RASSEGNA STAMPA CGIL FVG - mercoledì 18 luglio 2018

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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – mercoledì 18 luglio 2018
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)

ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2)
La Cgil va in Procura contro il “tetto” di bimbi stranieri (Piccolo)
«Rapporto scuola-lavoro da potenziare». E Rosolen lancia il tour sul territorio (Piccolo)
Tagliola delle tasse per le piccole imprese (M. Veneto)
Pasta Zara ai sindacati: i ricavi sono in ripresa (Piccolo)
Nestlè e Jab puntano a Illy. Ma la famiglia dice “no” (Piccolo)
Piccoli e rissosi, gli agricoltori non fanno impresa (M. Veneto)
Il Pd va alla conta: primarie il 2 dicembre (M. Veneto)
CRONACHE LOCALI (pag. 8)
Ferriera, congelata la copertura dei parchi della. Tensione Arvedi-Regione (Piccolo Ts, 3 art.)
Slitta l’incontro con Dipiazza. E i sindacati s’infuriano (Piccolo Trieste)
Ratificato a Roma l’addio al progetto del rigassificatore nella baia di Zaule (Piccolo Trieste)
Scontro sulla guida del porto: la battaglia rischia di finire davanti i giudici (Piccolo Go-Monf)
Disaccordo sull’affitto, l’Eurospin a Capriva chiude per protesta (Piccolo Go-Monf)
Cimolai, scatta l’indagine sindacale (Gazzettino e M. Veneto Pordenone, 2 articoli)
Lavoro, le crisi ancora aperte. Dieci nodi al pettine in autunno (Gazzettino Pordenone)
Bancarotta Acc, riaperta l’istruttoria civile (M. Veneto Pordenone)
«Assunzioni a Coop Casarsa o ricalcolare le trasferte» (M. Veneto Pordenone)
Ha poco personale: la segreteria scolastica chiude per le ferie (M. Veneto Pordenone)
Fontanafredda, personale dimezzato. La giunta si appella a Ciriani (Gazzettino Pordenone)
Gestione teatro, comanda il Comune. Prossima sfida lo Stabile friulano (M.V. Udine)

IL SERVIZIO RASSEGNA STAMPA SARÀ SOSPESO DAL 23 AL 27 LUGLIO

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ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2)

La Cgil va in Procura contro il “tetto” di bimbi stranieri (Piccolo)
Tiziana Carpinelli - Sulle scuole si va avanti. Pur se la vicenda s’è fatta ormai ingarbugliata e le
interpretazioni fornite dalle parti paiono discordanti, due cose sono certe: la prima è il deposito in
Procura a Gorizia di un esposto promosso ieri da Flc-Cgil contro l’atto siglato dal sindaco di
Monfalcone e da due dirigenti didattici che fissa un tetto, il 45%, alla presenza di bambini stranieri
nelle scuole, asili compresi; la seconda è che Anna Maria Cisint, prima cittadina leghista, tira dritto
e all’offerta dei sindacati di un «confronto, partendo però dal ritiro dell’atto», replica: «Non se ne
parla nemmeno». Dunque l’amministrazione ingaggia uno scontro frontale coi sindacati della
scuola, nonostante i rapporti fin qui distesi, almeno sul piano delle politiche occupazionali. «Se
ritiro l’accordo? Non ci penso affatto - commenta il sindaco -, anche perché non siamo stati dei
battipista sull’indirizzo: già la Regione Veneto prima e il Comune di Venezia poi hanno adottato un
protocollo simile al nostro, incassando perfino il plauso del Prefetto. Quindi l’unica vera differenza
è che lì, con un tetto del 30% di stranieri in classe, i firmatari sono stati applauditi come promotori
dell’integrazione, mentre qui, col 45%, siamo stati tacciati di razzismo». Sono 79, per la maggior
parte stranieri, i bambini rimasti fuori dalle scuole dell’infanzia.Ma veniamo all’esposto. «Si
ravvisano irregolarità che a nostro avviso possono sfociare sul penale - spiega il segretario regionale
Flc-Cgil Adriano Zonta -, ma sarà la magistratura a decidere. Noi invieremo l’esposto anche al
Garante dei Minori e al Miur». Per la Flc-Cgil l’accordo di programma «non parla di inclusione e
integrazione, bensì esclude i bambini». La Confederazione, che non ha fornito il testo dell’esposto,
elaborato da un proprio pool legale, non nega «la forte presenza di stranieri a Monfalcone», ma «i
bimbi non possono essere messi in mezzo, né ci può essere discriminazione». «Se si pensa allo
straniero come a un fastidio - prosegue Zonta - non si fa del bene. Perché invece dà lavoro,
produzione e benessere al monfalconese che opera grazie alle commesse. È vero, come dice Cisint,
che tutti i soggetti vanno interessati, compresa l’azienda, ma non con la filosofia del “Si arrangi
Fincantieri”». «Da 3 anni - arringa il sindacalista - si avevano i dati demografici, come mai non si è
pensato a risolvere prima il problema dell’esubero? Siamo disponibili a discutere, ma l’accordo va
ritirato: urge un tavolo sul dimensionamento scolastico». «Il tetto - conclude - è discriminatorio. E
non ce l’ho col sindaco, che fa il suo mestiere, ma coi dirigenti che ci sono “cascati” e hanno
firmato. Come mai l’Ufficio scolastico regionale non ha impedito l’atto?».E Cisint? «Non abbiamo
paura - attacca il sindaco - per ragioni giuridiche, didattiche e pedagogiche riteniamo di procedere.
Anzi, il prossimo anno ridurremo il tetto al 40%. Le precedenti politiche hanno solo portato alle
classi-ghetto». «Da mamma - spiega - non trovo giusto che i bambini monfalconesi fuggano in altri
comuni. Nel 2016 erano 90, ora sono la metà». La prima cittadina chiederà al tavolo in agenda
venerdì con l’assessore regionale Alessia Rosolen, il direttore dell’Ufficio scolastico regionale Igor
Giacomini e il senatore Mario Pittoni «classi più piccole e classi-ponte». Cioè? «Spazi in cui i
bimbi stranieri possano apprendere esaustivamente la lingua italiana - risponde - così quando
saranno pronti potranno essere inseriti in aula con gli altri». «Mi devono infine spiegare, i sindaci
che vi hanno aderito -- termina Cisint -, perché le Uti sono ok e le reti di scuola no. Ho appreso di
molti posti liberi negli asili dei Comuni vicini: 30 a San Canzian, 20 a Staranzano, 18 a Ronchi, 15
a Fogliano. Come mai nessuno si offre di accogliere i 79 bimbi rimasti fuori?».

