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La Copertina d’Artista - Holiday working Un’immagine solare e piena di ironia fa bella mostra di sé sulla copertina del numero di maggio 2021 di Smart Marketing. Solare perché si svolge al mare, in una tersa giornata di sole, ironica perché il soggetto che ritrae è un impiegato seduto su una sedia da ufficio che regge un computer con una mano e lavora con l’altra, ma alcuni elementi concorrono a rendere l’immagine davvero buffa e surreale: innanzitutto l’impiegato in questione è a mollo nell’acqua ed è vestito di tutto punto, con tanto di giacca, solo nella parte superiore del corpo, le sue gambe sono nude ed ai piedi ha pure un paio di pinne, inoltre indossa una maschera con boccaglio da snorkeling e, se tutto ciò non bastasse, a completare il quadro su di un angolo del computer è poggiato un bicchiere da cocktail. Ecco che l’arte ci riesce di nuovo, ed in una singola immagine condensa, sintetizza e stratifica tutta l’ambivalenza e le erronee credenze che ruotano intorno al concetto ed alla parola stessa di Holiday working.
L a C o p e r t i n a d ’ A r t i s t a d i m a g g i o 2 0 2 1 , H o l i d a y w o rking, realizzata da Arianna Greco.
C’è tutto! La falsa credenza che possiamo lavorare al computer in spiaggia, magari sulla battigia, come se tutti i possibili problemi che sole, sabbia, acqua salata potrebbero arrecare al nostro portatile non esistessero. Tralasciando le distrazioni che un simile ambiente ci offrirebbe a iosa. La convinzione che si possa essere davvero professionali indossando giacca e farfallino con il costume e le pinne, in barba a tutti i proclami dei personal fashion e guru della formazione che ci dicono che, in determinati lavori, l’abito fa il monaco e la forma, almeno all’inizio, a primo impatto, è più importante del contenuto. Tralasciando anche in questo caso le implicazioni psicologiche e la confusione esistenziale che un simile outfit arrecherebbe alla nostra personalità. Scopri il nuovo numero: “Holiday working” Se l’anno scorso abbiamo scoperto il remote, lo smart e il south working, oggi si fa strada un nuovo concetto di lavoro: l’holiday working. Con un pc al seguito ed una connessione a internet è possibile lavorare ovunque, mantenendo inalterati i livelli di produttività. La rivoluzione è compiuta: non importa dove lo fai, ma cosa fai! Insomma, quest’opera ci mostra (come spesso accade con l’arte) come in uno specchio il riflesso delle nostre convinzioni e delle nostre credenze sbagliate, questa volta in materia di lavoro agile, smart working, south working o holiday working che dir si voglia.
L a s i r e n a b i c a u d a t a , s i m b o l o d i p rosperità, realizzata durante una puntata di ‘O mare mio di Antonino Cannavacciuolo. La sirena porta in mano l’Iris Revoluta Colasante, un fiore endemico di Porto Cesareo, che cresce solo sullo scoglio “mojuso”. A realizzare questa ironica ed al tempo stesso perspicace immagine/specchio è un’artista già coinvolta nel progetto della nostra Copertina d’Artista, nella prima edizione, Arianna Greco, salentina doc, passionale e talentuosa pittrice che si contraddistingue per la scelta dei pigmenti che utilizza per dipingere, ossia il vino in tutte le sue sfumature e tonalità, che, trasposti nella sua “arte enoica”, donano una densità ed una energia incredibile ai suoi soggetti. Quello che vedete su questa Copertina d’Artista di maggio 2021, e che si intitola, come il numero, “Holiday working”, è il suo primo lavoro ad acquarello, il che rende questa sua opera e seconda partecipazione ancora più preziose.
Arianna Greco è una giovane Artista originaria di Porto Cesareo, ideatrice nel 2012 dell’Arte Enoica, tecnica di pittura che consistente nell’utilizzare il vino al posto dei tradizionali colori sulla tela. Nel corso del tempo il vino si ossida su tela come farebbe in barrique o in bottiglia, cambiando colore, passando dai rossi vivi tipici dei vini giovani ai colori maturi tipici dei vini invecchiati e specifici per ciascun vitigno. Una volta avvenuto il cambiamento, il colore viene “fissato” tramite un procedimento di cui l’artista custodisce gelosamente il segreto. La stampa italiana ed estera ha paragonato, fin dall’inizio, le sue opere al quadro di Dorian Gray di wildiana memoria. Arianna Greco è un’artista tra le più eclettiche della scena artistica internazionale, vincitrice del 34th European Award for The Tourism in Croazia nell’ambito del 19th FilmTourFestival, riconoscimento ricevuto in passato da personalità come Franco Zeffirelli, Gualtiero Marchesi, Paul Bocuse. Sempre attenta alla promozione della propria terra natìa, Arianna con questa tecnica si afferma come una dei più apprezzati artisti in campo internazionale, tanto da ricevere l’incarico di realizzare l’Immagine Ufficiale di “Encontro de Vinhos”, la fiera mondiale dei vini che si tiene ogni anno in Brasile e che fa tappa in sette città brasiliane sotto la direzione di Beto Duarte, giornalista che per la televisione brasiliana ha già realizzato più di 200 documentari sul mondo del vino. Dal Brasile alla Russia, è stata due volte ospite del Golden Tour sia a Mosca che a San Pietroburgo, dove ha esposto le sue opere presso The State Hermitage Museum Official Hotel, e ad Hong Kong, dove si è esibita in diversi live di pittura col vino e ha presentato una linea cosmetica in cui le sue opere hanno fatto da testimonial. Una presentazione poi ripetuta a Milano, in presenza dell’Artista, in occasione della Settimana della Moda. Genio, talento ed estro salentini si racchiudono nell’Artista, che permette a diverse culture di comunicare e confrontarsi davanti alla sua peculiare Arte realizzata col frutto della nostra terra, il vino. Non solo la carta stampata, ma anche il cinema parla dell’Artista. È del 2016 infatti l’uscita del film documentario “Vino su Tela. L’Arte Enoica di Arianna Greco”, regia di A. Correra, un lungometraggio che racconta in stile road movie sia la storia e l’attività dell’Artista sia, attraverso la scelta dei vini, le bellezze e i paesaggi pugliesi da Porto Cesareo alla Daunia. Il film, proiettato in Italia e presentato con Evento dedicato anche a Praga, permette al grande pubblico di conoscere e di vedere su grande schermo la terra di Puglia e le opere dell’Artista. Per informazioni e per contattare l’artista: arianna.gre@libero.it Mostre, eventi, musei e premi:
