COPAGRI PORTA AL VINITALY ECCELLENZE DEL TERRITORIO - Agricolae

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COPAGRI PORTA AL VINITALY ECCELLENZE DEL TERRITORIO - Agricolae
COPAGRI PORTA AL VINITALY
ECCELLENZE DEL TERRITORIO
Nuovo format per la Confederazione Copagri che porterà sotto i
riflettori del Vinitaly le cantine associate alla presenza
delle istituzioni regionali, del critico enograstonomico
Edoardo Raspelli e del Presidente Nazionale Franco Verrascina.

Oltre 70 infatti le aziende della Copagri che parteciperanno
al più importante Salone internazionale del vino e dei
distillati, in programma dal 15 al 18 aprile nel polo di
Veronafiere. La confederazione proporrà un nuovo format per
far incontrare i buyer, le aziende e le istituzioni
all’interno degli spazi espositivi delle regioni di
appartenenza delle cantine dove in un momento conviviale si
potrà assaggiare, discutere, confrontarsi su tutto l’universo
vino alla presenza dei principali attori interessati.

Si inizia alla domenica 15 aprile 2018, subito dopo la
inaugurazione della Fiera, nel polo convegnistico della
regione Puglia, ove alla presenze del coordinatore degli
assessori regionali Leo Di Gioia, del Governatore Emiliano,
sotto la moderazione di Michele Peragine, si presenteranno le
eccellenze dei vini pugliesi associati alla Confederazione.

A seguire, ore 16.00, presso la sala polivalente della regione
Lombardia, il Presidente Attilio Fontana ed il neo eletto
Assessore all’Agricoltura regionale Fabio Rolfi presiederanno
la presentazione delle eccellenze Lombarde, moderate dal
vicedirettore TG5 Giuseppe De Filippi e dal Critico
enogastronomico Edoardo Raspelli.

A tutte le animazioni organizzate nella giornata di domenica
resterà presente il Presidente Nazionale Franco Verrascina che
presidierà portando i saluti di casa.

Molti altre presentazioni nell’arco della settimana vedranno
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protagoniste aziende laziali, cantine venete, produttori
marchigiani e toscani, viticoltori siculi, tutte in costante
relazione con le istituzioni, tutte rigorosamente associate
alla confederazione Copagri

LOMBARDIA.LATTE, ROLFI:PRESTO
UN   TAVOLO   REGIONALE   PER
AFFRONTARE PROBLEMI SETTORE
Il latte lombardo deve essere

valorizzato come merita. Nelle prossime settimane convocheremo

un tavolo regionale per affrontare con le parti tutti i
problemi

che vengono riscontrati”.

Lo ha detto Fabio Rolfi, assessore all’Agricoltura,

Alimentazione e Sistemi verdi della Regione Lombardia.

“Vogliamo che il quadro di regole sia chiaro e oggettivo – ha

continuato l’assessore – e soprattutto che le normative
vengano

rispettate da tutti; intendiamo inoltre puntare in maniera

decisa su una migliore promozione del prodotto finito anche

attraverso il coinvolgimento della grande distribuzione.

Assicurare la qualita’ del cibo e il giusto prezzo e’ garanzia
sia
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per il lavoro di tutta la filiera che per il consumatore”.

“La Regione Lombardia – ha assicurato l’assessore Rolfi –

continuera’   a   essere   interlocutore   privilegiato   per   i
produttori

lombardi e si fara’ portavoce presso il ministero affinche’ le

loro istanze vengano affrontate a livello nazionale”.

“Ci auguriamo – ha concluso l’assessore regionale – che il

futuro governo abbia su questo tema una sensibilita’ diversa

rispetto agli esecutivi che si sono susseguiti negli ultimi

anni”.

CIA AL VINITALY 2018                                      CON
TANTE      INIZIATIVE                                       E
DEGUSTAZIONI
Anche quest’anno Cia-Agricoltori Italiani è al Vinitaly, il
più importante Salone internazionale del vino e dei
distillati, in programma dal 15 al 18 aprile nel polo di
Veronafiere. Nei 120 metri quadrati dello spazio confederale
(stand D2) all’interno del Padiglione 10, tante degustazioni
ed eventi dedicati al settore, e non solo, insieme alle
imprese associate. Ventidue aziende vitivinicole d’eccellenza
provenienti da Veneto, Sicilia, Umbria, Piemonte, Campania,
Toscana e Marche si alterneranno negli spazi espositivi per
raccontare ogni giorno una storia e un territorio.
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Molte le iniziative organizzate da Cia nel suo stand: si parte
domenica 15 aprile, alle ore 16, con un incontro sulla
viticoltura eroica; per poi proseguire lunedì 16 aprile, alle
ore 10, con l’appuntamento dedicato all’agricoltura sociale e
la degustazione guidata di vini solidali promosso insieme al
Forum Nazionale dell’Agricoltura Sociale. Martedì 17 aprile,
invece, toccherà alle Declinazioni di Nebiolo a cura di Cia
Cuneo. Spazio anche alla performance musicale Violino di-vino,
alle ore 12:30 sia domenica 15 che martedì 17 aprile.