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Il ministero ribadisce: gestione condivisa
La posizione del ministero non cambia rispetto alle dichiarazioni della scorsa settimana. Fonti
vicine a Marco Bussetti confermano che l’obiettivo, visto da Roma, è l’inclusione a scuola, e
smentiscono qualsiasi attrito col sindaco di Monfalcone Cisint. Il ministro, sollecitato, non
interviene. Nessun commento sull’esposto della Cgil Flc in merito all’applicazione alle materne
monfalconesi del tetto del 45% ai bambini stranieri. Ma dallo staff del ministro arrivano parole che
assicurano il chiarimento con la collega di partito. Quanto alle soluzioni, il ministro le aveva già
indicate: «Mi sono informato con gli uffici provinciali che hanno dato la possibilità di attivare due
classi in più e comunque siamo sulla soglia in percentuale della norma richiesta»...
A commentare è anche Mario Pittoni, da anni esperto nella Lega di tematiche legate alla scuola,
oggi presidente della commissione Istruzione del Senato: «La Cgil ha presentato un esposto? Vorrei
vedere con percentuali di stranieri superiori al 50% come pensano di poter fare integrazione. Noi
l’integrazione la vogliamo costruire davvero. Quel sindacato, al solito, si appoggia a un’ideologia
che ha portato a effetti opposti».
Un accordo, due interpretazioni. È scontro anche fra Garanti
Per un Garante che apprezza, c’è un Garante che boccia. Walter Citti, Garante regionale dei diritti
della persona, esprime per la seconda volta nel l asso di una decina di giorni «perplessità»
sull’accordo siglato a Monfalcone. Mentre Francesco Orlando, Garante comunale per l’infanzia e
l’adolescenza, fa sapere di «approvare». Ora, sebbene per Citti la previsione di un tetto percentuale
massimo di alunni di origine straniera nelle scuole per l’infanzia, astrattamente, «possa rispondere a
un obiettivo legittimo di evitare classi con elevate concentrazioni di alunni provenienti da un
medesimo gruppo etnico-linguistico», tale quota «dovrebbe rispondere a criteri di proporzionalità e
stretta necessità, per evitare possibili e gravi effetti discriminatori» (segue)
«I piccoli si accettano di più di quanto facciamo noi adulti»
testo non disponibile

«Rapporto scuola-lavoro da potenziare». E Rosolen lancia il tour sul territorio (Piccolo)
«Scuola e lavoro devono essere vasi comunicanti. Se il mercato chiede certe professionalità, spetta a
istruzione e formazione, con il coordinamento di una politica lungimirante, dare una risposta logica
e coerente. Per questo iniziamo una serie di incontri sul territorio per concertare le linee guida del
dimensionamento della rete scolastica e della programmazione dell’offerta formativa a partire
dall’anno 2019/20». Alessia Rosolen, assessore regionale al Lavoro, Formazione, Istruzione,
Ricerca, Università e Famiglia, traccia un percorso in 5 appuntamenti in Regione. Agli incontri, cui
prenderà parte Ketty Segatti, vicedirettore centrale della direzione regionale competente, sono stati
invitati il direttore dell’Ufficio scolastico regionale Igor Giacomini, tutti dirigenti scolastici del
territorio regionale, i sindaci e gli assessori all’istruzione di tutti i Comuni. «Partiamo dal territorio
e ci confrontiamo con amministrazioni comunali, dirigenti scolastici e insegnanti - spiega Rosolen -
per fare valutazioni rispetto a investimenti e interventi da programmare nel prossimo futuro. Le
linee guida del dimensionamento della rete scolastica e dell’offerta formativa verranno determinate
anche da una valutazione su peculiarità territoriali e reale situazione del tessuto sociale».
L’obiettivo è chiaro. «Come Regione a Statuto speciale - aggiunge l’assessore - lavoreremo per
potenziare le competenze previste dal Titolo V e avviare un percorso di progressiva
regionalizzazione del comparto. Focalizzeremo altresì l’attenzione sulla congruità e l’efficacia degli
interventi sull’alternanza tra scuola e lavoro: questo è un capitolo spesso sottovalutato, che in realtà
deve divenire un preziosissimo percorso di accesso all’occupazione». Da dove partire? «Abbiamo
istituti di assoluta eccellenza che devono fungere da incentivo e paradigma da imitare. La Regione
sosterrà tutti i progetti che siano in grado di proiettare i nostri giovani nel mercato del lavoro del
futuro. Ci sono professioni che cambiano e modalità lavorative che si trasformano. La scuola deve
anticipare queste dinamiche».

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Tagliola delle tasse per le piccole imprese (M. Veneto)
Elena Del Giudice - Mediamente il peso del fisco è più lieve in Friuli Venezia Giulia che in altre
aree del Paese. Ma la consolazione per le piccole e medie imprese dura poco visto che comunque il
prelievo supera il 50%. Meglio che a Reggio Calabria, ultimo posto nella classifica dei 137 centri
esaminati dalla Cna, dove arriva al record del 73,4%. Dall’altro capo della graduatoria c’è invece
Gorizia, al primo posto per la più bassa pressione fiscale, al 53,8%, mentre Udine è seconda con il
54,5%. Bisogna arrivare al 12° posto per trovare Pordenone, 56,4%, e al 17° per Trieste,
57%.Questi i dati per quel che riguarda il Fvg dal rapporto della Cna “Paese che vai fisco che
trovi”, che ha analizzato il carico fiscale determinato da imposte locali e tasse nazionali, calcolando
il Total Tax Rate, ovvero la percentuale di tassazione sul reddito di una piccola impresa, e
individuando il Tax Free Day, ovvero il giorno in cui l’imprenditore smette di lavorare per pagare il
fisco, e inizia ad accumulare per pagare il resto, a partire dal mantenimento della propria famiglia.
Nel caso di Gorizia, la città più virtuosa, la data è già passata, scattata il 14 luglio; per Udine invece
il giorno fatidico era ieri. A Pordenone dovranno invece lavorare per il fisco fino al 24 luglio, e fino
al 26 del mese a Trieste. Sempre nelle quattro province Fvg, i giorni di lavoro per i consumi
familiari vanno dai 157 di Trieste ai 169 di Gorizia; quelli per pagare i tributi sono ben 208 a
Trieste e 196 a Gorizia.Nel raffronto con il 2017, inoltre, i balzelli da versare complessivamente
all’erario, sono aumentati. E senza correttivi, anche il 2018 chiuderà con una pressione fiscale
segnalata in aumento.Il calcolo è stato realizzato individuando una Pmi-tipo, un’impresa individuale
che si occupa della produzione di infissi in legno. Un’impresa che conta 5 dipendenti: 3 operai a
tempo indeterminato; un operaio a tempo determinato e 1 impiegato a tempo indeterminato, con un
costo complessivo del lavoro di 165 mila euro. A fronte di ricavi pari a 431 mila euro, 165 mila
euro di costi per il personale, 160 mila euro di costo del venduto, ammortamenti per 25 mila euro,
altri costi per 31 mila euro, di cui 14 mila 500 euro per oneri finanziari, il reddito d’impresa prima
delle imposte deducibili è di 50 mila euro. Applicando il Total Tax Rate, il nostro imprenditore di
Gorizia verserà all’erario 26 mila 900 euro, e gliene rimarranno in cassa 23.100; l’imprenditore di
Udine lascerà al fisco 27.250 e ne terrà in tasca 22.750; a Pordenone verserà 28.200 in tasse e
imposte e 21.800 saranno il reddito netto; a Trieste il fisco si prenderà 28.500 e all’imprenditore ne
resteranno 21.500. La differenza tra l’imprenditore di Trieste, con maggiore tassazione, e quello di
Gorizia, fisco meno esoso, è di 1.600 euro. Se il raffronto lo si fa con Reggio Calabria, la differenza
è abissale: lo stesso piccolo imprenditore dovrà pagare per imposte e tasse 36 mila 700 euro, mentre
a lui ne resteranno solo 13.300, con una differenza, rispetto al collega goriziano di ben 9 mila 800
euro. «Occorre intervenire per ridurre la pressione fiscale sulle imprese», è l’appello della Cna.

