NUMERO SPECIALE Alcol e psicofarmaci - L'Archetipo

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NUMERO SPECIALE Alcol e psicofarmaci - L'Archetipo
NUMERO SPECIALE

Alcol e psicofarmaci
NUMERO SPECIALE Alcol e psicofarmaci - L'Archetipo
1. Francesco Leonetti: La “bevanda dell’oblio” un attacco al sacro…………..………….           pag.      3
2. Grifo: Il “vino biodinamico”……………………………………………………………                                   ″        5
3. Franco Giovi: Dallo spirito di vino allo Spirito divino…………………………….......             ″        7
4. Massimo Danza: Sostanze psicotrope……………………………………….................                    ″        9
5. Shanti Di Lieto Uchiyama: Senza padroni……………………………………………..                            ″       12
6. Italo d’Anghiere: Per una vera devozione a Michele……………………………………                      ″       15
7. Angelo Lombroni: In vino veritas…….. ………………………………………….........                        ″       20
8. Angelo Fierro: La salute dell’organismo di calore comporta scelte coerenti…………..      ″       24
9. Andrea di Furia: Vino e carne, si può? Istinto, tradizione, coscienza …………………….       ″       26
10. Marco Monaldi: Per non perdere l’occasione ………………………………………….                         ″       29
11. Fabio Burigana: Preparare il corpo fisico al sovrasensibile …………………………..             ″       31
12. Davirita: Andar per monti, un sicuro antidepressivo……………………………………                    ″       33
13. Elena Donadel: Scegliere la Via del pensiero…………………………………………                         ″       35
14. Raul Lovisoni: Meditazione e spirito di vino……………………………………………..                      ″       37
15. Kether: Il vino nelle antiche e moderne ritualità…………………………………………..                  ″       39

   L’iniziativa di affrontare questo argomento è sorta
per aver osservato, negli incontri spesso avvenuti tra
amici che seguono la nostra disciplina, il loro indulgere
con naturalezza nel bere a tavola uno o due bicchieri di
vino o di birra, e persino in serata di consumare con
disinvoltura un super-alcolico. Si tratta di persone che
affermano di svolgere regolarmente gli esercizi della
Scienza dello Spirito secondo le indicazioni di Rudolf
Steiner, per un sano sviluppo della propria interiorità e
autocoscienza. Esercizi spiegati con tanta dovizia di
particolari in vari libri di Massimo Scaligero, tra cui
Manuale pratico della Meditazione e Tecniche della
Concentrazione interiore. Massimo stesso si asteneva
con grande attenzione da qualsiasi bevanda alcolica e
anche da medicamenti a base alcolica.
   Viene fatto di domandarsi perché non vi sia, in al-
cuni praticanti, una consapevolezza dell’assoluta inu-      In copertina: «Alcol e psicofarmaci»
tilità di fare un lavoro spirituale per poi vederlo del
tutto vanificato. Questo è infatti il risultato ottenuto
dall’assunzione anche di una minima dose di alcolici:
un azzeramento del lavoro interiore svolto e la neces-      Direzione e redazione: Marina Sagramora
sità di riprendere tutto da capo!                             Tecnico di redazione: Norio Uchiyama
   La stessa cosa può dirsi per gli psicofarmaci, usati        Registrazione del Tribunale di Roma
per sedare turbamenti di origine psichica, per uscire da             N. 104/89 del 4.3.1989
depressioni o per gestire situazioni difficili familiari,   Via Emanuele Filiberto 217 – 00185 Roma
lavorative o scolastiche (oggi vengono prescritti persi-     Tel: 06 97274868 – Cell. 333 6736418
no per bambini e adolescenti!). Tutti risultati che chi         Numero speciale Febbraio 2023
segue la nostra via può conseguire con la pratica degli             L’Archetipo è su Internet
esercizi interiori che, oltre ad essere piú efficaci, non             www.larchetipo.com
hanno controindicazioni per la salute del corpo fisico e     email: marinasagramora@gmail.com
dell’integrità mentale.                                             Programmazione Internet:
                                    Marina Sagramora             Glauco Di Lieto WebRightNow

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Francesco Leonetti

               LA "BEVANDA DELL'OBLIO", UN ATTACCO AL SACRO

    Il Percorso antroposofico rappresenta un grande “salto” nell’ambito dell’evoluzione della c o-
scienza: richiede gambe in perfetto stato e costantemente allenate. Rudolf Steiner ha in piú occa-
sioni confermato come il vero discepolo si possa considerare un pioniere che tenta audacemente di
aprire il varco verso un’evoluzione spirituale “adulta”, cioè fondata su di una lucida consapevolez-
za di sé e del Mondo, volitivamente perseguita e sorretta dalla Conoscenza.
    Conseguentemente non devono meravigliare difficoltà continue, costantemente aggravate da un
operare degli Ostacolatori potentemente sostenuto dall’attuale deriva tecnologica apparentemente
inarrestabile, ultima esasperazione di una visione del mondo da loro stessi di fatto incatenata alla
dimensione contingente.
    Rudolf Steiner e Massimo Scaligero hanno immolato le loro vite al servizio di questo passo
gigantesco in cui è da tempo avviato l’uomo contemporaneo: ritrovare la consapevolezza della sua
dimensione spirituale, non piú per antica, estatica esaltazione del corpo astrale, ma grazie ad un Io
illuminato dalla Luce del Cristo, in piena coscienza di veglia. E veramente immensi sono i doni
che ci hanno elargito.
    La difficoltà del compito dovrebbe essere ben compresa e sempre presente in chi si accosta alla
Scienza dello Spirito; non disgiunta da una sincera tolleranza verso gli ostacoli che incontra chi
non ha ricevuto la Grazia dell’incontro con l’Antroposofia. Situazione purtroppo comune ai piú,
fuorviati da una scienza troppo spesso unilaterale e da un misticismo raramente in grado di fecondare
la quotidianità.
    Non di rado invece, per la difficoltà costante della
prova e la perdurante debolezza dell’umana natura, la
“bevanda dell’oblio” intacca la necessaria consapevo-
lezza; lungo la Via si tende a dimenticare la sacrale
difficoltà del compito, nonostante sia del tutto inconte-
stabile l’assoluta esaustività dell’insegnamento ricevuto;
per i piú beneficati, direttamente dalla parola vivente
di Massimo Scaligero.