Tanti gli eventi anche fuori dallo stand Cia. Lunedì 16
aprile, alle ore 11 nell’area Talk Show dello spazio Mipaaf,
si terrà la tavola rotonda “Investire nel vino. Strategie,
prospettive e opportunità” organizzata in maniera congiunta
dalla Filiera del Vino. Dopo i saluti del viceministro Andrea
Olivero, interverranno il presidente di Cia Dino Scanavino; il
presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti; la
coordinatrice del settore vino dell’Alleanza cooperative
agroalimentari Ruenza Santandrea; il presidente di UIV-Unione
Italiana Vini Ernesto Abbona; il presidente di Federvini
Sandro Boscaini; il presidente di Federdoc Riccardo Ricci
Curbastro; il presidente di Assoenologi Riccardo Cotarella.

Immancabili le degustazioni, non solo di vino, nel Padiglione
Sol&Agrifood. Martedì 17 aprile, nello spazio Agorà alle ore
11:45, ci sarà la degustazione con i buyer esteri dell’Agenzia
ICE delle migliori birre artigianali selezionate da Cia. Lo
stesso giorno, nella Sala Mantegna alle ore 16, la
degustazione degli olii extravergine d’oliva promossi con il
Cno-Consorzio nazionale olivicoltori.

Mercoledì 18 aprile, alle ore 12:30 alla Galleria dei Signori
(Padiglione 11/12), il presidente Cia Dino Scanavino
parteciperà al dibattito “Visioni future: i wine makers e i
mercati mondiali” organizzato dal quotidiano la Repubblica.
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COLDIRETTI ATTACCA DI GIOIA,
LO AVEVA GIA FATTO CON LA
CASELLI. IL CASO “DE CASTRO”
SI RIPETE
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, quello della Coldiretti all’amministrazione della regione
Puglia, partita a Foggia, tornata a Roma per poi ritornare a
Bari. Una serie di proteste da parte di Palazzo Rospigliosi
che hanno portato addirittura alle dimissioni in blocco
dell’organizzazione da tutti i GAL. Dimissioni a vario titolo
da tutti i consigli di amministrazione dei Gruppi di azione
locale pugliesi dovute a una dura posizione nei confronti
dell’assessorato regionale dell’agricoltura di Leonardo Di
Gioia sulla questione dei fondi PSR. “E’ necessario che la
regione Puglia si svegli e che l’assessorato all’Agricoltura
regionale esca fuori dal pantano Psr mettendo mani alle
istruttorie delle domande sulla misura degli investimenti
4.1”, aveva affermato qualche giorno fa, in una nota, il
presidente Gianni Cantele riferendosi al ricorso e la
conseguente sentenza del Tar “che non possono diventare
l’alibi per tenere congelata l’istruttoria delle domande che
consentirebbe di capire quali progetti sono realmente
finanziabili. Evitando che gli agricoltori si sobbarchino di
costi esosi relativi alla documentazione di bancabilità,
cantierabilità, rilascio permessi, etc etc”.

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in una nota, “non può lasciare che 4mila giovani restino
disoccupati perché esclusi dal piano di sviluppo rurale”.

Diversa la posizione di Agrinsieme Puglia (costituita da Cia,
Confagricoltura, Copagri, Legacoop, Confcooperative e Agci)
che parla invece di una posizione “condivisa” sui PSR,
specificando che “il PSR è stato oggetto di una serie di
riunioni propedeutiche all’approvazione che hanno coinvolto
tutto il partenariato e che, tra l’altro, hanno visto la firma
di tutte le OO.PP.AA su un documento strategico che riportava
anche la ripartizione delle risorse fra le misure: la nostra
ristretta memoria ricorda anche l’apposizione di una firma da
parte di Coldiretti”.

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sere solo la punta dell’iceberg. Infatti, da quanto apprende
AGRICOLAE, sembrerebbe che l’assessore della regione Puglia
sia sempre stato poco gradito dall’organizzazione di Palazzo
Rospigliosi in quanto – sempre da quanto si apprende – avrebbe
preferito declinare incontri bilaterali con Palazzo
Rospigliosi per evitare comportamenti che sarebbero potuti
apparire politicamente scorretti nei confronti degli altri
attori di filiera.

Infatti, ora che non c’è più il passaggio ‘Martina’ dopo le
sue dimissioni per assumere il ruolo di reggente segretario
del Pd, la Conferenza Stato Regioni, di cui Di Gioia è il
coordinatore nazionale, rischia di diventare un passaggio
importante.

Lo dimostrano gli ultimi eventi: Ocm vino ma soprattutto il
Sistema Allevatoriale sono solo due esempi di scuola su come
il ministero abbia ‘forzato’ l’iter rimandando tutto a Palazzo
Chigi senza l’ok della Conferenza.

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a Romagna Simona Caselli. In attesa che il governatore Stefano
Bonaccini si decidesse di sostituirla. E se vengono diffuse
alcune informazioni secondo cui Bonaccini avrebbe dato il suo
placet a un eventuale sostituzione del suo membro di giunta
(poco veritiere) Emiliano dal canto suo difende senza se e
senza ma Di Gioia.

In sostanza, Coldiretti (come fece a luglio 2017 sfiduciando a
Bologna Paolo De Castro ministro) sembra aver dichiarato
guerra agli assessori di due regioni fondamentali per il
settore. Rimanendo in attesa che vengano sostituiti. Così come
accadde con De Castro dopo la dura manifestazione di Bologna.

