RASSEGNA STAMPA CGIL FVG - venerdì 27 aprile 2018

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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – venerdì 27 aprile 2018
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)

ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2)
Alle urne anche per eleggere 19 primi cittadini (Piccolo)
La sfida di Open Fvg: «Diamo un posto fisso a diecimila precari» (M. Veneto, 2 articoli)
«I sondaggi sbagliano. Spero nella sorpresa» (Piccolo)
Hera, via libera al dividendo rinnovato il patto tra i Comuni (Gazzettino)
Coop Alleanza 3.0 stacca l’ultimo assegno. Aiuti a 2.662 persone (M. Veneto)
CRONACHE LOCALI (pag. 9)
Swi, fallimento annunciato ma 28 lavoratori resistono (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Non si placa lo scontro sulla chiusura della Tex Giulia (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Parti civili, Comuni fuori dal processo (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
«Troppe carenze sanitarie e i pazienti vanno altrove» (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
«Fischi e bandiere, città umiliata in Risiera» (Piccolo Trieste)
Castello di Miramare, il biglietto più caro scatena la protesta (Piccolo Trieste, 2 articoli)
«L’ambulanza arriva dopo 40 minuti» (M. Veneto Udine)
«Entro dicembre liquiderò anche questa Provincia» (M. Veneto Udine)
Graphistudio, il fatturato a -20%: 40 dipendenti su 177 in esubero (M. Veneto Pordenone)
Atap investe: 16 bus di nuova generazione (Gazzettino Pordenone)
Santarossa, esame del concordato (M. Veneto Pordenone)
Scioperi per le maestre col posto a rischio (M. Veneto Pordenone)

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ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE

Alle urne anche per eleggere 19 primi cittadini (Piccolo)
di Lilli Goriup - Domenica non si vota solo alle regionali. I cittadini del Friuli Venezia Giulia sono
chiamati a eleggere 19 sindaci e altrettanti consigli comunali (per un totale di 336 consiglieri): dieci
in provincia di Udine - capoluogo compreso - otto nel pordenonese e uno in Bisiacaria. Nel
complesso è boom di liste civiche, mentre il M5s - primo partito a livello nazionale - si presenta con
i propri nomi in soli quattro Comuni. Solo i municipi sopra i 15mila abitanti potranno andare al
ballottaggio se nessuno dei candidati a sindaco raggiungesse la maggioranza assoluta dei voti
validi.La partita più rilevante per dimensioni si gioca naturalmente a Udine. Qui, dopo Daniele
Franz, Enzo Cainero e Adriano Ioan, ci prova Pietro Fontanini. Il presidente uscente della
Provincia, già parlamentare della Lega Nord, è il candidato sindaco di Udine per il centrodestra, mai
vincente nelle sfide dirette per il municipio. Nelle ultime quattro legislature il governo del
capoluogo friulano è andato sempre al polo opposto: dieci anni Sergio Cecotti, dieci anni Furio
Honsell. Con l’uscita di scena dell’ex rettore dell’Ateneo udinese, candidato alle regionali con la
lista Open-Sinistra Fvg, a rappresentare il centrosinistra c’è ora Vincenzo Martines, un mandato in
Consiglio regionale, anche da presidente della quinta commissione, ma già vicesindaco di Cecotti.
Martines guida una coalizione a quattro voci formata da Pd, Progetto Innovare, Sinistraperta e
SiAmo Udine con Martines, mentre Fontanini unisce il centrodestra: a sostegno della sua
candidatura ci sono Lega Nord, Forza Italia, Fratelli d’Italia-An, Identità civica (lista collegata a
Progetto Fvg di Sergio Bini, in corsa per la Regione con Massimiliano Fedriga) e Autonomia
responsabile.A puntare alla poltrona di sindaco di Udine sono comunque in sette. Il primo a
muoversi è stato Enrico Bertossi, ex superassessore della giunta regionale Illy, che ha scelto il
campo civico con Prima Udine e Friuli Futuro. Bertossi ha cercato fino all’ultimo di fare da
calamita per il centrodestra - a un passo dalla consegna delle liste è stato il candidato di Forza Italia
- ma alla fine si trova a correre senza il sostegno dei due poli principali. Per il Movimento 5 Stelle
c’è invece Maria Rosaria Capozzi, classe 1980, foggiana, diplomata al classico e laureata in
giurisprudenza. Completano il quadro Stefano Salmè (destra, Io amo Udine), Andrea Valcic
(autonomista, Patto per Udine) e Luca Minestrelli (Casapound).In Friuli niente Cinque stelle e
pochi partiti tradizionali: in provincia di Udine proliferano le liste civiche. Esclusivamente tra
queste ultime si gioca la sfida a Forgaria nel Friuli: Henrico Locatelli, settantenne, imprenditore in
pensione, di Unire per crescere contro Marco Chiapolino, 38 anni e stesso mestiere, di Per il bene
comune. Ma una situazione analoga si presenta anche a Faedis, dove corrono Elena Bertossi, della
lista Al servizio dei cittadini - per un nuovo Faedis, e Claudio Zani, sostenuto dalle civiche
“Comune di Faedis” e Lista intesa. Idem a Gemona del Friuli, a Treppo Ligosullo, in Carnia, e a
Fiumicello Villa Vicentina. A San Giorgio di Nogaro si sfidano addirittura tre candidati, sostenuti
da un totale di ben sei civiche e nessun partito tradizionale, almeno formalmente. Anche a
Martignacco la corsa è a tre, stavolta tra il centrodestra e altre due coalizioni formate in tutto da
cinque liste. A San Daniele la destra è formata da Lega, Fratelli d’Italia e la civica San Daniele
svolta: sfidano il sindaco uscente Paolo Menis, di provenienza Pd e sostenuto da due civiche,
nonché altri due candidati delle civiche. A Talmassons per la prima volta nella storia del Comune
Fabrizio Pitton è l’unico candidato, sostenuto da quattro liste di cui due facenti capo a Lega e Forza
Italia.L’unico Comune dell’isontino ad andare alle urne è Fogliano Redipuglia (l’articolo qui sotto),
dove la sfida è al femminile.Passando alla provincia di Pordenone, anche qui si ripropone la
candidatura unica: a San Giorgio della Richinvelda corre in solitaria il giovane sindaco uscente
Michele Leon, classe 1984, sostenuto dalla civica Radici e futuro. A Talmassons la sfida è tra
Michele Sassu, della lista dal nome eloquente “Brugnera al centro”, e Renzo Dolfi, sostenuto da due
liste civiche facenti capo a Lega, Popolo della famiglia e Fratelli d’Italia. A Polcenigo Diego
Gottardo, classe 1986, candidato di Progetto primavera democratica, sfida Mario della Toffola,
supportato da Viva Polcenigo, da Polcenigo per tutti e da Insieme per Polcenigo. Il centrodestra è
più diviso che mai a Zoppola, dove Lega, Autonomia responsabile con Tondo per Sartor e
Centrodestra per Cardente sindaco corrono ciascuna per conto suo. Alle tre liste si sommano
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Alternativa civica per Zoppola, che ripropone il già sindaco Angelo Masotti Cristofoli, e Un
comune per tutti con Francesca Papais, di area centrosinistra. I pentastellati fanno capolino tra i
candidati di Sacile, Spilimbergo e Fiume Veneto. Mentre a Sequals, come a Udine, spunta la
formazione dichiaratamente neofascista Casa Pound.