2017 Premio Diomede, “Premio Donne di Puglia” 2016 “Premio Terre del Negroamaro”, “Vino su Tela. L’Arte Enoica di Arianna Greco”, film documentario, regia di A. Correra; Tesi di laurea dedicata all’artista, “Le molteplici identità socio-culturali del vino: uno sguardo antropologico”, della dott.ssa Cristina Ranieri, Università degli Studi di Milano Bicocca. 2015 Premio Diomede, “Premio speciale”. 2013 Tesi di laurea dedicata all’artista, “Il mito della Velocità” del dott. Jean Pierre Mellone, Università del Salento, Lecce. 2012 “Ambasciatrice del Museo di Pulcinella nel Mondo”, Museo di Pulcinella, Acerra (NA), Mostra Personale presso Palazzo Bartolini Salimbeni, organizzata dallo stilista Salvatore Ferragamo, Firenze. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome
Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Holiday working - L'editoriale di Ivan Zorico Dimmi se non è vero… Ogni estate, nelle canoniche due settimane di ferie, durante una cena o un aperitivo con tramonto davanti al mare (o se preferisci in montagna), in una atmosfera rilassata e sognante, non si sa bene come o chi, ma puntualmente viene fuori la classica frase: “immagina di poter stare qui tutto l’anno”. E, come di consueto, quella semplice frase si porta con sé una serie di considerazioni sui pro e i contro, sulla possibilità o meno di poter dar seguito a quell’idea, e sulla capacità di “inventarsi” un nuovo lavoro perché, quello che fai nella grande città, lì non lo potresti fare. Il tutto contornato da una serie di “se”, di “ma”, di “però”, di “magari”, di “forse”, e via così. Mi sbaglio? Un copione scritto e riscritto e di cui conosciamo già l’epilogo: a vacanze finite si fa rientro nelle grandi città; per qualche giorno ogni tanto si pensa ancora a quell’idea così affascinante e un po’ utopistica (tempo che tipicamente coincide con il definitivo dileguarsi dell’abbronzatura); dopo poco ritorna sul viso quel bel colorito grigio/bianco (un mix tra la luminosità dello schermo, le pareti dell’ufficio e il cemento dei palazzi); la routine riprende piede (la stessa da cui si fugge per quelle due settimane); e il ciclo così si ripete sino all’estate successiva. L’anno passato, però, ci ha consegnato un nuovo copione. Complice la pandemia, abbiamo scoperto una nuova via percorribile, che è possibile lavorare dove si vuole e, soprattutto, dove ci si sente bene. Mi correggo, più che scoprirlo, ne abbiamo preso atto. Ne siamo diventati consapevoli. Tecnologicamente avevamo già la possibilità di farlo, quello che mancava era la spinta ad abbracciare il nuovo. Come spesso accade, l’impossibile risiede più nelle nostre menti, nelle nostre abitudini, nel “è sempre stato fatto così”, piuttosto che nella
vera lettura e comprensione della realtà. In sostanza siamo in grado di processare solo quello che abbiamo difronte e non riusciamo a spingere oltre lo sguardo. Quando invece lo facciamo è perché in qualche modo ci troviamo costretti a immaginare scenari differenti. E quanto è successo a causa della pandemia ne è un esempio perfetto. Abbiamo dovuto reinventarci una vita online e, con tutti gli squilibri del caso (cfr. digital divide e mancanza di competenze digitali), abbiamo comunque fatto fronte ad una situazione davvero difficile. Inoltre oggi si sente parlare di digitale molto di più rispetto ad un anno e mezzo fa e si è capito finalmente la centralità che deve assumere. Non poco. Scopri il nuovo numero: “Holiday working” Se l’anno scorso abbiamo scoperto il remote, lo smart e il south working, oggi si fa strada un nuovo concetto di lavoro: l’holiday working. Con un pc al seguito ed una connessione a internet è possibile lavorare ovunque, mantenendo inalterati i livelli di produttività. La rivoluzione è compiuta: non importa dove lo fai, ma cosa fai! Per cui, se l’anno scorso abbiamo scoperto il remote, lo smart e il south working, oggi si fa strada un nuovo concetto di lavoro: l’holiday working. Con un pc al seguito ed una connessione a internet (che funzioni davvero!) è possibile lavorare ovunque, mantenendo inalterati i livelli di produttività (aspetto fondamentale). La rivoluzione è compiuta: non importa dove lo fai, ma cosa fai! E questa può essere l’occasione per rivalutare anche i nostri tanti borghi “dimenticati” o per ripensare gli spazi delle grandi città. Quell’idea “utopistica” che accompagnava le nostre passate cene estive, oggi si manifesta come più che realizzabile. Certo questo vuol dire che il mondo del lavoro dovrà adeguarsi a questa nuova normalità (come sta accadendo), che gli uffici dovranno trasformarsi in qualcosa di diverso (come sta accadendo) e che le aziende dovranno recepire questa modalità di lavoro (come sta accadendo). A produttività inalterata, se non accresciuta, sarà difficile giustificare una non adesione a questa tipologia di lavoro. Certo bisognerà saper pianificare gli obiettivi, ripensare il ruolo del manager e creare momenti aziendali specifici: tutti aspetti fattibili. La strada è segnata. E chi non la segue perderà in competizione. Le persone, dopo questo lungo periodo pandemico, sanno cosa vogliono. O meglio, lo sapevano anche prima, e oggi possono realizzarlo. Buona lettura, Ivan Zorico Ti è piaciuto? Hai qualche considerazione in merito? Fammelo sapere nei commenti. Rispondo sempre. Se vuoi rimanere in contatto con me questo è il link giusto: www.linkedin.com/in/ivanzorico
Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Holiday working - L’editoriale di Raffaello Castellano La storia che voglio raccontarvi parla di politica partecipata, cittadinanza attiva, reazione alla crisi (pandemia) e rigenerazione urbana. Conoscete Ollolai? Ollolai è un piccolo paesino di circa 1200 abitanti in provincia di Nuoro, nella Barbagia, una delle zone più tipiche della Sardegna. Come sempre più spesso sta succedendo nel nostro Paese, che, ricordiamolo, sta vivendo quello che viene chiamato inverno demografico, Ollolai si stava spopolando e così nel 2018 l’allora sindaco Efisio Arbau – in passato noto come l’avvocato-pastore, già