Pasta Zara ai sindacati: i ricavi sono in ripresa (Piccolo)
I vertici di Pasta Zara, colosso alimentare di Riese Pio X (Treviso) con stabilimento a Muggia in
concordato preventivo dallo scorso maggio, e le organizzazioni sindacali regionali di Veneto, Friuli
Venezia Giulia e Lombardia, si sono incontrati ieri nella sede di Unindustria Treviso per un
aggiornamento sullo stato del percorso che dovrebbe condurre, entro la scadenza del concordato, il
prossimo 8 ottobre, alla presentazione di un piano industriale al Tribunale ed ai creditori. Secondo
quanto hanno riferito i sindacati, l’azienda avrebbe sottolineato come, lo scorso giugno, la
produzione ed il fatturato siano aumentati rispetto allo stesso mese dell’anno precedente e come
siano in corso valutazioni su manifestazioni di interesse per investimenti sulla società da parte di
fondi di private equity, così come da potenziali partner industriali.

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Nestlè e Jab puntano a Illy. Ma la famiglia dice “no” (Piccolo)
Piercarlo Fiumanò - Il mercato del caffè da tempo è dominato da una febbre da acquisizioni. Ieri
sotto i riflettori è finita la triestina Illycaffè che, secondo rumors riportati dall’agenzia Bloomberg,
sarebbe nel mirino di big stranieri come Jab Holding e Nestlè che avrebbero fatto concrete avances
verso Trieste. Proposte che sono state respinte dalla famiglia che controlla il gruppo e ormai arrivata
alla terza generazione. Jab, secondo quanto ricostruito dall’agenzia Usa, avrebbe manifestato
interesse per il gruppo del caffè triestino mentre qualche mese fa anche la Nestlè avrebbe tentato un
sondaggio, stoppato però fin da subito dall’indisponibilità alla vendita da parte degli azionisti.
IL NO DELLA FAMIGLIAIl presidente di illycaffè Andrea Illy ha chiarito i fatti: «Abbiamo
contatti regolari con queste compagnie, così come con la stragrande maggioranza dei gruppi del
settore, per confrontarci su aspetti non concorrenziali come il caffè e la salute, l’adattamento al
cambiamento climatico e via dicendo. Ogni ipotesi di accordi a livello societario è stata però
ritenuta inappropriata». In sostanza Trieste dialoga con questi grandi gruppi su questioni “macro”
ma qualsiasi proposta di accordo societario è stata decisamente rispedita al mittente.Jab Holdings di
recente ha riaperto i giochi sul mercato mondiale del caffè sfidando apertamente Nestlè e l’altro
gigante Starbucks. Il gruppo che fa capo alla famiglia tedesca Reimann, e che ha in portafoglio
marchi come le scarpe Jimmy Choo e il caffè Kuerig Green Mountain, ha acquistato la popolare
catena di ristoranti Pret a Manger per circa 1,7 miliardi di euro. In questo modo si è rafforzato
contro la rivale Nestlè con la quale è in guerra per la conquista della posizione dominante sul
mercato del caffè.
LA GUERRA DEL CAFFÉUna strategia aggressiva che ha spinto Nestlè a rispondere con una serie
di accordi, quali l’acquisizione di una quota di maggioranza in Blue Bottle Coffee e un’intesa da
7,15 miliardi di dollari con Starbucks per la vendita dei suoi prodotti fuori dalle sue caffetterie.
Sorvegliato speciale anche il gruppo Lavazza, concorrente italiano di Illycaffè, che con
l’acquisizione del marchio francese Carte Noire ha aumentato la sua quota di mercato al 2,5%.
Bloomberg riporta il parere di Jim Watson, analista senior di Rabobank International, secondo cui
Illy per competere dovrà necessariamente crescere. La famiglia Illy tuttavia ha piuttosto in agenda
la creazione di una holding per separare le società che seguono business diversi dal caffè - ovvero tè
e cioccolato - per accogliere nuovi partner finanziari, come ha spiegato il presidente del gruppo
Riccardo Illy in un’intervista ad Affari&Finanza di Repubblica. Al momento l’ingresso in Borsa
resta un’opzione remota. Andrea Illy ha sempre detto di vedere questa opzione come «un mezzo, e
non come un fine». A due anni dall’arrivo di Massimiliano Pogliani alla guida operativa i risultati
2017 di illycaffè sono in decisa crescita con ricavi a quota 467 milioni (+1,4%).

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Piccoli e rissosi, gli agricoltori non fanno impresa (M. Veneto)
Maura Delle Case - Chi non le ricorda quelle distese a perdita d’occhio. Era, il mais, l’oro giallo del
Friuli. Semente tipica dell’agricoltura nordestina che negli ultimi 15 anni ha via via ceduto il passo
alla soia, al girasole, alla colza. Seminativi meno problematici e costosi. In definitiva, più
remunerativi. Tanto che, dai 130 mila ettari del 2004, il mais si è ridotto ad appena 49 mila,
lasciando campo libero a soia (51 mila ettari), girasole, colza, frumento e orzo (40 mila ettari). Al
vertiginoso travaso di superfici si sono uniti poi i prezzi in picchiata, il nanismo delle imprese,
l’incapacità (tutta friulana) di fare squadra e i passaggi generazionali non andati a buon fine. Tirata
una riga a piè di pagina il risultato non è stato dei migliori. L’oro giallo si è ridotto di due terzi.
Abbandonato perché troppo costoso, a partire dalla semente, passando per i concimi, i diserbanti e il
lavoro in campagna. A fronte di un prezzo troppo basso che oggi è di appena 18 euro al quintale
contro i 34 della soia. Molto meno produttiva quest’ultima rispetto al mais (50 quintali ettaro contro
150) ma anche meno rischiosa e costosa. Delle due l’una.Negli ultimi anni in Fvg le aziende
agricole hanno abbandonato il cereale d’elezione preferendogli la soia, in qualche caso il Prosecco,
in altri hanno proprio abbassato la saracinesca. Troppo piccole (la dimensione media è inferiore ai
13 ettari) per resistere alla sfida competitiva che si gioca tutta oltre confine. A Chicago si fanno i
prezzi di quella che ormai è una commodity e che, senza andare troppo lontano dal Friuli Venezia
Giulia, nei Paesi dell’Est si coltiva in distese a perdita d’occhio. Un esempio? La Romania con le
sue coltivazioni di colza. Rispetto a quelle vastità le dimensioni delle aziende locali sono
insignificanti, zoppe in partenza nella competizione con realtà che pagano meno tutto. Dai campi
agli strumenti fino al lavoro per non parlare delle imposte. Difficile resistere con queste condizioni
ambientali. Se poi ci si mette di mezzo il “tipo” friulano, il “fasin di bessoi” nella sua accezione
deteriore, il pasticcio è fatto e la vicenda del Centro cooperativo cerealicolo di Rivolto è solo
l’ennesimo prodotto della rissosità del sistema. Ennesimo dopo quello di Latterie friulane.Piccole,
conflittuali e azzoppate da fattori esterni, che carte restano da giocare alle imprese agricole? Le
smazza Coldiretti, convinta che chance ce ne siano ancora. Oggi più che in passato grazie
all’etichettatura e alla sensibilità tutta nuova dell’industria che chiede materie prime tracciate. «Noi
possiamo offrirgliele - afferma il leader di Coldiretti Fvg, Dario Ermacora - ma abbiamo bisogno
tanto dei campi quanto degli essiccatoi. È per questo che dico: non possiamo permetterci di perdere
Rivolto in favore di un privato austriaco che rischia di inserirsi in un sistema già debole e
scompagnarlo. Dobbiamo viceversa mettere insieme le forze, le strutture e offrire all’industria, con
il tramite della cooperazione, la materia prima che di volta in volta viene richiesta. Locale, tracciata,
sicura, portatrice di una biodidersità che è il vero patrimonio del nostro made in Italy. Mettiamoci a
lavorare insieme - aggiunge Ermacora - e accompagniamo le imprese come abbiamo fatto anni fa
con la soia».Recente passato che non piace a tutti. Non a Duilio Campagnolo, presidente di
“Futuragra”. «Ricordo a Ermacora che le filiere c’erano già, le avevamo fatte negli anni ‘80, poi
siamo tornati indietro, questi circuiti virtuosi sono stati smantellati e in questo - afferma
Campagnolo - Coldiretti ha le sue responsabilità». A proposito di litiganti...

