L'evoluzione tra sapori antichi, storia e tradizioni - Smart Marketing
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Street food: molto più di una moda. L’evoluzione tra sapori antichi, storia e tradizioni. Se pensate che lo street food sia qualcosa di nuovo, nato negli ultimi anni, vi sbagliate di grosso! Non lasciatevi ingannare dal trend che si è sviluppato recentemente e dal fatto che improvvisamente il cibo da strada è diventato chic, con la complicità di chef famosi e rivisitazioni varie. Lo street food esiste praticamente da sempre. Se ne hanno notizie sin dall’antico Egitto, dalla Grecia e dall’antica Roma. Già ai tempi, infatti, esistevano quelli che oggi chiameremmo “baracchini” o “food truck”, che vendevano pesce fritto o verdure cotte. I consumatori tipici dello street food non erano di certo giovani modaioli non abbastanza sazi dall’aperitivo, ma le classi più povere della società, che spesso non avevano la cucina in casa ed erano costretti a consumare pasti frugali e poco costosi fuori casa. Il cibo da strada si è evoluto pian piano, di pari passo alla società. In Francia, a Parigi, i “pâtés” farciti con carne o verdure, e venduti rigorosamente in strada, danno addirittura origine a una serie di ricette tipiche di piatti francesi attualissimi come i timballi, le sfoglie e le varie torte salate. L’usanza del pesce fritto venduto al porto di Alessandria d’Egitto, invece, la ritroviamo presto in Inghilterra, con il famoso Fish & Chips, ancora oggi molto amato in particolare nei paesini della costa. S t r e e t f o o d Negli ultimi anni abbiamo invece assistito a un vero e proprio rilancio dello street food in Italia. L’Expo di Milano, nel 2015, è stata forse la più grande vetrina per la rivalutazione dello streetfood, grazie ai numerosi food truck che proponevano prodotti tipici sia italiani che del mondo. In tanti, ad esempio, hanno scoperto una vera passione per il lobster roll, Il panino all’astice del padiglione USA, tipico del New England, che è andato letteralmente a ruba nonostante il prezzo piuttosto alto: 15 euro. L’Olanda ha proposto deliziose pancake, il Belgio le patatine fritte (e la birra ovviamente), e la nostra Italia non si è lasciata scappare l’opportunità di deliziare tutti con piadine romagnole, “cuoppi” di fritture varie e tipicità regionali di ogni tipo.
F o l l a i n a t t e s a d i e n t r a re ad Expo 2015, Milano, 2 maggio 2015. ANSA/STEFANO PORTA Secondo i dati diffusi dalla Coldiretti, lo street food in Italia è in crescita soprattutto nelle zone balneari, turistiche e nelle grandi città. Un italiano su due acquista cibo da strada mentre si trova in giro per la città, e più del 69% preferisce il cibo locale (arrosticini, arancini, piadine, fritture di pesce…). Solo il 17% sceglie specialità internazionali (hamburger e hot dog), mentre il 14% predilige cibi etnici come falafel e kebab. Non abbiamo di certo scoperto lo street food nel 2015 con Expo, no, ma abbiamo imparato ad apprezzarlo maggiormente negli ultimi anni, anche grazie ad Expo, scegliendolo sia durante le nostre vacanze che, sempre più spesso, in città. In viaggio lo street food ci affascina da sempre, perché è una buona opportunità per provare qualcosa di tipico a prezzi bassi e senza dover perdere troppo tempo. Lo si consuma anche in movimento, o seduti in modo informale su una panchina. Il cibo da strada di una determinata zona è spesso quello più semplice, e ci aiuta a scoprire di più anche sul territorio, sulla sua storia, sulle dominazioni che ha subìto e così via. Pensiamo, ad esempio, alle panelle in Sicilia, fatte con un impasto di farina di ceci e acqua, e poi fritte. Un piatto di chiara derivazione araba, come le arancine (o gli arancini a seconda delle zone), anche queste introdotte durante la dominazione araba ma ormai parte fondamentale della cucina siciliana.
A r a n c i n i La maggior parte dei prodotti tipici trasformati in street food profumano di tradizione, di storia, di abitudini di un tempo, di piatti poveri, anche se oggi a volte li ritroviamo in versioni gourmet e a prezzi tutt’altro che bassi. In linea di massima però, il classico baracchino (ormai sempre più spesso modaiolo, curato e trendy) offre l’opportunità di mangiare qualcosa di buono velocemente e spendendo poco. Questo è il vero mood dello street food, quello che anima questa opportunità sin dalle sue origini, da secoli, dai primi insediamenti urbani, e che ci sta riconquistando. Come potrebbe, in effetti, non riaffermarsi oggi un trend come questo? In un momento storico in cui la vita è sempre davvero frenetica, si ha poco tempo e si cerca spesso di contenere i costi, come non essere attirati dallo street food? Se aggiungiamo poi la spinta mediatica proveniente dai tanti programmi televisivi dedicati alla cucina, dai food blogger e dai contenuti condivisi sui social (foto appetitose su Facebook, Instagram o social network dedicati totalmente al cibo come Snapfood), ecco che lo street food si trasforma in un vero fenomeno di lifestyle. Benvenuti NELL’ERA in cui il cibo da strada è più amato di quello di un ristorante stellato! Il 2015: un anno di contraddizioni
Ivan Zorico (204) Astutamente, da diversi giorni il nostro caro amico Zuckerberg, Mark Zuckerberg , ci propone su Facebook un estratto di immagini e video postati nel corso nel 2015 (selezionato attraverso magici algoritmi) che rappresentano, o almeno dovrebbero rappresentare, i nostri ricordi “migliori”. Dico astutamente perché a tutti noi fa piacere rivivere i ricordi passati, cercando di conservare quegli istanti in cui siamo stati felici, per portarli con noi nel nuovo anno. Allo stesso modo un altro nostro carissimo amico che forse ci conosce meglio di nostra madre o comunque sa più cose della nostra vita, da anni stila una serie di classifiche che riassumano l’anno appena passato; in questo caso però in chiave pubblica. Sto parlando di Google e delle sue classifiche basate su milioni di ricerche che noi utenti, tutti i giorni, compiamo per cercare qualsiasi genere di informazioni: dagli ingredienti di una ricetta, a un fatto di cronaca o al testo di una hit musicale del momento. Quest’anno è iniziato in maniera decisamente forte. Infatti, il 7 Gennaio a Parigi il terrorismo islamico ha bussato alla porta dell’Occidente e dei suoi valori più sacri, come la libertà di espressione, con l’attentato a Charlie Hebdo.