consigliere regionale – decide di vendere una ventina di immobili del centro storico che stavano cadendo a pezzi alla cifra simbolica di 1 euro. Il contratto prevede l’onere da parte degli acquirenti di ristrutturare e soprattutto utilizzare le abitazioni. È così che il piccolo paesino salta, per la prima volta, alla ribalta mediatica, anche internazionale; alla chiamata del sindaco, infatti, rispondono 2.500 aspiranti nuovi cittadini da tutto il mondo. Ma non finisce qui: visto che la fortuna aiuta gli audaci, la storia di questo interessante progetto di rigenerazione urbana giunge fino in Olanda, più precisamente ad una casa di produzione televisiva che organizza addirittura un reality show, “Ollolanda”, che spedisce in Barbagia cinque famiglie dai Paesi Bassi per sperimentare stili di vita e ritmi locali; inutile dire quanto anche questa sia stata una pubblicità utilissima per rilanciare l’immagine di Ollolai. Intanto siamo arrivati alla fine dell’estate del 2019, precisamente al 30 agosto, e un evento, triste questa volta, rimette sotto i riflettori il centro montano: è addirittura il notissimo attore ed ex governatore della California Arnold Schwarzenegger a parlare di Ollolai, quando dai social e in un video parla della scomparsa del suo grande amico e grandissimo culturista italiano Franco Columbu, l’unico vincitore italiano del Mister Olimpia, originario della Sardegna, nato appunto ad Ollolai. Come tutti gli interventi di Schwarzenegger, il video, la storia di Franco Columbu ed il nome di Ollolai fanno il giro del mondo. A r n o l d S c h w a r z e n e g g er e Franco Columbu. E siamo giunti al 2020, l’anno della pandemia, e prima ancora delle riaperture di maggio, con il turismo che comincia a scalpitare, Olloali riesce ad attrarre tantissimi smart-workers: manager di New York, docenti di Londra, dottorandi dell’università di Bologna e tanti altri che hanno preferito trascorrere la quarantena nella natìa Sardegna e che poi sono rimasti anche durante l’estate.
Così arriviamo ad oggi: grazie ad un progetto di rigenerazione urbana, grazie ad un reality olandese, grazie a Arnold Schwarzenegger e grazie allo smart working viene lanciato un programma di riordino urbano, che sta coinvolgendo tutti gli attori del territorio, di oltre 4 milioni di euro, denominato “Ollolai Capitale”. Scopri il nuovo numero: “Holiday working” Se l’anno scorso abbiamo scoperto il remote, lo smart e il south working, oggi si fa strada un nuovo concetto di lavoro: l’holiday working. Con un pc al seguito ed una connessione a internet è possibile lavorare ovunque, mantenendo inalterati i livelli di produttività. La rivoluzione è compiuta: non importa dove lo fai, ma cosa fai! I 4.439.700 euro – finanziati dalla Regione Sardegna, da privati e dallo stesso Comune – serviranno per intervenire su una quarantina di immobili, sugli spazi del centro storico, per realizzare un centro polifunzionale con uno spazio culturale, uno formativo, uno informativo e un’area di coworking voluta e progettata dagli smart-worker rientrati in paese durante la pandemia. Il comune si è addirittura dotato di una community manager, Silvia di Passio, che sta coordinando tutti i soggetti promotori, i finanziatori, ma pure la cittadinanza, le associazioni e perfino le scuole, affinché la nuova Ollolai sia davvero l’espressione di tutta la comunità. L a v e d u t a a e r e a d e l l a C h i e sa di San Michele ad Ollolai.
Un fulgido esempio di politica partecipata, cittadinanza attiva, riqualificazione urbana e reazione alla crisi, che ha trasformato Ollolai da paese a rischio scomparsa per spopolamento e crollo demografico a centro polivalente ed attrattivo per tutta una serie di lavoratori, che quest’anno, come in parte già accaduto l’anno scorso, andranno alla ricerca di posti Covid-free, non troppo affollati, magari immersi in una natura lussureggiante, ma allo stesso tempo perfettamente in grado di soddisfare le esigenze di connessione a banda larga, spazi di co-working, intrattenimento culturale e prezzi accessibili. Tutto per poter appagare quel desiderio, mai sopito, di coniugare vacanza e lavoro, e che la pandemia da Coronavirus ha notevolmente incrementato ed accelerato, perché, diciamocelo, il termine holiday working sarà pure recente, ma noi altri è una vita che vorremmo lavorare dai luoghi in cui trascorriamo le vacanze, non 20 o 30 giorni, non due o tre mesi, ma tutto l’anno. Vi lascio alla lettura di questo numero che parla appunto di Holiday working, dove troverete gli articoli di approfondimento dei nostri contributor su quella che nei prossimi anni sarà la tendenza di viaggio e spostamento prevalente, perchè saranno milioni gli smart workers e i nomadi digitali che andranno a creare un nuovo mercato del viaggio e delle vacanze, che solo centri, ma meglio sarebbe dire comunità, dinamici, partecipati e lungimiranti come Ollolai sapranno intercettare e attrarre, con una ricaduta economica e di immagine che noi possiamo solo ipotizzare. Buona lettura! Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