Nel frattempo Michele Emiliano si difende attaccando a sua
volta la Coldiretti spiegando che “questo è il PSR costruito
con la Coldiretti, la Confagricoltura e la Cia nella passata
amministrazione. Ora alla Coldiretti non piace più il suo PSR
e vorrebbe cambiare le carte in tavola”.
VINO, NOMISMA: EXPORT ITALIA
+69% IN VALORE IN DIECI ANNI
A dieci anni dall’ultima edizione, il libro “Wine Marketing
(edizione 2018)- Scenari, mercati internazionali e
competitività del vino italiano” a cura di Nomisma Wine
Monitor e con il supporto di Business Strategies presentato
oggi presso l’Accademia dei Georgofili a Firenze ha fatto il
punto sull’export di vino italiano con un focus su quello
della Toscana. Strumento utile agli operatori della filiera
vitivinicola per comprendere le dinamiche e le tendenze dei
mercati del vino, Wine Marketing unisce l’esperienza e la
professionalità del team di analisti di Nomisma Wine Monitor
alla visione strategica di imprenditori/top manager del vino
italiano: Lamberto Frescobaldi (Marchesi Frescobaldi), Matteo
Lunelli (Gruppo Lunelli), Ettore Nicoletto (Santa Margherita
Gruppo Vinicolo).

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La premiumization dei consumi, le incognite dell’effetto
Brexit, i cambiamenti nella gestione dei monopoli canadesi, le
performance dei vini rosé negli Stati Uniti, il nuovo
approccio alla sostenibilità del Systembolaget svedese, sono
solo alcune delle informazioni strategiche contenute
nell’edizione 2018 di Wine Marketing, la pubblicazione di
Nomisma Wine Monitor su scenari, mercati internazionali e
competitività del vino italiano presentato oggi a Firenze
presso l’Accademia dei Georgofili.

Uno strumento utile per gli operatori del settore nella
comprensione delle dinamiche e delle tendenze di un mercato in
continua evoluzione e che ha visto crescere il nostro export
del 69% nell’ultimo decennio. Una performance di tutto
rispetto, superiore a quanto messo a segno dai vini francesi
nello stesso periodo (+33%) ma meno di quelli neozelandesi
(+160%).

Rispetto alla seconda edizione, pubblicata nel 2008, Wine
Marketing 2018 si arricchisce della “vision” sul futuro del
vino italiano di 3 top player: Lamberto Frescobaldi (Marchesi
Frescobaldi), Matteo Lunelli (Gruppo Lunelli), Ettore
Nicoletto (Santa Margherita Gruppo Vinicolo).

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La presentazione del libro, moderata da Silvana Ballotta, è
stata anche l’occasione per un focus sul mercato dei vini
toscani, grazie alla presenza di Donatella Cinelli Colombini,
Guido Folonari, Lamberto Frescobaldi e Sergio Zingarelli.

Nel corso degli ultimi dieci anni – vale a dire dalla
precedente edizione del libro – il vino italiano è stato
protagonista di importanti cambiamenti e conquiste. Tra
queste, la riduzione dell’export di vino sfuso (-15% a volumi)
nonché la crescita dei consumi di spumanti nel mondo e la
contestuale esplosione     delle   esportazioni   italiane,   in
particolare di Prosecco.

“Grazie ad una crescita del 240%, oggi l’Italia contribuisce
al 23% di tutto l’export mondiale in valore degli spumanti,
contro un peso di appena il 10% detenuto nel 2007. Ovviamente
il nostro ruolo diventa quello di leader nel caso dei volumi
esportati, arrivando a pesare per il 43% del totale, contro il
21% degli spumanti francesi e spagnoli” ha evidenziato Denis
Pantini, responsabile Nomisma Wine Monitor e curatore del
volume. Dall’altro lato, i vini rossi fermi, che continuano a
rappresentare l’architrave del nostro export con un’incidenza
del 40%, non sono riusciti ad eguagliare tali performance,
fermandosi ad un +56%.

Rispetto a questo trend, anche i vini rossi Dop della Toscana
(che rappresentano quasi il 60% dell’export vinicolo
regionale) sembrano aver segnato il passo, crescendo nel
decennio di un +52%, contro una progressione nell’export degli
altri vini (rossi Igp, bianchi, rosè e spumanti) vicina al
100%.

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Oggi il 56% dell’export di vini toscani è concentrato in
appena tre mercati: Usa, Germania e Canada, anche se nei
prossimi anni il consumo di vini rossi dovrebbe soprattutto
aumentare – oltre che negli Stati Uniti – in Russia e Cina,
mercati dove attualmente finisce appena il 4% del vino
regionale venduto all’estero.

“Le forti potenzialità di crescita per il mercato cinese
derivano da consumi di vino ancora ridotti e soprattutto
concentrati solo in alcune fasce della popolazione, con
maggiori capacità di spesa e risiedenti nelle aree urbane
delle città più popolose” ha dichiarato Silvana Ballotta, CEO
di Business Strategies. Nei prossimi cinque anni infatti,
secondo le previsioni del Fondo Monetario Internazionale, il
reddito medio pro-capite in Cina dovrebbe aumentare del 50%,
con più di 6 cinesi su 10 concentrati nelle aree urbane. “Ed è
proprio alla luce di questi fattori di scenario che ci hanno
convinto una volta di più – nell’obiettivo di supportare le
imprese italiane del vino a cogliere tali opportunità – ad
essere presenti direttamente su questo mercato con una nostra
Wine Academy”, ha concluso Ballotta.
ZUCCHERO: VENETO IN DIFESA
FILIERA MADE IN ITALY, PATTO
EUROPEO     ED     ETICHETTE
TRICOLORI
Un ‘patto’ in difesa dello zucchero italiano, messo sotto
scacco dalla liberalizzazione del mercato e dall’ormai
prossima conclusione del ciclo dei finanziamenti comunitari: è
quanto chiedono le organizzazioni dei produttori, in prima
fila la Coprob, la cooperativa dei produttori bieticoli che
detiene il marchio “Italia Zuccheri” e che gestisce i due
stabilimenti leader del settore: lo zuccherificio di
Pontelongo (Padova) e quello di Minerbio (Bologna).