Siamo poi stati catapultati, grazie all’EXPO, in un grande evento internazionale che si svolto proprio in Italia (a Milano), capace di attirare oltre 20 milioni di persone. In ultimo, ci siamo poi dovuti confrontare nuovamente con il terrorismo e le sue deprecabili azioni: il bilancio degli attacchi del 13 Novembre, sempre a Parigi, riporta infatti numeri da bollettino di guerra. In quella lunga notte, 130 persone sono rimaste uccise e oltre 350 persone sono rimaste ferite. Ma oltre a questi fatti drammatici che abbiamo ancora negli occhi (ovviamente EXPO escluso) ci sono tante note di colore che hanno costellato l’anno che ci stiamo lasciando alle spalle: i successi sportivi delle italianissime Flavia Pennetta e Roberta Vinci; l’Irlanda è stato il primo Paese al mondo ad approvare il matrimonio tra omosessuali attraverso un referendum; e dopo 54 anni si è concluso l’embargo tra Cuba e Stati Uniti. Il 2015 è stato quindi un anno pieno di contraddizioni segnato soprattutto dalla politica internazionale. Ma, ritornando a quello che ci dice Google, questi sono stati i temi e le ricerche più in voga in Italia quest’anno. Personaggi emergenti 1. Pino Daniele 2. Valentino Rossi 3. Sergio Mattarella 4. Laura Antonelli 5. Maria Grazia Capulli 6. Rocco Siffredi 7. Monica Scattini 8. Gabriel Garko 9. Alice Sabatini 10. Pietro Mennea Parole emergenti
1. Pino Daniele 2. Grande Fratello 3. Isola dei Famosi 4. Parigi 5. Sanremo 2015 6. 50 sfumature di grigio 7. Miss Italia 2015 8. Expo 9. Charlie Hebdo 10. Valentino Rossi Parole emergenti associate a 2015 1. Miss italia 2015 2. Amici 2015 3. Oscar 2015 4. Isola dei famosi 2015 5. Lotteria Italia 2015 6. Tour de France 2015 7. Europei basket 2015 8. Festa della mamma 2015 9. Vuelta 2015 10. US open 2015 Biglietti 1. Expo 2. Lotteria Italia 2015 3. Finale Champions League 4. Juventus – Real Madrid 5. Inter – Milan 6. Juventus – Monaco 7. Finale Coppa Italia 2015 8. Inter – Juve 9. Ema 2015 10. Foo Fighters Cesena Mete di vacanza 1. Follonica 2. Capo Verde 3. Palinuro 4. Creta 5. Bordighera
6. Napoli 7. Lido di Camaiore 8. Ponza 9. Numana 10. Tenerife Cosa significa 1. Gender 2. Transgender 3. Isis 4. Je suis Charlie 5. Codice tributo 3918 6. Suburra 7. Tbt 8. Grexit 9. Bae 10. Giubileo Come fare 1. Le olive in salamoia 2. Fattura elettronica 3. Il gorgonzola in casa 4. Chiamate con whatsapp 5. Il pesto alla genovese in casa 6. I braccialetti con gli elastici 7. Il nodo della cravatta 8. Innamorare un uomo 9. I marron glace 10. I risvoltino Ricette 1. Marmellata di fichi 2. Sex on the beach 3. Marmellata di ciliegie 4. Sospiri 5. Angel food cake 6. Pastiera napoletana 7. Dorayaki 8. Chiacchiere
9. Amatriciana 10. Nutellotti Perché 1. Io leggo perché 2. No expo 3. 21 colpi di cannone 4. Si chiama patto del Nazareno 5. Perché hai due papà 6. La Grecia è in crisi 7. La luna è rossa 8. Si chiamano le Donatella 9. Cristian e Virginia si sono lasciati 10. Marino si è dimesso Editoriale Agosto 2015 – Raffaello Castellano Raffaello Castellano (212) Due sono le notizie che stanno tenendo banco in questo caldo mese di agosto 2015: la prima è che la stagione turistica di quest’anno, complice il caldo record, almeno al sud, e l’EXPO di Milano, sta andando a gonfie vele, ridando un po’ di ossigeno agli esercenti che ancora si stavano leccando le ferite provocate dalla disastrosa stagione 2014. Secondo Confesercenti sono 20 milioni gli Italiani in vacanza nel mese di
agosto. La Società EXPO fa sapere che nel mese di luglio ci sono stati 2,8 milioni di ingressi, che hanno portato il numero totale di biglietti staccati, dall’apertura della manifestazione, a 10.129.254. Una ricerca condotta da Federalberghi di qualche giorno fa stima che alla fine della manifestazione saranno 20 milioni i visitatori dell’EXPO, con una preponderanza di Italiani (16 Milioni circa), mentre le presenze straniere deludono le aspettative. La seconda notizia, che tiene banco a livello nazionale ed internazionale, è quella relativa all’immigrazione. I flussi di immigrati, rifugiati e disperati provenienti, via mare,dall’Africa è senza soluzione di continuità, ed ora, da poche settimane, si è aggiunto quello, via terra, provenienti dall’est, che sta allarmando, ed era ora, i vertici UE, che finalmente stanno discutendo una politica di interventi comunitari per quello che pare un esodo senza fine che rischia di travolgerci. Quindi il nostro paese sta facendo i conti con due diversi tipi di visitatori: da una parte i turisti (interni e stranieri), che portano denaro e fanno muovere l’economia; dall’altra gli immigrati, che chiedono accoglienza, sostegno e beni di prima necessità che, per la maggior parte degli Italiani, fomentati dalla querelle politica, rappresentano un problema, o quanto meno un disagio. U n a d e l l e foto choc sull’immigrazione del 2015 è sicuramente questa scattata a Ceuta – enclave spagnola in Marocco – lo scorso maggio. Chiuso dentro una valigia-trolley a 8 anni per oltrepassare il confine fra Marocco e Spagna e raggiungere la mamma in territorio iberico. Era rannicchiato in posizione fetale, raggomitolato tra i vestiti. Il problema dell’immigrazione rappresenta, secondo molti autorevoli osservatori,
il nodo cruciale su cui si testeranno gliequilibri fra gli stati membri dell’Unione Europea ,da una parte, e le collaborazioni internazionali, in primis fra gli stati membri dell’ONU, dall’altra,. La nostra rivista affronterà presto, con un numero monotematico, questo problema; per adesso accontentiamoci, ma si fa per dire, della splendida immagine della Copertina d’Artista di questo mese, realizzata dall’artista Monica Palumbo, che ha saputo trovare il giusto equilibrio, la sintesi ideale, fra EXPO e Migranti. H o n o r é d e B a l z ac è stato uno scrittore, drammaturgo, critico letterario, saggista, giornalista e stampatore francese, considerato fra i maggiori della sua epoca. È considerato il principale maestro del romanzo realista francese del XIX secolo. (fonte Wikipedia) Questo numero, però, come tutta la nostra linea editoriale, d’altronde, vuole lasciare un messaggio positivo. Più di qualcuno legge nei dati relativi ai visitatori dell’EXPO (con più Italiani che stranieri) il solito provincialismo italiota, di quelli che se la cantano e ridono da soli, denunciando inoltre una scarsa “comunicazione” dell’evento sui canali internazionali e sui media stranieri, insomma con un piano marketing ripiegato su se stesso. Io non so se dare torto o ragione a questi o a quelli, preferisco aspettare che tutti i giochi siano fatti prima di prendere una qualche posizione; di certo so solo che il provincialismo non deve “per forza” avere un’accezione negativa, come diceva il grande scrittore francese Honoré De Balzac: “Se vuoi essere veramente universale, parla del tuo villaggio”. Raffaello Castellano
Editoriale Agosto 2015 – Ivan Zorico Ivan Zorico (204) Agosto è senza dubbio il mese delle vacanze. In questo mese, quasi tutte le grandi aziende prevedono un “fermo” per consentire ai propri dipendenti di godere delle meritate ferie. Le autostrade accolgono fiumi di auto e le spiagge vengono letteralmente prese d’assalto. Le persone riscoprono il loro lato più primordiale lanciandosi alla conquista dell’ultimo lettino disponibile o alla scoperta di uno spicchio di ombra rigenerante. Insomma, nulla potrebbe impedire ai vacanzieri di vivere dei giorni di relax (anche se solo pochi) e di staccare dalla routine quotidiana. Secondo un’analisi della Coldiretti/Ixèl’82% degli italiani sceglierà l’Italia per le ferie, ed 1 su 3 rimarrà nella propria regione di appartenenza. Inoltre, si stima che la spesa destinata per le vacanze sarà, per oltre il 90% degli italiani, fino a un massimo di 1000€ a persona, con il più della metà di loro che non supereranno i 500€ di spesa complessiva.