Nomadismo digitale, le principali mete dove il lavoro si fa viaggiando Tra le novità sociali conseguenti al Covid-19, o perlomeno tra quelle che hanno trovato un’accelerazione nell’ultimo e assurdo anno e mezzo, troviamo anche il “nomadismo digitale”, uno dei tanti nuovi termini che sentiamo risuonare negli ultimi mesi, un po’ qua e un po’ là. Un recente rapporto di World Economic Forum, prevede che entro 5 anni, circa il 44% della forza lavoro globale opererà in remoto. Di cosa si tratta, o meglio, chi sono i nomadi digitali? Il sito Nomadidigitali.it li descrive come “una nuova generazione di professionisti, che facendo leva sul proprio desiderio di libertà, indipendenza e mobilità, utilizzano le tecnologie digitali per conquistarsi la libertà di poter vivere e lavorare da luoghi diversi nel mondo, ognuno seguendo le proprie motivazioni, ambizioni ed esigenze personali”. Sono essenzialmente professionisti che utilizzano le tecnologie della comunicazione per svolgere il proprio lavoro e contemporaneamente vivere la vita in modo nomade. Sempre il sito Nomadi digitali ha stilato un interessante manifesto di dieci punti, tra cui citarne in particolare uno, “crediamo che la vera ricchezza non siano beni e proprietà ma avere più tempo per poter realmente seguire le nostre aspirazioni, crediamo che la possibilità di muoversi liberamente sul nostro pianeta sia un diritto di tutti gli esseri umani”. Ed è proprio il concetto di libertà che è alla base del nomadismo digitale, in quanto spesso accade che l’utopia del vivere viaggiando resti tale, i problemi di connessione possono infatti obbligare a fermarsi in un determinato posto piuttosto che in un altro. F o t o d i A d r i e n B e d a Pixabay. Si ha dunque la libertà di lavorare dove si vuole, ma non certo di vivere una vita in vacanza. Lo
stesso sentimento che esplica alla perfezione Gianluca Gotto, uno dei primi nomadi digitali, ben prima dell’attuale boom, “ciò che più mi affascinava non era tanto la prospettiva di lavorare viaggiando. Certo, sognavo già ad occhi aperti quella vita spettacolare, ma ciò che volevo più di ogni altra cosa era la libertà”, (Le coordinate della felicità. Di sogni, viaggi e pura vita, 2018, Mondadori). In origine il termine è stato coniato per indicare il lavoro freelance o a capo di sé stesso, tipico ad esempio, delle professioni di copywriter, insegnanti di fitness e formazione, venditori online, content creator, web editor, social media manager, e così via, svolti girovagando per il mondo. Con la pandemia, e lo sviluppo del lavoro in remoto, viene spesso utilizzato anche per indicare semplicemente il lavoro svolto in una zona diversa dalla propria abitazione, molti infatti ne hanno approfittato per affittare case in zone turistiche e storiche dell’Italia. Scopri il nuovo numero: “Holiday working” Se l’anno scorso abbiamo scoperto il remote, lo smart e il south working, oggi si fa strada un nuovo concetto di lavoro: l’holiday working. Con un pc al seguito ed una connessione a internet è possibile lavorare ovunque, mantenendo inalterati i livelli di produttività. La rivoluzione è compiuta: non importa dove lo fai, ma cosa fai! Quali sono le principali mete dei nomadi digitali? Innanzitutto, le principali caratteristiche da prendere in considerazione prima di intraprendere uno spostamento sono: ■ la potenza della connessione Internet che, chiaramente, deve essere perfetta; ■ valutare il costo della vita del paese in questione; ■ l’eventuale necessità dei visti/permessi di soggiorno, la durata e il costo della domanda di richiesta; ■ valutare la situazione del virus Covid-19 e la regolamentazione di ogni singolo paese a riguardo; ■ la presenza o meno di community di nomadi digitali, nel caso avessimo la necessità di stringere amicizia e soffrissimo la solitudine, perché alla lunga, stare lontani da casa può risultare più difficile di quanto sembri; ■ e infine le caratteristiche della zona prescelta per trascorrere del tempo libero di qualità.
F o t o d i P e g g y u n d M a r c o Lachmann-Anke da Pixabay. Alla luce delle variabili sopra indicate, le mete più gettonate del momento risultano essere varie: ■ La Spagna in generale, e le isole Canarie in particolare, sono l’attuale prima scelta degli italiani. Non richiedono un visto lavorativo, offrono possibilità di co-living (condivisione di alloggi per lavoratori nomadi) e numerosi spazi adibiti al co-working, quindi con un’ottima linea wi-fi. Le isole spagnole sono note anche per l’organizzazione degli eventi specifici, soprattutto a Las Palmas, dove è nata una grande community di nomadi digitali. Molto utile anche il gruppo Facebook “Gran Canaria digital nomads”; ■ Madeira, isola del Portogallo, dove esattamente a Ponta do Sol, da febbraio, è sorto il primo villaggio per nomadi digitali. Sviluppato grazie ad un progetto del governo, della Startup Madeira e dalla mente di Gonçalo Hall (digital nomad consultant), prevede sistemazioni, spazi co-working gratuiti, negozi e wifi potentissima, “lo stiamo progettando in modo che chi arriva non voglia più andar via”, sottolinea l’ideatore, un modo, dunque, per sostenere il turismo di lungo raggio; ■ Asia, dove il costo della vita è notevolmente basso, in particolare, a sorpresa, troviamo tra le prime mete asiatiche il Vietnam, dove si stanno ritrovando molti occidentali, a seguire Bali, Malesia e Bangkok; ■ Non poteva ovviamente mancare New York, sogno un po’ di tutti, chi non ha immaginato di lavorare da una caffetteria della grande mela, un po’ stile serie tv? ■ E infine, per chi cerca una vita circondato dal lusso, Dubai, dove si può richiedere il “Work remotely from Dubai”, per la durata di un anno, al costo di $ 287. Se non possiamo vivere una vita in vacanza almeno possiamo scegliere il
panorama da guardare mentre lavoriamo! Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Dove c'è la fibra, c'è casa (e lavoro) Va dove ti porta la wi-fi. Questo è il motto del lavoro agile che in tempi di pandemia sta andando per la maggiore. I dati dell’Osservatorio The World after Lockdown di Nomisma e Crif dicono che siamo passati da una nicchia del 3% degli occupati nel 2019 al 34% delle aziende nel 2020 sul totale degli occupati. Da meno di un milione si è arrivati ben presto a 7 milioni, divisi in 5 nel settore privato e 2 nella pubblica amministrazione. Lo studio di Assolombardia con il Politecnico di Milano è andato ad analizzare anche la percentuale di lavoratori potenziali, per lo più white collar, che effettivamente possono o avrebbero potuto svolgere il lavoro da remoto. Nel 2019 la percentuale di impiegati che effettivamente svolgevano un lavoro a distanza in aziende con più di 10 dipendenti era pari al 15%. A marzo 2020 il dato è salito al 43,9 per scendere al 33,8 nel settembre 2020. L’idea è che il valore potrebbe stabilizzarsi, anche in periodo post pandemia, intorno al 35,7%.
