RASSEGNA STAMPA CGIL FVG - venerdì 17 maggio 2019

Pagina creata da Martina Mancini
 
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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – venerdì 17 maggio 2019
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)

ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA (pag. 2)
Roma vuole nominare i dirigenti della sanità. Lega e Fi contro il M5s (M. Veneto)
Immigrati del Fvg secondi in Italia per reddito medio. Irpef a 250 milioni (Piccolo, 2 articoli)
Il resort e le piene: «Rischio elevato per l'ambiente e anche per i turisti» (M. Veneto)
Aeroporto in attivo nonostante Alitalia e la riduzione dei voli di Ryanair (M. Veneto)
CRONACHE LOCALI (pag. 6)
Assunzioni in calo: -8% nei primi tre mesi dell'anno (Mv e Gazzettino Udine, 25 articoli)
Pinton vince la competizione con Zannini: è lui il nuovo rettore dell'ateneo friulano (Mv Ud)
«Sanità a rischio per i troppi tagli». E la Cgil protesta con un volantinaggio (Mv Udine)
L'Uti cerca dipendenti, pronte venti assunzioni per aiutare i Comuni (Mv Udine)
Alla Nidec ripiomba l'incubo degli esuberi (Gazzettino Pordenone)
Sèleco, scoperto il bluff: addio rilancio. Il tribunale ha dichiarato il fallimento (Mv Pn)
Edilizia scolastica, l'accusa del Pd «Pordenone è stata dimenticata» (Gazzettino Pn, 2 art.)
Ambientalisti, attacco al cementificio (Gazzettino Pordenone)
Acqua pulita, progetto da 20 milioni (Gazzettino Pordenone)
Il Tribunale spegne i televisori Sèleco. Dal sogno Porto vecchio al fallimento (Piccolo Ts)
L'imprenditore tace. Il gip: «Resti in carcere» (Piccolo Gorizia-Monfalcone, 2 articoli)

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ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA

Roma vuole nominare i dirigenti della sanità. Lega e Fi contro il M5s (M. Veneto)
Maura Delle Case - Alleati gialloverdi divisi sulla norma "anti-raccomandati" in sanità, proposta e
votata dai soli pentastellati. La Lega invece si è astenuta. A Roma, come in Fvg. Massimiliano
Fedriga tace, ma affida al suo vice, il forzista Riccardo Riccardi, il compito di tuonare contro
l'emendamento approvato in commissione Affari sociali della Camera che punta a togliere ai
presidenti di Regione la discrezionalità sulla nomina dei dirigenti sanitari costringendoli a pescarne
i nomi da una graduatoria pubblica per titoli. «Non sta né in cielo né in terra - tuona Riccardi -. Uno
Stato che impone la scelta dei direttori generali delle aziende sanitarie a una Regione come la
nostra che copre con fondi propri il bilancio della sanità è fuori dalla realtà. È la legge - afferma il
vicepresidente Fvg - che stabilisce le regole per definire chi ha titolo per esercitare queste
funzioni».«Pensare che i presidenti delle Regioni - rincara la dose il vice di Fedriga -, dopo esser
stati eletti direttamente dalla propria gente, non abbiano titolo per decidere a chi affidare la
responsabilità dei servizi significa proseguire verso quell'orizzonte oscuro dove tutto dipende da
un algoritmo».Riccardi conclude tirando in ballo la legge Bassanini: «Evidentemente c'è chi ancora
non ne ha capito gli effetti. Poter decidere a chi affidarsi è responsabilizzazione, non influenza
politica. E non apriamo il discorso sulla costituzionalità di questo eventuale provvedimento».In
commissione il deputato friulano Massimiliano Panizzut (Lega) ha tentato la contromossa
presentando un sub-emendamento (poi ritirato) che mirava a restringere i confini di applicabilità
della nuova norma alle sole Regioni commissariate. Ossia Calabria, Campania, Lazio e Molise.
«Come Lega non siamo d'accordo - ha ribadito ieri - ancor meno noi del Fvg che gradiremmo
autonomia di scelta visto che per la Sanità non dipendiamo dallo Stato. Detto questo,
l'emendamento è fine a se stesso, una cosa buttata lì, non specifica nulla su come e chi dovrà
stilare la graduatoria. Riordinare la materia sarà compito di una legge presentata dai 5 Stelle che è
già all'esame del Senato».«Che ragione c'era dunque di fare un blitz nel bel mezzo del decreto
Calabria?», si chiede il deputato forzista Roberto Novelli offrendo a ruota la sua risposta: «È una
boutade pubblicitaria. I 5 Stelle stanno precipitando, gli serviva uno spot pre-elettorale».Di
tutt'altro avviso ovviamente il deputato pentastellato Luca Sut che rivendica la bontà
dell'emendamento e le sue ragioni: «Ribadisco quanto chiarito dal ministro Grillo. Le nomine in
Sanità non devono essere politiche ma rispondere a criteri oggettivi di competenza e
professionalità. È una posizione che abbiamo sempre avuto e che con questa norma
confermiamo».