                       3 – L’Archetipo – Numero speciale Febbraio 2023
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Conseguentemente può accadere che si cominci a vivere la propria dimensione antroposofica
con una crescente superficialità ed un passivo automatismo, che rapidamente coinvolgono anche
l’esecuzione degli esercizi; in primis i sei fondamentali, immenso dono consegnatoci proprio per
orientare e proteggere l’impegnativa navigazione del discepolo.
                                            Non deve poi stupire se di fronte alle inevitabili prove
                                        venga a mancare la necessaria riserva di Forze per affrontar-
                                        le, e si scivoli in sostegni quali alcol e droghe, purtroppo non
                                        solo farmacologiche, che, operando in direzione opposta a
                                        quella dell’Ascesi del Pensiero, inevitabilmente aggravano la
                                        situazione, orientando pericolosamente la direzione del per-
                                        corso interiore.
                                            Rudolf Steiner ha ripetutamente descritto come proprio al-
                                        l’alcol si debba storicamente la separazione dell’uomo dalla
                                        sua patria spirituale; distacco cosmicamente previsto come
                                        necessario e propedeutico allo sviluppo dell’autocoscienza
                                        individuale. Addirittura attraverso forme di diffusa ritualità
                                        collettiva, quali i culti in onore del dio Bacco. E tuttora il di-
                                        stillato d’uva continua a svolgere la sua funzione verso la vasta
platea dei tantissimi che in varia misura permangono nell’anima di gruppo.
   Quanto precede dovrebbe risultare sufficiente a convincere chi invece persegue il graduale recu-
pero del collegamento col Mondo Spirituale, di come l’alcol sia in grado di vanificare ogni sforzo
interiore. Steiner in proposito porta l’esempio di un tentativo di abbattimento di una robusta parete
a martellate, ripetutamente fallito perché dal versante opposto una nutrita schiera (…di accaniti
bevitori) puntella il tutto con robusti pali.
   E inoltre spiega come la straordinaria, pressoché unica, vitalità del succo della vite, di fatto pro-
duca poi, attraverso la fermentazione, un alter ego, un vero e proprio secondo Io, che si inserisce
nel sangue impedendo quella unicità di sforzi che faticosamente si tenta di ottenere impegnando il
vero Io nella purificazione del corpo astrale lungo la via della sua prevista trasformazione in Sé
Spirituale.
   Non si creda che il consumo disinvolto di alcol si limiti a vanificare lo sforzo interiore: insistendo
nella pratica antroposofica mentre si consumano alcolici, il sistema interno che regola il buon fun-
zionamento dell’organismo, in primis l’apparato nervoso, viene gradualmente intaccato dal conti-
nuo impulso “schizofrenico” che si determina a causa dell’assoluta incompatibilità delle due dire-
zioni: quella innescata dall’attività interiore antroposofica e l’altra, opposta, derivante dall’as-
sunzione di alcolici. Sino a vere e proprie patologie cliniche.
   Discorso analogo va fatto per qualunque sostanza sia assimilabile sotto il concetto di droga, con
l’aggravante di una maggiore e piú rapida incisività distruttiva a paragone dell’alcol (peraltro già
pienamente nocivo anche in presenza del solo, classico “buon bicchiere” ai due pasti).
   Ovviamente, ove tali sostanze in situazioni particolari si rendano necessarie per comprovate ed
ineludibili ragioni terapeutiche, decisivo si rivelerà il parere di un esperto medico antroposofo,
soprattutto in merito alla continuazione della pratica degli esercizi.
                                                                                    Francesco Leonetti

                          4 – L’Archetipo – Numero speciale Febbraio 2023
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Grifo

                                     IL "VINO BIODINAMICO"

   Da qualche tempo si è diffuso l’uso di coltivare biodinamicamente il vino. “Vino biodinamico”
mi sembra un ossimoro, una contraddizione in termini.
   Ecco cosa scriveva in Manuale pratico della Meditazione Massimo Scaligero: «Ma il reale opposi-
tore fisico dello Spirito nell’organismo è l’alcol. Secondo Rudolf Steiner “Il rapporto dell’uomo
con l’alcol subisce una trasformazione, quando egli si compenetra anche etericamente di conoscen-
za sovrasensibile. Infatti, è ancora qualcosa di assolutamente speciale nei regni della Natura: esso
si palesa nell’organismo umano non soltanto come suscitatore di un peso, ma soprattutto diretta-
mente come una forza antagonista dell’impulso interiore dell’Io. Se osserviamo tale pianta in gene-
re, vediamo come nella sua organizzazione normalmente essa svolga una forza fino ad un determi-
nato punto: un’eccezione è la vite che lo porta oltre tale punto. Ciò che le altre piante riserbano
unicamente e soltanto per il nuovo germe, tutta la forza vegetativa che altrimenti viene riservata
soltanto per il nuovo germe e che non si riversa nel resto della pianta, questa forza, nel grappolo
d’uva, si riversa in un determinato modo anche nella polpa del frutto, di guisa che, per mezzo della
cosiddetta fermentazione, per mezzo della trasformazione di ciò che si forma nell’uva, ed in essa è
portato a massima tensione, viene creato qualcosa che effettivamente ha una forza, paragonabile
soltanto a quella che l’Io dell’uomo ha sul sangue. Ciò, dunque, che si sviluppa come alcol dal
succo dell’uva, è qualcosa che viene creato in un’altra sfera della Natura, essendo simile a quello
che l’uomo deve creare quando dal suo Io esercita un’azione sul sangue”.
   “Ci è noto – prosegue Rudolf Steiner – l’interiore rapporto dell’Io con il sangue. Può essere
caratterizzato già dal fatto, che quando dall’Io viene sentita vergogna, il rossore di essa sale al volto
dell’uomo; quando nell’lo viene sentito timore e spavento, l’uomo impallidisce. Questa azione
dell’Io sul sangue, comunque presente in esso, è occultamente del tutto analoga a quella che sí
verifica quando il processo della pianta viene portato a svolgersi a ritroso, di guisa che ciò che vi è,
per esempio, nella polpa dell’uva, o che in genere proviene dalla vegetalità, viene trasformato in alcol.
L’Io, come si è detto, deve creare normalmente nel sangue un processo – parlando occultamente,
non chimicamente – del tutto analogo a quello che si provoca quando, per cosí dire, l’Io rifà a ritroso