Questosignificachepurrimanendo“vicinocasa”,gliitalianinon rinunciano a concedersi qualche giorno di sospensione dall’ordinario. E dal momento che un terzo del budget verrà destinato per le spese alimentari (souvenir enogastronomici, pranzi e cene) e che ormai c’è una grande attenzione a tutto ciò che può essere ricondotto alle tradizioni ed al cosiddetto “km 0”, si riesce a spiegare un fenomeno che negli ultimi anni sta vivendo una periodo d’oro: le sagre. La ricerca di menu locali, di alimenti freschi e genuini e dei sapori veri, sono tra le motivazioni che portano le persone ad affollare i centri (spesso i piccoli paesi di provincia) che si vestono a festa per l’occasione ed organizzano degustazioni a tema. Dal pesce alla carne, dagli ortaggi alla frutta, sino ad arrivare alla birra, al vino ed agli immancabili concerti all’aperto che animano le serate estive. C’è veramente una scelta ed un’offerta infinita. Ed è un fenomeno più social di quanto si possa credere. Se non ne siete convinti andate a controllare sul vostro profilo FB tra gli eventi a cui siete stati invitati. Sarete stupiti di quanti hanno una correlazione con feste e sagre di paese. Per non parlare delle immagini di piatti e prodotti tipici che riempiono le bacheche social di tutti noi, e non solo su Facebook. Insomma c’è di tutto per dire che oltre all’Expo c’è anche altro da visitare. Expo che comunque conta su una media di 100mila visitatori al giorno e che di
recente, come promesso dal Commissario Sala, ha lanciato l’operazione trasparenza con la pubblicazione, ogni lunedì e sul sito ufficiale dell’Esposizione , del numero giornaliero di visitatori. Se poi si pensa che gli stranieri giunti in Italia per visitare L’Esposizione Universale dedicheranno il 67% del loro tempo per recarsi anche altrove, si può subito intuire il motivo per il quale molte sagre sono frequentate proprio da stranieri incuriositi ed affascinati dall’italianità enogastronomica fatta di colori, sapori e sorrisi. Ivan Zorico Farmersforyou: un’app per esperienze in puro made in Italy Ivan Zorico (204) Da pochi mesi la Coldiretti ha lanciato in rete una App capace di mettere in connessione gli imprenditori agricoli italiani con chi vuole accedere a tutta la rete di Campagna Amica che, lo ricordiamo, è il più grande circuito europeo di vendita diretta degli agricoltori. Parliamo di “Farmersforyou”, un’app fruibile su smartphone o tablet e messa in circolo in
occasione dell’apertura dell’Expo, con l’intento di agganciare i tanti visitatori stranieri (l’applicazione è stata pensata anche in versione inglese) che, oltre all’Esposizione Universale, visiteranno l’Italia alla ricerca di quelle tipicità enogastronomiche e paesaggistiche che solo la nostra terra è capace di offrire. L’applicazione è di facile navigazione. Si possono selezionare le possibili soluzioni relative agli agriturismi, i mercati, le fattorie e le botteghe. Ovviamente, con la garanzia di acquistare il vero made in Italy agroalimentare e di deliziarsi con prodotti acquistati direttamente dagli agricoltori di Coldiretti. Oltre alla ricerca per tipologia di esperienza che si vuole vivere, ossia passare una notte in un agriturismo o acquistare prodotti tipici nei mercati di Campagna Amica, è possibile eseguire una ricerca per regioni e provincie, così da permettere, al possibile visitatore/turista, di programmare la propria vacanza o gita fuori porta che sia. Utilizzando Farmersforyou ci si imbatte in tutta una serie di informazioni utili, come i riferimenti dei prodotti da poter acquistare presenti in un dato mercato, o gli orari di apertura e chiusura di un agriturismo, o ancora le info per mettersi in contatto, ma anche immagini e molto altro. Abbiamo trovato molto utile, sempre in ottica di comodità di fruizione, la funzione “around me” che, attraverso il servizio di geolocalizzazione, consente all’utente di visualizzare tutta l’offerta disponibile presente intorno a sé, in un raggio di 30 km. L’applicazione è scaricabile sia su Apple Store che Google Play e, anche se i numeri ci dicono che (al momento in cui scriviamo) non è stata molto scaricata dagli utenti, noi di Smart Marketing l’abbiamo trovata molto utile e funzionale. Editoriale Aprile 2015 – Raffaello Castellano
Raffaello Castellano (212) Ci siamo! Fra pochi giorni comincia finalmente l’Expo di Milano! Dopo gli scandali, i processi in corso, la corruzione, i lavori non completati, la bagarre politica, fra poco ci lasceremo tutto questo alle spalle e taglieremo insieme al Premier Matteo Renzi, al Sindaco di Milano Giuliano Pisapia, al Commissario unico Giuseppe Sala ed altre importanti autorità il nastro d’ingresso e finalmente sarà tempo di EXPO (come recita il titolone del nostro mensile “It’s Time To EXPO”). Non possiamo negarlo, anche questa volta l’Italia non si è fatta mancare la solita figuraccia internazionale. La corruzione, le mazzette, gli scandali e il denaro pubblico sprecato hanno accompagnato questa grande opera pubblica, dimostrando, se ancora ce ne fosse bisogno, come sia quasi impossibile oramai in Italia fare un qualsiasi tipo di appalto operando nella legalità. Ma il nostro mensile si ostina imperterrito a voler vedere il bicchiere sempre e solamente mezzo pieno e le cifre, i numeri, sono quelli che spesso aiutano quei giornalisti un po’ nerd, come noi siamo, a supportare il nostro ottimismo. È dei giorni scorsi la notizia, sbandierata ai media, che sono stati venduti già 10 milioni di biglietti, quindi, considerando che, come ci dicono le statistiche, un’EXPO può considerarsi un successo dopo aver staccato i 20 milioni di biglietti, che siamo a metà del percorso. Ma non dimentichiamo i numeri intrinseci all’evento stesso: 144 Paesi espositori; 1 milione di metri quadri di superficie espositiva; 5 aree tematiche; 9 cluster (grappoli) tematici; 6 mesi di durata.