“Non basta fare ‘catenaccio’ tra Regioni e associazioni dei
produttori – ha rilanciato l’assessore all’agricoltura del
Veneto Giuseppe Pan, incontrando oggi a Padova il presidente
di Coprob, Claudio Gallerani, e i rappresentanti del settore
bieticolo – Di fronte alla forte concorrenza dei produttori
francesi, tedeschi e olandesi, e alla prossima scadenza del
2020, quando finiranno anche i sussidi europei per le
barbabietole e l’industria saccarifera, le istituzioni
italiane devono fare squadra. Il nuovo Parlamento, il futuro
governo e i nostri rappresentanti in Europa hanno il compito
di difendere una delle ultime filiere ‘made in Italy’ rimasta
ancora interamente nazionale, e i relativi posti di lavoro. In
attesa che si costituisca il governo, e di poter avere quindi
un interlocutore per le politiche agricole nazionali, nei
prossimi giorni, in accordo con la collega dell’Emilia-Romagna
Simona Caselli – ha promesso Pan – coinvolgerò il
vicepresidente       della     commissione       Agricoltura
dell’europarlamento, l’onorevole Paolo de Castro, e gli
europarlamentari del Nordest, perché Bruxelles affronti gli
squilibri creati dalla liberalizzazione del mercato e provveda
a valorizzare la qualità e la competitività di filiera
agroindustriali ‘sane’, che rappresentano un valore aggiunto
non solo per il primario e la sicurezza alimentare, ma anche
per l’ambiente. Lo zucchero italiano, che solo in Veneto ha un
valore di produzione pari a 32 milioni di euro, è presidio
indispensabile della qualità alimentare del ‘made in Italy’, a
cui non intendiamo rinunciare”.

#####

Dal canto suo, la Regione Veneto – ha ricordato l’assessore –
ha già impegnato parte dei fondi del proprio Programma di
sviluppo rurale 2014-2020 per sostenere la bieticoltura: da
quest’anno, infatti è attivo un bando che finanzia sino a 200
euro a ettaro le superfici coltivate a barbabietola da
zucchero. “E’ una misura a duplice valenza – sottolinea Pan –
perché promuove una coltura indispensabile per la filiera
saccarifera e, al tempo stesso, aiuta a mantenere la
produttività dei suoli e a prevenire         l’insorgere   di
problematiche fitosanitarie”.

“Si tratta di un preciso segnale che la Regione ha inteso dare
ai produttori agricoli per promuovere l’antica e radicata
tradizione nella coltivazione della barbabietola da zucchero,
che purtroppo nell’ultimo decennio ha perso quasi il 70 per
cento della superficie dedicata, e sostenere così il bacino
bieticolo che afferisce a Pontelongo aiutando la filiera
‘corta’, con benefiche ricadute per la sostenibilità
ambientale e la redditività del settore”.

Lo stabilimento di Pontelongo, fondato nel 1910, rappresenta
oggi il primo zuccherificio nazionale per storia, il secondo
dopo Minerbio (Bologna) per numero addetti e volume di
produzione con circa 140.000 tonnellate di zucchero prodotte
ogni anno. Vi afferiscono circa 2 mila aziende bieticole a
nord del Po, dal basso Polesine al Veneto Orientale. Impiega
un centinaio di dipendenti stabili e oltre 130 stagionali
durante la stagione saccarifera. Gli investimenti industriali
realizzati dal 2010 ad oggi hanno consentito migliorìe
energetiche tali da risparmiare 20 mila tonnellate di
petrolio.

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“La produzione bieticola è un primato del Veneto – ha ribadito
l’assessore – che la Regione intende salvaguardare e
promuovere, anche favorendo accordi con la grande
distribuzione, in modo di aiutare i consumatori a fare la
spesa in modo consapevole e informato. Lo zuccherificio di
Pontelongo è una delle prime industrie agroalimentari del
Veneto e una risorsa nazionale. L’amara vicenda del latte
italiano fa scuola: non permetteremo che la storia si ripeta e
che lo zucchero veneto ed emiliano sia vittima delle
distorsioni create dalle speculazioni dei mercati
internazionali”.

AGRICOLTURA,    PERMESSI  DI
CIRCOLAZIONE: APIMA VERONA
CONTRO LA PROVINCIA PRONTI A
ESPOSTO IN PROCURA
“Stiamo      valutando
                                      l’ipotesi di inoltrare
                                      un esposto alla Procura
                                      della     Repubblica,
                                      perché     le   nostre
                                      imprese non stanno
                                      ottenendo i permessi di
                                      circolazione     dalla
                                      Provincia di Verona.
                                      Con    una    campagna
primaverile ormai iniziata, il rischio è di danneggiare
seriamente l’agricoltura”. Lo ha detto sabato sera Gianni
Dalla Bernardina, durante la sua relazione alla 73ª assemblea
annuale di Apima Verona, l’associazione provinciale delle
imprese agromeccaniche e agricole.