La sfida di Open Fvg: «Diamo un posto fisso a diecimila precari» (M. Veneto)
di Davide Vicedomini - Rafforzare la Mia, la misura di inclusione attiva regionale, per immettere
nel mercato del lavoro giovani, donne, esodati, tuttora non occupati. Che in termini numerici,
secondo l’assessore regionale Loredana Panariti, equivale a «quasi tremila persone all’anno».
«Perché - aggiunge Furio Honsell - lo strumento varato dalla Regione, anche se non ha dato sempre
risposte adeguate in questi anni, resta pur sempre l’unico in grado, se potenziato, di creare le
condizioni per la piena occupazione. La soluzione non può essere di certo il reddito di cittadinanza
che non è una misura di inclusione e che rappresenta per i cittadini solo un invito a starsene a
casa».Open-Sinistra Fvg, nella conferenza stampa finale della propria campagna elettorale, richiama
al centro del proprio programma il lavoro «che si lega alla forte preoccupazione - sottolinea l’ex
sindaco di Udine - per il fenomeno di persone inattive e di quelle che sono state costrette ad
abbandonare il nostro paese per il precariato o per gli stipendi non adeguati».Per questo motivo
Panariti insiste su due concetti fondamentali: la formazione «su cui bisogna continuare a investire se
vogliamo dare un futuro alle nuove generazioni e a quelli che hanno difficoltà di reinserimento» e la
stabilità dell’occupazione. Perché l’obiettivo finale che si pone Open-Sinistra Fvg è quello di
rendere indeterminati gran parte di quei diecimila contratti di impiego creati in cinque anni di giunta
Serracchiani.Accanto a Honsell e Panariti, per quest’ultima uscita davanti alla stampa locale, anche
Alessio Gratton, presidente della commissione lavoro del consiglio regionale, che nel suo discorso
pone l’accento sul sostegno alle piccole e medie industrie e alle imprese di servizi «concetto -
spiega - che va legato agli investimenti nei settori dell’agroalimentare e dei beni storico culturali».A
livello locale a portare la visione di futuro anche Roberta Grando, rappresentante per il collegio di
Pordenone, la quale auspica «il rafforzamento del polo industriale di Pordenone, l’aumento del
personale medico e infermieristico, la formazione di una Camera di Commercio unica con
attenzione ai diversi poli e la stabilizzazione dei ricercatori». «Non possiamo lasciarci sfuggire
menti capaci come accaduto al Cro di Aviano dove, per fare un esempio, - dice - una ricercatrice
che è stata citata per uno studio internazionale si è trasferita all’estero per un impiego stabile».Una
“fuga” che riguarda anche la montagna, come afferma Mauro Pignataro, rappresentante del collegio
dell’Alto Friuli. «Dobbiamo tornare a essere attrattivi - dichiara - attraverso i nostri prodotti di
eccellenza, agevolando la formazione di piccole cooperative che si occupano di agricoltura e di
filiere corte».
La truppa dei 57 sindaci a sostegno di Bolzonello
Il candidato incassa il supporto di primi cittadini da Udine a Tolmezzo fino a Casarsa. Lui sferza
gli avversari: usano la Regione a fini personali e a pagare saranno le imprese (testo non
disponibile)

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«I sondaggi sbagliano. Spero nella sorpresa» (Piccolo)
di Giulia Basso - Gianni Cuperlo arriva a Trieste per sostenere la candidatura di Sergio Bolzonello
proprio nel giorno in cui Roberto Fico annuncia l’esito positivo del suo mandato esplorativo: il
dialogo con il Pd, dichiara il presidente della Camera, è aperto. «Nessuno semplifica la situazione,
la via è stretta e le differenze sono reali - spiega Cuperlo a margine dell’incontro in pazza della
Borsa -, ma apprezzo la posizione del segretario Martina, che ha evidenziato i progressi fatti in
questi giorni, perché in un passaggio così difficile sta tentando di garantire una discussione
ordinata».Ma come andrà a finire tra M5s e Pd?Non so se questo percorso darà i suoi frutti, ma sono
assolutamente convinto che di fronte alla paralisi in cui si trova il Paese a due mesi dal voto sia un
dovere da parte del secondo partito d’Italia dare ascolto all’appello del capo dello Stato e fare le
verifiche in merito, nei programmi e nei contenuti, per capire se esiste spazio per un governo con i 5
Stelle. La sede più adatta per confrontarsi è la direzione nazionale del Pd, che credo sarebbe
importante si riunisse anche prima del 3 maggio, per evitare che questa discussione nei prossimi
giorni si consumi a colpi di tweet o di sondaggi di piazza. Le elezioni in Fvg potrebbero
determinare l’esito della trattativa nazionale? Penso e spero di no. Una cosa è la discussione che si è
aperta per dare un governo al Paese, altra cosa è l’elezione di domenica, che è importantissima per i
cittadini di questa Regione, chiamati ad esprimere un giudizio su una legislatura che ha visto il Pd e
le forze alleate guidare questo territorio con Debora Serracchiani e Sergio Bolzonello. Secondo me
con risultati apprezzabili, anche perché sono stati gli anni della grande crisi che ha colpito il nostro
Paese. Sono stati presi provvedimenti di contrasto alla povertà coraggiosi e ambiziosi, che il
programma di Bolzonello vuole rilanciare. E la Regione è stata rimessa al centro dello scenario
internazionale, penso all’appuntamento sui Balcani dell’anno scorso o alle prospettive della via
della Seta. Quali sono i punti di forza di Bolzonello? Credo sia il migliore candidato che potevamo
spendere, perché garantisce allo stesso tempo continuità con l’azione di governo che abbiamo alle
spalle e una necessaria opera d’investimento sul futuro, anche correggendo dei limiti che
evidentemente ci sono stati, qui come dappertutto, vista la complessità dei problemi sul piatto.
Bolzonello invita a credere fino alla fine nella rimonta. È uno scenario possibile? I sondaggi sono
sempre degli indicatori di clima, ma ne abbiamo anche conosciuti alcuni che si sono radicalmente
ribaltati alle urne. A volte a nostro detrimento, come alla vigilia del referendum costituzionale, a
volte in positivo, come nel caso delle europee del 2014. Berlusconi è “calato” in Fvg per rubare la
scena alla Lega. Pensa che le tensioni interne al centrodestra vi aiuteranno? Le dinamiche del
centrodestra in questa Regione per me sono il corrispettivo del terzo segreto di Fatima. Teme un
exploit dei grillini?Non temo nulla, nel senso che il voto dei cittadini va sempre rispettato. Ma credo
che in questi ultimi scampoli di campagna elettorale dovremmo essere più concentrati su ciò che
abbiamo fatto noi come Pd, che preoccuparci di quello che potrebbero fare gli altri. Abbiamo le
carte in regola per concludere al meglio questa campagna elettorale e spero anche con una
gradevole sorpresa.