Certo, nei prossimi giorni assisteremo alla solita solfa di scoop giornalistici sui padiglioni non completati, i prezzi esorbitanti dei servizi, i volontari sfruttati, etc., tutto in linea con la solita commedia all’italiana, dove si scontrano detrattori e promotori di diversi colori politici che, come al bar dello sport, discuteranno di quello che si doveva fare, di come lo si doveva fare, di quello che si è fatto e di quello che ancora si può fare nei prossimi sei mesi. Si sa, in Italia siamo tutti allenatori ed arbitri e siamo maestri nella pratica dello scaricabarile e nello sport della deresponsabilizzazione. Insomma, alla fine due sono le strade che si aprono dinnanzi a noi: quella degli oppositori come i noExpo, tra l’altro attesi a Milano per l’inaugurazione, e quella dei promotori che, senza dimenticare tutto il negativo che c’è stato, comunque sperano che l’EXPO sia un’ottima occasione per l’Italia ed una vetrina per il nostro settore enogastronomico. Detto questo, permettetemi di dare ancora un po’ di numeri: con il numero che state sfogliando sul vostro smartphone, sul tablet o sul computer il nostro mensile compie 1 anno di vita, cosa nient’affatto scontata per un prodotto editoriale totalmente autogestito e senza introiti pubblicitari. Tutto il successo lo dobbiamo ai nostri collaboratori Armando, Jessica, Luca, Christian, Diego, Gianluca, Giovanni, Simona e la new entry Maddalena, che insieme al sottoscritto e al direttore editoriale Ivan Zorico, hanno prodotto 12 numeri, 140 articoli e contribuito alla diffusione di Smart Marketing. Inoltre, dal gennaio di quest’anno, con l’iniziativa “La Copertina D’Artista”, che fino ad ora ha coinvolto 4 artisti e che a fine anno confluirà in una mostra ed un catalogo, dobbiamo ringraziare gli autori delle quattro copertine: Giulio Giancaspro (gennaio), Pino Caputi (febbraio), Francesca Vivacqua (marzo) e Gabriele Benefico, autore della splendida copertina di questo mese, nella quale è riuscito, come solo i veri artisti sanno fare, a sintetizzare le problematiche, le polemiche, le critiche e le emergenze che l’EXPO dovrà in questi 6 mesi risolvere. Prima di congedarmi da voi, cari lettori, permettetemi un’ultima analisi per
cercare di riannodare tutti fili dei discorsi di questo editoriale. Io credo fortemente che il vizio capitale, anzi il peccato originale, di questa nostra Italia sia la capacità, quasi automatica, che noi Italiani abbiamo nel deresponsabilizzarci: è sempre colpa di qualcun altro, del Governo, del sindaco, dei politici, della disoccupazione, degli immigrati, della povertà, della sfortuna, del traffico, etc., ed allora L a c o p e r t i n a d el numero di Aprile 2015 di Smart Marketing, realizzata dall’artista Gabriele Benefico. noi Italiani ci sentiamo “autorizzati” a vendere il voto elettorale, a chiedere “favori”, a pagare bustarelle, a non impegnarci, a mollare, ad accettare il compromesso, il broglio, il malaffare, a passare con il rosso, a buttare la spazzatura in mezzo alla strada, etc. Noi siamo responsabili, noi dobbiamo essere responsabili, noi dobbiamo impegnarci, noi dobbiamo informarci, studiare e non chiudere gli occhi su tutte quelle “cattive abitudini” cui giornalmente assistiamo, nè dobbiamo compiere le cattive azioni. Solo quando ci impegneremo, quando diverremo responsabili, quando faremo la nostra parte, quando saremo la rivoluzione che vogliamo vedere negli altri, solo allora diventeremo “cittadini”, anzi meglio, diventeremo autentici esseri umani. Perché come ci ricorda il grande scrittore e drammaturgo inglese Graham Greene “Essere umani è anche un dovere”. Ed il nostro dovere questa volta è l’EXPO, al quale dobbiamo una seconda occasione e al quale possiamo contribuire, nel nostro piccolo, comprando il biglietto e visitandola, non fosse altro che per la possibilità di incontrare culture e genti da tutto il mondo, conoscerle attraverso il cibo e la loro cultura, e Dio sa quanto agli Italiani serva quest’esercizio di confronto e questo percorso di conoscenza, visto il provincialismo che, ahimè, ancora ci portiamo addosso.
Raffaello Castellano Editoriale Aprile 2015 – Ivan Zorico Ivan Zorico (204) Pochi giorni all’EXPO. Ormai dovrebbe essere tutto pronto. Dovrebbe, perché come le cronache raccontano, molteplici sono i problemi che questo evento porta con sé. Malcontenti, inchieste giudiziarie e ritardi nei lavori, sono solo alcuni di questi. Ma, come si è detto, ormai ci siamo. E, a conti fatti, è “inutile” adesso recriminare su cosa si sarebbe potuto fare e sul perché, in Italia, gara d’appalto fa troppo spesso rima con malaffare. L’occasione è troppo ghiotta e come Sistema Paese non possiamo permetterci di fallire questo appuntamento. L’Esposizione Universale 2015 vedrà la partecipazione di 144 Paesi e 3 Organizzazioni Internazionali. Una opportunità, quindi, per rilanciare il nostro paese e per mostrare al mondo intero le nostre bellezze. Nei prossimi sei mesi Milano (sede fisica dell’Expo) e l’Italia saranno intercorsa da un flusso straordinario di addetti ai lavori, culture diverse e turisti, e noi dobbiamo farci trovare pronti ed accoglierli nel migliore dei modi. Ma l’EXPO non è solo questo. L’Esposizione è infatti dedicata ad uno dei grandi