Questa nuova normalità riguarderà quindi una buona fetta di impiegati e portando a rivalutare anche gli spazi e l’idea di spostamenti. Uno dei punti cruciali nella scelta dell’abitazione è sempre stato quello della vicinanza al posto di lavoro, anche se negli anni la mobilità del mercato dell’occupazione ha costretto a rivedere, almeno parzialmente, gli spostamenti. Spesso poi sono le stesse aziende a richiedere la vicinanza al posto di lavoro, rendendo questo parametro una prima scrematura delle candidature. Scopri il nuovo numero: “Holiday working” Se l’anno scorso abbiamo scoperto il remote, lo smart e il south working, oggi si fa strada un nuovo concetto di lavoro: l’holiday working. Con un pc al seguito ed una connessione a internet è possibile lavorare ovunque, mantenendo inalterati i livelli di produttività. La rivoluzione è compiuta: non importa dove lo fai, ma cosa fai! La possibilità attuale di lavorare da casa o in luoghi dedicati ha fatto rivalutare l’idea degli spazi e la scelta di zona abitative più distanti, influenzando anche il mercato immobiliare. La preferenza di aree immerse nel verde, a volte anche isolate, è stata una delle grandi rivoluzioni della pandemia. Le città si spopolano a vantaggio delle periferie. L’incontro tra domanda e offerta potrebbe essere nelle proposte delle case a 1 euro, che molte aree rurali o montane hanno accolto con difficoltà in un recente passato e invece ora diventano opportunità interessanti. L’idea di cambiare vita sembra essere possibile. L’unico limite, ovviamente, la connessione internet ultraveloce. E se, nell’attesa di cambiare residenza, si sta pensando alle vacanze, il lavoro a distanza permette anche un trasferimento temporaneo in località turistiche, per chi vuole ci sono le classiche case vacanza al mare, ma alcune nazioni mettono a disposizione dei veri e propri bonus economici per chi decide di trascorrere le vacanze all’estero. Dagli sconti sui soggiorni di Malta alla quarantena in yatch di lusso per chi decide di avventurarsi fino in Thailandia. Con una connessione, sembra davvero tempo di riprendersi un po’ di spazio nel mondo. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome
Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Holiday working: dedicarsi un momento per trovare la propria “camera verde” e cavalcare l’onda. In quest’ultimo anno così cupo, così difficile, in molti hanno sentito sulle spalle la pesantezza della vita così come l’abbiamo vissuta, o meglio non vissuta e mai come in questo periodo la voglia di riprendercela viverla a pieno ci fa desiderare di cavalcare l’onda! Holiday working può significare tante cose: può far riferimento ai nomadi digitali che con l’occasione della ripresa decidono di percorrere luoghi e spazi nuovi e lavorare da ogni dove, smart worker che presi dalla iperconnettività decidono di lavorare in luoghi dove possono conciliare il lavoro e momenti di pausa per il corpo e per la mente ma soprattutto può significare prendersi un momento per lavorare su se stessi; sul proprio essere per migliorare ciò che si vuole diventare; per assaporare quel momento in cui nonostante l’onda sembra sopraffarci, in realtà ci sta solo dando la possibilità di spingerci oltre i nostri limiti e permetterci di conoscerci meglio. La ricerca quotidiana del nostro noi dovrebbe essere una continua scoperta fatta di attimi di ordinaria follia dove poter ri-conoscere se stessi e capire se si sta diventando una persona che non ci piace più oppure può accadere di scoprirci migliori e potremmo rimanere meravigliati da ciò che siamo diventati. Quest’analisi così profonda ci sarà davvero solo quando con piena consapevolezza si decide di fermarsi un momento, allontanare la routine e dedicarsi un attimo dove semplicemente fermarsi a riflettere avvolti dall’onda delle emozioni che pian piano crescono dentro. Scopri il nuovo numero: “Holiday working” Se l’anno scorso abbiamo scoperto il remote, lo smart e il south working, oggi si fa strada un nuovo concetto di lavoro: l’holiday working. Con un pc al seguito ed una connessione a internet è possibile lavorare ovunque, mantenendo inalterati i livelli di produttività. La rivoluzione è compiuta: non importa dove lo fai, ma cosa fai! Può sembrare facile prendersi una pausa dal mondo, ma in realtà è di una complessità che spesso richiede calma e preparazione ma soprattutto volontà e tempo. E’ un vero e proprio lavoro per se stessi, un lavoro di introspezione, un lavoro di compassione, un lavoro di amore per il proprio io che
necessita un allontanamento da tutto ciò che quotidianamente ci dà pensiero. Quale periodo migliore se non quello delle vacanze per guardarsi dentro e scoprirsi dei “surfisti alla ricerca del proprio io”? La camera verde, è quel luogo così intimo dove il surfista entra in contatto con l’anima dell’onda fino a farla diventare sua, è la ricerca continua dell’onda perfetta da cavalcare con la quale trovare la giusta sintonia. E’ il momento in cui raggiunge una sorta di “stato di grazia” e felicità; è l’incontro con la vera essenza dove poter stare un attimo isolati dal mondo un po’ come quando si decide di fermarsi e dedicarsi un attimo, chiudendo dietro la porta e lasciando il mondo fuori per “entrare” nella parte più profonda di noi. La camera verde, la continua scoperta che è in ognuno di noi, è il luogo tutto nostro, il posto astratto e intimo, nel quale prendere l’onda giusta, che custodiremo gelosamente. A volte è dura, possono trascorrere giorni, settimane o mesi nell’intento di trovare l’onda giusta, quella da cavalcare e una volta trovata non si può più tornare indietro. Si vive la scoperta, si vive con gioia il momento. E dopo un anno buio è il momento per tutti di prendersi una vacanza per lasciare andare ritmi intensi ed esagerati, per trovare la propria onda da cavalcare, provare l’esperienza e ritornare rigenerati con un bagaglio di consapevolezza e una “camera verde” dove è bellissimo trovarcisi dentro! Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
Nomadi digitali tra mito e realtà Prendo spunto dal film di Chloe Zhao vincitore agli ultimi Oscar, Nomadland, per riflettere sul tema del nomadismo digitale. Il film racconta la storia di una 60enne sola che attraversa l’America con il suo van e vive in un modo diverso, ma attuale che nasce dalla crisi economica, lavorativa e dalla precarietà. In questo caso si parla di nomadismo, un fenomeno a cui si affianca quello del nomadismo digitale. A differenza di quanto si possa credere non è una realtà per pochi e riservata ai Millennials che fuggono dal quotidiano per dedicarsi al divertimento. Lo spiega chiaramente Alberto Mattei, fondatore della community Nomadi Digitali, che da sempre si impegna a sfatare gli stereotipi diffusi su questo nuovo modo di vivere e lavorare. F r a n c e s M c D o r m a n d , che ha vinto l’Oscar per la miglior attrice protagonista, in una scena del film “Nomadland” di Chloé Zhao. Nomadismo digitale e lavoro a distanza Anche a causa dell’emergenza sanitaria sono oggi più di 100 milioni i dipendenti in Europa che sono passati al lavoro a distanza e per ben 45 milioni si tratta di una “prima volta”. Sicuramente il 2020 è stato l’anno del lavoro da remoto, ma si tratta di una tendenza destinata a crescere nei prossimi anni. Studi e ricerche stimano che entro il 2025 oltre il 70% della forza lavoro lavorerà da remoto almeno 5 giorni al mese, senza legami con un ufficio o una sede fissa. I requisiti? Tanta motivazione e disciplina, una buona connessione alla rete e gli strumenti giusti per dar vita ad un nuovo e inedito vista mare, immaginato dai più come una scrivania vista mare o nel bosco. Una realtà a cui si aggiunge la vita in camper, proprio come quella raccontata in Nomadland. Tuttavia, non tutto è così bello e si tratta pur sempre di lavorare!