Non è esclusa dunque una battaglia a colpi di carte bollate
fra l’Apima di Verona, 300 aziende che gestiscono oltre 50mila
ettari di superficie agricola, e l’Amministrazione
provinciale, su una questione di vitale importanza non solo
per i contoterzisti, ma anche per l’agricoltura e
l’agroalimentare. “Comprendiamo eventuali disagi della
Provincia, dovuti alla mancanza di risorse – ha affermato
Dalla Bernardina – ma non è possibile che le imprese
agromeccaniche non possano far circolare i loro mezzi, perché
c’è una paralisi nell’autorizzazione dei permessi”.

La preoccupazione è soprattutto per la fase di raccolta dei
cereali, affidata per il 98% delle superfici agli
agromeccanici, ma anche le fasi preliminari rischiano di
essere compromesse. Su questo anche il presidente di
Coldiretti Verona, Claudio Valente, ha annunciato il sostegno
della propria categoria, riconoscendo il ruolo dei servizi in
un’agricoltura che cambia e che “sempre più deve valorizzare
la territorialità, la specialità e la distintività di prodotti
della filiera agricola italiana”.

La meccanizzazione agricola in Italia, ha ricordato infatti
dalla Bernardina, sta crescendo e sta accompagnando
l’evoluzione del settore primario, dalle nuove colture alla
multifunzionalità degli indirizzi agricoli, dall’avvento
dell’agricoltura di precisione, di cui gli agromeccanici sono
i portabandiera, fino alle certificazioni che – grazie al
comparto agromeccanico – possono garantire ai consumatori
finali la sostenibilità dei procedimenti e dei prodotti.

“A Verona – ha rimarcato Dalla Bernardina – partiremo con una
sperimentazione nelle aziende che allevano bovini da carne,
assistendo gli imprenditori nella fase della distribuzione
della razione alimentare, consentendo di ridurre le spese di
gestione, ma anche quelle veterinarie, come è stato dimostrato
dagli studi effettuati nelle stalle olandesi, che per primi
hanno sposato questa nuova formula di servizio”.

Per il mondo del contoterzismo, sempre più evoluto verso le
nuove sfide, si apre una fase da protagonisti della filiera,
come ha riconosciuto il presidente di Veronafiere, Maurizio
Danese. “Siete stati determinanti nel successo dell’ultima
edizione di Fieragricola, grazie anche ai convegni che avete
organizzato – ha esordito Danese -. Veronafiere è disponibile
ad accompagnare la vostra parabola di crescita all’insegna
dell’innovazione, per favorire la competitività           e   la
modernizzazione delle tecnologie nel settore primario”.

Tecnologie che, sempre di più, sostengono la redditività e
riducono i costi delle imprese agricole, come ha affermato
Paolo Ferrarese, presidente di Confagricoltura Verona. E sono
anche questi i fattori che hanno portato la meccanizzazione
agricola a crescere fino a 18mila imprese su scala nazionale,
con un volume di affari di 3,7 miliardi di euro e una
superficie agricola complessivamente lavorata pari a 6,4
milioni di ettari.

Un’affermazione numerica che oggi può contare anche sulla
forza di una riunificazione sindacale che ha visto, dopo 13
anni di divisione fra Unima e Confai, la nascita di Cai, la
Confederazione degli Agromeccanici e Agricoltori Italiani, di
cui Gianni Dalla Bernardina è presidente.

“È stato un passaggio molto significativo per il settore, che
ha davanti a sé il traguardo del riconoscimento della figura
dell’imprenditore agricolo professionale all’interno del
sistema agricolo – ha dichiarato Dalla Bernardina -. Riteniamo
che in questo percorso anche l’alleanza sottoscritta da Cai e
Coldiretti lo scorso 20 ottobre a livello nazionale sia
decisiva per alimentare la collaborazione all’interno della
filiera e garantire lo sviluppo di una nuova agricoltura, più
attenta alle esigenze dei consumatori”.

Un dinamismo della categoria che porterà ad avere l’assemblea
annuale del Ceettar, il sindacato degli imprenditori
agromeccanici europei, in Veneto il prossimo giugno, al quale
seguiranno gli incontri assembleari di Cai e di Cai Giovani.

Il rapporto fra agricoltori e agromeccanici si sta
intensificando, anche per il fatto che ormai sono solo questi
ultimi gli imprenditori che più investono nei mezzi agricoli,
assumendosi un rischio di impresa dai contorni sempre più
incerti. “Sono 40 anni che inseguo il sogno di un’alleanza per
la crescita dell’agricoltura – ha detto il vicepresidente di
Cai, Sandro Cappellini – e vedo che la collaborazione è sempre
maggiore”.

Una collaborazione tutta all’insegna dell’innovazione. “E non
parliamo solo di precision farming, di analisi dei big data,
di tecnologie, ma anche di nuove attività, di orientamenti
colturali magari fino a qualche anno fa impensabili, che
trascinano tutta la filiera e che generano investimenti
diffusi che solo noi imprenditori agromeccanici facciamo,
perché siamo noi i capitani coraggiosi in questa fase in cui
non sempre il mercato sostiene l’agricoltura”, ha
puntualizzato Rossella Guizzardi, presidente di Feria, la
federazione    emiliano-romagnola      degli   imprenditori
agromeccanici.
Rimangono alcuni nodi da scogliere. Come la questione del
carburante agevolato, che rappresenta un problema serio per
gli agromeccanici della Lombardia, “unica regione italiana che
interpreta la normativa nazionale in maniera dissonante”, ha
detto Leonardo Bolis, presidente di Confai Lombardia. Anche la
burocrazia è un tema ostico. “La semplificazione, se è
avvenuta, è avvenuta per lo Stato, non certo per le imprese –
ha attaccato Cappellini -. Il prossimo maggio entrerà in
vigore la norma europea sulla privacy, che spalanca le porte a
incertezze e a nuovi vincoli, che si tradurranno in costi e
tempo per il sistema”.

