La Copertina d'Artista - Il Natale che verrà - Smart ...

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La Copertina d'Artista - Il Natale che verrà - Smart ...
La Copertina d’Artista - Il Natale che verrà
Una guerriera ci trafigge con il suo sguardo dalla Copertina d’Artista di questo numero. La nostra
eroina sembra uscita da un manga giapponese, o dai dipinti dalla famosa artista Margaret Keane,
infatti ciò che subito ci colpisce sono i suoi grandi occhi, languidi eppure fieri, un po’ tristi, ma anche
risoluti, che penetrano in noi e non ci lasciano scampo.

Non sappiamo che battaglia abbia combattuto o stia ancora combattendo, nè a quale quale causa
abbia sacrificato il suo cuore, tutto ciò che possiamo azzardare sono delle ipotesi cogliendo gli
innumerevoli indizi di cui è composta la scena, veri e propri simboli che l’artista Ajnos (al secolo
Sonja Fersini) ha generosamente disseminato per aiutarci a vedere e non solo a guardare la sua
opera.

Innanzitutto, dopo i grandi occhi, ciò che si imprime alla nostra attenzione è la lunga freccia che
trafigge la nostra eroina, l’ha colpita alle spalle e sembra conficcata nel suo cuore, ma non vediamo
né sangue né ferite evidenti.
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Smart Marketing realizzata dall’artista Ajnos (al secolo Sonja Fresini).
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Poi, ci sarebbe l’abbigliamento: l’armatura, soprattutto l’elmo, sembra un misto fra una corazza
medioevale e quella di un guerriero disegnato da Moebius.

Per non parlare del Martin pecatore, che non solo sta appollaiato sull’elmo, ma pare che abbia
adibito una parte di esso al suo nido, o meglio alla sua gabbia dorata.

Infine ci sarebbe l’elemento più misterioso di tutti, la ciambella glassata che la guerriera regge in
una mano ed è anch’essa infilzata dalla freccia.

A completare e complicare la nostra interpretazione, sul viso della ragazza leggiamo un tatuaggio
che riporta la scritta: “I’m Fine Thanks” (Sto bene, grazie).

Io credo che la nostra giovane guerriera sia la rappresentazione simbolica della femminilità e dalla
devozione alla persona amata. Io credo che la nostra eroina sia una moderna Alcione, eroina della
mitologia greca, figlia di Eolo e di Enarete e sposa del pescatore Ceice.

Il mito racconta che Alcione e Ceice, profondamente innamorati, si chiamassero fra loro con i
nomignoli di Zeus ed Hera. Ma il re degli dei si indignò per questo affronto e scatenò una tempesta
mentre Ceice era per mare, facendolo annegare. Alcione, saputo della morte del suo amato sposo,
per disperazione si gettò nelle acque per raggiungerlo. Ma gli dei, colpiti dal gesto d’amore, ne
ebbero pietà e la trasformarono in un Martin pescatore (il cui nome scientifico è appunto
Alcedinidae Rafinesque).

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ll’artista Ajnos presentate alla Fiera internazionale d’arte contemporanea di Roma Arte in
Nuvola 2021.

Alla luce di questo mito, allora, gli altri elementi acquisiscono significato, adesso capiamo
l’espressione languida eppure risoluta della guerriera, adesso comprendiamo che la freccia che ha
trafitto il suo cuore ci parla di sacrificio e perdita. adesso sappiamo che il Martin pescatore è un
simbolo di rinascita e riscatto.

Tutto in questa immagine ci parla di coraggio, di vittoria, di superamento del dolore, tutto ci dice
che questa donna guerriera supererà il suo dolore, sconfiggerà le sue paure e vincerà le sue
battaglie. Il tutto senza sacrificare la sua bellezza né tantomeno la sua dolcezza e se qualcuno,
distratto o superficiale, le chiederà come va, lei risponderà: “I’m Fine Thanks” (Sto bene, grazie).
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Scopri il nuovo numero: “Il Natale che verrà”
   Che Natale sarà? Senza fare giri di parole, sarà un Natale “nuovo”. Nuovo perché, dopo due anni
    di pandemia, siamo noi ad essere persone nuove. Persone con nuovi bisogni, nuovi desideri e
                                            nuovi pensieri.