Scopri il nuovo numero: “Holiday working” Se l’anno scorso abbiamo scoperto il remote, lo smart e il south working, oggi si fa strada un nuovo concetto di lavoro: l’holiday working. Con un pc al seguito ed una connessione a internet è possibile lavorare ovunque, mantenendo inalterati i livelli di produttività. La rivoluzione è compiuta: non importa dove lo fai, ma cosa fai! Il nomadismo digitale è definito da Mattei come “un movimento globale di professionisti, desiderosi di vivere nuove esperienze, di scoprire nuove destinazioni e di conoscere nuovi territori ricchi di cultura e tradizioni, ma al tempo stesso di lavorare e fare impresa in luoghi dove si può vivere meglio, dove i ritmi sono rallentati e dove c’è un rapporto più intimo con la natura.” Si tratta di un modo di lavorare che privilegia competenze, creatività e soft skills e che è stato agevolato dalla pandemia, che ha reso quotidiani termini come lavoro da remoto e smart working. Si tratta anche di un modo di lavorare alla portata di tutti grazie a tablet e smartphone e che permette a tutti di seguire aspirazioni e sogni. Tuttavia, a differenza di quanto molti pensano, non è una bella vita caratterizzata da 100% divertimento e 0% produttività. Falsi miti sui nomadi digitali Il nomadismo digitale non trasforma la fatica del lavoro in divertimento, ma permette di scegliere da dove lavorare sulla base della fase della vita che si sta attraversando. Questo significa una maggiore qualità della vita per le persone e una maggiore produttività per le aziende, che possono accedere ai talenti indipendentemente dalla loro localizzazione geografica. Oggi i professionisti digitali sono quelli che più di altri lavorano senza ufficio e senza badge. F o t o d i M a t t h i a s Z e i t l er da Pixabay.
Molti pensano che si tratti di una scelta per giovani, eppure il nomadismo digitale non coinvolge solo gli under 30. La maggior parte sono giovani adulti che vivono in giro per il mondo e non sono necessariamente freelance, ma professionisti pronti a cogliere le nuove opportunità ovunque si trovino. Le nuove generazioni sono poco disposte a sacrificare la vita in azienda e vogliono viaggiare e conoscere Paesi e culture per mettere a frutto il loro talento. Di una cosa sono sicura: nei prossimi anni verrà meno la distinzione tra vacanza e lavoro e tra lavoro e viaggio e per la maggior parte delle persone questo è già una realtà, in particolare per chi si occupa di digitale. Non è neanche vero che per essere nomadi digitali bisogna essere geek o possedere strumenti hi tech di alto livello. Chi sceglie di vivere e lavorare da remoto sicuramente deve saper usare le tecnologie di comunicazione e gli strumenti di collaborazione, ma ancora più importante è saper scegliere strumenti efficaci, che non compromettano lavoro e produttività. Il lavoro da remoto, lo smart working, il nomadismo digitale sono termini e modi di lavorare con cui faremo presto tutti sempre più conoscenza. Non sono, invece, modi di lavorare che sacrificano la produttività e la nuova immagine del lavoratore moderno non è certo quella del freelance che sorseggia cocktail in piscina. E tu, cosa ne pensi del nomadismo digitale? Ti piacerebbe vivere come in Nomadland o sei ancora ancorato al lavoro tradizionale? Raccontalo nei commenti! Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
5 Nuove uscite per accogliere l'estate Alle porte dell’estate tanti sono i film e le serie che ci attendono: tra le numerose uscite di giugno ci sono serie tv che hanno già trovato successo con la prima stagione, ma anche novità tanto attese. Ecco le 5 scelte di questo mese: 1) ALFREDINO – UNA STORIA ITALIANA E’ la miniserie Sky Original che porta sugli schermi una delle vicende più tragiche accadute nel nostro paese: è la storia di Alfredino Rampi, il bambino di 6 anni caduto in un pozzo artesiano nelle campagne di Vermicino il 10 giugno 1981, che dopo svariati tentativi di salvataggio, morì dopo tre giorni. Dopo 40 anni rivive l’incidente di Vermicino di quel bambino che tanto è rimasto nel cuore di tutti gli italiani e con la miniserie “Alfredino – Una storia italiana” sicuramente chi ha seguito l’evento si emozionerà con i ricordi e i più giovani conosceranno un’importante pagina di cronaca e di comunicazione mediatica. L’appuntamento è per il 21 e 28 giugno su Sky Cinema; 2) SUMMERTIME 2 “Summertime” è la serie tv diretta da Lorenzo Sportiello e Francesco Lagi, liberamente ispirata al romanzo “Tre metri sopra il cielo” di Federico Moccia. Iniziata nel 2020, la prima stagione della serie ci trasporta nella tipica atmosfera estiva della riviera romagnola, fatta di spiagge, divertimento e amori sotto il sole. La serie racconta l’incontro tra la protagonista Summer (nome preso dalla canzone jazz “Summertime”) e il motociclista Alessandro Alba. Dopo il successo della prima stagione, la seconda, in uscita su Netflix il 3 giugno, continuerà a raccontare le vicende dei due ragazzi e dei loro amici e speriamo conservi la leggerezza dei primi episodi, insieme alla bellezza della fotografia e della colonna sonora, curata dal cantautore indie Giorgio Poi; Scopri il nuovo numero: “Holiday working” Se l’anno scorso abbiamo scoperto il remote, lo smart e il south working, oggi si fa strada un nuovo concetto di lavoro: l’holiday working. Con un pc al seguito ed una connessione a internet è possibile lavorare ovunque, mantenendo inalterati i livelli di produttività. La rivoluzione è compiuta: non importa dove lo fai, ma cosa fai! 3) SECURITY E’ il thriller italiano Sky Original, diretto da Peter Chelsom, con gli attori Marco D’Amore, Maya Sansa, Fabrizio Bentivoglio e Silvio Muccino. Ispirato all’omonimo romanzo di Stephen Amidon (autore de “Il capitale umano”), “Security” è ambientato a Forte dei Marmi, una tranquilla cittadina