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Immigrati del Fvg secondi in Italia per reddito medio. Irpef a 250 milioni (Piccolo)
Marco Ballico - Gli immigrati del Friuli Venezia Giulia hanno un reddito medio pari a 15.529 euro
annui (su una media nazionale di 13.761, compresi pure tedeschi, francesi e svizzeri), secondo solo
a quello dei contribuenti nati all'estero che vivono in Lombardia (16.116 euro). Il gap rispetto ai
redditi degli italiani resta però ugualmente alto: 7.238 euro (7.736 a livello italiano). I dati sono del
dipartimento delle Finanze del Mef, elaborati dalla Fondazione Leone Moressa. Riguardano le
dichiarazioni dei redditi 2018 (anno d'imposta 2017), che fanno emergere il contributo della
componente immigrata alla fiscalità nazionale: si tratta di 3,87 milioni di contribuenti (125.323 in
Friuli Venezia Giulia, di cui 24.529 a Trieste e 17.092 a Gorizia), che hanno dichiarato 52,9 miliardi
di redditi e versato 7,9 miliardi di Irpef (3.175 euro pro capite). Il peso in regione? L'Irpef 2018
dalla componente immigrata è di 295 milioni (3.341 euro pro capite), tra i 118,9 milioni di Udine,
gli 86,1 di Pordenone, i 58,4 di Trieste e i 31,6 di Gorizia. Numeri in aumento progressivo dal 2010
(i contribuenti nati all'estero sono al +5% nell'ultimo anno e al +15,8% negli ultimi sette, l'Irpef
versata cresce del 3,6% e del 17,1%), ma il contributo resta comunque modesto: solo il 4,3% del
gettito totale, in conseguenza del fatto che quasi la metà della popolazione immigrata dichiara
meno di 10 mila euro (gli italiani in quella classe di reddito sono invece il 28,6% dei contribuenti).
Per entrambi i gruppi la componente più numerosa è quella compresa tra 10 e 25 mila euro (40,5%
per i nati all'estero e 41,8% per i nati in Italia). Molto diversa invece la situazione per i redditi oltre
quota 25 mila: appena 439 mila contribuenti nati all'estero (11,4%) si collocano in questa fascia,
contro il 29,5% dei nati in Italia. Nel quadro delle regioni, più di un contribuente immigrato su due
si concentra tra Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Lazio. In nove regioni (del Centro-Nord)
superano il 10% del totale (la media nazionale è del 9,5%, in Fvg sono il 13,6%), con il picco
massimo in Trentino Alto Adige (15,1%). A livello provinciale il primato spetta a Prato, con 22,2
contribuenti stranieri ogni 100. Tra le grandi città, Milano registra un'incidenza del 13,6%.
Nettamente superiori alla media nazionale anche Genova e Firenze. Se i più "ricchi" sono i nati
all'estero lombardi e friulgiuliani, i più poveri si registrano in Puglia, Calabria e Basilicata, con
redditi al di sotto dei 10 mila euro annui. Nello specifico dei territori del Fvg, l'incidenza più alta dei
contribuenti nati all'estero è quella di Gorizia (15,7%, a seguire Pordenone con il 15,4%, Trieste
con il 13,7% e Udine con l'11,9%). Il reddito pro capite più alto è però quelle delle province friulane
(16.395 a Pordenone, dato secondo solo a Belluno nel Nord Est, 15.998 a Udine), con Trieste a
14.649 e Gorizia a 13.669. La media nelle altre regioni nordestine è di 14.774 euro in Veneto,
14.054 in Emilia Romagna e 13.623 in Trentino Alto Adige. Passando alle nazionalità, quasi un
quinto dei contribuenti nati all'estero proviene dalla Romania (689 mila). Seguono Albania (287
mila), Marocco (227 mila) e Cina (196 mila). Nell'ultimo anno c'è stato un generale aumento nel
numero di contribuenti: i tassi più alti si sono registrati per i nati in Pakistan, Senegal, Moldavia e
Bangladesh con incrementi superiori al 10%.
La Uil critica la nuova omnibus: «Penalizza gli addetti frontalieri»
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Il resort e le piene: «Rischio elevato per l'ambiente e anche per i turisti» (M. Veneto)
Luana de Francisco - «Chiudere l'indagine il prima possibile». È a questo che punta la Procura di
Udine, ora che i decreti di sequestro preventivo disposti dal gip sono stati eseguiti. «Abbiamo
chiesto la misura quando ritenevamo di avere acquisito elementi sufficientemente sicuri. Siamo
pronti per avviare a conclusione l'attività», ha affermato il procuratore capo, Antonio De Nicolo,
all'indomani del blitz con cui i carabinieri del Nas hanno sigillato il "Marina Azzurra Resort" e un
magazzino del ristorante "Al Cason", entrambi lungo la sponda sinistra del fiume Tagliamento, in
località Riviera, a Lignano Sabbiadoro. Ed entrambi ritenuti opere abusive, in quanto costruite sulla
base di permessi concessi in violazione delle norme urbanistiche e del piano di assetto
idrogeologico. Tempi rapidi, quindi, proprio come quelli annunciati dalle difese, a loro volta decise
a recuperare velocemente i beni in sequestro.Il procuratoreE se è vero che l'operazione è scattata
proprio alla vigilia dell'inaugurazione della stagione estiva - la prima per l'esclusivo villaggio
turistico da 40 milioni di euro, al varo il prossimo 25 maggio -, è lo stesso procuratore a
sottolineare come «ci si stia muovendo in fretta, anche nell'interesse degli indagati: è giusto - ha
detto - che, dopo il sequestro, non attendano a lungo per vedere decisa la loro posizione». Il resto
è scritto nelle carte, che gli studi legali in campo per assisterli, e preparare le rispettive istanze al
tribunale del riesame, hanno iniziato a studiare.Gli indagatiPer quanto fra loro scollegate, le due
vicende trovano un minimo comun denominatore nella figura del dirigente dell'Area tecnica del
Comune di Lignano: è all'architetto Paolo Giuseppe Lusin, 55 anni, di Pieris, che sono contestate
due ipotesi di abuso d'ufficio, per avere «avocato a sé entrambe le pratiche» e rilasciato il via
libera, nonostante i pareri negativi dei professionisti e colleghi che le avevano istruite. Rispondono
di violazione delle normative urbanistiche, in concorso con lo stesso dirigente, invece, gli
imprenditori Giorgio Ardito, 52, presidente della "Lignano Pineta spa" proprietaria dell'edificio che
ospita il Cason, e i veneti (tutti residenti a San Michele al Tagliamento) Angelo Basso, 53, titolare
della "Europa group srl", la società di Latisana cui Lusin concesse il permesso a costruire il resort, e
Laura Barel, 73, e Marco Frattolin, 49, legali rappresentanti della "Adriacos srl" di Latisana, che lo
ha realizzato. Un'ipotesi di falso ideologico, infine, è contestata al geometra Massimo Sandri, 55, di
Lignano, per la "Relazione tecnica di asseverazione" depositata in Comune a corredo dell'istanza di
rilascio del permesso all'ampliamento chiesto da Ardito.L'esigenza cautelareIl «verosimile
progressivo incremento» di ospiti e lavoratori in vista «dell'imminente inizio della stagione estiva»,
e, quindi, l'«aumento del carico urbanistico, la conseguente alterazione dell'assetto del territorio
derivante dalla presenza umana e dall'esercizio delle relative attività» e «la sussistenza di
situazioni di elevato rischio per l'incolumità pubblica e per l'ambiente». È riassunta in questo
passaggio del provvedimento del gip Daniele Barnaba Faleschini la spiegazione che ha imposto il
sequestro del resort e delle sue 67 house boat. Troppo vicine all'acqua, considerato anche quel
che avvenne non più tardi dello scorso 30 ottobre, con la piena del Tagliamento. I carabinieri del
Nas erano là, a documentare l'acqua che saliva fino a sfiorare la sommità degli argini, nella
darsena che, tra una settimana, avrebbe visto approdare i primi turisti. Il giudice parla di «attuale
e indifferibile esigenza di impedire che la libera disponibilità delle opere abusivamente realizzate
possa aggravare le conseguenze dei reati». E concede l'unica misura cautelare reale in grado di
evitare il peggio.