La Copertina d’Artista di questo Natale che verrà ci parla, a pochi giorni dalla Giornata
Internazionale contro la violenza sulle donne, di riscatto femminile ed anche di un amore che sfida
gli dei e non teme la morte. Una cosa, quest’ultima, che dovremmo riscoprire in questo strano
Natale 2021, ancora una volta pieno di insidie e incertezze sul futuro. La nostra artista sembra dirci,
d’accordo con Martin Luther King, che se non abbiamo ancora scoperto qualcosa per cui morire,
vuol dire che non abbiamo ancora iniziato a vivere.

  Ajnos, al secolo Sonia Fersini, è nata a Zurigo nel
  1975 ma è di origini pugliesi. Fin da piccola coltiva
  un’innata passione per il disegno e l’arte; artista
  autodidatta, sviluppa grande padronanza del disegno,
  che diviene anche una valvola di sfogo per i propri
  moti interiori.

  Rientrata in Italia all’età di nove anni, ha subíto il fascino dei contrasti del Sud ed ha sviluppato la
  sua creatività in totale autonomia per sfuggire alla mentalità del luogo ed al conflitto col padre.

  Dopo gli studi in architettura di interni ha continuato a cercare una sua personale prospettiva
  artistica per tentare di guarire da una grave perdita personale.

  In una prima fase pittorica, ispirata dalla Pop Art, dal 2007 espone soggetti ironici legati alla
  cultura consumistica.

  Parallelamente alla professione di artista, intraprende quella di visagista e truccatrice,
  sviluppando una forte sensibilità ed empatia nei confronti del mondo femminile, con particolare
  attenzione al volto.

  Asimmetrie, imperfezioni, lineamenti affilati, occhi giganteschi e tormentati sono i tratti somatici
  comuni nei volti delle sue donne bambine.

  Occhi giganteschi da cui affiora la consapevolezza della potente forza creatrice e rigeneratrice
  insita nella natura femminile.

  Grandi occhi languidi e fieri che ricordano sia i personaggi dei manga giapponesi che i bambini
  dagli occhi grandi dipinti dalla famosa artista Margaret Keane.
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Nell’ultimo anno il suo lavoro si è basato sul legame inesorabile tra fiaba e vita reale.

Ultime mostre

2019

Rassegna annuale d’arte contemporanea “DONNE NELL’ARTE”, Studio artistico “Dentro l’Arte”,
Novara.

2020

Mostra collettiva “GENI COMUNI”, Museo del Presente, Cosenza.

2021

Progetto “BE**PART” – Mostra collettiva internazionale, Studio artistico “Atelier Montez”, Roma;

Collettiva d’arte internazionale “IT’S ONLY A DREAM”,Galleria d’arte “Musk and Amber”, Tunisi;

Mostra “ARTE NEL VENTO”, Festival “Castel dei Mondi”, Andria;

Pubblicazione dell’opera «Lupus in fabula» su «Agenda degli Artisti 2022», curata da Storica
Libreria Bocca, Milano;

Partecipazione alla fiera d’arte contemporanea «Arte in Nuvola» con la galleria «Spazio Cima»,
Roma.

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La Copertina d'Artista - Il Natale che verrà - Smart ...
Il Natale che verrà 2021 - L'editoriale di
Ivan Zorico
Se un po’ sei abituato a leggerci, sai di certo che “Il Natale
che verrà” è uno di quei numeri ricorrenti del nostro
magazine: nasce con l’intento di raccontare le migliori
campagne di marketing e comunicazione rilasciate per
questo particolare – unico – periodo dell’anno. E per
l’appuntamento che, a torto o a ragione, deve essere
comunque definito come il più commerciale dell’anno, ci
sembra di aver sempre esposto il nostro tipico punto di
vista, in linea con le aspettative.

Poi è arrivato il Covid, e tutto si è rimescolato. Il Natale (che verrà) del 2020 è stato certamente
diverso da tutti quelli che abbiamo vissuto in precedenza. Molto meno commerciale, e molto più
intimo e personale. Un Natale fatto a colori, non quelle delle luci dei balconi, ma delle restrizioni; un
Natale lontano dalle persone care; un Natale meno sfarzoso. E anche il nostro racconto ne è stato
influenzato.