dove si svolge una storia che inizia da un video di una telecamera di sorveglianza. Il regista di questo film si è avvalso della collaborazione del direttore della fotografia Mauro Fiore, già vincitore del Premio Oscar per il film “Avatar” nel 2010. L’atteso film uscirà in anteprima assoluta su Sky il 7 giugno; 4) LUPIN parte 2 La serie Netflix “Lupin”, ha come protagonista Assane Diop, un ladro che per i suoi colpi si ispira al personaggio dei romanzi di Maurice Leblanc, il famosissimo Arsenio Lupin, il ladro gentiluomo. Tanto è stato il successo della prima parte, uscita l’8 gennaio scorso, e molto alte sono le aspettative per questa seconda parte, in uscita su Netflix l”11 giugno. L’attore protagonista Omar Sy (“Quasi amici”, “Famiglia all’improvviso – Istruzioni non incluse”, “Mood Indigo”) è intenso e piacevole in questa serie avvincente e dinamica, seguita e apprezzata, tanto da essere stata già confermata per la terza parte; 5) SWEET TOOTH “Sweet Tooth” è la serie, tratta dall’omonimo fumetto DC Comics di Jeff Lemire, creata da Jim Mickle e prodotta dall’attore Robert Downey Jr. e sua moglie, la produttrice Susan Levin. La serie fantasy drama racconta le vicende di Gus, un bambino metà umano e metà cervo, che si unisce ad un gruppo di altri ibridi come lui, in cerca di risposte dopo un cataclisma abbattuto sul mondo. Questa serie tv, le cui riprese si sono svolte in Nuova Zelanda, andrà in onda su Netflix il 4 giugno e già si preannuncia un prodotto seguitissimo dell’enorme catalogo Netflix. Prepariamoci per l’estate, quindi, ma non perdiamo il ritmo del binge watching, non sarà la prova costume, ma l’allenamento dev’essere altrettanto costante. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy
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Turismo: trasformare la crisi in opportunità è possibile. Vediamo come con i social media. Si riparte, forse. In un clima di incertezza e di continui cambiamenti, abbiamo una sola certezza: questo periodo di profonda crisi, conseguenza di una pandemia, verrà ricordato per molto tempo. Tra crisi sanitaria e sociale, non possiamo certo meravigliarci se a pagarne le conseguenze, a causa dei continui lockdown, sono state tantissime attività commerciali che hanno dovuto chiudere temporaneamente le porte per fronteggiare un problema mai affrontato prima. Tra queste attività, chi continua a pagarne le conseguenze sono tutte quelle attività ricettive strettamente collegate al turismo. Viaggiare non è certo semplice, tra restrizioni, quarantene e paura di un contagio il comparto del turismo è fermo con le quattro frecce in attesa di tempi migliori. Seppure in questo momento non sia facile comprendere quali saranno le conseguenze di tutto questo, non dobbiamo dimenticare che a disposizione dei brand ci sono degli strumenti preziosissimi: i social media. Se ben utilizzati, possono fare la differenza. Possiamo sia mantenere le relazioni con clienti già acquisiti che saranno il nostro potenziale per la ripartenza, ma anche investire per cercare nuova clientela che possa poi sceglierci un futuro non troppo lontano. La cosa importante è non restare fermi in attesa di qualcosa. Trasformare la crisi in opportunità è possibile, vediamo come. Rimoduliamo la nostra comunicazione, modifichiamo il piano editoriale in base alle nuove esigenze: proiettiamoci verso la strategia. Specie per le attività turistiche, non si può certo continuare a pubblicare post e promozioni che non siano coerenti con la nuova realtà in cui ci troviamo. Per questo è consigliabile rivedere il piano editoriale chiedendoti cosa può interessare in questo momento ai clienti, cosa offrire e quali strumenti narrativi sono più adatti. Metti in risalto i punti di forza e le competenze acquisite negli anni. I video e le live in particolare sono tra i formati più utilizzati, specialmente su Facebook e Instagram. Scopri il nuovo numero: “Holiday working” Se l’anno scorso abbiamo scoperto il remote, lo smart e il south working, oggi si fa strada un nuovo concetto di lavoro: l’holiday working. Con un pc al seguito ed una connessione a internet è possibile lavorare ovunque, mantenendo inalterati i livelli di produttività. La rivoluzione è
compiuta: non importa dove lo fai, ma cosa fai! Il cliente deve essere al centro. Intensifica i servizi di customer care. I clienti vogliono essere coccolati, sentirsi protetti e al centro della comunicazioni, siano essi fidelizzavi o nuovi. Aspetto fondamentale da curare adesso è la customer care, in particolare su Facebook: hai attivato le risposte automatiche? Le risposte alle domande frequenti? Il messaggio per lo stato di assenza? La risposta di benvenuto automatica? In molti si stanno rivolgendo proprio ai social in questo momento per mettersi in contatto con le strutture ricettive per capire come sono organizzate e per comprendere se il tuo brand può aiutarlo in qualche modo. Vietato fermarsi continua ad investire. Continuare ad investire nelle campagne social è sicuramente una mossa vincente ma anche questa va fatta con criterio. In pieno lockdown tutto quello che era attinente al turismo è stato bloccato, ed in quel periodo è normale che anche tutte le attività di promozione ed offerte siano state bloccate. Ma sarebbe stato sensato continuare ad investire per ampliare il proprio portafoglio cliente, che adesso poteva essere contattato con promozioni e offerte speciali in vista dell’estate e delle condizioni meno restrittive. La cosa importante è continuare a lavorare sui social e non lasciare tutto fermo in quanto, se sfruttato al meglio, potrebbero essere il tuo migliore alleato. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
