblico potenziale dell’ordine di centinaia di migliaia di utenti l’anno. Non
                     credo che la figura di Scarabelli, le sue collezioni e il patrimonio documentario
                     conservato qui ad Imola faranno eccezione: Internet permetterà di valorizzare
                     il contributo del vostro concittadino alle scienze della terra dell’Ottocento, e di
                     farlo conoscere a livello globale.

                     SANTI: Ringraziamo il professor Pietro Corsi per questo suo intervento
                     approfondito, che porta anche a riflettere su certe situazioni che ci ha descrit-
                     to e passerei la parola al relatore Pier Luigi Dall’Aglio che è professore di
                     Topografia Antica al Dipartimento di Archeologia all’Università di Bologna ed
                     esperto di viabilità perchè mi sembrava proprio non ci fossero le premesse per
                     farlo arrivare.

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                     PIER LUIGI DALL’AGLIO: Le manifestazioni, tenutesi proprio qui a Imola
                     una decina di anni fa, mi esimono dal parlare in modo specifico dell’opera dello
                     Scarabelli e del suo ruolo all’interno della Paletnologia italiana. Vorrei limi-
                     tarmi ad alcune riflessioni di carattere generale che la lettura della pubblica-
                     zione degli scavi del Castellaccio e di altre analoghe relazioni di scavo dei palet-
                     nologi dell’Ottocento, comprese quelle di Gaetano Chierici, personaggio non
                     certo amato da Scarabelli, che con lui polemizzò duramente anche in seguito ad
                     un intervento non proprio corretto del paletnologo reggiano sullo scavo del
                     Castellaccio, suscitano in un archeologo che insegna all’Università, che, pur
                     occupandosi oggi di problemi territoriali, viene da una giovanile passione per
                     la preistoria e che ha sulle spalle ormai 35 anni di esperienza di scavo, una
                     esperienza maturata passando da scavi di preistoria a scavi di età romana e a
                     scavi medievali e lavorando sia in cantieri aperti per ricerca, e quindi senza
                     particolari esigenze di tempo, sia in cantieri di emergenza. Si tratta di rifles-
                     sioni che non vogliono avere nulla di intellettualistico nè tanto meno essere lega-

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                     te ad un’astratta filosofia dell’archeologia, ma che vengono da questa espe-
                     rienza maturata sul campo e da un attività didattica svolta a contatto con i gio-
                     vani sia nelle aule universitarie sia direttamente sullo scavo. La Paletnologia,
                     come è noto, nasce nell’Ottocento non come specializzazione dell’Archeologia
                     classica, ma da una costola della Geologia e i primi paletnologi sono tutti, salvo
                     alcune eccezioni come Luigi Pigorini, dei geologi. Dalla Geologia la neonata
                     Paletnologia deriva il proprio metodo di indagine basato su una rigorosa lettu-
                     ra stratigrafica ed una altrettanto rigorosa osservazione dei dati di scavo non
                     condizionata da idee preconcette. Si tratta, come si vede, di un approccio che
                     deriva strettamente dalla cultura scientifica del tempo e che è indubbiamente
                     favorito dal non avere per questo periodo della storia dell’uomo altre fonti, ma
                     solo i dati desumibili dallo scavo, per cui sono gli oggetti e i resti della vita e
                     delle attività quotidiane, con la loro giacitura stratigrafica e areale, i soli ele-
                     menti su cui ci si può basare per ricostruire la storia di un sito o di un territo-
                     rio. Lo scavo stratigrafico e la registrazione di tutti gli elementi che vengono
                     dallo scavo sono concetti che oggi appartengono a tutta l’Archeologia e che ven-
                     gono recepiti dai nostri giovani come dati di fatto, senza chiedersi se è sempre
                     stato così e quindi non considerando nè quanto dobbiamo a personaggi come,
                     appunto, Scarabelli, nè le difficoltà che questa impostazione metodologica ha
                     incontrato per entrare nella pratica comune dell’archeologia, difficoltà ben evi-
                     denziate dal fatto che ad un certo punto è sembrata quasi sparire pure all’in-
                     terno della Paletnologia: basta leggere le relazioni di scavo degli anni
                     Cinquanta del secolo scorso per rendersene conto. È indubbiamente merito del
                     dibattito che si è avuto sostanzialmente negli anni Settanta se sono stati recu-
                     perati i principi formulati dai nostri primi preistorici e se si è avuta una loro
                     applicazione a tutta l’Archeologia, da quella preistorica all’allora neonata
                                                           Archeologia medievale. Si è così arrivati ad
                                                           una sorta di rifondazione, politica e cultu-
                                                           rale, dell’Archeologia, dei suoi temi e dei
                                                           suoi metodi, una rifondazione che ha por-
                                                           tato a un diverso approccio allo scavo e a
                                                           un diverso modo di documentarlo. Il vec-
                                                           chio diario di scavo, quello su cui si sono
                                                           formati gli archeologici della mia genera-
                                                           zione, è stato messo in secondo piano e
                                                           sostituito come ruolo e importanza dalle