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Hera, via libera al dividendo rinnovato il patto tra i Comuni (Gazzettino)
Da Hera una pioggia di milioni per gli azionisti e tra questi spicca il Comune di Padova che
incasserà più di 4,3 milioni anche dopo la cessione di una fetta importante della sua quota negli anni
scorsi. L’assemblea dei soci della multiutility con base a Bologna e attività in tutto il Nordest, anche
Udine e Trieste, ha approvato la distribuzione di un dividendo di 9,5 centesimi di euro per azione (+
5,5%). L’assemblea di Hera ha anche approvato il bilancio dell’esercizio 2017 chiuso con un
fatturato di 6.136,9 milioni di euro (+ 10,3% rispetto all’esercizio precedente), un margine
operativo lordo a 984,6 milioni di euro (+ 7,4%) e un utile netto a 266,8 milioni (+ 21,1%). Nel
2017, gli investimenti complessivi, al lordo dei contributi in conto capitale, sono stati pari a 440,5
milioni (+ 14%). Rinnovata l’autorizzazione al cda all’acquisto di azioni proprie per un
controvalore fino a 200 milioni di euro per 18 mesi e confermata la nomina quale consigliere di
Alessandro Melcarne, già nominato per cooptazione, lo scorso novembre, in sostituzione del
dimissionario Aldo Luciano.
PADOVA INCASSA 4,3 MILIONI Il Comune di Padova, attualmente proprietario di 46.126.176
azioni, è la seconda amministrazione pubblica in termini di abitanti nella compagine azionaria della
Holding ed è tra le prime come quota nella holding (3,1%, oltre 4,3 milioni di dividendi) che vede
al primo posto Bologna col 9,73%, seguita da Modena col 6,51%. Oltre a Padova nel Nordest
spiccano i Comuni di Trieste (4,23%) e Udine (2,96%). Ieri è stato rinnovato anche il patto di
sindacato dei soci pubblici di Hera che controlla il 38% del capitale per il triennio che va dal
prossimo primo luglio al 30 giugno del 2021. Nominato presidente del patto il primo cittadino di
Modena, Gian Carlo Muzzarelli.
ACEGASAPSAMGA IN CRESCITA Nei giorni scorsi erano stati comunicati anche i dati della
controllata nel Nordest. «L’anno che si chiude è particolarmente positivo per AcegasApsAmga -
aveva spiegato Roberto Gasparetto, direttore generale AcegasApsAmga -. Nell’ambito dell’ottimo
trend dell’intero gruppo Hera, la società ha messo a segno un incremento del margine operativo
lordo di circa il 3%, passando dai 129,1 milioni del 2016 ai 133,2 milioni del 2017. Questa positiva
performance discende in primo luogo dal recupero di efficienza sulla gestione delle reti, frutto
anche dello sviluppo di piattaforme informatiche focalizzate sulla valorizzazione dei big data. Un
contributo assai rilevante viene anche dalla controllata AresGas, secondo operatore gas della
Bulgaria, che ha registrato un notevole incremento nell’attività di metanizzazione e allacci nel
Paese. Gli investimenti lordi sono saliti dagli 81,5 milioni del 2016 ai 102,5 milioni del 2017,
trascinati dal completamento del Depuratore di Servola, dagli interventi sull’illuminazione a Led su
Udine e Padova».

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Coop Alleanza 3.0 stacca l’ultimo assegno. Aiuti a 2.662 persone (M. Veneto)
di Michela Zanutto - CoopCa, ai soci prestatori è stata restituita la metà dei risparmi andati in fumo
con il crac del 2014. Tutto merito dell’operazione messa in piedi da Coop Alleanza 3.0 che si sta
concludendo in questi giorni con gli accrediti sui conti correnti dei librettisti. In tre tranches sono
stati rimborsati complessivamente 13,5 milioni e i soci restano creditori della cooperativa carnica.
In questi giorni i soci di CoopCa hanno stanno incassando la terza e ultima parte delle donazioni di
Coop Alleanza, pari a 1,2 milioni. Con questo ultimo intervento 2 mila 622 persone hanno ricevuto
fondi per 13,5 milioni di euro: quasi 7,4 nel 2016, altri 4,9 nel 2017 e 1,2 nel 2018. La cifra
corrisponde al 50 per cento del prestito sociale dei soci della cooperativa friulana in concordato
preventivo. Coop Alleanza 3.0 nel 2016 ha risposto all’appello dei soci prestatori di CoopCa: su 3
mila 226, 2 mila 622 hanno aderito all’iniziativa (604 creditori hanno scelto di non ricevere il
contributo). Di queste 2 mila 622 persone, mille 430 vantavano crediti di importi superiori ai 2 mila
500 euro, mille 192 avevano invece un prestito inferiore a questa cifra e sono stati interamente
liquidati due anni fa. Le prime donazioni hanno richiesto oltre 50 incontri, effettuati in Friuli
Venezia Giulia e in Veneto, alla presenza di un notaio. Anche la terza tranche viene elargita con un
bonifico bancario effettuato con accredito, quindi, sui conti dei beneficiari. I soci di CoopCa, anche
dopo la donazione di Coop Alleanza 3.0, potranno continuare a vantare il loro intero credito nei
confronti della cooperativa in concordato preventivo. L’erogazione è stata gestita dal Comitato di
solidarietà attiva, promosso da Accda (associazione delle Cooperative di consumo del Distretto
Adriatico) e da Legacoop Friuli-Venezia Giulia. Nel 2016, per lo sviluppo dei punti vendita in
regione, Coop Alleanza 3.0 ha investito quasi 6,4 milioni di euro, realizzando undici interventi, con
sette acquisizioni, due nuove aperture (a Udine e a Monfalcone) e due ristrutturazioni (negli Iper di
Villesse e di Trieste). Le sette acquisizioni riguardano proprio negozi della rete ex CoopCa a Udine
e Pordenone, riaperti a gennaio 2017, consentendo la ripresa del servizio mutualistico ai soci e
ridando lavoro ai 66 dipendenti. Mentre per il 2017 gli investimenti per la rete sono ammontati a 8,9
milioni con tre interventi: due aperture (una a Gorizia e una a Monfalcone) e una ristrutturazione (a
Maniago). Interventi già programmati anche per quest’anno e il prossimo. Sempre in regione, Coop
Alleanza 3.0 è intervenuta a sostegno di Coop Operaie di Trieste, con l’acquisizione nel 2015 di
dodici negozi nelle province di Trieste, Pordenone e Gorizia, garantendo un sostegno alla positiva
riuscita del concordato della Cooperativa. I negozi sono stati tutti riaperti, assicurando il servizio ai
soci, e sono stati assunti i 283 lavoratori. «Questa operazione rappresenta un esempio significativo
ed efficace di solidarietà e mutualità tra cooperative, coerente con i princìpi contenuti nello statuto
di Coop Alleanza 3.0 e da sempre praticati - spiegano i vertici della cooperativa -. E conferma
anche la vicinanza al Friuli Venezia Giulia, una terra di storica tradizione cooperativa: in regione,
Coop Alleanza 3.0 conta 172 mila soci, opera con 50 negozi e dà lavoro a mille 300 persone».