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il processo di organizzazione della polpa dell’uva, traendone un prodotto chimico, l’alcol. Ne risulta
che, per mezzo dell’alcol, si introduce nell’organismo qualcosa che agisce su questo come agisce
l’Io sul sangue. Si accoglie cioè con l’alcol un Io antagonistico, in diretta opposizione all’azione
dell’Io Spirituale. In realtà si scatena una guerra interna, o, in ultima analisi, si condanna all’im-
potenza tutto ciò che emana dall’Io, quando gli si oppone come antagonista l’alcol. Questo è lo stato
di fatto occulto. Colui che non beve alcol, si assicura la piena possibilità di agire col suo Io sul san-
gue; colui che beve alcol, fa proprio come chi volesse abbattere un muro e, mentre spinge da una
parte, colloca al contempo qualcun altro a spingere contro dall’altra. In questo preciso modo, con
l’uso dell’alcol, viene eliminata l’attività dell’Io sul sangue. Perciò colui che fa della Scienza spiri-
tuale l’alimento della propria vita, sente l’azione dell’alcol sul sangue come una lotta diretta contro
il suo Io, e sa che una vera evoluzione spirituale incontra un grave impedimento, se le si procura
questa opposizione” (dal ciclo di conferenze Lo sviluppo occulto dell’uomo nelle sue quattro parti
                                              costitutive – O.O. N° 145)».
                                                 Chiunque potrà provare su di sé gli effetti dell’alcol,
                                              e se è sincero con se stesso deve ammettere un abbas-
                                              samento della coscienza, anche a dosi basse. Personal-
                                              mente, poi, ho notato che gli alcolisti – come i tossico-
                                              dipendenti che sono sofferenti da crisi di dipendenza –
                                              perdono progressivamente la capacità di interessarsi al
                                              prossimo, rimanendo sempre piú confinati in una visio-
                                              ne asfissiante ed egoistica della realtà. Le stesse caratte-
ristiche le ho personalmente notate anche in chi soffre di schizofrenia.
    Ulteriormente, riguardo allo stesso tema, lo Steiner cosí si esprime: «L’alcol è assolutamente da
evitare. La dieta vegetariana non è indispensabile, ma favorevole» (da Indicazioni per una disciplina
esoterica).
    «Naturalmente, quando si vuole elaborare il corpo astrale, le operazioni piú importanti saranno
la meditazione e la concentrazione. Particolarmente importante è evitare l’alcol in qualsiasi forma:
perfino i dolci farciti di alcol hanno un effetto dannoso. Alcol ed esercizi spirituali portano su un
terreno pericoloso» (da una conferenza del 1904).
    Ancora: «A Rudolf Steiner fu chiesto un giorno quale influsso potesse esercitare l’alcol su un
discepolo seguace della specifica via occulta. Egli rispose: “A questa domanda non c’è risposta:
infatti, se è discepolo occulto, non può bere alcol”» (da: L. Kleeberg. Wege und Vorte).
    «Un socio chiese una volta a Rudolf Steiner quali conseguenze interiori dovesse aspettarsi un
membro della “Classe esoterica” che bevesse alcol. La risposta fu: “Allora non è un membro della
Classe”» (da: Simonis, “Bollettino tedesco” n. 67).
    Non bisogna meravigliarsi se, nella passata legislatura, viene negato – all’agricoltura biodinamica
– lo status di disciplina di coltivazione autonoma, anzi di disciplina tout-court.
    È vero che poi la forza politica responsabile di tale esclusione si è ridotta ai minimi termini, rima-
nendo esclusa – per pochissimo – dalla soglia di sbarramento del 3% prevista dalla legge Rosato per
eleggere deputati nei collegi plurinominali. Ma è un fatto. Il mondo spirituale non lo si può ingannare.
Il vino è qualcosa che non potrà certo definirsi “biodinamico”. Capisco che è doloroso rinunciare a
una fonte di reddito. Ma un minimo di coerenza si esige.
                                                                                                    Grifo

                         6 – L’Archetipo – Numero speciale Febbraio 2023
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Franco Giovi

                    D A L LO S P I R I TO D I V I N O A L L O S P I R I T O D I V I N O

   Credo conosciate l’autore di questa nota e se non lo conoscete va bene lo stesso. Inizio col dirvi
che costui, come gli amici di un tempo, non lesinava con i vinelli biondi e rossi: vivevamo in una
città in cui d’inverno faceva molto freddo e lo spirito del tempo si sposava in allegria con lo spirito
ondeggiante in bicchierini, bicchieri, boccali e stiffel. Ricordo con simpatia la birreria Dreher:
grandissima, con grandi tavoli dove ci si sedeva con chi capitava: come ho detto in allegria. Dunque
non mancavano le sacrosante giustificazioni sociali.
   Le appassionate letture di testi dell’antica spiritualità e poi, dopo un lungo lavoro di discrimina-
zione, i testi di Rudolf Steiner non sembravano ostacolati dal tintinnio di bicchieri che con solerzia
venivano vuotati.
   Avevo messo su un gruppetto di ricercatori: ci ritrovavamo in uno scantinato, rimesso al meglio,
due volte alla settimana: un giorno per la meditazione in comune e l’altro per affrontare le difficoltà
dei testi. Una sera, un amico appena tornato da Roma portò la ferale notizia: Massimo gli aveva
detto di non bere alcolici! Da quella sera nessuno di noi toccò piú una goccia d’alcol.
   Difficile? No: fu facile. Serviva solo una spinta, inoltre la fiducia in Scaligero era pressoché
assoluta. Poi nel tempo e con la disciplina della concentrazione fu chiaro che la stanzetta che
chiamiamo coscienza di veglia deve essere del tutto sgombra e luminosa. Essa di suo è poca cosa
tra l’invadenza del percepito, la subcoscienza e tutto quello che si agita ancora da sotto.
   Il Dottore fu categorico nei riguardi dell’alcol. Qualcuno ricorda che si rivolgeva ai discepoli
della scuola esoterica ma noi, cari amici, con la pratica di concentrazione, meditazione e, per quan-
to possibile, della contemplazione, ne siamo parenti stretti.
   Per l’operatore l’alcol è veleno. Non moraleggio: con questa sostanza ogni lavoro e la nostra
vocazione si infrangono, e si cammina come il gambero. Ciò è semplicemente insensato.
   Rammento che Massimo diceva che con una sola goccia si torna indietro di parecchio. Le sottili
modificazioni che la disciplina tesse nell’anima sino alla stessa corporeità vengono piú o meno
cancellate. Queste positive modificazioni provocano effetti riscontrabili. Ci si accorge che il corpo
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inizia a rifiutare certi cibi, come ad esempio la carne. Non per ideologia: pare piuttosto che lo
stomaco la rifiuti con sempre maggiore energia.
    Non ignoro che molte medicine usate dai seguaci della Scienza dello Spirito sono veicolate da
piccole quantità di alcol. In questo caso, un mio valente amico, antroposofo e omeopata consiglia-
va di dinamizzare la medicina. Come? Scuotendo vigorosamente una decina di volte la boccetta col
suo contenuto. Inoltre, se vi accorgete che per errore avete ingerito dell’alcol, bevete immediata-
mente un limone spremuto: combatte l’azione dell’alcol.
    Queste sono cose pratiche che magari conoscete meglio di me: metto solo a disposizione alcune
indicazioni testate nel lavoro di oltre cinquant’anni. Del resto con una prolungata disciplina interiore,
vissuta come il piú alto tenore dell’anima, giungono suggerimenti che non sono parole. Scaligero
ha sovente affermato che la concentrazione è autocorrettiva: con la pratica succede proprio cosí, e
il campo delle autocorrezioni può essere molto vasto.
    Sull’argomento trattato qui non proseguo: vi invito a leggere il capitolo sulla dieta in Manuale
pratico della meditazione di Massimo Scaligero.
                                                        Un secondo potentissimo nemico – e non sol-
                                                     tanto per l’asceta ma per l’intera popolazione – è
                                                     l’uso e l’abuso degli psicofarmaci. Questi ven-
                                                     gono prescritti fondandosi su un errore (orrore?)
                                                     di fondo: l’essere umano compresso in una vi-
                                                     sione unilaterale come fosse un grumo psicofisico
                                                     e nient’altro. Nel caso di gravi disturbi psichici i
                                                     farmaci possono temporaneamente arrestare un
                                                     loop autoalimentato da cui l’ammalato non riesce
                                                     per l’appunto ad uscirne in nessun modo.
    Tale somministrazione dovrebbe essere la piú breve possibile nel tempo e accompagnata e poi
sostituita da percorsi via via piú salubri sotto la guida di un saggio terapeuta: indico pratiche del
movimento e semplici terapie artistiche con scultura, pittura, musica ecc.
    Purtroppo in genere le cose non vanno cosí. Acquisito l’apparente successo chimico nei cosí
detti CSM (Centri di Salute Mentale) si segue poco o pochissimo l’individuo ammalato in maniere
diverse oltre le vagonate di tranquillanti che stenderebbero un toro.
    L’eccedente azione del sistema nervoso che, come dice il Dottore, è un fenomeno del nostro
tempo (Conferenza “Nervosità, fenomeno del nostro tempo” – O.O. N° 143) non viene curata con
atteggiamenti dell’anima atti a rafforzare la volontà e con essa il veicolo eterico, ma per una sorta
di moda nata dalla straordinaria pigrizia che ha afferrato la civiltà occidentale, l’eccitazione distur-
bante viene semplicemente sedata, persino nei bambini e nei giovani. Stiamo già assistendo ai danni
che una simile pratica provoca nelle fasi della crescita e in una maturità che non arriva mai.
    È impossibile agire individualmente nell’esteriore generale, però l’operatore interiore può rivol-
gere fiducioso il frutto del suo rito come in una sorta di silenziosa preghiera agli spiriti che seguono
con amore il divenire di tutta l’umanità e, cari amici, queste non sono parole vuote: è preghiera che
salendo dal cuore viene udita e accolta dallo Spirito.