CONSORZIO VINI VALPOLICELLA-
TANNICO: AMARONE E BRUNELLO I
PIÙ ACQUISTATI ON LINE DAGLI
ITALIANI
L’Amarone è il vino rosso italiano più venduto on line nei
segmenti di vini ultra-premium e luxury (oltre 25 Euro) con il
Brunello di Montalcino, che insieme raggiungono una quota di
mercato pari al 27,5 % (Amarone 13,72%, Brunello 13,78%). Bene
anche il Ripasso che performa un +36%, con un incremento
consistente nella fascia medio-alta dei vini rossi italiani. È
quanto emerge dal focus (su dati consuntivi 2017) realizzato
da Tannico per il Consorzio Vini Valpolicella che domani a
Vinitaly sul Double Decker, il bus bipiano inglese del
principale player del settore e-commerce-vino, presenterà
“L’Ostaria de la Valpolicella. 50 anni di storie ed aneddoti
sul piacere del vino” per il mezzo secolo dal riconoscimento
della Doc (nel corridoio esterno tra i Padiglioni 9, 11 e 12,
solo lunedì 16 aprile, ore 11.00, 13.00 e 15.00; per la stampa
e su invito).

Secondo l’indagine, l’Amarone è il vino preferito nel ‘bouquet
Valpolicella’ con un’incidenza del 71% sulle vendite. Seguono
il Valpolicella Ripasso Doc (18%) e il Valpolicella Doc (9%).

“A differenza degli altri vini della Doc come Valpolicella e
Ripasso, che non presentano un preciso trend stagionale
d’acquisto – spiega Olga Bussinello, direttore del Consorzio
Vini Valpolicella – l’Amarone raggiunge il suo picco massimo
in dicembre, nel periodo natalizio, dove le vendite si
impennano raggiungendo picchi di crescita anche del 70%. Un
dato importante che fa dell’Amarone il regalo per eccellenza e
che, nel contempo, permette alle aziende vitivinicole di
indirizzare le proprie strategie di marketing sul prodotto”.

Sul fronte della profilatura, il consumatore on line di
Amarone ha circa 40 anni e un’elevata capacità di spesa. Ama i
vini rossi ultra premium e le bollicine raffinate come
Champagne e Franciacorta e spende annualmente 500 euro per il
“Grande Rosso”.

Consorzio Tutela Vini Valpolicella       a   Vinitaly   2018   –
Padiglione 8, stand H2

Le aziende presenti alla collettiva

Adalia – Corte Sant’Alda, Benazzoli, Coali – Tenuta Savoia,
Colle Cerè di Righetti Cesare, Corte Aleardi, Corte Archi,
Corte Merci, Damoli Bruno, Fidora, Organic since 1974, Flatio,
Fumanelli, Le Calendre, Le Marognole, Mizzon, Montecariano,
Piccoli Daniela, Salgari F.lli, Az. Agr. Tamburino Sardo di
Fasoli Adriano e figli, Terre di Leone, Vigneti di Ettore,
Villa San Carlo, Zanoni Pietro
Le aziende presenti presso l’enoteca

Albino Armani, Aldegheri, Bottega, Cantina di Soave, Cantina
Valpantena Verona, Corte Adami, Domini Veneti, Massaro Norma,
Mazzi, Monte Cillario, Montetondo, San Rustico, Sartori di
Verona, Sartori Rino, Villa Mattielli, Vini Montresor, Pietro
Zanoni, Vigneti di Ettore, Vigneti Villabella, Villa San
Carlo, Vini Dal Cero

Consorzio per la Tutela dei Vini Valpolicella

Nato nel 1924 è una realtà associativa che comprende
viticoltori, vinificatori e imbottigliatori della zona di
produzione dei vini della Valpolicella, un territorio che
include 19 comuni della provincia di Verona. La
rappresentatività molto elevata (80% dei produttori che
utilizzano la denominazione) consente al Consorzio di
realizzare iniziative che valorizzano l’intero territorio: il
vino e la sua terra d’origine, la sua storia, le tradizioni e
le peculiarità che la rendono unica al mondo. Il Consorzio
annovera importanti ruoli istituzionali: si occupa della
promozione, valorizzazione, informazione dei vini e del
territorio della Valpolicella, della tutela del marchio e
della viticoltura nella zona di produzione dei vini
Valpolicella, della vigilanza, salvaguardia e difesa della
denominazione. L’area di produzione è molto ampia ed è
riconducibile a tre zone distinte: la zona Classica,
(Sant’Ambrogio di Valpolicella, San Pietro in Cariano, Fumane,
Marano e Negrar); la zona Valpantena, comprendente l’omonima
valle; la zona DOC Valpolicella, con Verona, Illasi, Tramigna
e Mezzane. Le varietà autoctone che danno vita ai vini delle
denominazioni vini Valpolicella sono: Corvina, Corvinone,
Rondinella e Molinara. I vini della denominazione sono il
Valpolicella doc, il Valpolicella Ripasso doc, l’Amarone della
Valpolicella e il Recioto della Valpolicella entrambi docg.
E.ROMAGNA,     ACCORDO    TRA
REGIONE E SLOW FOOD PER
PROMUOVERE PRODUZIONI LOCALI
Prodotti buoni e di qualità, realizzati nel rispetto
dell’identità e delle tradizioni del territorio. È questa la
prospettiva rispetto alla quale Regione Emilia-Romagna e Slow
Food Italia hanno firmato oggi un’intesa pervalorizzare il
patrimonio rurale ed enogastronomico della regione e per
promuovere un’agricoltura sostenibile, attenta al rispetto
della biodiversità, al recupero dei sapori e delle tecniche
produttive tradizionali e con un forte legame con cultura e
tradizioni locali.