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CRONACHE LOCALI

Swi, fallimento annunciato ma 28 lavoratori resistono (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Stefano Bizzi - Un fallimento annunciato, che però tiene nel limbo 28 lavoratori. Gli ex
dipendenti della Swi-Specialsalds Welding International speravano di vedere accolto dal giudice del
lavoro Barbara Gallo il ricorso presentato verso il licenziamento, ma l’istanza di fallimento
dichiarata il 12 aprile ha complicato una situazione già di per sé molto ingarbugliata. La Swi nel
2015 era subentrata alla Safog. Aveva acquistato il ramo d’azienda assorbendo anche i suoi 35
dipendenti. Quella che in tempi difficili sembrava essere una favola, è però durata poco. Nonostante
la mobilitazione, lo scorso 22 settembre l’attività è stata chiusa e i lavoratori sono stati lasciati a
casa. All’apparenza si tratta di un film già visto, una storia come tante altre, se non fosse per il fatto
che nello stesso impianto di via Brigata Casale di proprietà del Gruppo Cividale, a novembre, ha
cominciato ad operare la Metalmek Automation Srl. L’azienda costituita il 4 ottobre scorso (due
settimane dopo il fallimento della Swi), ha iniziato la sua attività venti giorni più tardi con due
dipendenti. Questi, a novembre, sono diventati 5, per salire poi a 12. Tutti sono ex dipendenti della
Specialsalds Welding International.Anche se tra Swi e Metalmek Automation non c’è alcun
elemento che possa collegarle tra loro, secondo i lavoratori licenziati si è trattato di un vero e
proprio trasferimento d’azienda e quindi gli ex dipendenti ora chiedono attraverso i loro avvocati al
giudice del lavoro il reintegro nella nuova realtà. «L’attività è la stessa», sottolineano i legali Sascha
Kritancic e Michele Latino Quartone evidenziando che non è cambiato il tipo di lavorazione
(metalmeccanico), che non è cambiato il fornitore delle commesse (Gruppo Cividale), che non è
cambiato il sito industriale (il capannone di via Brigata Casale) e che è stato acquisito il know-how
della ormai defunta Swi (parte dei lavoratori). L’unica cosa ad essere cambiata sono stati i
macchinari. La Metalmek Automation ne aveva acquistati di nuovi (ma sono stati rubati nel giro di
un paio di mesi).L’udienza di fronte al giudice del Lavoro del Tribunale di Gorizia, in calendario la
scorsa settimana, avrebbe dovuto stabilire se accogliere o meno il ricorso nei confronti del
licenziamento della Swi, però il fallimento della società - avvenuto in seguito all’istanza di un
lavoratore lasciato a casa a marzo dello scorso anno e che vantava un credito di circa 40 mila euro
legato al trattamento di fine rapporto -, ha complicato le cose. Di fronte all’evidenza dei fatti, il
giudice Barbara Gallo non ha potuto fare altro che constatare il fallimento intervenuto della Swi.
Essendo venuta meno una parte in causa, ha quindi dichiarato l’interruzione del procedimento di
impugnazione. Ora i lavoratori, entro tre mesi dalla dichiarazione del fallimento, dovranno
depositare un nuovo ricorso per la riassunzione. Questa volta però nei confronti del fallimento Swi e
di Metalmek. «Di fatto diciamo che rispetto alla Swi è cambiato solo il nome - notano i legali -.
L’azienda intesa come complesso di beni organizzati è la stessa identica; per cui riteniamo che non
ci fosse motivo per la cessazione dell’attività d’azienda: questa era stata il motivo per cui Swi aveva
licenziato tutti». Ritenendo sussista di fatto un trasferimento d’azienda, la richiesta sarà quindi
quelal della riassunzione dei ricorrenti alle dipendenze di Metalmek Automation. «Purtroppo, per la
collettività goriziana c’è stato un altro fallimento - osservano Kristancic e Latino Quartone -.
Immaginavamo tuttavia che ci sarebbe stato perché quando non vengono pagate le ultime tre
mensilità, ricordando che il fondo di garanzia dell’Inps interviene a coprirle, il fallimento è
nell’aria».

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Non si placa lo scontro sulla chiusura della Tex Giulia (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Francesco Fain - «Non è mia intenzione polemizzare con l’assessore Bolzonello sulla vicenda
Tex Giulia, ma la sua affermazione secondo la quale il sottoscritto “mente sapendo di mentire” mi
ha spinto a replicare. Innanzitutto non vi è stata nessuna strumentalizzazione elettorale in quanto la
Filctem Cgil è autonoma e alla propria autonomia ci tiene molto e fa parte del proprio Dna». A
prendere posizione è Giampaolo Giuliano della Filctem-Cgil che, nei giorni scorsi, aveva accusato
la Regione (Panariti a parte) di non aver fatto molto per la vertenza della Tex Giulia: affermazione
che aveva scatenato la ferma reazione del vicepresidente Bolzonello. «Con la Filctem-Cgil (fra
l’altro unica organizzazione sindacale presente in tutte le fasi della vicenda) l’assessorato in
questione - annota Giuliano - non ha mai avuto incontri su questa crisi. Mentre ci sono stati incontri
con l’assessorato al Lavoro e con l’amministrazione comunale di Gorizia, c’è stata solo una
telefonata con la dottoressa Vernì. Bolzonello dice che hanno incontrato l’azienda? Non ne ero a
conoscenza. Hanno aperto un dossier e messo a disposizione tutti gli strumenti a disposizione
dell’ente compreso il bando per l’Isontino? Beh, spero vivamente che tutti gli strumenti messi a
disposizione possano portare a dei buoni risultati in futuro, così come le procedure approntate
dall’assessorato al lavoro, ma al momento abbiamo 20 disoccupati e un sito in dismissione,
l’ennesimo in pochi anni a Gorizia». (segue)