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Aeroporto in attivo nonostante Alitalia e la riduzione dei voli di Ryanair (M. Veneto)
Mattia Pertoldi - Trieste Airport chiude il bilancio 2018 con un attivo di quasi 1 milione 500 mila
euro e un volume di passeggeri in linea con quelli dell'anno precedente, sintomo evidente di come
lo scalo regionale, ormai, sia in grado di reggere l'urto di eventuali scossoni e la concorrenza degli
altri competitor. Perché l'anno andato in archivio qualche mese fa è stato quello che ha segnato
l'abbandono di due tratte servite da Ryanair e della partecipazione, anche se indiretta, di Ronchi,
al pari degli altri scali del Paese, al salvataggio di Alitalia.dati del bilancioIl 2018 di Trieste Airport si
chiude con un utile netto di 1 milione 456 mila euro e un Ebtda, cioè il margine operativo lordo, di
4 milioni 717 mila. Il tutto in attesa che, tra fine giugno e luglio, si completi il passaggio del 55%
delle azioni nelle mani di F2i in cambio di un corrispettivo economico, per le casse della Regione,
pari a 32,8 milioni. «Un risultato molto positivo - ha commentato l'assessore alle Finanze Barbara
Zilli - sia per l'immediato sia in prospettiva considerato come il perfezionamento dell'operazione
con F2i ci permetterà di rafforzare ulteriormente il ruolo dello scalo dal punto di vista delle
ricadute turistiche e commerciali».ALITALIA E RYANAIRI numeri dell'aeroporto sono ancora più
positivi se li inquadriamo all'interno dello scenario generale che ha interessato lo scalo lo scorso
anno. Perché se è vero che nel 2017 Ronchi dei Legionari chiuse il bilancio con un attivo di poco
inferiore ai 3 milioni, è altrettanto vero che all'epoca non si dovette fare i conti con la variabile
Alitalia. «Le operazioni di salvataggio della compagnia di bandiera - ha infatti spiegato il direttore
generale di Trieste Airport Marco Consalvo -, hanno portato al mancato pagamento di 2 milioni di
crediti che vantiamo nei confronti di Alitalia. Abbiamo chiesto, attraverso i nostri legali, di ottenere
quanto ci spetta, ma intanto, in via cautelativa, il credito è stato svalutato perdendo a bilancio,
quindi, più o meno 1 milione e 300 mila euro». Poi ci sono i passeggeri che nel 2018 si sono
attestati sulle 772 mila unità - di cui 708 mila per voli di linea e 58,8 mila per charter - e sui livelli
del 2017. Il tutto nonostante la decisione di Ryanair di cancellare i collegamenti con Ciampino e
Trapani. «Un taglio - conclude Consalvo - che ci è costato più o meno 130 mila passeggeri». Da
Trieste Airport, in definitiva, sono partiti in totale 15 mila 470 voli di cui 8 mila 245 di linea e 7 mila
225 di aviazione generale.investimentiIl quadriennio 2016-2019 si è chiuso con 40 milioni di euro
di investimenti impiegati anche per la realizzazione del Polo Intermodale (17 milioni). Dal 15 al 30
giugno avranno poi luogo i lavori per la riqualificazione della pista di volo (10 milioni) con
l'obiettivo di rendere lo scalo ancora più competitivo e attraente per le compagnie aeree
internazionali. Per il prossimo quadriennio 2020-2023 sono programmati altri 30 milioni di euro di
investimenti di cui 15 destinati al potenziamento delle infrastrutture di volo, 11 per ulteriori
miglioramenti infrastrutturali e di servizi del terminale e di altri edifici. Due milioni di euro saranno
invece investiti in chiave "green" e altrettanti per l'ulteriore potenziamento della viabilità di
accesso all'infrastruttura e per la security aeroportuale. «Lo scalo era abituato a investimenti
dell'ordine di un milione di euro - ha detto Antonio Marano, presidente dell'aeroporto friulano -,
mentre adesso la marcia è decisamente cambiata. Quanto alle rotte, inoltre, siamo in trattativa
con diversi operatori e a breve contiamo di annunciare l'avvio di nuovi collegamenti».il futuro cdaIl
prossimo step per l'aeroporto è legato, adesso, all'ufficializzazione definitiva dell'ingresso di F2i nel
capitale sociale con il controllo del 55% delle quote. Per quanto riguarda il Cda, inoltre, il
presidente spetterà sempre alla Regione, l'amministratore delegato andrà in quota F2i, mentre
entrambi i soggetti nomineranno due componenti a testa del Consiglio. Dopo quattro anni di
partnership, infine, la Regione potrà decidere se riprendersi la maggioranza dello scalo.

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CRONACHE LOCALI

Assunzioni in calo: -8% nei primi tre mesi dell'anno (Mv Udine)
In provincia di Udine, secondo le elaborazioni dell'Ufficio studi di Confindustria Udine su dati
dell'Osservatorio del lavoro della Regione, nel periodo gennaio-marzo 2019 le assunzioni hanno
riguardato 21.807 rapporti di lavoro, -8% rispetto all'anno precedente (quando si sono contate in
23.705 unità). Le cessazioni sono state pari a 17.179 unità, con un saldo positivo di 4.628 unità,
inferiore però a quello registrato nel primo trimestre del 2018 (5.733).La maggior parte delle
assunzioni nel primo trimestre 2019, 8.953 pari al 41,1% del totale, ha interessato il terziario, in
diminuzione del 10,4% rispetto all'anno precedente. Segue il manifatturiero che, con 3.993
assunzioni, il 18,3% del totale, ha registrato un calo del 17,8%; il saldo, a seguito di 3.276
cessazioni, è stato comunque positivo, pari a 717 unità. Le costruzioni, con 1.221 assunzioni, il
5,6% del totale, segnano invece un incremento del 23,5%.Nel complesso dei settori economici la
tipologia contrattuale prevalente è rappresentata dal rapporto a tempo determinato, che ha
interessato 10.448 assunzioni pari al 47,9% del totale. Seguono il lavoro in somministrazione,
3.501 assunzioni corrispondenti ad una quota del 16,1%, il rapporto a tempo indeterminato, che
ha caratterizzato 2.764 assunzioni, il 12,7% del totale (nel primo trimestre 2018 era il 10, 2% del
totale) e il lavoro intermittente (6,9% per 1.497 assunzioni). Nel manifatturiero la tipologia
contrattuale maggiormente utilizzata resta il lavoro in somministrazione, 1.516 assunzioni pari al
38% del totale, seguita dal lavoro a tempo determinato, 1. 197 assunzioni per una quota del 30%,
e da quello a tempo indeterminato, 841 assunzioni per una quota del 21,1% (nel primo trimestre
2018 era il 13% del totale). «Questi dati purtroppo non ci sorprendono - commenta Anna Mareschi
Danieli, presidente di Confindustria Udine - poiché la flessione nelle assunzioni e nel saldo con le
cessazioni riflette l'andamento negativo della produzione industriale, sia a livello territoriale che
nazionale. In Italia, a marzo l'indice della produzione industriale è sceso dell'1,4% rispetto a marzo
dello scorso anno, segnando una variazione negativa maggiore rispetto a quella registrata nell'area
Euro, -0,6%. In Germania, primo paese di destinazione per le esportazioni della provincia di Udine,
l'indice, come comunicato il 14 maggio dall'Eurostat, pur segnando a marzo un recupero rispetto a
febbraio del +0,4%, registra una pesante variazione negativa rispetto a marzo 2018, -2,5%. In una
congiuntura che resta fragile, dunque, è difficile immaginare un aumento a breve termine dei tassi
di occupazione». «A tal proposito - aggiunge la presidente degli Industriali friulani - continuiamo a
chiedere al Governo una riduzione del carico fiscale sul lavoro, in particolare sul cuneo fiscale dei
giovani assunti, e politiche attive di orientamento agli studi e di riqualificazione del personale
attualmente impiegato, perché continua a essere pesante il disallineamento tra i profili
professionali richiesti dalle aziende e quelli disponibili. In una fase contraddistinta da mancanza di
fiducia e stallo degli investimenti, diventa essenziale intervenire tempestivamente quantomeno su
queste leve per sostenere l'occupazione laddove si crea, vale a dire nelle imprese».