Sin qui il passato, ma quello del 2021 che Natale sarà?
Senza fare giri di parole, credo che sarà un Natale nuovo. Nuovo non solo perché non siamo di
certo fuori dalla crisi pandemica. E nuovo non solo perché portiamo ancora indosso le scorie di
questi ultimi due anni. Ma nuovo soprattutto perché siamo semplicemente noi ad essere
nuovi.

Facci caso: le cose che facevi pre-pandemia, oggi, hanno lo stesso sapore? Quanto sono cambiate le
tue abitudini? il tuo modo di relazionarti? le tue priorità? e i tuoi stessi pensieri? Diciamoci la
verità, non siamo più quelli di prima, e forse non vorremmo neanche esserlo. E se noi cambiamo,
tutto quello che viviamo cambia (se anche tu leggendo questa frase hai avuto una sensazione di déjà-
vu è normale…l’ho vissuta anch’io mentre la scrivevo: mi è venuta un po’ alla Sylvester Stallone in
Rocky IV). È inevitabile.

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   Che Natale sarà? Senza fare giri di parole, sarà un Natale “nuovo”. Nuovo perché, dopo due anni
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di pandemia, siamo noi ad essere persone nuove. Persone con nuovi bisogni, nuovi desideri e
                                           nuovi pensieri.

Per carità Natale è sempre Natale, ma oggi lo viviamo con una consapevolezza diversa.
Anche se il mondo sembra essere ripartito e cerca di riprendere i ritmi – frenetici – di un tempo, le
persone stanno mostrando desideri e necessità diverse; nuove appunto.

A livello di comunicazione e marketing, questo significa parlare con loro in maniera nuova.
Utilizzare un linguaggio nuovo e riempirlo di significato. Una comunicazione gentile, non aggressiva.
Una comunicazione votata all’ascolto e alla relazione. Una comunicazione che riporti la narrazione al
suo compito essenziale: indurre ad un cambiamento.

Chi sarà in grado intercettare questa tendenza e di sintonizzarsi con questa evoluzione, sarà capace
di creare un legame speciale, forte e duraturo con le persone e, quindi, con i consumatori. Quel tipo
di legame che farà la differenza nella competizione. E questo discorso vale non solo per le
piccole, le medie o le grandi aziende, ma anche per i professionisti. E vale, ovviamente, non solo per
il solo periodo natalizio.

A livello umano, sarà ancora un Natale di riflessione e di introspezione. Credo che possiamo
ammetterlo: non ci stiamo capendo nulla. Molta importanza è stata legittimamente data (e lo è
ancora) ai temi di natura economica e sanitaria, mentre molto meno si parla delle ripercussioni di
natura psicologica che questi due anni hanno avuto su tutti noi.

Per questo motivo ti auguro di passare dei momenti lieti e di riappropriarti di quella serenità che
magari il Natale scorso non hai avuto modo di vivere. Che poi, in fondo, è lo stesso augurio che
faccio a me stesso.

Buona lettura,

                                                                                          Ivan Zorico

Ti è piaciuto? Hai qualche considerazione in merito? Fammelo sapere nei
commenti. Rispondo sempre.
Se vuoi rimanere in contatto con me questo è il link
giusto: www.linkedin.com/in/ivanzorico

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Il Natale che verrà 2021 - L’editoriale di
Raffaello Castellano
Rimango sempre affascinato da come il cinema (ma vale per
l’arte in generale) riesca ad anticipare gli scenari, le
complessità e spesso le inquietudini di un’epoca.

Anzi, probabilmente è questo il suo scopo principale, se dobbiamo credere a ciò che diceva il grande
drammaturgo francese Antonin Artaud quando icasticamente affermava:

               L’arte ha il dovere sociale di dare sfogo alle angosce della propria epoca.

La citazione di Artaud mi è tornata in mente quando sabato scorso, contemporaneamente alla
divulgazione mondiale della notizia della scoperta in Sudafrica della variante “Omicron” del
Covid19, su Rai Storia (Canale 54 del digitale terrestre) è stato trasmesso il film Omicron del 1963
di Ugo Gregoretti con uno spumeggiante e surreale Renato Salvatori.
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Omicron di Ugo Gregoretti, con l’attore Renato Salvatori.