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Parti civili, Comuni fuori dal processo (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Roberto Covaz - Respinta la richiesta dei Comuni di costituzione di parte civile.Rinvio a giovedì
21 giugno per decidere sulla competenza territoriale del Tribunale di Gorizia di occuparsi del quarto
maxi processo per le morti a causa dell’esposizione all’amianto avvenuta al cantiere di
Monfalcone.È l’esito della lunga udienza preliminare che si è tenuta ieri al Palazzo di giustizia del
capoluogo isontino e presieduta dal gup Flavia Mangiante.Dopo un’ora di camera di consiglio il
gup ha gelato le aspettative dei Comuni di Monfalcone, San Pier, Fogliano-Redipuglia, San
Canzian, Turriaco e Staranzano.Il dettaglio della decisione sarà comprensibile solo dopo la lettura
della motivazione. Da quanto si è appreso (ricordiamo che le udienze preliminari si svolgono a
porte chiuse) i Comuni non hanno competenza diretta sulla tutela della salute dei propri concittadini
ma sono investiti in materia solo da una generica indicazione. In altre parole non sono legittimati a
pretendere alcunché. Diverso il caso del Comune di Monfalcone - sede del cantiere - che si era
costituito parte civile nel primo e nel secondo processo, per poi sfilarsi alla vigilia della sentenza del
secondo processo sulla base del tanto discusso accordo transattivo. Tale accordo, ancora in vigore,
prevede che il Comune di Monfalcone non possa più costituirsi parte civile nei processi amianto a
venire.Sono stati invece ammessi quali parti civili la Regione, rappresentata in udienza
dall’assessore Sara Vito, l’Associazione esposti amianto con l’avvocato Annamaria Marin (presente
per l’Aea Diego Dotto) e la Fiom-Cgil con l’avvocato Rossella Genovese.Per il Comune di
Monfalcone è stato un duro colpo. E l’ha esternato con chiarezza il sindaco Anna Maria Cisint
assistita dagli avvocati Caterina Belletti e Lorenzo Presot. Presente anche l’avvocato Riccardo
Cattarini per altri Comuni. Era parso di capire che la stessa Procura della Repubblica si fosse
opposta alla costituzione di parte civile del Comune di Monfalcone, ma le pm Valentina Bossi e
Laura Collini (affiancate dal collega Andrea Maltomini) hanno tenuto a precisare: «La Procura non
si è opposta su Monfalcone. Abbiamo semplicemente evidenziato al giudice alcuni aspetti tecnico e
giuridici di una certa rilevanza».All’appuntamento di ieri era assente il Comune di Ronchi dei
Legionari che pure aveva affermato di volersi costituire parte civile.Soddisfatto dell’esito
dell’udienza l’avvocato Corrado Pagano a capo del pool dei difensori: «Giusto così. La richiesta di
costituzione di parte civile era infondata. L’accordo transattivo tra Comune di Monfalcone e
Fincantieri è in essere. La politica si fa fuori dal Tribunale».Ma non è detta l’ultima parola. I
Comuni possono eventualmente reiterare la richiesta di costituzione di parte civile all’apertura del
dibattimento. Dibattimento che potrebbe cominciare ben oltre l’estate ammesso che il gup rinvii a
giudizio gli otto indagati.Il Comune di Monfalcone ha impugnato l’accordo transattivo davanti al
Tribunale civile di Trieste e la prima udienza è fissata per l’11 giugno. È improbabile che si arrivi a
conclusione del contenzioso prima dell’avvio dell’eventuale processo penale a Gorizia o a Trieste.
Di conseguenza è lecito supporre che il Comune di Monfalcone non riuscirà a costituirsi parte civile
in questo processo. Ed è presumibile pensare che questo sia l’ultimo processo a carico di ex
dirigenti di Italcantieri vista l’età avanzata degli indagati e già condannati nei precedenti
procedimenti.Resta aperta la partita su quale Tribunale dovrà fare il processo. Secondo la difesa,
che formalizzerà la richiesta nella prossima udienza, non ci sono dubbi: quello di Trieste. «Dopo la
morte di Lippi, che è stato direttore dello stabilimento di Monfalcone, tutti gli altri indagati
lavoravano negli uffici di Trieste. Per cui tutti i reati in ipotesi sarebbero stati commessi a Trieste».

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«Troppe carenze sanitarie e i pazienti vanno altrove» (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Laura Borsani - Carenze d’organico, tempi d’attesa, il lavoro su due sedi, fughe di pazienti ed il
ricorso a prestazioni sanitarie a pagamento. A rilanciare le criticità nella gestione delle attività
nell’area isontina sono le rappresentanze aziendali dell’Aas 2, Aaroi Emac, Anaao Assomed, Anpo
e Cimo. È una lettera aperta che, ad oltre tre anni dalla riforma regionale, raccoglie quanto «da
tempo i medici vanno segnalando, senza ottenere un significativo ascolto». Criticità diffuse, per le
quali i rappresentanti dei medici e dei sanitari offrono la disponibilità e il contributo «per superare
l’attuale momento, auspicando che il cambiamento atteso non veda come primi attori alcuni di
coloro che il problema, almeno in parte, lo hanno creato». Evidente quindi il contesto, a pochi
giorni dal rinnovo dell’Amministrazione regionale. Il direttore del Dipartimento di Emergenza
unico di Monfalcone e Gorizia, Alfredo Barillari, da parte sua ha segnalato il pesante clima nel
quale il personale sanitario si trova a operare nel Pronto soccorso del San Polo, nel gestire il
sovraffollamento, le lunghe attese e l’esasperazione degli utenti. I sindacati della categoria dei
medici parlano invece del «clima interno, determinato da una sostanziale carenza di dialogo fra
Direzione, medici e dirigenza sanitaria. Uno stile dirigistico anziché comunicativo». I sindacati
chiamano in causa la strutturazione dell’Azienda Bassa Friulana Isontino: «La decisione (unica in
regione) di aggregare due ex Ass ha creato più problemi di quelli che intendeva risolvere. I benefici
per l’utenza non si sono visti, mentre è stata significativa la dispersione di energie e risorse
pubbliche con operatori costretti al lavoro su più sedi, sottraendo tempo all’attività clinica e
compromettendo la continuità del rapporto medico-paziente, con negativi effetti sugli utenti, e alle
reperibilità su due sedi ospedaliere distanti 25 chilometri». Quindi il rapporto tra ospedale e rete
territoriale. «Uno dei mantra della riforma, potenziare l’intervento territoriale lasciando all’ospedale
l’acuzie e la complessità, è rimasto uno slogan, come ben evidenziato dai livelli operativi delle
Aggregazioni funzionali territoriali dei medici di famiglia e dei Centri di assistenza primaria».
Rilevano le fughe in riferimento a Chirurgia, Ortopedia, Ostetricia-Ginecologia, Cardiologia:
«L’accorpamento dei reparti di significativa complessità clinica - continua la lettera - ha portato
solo al modesto vantaggio derivante dalla soppressione di alcuni primariati, mentre è stato ben
maggiore il costo della “fuga evitabile”, pazienti curabili in Azienda che si rivolgono ad altri presidi
per fiducia verso lo specialista». I sindacati ricordano che «Oncologia attende da oltre due anni il
proprio primario». E aggiungono: «Le mancate scelte organizzative per Cardiologia, che obbligano
i professionisti ad una prevalente attività di urgenza, in particolare notturna, con ricadute sui tempi
di attesa delle visite specialistiche, delle ecografie, ecc. , diventano stimolo per gli utenti a rivolgersi
alle prestazioni libero-professionali». Parlano di «scarsità di professionisti in Neurologia e in
Anestesia con negativi effetti sui tempi per le prestazioni e sulle attività chirurgiche». Altra
riflessione: «Il programma di attivare, in ambedue le sedi ospedaliere, il reparto di Medicina
d’urgenza nel Pronto soccorso è stata preceduta, anziché seguita, dalla soppressione della guardia
internistica attiva notturna a Gorizia e Monfalcone, con conseguente sovraffollamento dei Pronto
soccorso», dicono i sindacati ricordando peraltro i contenziosi con i medici dell’emergenza
territoriale e quelli di continuità assistenziale. Nell’elenco rientra la carenza di posti letto nel
sistema di cure intermedie (Rsa) e riabilitative, ma anche l’assenza di alcune referenze e
coordinamenti operativi nelle aree inerenti la disabilità e l’handicap, «nonostante i reiterati annunci
di attivazione». Sollecitazioni rimaste inascoltate: «La Direzione aziendale - argomentano i
sindacati - sostiene che sono pochi i professionisti che si presentano ai concorsi, omettendo di
riconoscere che il fenomeno deriva da condizioni di lavoro poco interessanti, con attività su più sedi
per alcune discipline e la consapevolezza di un clima interno poco favorevole. I concorsi spesso
sono indetti dopo l’allontanamento dei titolari».