Nomadland è un film che ci presenta un’umanità precaria, liquida ed in perenne movimento, ma che non ha smesso di sperare e sognare, ed è soprattutto per questo che dovremmo vederlo È un film di atmosfere e spazi sconfinati Nomadland, l’ultimo premiatissimo lavoro della regista cinese naturalizzata statunitense Chloé Zhao, che oltre a dirigerlo lo ha anche scritto, montato e co- prodotto. Nonostante lo sguardo della sua cinepresa si soffermi sui volti, i corpi e le comunità dei nomadi con lievità, poesia e quel velato distacco tipicamente “zen” delle culture orientali, sono l’ambiente, gli sconfinati panorami, le infinite strade e le sterminate vallate a farla da padrone, o quantomeno a fare concorrenza alla protagonista ed a tutta quella candida umanità che si muove e sposta di continuo, percorrendo la natura senza però riuscire davvero a penetrarla. Infatti, benché il film racconti una storia triste, ai limiti del drammatico, noi spettatori siamo avvinti dalla bellezza dei luoghi che la sessantenne Fern (un’intensa e allo stesso tempo imperturbabile Frances McDormand) e tutti gli altri compagni di viaggio percorrono in lungo ed in largo come novelli pellegrini alla scoperta di una nuova frontiera. Tutto ciò che vediamo e sentiamo attraverso lo schermo è incantevole, soave, struggente quasi, a cominciare dalla splendida fotografia, allo stesso tempo intima ed espansa, di Joshua James Richards, fino alla ricercata musica di Ludovico Einaudi, con le sue melodie ondulatorie sempre sospese fra minimalismo e lirismo. Scopri il nuovo numero: “Holiday working” Se l’anno scorso abbiamo scoperto il remote, lo smart e il south working, oggi si fa strada un nuovo concetto di lavoro: l’holiday working. Con un pc al seguito ed una connessione a internet è possibile lavorare ovunque, mantenendo inalterati i livelli di produttività. La rivoluzione è compiuta: non importa dove lo fai, ma cosa fai! Tutto accade dopo e durante la Grande recessione, che ha costretto tanti, soprattutto anziani, a decidere fra l’avere una casa e il riuscire a mangiare, il tutto in un Paese, gli Stati Uniti, che all’indomani della grande crisi si risveglia dal suo torpore, ancora attonito e confuso, ma consapevole di aver perso la sua ingenuità e che ha scoperto che il grande Sogno Americano
assomiglia sempre più ad un incubo. Fern è in perenne movimento, si sposta inseguendo il lavoro, ora un impiego temporaneo in un grande centro spedizioni di Amazon, ora facendo l’operaia durante la raccolta delle barbabietole in una immensa fattoria, ora sostenendo un colloquio in un’agenzia interinale, poi lavorando come inserviente in un campeggio. Ma attenzione, Fren non viaggia, si sposta, sembra la personificazione dell’umanità (e delle esistenze) “liquida” postulata dal compianto sociologo polacco Zygmunt Bauman, Fren si muove perché la velocità e il perenne movimento sono le uniche possibilità che ha per evitare che il sottile strato di ghiaccio che ricopre l’abisso su cui vive si rompa e la inghiotta. Eppure c’è grande dignità nella figura di questa donna, che non solo sopporta la pena che le è stata inflitta, ma la abbraccia ed ama come sua nuova modalità esistenziale. Fren lavora con passione, si affeziona e si prende cura delle cose che possiede e delle persone che incontra durante il suo cammino, ma è anche risoluta nel non trattenersi, nel passare oltre, nel non ancorarsi in una relazione affettiva stanziale che in qualche maniera possa diventare permanente.
U n a f o t o d i s c e n a d e l film con la regista Chloé Zhao e l’attrice Frances McDormand. Come un moderno Sisifo, continua imperterrita a far rotolare il suo sasso lungo il fianco della montagna, ben conscia che una volta arrivata in cima il macigno rotolerà a valle e dovrà ricominciare da capo, ma consapevole, anzi persuasa, che, come ci racconta Albert Camus a proposito di questo mito, un alto ideale possa bastare a riempire il cuore di un uomo, o di una donna, e che dobbiamo immaginare Sisifo felice. “Così, persuaso dell’origine esclusivamente umana di tutto ciò che è umano, cieco che desidera vedere e che sa che la notte non ha fine, egli è sempre in cammino. Il macigno rotola ancora. Lascio Sisifo ai piedi della montagna! Si ritrova sempre il proprio fardello. Ma Sisifo insegna la fedeltà superiore, che nega gli dei e solleva i macigni. Anch’egli giudica che tutto sia bene. Questo universo, ormai senza padrone, non gli appare sterile né futile. Ogni granello di quella pietra, ogni bagliore minerale di quella montagna, ammantata di notte, formano, da soli, un mondo. Anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo. Bisogna immaginare Sisifo felice”. (Albert Camus, Il mito di Sisifo in Opere. Milano, Bompiani, 2003) Il nomadismo diventa allora una nuova forma di esistenza, una diversa modalità dell’essere, una filosofia di vita vera e propria che sembra aggregare le persone che l’abbracciano in comunità assai più coese, solidali e autentiche di quelle che invece troviamo nelle città consumate dall’invidia, corrose dall’ipocrisia e alla perenne ricerca della riprova sociale che sembra sempre più irraggiungibile. Chloé Zhao, a 39 anni, confeziona un film notevole, con uno sguardo maturo e già molto personale che indaga il volto oscuro dell’America di oggi, l’altra faccia del dollaro, la polvere nascosta sotto il tappeto. Quando vediamo il suo film, speriamo in un lieto fine che in cuor nostro sappiamo non potrà esserci, la sua Fren non ci risparmia nessuna emozione, nessuna tenerezza, nè lo strazio o lo smarrimento esistenziale che arrivano al pubblico non in virtù di una supposta empatia, ma per
osmosi. Quando usciamo dalla sala, infatti, ci rendiamo conto che la storia, le immagini, gli spazi sconfinati e le persone che abbiamo incontrato sullo schermo continuano a vivere, a respirare e lavorare dentro di noi. l film ha ottenuto 6 candidature e vinto 3 Premi Oscar, ha vinto il Leone d’Oro al Festival di Venezia, ha ottenuto 4 candidature e vinto 2 Golden Globes, 7 candidature e vinto 4 BAFTA, oltre ad un’infinità di altri premi. Il film, come è noto, è tratto dal libro “Nomadland. Un racconto d’inchiesta”, della giornalista Jessica Bruder (a sua volta tratto dall’inchiesta “Dopo la pensione”, vincitrice del Premio Aronson 2015 per il giornalismo sulla giustizia sociale), edito in Italia dalla casa editrice fiorentina Edizioni Clichy, ed ha visto, dopo il trionfo del film alla Notte degli Oscar, schizzare gli ordinativi. Un libro con una storia che riguarda tutti noi e che merita non solo una lettura ma anche studio e dibattitto. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
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