                                                                                          Franco Giovi

                          8 – L’Archetipo – Numero speciale Febbraio 2023
NUMERO SPECIALE Alcol e psicofarmaci - L'Archetipo
Massimo Danza
                                     SOSTANZE PSICOTROPE

   Ogni volta che si assume una sostanza psicotropa, essa agisce sulle sinapsi celebrali accentuandone
la frequenza, oppure rallentandole a discapito dei neuroni che vengono esauriti oppure bruciati.
   Quindi ogni volta si è piú stupidi di prima; il fenomeno non è reversibile.
   Questo lo dice la scienza prima ancora della Scienza dello Spirito.
   Il fatto che i neuroni adiacenti si prendano il sovraccarico di lavoro delle cellule morte, dà la sen-
sazione all’individuo di aver superato la “botta” e di essere tornato cosciente e padrone di se stesso,
ma è solo una sensazione: il danno, se pur minimo è comunque permanente. Al contrario di quello
che si può ritenere, l’uso sporadico, oppure “omeopatico”, di queste sostanze non evita quanto detto
prima. Forse anzi è peggio, perché l’effetto negativo non è percepibile, quindi, sfuggendo alla co-
scienza, è senza difesa.
   Massimo Scaligero soleva dire – non certo per chi pratica gli esercizi – che era meglio una “bella”
bevuta di vino tutta in una volta, se si sentiva lo stimolo irresistibile a bere, anziché il mezzo bicchiere
a cena, o il goccio di whisky ogni tanto con gli amici:
proprio perché in questi ultimi casi non ci si accorge
dell’effetto che produce.
   Se da un punto di vista scientifico abbiamo un rico-
noscimento di progressiva stupidità dell’individuo; dal
punto di vista spirituale l’assunzione di queste sostanze
è ben piú grave e problematica. Sappiamo come il cer-
vello sia il “telefono” tra lo Spirito e il mondo mate-
riale: la porta di comunicazione.
   La presenza auto-cosciente dell’individuo, l’intelli-
genza intuitiva delle soluzioni, come anche la razionalità, dipendono dalle forze spirituali che
adombrano l’uomo in quanto ego durante la vita terrena, proprio attraverso il cervello.
                         9 – L’Archetipo – Numero speciale Febbraio 2023
NUMERO SPECIALE Alcol e psicofarmaci - L'Archetipo
In sostanza l’uomo ha il suo equilibrio fisico, proprio per il fatto che cammina con due gambe, ed
interiore come moralità e saggezza di vita, proprio grazie al cervello che trasmette la saggezza delle
entità spirituali preposte alla creazione dei vari corpi dell’uomo.
   Massimo ci avvisa che il rapporto tra il sistema nervoso, il cervello ed il pensare, deve essere nel
giusto ordine: cioè il pensiero, terso e puro il piú possibile, deve sovrintendere all’essere umano.
   Senza ancora accennare all’ascesi del Pensiero, questo è il suo prerequisito fondamentale. È un
equilibrio naturale che l’uomo avrebbe di per sé, se non fosse continuamente stimolato in altro senso.
   Se il sistema nervoso fosse lasciato nel suo percorso naturale, sarebbe pervaso dal pensare divino
che lo guiderebbe nella vita quotidiana con saggezza ed armonia.
                                                              L’uomo, invece, lascia invadere il sistema
                                                           dal basso, da istinti e passioni, che quindi ten-
                                                           dono ad invadere il cervello e ad imposses-
                                                           sarsi del pensiero, che, cosí, diventa istintivo.
                                                              Mimma Benvenuti ci diceva che i pensati
                                                           di brama e gli istinti si stimolano a vicenda;
                                                           diventando gli uni base per gli altri, in un cir-
                                                           cuito senza soluzione di continuità.
                                                              Una vita dedita al soddisfacimento delle
                                                           proprie passioni, porta ad escludere l’Io ed
il Christo dalla nostra anima. Il nostro Maestro ci spiega come lasciare spazio agli istinti sia già
“eccitare” oltre il normale il sistema nervoso, imponendolo al cervello ed al pensiero, quando
dovrebbe essere l’opposto.
   Senza l’equilibrio dell’Io e la forza del Christo l’anima tende verso la paura e l’automazione. Il
pensiero si indurisce su schemi ideologici, e si tende a dare giustificazione razionale a tutto ciò che
coincide con l’egoismo personale. Si scivola verso la follia. Cosí già si creano percorsi che deformano
l’organo cerebrale creando degli autentici danneggiamenti.
   Massimo ne La logica contro l’uomo, testo a cui rimando la lettura, spiega molto bene questo
fenomeno.
   Modifiche e lesioni che avvengono con ritmi che sono ancora abbastanza reversibili, e che, con
una buona disciplina interiore, possono essere corretti. In sostanza una vita di eccessi istintivi, sen-
za l’uso di sostanze varie, anche se produce danni cerebrali, è comunque gestibile, ed in ogni mo-
mento si può risalire la china.
   L’assunzione di sostanze psico-
trope è tutto un altro discorso.
   Queste sostanze, che vanno dal-
l’alcol fino agli psicofarmaci, pas-
sando anche per il tabacco, ledono in
modo artificiale e piú immediato il
nostro “telefono”. La sua funzione è
distorta in tempi molto piú rapidi,
causando vere e proprie interruzioni
con il mondo spirituale.