Ora, io non so quanto l’operazione sia stata furba e programmata o fosse dovuta al caso, visto che i
palinsesti, soprattutto quelli dei canali tematici, sono decisi settimane prima, fatto sta che il film
andato in onda alle 17:00 sembrava per titolo, assonanza, storia narrata perfetto per dare sfogo alle
nostre nuove inquietudini sulla pandemia, che oramai, da più di una anno e 10 mesi, ha fatto la sua
comparsa nelle nostre vite.

Il film di Gregoretti è in realtà un perfetto esempio di cinema militante (siamo negli anni ‘60 del
secolo scorso) mascherato da satira politica e di costume in una veste fantascientifica, ma le
similitudini con il virus e la sua azione sono molte. Infatti Omicron è un viaggiatore interstellare,
mandato sulla Terra dal pianeta Ultra per conoscere gli umani e preparare un’invasione. È un alieno
incorporeo che prende possesso del protagonista, l’operaio Angelo Trabucco (Renato Salvatori),
condizionandone comportamento ed abitudini. Il film scorre allegramente verso un finale che non
voglio svelarvi per non togliervi il gusto di recuperarlo, ma una cosa voglio dirla: sarà la presa di
“coscienza” dell’operaio che alla fine darà filo da torcere all’invasione aliena, ed anche questa mi
pare un’ottima similitudine con l’invasione da Coronavirus.

Anche noi dobbiamo “prendere coscienza”: se vogliamo sconfiggere questa pandemia globale
dobbiamo pensare ed agire globalmente, dobbiamo renderci conto che non serve a nulla vaccinare
con 3 dosi l’Europa e l’occidente, se una nazione come l’India o continenti come l’Africa hanno
bassissimi livelli di vaccinati. Il virus non muterà lì dove troverà la barriera dei vaccino , ma lì dove
gli ultimi della Terra sono dimenticati; muterà lì e poi arriverà da noi attraverso un aereo, magari
trasportato in business class all’interno di un imprenditore, oppure attraversando il Mediterraneo a
bordo di un gommone o valicando le frontiere via terra all’interno di un profugo.

Solo una presa di coscienza collettiva e globale ci consentirà, come nel film di Gregoretti, di
contrastare l’alieno/virus Omicron. Altra strada non c’è, se mai sconfiggeremo questa o le future
pandemie lo faremo come umanità, non come singoli o nazioni.
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Smart Marketing realizzata dall’artista Ajnos (al secolo Sonja Fresini).
Il Natale che verrà, mai come quest’anno, ci vede davanti ad una scelta ineludibile: dobbiamo non
solo tenere al prossimo, ma se possibile amarlo, sostenerlo e curarlo, perchè solo curando il nostro
prossimo, chiunque esso sia, qualunque colore abbia, da dovunque provenga, solo così, aiutando lui
aiuteremo noi stessi.

Prima di lasciarvi, fatemi tornare per un momento alla funzione catartica dell’arte cui accennavo
all’inizio del mio editoriale, parlando brevemente della bella Copertina d’Artista di questo numero:
l’ha realizzata un’artista straordinaria, Ajnos (al secolo Sonja Fresini), durante la prima fase del
lockdown, e la sua guerriera dai grandi occhi, benché trafitta da una grossa freccia, ha tatuato sul
viso la scritta “I’m Fine Thanks” (Sto bene, grazie), un messaggio che vuole tranquillizzarci, ma
non ci deve deresponsabilizzare, perchè spesso e volentieri è proprio chi non ci chiede aiuto, o pare
non averne bisogno, che necessita del nostro altruismo, della nostra solidarietà, del nostro sostegno.

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   Che Natale sarà? Senza fare giri di parole, sarà un Natale “nuovo”. Nuovo perché, dopo due anni
    di pandemia, siamo noi ad essere persone nuove. Persone con nuovi bisogni, nuovi desideri e
                                            nuovi pensieri.

L’augurio di quest’anno è come quello degli anni scorsi, ma ancora più urgente: aiutate il prossimo,
regalategli un momento di felicità, sarà questo il regalo più grande che farete a voi stessi.

In più quest’anno aggiungo un’ultima raccomandazione, vaccinate voi stessi e i vostri cari e, dopo,
aiutate, come potete, gli altri, gli indecisi, i poveri, gli ultimi, ricordando le parole immortali
dell’imperatore Marco Aurelio:

                    Quello che non è utile allo sciame non è utile nemmeno all’ape.

Buona lettura e Buon Natale a tutti.