L’accordo firmato oggi a Bologna, nella sede della Regione,
dall’assessore regionale ad Agricoltura, caccia e pesca,
Simona Caselli, e dal presidente di Slow Food Italia, Gaetano
Pascale, punta a dare sostegno alle piccole produzioni di
eccellenza e ai Presìdi Slow Food – oggi sono 13 quelli
individuati in Emilia-Romagna, circa 300 in Italia e più di
500 in tutto il mondo – che impegnano una quarantina di
aziende della regione e comprendono una ricca varietà di
produzioni che vanno dai prodotti caseari di vacca Bianca
modenese, all’anguilla marinata della Manifattura di
Comacchio, al formaggio Raviggiolo tipico dell’Appennino.
Erano presenti all’incontro anche il sindaco di Lizzano in
Belvedere (Bo), Elena Torri, l’assessore all’Agricoltura del
Comune di Vignola, Massimo Venturi, e Andrea Monteguti, in
rappresentanza degli agricoltori del Gruppo del carciofo
violetto di San Luca nel bolognese.

“Puntiamo in particolare a mettere l’accento sulle piccole
realtà produttive, da Piacenza a Rimini, che rischiano di
rimanere nascoste, ma che hanno prodotti di grande qualità in
grado di completare la nostra già ottima offerta
enogastronomica che conta 44 prodotti certificati tra Dop e
Igp, il numero più alto in Europa – ha commentato l’assessore
Caselli al momento della firma-. L’obiettivo è quello di
lanciarli e promuoverli sui mercati nazionali e internazionali
oltre a farli conoscere e apprezzare ai consumatori anche per
il particolare legame con le culture e le tradizioni locali.
Inoltre sarà valorizzato anche l’importante lavoro delle
persone, che custodiscono tecniche e tradizioni contadine, in
grado di rivitalizzare interi territori. L’accordo con Slow
Food – ha concluso l’assessore- si aggiunge alle molte
iniziative che la Regione ha messo in campo per promuovere i
nostri prodotti, strutturando e dando continuità a un rapporto
già importante. Dopo la firma di oggi, il prossimo passaggio è
la costituzione di un gruppo di lavoro per mettere in
calendario un primo set di iniziative da proporre a settembre
in occasione del Salone del gusto di Torino al quale la
Regione Emilia-Romagna parteciperà con uno spazio dedicato ai
propri prodotti di qualità”.

“Il protocollo con la Regione Emilia Romagna è un pezzo
importante di un progetto ambizioso che mira a valorizzare le
produzioni locali dando risalto a due figure importantissime:
i produttori agroalimentari e gli studenti- ha spiegato
Pascale -. La qualità e la complessità del cibo, per essere
compresa appieno, deve essere raccontata, spiegata e fatta
vivere. Solo mettendo in stretta connessione produttori e
consumatori, che noi chiamiamo coproduttori, l’agricoltura di
qualità, rispettosa dell’ambiente e dei lavoratori, può
diventare la leva attraverso la quale in futuro miglioriamo
complessivamente i sistemi alimentari, affinché possano
garantire salubrità, equità sociale ed economica, ma anche
tutelare un patrimonio storico, culturale e paesaggistico
legato indissolubilmente al cibo”.

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Cosa prevede l’accordo
Accanto allo studio di progetti e a un programma di iniziative
per far conoscere la ricchezza della produzione locale, una
priorità dell’accordo sarà quella di arricchire e ampliare il
patrimonio rappresentato dai Presìdi (piccole produzioni
tradizionali o di eccellenza gastronomica legate a un
territorio e alle sue tradizioni). Un primo risultato del
protocollo sarà infatti l’inserimento, a breve, di altri 4: in
lista il carciofo violetto di San Luca (Bo), la ciliegia
moretta di Vignola (Mo), la pecora cornigliese (Pr) e la pesca
dal buco incavato (Ra).

L’accordo permetterà, inoltre, di individuare nuove occasioni
per promuovere la qualità dei prodotti sui mercati nazionali e
internazionali. In particolare le piccole produzioni
tradizionali che tutelano prodotti a rischio di scomparire,
ma, oltre che in termini di biodiversità, hanno anche un
grande valore per la conservazione del patrimonio culturale
locale, la protezione di razze autoctone, di ortaggi, frutta e
trasformati.

Il progetto si spinge oltre, non solo tutela e promozione, ma
anche formazione per consentire ai piccoli produttori di
confrontarsi con il mercato proponendo un modello di impresa
agricola sostenibile sia dal punto di vista ambientale che
etico. E grande attenzione anche ai più giovani con
l’attivazione di educazione e formazione negli istituti agrari
per sensibilizzare gli studenti sui temi della biodiversità e
sostenibilità con lo scopo, non solo di formare persone
consapevoli, ma soprattutto futuri testimoni della ricchezza
agroalimentare della Regione.