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La Cgil: «Tropppi contratti precari» (Gazzettino Udine)
«Il disallineamento tra domanda e offerta che carat terizza il nostro mercato del lavoro è un
problema reale. Esiste però una contraddizio ne tra le difficoltà segnalate da Confindustria e i dati
sulle assunzioni nel primo trime stre: al di là del rallentamen to delle assunzioni e della ri duzione
del saldo positivo tra assunti e cessati, che erano ef fetti attesi visti i segnali di ral lentamento
dell’economia, non si può non evidenziare infatti come resti troppo alto il ricorso a contratti a
tempo determinato e al lavoro som ministrato, nettamente pre valenti rispetto alle assunzio ni a
tempo indeterminato. Inoltre sarebbe utile indivi duare con precisione le pro fessionalità e le
qualifiche che non si trovano per rende re più efficace l’incontro tra domanda e offerta, da raffor
zare anche attraverso l’impe gno delle imprese a utilizzare con contratti stabili i lavora tori formati
o riqualificati». Il segretario generale della Cgil Udine, Natalino Giacomi ni, commenta così i numeri
diffusi ieri da Confindustria Udine e le dichiarazioni della presidente degli industriali Anna
Mareschi Danieli. «Danieli e molti altri im prenditori – commenta Gia comini – continuano da un la
to a lamentare la carenza di figure specializzate, dall’al tro a rivendicare la necessità di una
riduzione del cuneo fi scale sul lavoro. Sono entram be due esigenze condivisibili, ma c’è anche la
necessità di un impegno più attivo delle categorie, a partire da Confin dustria, per contribuire a in
novare e migliorare le strate gie di questa Regione in mate ria di politiche attive del lavo ro. Non
soltanto con propo ste e soluzioni tese a rendere più efficace l’azione degli enti di formazione e
degli stessi centri per l’impiego, attraver so i quali passa attualmente solo il 6% delle assunzioni,
ma anche con una politica di versa da parte delle imprese, capace di attrarre e valorizza re le
professionalità attraver so un maggiore ricorso a con tratti stabili e adeguatamente retribuiti,
ovvero in una dire zione opposta da quella sin qui praticata. Non si può in fatti pensare di
affrontare le sfide sempre più complesse poste dall’economia globale – conclude il segretario
provin ciale della Cgil – proseguendo sulla strada di una progressi va precarizzazione e destrut
turazione del mercato del lavoro»

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Pinton vince la competizione con Zannini: è lui il nuovo rettore dell'ateneo friulano (Mv Ud)
Giacomina Pellizzari - Eletto a larga maggioranza, Roberto Pinton è il nuovo rettore dell'università
di Udine. In terza convocazione, il professore di Chimica agraria ha ottenuto 326 preferenze, 125 in
più dello sfidante Andrea Zannini che si è fermato a 201. Ieri, ai seggi si sono recati 886 elettori
(77,38%) dei 1145 aventi diritto (il voto dei tecnici amministrativi vale 0,12). Due gli astenuti, 26 le
schede bianche. «Sono emozionato, ma molto contento. È stata una bella prova», ha detto a caldo
il neo rettore dopo aver condiviso il risultato con la moglie. È stata lei a ricevere il primo messaggio
del neo rettore che ha dedicato la vittoria ai suoi genitori, alla moglie e alle figlie e alla sua
seconda famiglia che è l'università. L'1 ottobre riceverà il testimone da Alberto Felice De Toni.
Sono passate da poco le 18, i seggi sono chiusi e a palazzo Antonini, davanti alla sala atti, arrivano i
primi supporter di Pinton. C'è il prorettore vicario, Angelo Montanari, ci sono alcuni colleghi di
Agraria, c'è l'ex sfidante Antonella Riem che ritirandosi ha lasciato sul campo 145 voti. Considerato
che Pinton e Zannini hanno, rispettivamente, aumentato i consensi di 58 e 23 unità, una fetta (64)
dell'"eredità" Riem è andata persa.Le porte della sala atti si aprono alle 18.30 e la decana dei
professori ordinari, Irene Mavelli, comunica l'affluenza, mentre sullo schermo inizia a girare il
contatore: Pinton 326, Zannini 201, bianche 26, nulle 2. Pinton ha ampiamente superato il quorum
ed è il nuovo rettore dell'ateneo friulano. Gli applausi non mancano.La commissione elettorale
invita gli elettori a uscire dalla sala per predisporre l'atto di proclamazione. Sul pianerottolo Pinton
riceve abbracci e congratulazioni, ma il più coinvolgente è quel del professor Paolo Ceccon, il
direttore del dipartimento di scienze agroalimentari, ambientali e animali che nella corsa verso
palazzo Florio ha sempre supportato il collega. Sul volto del neo eletto traspare l'emozione
soprattutto quando dedica la vittoria ai suoi genitori: «In questi giorni, 40 anni fa, moriva mio
padre, dedico a lui e a mia madre la vittoria perché mi hanno insegnato che prima di tutto viene il
rispetto per gli altri. Poi la dedico a mia moglie e alle mie figlie che sono quanto di più caro ho al
mondo e alla mia famiglia adottiva, l'università di Udine. Sono qui da quasi 33 anni». Si riaprono le
porte e la commissione proclama il professor Roberto Pinton nuovo rettore dell'ateneo friulano. I
presenti applaudono, stringono le mani al vincitore che non si accorge di avere alle spalle Zannini
che lo solleva di peso. I due si abbracciano archiviando, così, le diversità di vedute. Zannini si
congratula con l'amico Pinton. «È stato un confronto trasparente su temi concreti, che non può
che giovare alla crescita del nostro ateneo. Sono sicuro - scrive sul suo sito - che Pinton saprà far
proprie le istanze di rinnovamento e rilancio espresse dalle centinaia di persone che mi hanno
sostenuto, e che qui ringrazio». Il direttore di Studi umanistici si congratula pure con la collega
Riem: «Il contributo di idee che ha portato alla competizione elettorale è stato altamente
significativo». Zannini passa subito all'operatività auspicando di veder «modificare il tortuoso
meccanismo elettorale. Se avessimo seguito quanto viene ormai fatto in quasi tutti gli atenei -
conclude - avremmo risolto in meno tempo e con minori tensioni una competizione che deve
essere utile alla nostra università».

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«Sanità a rischio per i troppi tagli». E la Cgil protesta con un volantinaggio (Mv Udine)
Giulia Zanello«Basta annunci, servono fatti sulla sanità». E la Cgil Fp Udine avvia il volantinaggio
per lanciare un allarme sui rischi che corre la sanità pubblica a causa dei tagli alle assunzioni, ai
posti letto e ai servizi, nonché per sensibilizzare la popolazione. Ieri in Galleria Bardelli dalle 10 alle
12, sono stati distribuiti i volantini e l'iniziativa promossa dal sindacato proseguirà anche oggi dalle
9.30 alle 11.30 all'ingresso dell'ospedale (nella parte esterna). A preoccupare la Cgil, di cui
portavoce si fanno il segretario Fp provinciale responsabile della sanità Andrea Traunero e Claudio
Di Ottavio, il piano per il 2019 del Commissario straordinario dell'Asui di Udine, che prevede un
«futuro buio» per la sanità udinese. «La rinuncia all'intero reparto per i post acuti che solo l'anno
scorso ha assistito 700 pazienti è sicuramente in cima alla lista - spiega Traunero -, a cui si
aggiungono il taglio di 39 posti letto nei reparti di Medicina dell'ospedale di Udine, la conferma dei
17 posti in meno nella Medicina di Cividale e non vanno dimenticate le gravissime difficoltà delle
Chirurgie specialistiche, del pronto soccorso, medicina d'urgenza e tanti altri servizi ospedalieri e
territoriali».Dal 1º gennaio 2020 l'azienda provinciale udinese comprenderà l'intero territorio che
va da Sappada a Latisana, sotto il nome di Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale (Asu FC) e
«come Funzione pubblica rileviamo che i piani attuativi locali deliberati non ci sono stati presentati
formalmente, solo spiegati con slide frettolosamente e superficialmente». E la lettura dei piani da
parte dei sindacati non è per nulla confortante. «Protestiamo per la riduzione dei posti letto,
reparti sovraffollati, liste d'attesa interminabili, ma anche per i tagli ai fondi per le assunzioni
considerata la carenza di personale - osserva -: per il 2019 l'amministrazione regionale ha
addirittura ridotto di 9 milioni e mezzo i fondi destinati alle assunzioni che si tradurranno, solo
nell'Azienda integrata udinese, in un calo di personale di ben 137 unità». Ancora peggio, per la Fp
Cgil, le parole dell'assessore regionale alla Sanità Riccardo Riccardi, che aveva annunciato, per
effetto del "decreto Calabria" del Governo, «che sarebbe stato eliminato il taglio dei 9, 5 milioni,
ma il miracolo non c'è stato e ancora oggi quei fondi non sono stati "restituiti" alle aziende».Per
questo motivo il sindacato chiede tre atti concreti e immediati. «Riassegnino a ogni azienda i fondi
tagliati e facciano partire subito le assunzioni - tuona Traunero -, sblocchino il concorsone per 545
infermieri, bandito a dicembre 2018 e di cui ancora non si conoscono le date delle prove, per il
quale 9mila concorrenti attendono da mesi lumi, infine chiediamo che i posti letto vengano
risparmiati dai tagli e che si diano ai reparti e ai servizi le risorse per funzionare al meglio».In
merito all'atteggiamento dell'assessore Riccardi, più volte tirato per la giacca negli ultimi giorni sui
temi della sanità, il segretario aggiunge: «Mi sembra abbastanza irritato, ma è inutile solo
replicare, bisogna spiegare in modo chiaro la controriforma. La proposta poi di affidare il servizio
ai privati in convenzione ci lascia molto perplessi - insiste Traunero -, c'è troppa confusione». Per
questo motivo oggi l'azione di volantinaggio proseguirà. «I cittadini hanno diritto a una sanità
pubblica all'altezza delle loro esigenze - interviene ancora il segretario Cgil - e gli operatori hanno
diritto di essere messi in condizione di lavorare bene e in sicurezza».