                          10 – L’Archetipo – Numero speciale Febbraio 2023
Sotto l’effetto diretto, mentre è attiva la loro azione, il blackout è immediato e quasi totale, significa
chiudere la porta all’Io ed al Christo. Se la sostanza è rilassante, cioè se altera le sinapsi e distrugge le
cellule celebrali, come per l’alcol e la cannabis, per fare un esempio, il primo effetto è quello della
perdita dell’equilibrio fisico, e un abbassamento della coscienza con la sensazione di rilassamento
appunto. Nel caso di eccitamento, ad esempio alcuni psicofarmaci antidepressivi e la cocaina, c’è un
rafforzamento della logica verbosa priva di argomenti e una maggiore reattività nervosa.
    In tutti e due i casi si altera il senso della realtà, falsando il senso del tempo e dello spazio; il senso
della connessione razionale e logica tra gli eventi. Tipico il cominciare a parlare in senso solo appa-
rentemente logico, ma folle nel contenuto.
    Queste alterazioni aprono il varco agli istinti, non si
hanno strumenti per regolarli. Tipico l’uso di queste so-
stanze per eliminare i freni inibitori e quindi essere piú “li-
beri”. Sappiamo perfettamente da chi è veicolato l’istinto.
Quest’azione sul sistema nervoso apre il dominio di noi
stessi proprio a demoni che prendono il comando della
nostra anima. Sappiamo tutti come sotto l’effetto delle
droghe o dell’alcol l’individuo diventi cattivo, aggressivo,
violento. Però non tutti sanno quello che avviene con gli
psicofarmaci, dove l’effetto sul cervello è piú immediato e
repentino. La loro azione è piú mirata ai neuroni, con effet-
ti assolutamente drammatici.
    Non per nulla, non solo l’assunzione, ma anche l’inter-
ruzione del farmaco deve essere autorizzata dal medico che se ne assume la responsabilità. L’inter-
ruzione repentina provoca violente forme di autolesionismo, acuti stati di schizofrenia e para-
noia, che sfociano in aggressività e follia omicida. Completando il quadro alla luce di quanto ci
hanno insegnato Rudolf Steiner e Massimo Scaligero, possiamo capire come questa degenerazione
istintiva sia causata da un sovraffollamento demoniaco nell’anima della persona intossicata da queste
sostanze.
                                                                      Nella nostra epoca vediamo in modo as-
                                                                  solutamente evidente e tangibile, la super-
                                                                  ficialità con cui si fa uso ed abuso di so-
                                                                  stanze psicotrope.
                                                                      Lo “sballo del sabato sera”, il cosiddetto
                                                                  “binge drinking”, che fa sorridere i super-
                                                                  ficiali, crea danni, piú che sul momento,
                                                                  nel tempo, e andrebbe considerato con piú
                                                                  grave attenzione.
                                                                      Non ci sono ricette da consigliare, però
                                                                  ritengo importante considerare questi aspet-
                                                                  ti quando ci si approccia alle sostanze psi-
                                                                  cotrope.
                                                                                            Massimo Danza

                         11 – L’Archetipo – Numero speciale Febbraio 2023
Shanti Di Lieto Uchiyama
                                         SENZA PADRONI
                                            Alcol e Comunità

   In molti articoli da me scritti sull’Archetipo nella rubrica Bioetica, ho avuto occasione di parlare
della mia esperienza di vita condivisa nella Comunità intenzionale Ecovillaggio la Riserva Aurea,
che nel 2017 con alcuni amici e mio marito Kazunori abbiamo fondato a Nespolo, nel cuore della
Riserva Naturale dei Monti Navegna e Cervia.
   Il territorio è un vero paradiso di biodiversità, ove la vita elementare e la Natura Madre elargiscono i
doni piú preziosi per la salute del corpo fisico, di quello eterico e dell’anima.
   Uscire la mattina, respirare aria pura, bere l’acqua di una sorgente, incontrare amici straordinari
come caprioli e scoiattoli, fare colazione con erbe spontanee e con i doni dei frutteti, meditare sotto
alberi antichi: ecco un modo sano e piacevole per condurre l’esistenza.
   Condividere il privilegio di vivere in maniera cosí naturale e sostenibile, con anime affini a noi, e
dunque aprire la nostra casa di famiglia ad altri, ci è sembrato un primo, piccolo passo avanti verso
un Mondo futuro in cui, noi lo auspichiamo, il consumismo ahrimanico sarà solo un lontano ricordo.
   Nella nostra famiglia, quella che io e mio marito abbiamo costituito con i nostri tre figli dal
1990, ma anche in quella in cui sono cresciuta con mio fratello Glauco e i miei genitori Marina e
Fulvio (fondatori dell’Archetipo), oltre ad essere vegetariani, siamo sempre stati tutti rigorosamente
astemi. Quando c’era un compleanno, ad esempio, ci premuravamo di avvisare sempre la pasticceria
che nella torta non vi doveva essere traccia di alcol. E naturalmente non avevamo bevande alcoliche
in casa.
   In questo, abbiamo sempre seguito le precise indicazioni che Massimo Scaligero aveva dato a mia
madre Marina e agli altri suoi discepoli: niente alcolici per chi segue la via di Rudolf Steiner.
   Il Maestro infatti, in vita era stato molto chiaro e rigoroso nel dare questa regola a coloro che
facevano parte della Comunità Antroposofica.

                         12 – L’Archetipo – Numero speciale Febbraio 2023
In piú, io avevo avuto negli anni degli episodi che mi avevano fatto riflettere profondamente sul
potere che lo Spirito dello spirito – ossia le entità elementari e demoniache legate all’alcol – riesce ad
avere sugli individui e sul loro modo di rapportarsi agli altri. Soprattutto quando questi altri, come
me, hanno una particolare sensibilità che fa uscire allo scoperto il piccolo belzebú nascosto nel
sangue, e rivelato dallo sguardo, di chi si è concesso qualche bicchiere di vino o un boccale di birra o
ancora piú un superalcolico.
    Infatti, negli anni precedenti la nascita del nostro Ecovillaggio, avevamo frequentato un gruppo di
amici che faceva permacultura ai Castelli Romani.
    La Domenica ci vedevamo per lavorare insieme in orti condivisi. Ho incontrato persone fantasti-
che e piene di qualità intellettive e spirituali tra quegli individui consapevoli e virtuosi.
    Durante la mattinata si lavorava alacremente agli orti, un lavoro manuale faticoso ma piacevole in
cui ci si aiutava a vicenda e si parlava piú con lo sguardo e con i gesti che con le parole. Erano incon-
tri di anime, aure che si intrecciavano e si coloravano insieme di un arancione entusiasta, di un verde
terapeutico, di un giallo oro con schizzi di rosa e violetto: una Grande Anima condivisa.
    Gli esseri elementari che erano lí intorno percepivano quello che accadeva tra noi, e ci ricompensa-
vano con i loro doni spontanei e coltivando con noi il cibo, destinato a nutrire ben piú del nostro corpo.
    Quando la parte piú importante del lavoro
era stata svolta, ci dedicavamo a preparare il
pasto condiviso, che di solito veniva consuma-
to in campo aperto o sotto una pergola. A volte
si portava un pentolone per cucinare la pasta
per tutti, altrimenti si tirava fuori quello che
ognuno aveva preparato, che fosse una focac-
cia, un’insalata di riso o una torta, e lo si divi-
deva con gli altri.
    Questo momento conviviale era anche l’oc-
casione per fare discorsi piú o meno utopstici
sulla nostra visione del mondo e i nostri progetti e sogni per il futuro. La Comunità nasce e cresce
anche e soprattutto grazie a tali incontri di idee, di anime che hanno affinità e percorrono una strada
simile.
    Inevitabile, come la morte e le tasse, durante il pasto, arrivava la fiaschetta o la bottiglia del buon
vinello, magari autoprodotto o comunque biologico, o fatto dall’amico di fiducia, che passava di mano
in mano, di bicchiere in bicchiere, di cuore in cuore. E dal bicchiere, al cuore, al sangue, è un attimo.
Che cambia tutto. Cambia lo Spirito. Perché lo Spirito individuale, insieme allo Spirito di comunione
con gli altri esseri umani, con gli esseri elementari e con la Natura, a tutto ciò che sta costruendo una
cattedrale invisibile di sacro dentro e intorno a noi, a quel punto viene invaso. Posseduto. Vinto. È il
gioco abilmente perverso delle Forze dell’Ostacolo, che nei secoli ha distrutto popoli, famiglie, dina-
stie. E innumerevoli sono state nei millenni le vittime di questo Oscuro Signore, vittime di ogni
estrazione sociale, di ogni età.
    I príncipi che mai avrebbero dichiarato guerra se fossero stati astemi; i nobili che da sobri mai
avrebbero perso ai tavoli da gioco i beni ereditati dagli avi; i braccianti e gli operai che se non fos-
sero passati dell’osteria, mai avrebbero malmenato le mogli e i figli al ritorno a casa dopo una dura