problemi che affligge l’umanità: alimentare in maniera corretta tutti gli esseri umani. “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” è il tema cardine, e questi sei mesi dovrebbero essere soprattutto un momento di riflessione e confronto per trovare soluzioni capaci di abbattere quella grande contraddizione che vede, da un lato gli abitanti di una parte del pianeta consumare e sprecare un’enorme quantità di cibo e, dall’altro, gli abitanti della restante parte lottare contro la fame. Ecco perché anche noi di Smart Marketing abbiamo voluto puntare l’attenzione su questo evento. Come vi sarà capitato di leggere, abbiamo già affrontato nei mesi passati il tema della nutrizione e dell’agroalimentare a testimonianza, quindi, della reale evidenza e considerazione che abbiamo sin dal principio dedicato a queste tematiche. Ma permettetemi di fare una digressione. Quello che vi apprestate a leggere è il nostro dodicesimo numero; il che significa che Smart Marketing è arrivato a compiere il suo primo anno di diffusione. E per una pubblicazione nata come ricorderete davanti ad un caffè e sulla base di un’idea ed una amicizia, non è un traguardo così scontato. Ecco perché voglio ringraziare tutti i collaboratori che puntualmente vi offrono contenuti di qualità e che con la loro passione rendono possibile il perdurare di questa piccola (grande) iniziativa. Tornando al focus di questo mese, non mi resta che augurarci la massima riuscita di questa Esposizione perché anche dal buon esito di questa manifestazione passerà la ripresa del nostro paese. Ripresa che gioverà certamente a tutti noi. Ivan Zorico Lavorare all’EXPO 2015, fra domanda, offerta e figure professionali ricercate
Ivan Zorico (204) Ci siamo quasi. L’Esposizione Universale 2015, che come ormai saprete si terrà a Milano tra i comuni di Rho e Pero, è alle porte. Per 6 mesi Milano diventerà la capitale del mondo, ospitando 144 Paesi e 3 Organizzazioni Internazionali. Una manifestazione che da sola sta riuscendo e riuscirà a dare (a volte trascinandosi anche delle polemiche) migliaia di posti di lavoro. Molti di questi, ovviamente termineranno con la chiusura dell’EXPO (31 ottobre 2015) ma taluni altri, magari, potranno proseguire in una nuova collocazione con la medesima società di inserimento. Insomma una grande occasione da non lasciarsi sfuggire. Molte le figure richieste. Una figura chiave è quella del “tecnico della gestione dei grandi eventi” che, sostanzialmente, si occuperà degli aspetti pratici dell’Esposizione. Ma ci sarà spazio e risalto anche per altre figure non propriamente tecniche: addetti stampa e preposti all’accoglienza, cassieri, camerieri di sala, commis di sala e cuochi. Ed ancora: hostess e steward, elettricisti, addetti ai padiglioni, addetti alla sicurezza ed addetti alla biglietteria. E poi: autisti, baristi, camerieri, guide turistiche, interpreti, receptionist, segretari di ricevimento e sommelier. Molti di queste offerte sono ovviamente correlate all’evento EXPO. Milioni, infatti, saranno le persone che visiteranno l’Esposizione Universale, portandosi dietro tutta una serie di esigenze da soddisfare che si tradurranno, appunto, in posti di lavoro. La società di selezione che si è aggiudicata la gara per gestire i servizi di reclutamento, selezione,
formazione e gestione delle risorse umane è il Gruppo Manpower. Tutti gli annunci sono pubblicati su un portale unico e, al termine dell’Esposizione prevista per il 31 ottobre, la stessa società di selezione assisterà chi ha lavorato all’EXPO a trovare una nuova occupazione. Insomma, come ho detto, è una occasione da non lasciarsi sfuggire. Sicuramente per chi troverà lavoro saranno 6 mesi intensi ma, al contempo, fortemente formativi e di prospettiva. Per maggiori informazioni sui profili ricercati: Manpower per l’EXPO Il lato social di Expo 2015. Un’occasione mancata? Jessica Palese (23)
Mancano solo pochi giorni all’inaugurazione di Expo 2015, la tanto attesa e tanto chiacchierata Esposizione Universale che avrà luogo nella città di Milano dal 1° maggio al 31 Ottobre. Messa da parte la bufera degli scandali che ne hanno scandito l’organizzazione, è tempo di ultimare i preparativi per aprire le porte al pubblico. Nell’era del web 2.0 è naturale domandarsi quanto sia attivo sui social un evento di risonanza mondiale. Al momento in cui si scrive, la pagina Facebook ufficiale conta 1.316.481 like e 126.563 talking about this, l’account Twitter raccoglie 462.000 followers e il profilo Instagram ha 71.900 seguaci. Cifre non altissime per un evento di portata planetaria. I post di Facebook sono scritti interamente in italiano accompagnati dall’hashtag ufficiale #EXPO2015 e suddivisi per rubriche, tra cui: Magazine che raccoglie notizie ed interviste, Ambassador che mostra i testimonial della manifestazione e Taste The Planet che è un contenitore di ricette. Non si parla solo di cibo, però, ma anche di natura, arte e cultura. E’ presente anche una speciale sezione dedicata al virtual tour dell’Esposizione. Eppure, a fronte del milione di like, sono pochi i “Mi piace” ai post della pagina, così come le condivisioni. I commenti, poi, non trasudano entusiasmo e positività, bensì scetticismo e polemiche. C’è assenza di dialogo e si avverte l’assenza di un social media manager che si occupi di rispondere ai commenti e alle domande. Scarsa interazione anche su Twitter, piattaforma utilizzata più che altro per sponsorizzare gli eventi dedicati alla manifestazione, che certamente soffre la mancanza di immagini. In quanto a numeri, se la passa sicuramente meglio il profilo Instagram, che può vantare migliaia di cuoricini per ogni fotografia e commenti positivi. Cosa c’è dunque alla base dello scarso successo sui social? Dai commenti che si possono leggere in rete, il popolo del web si sente lontano da questa manifestazione a causa dello scandalo legato alla corruzione, dei cantieri non ancora terminati, della mancata costruzione di edifici utili alla comunità, dello scarso rispetto per la natura sul territorio che ospita i padiglioni. Soprattutto, la gente si domanda dove sia finito il principio di sviluppo sostenibile su cui l’Expo 2015 doveva fondarsi. Avverte l’eccessiva istituzionalità della manifestazione e la mancata vicinanza ai reali problemi del pianeta, rappresentati dalla crisi economica, dalla fame e dalle emergenze sanitarie.