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Il Pd va alla conta: primarie il 2 dicembre (M. Veneto)
Mattia Pertoldi - Nei primi giorni di dicembre il Pd del Fvg avrà il suo nuovo segretario regionale e
con un mesetto di anticipo, tra fine ottobre e inizio novembre, almeno tre provinciali. Per sapere se
diventeranno quattro bisognerà attendere venerdì quando a Trieste, dopo le dimissioni di Giancarlo
Ressani, l’assemblea provinciale dovrà decidere se eleggere un nuovo segretario oppure, appunto,
convocare il congresso del partito locale, soluzione auspicata dallo stesso segretario uscente.Quella
che pesa maggiormente, però, è la conta regionale dopo gli anni, certamente non felici, targati
Antonella Grim e l’interregno di Salvatore Spitaleri che, quantomeno, ha saputo recuperare alcune
manciate di voti nel breve periodo che ha separato il Fvg dalle Politiche del 4 marzo alle Regionali
del 29 aprile, stravinte da Massimiliano Fedriga e dalla coalizione di centrodestra. Il momento
finale del congresso regionale si svilupperà domenica 2 dicembre quando le primarie - aperte come
da consuetudine a tutti, a differenza delle assisi provinciali dove invece voteranno soltanto gli
iscritti - decideranno chi guiderà i dem del Fvg nei prossimi anni.Prima, però, il Pd è atteso da due
step ben distinti tra loro. Si parte, infatti, con una fase d’ascolto e di confronto da concludersi entro
l’estate e incanalata lungo sei assi di pensiero e azione: welfare di prossimità per venire incontro
alle fragilità della popolazione; sviluppo sostenibile e nuove tecnologie; Europa e Fvg da
piattaforma logistica a piattaforma politica; comunicazione e consenso, dai circoli ai nuovi media;
dal partito alla coalizione, un’alleanza per il Fvg; democrazia e partecipazione.«Non affronteremo
questi temi soltanto nei circoli - ha detto Spitaleri -, ma, anzi, ci rivolgeremo soprattutto alla società
civile perché vogliamo consegnare ai candidati alla segretarie un elenco corposo e concreto dei
problemi e delle esigenze palesate dai nostri corregionali». A proposito delle candidature, quindi,
queste dovranno essere depositate entro il 15 ottobre e da quel momento in poi sarà campagna
elettorale. «Il congresso - ha concluso il segretario regionale - è un’occasione straordinaria di
ascolto dei cittadini, delle loro paure e delle loro insicurezze e serve a rafforzare una proposta di
sviluppo. È anche un’occasione per rimeditare sugli errori del passato e ripartire perché vogliamo
costruire un’alleanza e una coalizione in grado di competere con il centrodestra, con le sue chiusure,
contro una frammentazione che pone cittadini contro cittadini, territori contro territori». Secondo
Spitaleri «l’obiettivo finale sarà anche la progressiva definizione di una “carta dei valori del Pd
Fvg” che parta dall’identità di una regione che è sempre più cuore d’Europa, anche dal punto di
vista politico».

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CRONACHE LOCALI

“Congelata” la copertura dei parchi della Ferriera. Tensione Arvedi-Regione (Piccolo Ts)
Diego D’Amelio - Si conclude con un rinvio all’autunno, in un clima di diffidenza reciproca tra
Regione e Siderurgica Triestina, la Conferenza dei servizi convocata a Roma per discutere il
progetto di copertura dei parchi minerali della Ferriera di Servola. Da una parte, l’azienda subordina
l’impegno alla costruzione dei giganteschi e costosi capannoni alla chiarezza sul destino dell’area,
presentando intanto un progetto giudicato incompleto da Regione, Azienda sanitaria e Inail, tanto da
richiedere un aggiornamento della Conferenza a ottobre. Dall’altra, la Regione partecipa ai lavori
irrigidita da una lettera che il legale della proprietà ha recapitato nei giorni precedenti, dichiarando
di ritenere «l’Accordo di programma positivamente portato a termine». Missiva interpretata dalla
giunta come uno sgradito tentativo di influenzare l’incontro. La giornata si apre con la
pubblicazione della comunicazione spedita dallo studio legale Borgna di Trieste, sulla pagina
Facebook dell’assessore all’Ambiente, Fabio Scoccimarro. La lettera segnala che «gli impegni
assunti dall’imprenditore sono stati onorati, in ottemperanza a quanto previsto dall’Accordo di
programma, e sono in corso collaudi in attesa del decreto di avvenuta bonifica». Borgna sottolinea
infine che «non risulta che interventi di tale portata siano mai stati realizzati nel Paese». Parole che
Scoccimarro non digerisce: «Curiosa la lettera fatta pervenire alla vigilia della Conferenza dei
servizi. La “curiosità”, chiamiamola così, sta nel fatto che la lettera non provenga come tutte le
precedenti dalla società, bensì a scriverla è uno studio legale». L’assessore contesta le affermazioni
sull’Accordo di programma portato a termine: «Peccato dimentichino che nell’Accordo sono
compresi sia la copertura dei parchi minerari che la bonifica dell’hot spot rivelatosi essere una
sorgente di contaminazione primaria (presso la falda inquinata, ndr). Siamo disposti alla riapertura
dell’Accordo venendo incontro alle esigenze dell’imprenditore, purché sia fissata la data di chiusura
dell’area a caldo». La Conferenza si dedica intanto all’analisi del progetto di copertura dei parchi
presentato da Arvedi con diversi mesi di ritardo, ma respinto nella forma attuale a causa della
necessità di approfondimenti. Per l’Azienda sanitaria mancano indicazioni sui sistemi di
ventilazione e illuminazione, per l’Inail servono maggiori riferimenti ai dispositivi di sicurezza per
impedire la contaminazione dei lavoratori in una zona ricca di sostanze cancerogene e la Regione
chiede prescrizioni sul trattamento delle acque reflue. Informazioni che Siderurgica Triestina si è
impegnata a fornire a ottobre. La Conferenza decide nel frattempo che, data l’imponenza del
progetto, la concessione della Valutazione di impatto ambientale spetterà al ministero
dell’Ambiente e non più alla Regione. Sarà Roma ad analizzare il piano e mettere in luce costi e
benefici delle coperture, che dovrebbero costare non più 28 ma oltre 35 milioni (secondo la nuova
stima del ministero) e che gli esperti ritengono tuttavia poter risolvere solo in piccola parte la
questione della dispersione di polveri. Se ne parlerà a ottobre e poi con maggiore frequenza, grazie
alla creazione di un tavolo tecnico che la Conferenza ha attivato, su richiesta della Regione, per
permettere agli attori di confrontarsi mensilmente sui molti temi aperti.
Idrocarburi nella falda, sei mesi per la “mappa” e il piano di contrasto
Il M5s incalza Dipiazza sulla questione rumori
testi non disponibili