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L'impatto del COVID sulla creatività dei
brand
Il lockdown e le restrizioni hanno imposto agli italiani e non solo di trascorrere più tempo in casa e
per questo Auditel e Audiweb registrano un aumento dell’audience su tutti i canali televisivi e i siti,
a fronte di un pesante rallentamento degli investimenti pubblicitari. Il mercato pubblicitario ha
raggiunto valori inferiori al 2013, attestandosi al punto più basso dopo la crisi del 2008.

Covid e investimenti pubblicitari
TV e Internet sono cresciuti in termini di audience, ma non c’è stata una maggiore raccolta
pubblicitaria e il rallentamento degli investimenti coinvolge tutti i settori con un conseguente
abbassamento dei prezzi per l’acquisto di spazi pubblicitari online.

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a sociale che Xiaomi ha realizzato per Milano con Nonna Rosetta di Casa Surace.

Il particolare Internet, almeno nel mercato italiano, ha registrato il primo segno meno della sua
storia. I classici banner sono condizionati dalle logiche di Brand Safety, dato che i brand evitano
di associare le loro creatività a siti che parlano di virus, emergenza e decessi e in particolar modo ai
siti di informazione. Anche il video risente di difficoltà oggettive legate alla produzione di contenuti
durante il lockdown, mentre l’ecommerce cresce ma non la raccolta pubblicitaria, in mano a pochi
player internazionali. A soffrire maggiormente del restringimento complessivo del mercato, ancora
una volta, saranno gli attori locali.

La creatività al tempo del Covid
Durante la pandemia da COVID-19 tutti siamo stati uniti dall’hashtag #iorestoacasa come in un
vero e proprio coro condiviso anche da influencer e brand. L’invito era a non uscire e restare uniti
sotto un unico messaggio.

Di questa voce si sono fatte portavoce proprio le aziende, che hanno dimostrato il loro impegno
sociale partecipando a gare di solidarietà e a campagne di informazione online e offline a
vantaggio di medici, infermieri, autotrasportatori e supermercati. Si tratta di una vera e propria
azione di responsabilizzazione di ciascuno di noi. Qualche esempio?

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ocial e la TV che sposa l’hashtag #iorestoacasa.

Xiaomi ha realizzato per Milano la campagna sociale con Nonna Rosetta di Casa Surace: il volto
spontaneo della nonna d’Italia invitava a dire grazie e sgridava chi non voleva rispettare le regole.
Altri brand hanno letteralmente sposato l’hashtag #iorestoacasa come Levissima che in TV e sui
social ha ricordato agli utenti come oggi sia un’altra la montagna da scalare, quella della salute.

In ogni caso il Covid ha cambiato la creatività dei brand e siamo sicuri che continuerà a farlo anche
nei prossimi mesi. Non resta che sintonizzarci su TV e social media e stare a vedere, dato che quelli
di questo post sono solo due degli esempi di campagna pubblicitaria realizzata in piena pandemia.
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Il Natale passato, presente e futuro anche
se in Pandemia, purché non se ne perda la
magia!
Davanti al camino acceso e scoppiettante, le calze appese, l’albero scintillante, fuori dalla finestra
qualche fiocco di neve, al centro della sala una tavola imbandita con solo quattro posti, un tablet in
modalità video chiamata per tenere tutti più vicini nonostante la distanza. Fu questo il Natale
passato quando, in piena pandemia, abbracci e sorrisi furono messi da parte, nessuna veglia
natalizia dato il coprifuoco, nella speranza di un Natale 2021 differente.

Forse quest’anno a tavola potremo starci un po’ di più, forse la videochiamata sarà solo per metterci
in contatto con i parenti all’estero mentre tra le regioni potremo viaggiare, forse potremo aspettare
la mezza notte, forse potremo brindare ad un anno nuovo con più gioia e speranza…forse potremo
sognare un Natale futuro dove la normalità non sarà celare i sorrisi dietro la mascherina, darsi i
pugni invece delle strette di mano o vivere la quotidianità solo attraverso un PASS.

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Forse… forse… forse… è solo un incubo dal quale vogliamo essere
risvegliati.
Il camino è sempre acceso e scoppiettante, le calze appese e l’albero scintillante, fuori dalla finestra
qualche fiocco di neve. Per chi è abituato a viaggiare con la fantasia, non vi è confine, volare con la
mente, quello ancora non lo si può fermare; mi è bastato chiudere gli occhi per qualche minuto
scivolando in un sonno profondo per rivivere Dickens e il suo canto di Natale tra passato, presente e
futuro.