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L'Uti cerca dipendenti, pronte venti assunzioni per aiutare i Comuni (Mv Udine)
Piero Cargnelutti - Venti nuove assunzioni entro l'anno nei Comuni che fanno parte dell'Uti del
Gemonese. Una procedura che trova conferma nel piano triennale 2019-2021 relativo al
fabbisogno di personale del Unione territoriale intercomunale, della quale fanno parte Artegna,
Trasaghis, Bordano, Venzone e Montenars. Anche nell'ex comunità montana, che ha sede in via
Caneva e che può contare su 25 dipendenti (di cui uno in servizio dal giudice di pace di Gemona),
sono diverse le figure amministrative che vengono e verranno a mancare con i pensionamenti, ma
questa volta con le assunzioni si procede in modo unitario, per tutto il personale degli enti
coinvolti nell'Unione. «Nell'Uti - spiegano dalla direzione dell'ente - mancano sette figure per le
quali stiamo già provvedendo con le relative procedure. Più precisamente, l'ufficio personale
avvierà i relativi bandi per una ventina di persone che dovranno essere assunte entro l'anno e che,
oltre ai dipendenti dell'ente, comprendono anche le figure professionali mancanti nei cinque
Comuni che ne fanno parte».Nei soli uffici di via Caneva, nell'ultimo anno, erano cinque le persone
che lavoravano nel campo tecnico e amministrativo che sono andate in pensione, mentre un
dipendente in organico nella polizia locale, si è trasferito in un altro ente. Altri due pensionamenti
sono previsti nei prossimi mesi e, di fronte a questa prospettiva, l'ente sta procedendo per la
sostituzione: «Alcune procedure - fanno sapere dalla direzione dell'Uti - sono già state avviate e
l'iter è in itinere, in particolare per il settore tecnico, finanziario e per l'assunzione di due nuovo
personale per la polizia locale. Per i pensionamenti in vista gli uffici si stanno muovendo per
tempo. Al momento la situazione è sotto controllo, entro l'anno sono previste anche le assunzioni
per il personale operativo nei Comuni, dove ogni amministrazione ha fatto le sue richieste».Sono
dunque una dozzina le persone che andranno a operare nei Comuni dell'Uti. Alcuni di questi, come
Trasaghis e Montenars (che nell'ultimo periodo hanno risentito della riduzione dell'organico,
riuscendo a colmare la lacuna solo grazie alla collaborazione degli ex dipendenti andati in
quiescenza che ancora collaborano in modo volontario). «Le direttive di legge - fanno sapere
ancora dalla direzione dell'Uti - permettono di sostituire i posti vacanti dovuti a pensionamento e
per questo le procedure vengono avviate anche con anticipo, in vista dei possibili pensionamenti».

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Alla Nidec ripiomba l'incubo degli esuberi (Gazzettino Pordenone)
È il settore della metalmeccanica quello che esce con le ossa più rotte dall'ultima indagine
congiunturale sull'economia territoriale svolta della Camera di commercio. Una trimestrale
piuttosto pesante dalla quale, su tutti, emerge un segnale chiaro: gli ordinativi esteri che arrivano
nelle aziende hanno subito un tracollo e quindi c'è da aspettarsi una forte contrazione nell'export.
Dentro questo scenario le situazioni peggiori - in alcuni casi anche con cali di oltre dieci punti
percentuali - si stanno verificando in quelle filiere produttive della sub-fornitura nei comparti
dell'automotive e dell'elettrodomestico.
E tra i componentisti storici e di una certa dimensione sul territorio a essere in sofferenza è anche
la Nidec, la ex Sole in Comina. L'azienda che - nata all'interno della galassia Zanussi prima,
Electrolux poi per essere scorporata negli anni Novanta del secolo scorso - da sempre è fornitrice
di motori per gli elettrodomestici. Lo stabilimento dell'area industriale a nord della città,
controllato dal colosso giapponese dei motori, da ormai qualche mese è al centro di un delicato e
non facile confronto sul suo futuro assetto. Al centro della discussione - il tavolo del negoziato tra
il vertice della Nidec e le organizzazioni sindacali dei metalmeccanici del Friuli occidentale è stato
avviato da parecchie settimane - un importante investimento di parecchi milioni che rinnoverebbe
completamente le linee produttive della fabbrica in funzione del cambiamento del tipo di
prodotto. Le tipologie di motori che vengono realizzate in Comina (il classico motore universale)
stanno per essere abbandonati da quasi tutti i produttori di elettrodomestici in quanto ritenuti
ormai maturi e superati. È per questo che Nidec ritiene urgente spostare l'asse della propria
produzione sui motori di nuova generazione che richiedono però impianti produttivi innovativi e
improntati anche alla digitalizzazione.
È un po' quello che sta accadendo alla Electrolux di Susegana dove la fabbrica verrà
completamente rifatta per produrre nuovi modelli di frigoriferi. Ma in Comina c'è una forte
preoccupazione tra maestranze e sindacato. Il gruppo giapponese sta pensando a una possibile
alternativa: nel caso in cui non dovessero esserci le condizioni per l'investimento a Pordenone le
nuove linee verrebbero installate in Romania. Al tavolo del negoziato si sono analizzate anche
alcune cifre legate a fisco e costo del lavoro. Un numero su tutti: un operaio metalmeccanico da
noi costa dai 24 ai 26 euro l'ora, in Romania il costo è di 5-6 euro l'ora. Ecco perché alla ex Sole tra
i circa 350 addetti è tornato l'incubo degli esuberi. Eccedenze che sarebbero previste - in una
misura che potrebbe andare dai 100 ai 150 - anche nel caso in cui la società decidesse di realizzare
l'investimento a Pordenone. In quel caso la fabbrica avrebbe la possibilità di essere rinnovata e
messa nelle condizioni di produrre i motori di ultima generazione, ma la riorganizzazione
richiederebbe comunque un sacrificio occupazionale. Con impianti maggiormente competitivi lo
stabilimento avrebbe la garanzia di sopravvivere nei prossimi anni. È per questo che azienda e
sindacato stanno cercando di trovare le possibili soluzioni che consentano all'investimento di non
prendere la via della Romania. È questo - non più la Polonia come anni fa - infatti il nuovo paese
del Bengodi per i giganti multinazionali in cerca di condizioni produttive low cost. (Davide Lisetto)