Come aveva spiegato la responsabile Social Media Expo, Susanna Legrenzi l’idea iniziale era di «Trasformare Expo in un grande contenitore di storie». Eppure, il pubblico non si sente vicino a questo grandioso evento dall’impronta troppo istituzionale e burocratica. Non rimane che sperare che l’avvio dell’Esposizione Universale possa far cambiare idea ai più e possa trasformarsi in un’occasione di confronto per perseguire un obiettivo comune: la garanzia di un’alimentazione sana, sicura e sufficiente per tutti i popoli, nel rispetto del Pianeta e dei suoi equilibri. L’EXPO: storia, economia e progresso tecnologico umano Diego Durante (15) Quest’anno gli occhi di tutto il mondo sono puntati verso l’evento che attirerà milioni di visitatori a Milano. Lo svolgimento di EXPO Milano 2015 avrà una ricaduta significativa sia sulla dotazione infrastrutturale di Milano e della Regione Lombardia, sia sull’economia nazionale, anche dopo la sua conclusione. Secondo uno studio elaborato da CERTeT (Centro di Economia Regionale dei Trasporti e del Turismo) Università Bocconi su richiesta di Expo 2015 spa, impatti economici sono riconducibili a cinque principali ambiti che contribuiscono, in misura diversa, all’attivazione del valore aggiunto totale: 1. Infrastrutture. Complessivamente la realizzazione di tutte le infrastrutture previste e le spese ad esse legate assommano a € 19 Miliardi, con una attivazione indiretta di oltre € 52 miliardi e un
valore aggiunto di € 21,5 Miliardi. 2. Costi di gestione evento. Costi complessivi di gestione dell’evento, escludendo ammortamenti e imposte, si prevede ammontino a circa € 1 Miliardo, e hanno un impatto sulla produzione di quasi € 2,4 Miliardi, generando oltre 1 Miliardo di valore aggiunto. 3. Partecipazione ad EXPO Milano 2015 dei Paesi. L’impatto stimato sulla produzione attivata dagli investimenti complessivi dei Paesi partecipanti ad EXPO Milano 2015 è pari a € 1,3 Miliardi e a € 556 Milioni di valore aggiunto. 4. Attrattività turistica. L’insieme delle spese aggiuntive indotte dai visitatori previsti per Expo Milano 2015, dalla maggiore attrattività turistica della Città e dalla maggiore attrattività congressuale sono pari ad oltre € 4 Miliardi, che attivano una produzione aggiuntiva di € 11 Miliardi e danno origine a circa € 4,8 Miliardi di valore aggiunto 5. Attrattività di investimenti diretti esteri. L’impatto diretto complessivo legato al maggior flusso di investimenti diretti esteri è pari a € 914 Milioni, la produzione attivata è di € 2,5 Miliardi, il valore aggiunto è pari a circa un miliardo. Ma che cosa è EXPO 2015? Expo è un’Esposizione Universale, un evento che ha luogo ogni 5 anni. Viene organizzato dalla nazione che, a seguito di una gara di candidatura, vince proponendo un tema ritenuto migliore degli altri. Ogni Expo, infatti, è dedicata a un tema di interesse universale: Milano ha proposto “Feeding the Planet. Energy for Life” ,ovvero: “È possibile assicurare a tutta l’umanità un’alimentazione buona, sana, sufficiente e sostenibile?” È questa la sfida dell’Esposizione Universale di Milano 2015. Se ne sta parlando tanto, ma da dove nasce l’EXPO? La storia delle esposizioni universali inizia nel 1851 quando – in piena era vittoriana – l’Inghilterra, anzi l’impero Britannico, decide di ospitare un’ Expo che mostri la sua potenza industriale. Da allora sono in tutto 34 le esposizioni universali riconosciute dal Bie, l’organismo internazionale che sovrintende all’ Expo. Fra queste non compare quella di Roma del 1942 annullata a causa della Seconda guerra mondiale. Le prime 22 Esposizioni, che si sono svolte fino al 1933, sono definite ‘storiche’. La prima Expo di Londra si chiama Great Exhibition of the Works of Industry of All Nations, ovvero grande esibizioni dei lavori dell’industria di tutte le nazioni. Fra i partecipanti manca l’Italia, non ancora diventata nazione, ma ci sono il Granducato di Toscana e lo Stato pontificio. L’evento – per cui gli inglesi costruiscono il Crystal Palace, un edificio di vetro e ferro che verrà distrutto dal fuoco il 30 novembre 1936 – è un grande successo. I visitatori sono sei milioni 39.195 e i guadagni
consentono di far partire i lavori per il Victoria & Albert Museum, per il Museo della Scienza e il museo di Storia naturale di Londra. Quattro anni dopo, nel 1855, è la volta di Parigi. I visitatori sono cinque milioni 162.330 e fra i ‘successi’ dell’esposizione si annovera la classificazione dei vini Bordeaux. Nel 1862 la manifestazione torna a Londra, nella zona di South Kensington, nuovamente con più di sei milioni di visitatori e in mostra, fra le altre novità della tecnica, il caucciù utilizzato per fabbricare gomma. Nel 1867 di nuovo ad essere protagonista è la Francia con una Expositions universelle d’art et d’industrie a Parigi che conquista circa 15 milioni di visitatori, mettendo in mostra, fra l’altro, gli ascensori Otis e segnando la comparsa sulla Senna dei bateaux mouches per i turisti. Nel 1873 l’esposizione è ospitata dall’impero Austro-ungarico, a Vienna nella zona del Prater, con 7 milioni 255 mila visitatori. Nel 1876 per la prima volta sono gli Stati Uniti ad organizzare l’Expo. Questa volta a Philadelphia, in una edizione con circa 11 milioni di visitatori che ha segnato, fra l’altro, la presentazione al grande pubblico del ketchup. Due anni dopo, nel 1878, l’Expo torna a Parigi, nella zona del Campo di Marte su 66 acri di terreno, ormai ben più della costruzione del Crystal Palace. Una manifestazione vista da 13 milioni di persone, che possono ammirare il fonografo di Edison e anche la testa della Statua della Libertà, che ora svetta a New York. Nel 1880 è la volta di Melbourne in Australia, con un milione 330.297 ‘turisti’. Otto anni dopo, nel 1888, tocca alla Spagna a Barcellona, con una manifestazione visitata da 2,3 milioni di persone. E’ dell’anno successivo però l’Expo forse più famosa di tutti i tempi: quella di Parigi del 1889, visitata da 32 milioni di persone. Per il centenario della rivoluzione francese gli organizzatori approvano la costruzione di una torre in ferro di 324 metri, la torre Eiffel, che doveva essere smontata dopo la manifestazione ed è ancora oggi simbolo di Parigi e della Francia. In quella edizione una delle attrazioni di maggior successo è però lo spettacolo di Buffalo Bill nel quale compare anche il leggendario capo Sioux Toro Seduto, Calamity Jane e Alce Nero. Nel 1893 l’Expo si trasferisce negli Stati Uniti, a Chicago, per la ‘World Columbian Exposition’, che celebra i quattrocento anni dalla scoperta dell’America. I visitatori sono oltre 20 milioni, gli edifici costruiti