  Scrooge si risveglia nel suo letto, scoprendo che è di nuovo mattina, affacciandosi alla finestra,
  chiede a un ragazzo di passaggio che giorno sia ed esso risponde che è Natale

È Natale, sì, è il giorno della nascita… la nascita di un NOI più sicuri, più forti, più evoluti, un po’
cresciuti, con un bagaglio di esperienza fatto di paura e di coraggio, che ci permetterà di guardare al
futuro che verrà con gli occhi lucidi di chi ha trascorso il passato che c’è stato, inaridendosi giorno
dopo giorno al pensiero di sentirsi sempre meno libero e con la paura di vivere a tratti nuove regole,
nuove chiusure, nuove strette.

Ho nelle mani Dickens e il suo canto di Natale davanti al camino acceso e scoppiettante e mi accorgo
di aver sognato tutto trasportata dalle pagine avvincenti, riportandole ai giorni di oggi come se il
mio Natale passato, presente e futuro fosse, invece, una prova da dover superare. E invece no, non
l’ho immaginato, lo abbiamo vissuto, lo stiamo vivendo lo continueremo a vivere, ma soltanto NOI
potremo rendere il nostro canto di Natale autentico, ricavandone una lezione di vita che ci
porteremo dietro per sempre, perché è inutile dire che questo periodo non ci ha segnati. Ciascuno in
modo diverso ha superato delle prove, ha rivisto i suoi fantasmi, ha sconfitto le sue paure. Solo dopo
una tempesta esce il sereno e quell’arcobaleno colorato non può che non essere un grido di
speranza.

D’altronde è questo lo spirito del Natale anche se in Pandemia, purché non se ne perda la
magia!

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A Natale dillo con un post: le campagne
natalizie sui social media
Il social media marketing è ormai una ben radicata forma di marketing digitale, i social sono il
“luogo” (si, intendo proprio il luogo, perché spesso rappresentano il posto virtuale in cui ci
rifuggiamo dalla quotidianità), dove i più giovani passano gran parte del tempo libero, ed è lo
strumento tattico da sfruttare, da parte delle imprese, per interagire con i consumatori.

E quale momento più opportuno del Natale per creare una campagna
social?
Il Natale è il periodo propizio per avvicinare nuovi clienti e migliorare la relazione con quelli fedeli, è
il momento in cui attendiamo con ansia le belle pubblicità, fino a qualche anno fa solo in tv, ora
anche sui canali social, come Facebook, Instagram, Twitter e via dicendo. Le campagne sui social
permettono lo scambio di idee, feedback, foto ed informazioni con i consumatori e tra di loro,
rendendoli partecipi di un meccanismo nel quale non sono più passivi, come nel caso della pubblicità
tradizionale.

Dopo il difficile Natale dello scorso anno, caratterizzato dalla pandemia e dai festeggiamenti
sommessi in solitaria, quest’anno, probabilmente, avvertiamo ancora di più il bisogno di sottolineare
le emozioni, di vedere quegli spot natalizi che commuovono e che mostrano, spesso attraverso lo
storytelling, la bellezza della famiglia, degli affetti, e della magia, perché in fondo, a Natale,
torniamo tutti un po’ bambini e speranzosi di vivere un momento speciale.

               Scopri il nuovo numero: “Il Natale che verrà”
   Che Natale sarà? Senza fare giri di parole, sarà un Natale “nuovo”. Nuovo perché, dopo due anni
    di pandemia, siamo noi ad essere persone nuove. Persone con nuovi bisogni, nuovi desideri e
                                            nuovi pensieri.