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                     schede di “unità stratigrafica”. Non è certo questa la sede in cui discutere l’im-
                     postazione e la struttura delle schede di US, quello che si vuole qui richiamare
                     è che queste schede dovevano garantire, secondo Andrea Carandini, la demo-
                     cratizzazione dello scavo e l’oggettività.
                     Tralasciando il discorso della democratizzazione dello scavo la cui evidente
                     assurdità era legata alla particolare temperie politica di quegli anni, resta il
                     concetto delle schede di US come strumento per una documentazione oggettiva
                     dello scavo, concetto che verrà rafforzato e ribadito dal diffondersi anche in
                     archeologia dell’informatica. La possibilità di avere delle schede da riversare
                     nel computer e di poter quindi disporre di un data-base che permettesse cor-
                     relazioni e consentisse di costruire automaticamente i rapporti tra le varie
                     unità stratigrafiche era visto come l’unico mezzo per una lettura oggettiva dello
                     scavo: l’informatica, attraverso le schede di US, permetteva finalmente di rea-
                     lizzare il sogno dell’archeologo, di un certo archeologo, di affrancarsi dall’in-
                     certezza e dall’indeterminatezza propria degli studi umanistici e diventare,
                     finalmente, uno “scienziato”. Da questa generale ubriacatura non ci siamo
                     ancora del tutto ripresi, anzi dopo un breve periodo di apparente “lucidità”, il
                     sempre maggiore diffondersi dell’informatica e il sempre più ampio uso di stru-
                     menti automatici per il rilievo, dalle stazioni totali al GPS ai programmi di rad-
                     drizzamento fotografico, ci ha fatto ricadere, o ha fatto ricadere una parte di
                     noi archeologi, in pieno in questo equivoco. Basta leggere alcune relazioni di
                     scavo o esaminare l’impostazione delle tesi di laurea che sono state discusse in
                     questi ultimi anni soprattutto nell’ambito della facoltà o dei corsi di laurea in
                     Conservazione dei Beni Culturali per accorgersi che molto spesso si confonde il
                     mezzo con il fine e si riduca l’Archeologia al corretto uso del mezzo informati-
                     co. Ci si dimentica così di quello che ci hanno insegnato proprio i grandi palet-
                     nologi dell’Ottocento, e cioè che
                     l’Archeologia è storia, che il fine dello
                     scavo è ricostruire la storia di quel sito e di
                     chi lì ha vissuto. Per fare questo è indi-
                     spensabile che lo scavo sia condotto in
                     modo corretto, con un criterio che non può
                     che essere rigorosamente stratigrafico, così
                     come è indispensabile raccogliere tutte le
                     informazioni possibili, ma poi è necessario
                     interpretare i dati, storicizzarli e questo è