molteplici, fra questi la prima ruota panoramica in metallo del mondo. Fra le invenzioni in mostra un antesignano della cerniera, una cucina elettrica con lavapiatti, il primo tapis roulant e anche il rullino per la macchina fotografica inventato dalla Kodak. L’Expo di Bruxelles del 1897 è visitata da 7,8 milioni di curiosi nei due siti collegati fra loro da una linea di tram: un sito nel parco del Cinquantenario e uno a Tervuren, una sezione coloniale dedicata al Libero Stato del Congo di proprietà personale di Leopoldo II. Nel 1900 l’esposizione ritorna a Parigi. E, con i suoi 216 ettari di superficie, viene salutata da un numero record di visitatori, oltre 50 milioni, che possono fra l’altro apprezzare il cinematografo dei fratelli Lumière. Ancora oggi la città porta i segni di questa esposizione, in vista della quale sono stati costruiti la Gare de Lyon, la Gare d’Orsay (che ora ospita il musée d’Orsay), il Petit Palais, il Grand Palais e anche il ponte Alessandro III. Nel 1904 la manifestazione si tiene a Saint Louis per celebrare i cento anni dall’acquisto della Louisiana da parte degli Stati Uniti. L’Expo, su un’area di 1.200 acri, ha 19 milioni di visitatori, che possono vedere il telegrafo senza fili e il cannone Krupp. Ma la manifestazione decreta anche il successo di alcuni generi di largo consumo come gli hot dog e lo zucchero filato. Per i settantacinque anni dell’indipendenza belga l’esposizione si svolge, nel 1905 a Liegi. L’anno dopo, il 1906, tocca all’Italia con una esposizione, a Milano visitata da oltre 5,5 milioni di turisti e, dedicata ai trasporti, con tanto di padiglione aeronautico. L’Expo milanese celebra il traforo del Sempione, che ha permesso il collegamento diretto in treno fra Milano e Parigi. Ancora oggi si possono vedere alcune delle eredità lasciate dall’Expo come il parco Sempione, e l’acquario civico, uno dei 225 nuovi edifici costruiti per l’occasione. Nel 1910 la manifestazione universale torna a Bruxelles per una edizione visitata da 13 milioni di turisti, nonostante sia funestata da un vasto incendio nella notte di ferragosto. Nel 1911 è la volta di Torino con ‘L’esposizione internazionale industria e lavoro’ voluta per i cinquant’anni dell’unità d’Italia. Fra gli eventi dell’esposizione l’inaugurazione del campo volo di Mirafiori con la Gara d’aviazione Roma-Milano. Due anni dopo, nel 1913, è la volta di Ghent, per una Expo vista da 9 milioni e 500 mila persone durante la quale è stato istituito il primo servizio aereo postale del Belgio. La ‘Panama Pacific International Exposition’ si svolge, invece, a San Francisco nel 1915 per celebrare il completamento del canale di Panama. Per l’occasione i 18,8 milioni di visitatori possono ammirare la Liberty Bell, spostata per l’occasione da Philadelphia mentre, per permettere a chi era sulla costa occidentale di ascoltare il rumore dell’oceano Pacifico, viene realizzata una linea telefonica con New York. Ancora oggi i turisti che vanno a San Francisco possono ammirare il Palace
of Fine Arts progettato per l’esposizione. Nel 1929 l’Expo è di nuovo a Barcellona e anche in questo caso si possono ancora ammirare alcuni degli edifici costruiti per l’occasione come il Palau Nacional. Per il centenario dalla propria fondazione, Chicago nel 1933 ospita la Century of Progess International Exhibition, l’esposizione del secolo di progresso, che ha oltre 48 milioni di visite ed è dedicata all’innovazione tecnologica. Il suo successo è tale che dopo la chiusura del novembre 1933 viene riaperta per altri cinque mesi dal primo giugno al 31 ottobre 1934. Nel 1935 l’esposizione è ancora a Bruxelles, per i cinquant’anni dell’istituzione dello Stato libero del Congo, una manifestazione a cui vanno circa 20 milioni di persone. L’ultimo anno in cui l’esposizione universale si svolge a Parigi è il 1937 con in mostra al Padiglione spagnolo, Guernica di Picasso. A ricordare questa ultima volta parigina c’è il Palais de Chatillot, dove nel 1948 l’assemblea generale delle Nazioni Unite ha firmato la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Due anni dopo, nel 1939, Expo torna in America, a New York con una manifestazione dedicata all’ ‘Alba di domani’ in cui la televisione è uno dei protagonisti. il discorso del presidente Franklin Delano Roosevelt viene, infatti, mandato in onda in tv. Ma in mostra si possono osservare altre novità come il nylon, l’aria condizionata e le fotografie a colori. Nei due anni dell’esposizione (che è rimasta aperta da aprile ad ottobre nel ’39 e anche nel ’40) sono più di 44 milioni i visitatori. Dieci anni più tardi, nel 1949, la manifestazione si svolge ad Haiti, a Port-Au-Prince per celebrare il bicentenario della fondazione. A Bruxelles la manifestazione torna nuovamente nel 1958. E si tratta di un’Expo di svolta fra le antiche Expo piene di fiducia verso il progresso e quelle moderne, più attente anche alla sostenibilità. La fine degli anni ’50 è l’epoca in cui è stata appena creata la Comunità economica europea e lo Sputnik è andato in orbita. Proprio lo Sputnik è una delle attrazioni dell’Expo visitata da oltre 41 milioni di persone. Simbolo dell’esposizione – e tutt’ora di Bruxelles – è l’Atomium, una costruzione in acciaio che rappresenta i nove atomi di un cristallo di ferro. E’ diventato simbolo della città anche lo Space Needle, torre di 184 metri costruita a Seattle per l’esposizione del 1962. Per gli Stati Uniti un’occasione per mostrare i loro progressi nello spazio e per i 9 milioni di visitatori un’opportunità di vedere i progressi di grandi aziende, come i computer dell’Ibm. Nel 1967 a Montreal una delle attrazioni più visitate è la capsula originale in cui Juri Gagarin andò in orbita. Tredici milioni di persone si mettono in coda per poterla vedere, mentre i visitatori dell’esposizione sono in tutto 50 milioni, un record assoluto considerando che gli abitanti del Canada all’epoca sono solo 20 milioni. La prima esposizione universale asiatica si svolge a Osaka nel 1970. I visitatori, che possono ammirare un modello di treno ad alta velocità capace di toccare i 500 km/h, il modello di un reattore nucleare e una prima versione del telefono cellulare, sono oltre 64 milioni. Il sito, su una superficie
di 330 acri, è diviso in quattro sezioni che introducono temi come ‘un miglior uso dei doni della natura’. Nel 1992 – a 500 anni dalla scoperta dell’America – Expo si svolge in Spagna, a Siviglia, e ha come tema L’era delle scoperte. I visitatori sono più di 41 milioni, ma questo non impedisce anni di polemiche per i costi e il degrado in cui sono lasciate alcune aree del sito espositivo. Nel 2000 Expo arriva in Germania ad Hannover, con una coda di proteste da parte di chi non vuole l’esposizione. Sono attese 40 milioni di persone ma i visitatori alla fine sono solo 18 milioni. Nonostante questo, l’esposizione tedesca ha alcuni lasciti importanti. Alla città lascia nuove strade, linee di tram aumentate e un terzo terminal all’aeroporto. Alle Expo future un nuovo approccio e soprattutto i ‘principi di Hannover’ per la costruzione dei padiglioni tenendo conto del loro impatto ambientale e della sostenibilità. Nel 2010 Expo è sbarcata a Shanghai, per l’edizione dei record. I visitatori sono stati più di 73 milioni, la maggior parte cinesi, che hanno perlustrato i 530 acri dell’esposizione per vedere da vicino almeno uno scorcio di mondo, grazie agli oltre 190 Paesi partecipanti. Nel 2015 è la volta di Milano, mentre nel 2020 toccherà a Dubai (fonte ANSA). Sicuramente EXPO sarà un evento con una fortissima ricaduta massmediatica. Ci auguriamo che, chi tiene le redini del comando, una volta calato il sipario sull’evento, si impegni seriamente per ottenere un’immagine nuova, fresca e positiva non solo del capoluogo lombardo ma dell’intera nazione. Il suo obiettivo: Diffondere la cucina italiana nel mondo. Il suo nome: Eataly. Simona De Bartolomeo (49) “La vita è troppo breve per mangiare e bere male”, questa la massima che riassume la filosofia di