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«Fischi e bandiere, città umiliata in Risiera» (Piccolo Trieste)
di Elena Placitelli - È il momento delle lacerazioni il giorno dopo il 25 aprile, divisivo, di Trieste.
Ed è difficile immaginare che le ferite aperte alla festa per la Liberazione possano ricucirsi presto.
Vale per la contestazione che ha preso di mira il sindaco Roberto Dipiazza nel momento in cui ha
preso parola alla Risiera di San Sabba. La protesta è stata organizzata dal Comitato per le
celebrazioni della festa della Liberazione contro alcune scelte del sindaco, in primis quella di andare
a salutare, il 24 febbraio scorso, il fondatore di Forza Nuova Roberto Fiore. Ma adesso anche chi -
come l’ex sindaco Roberto Cosolini e la senatrice Pd Tatiana Rojic - condivide la rabbia per
quell’episodio ritiene che «un gelido silenzio al termine del discorso di Dipiazza sarebbe stato più
eloquente». Un tanto «per rispettare i morti della Risiera». E che le ferite ora siano più larghe vale
anche per la scelta, da parte di alcuni singoli partecipanti, di tenere le bandiere palestinesi esposte
durante la cerimonia, nonostante l’espressa richiesta di ritirarle. Il gesto ha indotto la comunità
ebraica a lasciare la celebrazione. Difficile credere che il gesto non fosse riconducibile all’eterno
conflitto tra Israele e Palestina, ma viene interpretato come la mancanza di rispetto verso la
comunità ebraica vittima dello sterminio nazista. Prima di abbandonare la cerimonia, il rabbino
Alexander Meloni ha ricordato come «il primo leader politico e religioso di questo movimento
(palestinese, ndr) fu un alleato oggettivo del nazismo». E così ieri a porgere le scuse su questo
preciso punto è lo stesso presidente dell’Anpi provinciale Fabio Vallon. «Leggo di fischi rivolti ai
membri della comunità ebraica triestina che abbandonavano la cerimonia della Risiera. Esprimo
pertanto, a nome mio personale e dell’Anpi di Trieste, la più ferma condanna verso coloro che, con
atto grave, hanno proferito le offese ai componenti della comunità ebraica triestina». Dalla Diocesi
di Trieste il vicario don Ettore Malnati parla di una città «umiliata». «È un dovere civile portare
avanti la memoria di un tempo che ha segnato morte, dolori e tragedie nella nostra città. La
comunità ebraica ha fatto tanto per cercare di salvare tanti dalla Risiera. Lo Stato di Israele e le
bandiere palestinesi qui non c’entrano. Non era il luogo né il momento. Le istituzioni hanno
sottovalutato i rigurgiti antisionistici e certe strumentalizzazioni troppo facili in campagna
elettorale. Sono contrario al conflitto fra Israele e Palestina, e nemmeno mi è piaciuta la scelta del
sindaco di salutare Fiore, ma alla cerimonia Dipiazza ha fatto un discorso da sindaco, ricordando
come la Liberazione sia stata fatta da tutti coloro che erano antifascisti, cattolici compresi». Sulla
questione torna anche il presidente della comunità ebraica Alessandro Salonicchio: «Già alle
cerimonie degli anni scorsi abbiamo visto le bandiere palestinesi. Ma nel rivederle, l’altro ieri, ci
siamo accordati per esprimere, nella maniera più rispettosa possibile, il nostro disaccordo. Il 25
aprile resta il giorno della Liberazione dal nazifascismo. Nell’incapacità di trovare due stati per due
popoli, dovremmo trovare un’altra data per commemorare tutte le ingiustizie del mondo». Anche
sul piano politico, si diceva, a destra e sinistra si conviene sul fatto che non fosse il luogo né il
momento. Cosolini ricorda come nei suoi cinque anni di mandato il 25 aprile si sia «svolto in piena
serenità», e Rojc si chiede «come mai Dipiazza non abbia salutato, oltre a Fiore, tutti leader giunti
per i comizi prelettorali». Renzo Tondo (Ar) esprime «piena solidarietà al rabbino con rabbia e
indignazione per le sistematiche provocazioni di quelli che infangano il 25 aprile e mancano di
rispetto verso chi ha combattuto per la libertà e per la democrazia». E in tutto questo Dipiazza si
compiace «della quantità di messaggi di solidarietà ottenuta dopo che qualcuno ha dimostrato di
non sapere cosa sia la democrazia».

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Castello di Miramare, il biglietto più caro scatena la protesta (Piccolo Trieste)
di Benedetta Moro - Tutto il mondo del turismo è in agitazione per il rincaro di un terzo del
biglietto di ingresso al Castello di Miramare, che dal 12 maggio passerà da 8 a 12 euro. Il motivo?
Da questa data fino a dicembre la maggiorazione andrà a coprire i costi del nuovo percorso
“immersivo e multimediale” che aprirà i battenti alle Scuderie, in cui si incontreranno l’imperatore
del Messico Massimiliano d’Asburgo e l’artista Édouard Manet, che raccontò con la sua pittura le
responsabilità dei francesi nella fucilazione dell’arciduca d’Austria. Il caso è già scoppiato, non solo
per l’aumento - già registrato in passato ma all’epoca pari a solo due euro in più, per la mostra del
Liberty che ebbe grande successo -, ma anche perché agenzie di viaggio, tour operator e guide
turistiche denunciano che la novità sarebbe stata comunicata solo pochi giorni fa attraverso il
passaparola. A rimetterci dei soldi potrebbero essere in alcuni casi gli stessi operatori. Andreina
Contessa, la direttrice del Castello, che ha curato l’esposizione con Rossella Fabiani e Silvia Pinna,
spiega il perché del costo aggiuntivo, che comunque non potrà essere separato dal ticket per
l’ingresso al Castello: «È una mostra unica nel suo genere, mai realizzata fino a ora, è una vera e
propria esperienza, i cui costi, visti i mezzi anche multimediali, sono maggiori». Ma la direttrice
precisa che non era suo compito inviare queste informazioni agli operatori turistici: «C’è una
concessionaria, la cooperativa Verona83, con sede nella città veneta, che si occupa dei servizi
aggiuntivi. E conferma che è stata inviata l’informativa. È normale che i tour operator si lamentino
ma altrove nessuno li ascolterebbe, perché l’aumento del biglietto è accettato in tutto il mondo. E
confermo anche la pubblicazione delle informazioni sul nostro sito da mesi. Non si può arrivare a
tutti, sta alle guide informarsi e capita che i prezzi cambino». Eppure, a testimoniare che così non
sarebbe andata spunta ad esempio Promoturismo Fvg. «A oggi non abbiamo ricevuto alcuna
comunicazione ufficiale dell’aumento - commentano dagli uffici -, è stato scoperto tutto per caso
sul sito web». E anche il tour operator Michelangelo, con sede sul Lago di Garda, afferma la stessa
cosa: «Questo tipo di mostre ai nostri clienti, soprattutto tedeschi, non interessa, hanno già un
programma prestabilito, vogliono visitare il Castello e basta. Forse ci rimetteremo noi - annota
Mirko Frisinghelli dell’agenzia -. Abbiamo mandato una mail al Castello con la richiesta di
mantenere il prezzo originale, ma non abbiamo ricevuto risposta». Anche le triestine Key Tre viaggi
e Julia Viaggi (che afferma di aver saputo la notizia ieri) sottolineano i conseguenti disagi, mentre
la Cividin ritiene l’aumento di prezzo «troppo alto». Le guide turistiche sono seccate. «Gli ospiti
pagheranno un biglietto superiore, non avendo però il tempo di vedere la mostra - afferma Pietro
Scagnol -. In alcuni casi capiterà che le agenzie saranno costrette a dirottare la visita verso Duino.
Quattro euro non cambiano la vita ma non è una cosa ben fatta. Noi combattiamo affinché la
regione emerga e si presenti adeguatamente al turista, con prezzi concorrenziali: questi 12 euro, cui
se ne aggiungono altri tre tra auricolari e prenotazione, invece corrispondono a un biglietto più caro
di quello del castello di Schönbrunn». D’accordo il collega Andrea Gilli: «Aumentare durante la
stagione, quando agenzie e tour operator hanno ormai venduto i pacchetti, è scorretto. Potremmo
risentirne anche noi se qualcosa verrà annullato». Francesca Pitacco, presidente dell’associazione
guide turistiche Fvg, spiega invece come questo sia un aumento «dovuto», anche se aggiunge: «Non
sarà facile per noi trovarci all’improvviso a dover illustrare i temi dell’esposizione, dubito avremo il
tempo di prepararci». Concludono le due guide Maria Arzon e Marina Abbà: «Sarebbe meglio far
scegliere al visitatore cosa vedere con due biglietti separati. La mostra può essere un valore
aggiunto ma è scorretto comunicare in ritardo la differenza di prezzo».
Musei civici, momento d’oro, visitatori in crescita del 24%
testo non disponibile