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Slitta l’incontro con Dipiazza. E i sindacati s’infuriano (Piccolo Trieste)
Ugo Salvini - Salta l’incontro e scoppia violenta la polemica fra le organizzazioni sindacali
confederali di Cgil, Cisl e Uil più gli autonomi dell’Usb da una parte e il sindaco Roberto Dipiazza
dall’altra. È successo ieri quando i sindacalisti, convocati per incontrare, oltre allo stesso Dipiazza,
anche l’assessore regionale alla Funzione pubblica Sebastiano Callari, per parlare della
stabilizzazione dei precari dei servizi educativi e scolastici del Comune, hanno saputo che non c’era
nessuno ad attenderli. Inevitabile la loro rabbia, sfociata in due improvvisate conferenze stampa.
Dapprima ha parlato Maria Pellizzari (Usb): «Poche ore prima dell’incontro - ha detto - il sindaco
ha fatto comunicare, e solo ad alcune sigle, la propria assenza e il rinvio della riunione a giovedì
(domani, ndr). Callari però non è stato invitato come promesso. Evidente - ha sottolineato - la
mancanza di rispetto nei nostri confronti. Tutto questo - ha concluso - fa sorgere il sospetto che
l’amministrazione stia allungando i tempi per evitare di arrivare a una soluzione che garantisca la
continuità lavorativa e la salvaguardia dei servizi educativi pubblici».Altrettanto dure le parole di
Virgilio Toso, della Cgil, che ha parlato anche a nome di Cisl e Uil: «Abbiamo urgenza di
conoscere la situazione dei precari del settore, per evitare che possano rimanere esclusi dal processo
di stabilizzazione. Denunciamo anche noi con forza - ha proseguito - l’enorme mancanza di rispetto
manifestata da Dipiazza nei confronti dei lavoratori».Accuse alle quali il sindaco, raggiunto
telefonicamente in Francia, dove si è recato per Esof 2020, ha replicato con altrettanta decisione:
«Sono all’estero per gli fare interessi della città e non in gita - ha sottolineato - perciò rigetto le
accuse. Ho fatto avvisare subito gli interessati , non appena ho visto che mi sarebbe stato
impossibile tornare a Trieste in tempo. Evidentemente - ha concluso - si vuole strumentalizzare una
situazione, per un rinvio di sole 48 ore, in quanto giovedì potrò essere presente».

Ratificato a Roma l’addio al progetto del rigassificatore nella baia di Zaule (Piccolo Trieste)
Riccardo Tosques - «Questa amministrazione dichiara l’archiviazione del procedimento di
autorizzazione alla costruzione del terminale di rigassificazione ubicato nel porto di Trieste-località
Zaule». La parola fine alla vicenda rigassificatore è stata posta in maniera tombale da Gilberto
Dialuce, direttore generale per la sicurezza e le infrastrutture energetiche del Ministero dello
sviluppo economico. Con una lettera inviata - tra gli altri - a Regione Fvg e Comune di Trieste,
Dialuce ha sancito nero su bianco la chiusura di una partita lunghissima, iniziata 14 anni or sono.
L’epilogo era sostanzialmente arrivato dopo la decisione di Gas Natural Rigassificazione Italia di
rinunciare formalmente al progetto, una rinuncia comunicata lo scorso 22 maggio al Ministero dello
sviluppo economico attraverso un documento firmato dal presidente del consiglio
d’amministrazione della Gas Natural Javier Hernández Sinde. Ora l’atto finale, con cui il Ministero
ha ratificato l’archiviazione di un progetto che per quasi tre lustri ha tenuto col fiato sospeso
cittadini triestini e muggesani, cancellando così lo spauracchio della presenza di enormi gasiere nel
golfo di Trieste, uno scenario fortemente contestato soprattutto dalle diverse associazioni
ambientaliste. Sino al 2016 il ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio aveva espresso
alla Regione il proprio giudizio favorevole di compatibilità ambientale sul progetto. Un importante
cambio di rotta a inizio 2017, quando l’allora ministro Carlo Calenda definì invece «non strategico»
il progetto. Parole che comunque non fecero desistere Andrea Wehrenfenning (Legambiente), Carlo
Franzosini (Wwf), Giorgio Cecco (FareAmbiente), Alda Sancin (NoSmog) e Giorgio Jercog (Amici
del Golfo) dal continuare, sino all’ultimo, la battaglia per il no al rigassificatore, una battaglia che
ha visto tra i maggiori protagonisti istituzionali il Comune di Muggia, da subito contrario al
progetto (il «no» era arrivato poi anche dal Municipio di Trieste, dalla Regione e dall’Autorità
portuale), con tanto di ricorsi al Tar e sit-in, come ricorda l’assessore all’Ambiente muggesano
Laura Litteri: «Muggia ha segnalato da subito che, accanto ai rischi ambientali e di sicurezza, il
rigassificatore avrebbe creato ostacoli insormontabili allo sviluppo delle attività portuali.
Auspichiamo che in futuro non vengano più proposti progetti del genere, ma si investa nelle energie
rinnovabili».

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Scontro istituzionale sulla guida del porto: la battaglia rischia di finire davanti i giudici
(Piccolo Go-Monf.)
Giulio Garau - C’è il rischio di uno scontro istituzionale senza precedenti sulla governance del porto
di Monfalcone per fare chiarezza su chi è il “padrone di casa” e ha in mano la guida dello scalo. La
Regione secondo quanto affermato dall’assessore alle infrastrutture e trasporti Graziano Pizzimenti,
nonostante il decreto del presidente della Repubblica che dal 14 giugno (con il precedente benestare
della stessa Regione) che ha passato la gestione all’Autorità di sistema portuale del mar Adriatico
Orientale che vede unite Trieste a Monfalcone, ha tutta l’intenzione di mantenere il governo e
dettare linee di sviluppo. E semmai ci sarà un passaggio dovrà essere concordato in modo graduale
con una posizione della Regione non certo di secondo piano, anzi. Una situazione che rischia di
trascinare Portorosega davanti a un tribunale amministrativo e subito dopo davanti alla Corte dei
conti. L’allarme arriva da diversi operatori dello scalo che con grande preoccupazione si sono
rivolti all’Autorità di sistema portuale per chiedere lumi su chi comanda davvero, perché il rischio è
che un eventuale contenzioso paralizzi uno scalo che finora non è mai decollato e che ha bisogno di
certezze per svilupparsi. La stessa Regione attraverso Pizzimenti ha spiegato che intende investire
in infrastrutture come l’escavo, nel piano regolatore che a ottobre vedrà il primo confronto con gli
operatori e Monfalcone. Lo stesso vertice degli operatori è stato convocato per fine luglio dalla
Regione con il Comune (il sindaco Anna Cisint è anche vicepresidente dell’Azienda speciale porto)
e l’Autorità di sistema è soltanto un «invitato» a casa sua. Un enorme pasticcio se si pensa che, da
quanto è emerso, realtà come la Capitaneria di porto e le stesse Dogane, che fanno da collettrici
delle tasse portuali e doganali, hanno ufficialmente riconosciuto a partire dal 15 giugno la
giurisdizione dell’Autorità di sistema portuale a Portorosega annunciando l’inizio dei trasferimenti
delle tasse (doganali, di ormeggio eccetera) dalla tesoreria alla stessa Authority. A che titolo dunque
la Regione sta spendendo soldi, programmando investimenti infrastrutturali, pianificando sviluppo e
continuando a fare da stazione appaltante? Chi è il reale» padrone di casa» in porto? C’è il rischio di
uno scontro giuridico molto doloroso anche davanti alla Corte dei conti. Ne è consapevole il
consigliere regionale monfalconese e capogruppo del Pd, Diego Moretti. «Il timore c’è ed è
concreto - commenta preoccupato - e se inizia un contenzioso non si sa mai quando e come finisce».
Moretti si unisce alle grandi preoccupazioni del segretario della Filt-Cgil Valentino Lorelli che
chiede di fermare incertezze e conflitti di potere in porto per non creare anche problemi
occupazionali. «Ora c’è un decreto che inserisce il porto di Monfalcone nell’Autorità di sistema
portuale - aggiunge - e che arriva a conclusione di un percorso che ha impegnato il Parlamento a
riformare i porti. Una norma che Regione e territorio chiedevano da anni e che è diventata operativa
dal 14 giugno». In un porto, come quello di Monfalcone si fatto «bloccato da anni per le
competenze plurime, le litigiosità, i veti incrociati e a causa di una legge regionale, la 12 del 2012,
che si interseca con la legge nazionale 84 del’ 94 e che di fatto in questi anni non ha funzionato».
Moretti dà ragione al sindaco Cisint sul fatto che nel decreto c’è «un vulnus, non vi è dubbio,
perchè è monco della presenza formale del Comune di Monfalcone». Ma al tempo stesso la critica
sul «movimentismo mediatico» perché «si prende meriti sulle bramme che non ha» e perché
«convoca riunioni pletoriche a fine luglio sul porto» con Pizzimenti che con le sue affermazioni
«alimentano solo incertezza e confusione». Il consigliere regionale Pd lancia un appello al
presidente della giunta, Massimiliano Fedriga: «Se non condivide tale impostazione ha solo una
strada di fronte: fare in modo che il Governo e il parlamento modifichino la legge riaprendo l’iter di
approvazione di un nuovo decreto oppure abrogarlo».-