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Sèleco, scoperto il bluff: addio rilancio. Il tribunale ha dichiarato il fallimento (Mv Pn)
Il timido raggio di sole dello scorso marzo, col via libera al concordato preventivo con continuità
aziendale, si è spento in un tramonto definitivo: con sentenza depositata mercoledì scorso, la
Sèleco spa è definitivamente fallita.Un secondo crac, dopo quello del 1997, che addolora e sa di
beffa, per un marchio storico finito nella polvere e poi oltraggiato da promesse disattese, posti di
lavoro mai creati, sogni di rinascita sempre più lontani dalla realtà.L'esame dello stato passivo
avanti al giudice delegato milanese è stato fissato per il 2 dicembre alle 10.30. Il 31 ottobre sarà,
invece, il termine per il deposito delle domande d'insinuazione di creditori e terzi che vantino
diritti reali e immobiliari sulle cose in possesso della società.Misero finale, dunque, dopo
l'annuncio in pompa magna, nella sede di Unindustria a Pordenone, dell'imminente riapertura
dello storico stabilimento a Vallenoncello da parte dell'imprenditore romano Maurizio Pannella,
attraverso la sua Twenty spa. Invece dei fatti, seguirono il cambio in corsa, con trasloco a Trieste
per utilizzare i vantaggi del punto franco, e l'ulteriore prospettiva Bagnoli, anch'essa disattesa.
Ai tempi d'oro Sèleco, nata nel 1965 e germogliata dalla divisione elettronica Zanussi, era la quarta
azienda d'Europa per produzione di tv e videoregistratori. Dava lavoro a oltre 2 mila dipendenti ed
era l'orgoglio di Pordenone. I suoi pezzi erano esposti al Moma a New York e il suo nome era
abbinato ai progetti più innovativi e tecnologici che, nel settore, il secolo scorso ricordi.Nel 1991
partì l'era di Gian Mario Rossignolo, due anni dopo il risanamento a cui partecipò Friulia, la
finanziaria della Regione, con un'infornata di soldi pubblici. Nel 1997 il fallimento. Il marchio fu
rilevato da Carlo Formenti prima che la Sèleco Formenti fosse messa in liquidazione. Vano anche il
successivo tentativo di rilancio degli udinesi Marco e Carlo Asquini.Ma nel 2017 ecco la Twenty di
Pannella, con l'intenzione di entrare nel mercato europeo delle smart tv. La stessa azienda che nel
maggio 2017 garantì alla Lazio del presidente Claudio Lotito una sponsorizzazione da 4 milioni di
euro a stagione quando a fine anno ne avrebbe fatturato 1,5. Il marchio comparve anche sulle
maglie della Salernitana dello stesso Lotito mentre Pannella, proprio con la Sèleco, acquisiva la Pro
Piacenza, fino alla figuraccia della partita persa 20-0 con soli 7 giocatori schierati in campo.Ora il
tempo delle parole è finito e le tv, alla fine, le ha spente definitivamente il tribunale.

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Edilizia scolastica, l'accusa del Pd «Pordenone è stata dimenticata» (Gazzettino Pn)
Edilizia scolastica al palo a causa della chiusura dei rubinetti da parte della Regione. La notizia ha
provocato la reazione dei vertici regionali del Pd. «Le scuole superiori di Pordenone sono in una
situazione critica sul fronte della capienza e del rischio sismico e la risposta migliore che
l'assessore Pizzimenti trova è Pordenone ha già avuto tanto. Questa è l'attenzione che la giunta
Fedriga riserva al territorio? È vergognoso e inaccettabile che un'assessore regionale liquidi così la
sicurezza e dignità dei ragazzi e di tutti coloro che lavorano nelle scuole». A dirlo è la consigliera
regionale del Pd, Chiara Da Giau, commentando le dichiarazioni dell'assessore regionale alle
Infrastrutture, Graziano Pizzimenti in merito all'edilizia scolastica nel territorio pordenonese. «Con
la sua affermazione l'assessore evidentemente non ravvede l'urgenza degli interventi straordinari
dei quali necessitano gli edifici scolastici. Viene da chiedersi se abbia letto i documenti inviati e le
relazioni tecniche sul rischio simico di alcuni istituti secondari del capoluogo e non solo. Sono
diverse le scuole che invece necessiterebbero subito di interventi. Anche importanti. Se non sono
urgenti interventi che presentano indici molto critici, ci chiediamo cosa possa esserlo. Resta da
sperare che l'emergenza non sia considerata tale solo quando si verificano conseguenze negative».
Secondo Da Giau, «la secca chiusura dell'assessore appare molto strana dal momento che nelle
settimane scorse la giunta regionale ha annunciato l'apertura dei termini per gli aggiornamenti alle
richieste di intervento e finanziamento da parte degli enti locali proprio in tema di edilizia
scolastica, dando priorità alle situazioni più delicate emerse dalle verifiche sismiche. Ci auguriamo
che non ci siano sgarri di vaga natura politica e elettorale dietro questa risposta. Sarebbe triste che
fossero giocati sulla pelle e il benessere degli studenti della Destra Tagliamento».
Evidentemente, continua l'esponente dem, «fare il proprio dovere, ottemperare agli adempimenti
di verifica della situazione degli edifici scolastici, analizzare i flussi demografici e quelli delle
iscrizioni ai diversi istituti, studiare e prospettare soluzioni realistiche, come ha fatto l'Uti del
Noncello, non è sufficiente e soprattutto non è efficace. Meglio essere in sintonia con l'assessore,
allora si possono ottenere finanziamenti ancor prima che siano deliberati i piani e i criteri di
accesso, così come emerso nelm corso della Commissione». «Ci sono istituti scolastici a Pordenone
che vedono premiata dalle iscrizioni crescenti la propria capacità di rispondere ai bisogni formativi
e lavorativi del territorio ma che, per contro, sono penalizzati dalla mancanza di strutture e dalla
loro inadeguatezza e costretti a svolgere la propria attività spalmati su tre sedi diverse. Ne va
innanzi tutto della qualità della proposta formativa e della didattica. Ne va anche però, più
venalmente, delle tasche dei cittadini perché sono oltre 500mila gli euro spesi annualmente
dall'Uti per l'affitto di sedi provvisorie: un vero spreco rispetto all'investimento reale che potrebbe
essere fatto nel nostro territorio». (Marco Agrusti)
Friuli occidentale, meno nascite e tagli alle classi il prossimo anno (Mv Pordenone)
Culle vuote e banchi in esubero a scuola: la decrescita demografica si misura nelle contrazioni degli
organici dell'istruzione in Friuli occidentale. «Nel 2019-2020 sei sezioni dell'infanzia cancellate nel
pordenonese rispetto al 2018-2019 - dice Mario Ballomo, sindacalista della Flc-Cgil -. Nelle
primarie in settembre diminuiranno sei classi prime, si conteggia una prima classe cancellata nelle
secondarie di 1° grado. Si tratta di numeri in definizione e ci sono almeno due plessi verso la
probabile chiusura: dell'infanzia ad Azzano X e primaria a Tramonti». La mappa dei tagli
all'istruzione pordenonese potrebbe salvare qualche numero in organico di fatto, entro l'estate.
«A fine maggio la mappa degli organici ridotti dalla diminuzione delle nascite sarà ufficiale -
prevede Bellomo -. La denatalità si incrocia alla fuga di molte famiglie di immigrati, che in cerca di
lavoro se ne vanno. La geografia della crisi di iscritti nelle scuole colpirà nei prossimi cinque anni,
fino alle superiori che nel 2019-2020 non saranno coinvolte nel calo di studenti in aula». Prime
aree in crisi: Azzano e Tramonti. «Chiude la scuola Nelson Mandela di Azzano - ha confermato il
sindacalista -. In settembre 2019 due sezioni d'infanzia in meno a bilancio del comprensivo
Cantarutti per il calo demografico. A Tramonti si rischia la chiusura della primaria». C.B.
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Ambientalisti, attacco al cementificio (Gazzettino Pordenone)
«Impossibile non replicare alla pretesa della Buzzi-Unicem di Fanna di passare per azienda
sostenibile e a basse emissioni»: è la premessa nella nota del Comitato no all'incenerimento, Sì al
riciclo totale dei rifiuti rispetto alle dichiarazioni dei vertici della cementeria. «Quando si parla di
monitoraggio in continuo h24 ci si dimentica di dire che solo pochi degli inquinanti emessi
vengono rilevati e che diossine e Pcb, cioè gli inquinanti trovati localmente in polli, uova e
deposizioni, vengono rilevati in autocontrollo solo ogni 4 mesi, mentre Arpa non esegue un'analisi
al camino nell'impianto dal 2012 - incalzano gli ambientalisti -. Ridicolo sentir dire che l'impianto
inquinerebbe meno di auto e riscaldamento domestico, perchè ci si dimentica del volume totale
delle emissioni». «Pur rispettando sempre i limiti di legge, espressi per metro cubo, con tali
quantitativi di metri cubi all'ora, il valore assoluto dei microinquinanti emessi è notevole -
precisano come denunciato da decenni da medici e scienziati. Per la maggior parte di questi
microinquinanti non è determinabile una soglia sotto la quale non cusino conseguenze patologiche
sull'organismo umano. Inoltre, parlando di Pcb, mentre la combustione di rifiuti e olii esausti può
causarne l'emissione, il trasporto veicolare e il riscaldamento domestico non producono questo
tipo di inquinanti altamente tossici».
«Il direttore Bombarda, quando parla dei 2000 gradi del forno di cottura, dimentica di dire che la
metà dei rifiuti viene utilizzata nel bruciatore di precalcinazione a temperature tra gli 850/950
gradi, non sufficienti a distruggere gli inquinanti - rilevano -. È dimostrato scientificamente come i
cementifici che utilizzano rifiuti come combustibile siano delle bombe ambientali: rispetto agli
inceneritori, hanno un altro scopo e non sono stati tecnicamente pensati e realizzati per abbattere
efficacemente le sostanze più pericolose per la salute umana - metalli pesanti, diossine, Ipa, Pcb -
che compaiono nelle emissioni dei camini in caso di combustione dei rifiuti. Considerando le
portate maggiori e i limiti più elevati, i cementifici arrivano a inquinare, per alcuni parametri, dalle
7 alle 9 volte più di un inceneritore». Il Comitato rammenta «che pubblicazioni scientifiche
internazionali documentano la produzione di diossine in cementifici che bruciano rifiuti in quantità
tali da essere rilevate anche nella polvere domestica delle case vicine. Un altro recente studio ha
dimostrato un aumentato rischio di linfoma non-Hodgkin nei residenti entro 3 chilometri da
cementifici che bruciano rifiuti. Non va dimenticato inoltre l'utilizzo nei cementifici di scorie
siderurgiche e derivanti dalla combustione, cariche di sostanze tossiche per la salute umana».
(Lorenzo Padovan)