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«L’ambulanza arriva dopo 40 minuti» (M. Veneto Udine)
di Giacomina Pellizzari - Questa volta a denunciare «un disservizio sanitario» è un medico di base:
«Vengo chiamato da un paziente a Pagnacco perché la moglie non sta bene. In pochi minuti sono a
casa loro e capisco la gravità del caso. Chiamo l’ambulanza che arriva 40 minuti dopo, quando la
paziente era già morta. Chiarisco subito un punto: anche se il mezzo fosse arrivato in orario, la
paziente sarebbe morta comunque». Era l’8 gennaio e il dottor Flavio Colle di Feletto, frazione di
Tavagnacco, rimase letteralmente senza parole. Non disse nulla e avrebbe continuato a farlo se il 23
aprile, due mesi dopo il primo caso, non fosse rimasto “vittima” di un ritardo analogo che l’ha
costretto a far accompagnare il malato con un mezzo privato in ospedale. Oggi rende pubblici
entrambi i casi nonostante il direttore della centrale operativa regionale emergenza sanitaria (Sores),
Vittorio Antonaglia, ripeta che per quanto riguarda l’8 gennaio, alla Sores la prima telefonata risale
alle 14.53, mentre il medico insiste a dire di aver composto il 112 alle 14.30 massimo alle 14.35 un
quarto d’ora prima del decesso della donna.Nella lettera indirizzata al Messaggero Veneto e
nell’intervista successiva, Colle spiega dettagliatamente cosa è accaduto quel pomeriggio. «Alle
14.30, l’ora in cui ho effettuato la prima chiamata al 112, l’operatore mi ha detto che avrebbe
inviato un’ambulanza a sirena. Dopo le prime cure le condizioni della paziente si sono aggravate
rapidamente e più volte ho sollecitato l’ambulanza che non arrivava. L’ho fatto per chiedere
l’automedica e un rianimatore in grado di iniettare adrenalina. Ma l’ambulanza continuava a non
arrivava e dopo circa un quarto d’ora la paziente è deceduta. Ho compilato il referto alle 14.45.
L’ambulanza partita da Tarcento è giunta a Pagnacco alle 15.10, quaranta minuti dopo la mia prima
chiamata».Arrabbiato, il medico ha approfondito la questione e appreso che a Tarcento sono
disponibili tre ambulanze. Troppo poche, a suo avviso, soprattutto in presenza di più emergenze.
Certamente Colle non avrebbe immaginato di trovarsi a dover gestire, poco più di due mesi dopo, lo
scorso 23 aprile, altri ritardi da parte dell’ambulanza. «Alle 20.40 sono stato chiamato da un
paziente in gravi condizioni e mi sono recato a casa sua. Ho chiamato l’emergenza sanitaria e
l’operatore mi ha detto di non avere a disposizione ambulanze. Ho ribattuto che il paziente era
grave e che doveva essere trasportato con urgenza in ospedale. Privo di risposte positive, mi sono
attivato con un amico che, con difficoltà, ha accompagnato il paziente al pronto soccorso dove
venne sottoposto a trasfusione di sangue essendogli stato riscontrato un valore molto basso». Colle
è arrabbiatissimo, non tollera di dover fare i conti con i ritardi dei soccorsi: «La colpa di tutto
questo non è certo degli operatori sanitari che - ripete -, a loro volta, subiscono i tagli alla sanità
voluti dagli amministratori pubblici per un calcolo puramente economico».Diversa la versione del
direttore generale della Sores: «In centrale non risulta la chiamata che il medico sostiene di aver
effettuato l’8 gennaio alle 14.30. La missione è stata attivata alle 14.53 e in 18 minuti l’ambulanza
era sul posto. A Pagnacco è arrivata alle 15.11». Ma il medico non ci sta: «Ho chiamato alle 14.30,
non posso averlo fatto dopo il decesso. Il marito della paziente ne è testimone». In attesa di
risolvere il giallo della telefonata dell’8 gennaio, Antonaglia assicura che chiarirà anche il caso del
23 aprile visto che la Sores continua a non trovare riscontri. «Ci sono circa 150 chiamate per quella
missione», ammette Antonaglia ricordando che la Sores gestisce circa 130 mila missioni all’anno.
«Questo non esclude possibili disguidi, ma - insiste il direttore - mi sento di dire che globalmente il
servizio è più che efficiente. Mi dispiace che il medico non si sia rivolto a noi per cercare di
spiegarsi e capirsi. Risolvere i problemi assieme è sempre preferibile».