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I Presìdi in Emilia-Romagna
In Emilia-Romagna sono 13 e impegnano nella loro produzione
circa 35 aziende.

Di seguito i presidi: Anguilla marinata in aceto, che si
conserva tutto l’anno, delle valli di Comacchio (Fe);
Culatello di Zibello, uno dei salumi più nobili della
norcineria italiana, prodotto negli otto comuni ‘storici’ di
Zibello, Busseto, Polesine, Soragna, Roccabianca, Sissa, San
Secondo, Colorno nel parmense; Mariola, salame cotto o crudo
tipico delle aree collinari piacentine fino alla bassa
parmense; Mortadella classica che si produce nel bolognese e
nei comuni dell’alto ferrarese; Pera cocomerina, dalla polpa
rossa, dell’Alta Valle del Savio nelle località Ville di
Montecoronaro e altre aree dei comuni di Verghereto e Bagno di
Romagna in Romagna; Raviggiolo dell’Appennino tosco romagnolo
(Fc), un latticino prodotto con latte vaccino crudo e caglio;
Razza bovina romagnola (Fc), il bovino più resistente al clima
tra le razze bianche; Razza suina mora romagnola, autoctona e
a rischio scomparsa, delle province di Ravenna, Forlì-Cesena e
Rimini; Sale marino artigianale di Cervia (Ra), raccolto
secondo l’antico sistema cervese; Salmerino del Corno alle
scale, un pesce a carni bianche che si trova nella zona di
 Lizzano in Belvedere (Bo); Salumi rosa tradizionali bolognesi
e dei comuni del Cento-pievese; Spalla cruda, un salume,
tipico dei comuni di Polesine, Busseto, Zibello, Soragna,
Roccabianca, San Secondo parmense (Pr); Vacca bianca modenese
chiamata anche Val Padana, con un latte particolarmente adatto
alla trasformazione in Parmigiano reggiano (In allegato la
scheda con le caratteristiche dei prodotti).

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L’attività di Slow Food
Slow Food è una associazione internazionale no profit
impegnata a ridare il giusto valore al cibo, nel rispetto di
chi produce, in armonia con ambiente ed ecosistemi, grazie ai
saperi di cui sono custodi territori e tradizioni locali.
Lavora in 150 Paesi per promuovere un’alimentazione buona,
pulita e giusta per tutti, conta su una fitta rete di soci,
amici e sostenitori in tutto il mondo e opera a livello
nazionale, regionale e locale.

In Emilia-Romagna Slow Food si avvale della collaborazione di
17 realtà locali o comunità che curano progetti come i
‘Mercati della Terra’ una rete internazionale di mercati,
produttori, contadini che propone solo prodotti locali e di
stagione o ‘Orto in condotta’, rivolto soprattutto ai bambini,
che educa ai valori della biodiversità e al rispetto
dell’ambiente.

Altre iniziative per specifici territori sono ‘Su per terra’,
realizzata con l’assessorato all’Agricoltura della Regione,
che invita a scoprire produttori e prodotti di qualità
dell’Appennino, il lavoro nelle mense partito dal Parco delle
Foreste casentinesi per portare nella ristorazione scolastica
i prodotti del territorio o l’attività con il Parco del Delta
del Po per valorizzare e promuovere agricoltura e ambiente di
un territorio unico.

Sul sito http://www.slowfood.it/emilia-romagna/ tutte      le
attività e proposte di Slow Food in Emilia Romagna.

FEDERSOLIDARIETA        FVG:
ACCOGLIENZA   MIGRANTI    HA
CREATO 300 POSTI LAVORO
«I primi dati divulgati da Libera FVG, per quanto ancora
parziali, mettono in evidenza la reale dimensione della
positiva ricaduta economica che il sistema dell’accoglienza ha
per il territorio regionale e, in particolare, il ruolo della
cooperazione sociale», commenta Luca Fontana, presidente di
Federsolidarietà Fvg che ha collaborato con Libera Fvg nella
raccolta dati per l’audit civico sull’accoglienza ai migranti.

«Proprio guardando solo a questa “fetta” dell’accoglienza, si
parla di più di 100 posti di lavoro creati – per un comparto
che, a sua volta, rappresenta circa 1/3 dell’accoglienza nel
suo complesso. Possiamo dire quindi che si sono creati più di
300 posti di lavoro. Opportunità lavorative che si traducono
direttamente in salari per persone che, spesso, provengono da
percorsi di disoccupazione. In tanti casi si tratta di persone
non formate, entrate a loro volta dentro percorsi formativi e
di qualificazione della propria professionalità grazie alla
cooperazione sociale che, di fatto, si sta “inventando”
competenze e qualifiche in un settore “nuovo”. Quindi parliamo
di 14 cooperative che hanno creato occupazione vera –
sottolinea Fontana -. E, nel “computo” delle ricadute, non
dovremmo dimenticare altri due aspetti. Il primo: le strutture
riqualificate, prima in disuso o in degrado e che, tra qualche
anno, potranno essere riconsegnate alle comunità rimesse a
nuovo e pronte per svolgere una funzione sociale per la
cittadinanza. E poi ci sono le tasse versate e c’è il lavoro
svolto dagli stessi ospiti delle strutture di accoglienza, che
si traduce in manutenzioni e sistemazioni che, altrimenti,
nessuno farebbe. Stipendi, tasse, lavori, acquisti,
transazioni: tutte cose tangibili che rimangono qui, sul
nostro territorio», conclude Fontana.
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