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                     per forza un’operazione soggettiva, “umanistica”, che nessun computer può
                     fare. Pubblicare uno scavo non è quindi solamente descrizione, ma è soprat-
                     tutto interpretazione storica dei dati. Limitarsi a descrivere i dati senza inter-
                     pretarli significa fermarsi sulla soglia dell’Archeologia e questo avviene perché
                     si rimane legati, come si è detto, alle “operazioni tecniche”. È un errore, va
                     detto, in cui cadono anche diversi paletnologi ottocenteschi, i quali non riesco-
                     no ad andare al di la dell’impostazione descrittivo-classificatoria propria di un
                     certo Positivismo. Tra questi c’è anche Scarabelli, che, dopo aver presentato
                     tutti i dati raccolti durante i suoi scavi al Castellaccio, scrive di non essere in
                     grado di interpretarli storicamente, sostenendo di essere semplice osservatore
                     di fatti e poco che più paziente raccoglitore di oggetti e di ritenersi abbastan-
                     za soddisfatto, se, colla esposizione sincera dei primi e le figure dei secondi,
                     avrò somministrato, ..., nuova occasione per più accurate ricerche, studi e
                     discussioni (p. 94). Più che una dichiarazione di una reale incapacità si tratta
                     di una presa di posizione polemica nei confronti delle teorie pigoriniane sulle
                     terramare e a qualche conclusione, sia pure dettata più dalla polemica e volta
                     soprattutto a confutare quanto altri, in particolare il Chierici, avevano soste-
                     nuto, Scarabelli arriva, ma questo suo sostanziale non voler avanzare ipotesi e
                     limitarsi a presentare i dati di scavo e le relazioni stratigrafiche fa sì che il volu-
                     me sul Castellaccio risulti un’opera incompleta da un punto di vista archeolo-
                     gico. Scarabelli si attiene fino alla fine a quei principi che aveva enunciato all’i-
                     nizio e cioè di voler riferire i fatti diversi secondo la loro natura e rapporti
                     usando un metodo e un linguaggio alquanto geologico nella convinzione che la
                     Paletnogia sia più vicina alla geologia dell’archeologia e che dal non essere
                     stata sempre a sufficienza coltivata geologicamente siano derivate incertezze
                     ed oscurità (p. 6), ma questa sua coerenza lo fa essere alla fine più un bravo
                     tecnico di scavo che un vero archeologo. Lo scavo in sé non è infatti prerogati-
                     va esclusiva dell’archeologo, anzi è indubbio che un geologo, o meglio ancora
                     un pedologo, sono senz’altro in grado di scavare meglio di un archeologo per la
                     loro maggiore dimestichezza con i processi che portano alla formazione degli
                     strati. La prerogativa dell’archeologo è l’interpretazione storica dei dati di
                     scavo, è la capacità di inserire quanto emerso dallo scavo all’interno della cul-
                     tura, che non è solo cultura materiale e, quindi, non è solo tipologia, di quel
                     periodo e di quel territorio. Che poi questo riesca meglio attraverso un’osser-
                     vazione diretta dei dati di scavo e che l’archeologo debba saper scavare è un
                     dato di fatto che non sposta la questione, ma deve se mai spingere noi docenti

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                                                              31
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                     a formare degli archeologi completi, che
                     siano in grado di scavare, di documentare,
                     ma che siano soprattutto degli storici, che
                     sanno usare anche le altre fonti e che cono-
                     scono profondamente la cultura del mondo
                     antico e questo, purtroppo, non sempre
                     avviene, anzi la struttura scolastica nel suo
                     complesso, i nuovi corsi universitari e la
                     diffusa mentalità tecnicista ci porta sempre
                     di più verso un altro modo di essere.
                     Insistere sul fatto che l’archeologo deve essere uno storico e quindi deve avere
                     una solida formazione umanistica non significa tornare ad un’Archeologia inte-
                     sa essenzialmente come storia dell’arte o comunque rifiutare tutti quegli aspet-
                     ti che non fanno parte della sfera culturale con la “C” maiuscola. L’importanza
                     di utilizzare tutte le informazioni che si possono desumere dallo scavo è ormai
                     un’esigenza che è sempre ben presente a qualunque archeologo ed è una delle
                     acquisizioni metodologiche introdotte dalla New Archaeology negli anni
                     Settanta del secolo scorso. In realtà, a ben guardare, anche questa non è una
                     vera innovazione: basta leggere la relazione dello Scarabelli o quelle, ad esem-
                     pio, dei suoi “colleghi” che scavavano le terramare emiliane per rendersene
                     conto. In esse infatti troviamo pubblicate le analisi chimiche dei vari strati o i
                     risultati dello studio dei resti floro-faunistici recuperati. D’altro canto questo
                     atteggiamento dei paletnologi ottocenteschi è strettamente legato alla cultura
                     del tempo, meno settoriale, per certi aspetti, e specialistica di quanto non sia
                     oggi. Non è ad esempio un caso che nell’Ottocento vengano pubblicati dei dizio-
                     nari territoriali dove le singole località vengono caratterizzate sia per le loro
                     peculiarità naturalistiche che per quelle storiche e vi siano racconti di viaggio
                     che registrano anch’essi sia le une che le altre. È una compenetrazione di ele-
                     menti che avevamo indubbiamente perso e che solo in questi ultimi decenni è
                     stata recuperata a livello generale, soprattutto per quanto riguarda gli studi
                     territoriali. Così, ad esempio, tutti gli studi di storia locale hanno ormai quan-
                     to meno una premessa di carattere geografico: il problema è quello di riuscire
                     a saldare i due piani di lettura, quello fisiografico e quello storico, e arrivare
                     ad avere una ricostruzione complessiva della storia del territorio. Per fare que-
                     sto è necessario che il topografo antichista non lavori da solo, ma assieme ai
                     geografi fisici, così come faceva già negli anni Cinquanta Nereo Alfieri, l’inizia-