Come realizzare un “social christmas” per distinguersi
1. Muoversi in tempo: la classica frase “ma come, hai già addobbato l’albero?”, che spesso viene
   rivolta a coloro che non riescono ad attendere la tradizionale data dell’8 dicembre per dare il via
   agli addobbi, nel caso delle campagne natalizie non vale. È bene iniziare a pensare al messaggio
   con largo anticipo, già dall’estate, per avere il tempo di elaborare idee creative e alternative,
   considerando che i clienti iniziano a pensare agli acquisti per le feste già dal mese di ottobre
2. Mostrare sé stessi: è il momento ideale per avvicinarsi ai clienti, “mettendoci la faccia”,
   realizzando post personali, ad esempio, pubblicando foto e video di auguri da parte dei dipendenti

3. Parola d’ordine “consigliare”: nascondere un po’ il lato aziendale per favorire quello
   amichevole, fornendo consigli ai clienti, un po’ come farebbe un amico, consigliando regali,
   ricette e idee di festeggiamenti, il tutto rimandando ai link dei prodotti aziendali

4. Seconda parola d’ordine “interattività”: il periodo è favorevole alla creazione di campagne
   interattive con give-away, contest, gift-card, e calendari dell’avvento online. Si possono inoltre
   coinvolgere i clienti chiedendo di inviare video personali di auguri o estrarne qualcuno di loro
   come ambassador del marchio. Attenzione, però, che la partecipazione dell’utente sia facile,
   veloce e divertente

5. Vendere il brand non solo il prodotto: non limitatevi a pubblicizzare un singolo prodotto, ma
   più in generale, il brand e l’azienda stessa, cogliendo l’opportunità per mostrare chi si è e cosa si
   fa. Sfruttate l’opportunità del mood natalizio, anche solo per lanciare un messaggio di auguri,
   senza necessariamente tentare di vendere in modo esplicito un prodotto. Affiancarsi alla figura di
   un influencer potrebbe risultare ulteriormente strategico

6. Creare un messaggio emotivo: ogni comunicazione natalizia deve necessariamente essere
   legata alle emozioni, il sentimento per eccellenza del periodo è quello legato all’unità della
   famiglia, che seppur tanto utilizzato nel tempo, non è mai banale, e mai come durante questa
   pandemia ne abbiamo capito l’importanza, memori dello scorso natale in cui siamo stati
   impossibilitati ad unirci in grandi tavolate

7. Responsabilità sociale: proprio perché il Natale è il momento dell’anno in cui più si sottolineano
   i buoni sentimenti, è l’occasione giusta per approfittarne per sottolineare un eventuale
   comportamento sostenibile tenuto dall’azienda, ad esempio, informando sulle donazioni relative
   alle percentuali di incassi, raccolte di giocattoli e cibo, aiuti ai bisognosi, invitando così i
   consumatori ad unirsi alle azioni

8. Osserva i concorrenti: buttare un occhio attento sulle campagne dei concorrenti potrebbe
   essere un ottimo spunto, nel marketing, infatti, osservare gli altri non è mai sbagliato, a patto che
   non si tratti di copiare

9. Crea strategie ad hoc per qualsiasi canale: inviare un’email rappresenta una buona idea per
   realizzare un contatto personalizzato con il consumatore, da inviare già dal mese di novembre, ma
   creare messaggi adattati ad ogni singolo social è fondamentale, tenendo presente, ad esempio,
   che su Instagram i followers desiderano trovare ispirazione, su Facebook vogliono poter
   esprimere la propria opinione

10. Utilizza format natalizi: musica, grafiche, immagini, foto profilo e copertina, tutto deve essere
    “classicamente” natalizio, rispecchiando proprio quello che l’iconologia pubblica si aspetta, ma
    non per questo noioso

Alcuni esempi di campagne social natalizie
HOTEL TONIGHT
A Natale, si sa, molti ritornano a casa, ma nel 2016, in controtendenza con lo spirito della famiglia
unita intorno all’albero, una catena di hotel low cost ha avuto l’idea di lanciare una campagna dal
nome “Visist don’t stay”, nella quale invitava agli utenti a raccontare su Facebook e Twitter, le
proprie traumatiche esperienze relative alla convivenza con i familiari, alla ricerca di un buon motivo
per prenotare una camera.

CERES
A proposito di contest e coinvolgimento dei clienti, il noto marchio di birre, ha pensato di chiedere ai
consumatori di inviare la propria foto del classico “ugly-jumper” (letteralmente maglione brutto),
tipicamente indossato a Natale, per provare a vincere una birra.

COCA-COLA
Il brand, famoso per gli emozionanti spot tv natalizi, nel 2018, ha ideato una campagna su Twitter,
nella quale, ogni giorno, facendo gli auguri citava l’opera di vari artisti, collegando così l’arte al
prodotto.