                        13 – L’Archetipo – Numero speciale Febbraio 2023
giornata di lavoro, sono solo alcuni dei disgraziati esempi di ciò che il consumo di alcool ha causato
alla società.
   Senza lo zampino demoniaco di quello Spirito che abita sovrano in ciò che la saggezza atavica
non a caso chiama “spirito”, ossia senza l’alcool, l’uomo sarebbe un essere libero di percorrere la sua
strada verso la risalita. Non sarebbe perfetto, ma commetterebbe i suoi errori da sé, e potrebbe riusci-
re ad ascoltare la voce della propria coscienza. Mentre il Signore dell’alcool, che si impossessa di lui
al primo bicchiere di vino o al primo boccale di birra, fa in modo che quella voce interiore portatrice
di saggezza non possa essere udita.
   La libertà di essere noi stessi, ecco cosa barattiamo con l’oblio e l’euforia e il piacere dei sensi che
alcool e droghe possono fornire.
   In quei pranzi negli orti condivisi, quei pochi bicchieri di vino avevano all’apparenza l’effetto di
procurare allegria, rilassamento, tutt’al piú sonnolenza, di fare in modo che nel pomeriggio si lavo-
rasse in modo piú svogliato, con meno entusiasmo, con piú frequenti divergenze d’opinione.
   Ma non era quello il danno. Io che non bevevo, lo sentivo e lo vedevo. Un Essere si era affacciato
in quegli sguardi, nel fiato, nei gesti, nell’aura, nella voce. Non era il mio amico di cinque minuti
prima a parlare o a guardarmi. Era l’altro: il suo padrone. Non era quella persona con cui poche ore
prima avevo creato una relazione interiore a livello animico e spirituale, che aveva ascoltato con
interesse il mio racconto sugli insegnamenti di Massimo Scaligero e di Rudolf Steiner, e che ora re-
spingeva quei contenuti con scherno, lanciandomi occhiate piene di malizia e fastidio, mascherati da
compassione e finta indulgenza.
   Il dono del vino e delle bevande alcoliche è arrivato al genere umano affinché dimenticasse il
Mondo spirituale e ciò che è la vera essenza della Vita. Affinché si immergesse nella Maya. Il cui
Principe assoluto è Ahrimane. Oggi, per incontrare il Christo Eterico e per vedere oltre il Velo di Iside
la realtà divina dietro la Natura, per andare oltre la dimensione materica in cui regna l’Ostacolatore, è
necessario recuperare pienamente la nostra libertà interiore.
                                             Non possiamo avere padroni che attraverso il nostro san-
                                          gue impregnato di spirito antidivino ci impediscono di risali-
                                          re verso lo Spirito divino.
                                             Quando io mi accorgevo della presenza del Signore Oscuro
                                          negli sguardi e nelle parole dei miei amici, egli vedeva che io
                                          lo avevo smascherato, percepito, pur senza aver detto nulla in
                                          tal senso. Cercava di sedurmi o lusingarmi con belle parole o
                                          discorsi apparentemente edificanti sull’ecologia, l’etica, la so-
                                          stenibilità. Argomenti validi ma con una base prettamente
                                          materialista. Oppure tirava fuori qualcosa di buddista, di New
                                          Age; una spiritualità a buon mercato, di facciata; in cui ov-
                                          viamente non poteva credere nemmeno lui. Tutto invano.
                                             Reagiva allora con fastidio, stizza, aggressività.
   Ho perso cosí diverse amicizie promettenti, per motivi apparentemente futili o incomprensibili. Io
però sapevo da cosa avevano origine quei dissapori. Che fecero a pezzi il gruppo purtroppo, dopo
che noi ce ne fummo allontanati.
   Nella creazione del nostro Ecovillaggio dunque, decidemmo di bandire le bevande alcoliche.

                         14 – L’Archetipo – Numero speciale Febbraio 2023
Chi ne avesse avuto l’esigenza, non avrebbe dovuto fare altro che recarsi presso un’altra comunità
delle tante che non avevano questa limitazione.
   Le persone che vennero nei primi mesi apparentemente sembrarono accettare questa regola; salvo
poi dichiarare che era assurda o eccessiva, oppure andavano al bar a farsi una birretta. In questo modo
avrebbero bevuto fuori casa e la regola era salva. Negli eventi in cui venivano ospiti esterni, sempre
avvisati anticipatamente del fatto che a pranzo non ci sarebbero stati alcolici, spesso vedevo bottiglie
di vino o birra sotto i tavoli.
   In seguito ho anche perso la voglia di fare il cerbero e lasciato che gli abitanti del nostro Ecovil-
laggio facessero come volevano, sempre con moderazione e con rispetto naturalmente.
   Il problema principale in realtà, era mio piú che loro: ogniqualvolta che un membro della comunità,
anche temporaneo, beveva alcolici, qualcosa di ostile, di negativo o addirittura di aggressivo e vio-
lento si impossessava di lui, o di lei.
   Una rabbia malcelata nei miei confronti che dagli individui piú miti e piú amichevoli veniva fuori
improvvisamente.
   Sicuramente al Signore Oscuro io devo stare parecchio sullo stomaco; quindi non si lascia sfuggire
l’opportunità di attaccarmi, la coglie al balzo, se ne ha l’occasione. Si manifesta e si scatena appena
può, magari tramite un accesso temporaneo, fornito da una persona a me vicina che si è concessa un
apparentemente innocuo bicchiere di vino rosso, che tanto “fa bene alla salute”, o un goccio di limon-
cello fatto in casa.
   È cosí che ho visto con mio rammarico in-
dividui pacifici e amichevoli trasformarsi in
belve, a volte spaccando oggetti o minaccian-
do altri ospiti, apparentemente senza un reale
motivo.
   Negli anni non solo la mia comunità, ma
anche molte altre con cui sono venuta in con-
tatto, hanno avuto problemi analoghi.
   Certamente il motivo per cui noi seguaci
della Scienza dello Spirito scegliamo di aste-
nerci dal consumo di alcolici deriva dagli inse-
gnamenti di Rudolf Steiner e dagli esercizi da lui indicati per recuperare la visione dei mondi spirituali.
   Per chi non segue questa via, la necessità di eliminare l’alcool non sembra cosí importante. Eppure
l’evoluzione del genere umano è in una fase cruciale: mai le Forze dell’Ostacolo anticristiane sono
state cosí potenti e agguerrite: ogni piccolo varco che noi lasciamo aperto ad esse, diventa un portone
spalancato per queste entità. Il nostro sangue è un succo molto peculiare: è il collegamento con il
nostro Io, la nostra vera essenza, ciò che di divino è in noi. Il nostro Spirito. Dare spazio ad un altro
spirito nel nostro sangue significa allontanare il vero Spirito, che dovrebbe essere la nostra guida, e
farci controllare da un padrone che ha intenzioni alquanto malevole. E ci può usare come strumenti
per danneggiare tutta la comunità di anime che sono intorno a noi.
   La Filosofia della Libertà di Rudolf Steiner è un dono aureo, destinato ad uomini e donne vera-
mente liberi di essere se stessi e senza padroni.
                                                                              Shanti Di Lieto Uchiyama