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                     tore della scuola bolognese di Topografia Antica. Allora lui lavorava con Mario
                     Ortolani, grande geografo di estrazione umanista e docente dell’Ateneo bolo-
                     gnese; oggi i geografi umanisti hanno preso altre strade e i referenti sono diven-
                     tati i geomorfologi e i geologi del Quaternario. È un dialogo estremamente
                     costruttivo, perchè consente di cogliere appieno il modificarsi del rapporto tra
                     uomo e ambiente e quindi di ricostruire i meccanismi che hanno governato
                     l’evoluzione del paesaggio. La saldatura tra storia e geografia permette così non
                     solo di comprendere meglio la storia, sia antropica che fisica, di un territorio,
                     ma fornisce anche gli strumenti indispensabili per una sua corretta gestione.
                     Questo, però, è il risultato di una collaborazione paritaria, che vede lavorare
                     gomito a gomito topografo antichista e geomorfologo e all’interno della quale
                     ciascuno porta la sua specificità culturale e il suo sapere e questo deve avveni-
                     re anche all’interno dell’Archeologia, evitando derive tecnicistiche che portino
                     ad un archeologo che sia solo un tecnico dello scavo e dell’informatica applica-
                     ta allo scavo o ad un geoarcheologo che ritenga che fare archeologia significhi
                     ricostruire in modo puntuale i processi di formazione dei vari strati o dei diver-
                     si suoli. In questo senso la lettura di relazioni di scavo come quella di Scarabelli

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                     o degli altri paletnologi del tempo, compresa quella che Gaetano Chierici fa di
                     un suo scavo di età romana, quello della necropoli di Coenzo, per il quale dà
                     una puntuale descrizione dei vari livelli alluvionali che hanno ricoperto l’anti-
                     co piano di campagna e degli effetti che queste ondate di piena hanno avuto sul-
                     l’inclinazione delle epigrafi, sono metodologicamente basilari, perché ci inse-
                     gnano l’importanza di un’attenta osservazione della realtà, non condizionata
                     da teorie preconcette, e di una raccolta complessiva e multidisciplinare dei
                     dati, ma poi l’archeologo deve compiere quel passo che Scarabelli si rifiuta di
                     fare e cioè interpretare storicamente quei dati. È dunque importante che i gio-
                     vani archeologi leggano queste opere in modo che si rendano conto che fare
                     Archeologia significa prima di tutto capire e questo il computer non lo può fare,
                     può aiutarci, ma capire è compito nostro.

                     SANTI: Ringraziamo il professor Pier Luigi Dall’Aglio per il suo intervento.
                     Passerei a questo punto la parola al relatore Gian Battista Vai che è professo-
                     re di Geologia Stratigrafica qui alla nostra Università di Bologna ed è direttore
                     del Museo di Geologia e Paleontologia “Giovanni Cappellini” di Bologna.
                     Professore, a lei la parola.