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Disaccordo sull’affitto, l’Eurospin a Capriva chiude per protesta
(Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Matteo Femia - “Informiamo la gentile clientela che per cause non dipendenti dalla nostra volontà,
Eurospin chiude. Ringraziamo la clientela per la fiducia e la preferenza dimostrataci in tutti questi
anni ed i nostri collaboratori per il loro impegno e dedizione. Speriamo di poterci rivedere al più
presto”.Questo il messaggio che compare sulle vetrate d’ingresso dell’ormai ex supermercato della
zona commerciale di Capriva, sulla Sr56. Da qualche giorno, infatti, uno dei centri dove i caprivesi
- e non solo - si recavano a fare la spesa non esiste praticamente più: tutto chiuso, con le parole
sopra citate a salutare la clientela. Ma l’ultimo capitolo di questa vicenda potrebbe non essere stato
ancora scritto: è possibile infatti che la serranda sia stata abbassata solo momentaneamente.
Insomma, l’Eurospin potrebbe anche tornare.A rivelarlo è il sindaco Daniele Sergon: «Da quello
che ho potuto sapere - spiega il primo cittadino -, sembrerebbe che dietro questa novità ci sia il
mancato accordo tra proprietari dell’immobile e supermercato stesso, che nella struttura si trovava
in affitto. Non è stato dunque raggiunto un lieto fine ad una trattativa che andava avanti tra le due
parti da più di un anno sul canone di locazione. Da quanto ci risulta, però, le controparti stanno
ancora trattando: insomma, potrebbe essere una chiusura non definitiva, se nel frattempo si dovesse
arrivare ad un’intesa che soddisfi sia proprietà che affittuario». Per quanto riguarda la spesa
quotidiana, l’Eurospin è stato per anni un punto di riferimento per i clienti di Capriva e di tutto il
circondario e la sua chiusura fa il paio con quella del negozio attiguo gestito per qualche mese da
imprenditori cinesi, imprenditori che avevano però abbassato - in quel caso definitivamente - la
serranda da qualche tempo. Dunque quell’enorme complesso commerciale all’ingresso di Capriva è
ora del tutto vuoto. Ma, come detto, potrebbe essere solo una parentesi: la stessa amministrazione
comunale caprivese resta in attesa di eventuali novità. Eurospin è una catena che sul territorio è
stata presente per anni in passato anche a Mossa: filiali sono aperte anche a Gorizia, Monfalcone e,
proprio poco oltre il confine tra la provincia di Gorizia e quella di Udine, a San Giovanni al
Natisone.

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Cimolai, scatta l’indagine sindacale (Gazzettino Pordenone)
È mesto il clima in fabbrica il giorno dopo l’infortunio mortale che si è portato via Andrea Fellet,
l’operaio di 53 anni rimasto schiacciato sotto una lastra metallica del peso di 500 chili. L’area del
macchinario, all’interno della Cimolai di Roveredo in Piano, in cui è accaduto l’incidente è bloccata
dal sequestro necessario all’indagine degli inquirenti che dovrà stabilire esattamente cosa sia
accaduto. Ma nel resto della fabbrica il lavoro deve continuare. Ma gli operai, i colleghi di Andrea,
non vogliono dimenticare. Non vogliono che l’ennesima morte sul lavoro resti solo una triste e
drammatica statistica.
LA RIUNIONE E - dopo lo sciopero proclamato nell’immediato, più per solidarietà che per
protesta - proprio per capire e spiegare a tutti i dipendenti ciò che era accaduto il giorno prima, ieri
mattina, c’è stata una riunione delle Rsu (la rappresentanza sindacale interna) con i delegati che
ricoprono il ruolo di rappresentanti sindacali per la sicurezza. Anche il sindacato attenderà il
rapporto degli inquirenti intervenuti ieri sul posto e gli sviluppi dell’indagine giudiziaria. Ma
l’obiettivo delle rappresentanze sindacali è capire cosa esattamente non ha funzionato e perché è
accaduto. Un’analisi attenta e puntuale delle procedure che possa dare utili indicazioni su quello che
serve ancora fare per ridurre ulteriormente i fattori di rischio. Cosa che, per altro, alla Cimolai negli
ultimi anni avviene puntualmente ogni settimana. «Anche dopo - sottolinea un sindacalista interno -
un infortunio banale, viene fatto il punto per capire anche con l’azienda quali accorgimenti adottare
affinché il rischio sia ridotto al minimo fino ad essere azzerato». «Saranno gli organi inquirenti e la
magistratura - sottolinea Bruno Bazzo della Fiom-Cgil provinciale - a stabilire cosa sia accaduto.
Ma i lavoratori e l’azienda faranno un’approfondita analisi di quello che è successo. Se un operaio è
morto, cosa che non dovrebbe mai avvenire, significa che qualcosa non ha funzionato. E quindi
necessario fare ancora più di quello che in quest’azienda si fa già. Formazione puntuale degli
operai, ma anche investimenti in sicurezza che abbassino il più possibile la soglia di rischio.
Infortuni così non devono più accadere».
LA REGIONE Ieri è giunto anche il cordoglio personale e del Consiglio regionale del Friuli
Venezia Giulia espresso dal neopresidente Piero Mauro Zanin. «Una piaga dolorosa che impone a
tutti - sottolinea Zanin - una riflessione sulle strategie da mettere in campo per promuovere la
sicurezza nei posti di lavoro e sviluppare costantemente la cultura della prevenzione e
l’applicazione di azioni concrete». Intanto le morti sul lavoro in regione dall’inizio dell’anno
salgono a dieci. Erano state 26 nel 2017. E la Cgil regionale avverte: «A questo punto anche parlare
di allarme è riduttivo. È evidente - dichiara Orietta Olivo della segreteria regionale - che dietro a
questa recrudescenza, al di là delle cause di ogni singolo incidente, c’è un peggioramento generale
delle condizioni di lavoro. La sicurezza deve diventare uno dei temi principali per le imprese, ma
anche per la Regione. In particolare nell’agenda dell’assessorato competente, che è quello della
Sanità. Purtroppo, però, restiamo in attesa di una convocazione da parte dell’assessore Riccardi».
(Davide Lisetto)