                        15 – L’Archetipo – Numero speciale Febbraio 2023
Italo d’Anghiere
                          PER UNA VERA DEVOZIONE A MICHELE

                            Liane Collot d’Herbois «Arcangelo Michele»

    Michele chiama: che l’uomo risponda è frutto di una scelta, fatta a diversi gradi di emancipazione
dai vincoli sub-umani, ma sempre scelta. Anzi, se non vi fosse questa possibilità di movimento
autonomo rispetto alle soggezioni del passato, quella Entità non chiamerebbe.
    Si può dire che è proprio dell’impulso michaelita di lasciare che il ritrovamento dello Spirito sia
atto libero di una umanità che continuamente tradisce lo Spirito. Libero da esso, opposto ad esso, può
volerlo di nuovo.
    L’impedimento a questa missione non deriva dal sensibile, che ne è anzi supporto fondamentale,
ma da una affezione dell’anima al sensibile divenuto oggetto, non dal rapporto di questa con quello,
che, se obiettivo, sarebbe un primo passo della risalita. Il sensibile che si desidera inconsapevolmente
reintegrare, secondo una spinta interiore sana, che venendo però mal orientata, decade improntando
il dato dei sensi della sua caduta: che è la brama.
    La brama è il potere di identificazione della Sintesi propria allo spirituale orientato verso ciò che è
inferiore. Lo stesso volere superindividuale che aderisca ad un oggetto irreale, perdendosi. Irreale
non in quanto tale, ma in quanto momento costitutivo di una dinamica viva, che fuori di quella vita
diviene finzione: l’astratta alterità.
    L’uomo sente però che questa oggettiva e reificata alterità reca in sé un potere di incantamento
della coscienza, come nostalgia dello Spirito. Nella percezione sensoria è già infatti in atto l’equi-
librio delle forze dell’anima, alterato in ogni altra sede, e perciò condizione eccezionale di attuazione
magica dell’originaria identità col mondo.
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Tutto lo sforzo è ritrovare questa identità con le forze spirituali che sorreggono il mondo, che sono
le stesse che si danno quotidianamente nel pensiero e nella percezione. Per poterlo fare, l’Essere di
Michele media il potere del Logos all’umano: che può accoglierlo liberamente, solo se liberamente
gli si fa incontro.
   Ma non è possibile incontrare coscientemente questa Forza originaria se il pensiero non viene
liberato dall’organo cerebrale come da un carcere. Organo cerebrale che è in realtà un artefatto delle
Gerarchie: una sintesi cosmica architettata e tessuta con la saggezza delle ère. Questo strumento
voluto dallo Spirito deve essere a lui docile e rispettare la sua funzione evolutiva: servire da supporto
all’autocoscienza. Adesso urge che l’uomo si liberi dal cervello, per utilizzarlo.
   Spesso, salvo alcune eccezioni, ne è utilizzato. Le reti sinaptiche e i percorsi neuronali appren-
dono e si modulano con l’euristica, finalizzata ad un automatismo che faciliti e velocizzi la risolu-
zione pratica dei problemi umani. In tal senso è inutile alla Conoscenza.
   Per tornare a conoscere, si deve liberare il pensiero dalla prigionia dell’encefalo.
   Farlo è possibile, ed esistono le vie che lo consentono. Il percorso però non è esente da ostacoli.
   È sufficiente fare l’esperienza della perdita di livello conseguente ad un affievolimento della
pratica interiore, per accorgersi di come non si disponga piú di certe energie sottili e di come l’anima
subisca di piú la soggezione al mondo esteriore, percependolo, commisuratamente al grado della
caduta, come disanimato, nei casi migliori, mentre smarrendo la coscienza della sua disanimazione
in quelli peggiori, avendo perduto di lucidezza al punto di ignorare la propria condizione caduta: è la
cecità di chi cammina nelle tenebre. Altro è invece lo smarrimento di un livello di libertà che porti ad
essere consapevole del vincolamento a stati inferiori di agitazione, avvertendo ancora quanto sia
difficoltoso riconquistare quel clima di calma interiore connaturato allo stato perduto.
   Basterebbe questa serie di percezioni per rendersi conto di come vi sia una tendenza automatica
allo smarrimento di una zona aurea, in cui l’uomo può iniziare ad essere l’Io. Che sia smarrita è un
dramma della coscienza, non di fatto, perché la possibilità è sempre lí, pronta a darsi.
   In questo senso l’alcol e gli psicofarmaci si comportano, seppur in modi differenti, come agenti di
questo smarrimento e rafforzatori dell’automatismo, sul cervello e sul sistema nervoso in generale.
Sono ostacoli a ché la coscienza possa ridestarsi e impediscono che l’Io raggiunga il volere di
profondità, perché questo Volere è il Pensare stesso che inizia a svincolarsi dall’organismo cerebrale;
in particolare da quei processi metabolici del cervello, che sono espressione della volontà pro-
fondamente dormiente nel fisico. Ridestata, è una forza cosciente che realizza l’unità dell’anima.
   La prima questione è perciò che l’ingestione di alcol lavora ad impedire la liberazione del
pensiero. Qui è importante ribadire che non si
tratta di fare del moralismo. Va ricordato solo
il puro fatto conoscitivo che praticando eser-
cizi che vadano nella direzione dell’auto-
coscienza, bevendo alcol, anche minima-
mente, questo lavoro viene ostacolato, impe-
dito, e l’individuo è esposto a pericoli con-
creti. Esercizi spirituali, di ogni tipo, e assun-
zione di alcolici, espone ai piú svariati errori
e instrada sulla deviazione morale.