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                     GIAN BATTISTA VAI: Grazie al presidente Santi per la felice dizione “nostra
                     Università di Bologna”. Anche Imola infatti sta costituendo strutture universi-
                     tarie proprie nell’ambito della costellazione universitaria romagnola gemmata
                     da Bologna. Amici imolesi, dalla vostra corale partecipazione ho l’impressione
                     che abbiamo iniziato bene e che le Celebrazioni Scarabelliane siano ormai lan-
                     ciate. Gli indirizzi del presidente della Fondazione e del sindaco di Imola non
                     sono stati protocollari nè generici convenevoli, ma sono entrati immediatamen-
                     te nel vivo secondando l’intento che le Celebrazione Scarabelliane siano tutto
                     fuorché vuota e trionfalistica agiografia. Vogliamo riconsiderare il passato per
                     valutare il presente e progettare il futuro, secondo quanto insegna un principio
                     della geologia. L’amico professor Corsi ha dato le linee del quadro in cui dob-
                     biamo operare. Questa non è una rievocazione provinciale, nel senso riduttivo
                     del termine, perché le province e la loro varietà sono i volti preziosi e sfaccet-
                     tati dell’Europa, sono sempre stati al centro della nostra multiforme storia.
                     Anche questa nostra operazione avrà un risultato solo se si inserirà in un’otti-

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                     ca europea, come Scarabelli seppe inserire ogni sua attività in quell’ottica. È
                     stato rilevante anche quanto ha detto il professor Dall’Aglio, che mi serve per
                     condensare in una frase il primo punto a cui voglio accennare: l’Archeologia
                     scientifica italiana nasce a Imola con Scarabelli, non dimenticandoci che que-
                     sta affermazione vale nel senso che Scarabelli l’ha iniziata in termini interdi-
                     sciplinari. Scarabelli non era un archeologo ma ha inventato l’archeologia ita-
                     liana partendo dalla sua professionalità di geologo e coniando poi un nuovo ter-
                     mine, Archeologia Geologica, per una disciplina che ora va rifiorendo. Poi le
                     strade di Geologia e Archeologia si sono separate e ci siamo dimenticati tutti di
                     Scarabelli e della sua lezione archeo-geologica a cominciare dagli imolesi e, peg-
                     gio ancora, da noi accademici, i miei predecessori e noi stessi, mentre le due
                     discipline andavano ciascuna per la sua strada. Quando come geologi e archeo-
                     logi abbiamo ripreso a cooperare, Scarabelli è stato riscoperto per merito di
                     Stefano Marabini nel 1986, in maniera subitanea e contagiosa per vari altri. E
                     così per merito suo è avvenuta una piccola rivoluzione culturale che ha ripor-
                     tato Scarabelli al centro della scena nazionale e europea. Oltre alla nascita
                     della Archeologia scientifica in Italia ad opera di Scarabelli, toccherò anche un
                     altro punto, il Centenario. Ma prima consentitemi di accennare al triangolo
                     Scarabelli-Mortillet-Capellini. Mortillet è citato anche nella pagina centrale
                     della locandina di questa serata in quanto fu uno dei destinatari del bel libro
                     che presentiamo. Ne vennero stampate 200 copie, 100 per il mercato librario,
                     e 100 per Scarabelli che ne faceva oggetto di dono e di scambio. Lo scambio in
                     natura di libri e altre pubblicazioni era, ed è stato fino all’avvento di Internet,
                     uno strumento fondamentale nello sviluppo della scienza con la distribuzione
                     delle opere scientifiche, e nella costituzione delle grandi biblioteche. Uno dei
                     percettori del libro sul Castellaccio fu proprio Gabriel de Mortillet, un cultore
                                                            di archeologia, paleontologia e antropolo-
                                                            gia, con cui Scarabelli era in rapporto. Ma
                                                            oltre che con Scarabelli, Gabriel de
                                                            Mortillet fu in collaborazione con
                                                            Capellini, mostro sacro dell’organizzazio-
                                                            ne della scienza e della storia della scienza
                                                            in Europa e nel mondo, Rettore
                                                            dell’Università di Bologna per tre mandati
                                                            non consecutivi nella seconda metà
                                                            dell’Ottocento, colui che ha dato il volto

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