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Morto alla Cimolai, s’indaga per omicidio colposo (M. Veneto)
La Procura di Pordenone ha aperto un fascicolo per omicidio colposo a carico di ignoti per fare luce
sulle cause dell’infortunio mortale nella torneria della Cimolai di Roveredo in Piano, in cui ha perso
la vita l’operaio di 53 anni Andrea Fellet. Per gli inquirenti non sono finora emersi elementi che
potessero portare a un’iscrizione nel registro degli indagati.Una prima relazione dei carabinieri della
stazione di Fontanafredda (coordinati dal luogotenente Gaetano Romano) e quella dei tecnici dello
Spsal (guidati dal funzionario Carlo Venturini) sono state depositate in Procura. Il pm Andrea Del
Missier, che coordina le indagini, ha affidato al medico legale Lucio Bomben l’autopsia, che sarà
eseguita stamattina all’ospedale di Pordenone. Fellet, roveredano, operaio esperto, in forze alla
Cimolai da oltre un decennio, è deceduto sul colpo. L’infortunio è avvenuto subito dopo la pausa
pranzo, intorno alle 13.30.Non è esclusa una consulenza tecnica sulla dinamica dell’infortunio
mortale, sulla quale sono in corso degli approfondimenti da parte dei funzionari dell’Azienda per
l’assistenza sanitaria specializzati proprio sulle questioni legate alla sicurezza sui luoghi di
lavoro.La lastra di metallo di forma trapezoidale, pesante 5 quintali, è rovinata addosso a Fellet, che
aveva appena completato la lavorazione con la fresa foratrice e doveva sollevare con il carroponte il
manufatto. Durante la lavorazione, la lastra viene avvitata a delle staffe, per evitare che si sbilanci e
travolga l’operaio. Poi viene assicurata al gancio del carroponte e solo a quel punto si può procedere
a svitare i supporti.I soccorritori hanno trovato la lastra inclinata sopra l’operaio, non agganciata al
carroponte e senza le staffe. Fellet stava operando da solo: non ci sono testimoni oculari
dell’accaduto. Da qui la necessità di accertamenti tecnici. Il primo a lanciare l’allarme è stato un
collega di lavoro, che aveva bisogno di utilizzare il carroponte e vedendolo bloccato, è andato a
controllare cosa fosse successo. Così ha trovato Fellet esanime sotto la lastra.I funzionari dello
Spsal stanno studiando la documentazione relativa al funzionamento della macchina utensile. Il
gancio del carroponte è stato posto sotto sequestro, così come l’area in cui è avvenuto l’infortunio.
A un primo esame, il gancio non ha palesato malfunzionamenti.

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Lavoro, le crisi ancora aperte. Dieci nodi al pettine in autunno (Gazzettino Pordenone)
Ci sono le situazioni di crisi conclamate e che si trascinano da tempo. Come è il caso delle aziende
del Gruppo Sassoli (circa 250 addetti) che non mostrano una via di uscita. E ci sono i casi di
aziende sulle quali pendono dei punti interrogativi di prospettiva. Come la Nidec della Comina, la
Came di Sesto al Reghena, la Metecno di Travesio e - per aspetti diversi - anche Electrolux e Savio.
Ci sono poi altre situazioni che tengono il sindacato con il fiato sospeso a causa di alcune recenti
operazioni di riorganizzazione o di vendita: sono i casi della Graphistudio di Arba e della Cartiera
del Gruppo Cordenons. I nodi dell’economia territoriale alla vigilia della pausa agostana sono una
decina. Mentre sarebbero rientrate le situazioni di allerta dei mesi scorse legate alla Ilpea Gomma
(ci sono state rassicurazioni dal vertice della società sulla tenuta dello stabilimento di Orcenico) e
della Tbm di Maniago (dopo gli scioperi il negoziato è ripreso e si è siglato un accordo integrativo
con premio di produzione e revisione degli orari).
SEGNALI POSITIVI Nel complesso il periodo pre-ferie di quest’anno è decisamente meno
allarmante e preoccupante di quello degli ultimi anni. Nel comparto della metalmeccanica il quadro
è piuttosto positivo: il numero di ore di cassa è drasticamente diminuito e molte imprese hanno
terminato la fase di riorganizzazione. Anche nel legno-arredo l’estate 2018 - a detta del sindacato -
dà meno preoccupazioni rispetto agli ultimi anni. Certo, non mancano le situazioni di difficoltà ma
nel complesso le riorganizzazioni aziendali continuano. Nella filiera dell’elettrodomestico il nodo
maggiore - a settembre verrà al pettine - è quello della Nidec, l’azienda di motori che occupa circa
300 addetti. Alla scadenza del piano potrebbe rimanere una cinquantina di esuberi: ma l’incognita è
legata alla prospettiva dell’azienda anche rispetto agli altri stabilimenti in Ungheria e Romania. In
autunno si capirà anche quale sarà il numero degli eventuali esuberi (e quanti decideranno di andare
alla Roncadin, opzione finora snobbata) alla Electrolux di Porcia. Inoltre, sempre in prospettiva, si
capirà in che misura Porcia sarà interessata ai maxi-investimenti della multinazionale nella
robotizzazione della fabbrica. E, di conseguenza, quali potrebbero essere le ricadute in termini
occupazionali. Resta aperta la vertenza Came: il possibile licenziamento degli addetti del
magazzino che la società vorrebbe appaltare. Vertenza estiva anche alla Metecno di Travesio dove
potrebbe esserci una ulteriore riorganizzazione. Sulla Savio l’interrogativo è legato alla vendita, per
ora congelata: ci sarebbero gli occhi di una multinazionale cinese e di un gruppo svizzero.
PREOCCUPAZIONI Passando ad altri settori, alla Graphistudio di Arba (specializzata nella
fotografia digitale) si sta utilizzando, a rotazione, il contratto di solidarietà che scadrà a fine anno.
Quando sarà necessario - come sottolinea il sindacato - valutare la situazione e decidere come
proseguire. Qualche timore aleggia anche sulla Cartiera di Cordenons appena acquisita dal fondo
statunitense Bain Capital, lo stesso che controlla Ideal Standard. Le organizzazioni sindacai hanno
chiesto un incontro ai rappresentanti italiani del fondo Usa: probabilmente un incontro sarà fissato
per settembre. (Davide Lisetto)

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Bancarotta Acc, riaperta l’istruttoria civile (M. Veneto Pordenone)
Colpo di scena anche sul versante civile nell’azione di responsabilità contro gli ex amministratori e
il collegio sindacale di Acc compressors, un tempo leader nella produzione di compressori per la
refrigerazione domestica, con sedi a Mel e a Pordenone.Il tribunale di Milano ha riaperto
l’istruttoria, disponendo una consulenza tecnica per verificare se il conferimento del ramo d’azienda
con marchio nel 2011 sia stato regolare e adeguato a ripristinare la continuità aziendale. Nel caso in
cui la risposta sia negativa, il ctu nominato dal tribunale dovrà quantificare «l’ammontare dei danni
che l’illegittima prosecuzione di attività caratteristica ha causato alla società in procedura e ai
creditori sociali».Il ctu dovrà calcolare, in tal caso, anche gli importi dovuti da ciascuno dei
convenuti, in ragione della carica, del periodo di tempo in cui l’hanno mantenuta e «del momento in
cui questi avrebbero dovuto accorgersi, secondo le regole della diligenza professionale,
dell’intervenuta perdita del capitale sociale e della continuità aziendale».L’amministrazione
straordinaria di Acc compressors ha chiamato in causa al tribunale di Milano, sezione specializzata
in materia di impresa, gli ex amministratori Luca Amedeo Ramella, Paolo Cesare Pecorella, Fausto
Cosi e i componenti del collegio sindacale Marco Baccani, Alberto Borelli, Luigi Provaggi. Il
convenuto Baccani ha ottenuto l’autorizzazione alla chiamata in causa della compagnia
assicuratrice.Il consulente tecnico unico del tribunale è stato incaricato anche di tentare una
conciliazione fra le parti. L’ordinanza del tribunale di Milano segna un punto a favore
dell’amministrazione straordinaria di Acc compressors (guidata dal commissario Maurizio Castro),
che ha quantificato il buco in 450 milioni di euro.