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Le basi occulte di questo processo le ha spiegate in piú luoghi, e senza bisogno di commenti,
Rudolf Steiner.
   Spesso si affronta il problema da un punto di vista medico o fisiologico, calcolando ad esempio la
permanenza di molecole di alcol nel sangue e organizzando gli esercizi a tempi di massima distanza
dall’assunzione, o cercando soluzioni di questo tipo.
   A questo modo di pensare bisogna opporne uno autenticamente spirituale, in cui non si trascura il
dato medico, ma si assume alla base del lavoro con gli esercizi una necessaria responsabilità, senza
la quale si verrebbe già estromessi dalla corrente solare.
   L’astensione dall’alcol è una forma di devozione a Michele, il sigillo di uno schieramento autono-
mo e libero dalla parte del Logos. La fiducia nel Mondo Spirituale si esprime in questo senso con
l’adesione interiore al precetto dell’astensione.
   Nel momento in cui facciamo questa scelta penetrano nell’anima delle forze solari, atte a suppor-
tare la decisione nel senso del coraggio sociale e nella perseveranza interiore, ma solo se la scelta è
attuata per un moto già germinalmente indialettico: un atto d’amore verso le Gerarchie di Michele.
Questo senso della devozione va intravisto nell’evitamento dell’alcol.
   Perciò, l’atteggiamento piú severo, dell’astemía piú rigorosa, che agli occhi di molti può apparire
rigido, o addirittura appannaggio di un fanatismo bigotto, diviene, per Michele, l’amore piú forte,
senza per questo cadere nel dogmatismo della regola fine a se stessa. Ci sono circostanze in cui
l’assunzione di alcol è inconsapevole, altre in cui non dipende dall’arbitrio, altre in cui è tollerabile.
   La natura di queste circostanze però è sempre da mettere in relazione con l’individuo ed il suo
destino.
   Non si pone quindi il problema delle quantità, essendo il fatto qualitativo.
   Vi è una controparte spirituale dell’alcol facilmente ravvisabile in entità che utilizzano questa
sostanza come loro veicolo, che tendono a prendere possesso del sangue, permeandolo di impulsi
ascrivibili alla sfera luciferica.
                                                        Questi spiriti alcolici trovano presa nell’astralità
                                                     umana per mezzo della circolazione sanguigna, a
                                                     prezzo di una opacizzazione delle forze di Vita e
                                                     di Luce della parte eterica della testa.
                                                        L’esperienza cosciente arriverebbe a percepire
                                                     una volontà che salendo dal sangue dilata l’eterico
                                                     del capo, provocando un disordine del pensiero ed
                                                     una opposizione diretta alle forze dell’Io: quelle
                                                     individualmente volute. Questi effetti possono per-
                                                     manere a lungo, ben oltre la persistenza fisica del-
le molecole di alcol nel sangue, poiché il ‘luogo’ di questi spiriti dell’alcol è il corpo astrale.
   Una via come quella solare richiede l’eroismo piú alto e un richiamo continuo al Coraggio come
elemento costitutivo della struttura interiore. Chi cerca di smussare le angolosità sul problema
dell’astensione dall’alcol, dovrebbe chiedersene il motivo e cercare la verità che muova una simile
domanda. In alcuni casi può rimandare alla domanda piú radicale su che via egli intenda seguire.
Non c’è bisogno di critica, ma di verità con se stessi.
   L’Essere di Michele sa cosa ci muove e perché facciamo le azioni che facciamo.

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La questione degli psicofarmaci è differente, va trattata con maggiore attenzione rispetto alla
composizione chimica e alla posologia. Per quanto ci siano casi in cui, forse, solo attraverso un
intervento fisico sul cervello si possa ristabilire un certo equilibrio, ciò non toglie che le porte del-
l’autocoscienza michaelita si possano comunque chiudere.
    Ognuno cerchi una risposta da solo. Quel che è
evidente, è il morbo sociale di un abuso di sostanze
che si pretende facciano il lavoro che spetterebbe
all’Io; a volte con scenari karmici molto complessi e
umanamente dolorosi.
    L’assunzione di droghe in tal senso sottrae al Sé
Spirituale la possibilità di intervenire nella sfera
corporea, per un intervento sulle forze eteriche, im-
pedendo al cervello di funzionare secondo la sua spontaneità originaria, cioè che il pensiero lo
utilizzi come base inerte per la risalita allo Spirito e l’immersione cosciente nel sensibile. L’azione
del farmaco rafforza gli automatismi cerebrali ed agisce sul corpo astrale, rendendo inerti le forze
eteriche di Vita che l’Io è chiamato a sollecitare con impulsi di libertà. In questo senso vi è un
irrigidimento della psiche ed una inflazione della sua potenza: acuendo il limite senziente-razionale.
    È importante qui non assumere le verità spirituali come pretesti per una facile critica verso
situazioni di cui è ignorato il senso di destino. C’è un’obiettività nell’incapacità del cervello di farsi
docile all’Io se viene stordito dall’azione di psicofarmaci, che alterano per via fisica il corretto rapporto
animico-fisico. Non è sempre dato sapere, come accennato, se in qualche caso l’assunzione è prevista
dal destino individuale; ad ogni modo, qualora lo fosse, lo sarebbe sempre come extrema ratio di un
processo che poteva essere altro, se l’individuo vi fosse andato incontro con le forze autocoscienti.
    Chi segue la via di Michele e tenta ritrovare il Logos nel pensiero liberato, deve attuare ogni
possibile mezzo alla realizzazione di questo piú che nobile compito, rimuovendo qualunque ostacolo
possibilmente riconosciuto come tale. Non ci si può consacrare a metà, o in percentuale: la via
indicata dal Maestro dei Nuovi Tempi si muove su un sentiero di venerazione per lo Spirito. La
devozione a Michele passa per la dedizione alla Verità, che è un atto riferibile alla fede oggi richiesta.
    L’anima razionale è il limite alla liberazione del pensiero e la fede michaelita è già un supera-
mento della forma razionale-senziente, perché un essere imprigionato nel limite cerebrale difficil-
mente concepirà l’astensione dall’alcol come atto di donazione libera al mondo spirituale.
    Chi però può concepirlo, lo attui come tale, fuori dalle disquisizioni scientifiche. L’atteggiamento
scientifico puro va ravvisato in questa fede, che risulta dall’evidenza empirico-sperimentale conse-
guente alla liberazione del pensiero. Alcol e psicofarmaci, indipendentemente dalle necessità
personali e dalle complesse storie di ognuno, portano l’oblio dello Spirito. Sarebbe saggio evitare di
distruggere quella già labile memoria del Mondo Superiore che ci viene donata dalle Gerarchie.
    Vi sono tante vie, e ognuna è una strada del Logos, perché non c’è niente fuori dal Logos. In
questo senso è veramente il Signore. Si deve però cercare il massimo della serietà con se stessi e
seguire la via evitando, per quanto è in nostro potere, ciò che può vanificare il lavoro interiore. Sarà
un iniziale moto di volontà, come consacrazione cosciente alla Via Solare, astensione cultica e vera
Devozione a Michele.
                                                                                           Italo d’Anghiere

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