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Acqua pulita, progetto da 20 milioni (Gazzettino Pordenone)
Un progetto da oltre venti milioni di euro per risolvere il problema dell'acqua a Pordenone almeno
per la prossima generazione. Il progetto è stato presentato nel dettaglio da Hydrogea. Il problema
dei metaboliti dell'atrazina, emerso un anno e mezzo fa, è stato risolto con i filtri a carboni attivi,
una soluzione che dovrebbe rappresentare una garanzia per qualche decennio. Ma non possiamo
stare tranquilli - spiega il presidente Giovanni De Lorenzi - perché l'atrazina favorisce mutazioni
imprevedibili, ed è questa la ragione per cui Hydrogea ha orientato la propria ricerca su fronti
diversi, per dare a Pordenone un'acqua diversa. Acqua che potrebbe arrivare dalle montagne.
L'obiettivo principe - continua è quello di servire Pordenone con l'acqua della Valcellina,
prelevandola dalla diga di Ravedis. In questo modo, Pordenone potrà immaginare di aver risolto il
problema dell'acqua per i prossimi cinquant'anni. A illustrare il progetto è il responsabile qualità
Renato Villalta: Oggi - ribadisce - abbiamo ovviato al problema dei metaboliti dell'atrazina con i
filtri a carboni attivi, ma se per qualche ragione dovesse verificarsi una contaminazione della falda,
le conseguenze sarebbero pesanti. Il fatto di essere vincolati a un solo tipo di sorgente
rappresenta una criticità severa. Per questo abbiamo bisogno di differenziare il più possibile le
fonti di approvvigionamento. La fonte di approvvigionamento idrico complementare è stata
individuata nelle acque di drenaggio della diga di Ravedis: acque provenienti da una zona montana
- e dunque non soggette a inquinamento di origine agricola e antropica -, con portate che variano
a seconda del livello dell'invaso: da un minimo di 120 litri al secondo a un massimo di quasi 300. Lo
sforzo - spiega ancora Villalta - è quello di cercare di captare più acqua possibile da quel corpo
idrico, in una visione che non si limita a Pordenone, ma che è una visione d'ambito. Il progetto
andrebbe infatti a coinvolgere i Comuni di Montereale Valcellina (30 litri al secondo), Aviano (100
litri), San Quirino (60 litri), Roveredo in Piano (60 litri) e, naturalmente, Pordenone, con un
fabbisogno di 250 litri. Il dislivello consentirebbe di trasferire l'acqua senza consumi energetici e
anche le valutazioni qualitative sono positive: Se l'acqua che serve Aviano, dove si è verificato il
problema della non potabilità, è l'acqua di superficie dell'invaso, quella dello scarico è filtrata dalla
roccia: subisce quindi un filtraggio naturale che nessuno strumento potrebbe altrimenti garantire.
Il possibile tracciato toccherebbe dunque Montereale, Aviano, San Quirino, Roveredo e
Pordenone, correndo su strade statali, regionali e comunali, quindi senza grandi problemi di
asservimenti. Quanto ai costi, paiono tanti venti milioni di euro - rileva ancora Villalta -, ma oggi la
spesa per l'energia elettrica necessaria per sollevare l'acqua si aggira attorno a 340mila euro. Un
progetto ambizioso, è la conclusione, che richiede un percorso lungo e laborioso: il cantiere è
l'ultima delle preoccupazioni. (Lara Zani)