«Assunzioni a Coop Casarsa o ricalcolare le trasferte» (M. Veneto Pordenone)
Miroslava Pasquali - Le condizioni lavorative del personale di Coop Casarsa finiscono sotto la lente
d’ingrandimento delle organizzazioni sindacali, che chiedono all’azienda di assumersi degli
impegni concreti per migliorarle. La cooperativa, che impiega circa 120 dipendenti, conta 14 punti
vendita tra le province di Pordenone (Casarsa, San Giovanni, Fiume Veneto, Cordovado, San
Martino al Tagliamento, Pravisdomini, Lestans, Marsure e San Quirino) e Udine (Goricizza, Ruda,
Porpetto e Faedis), nonché un negozio a Francenigo.«A gennaio 2014 - ricordano Daniela Duz
(Filcams Cgil) e Mauro Agricola (Uiltucs) -, all’apice della crisi che ha travolto il settore della
distribuzione, è stato sottoscritto un accordo di crisi (tuttora in vigore) sulla base del quale i
lavoratori di Coop Casarsa hanno rinunciato al 60 per cento del salario integrativo aziendale». Per
un impiegato a tempo pieno si tratta di mille euro lordi annui, senza contare che il mancato rinnovo
del contratto nazionale di categoria ha congelato gli stipendi degli ultimi 4 anni.«I lavoratori hanno
dato un pesante contributo nel supportare la coop, che pure ha dimostrato nel tempo di avere una
certa solidità, come si evince dai bilanci». L’utile nel 2016 è stato di 46 mila euro, nel 2017 di 18
mila. «Abbiamo chiesto all’azienda di aumentare i livelli occupazionali, nel rispetto delle risorse
disponibili - incalzano dal sindacato -. Il personale attuale è in condizioni di criticità: impiegato su
più mansioni contemporaneamente e costretto a continui spostamenti tra i vari punti vendita, con
notevole impatto sulla conciliazione dei tempi lavoro-famiglia».Se non dovessero esserci le
condizioni per nuove assunzioni, il sindacato chiede perlomeno «la rivalutazione della franchigia
che non prevede il pagamento dei primi 10 chilometri che il lavoratore compie a fronte di un ricorso
ormai “cronico” alle trasferte».L’azienda ha aperto alla possibilità di misurare, entro settembre,
l’impatto economico che avrebbe questa manovra.

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Ha poco personale: la segreteria scolastica chiude per le ferie (M. Veneto Pordenone)
Chiara Benotti - «Chiusa per diritto alle ferie la segreteria scolastica a Meduno». Mario Bellomo,
vertice sindacale Flc-Cgil, fa gli scongiuri e in via Roma ha reclamato un organico aggiunto allo
sportello amministrativo dell’istituto comprensivo. «Mancano amministrativi per garantire il
servizio estivo - ha spiegato Bellomo -. Un applicato è ammalato, un altro è part-time, ma il diritto
alle ferie non si tocca. Abbiamo chiesto i rinforzi per l’ic Andreuzzi: è la punta dell’iceberg della
sofferenza diffusa nella Pedemontana».Segreteria sotto organico in via Roma e altrove. «Scuole in
ginocchio nelle segreterie e bidellerie - hanno suonato l’allarme allo sportello sindacale Flc-Cgil -.
Altri tagli in arrivo sull’organico 2018-19». La stretta sui conti pubblici si fa sentire.«Sono scaduti i
contratti di lavoro per tanti ausiliari e amministrativi e sono state concesse meno della metà di
proroghe sui contratti che servivano - ha denunciato Bellomo -. L’ufficio scolastico regionale ha
anche segnalato che alcuni dirigenti pordenonesi hanno sbagliato a compilare le domande di
proroga. Questo significa che gli applicati di ruolo nelle segreterie non potranno andare in ferie?
Violerebbe un diritto».La sofferenza sarà più forte negli istituti periferici. «Due o tre bidelli e due
amministrativi precari sono stati licenziati a fine giugno 2018 in ogni ic - ha calcolato il sindacalista
-. Per fare funzionare l’istruzione servono risorse». Scuole “cenerentola” nella Pedemontana: in
settembre l’organico di ausiliari, tecnici, amministrativi Ata perderà 5 posti nelle segreterie e 15
bidelli nel Friuli occidentale.

Fontanafredda, personale dimezzato. La giunta si appella a Ciriani 8gazzettino Pordenone)
Incontro della giunta con il senatore Luca Ciriani. Lunedì la consueta riunione dell’organo di
governo del Comune si è svolta infatti alla presenza del senatore, al quale il sindaco Michele Pegolo
ha illustrato le difficoltà che l’amministrazione sta affrontando. In primis la questione del personale.
Pegolo ha infatti detto al parlamentare che il personale ammonta a 33 effettivi contro i 65 posti
previsti in pianta organica. Una situazione che il primo cittadino intende risolvere in tempi rapidi,
purché venga concessa la possibilità di gestire in proprio la funzione del personale ora delegata
all’Uti del Noncello. La possibilità ha trovato una valutazione positiva da parte del senatore che ha
promesso un interessamento diretto sia in Regione che a livello superiore. «Questa grave situazione
- ha spiegato il sindaco - l’abbiamo ereditata, ma è difficile trovare soluzioni immediate anche per il
sovraccarico di lavoro cui deve far fronte il Comune di Porcia, che gestisce il personale per più
enti».
LE OPERE La giunta ha sottoposto anche un secondo problema che in questi giorni sta
interessando il Comune: la necessità di utilizzare la somma di 100 mila euro previsti per la
progettazione del recupero dell’ex centrale termica di Villadolt, per poter avviare subito invece la
progettazione del nuovo complesso che dovrà accogliere la sede della direzione didattica del
Comprensivo di Fontanafredda. Tale complesso dovrà sorgere in zona limitrofa alla sede della
primaria Marconi e diventerà anche la nuova sede della mensa per i bambini che frequentano il
plesso. «Tra le due opere - ha spiegato Pegolo - quello della sede mensa e direzione didattica ha
sicuramente la priorità. Abbiamo già la possibilità di acquisire il terreno, ma se potessimo dare
avvio anche alla progettazione, utilizzando i fondi, saremmo davvero in grado di dare una
importante risposta i nostri cittadini».
SICUREZZA Affrontato con il senatore Ciriani anche il tema dei fondi frutto del eventuale riparto
previsto in Regione. Tutti temi su cui Ciriani ha promesso un interessamento immediato, tant’è che
si è fatto consegnare un duplicato di tutte le pratiche relative alle tematiche affrontate. Ultimo tema
affrontato quello della sicurezza in materia di spettacoli e sagre. Qui il senatore ha spiegato i
dettagli delle modifiche proposte al fine di differenziare meglio le previsioni, visti gli effetti
negativi che le regole scritte dopo i fatti di Torino nel 2017 stanno producendo sui piccoli eventi
locali, come sagre e altro, e come Nave insegna. (Riccardo Saccon)

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