Eataly e del suo fondatore Oscar Farinetti. Ma cos’è Eataly? C’è qualcuno che ancora non lo sa? Eataly è una catena di punti vendita dedicati al settore alimentare italiano di alta qualità e lo si può intuire dal nome, che è la crasi delle parole “EAT”, mangiare (in inglese) e “ITALY”. Il marchio nasce nel 2004 in Piemonte, dall’unione di piccole aziende del comparto enogastronomico e dalla mente del fondatore e presidente Oscar Farinetti, figlio di Paolo Farinetti, fondatore di UniEuro. Lo spirito innovativo di Farinetti comincia presto a farsi sentire, se pensiamo che dal 1978, ha contribuito a trasformare quello che era il supermercato del padre, nel primo gruppo italiano di elettrodomestici. Ma torniamo ad Eataly. L’azienda si sviluppa con l’obiettivo di portare sulla tavola (di tutti e in tutto il mondo) i migliori prodotti enogastronomici della tradizione italiana a prezzi ragionevoli (non troppo), grazie al rapporto diretto tra produttore e distributore. Se Eataly fosse stato solo un market dove trovare buon cibo italiano, non avrebbe avuto il successo planetario che oggi ha raggiunto con i suoi 29 negozi, con sedi anche negli Emirati Arabi, in Giappone e negli Stati Uniti. E se fossero pochi, ci sono anche i ristoranti a bordo di due navi MSC Crociere e lo store on-line. I valori di sostenibilità, responsabilità e condivisione che questa azienda desidera trasmettere, sono veicolati da una forte comunicazione aziendale, basata su molteplici strumenti, dalla pubblicità agli eventi, dai corsi alle relazioni pubbliche. Strategie di marketing che, nel 2012, hanno fatto guadagnare ad Eataly, il premio per la “Miglior comunicazione aziendale”. Entrando in uno store, infatti, non si può non essere bombardati da numerosi messaggi dedicati al mangiar sano ed italiano: massime filosofiche sui muri, slogan sulle magliette dei dipendenti, cartelloni che narrano la nascita di un alimento, manifesti stile elettorale dedicati alla politica aziendale, tutto pronto a “raccontare”
quanto sia importante diffondere e mantenere viva la tradizione culinaria italiana nel mondo e quanto sia necessario, (ora più che mai) per una ripresa economica, tenere alta l’eccellenza e la qualità del cibo made in Italy. Farinetti ha creato il suo impero sfoderando tutte le sue conoscenze di imprenditore di successo e lo si vede da tutti gli elementi presenti nei suoi negozi. Il momento dell’acquisto non è limitato alla semplice scelta di un prodotto, ma è una vera e propria “esperienza” emozionale. L’ambientazione riproduce quella del mercato ortofrutticolo, con l’aggiunta di aree ristoro, aule e cucine per i corsi formativi, spazi per gli eventi, zone dedicate ai libri, ai prodotti per l’igiene personale e agli accessori da cucina. L’intento, quindi, non è solo vendere, ma anche emozionare ed educare il consumatore (senza nessun target di riferimento limitativo), fornendogli gli strumenti necessari per ampliare la sua conoscenza dell’enogastronomia italiana. Punti di forza, questi, che stanno regalando all’azienda numerose soddisfazioni, tra cui, nel 2011, il primo premio nella sezione “Retail Innovation Award” ad Eataly New York, come punto vendita più innovativo, grazie alla proposta di un nuovo modello di commercio nel settore alimentare; e nel 2014 il premio Netcomm come “Miglior sito alimentare retail del 2014”. Con tutti questi presupposti Eataly non poteva mancare all’evento mondiale dedicato all’alimentazione, l’EXPO 2015, che in questi giorni è in corso a Milano. La spazio di Eataly è dedicato alla biodiversità italiana, legata al mare che circonda la nostra penisola e ai venti caratteristici dei paesaggi collinari, di mare e di montagna. All’interno dell’EXPO l’azienda occupa un suolo di ottomila metri quadri, con venti ristoranti regionali, dove ogni mese si avvicenderanno diversi ristoratori, per soddisfare le esigenze dei numerosissimi visitatori, italiani e stranieri. In questo scenario di collaborazione e armonia, però, non sono mancate le polemiche.
Pare che Eataly si sia aggiudicato il monopolio della ristorazione all’interno dell’Expo, senza nessuna gara d’appalto. Farinetti si difende spiegando che ”l’unicità tecnica di Eataly”, la sua fama e la sua autorevolezza sono stati i motivi che hanno reso superfluo effettuare una gara d’appalto. I ristoratori (già in crisi) non sono certamente felici di questa decisione, ma l’imprenditore piemontese sottolinea che del 95% del fatturato che spetta all’azienda (solo il 5% all’Expo), il 70% è destinato ai cento ristoratori coinvolti in tutto il periodo dell’evento milanese. Inoltre, Farinetti aggiunge che nessuno sarà obbligato a mangiare da Eataly, perché ci saranno altri punti ristoro e che andrà bene se l’azienda non ci rimetterà denaro, viste le spese da sostenere. Resterebbe da sapere con quali criteri siano state decise le percentuali di divisione del fatturato e come siano stati scelti i ristoranti da ospitare. L’Expo di Milano è sicuramente un’occasione preziosa per l’economia del nostro Paese e quello che gli italiani si augurano è che, al di là di tutte le polemiche, questo evento possa rappresentare un momento di condivisione e diffusione dell’eccellenza italiana, una rinascita per il made in Italy, che tanto ci ha resi degni di stima a livello mondiale. L’obiettivo è che accada tutto questo, che il merito sia di Eataly o di altre realtà imprenditoriali. Sciopero della fame. Quando la politica si fa a tavola. Armando De Vincentiis (17)
Nella sua magistrale opera La santa anoressia lo storico Rudolph Bell descrive come il rifiuto del cibo, da parte di numerose mistiche medioevali, rappresenti, in realtà, una vera scelta politica carica di significati sociali e relazionali,anziché una scelta legata a dimensioni mistiche di sacrificio e purificazione. All’epoca di Santa Caterina da Siena la classe femminile non poteva permettersi alcuna decisione di natura famigliare, tantomeno sociale e politica, gli stessi matrimoni erano già decisi dai genitori e le giovani donne, loro malgrado, dovevano ammogliarsi con individui verso i quali non provavano alcun amore o interesse e, in molti casi,provavano addirittura disgusto. La scelta del compagno era decisa, innanzitutto, per questioni economiche e politiche, per rinforzare un legame con altre famiglie grazie al quale si potevano ottenere vantaggi di ogni genere. I figli erano “costretti” a partecipare a questo gioco come una sorta di pedine o merce di scambio. Appariva alquanto difficile sottrarsi al destino scritto dai propri genitori tranne che per motivi religiosi. L’unica scelta consentita era di tipo ecclesiale e rappresentava l’unica via di fuga da un legame con qualche signorotto poco attraente. Molte vocazioni dell’epoca celavano, in realtà, dei rifugi da un destino verso il quale non c’era la minima intenzione di piegarsi. Gli stessi digiuni da parte delle mistiche erano le uniche forme di protesta consentite poiché questa pratica, se contornata da significati religiosi, suscitava reazioni solidali. Tale comportamento era interpretato come il superamento di un bisogno terreno, il raggiungimento di una “perfezione” spirituale e, soprattutto, un controllo mistico dei propri bisogni corporali. Ma il cibo rappresentava e tutt’oggi rappresenta, simbolicamente, dei bisogni non personali ma di una società allargata che decide come ci si debba nutrire e, soprattutto, di cosa.
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