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Il Tribunale spegne i televisori Sèleco. Dal sogno Porto vecchio al fallimento (Piccolo Trieste)
Laura Tonero - Con un debito che supera i 17 milioni di euro, è fallita Sèleco spa, la storica società
di produzione e commercializzazione di televisori fondata nel 1965 a Pordenone da Lino Zanussi, e
che a fine 2017 aveva trasferito la sua sede a Trieste, attratta dai vantaggi della zona franca e
puntando a un magazzino in Porto vecchio. la decisioneA sancire il fallimento con la sentenza del 9
maggio scorso, depositata il 15 maggio, è stato il Tribunale di Milano. «Sèleco ha disatteso al
primo degli adempimenti previsti nel concordato - precisa l'avvocato Luigi Carlo Ravarini,
nominato curatore fallimentare - e il tribunale ha dovuto revocare il concordato». Il concordato di
continuità era stato sottoscritto il 14 marzo scorso e, da quella data, aprendo la procedura
proposta dall'impresa, l'iter aveva stabilito il termine di quindici giorni per il deposito da parte di
Sèleco di 30 mila euro, pari al 20 per cento delle spese necessarie alla procedura stessa. Ma i 30
mila euro in questione non sono mai stati versati e Sèleco, che a Trieste aveva stabilito la sua sede
all'interno di palazzo Pitteri in piazza Unità, è stata dichiarata fallita. «A fronte della possibilità
concessa con il concordato che evitava il fallimento - valuta Ravarini - e che proponeva una
continuità aziendale, Sèleco ha dato comunque dimostrazione di mancare a certi adempimenti.
Nei primi quattro mesi del 2019 gli stipendi dei quattro dipendenti operativi a Trieste non sono
stati regolari - dettaglia la curatela -, i lavoratori hanno ricevuto miseri acconti, non sono state
elaborate le buste paga e non sono stati pagati i contributi. Non risultano in regola neppure i
pagamenti per la locazione degli uffici di piazza Unità». L'arrivo in cittàLo sbarco a Trieste di Sèleco
aveva fatto scalpore. Si trattava della prima azienda che operava in ambito non portuale a
trasferirsi in città perché attratta dalla zona extradoganale. In prima battuta l'azienda doveva
aprire il suo punto di produzione nel Magazzino 5 del Porto vecchio. Un progetto naufragato
nell'estate del 2018, e sostituito con la possibilità di un insediamento dell'attività di assemblaggio
di televisori nell'area di Bagnoli, nei capannoni che appartenevano alla Wärtsilä, acquisiti un anno
e mezzo fa dall'Interporto di Fernetti. Quegli spazi ora dovranno trovare un'altra destinazione,
visto che i televisori di Sèleco si sono spenti per sempre. Il tribunale ha assegnato ai creditori e ai
terzi che vantano diritti reali e mobiliari su cose in possesso di Sèleco, il termine perentorio di 30
giorni dall'adunanza per la presentazione delle domande di insinuazione con ammissione al
passivo. Il termine per il deposito dello stato passivo è stato fissato per il prossimo 31 ottobre.
L'indebitamentoAlla fine del 2018 l'indebitamento complessivo di Sèleco - un dato inserito anche
nel concordato - era di 17 milioni 97.596 euro. «La tensione finanziaria sociale - si legge nel
concordato - è stata acuita dalla difficoltà nell'ottenimento della concessione della free zone nel
porto di Trieste, nonché dal difficile reperimento di nuovi partner finanziari o investitori terzi». Le
sponsorizzazioniIl marchio Sèleco, più che per i televisori prodotti, negli ultimi anni aveva avuto
risalto mediatico per le sponsorizzazioni decise a livello sportivo: nel mondo del calcio aveva
affiancato infatti la Lazio e l'Udinese, e nella pallacanestro il Napoli Basket. La scorsa estate inoltre
aveva rilevato il Piacenza Calcio. -
«Opportunità sfumata, ma non si è mai superato il livello degli annunci»
Quel trasferimento indigesto alla politica pordenonese
testi non disponibili

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L'imprenditore tace. Il gip: «Resti in carcere» (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Tiziana Carpinelli - Victor Julio Araujo Gomez, l'imprenditore quarantenne di origini venezuelane
arrestato martedì allo stabilimento Fincantieri nell'ambito dell'operazione "Cash and carry"
condotta per un anno dal Nucleo investigativo del comando provinciale di Gorizia, resta detenuto
nella casa circondariale di via Barzellini. Lo ha stabilito il Giudice per le indagini preliminari Cesare
Isidoro Colombo. In tribunale, ieri alle 9, si è tenuto il primo interrogatorio di garanzia per
l'indagato, durato mezz'ora. Al termine il gip non ha emesso subito il responso sul mantenimento
delle misure cautelari, ma si è riservato di decidere in giornata alla luce delle istanze formulate. Ad
Araujo Gomez, co-titolare de La Montaggi srl, finita al centro dell'attività investigativa coordinata
dal sostituto Ilaria Iozzi, la Procura contesta le ipotesi di reato di estorsione, minaccia aggravata e
sfruttamento del lavoro, per le quali, come sottolineato ieri dal magistrato, sono ancora in corso
indagini. Infatti i militari devono finire di ascoltare gli ex dipendenti della ditta, radiata dall'albo
fornitori di Fincantieri, e riassorbiti da altra realtà. «In qualità di capo cantiere sottoponeva gli
operai maliani, gambiani e senegalesi a proibitive condizioni lavorative, con turni di lavoro
superiori alle 10 ore al giorno, retribuendoli solo parzialmente»: questo quanto accertato dai
carabinieri, coordinati dal tenente colonnello Pasquale Starace. Sotto la minaccia di licenziamento
il datore avrebbe imposto la restituzione di una parte dello stipendio: somme dai 200 ai 400 euro.
Sempre per la Procura inoltre agli operai venivano trattenuti i costi dei corsi per la sicurezza, mai
frequentati. Omessi perfino gli infortuni. L'imprenditore, davanti al giudice, si è avvalso ieri della
facoltà di non parlare. A margine dell'udienza il suo legale, l'avvocato d'ufficio Stefano Podlipnik,
ha spiegato che l'assistito «intende chiarire la sua posizione e parlerà». Ma «sussiste la necessità di
tempi tecnici per esaminare le carte in mano alla Procura», a fronte di una mole rilevante di atti
(sei faldoni). Dunque il nodo principale affrontato ieri è stato quello delle misure cautelari. Come
preannunciato Podlipnik ha chiesto un alleggerimento delle modalità restrittive: arresti domiciliari
al posto della custodia in carcere, rilevando il fatto che il quarantenne «è incensurato sia in patria
che in Italia, né ha commesso mai delitti minori». Il legale ha parlato di un uomo «integrato e
radicato, da vent'anni qui, con famiglia e pure un mutuo». Questo per sgomberare il campo da
ipotesi di pericolo di fuga, escludendo già la reiterazione del reato per il fatto che La Montaggi,
nell'appalto diretto, è stata appunto radiata. Quanto all'inquinamento probatorio, su cui invece ha
posto l'accento Iozzi, per Podlipnik sarebbe escluso dalla natura stessa dei domiciliari, che vieta
ogni comunicazione. «Infine - ha concluso il legale - la perquisizione a casa ha dato esito negativo:
non si sono trovati né denaro né cassaforte». Soldi e documenti sono stati invece sequestrati a
Panzano. Alla fine il gip ha accolto la linea della Procura, mantenendo la misura cautelare.
Podlipnik si riserva ricorso al Riesame.
Sindaco: «Bisogna cambiare il modello produttivo»
«Il rischio principale - afferma il sindaco - è che spenti i riflettori dell'attualità ci sia una
sottovalutazione del problema, si confini questo in un caso isolato e si ritorni a una presunta
normalità trascurando di affrontare la questione fondamentale che è quella del perché e del come
vengano impiegati in modo così massiccio lavoratori immigrati, trascurando le maestranze del
territorio».

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