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«Entro dicembre liquiderò anche questa Provincia» (M. Veneto Udine)
di Michela Zanutto - La Provincia di Udine, politicamente, non esiste più, ma dal punto di vista
amministrativo “resterà in vita” fino al 31 dicembre. A traghettarla verso la chiusura sarà il
dirigente triestino Paolo Viola, già commissario liquidatore delle Province di Pordenone, Gorizia e
Trieste.Dottor Viola, lei è a palazzo Belgrado da lunedì: su cosa si è concentrato?«Ho cominciato a
dare un’occhiata al bilancio e ho recuperato informazioni su alcuni temi: mi sono fatto spiegare le
urgenze. Dal punto di vista del bilancio ho guardato solo la previsione e non il rendiconto del 2017:
gli uffici stanno ancora lavorando ai residui e solo dopo la loro definizione ci saranno numeri
precisi. Comunque il bilancio di previsione sta in piedi con i trasferimenti dalla Regione».Prossima
mossa?«Resta da chiudere una serie di attività: sostanzialmente la rendicontazione dei contributi
erogati. C’è poi da fare un piano di ricognizione delle attività da trasferire a Regione o Uti. Tutto
questo entro il primo giugno. Poi, dopo una delibera di indirizzo della giunta regionale, saremo
chiamati a destinare gli immobili rimasti in capo alla Provincia».Proprio il passaggio delle proprietà
ha preoccupato il Consiglio uscente, come si procede?«A me spetta stilare una ricognizione
puntuale degli immobili e delle proprietà poi, analogamente a quello che è successo con gli altri tre
enti intermedi, la Regione dovrà fare una delibera di indirizzi che io devo applicare».Quanti sono i
dipendenti della Provincia in questo momento?«Sono rimaste 37 persone, di cui una trentina è già
inquadrata come dipendente regionale, ed è a disposizione del commissario. Dal punto di vista
contrattuale non sono più dipendenti della Provincia. Un’altra decina circa sta per essere inquadrata
nelle Uti scelte lo scorso anno, al momento della mobilita volontaria. Di questi, quattro o cinque
persone resteranno a disposizione del commissario per questo periodo finale».Sono previsti
trasferimenti a breve?«Ho cominciato ad analizzare la situazione a fare un po’ di incontri durante il
mio primo giorno di insediamento. Entro un mese credo che una quindicina di persone potrà essere
rilasciata subito verso gli enti di destinazione».Ha fatto discutere il futuro dell’orto botanico, quali
le sue intenzioni?«Il mio obiettivo è di farlo funzionare almeno come quando c’era la giunta
Fontanini. Di sicuro non lo chiuderemo, da quanto ho capito c’è già in essere una convenzione con
l’Ersa per la gestione corrente del parco. E la scorsa settimana è stata firmata un’altra convenzione
con l’università per una borsa di studio a un ricercatore che poi possa fare attività didattica nell’orto
botanico».Ha avuto modo di affrontare il nodo Exe?«So solo che è in liquidazione. Quando ho
incontrato i dipendenti provinciali ho chiesto dei temi sensibili ed è subito emersa la questione orto
botanico. Per Exe non mi hanno parlato di problemi immediati da gestire. Sarà una delle cose da
approfondire».Quando chiude definitivamente la Provincia?«Il 31 dicembre 2018. A
quell’appuntamento bisogna arrivare con tutti i piani di subentro chiusi, la destinazione degli
immobili deve essere già stata assegnata e deve essere terminata anche la gestione del bilancio. Il 31
dicembre la Provincia cessa di esistere e io come commissario liquidatore ho un mese di tempo per
fare il bilancio di liquidazione».È stato commissario liquidatore, contemporaneamente, degli enti
intermedi di Pordenone, Gorizia e Trieste. Che esperienza è stata?«Da un punto di vista umano e
lavorativo molto interessante. È chiaro che chiudere un ente non è una passeggiata. Ma ho trovato
sempre una ottima collaborazione in tutti i colleghi, anche in questi giorni a Udine».Quali i suoi
rapporti con il presidente uscente, Pietro Fontanini?«Ho avuto con il professore una chiacchierata
cordiale, un passaggio di consegne cordiale. Lo conoscevo già dalla sua esperienza in Regione».

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Graphistudio, il fatturato a -20%: 40 dipendenti su 177 in esubero (M. Veneto Pordenone)
di Giulia Sacchi - Quaranta esuberi tra i 177 dipendenti della Graphistudio di Arba, leader mondiale
della fotografia digitale, che ha chiesto di accedere ai contratti di solidarietà per sei mesi. Il numero
delle eccedenze è stato reso noto nell’assemblea sindacale di ieri, nel corso della quale si è discusso
dell’andamento dell’impresa e del momento di difficoltà che sta attraversando. Una crisi che
affonda le radici nel 2014, quando il fatturato ha iniziato a diminuire. Il calo attuale è del 20 per
cento. A contribuire alla contrazione della domanda da parte dei clienti è stata in primis la drastica
riduzione dei matrimoni: Graphistudio, sin dalla fondazione, lavora nel settore della produzione di
album fotografici principalmente per nozze. Dal 2014, l’azienda ha cercato di fare il possibile per
contrastare il calo degli ordini, mettendo in campo nuove strategie, tra cui lo Young book, che,
come aveva messo in luce quattro anni fa il patron Tullio Tramontina, ha suscitato notevole
interesse. Si tratta di un album dalle linee minimali, che si incastra nella scatola che lo contiene e
diventa un pezzo unico. Sono state messe in campo pure azioni di contenimento dei costi: si pensi ai
tagli operati nelle sponsorizzazioni, ridotte, secondo quanto riferito da Tramontina, a causa del
mutamento della normativa e del regime fiscale, e alle fiere. Il patron di Graphistudio aveva portato
un esempio per fare capire il quadro: per dieci giorni alla fiera di New York, Graphistudio aveva
speso circa 80 mila euro e acquisito un solo nuovo cliente. Si è quindi stabilito di potenziare la
comunicazione web, che garantisce una media buona di nuovi clienti al giorno. Ma il contenimento
della spesa e i nuovi progetti, almeno per ora, non si sono rivelati sufficienti. L’anno scorso si è
registrata un’ulteriore riduzione della domanda. Da qui, la necessità di attivare, per la prima volta
nella storia di Graphistudio, il salvagente degli ammortizzatori sociali. L’impresa, comunque, non si
ferma: i vertici aziendali sono al lavoro per studiare nuove strategie, ampliare i mercati (il
riferimento è quello estero), creare nuovi prodotti e riorganizzare la produzione. La volontà di
uscire da questo momento di difficoltà c’è: Graphistudio ce la sta mettendo tutta. Le preoccupazioni
dei lavoratori, il 70 per cento dei quali sono donne, sono elevate: lo si è percepito anche nel corso
dell’assemblea sindacale.Questa è la prima volta che l’azienda dichiara esuberi e attiva gli
ammortizzatori sociali, ma è pure la prima volta che le organizzazioni sindacali di Cisl, Cgil e Uil
fanno ingresso nello stabilimento di Arba. «L’assemblea è stata lunga e partecipata - ha
commentato il sindacalista Massimo Albanesi (Fistel Cisl) -. I lavoratori hanno compreso la
situazione e le problematiche che sta attraversando l’azienda e hanno deciso di affrontarle attraverso
un percorso sindacale». Quanto al momento difficile che sta vivendo Graphistudio, Albanesi ha
messo in evidenza che «si tratta, per il momento, di una situazione di crisi del settore, che per
l’azienda di Arba arriva dopo rispetto ad altre realtà ed è gestibile: non a caso in assemblea ho usato
la metafora del raffreddore per spiegarne l’entità».I timori dei dipendenti sono legati alla questione
delle eccedenze: i contratti di solidarietà, comunque, sono stati attivati per gestire questa fase
delicata senza mettere mano al personale. Ora resta da capire come verrà applicata la solidarietà tra
i dipendenti. Un altro aspetto che sta accendendo le preoccupazioni dei lavoratori.

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