NUTELLA
Il mini-barattolo della crema spalmabile più amata diventa una decorazione di Natale, su consiglio
della stessa azienda.

STARBUCKS
Nel 2017, Starbucks, ha lanciato il contest “Progetto Give Good”, che prevedeva, per aumentare il
coinvolgimento dei clienti, la possibilità di colorare a proprio piacimento le classiche tazze della
caffetteria, per l’occasione completamente bianche, e di pubblicarle sui social con l’hashtag
#GiveGood, per avere all’opportunità di vincere delle gift-card.
PALUANI

L’azienda ha evidenziato con un post Instagram la propria attività di donazioni, evidenziando in tal
modo il personale impegno sociale, accusando, quasi in modo ironico, l’aggressività dei post sui
social da parte dei così detti “leoni da tastiera”.

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Natale di seconda mano: le canzoni che
raccontano un Natale non convenzionale

  Riuscite ad immaginare un Natale senza musica tradizionale?

  Senza “Jingle Bells” o “We wish you a Merry Christmas”?

  Senza “Astro del Ciel”, “Adeste Fideles” e “Tu scendi dalle stelle”?

  Senza lustrini, alberi addobbati, luci, colori, doni, amici e parenti?

Eppure esiste, è il Natale degli ultimi, dei soli, dei derelitti, è il   Natale non idealizzato, quello della
vita reale dove esistono buoni, cattivi, poveri e ricchi come in         tutti gli altri periodi dell’anno, è il
Natale disilluso e disincantato di chi non ha proprio nulla da           festeggiare, quel Natale atteso ed
amato da alcuni, soprattutto dai bambini, ed odiato da altri             perché esacerba le solitudini e le
differenze.

Tantissime sono le canzoni che raccontano il Natale in modo diverso ed anticonvenzionale e che
spostano l’attenzione dalla festa convenzionale alla realtà del mondo in cui viviamo, un mondo in cui,
sicuramente, a Natale non siamo tutti più buoni.

È il caso dei Litfiba, che nel 1988 pubblicano la canzone “Santiago” ispirandosi alla visita del papa,
Giovanni Paolo II, in Cile durante la dittatura di Pinochet nel 1987, dittatura che affogò nel sangue
ogni forma di protesta e dissidenza scatenando l’indignazione dell’opinione pubblica mondiale
(“Santiago del Cile – Padre, tuo figlio dov’è? – Santiago del Cile – Io non lo vedo più – Natale di
sangue – No, non lo scorderò”).
Ma è anche il caso di Fabrizio De André, che in “Leggenda di Natale” accosta un episodio
tragico, che segna la vita di una bambina abusata da un astuto “Babbo Natale” che la circuisce, alla
leggerezza del Natale e della spensieratezza che questo periodo porta con sé.

Sarà lo stesso Babbo Natale che Dolly ed “il figlio del figlio dei fiori” uccidono perdendo per sempre
il candore della fanciullezza ne “L’uccisione di Babbo Natale” di Francesco De Gregori?

Pur non essendo collegate in nessun modo, le due canzoni, scritte da due grandi autori come De
André e De Gregori, associano una figura benevola come quella di Babbo Natale alla perdita
dell’innocenza tipica di chi subisce un trauma, o un evento negativo, che lo riporta alla durezza della
realtà.

De Gregori, in particolare, affronta in diverse canzoni il tema del Natale e sotto diversi punti di vista:
in “Natale” descrive perfettamente il clima natalizio ed i pensieri intimisti di chi vorrebbe
riallacciare i rapporti con un amore ormai lontano e forse non più corrisposto, mentre in “Natale di
seconda mano” racconta il Natale degli ultimi, dei soli abbandonati a loro stessi, dei migranti che
vivono per strada ai margini della società, proprio quella società che si ricorda della loro esistenza
una volta l’anno.

Benché sia stata pubblicata nel 2001, la canzone “Natale di seconda mano” è di un’attualità
sconcertante, soprattutto nella contrapposizione tra gli invisibili che non vivono nell’agio e che sono
abituati ad arrangiarsi come possono e gli altri, i ricchi che sedano la coscienza con un po’ di
elemosina o con belle parole vuote, conformandosi più al futile spirito natalizio che impone di essere
più buoni, più benevoli e più caritatevoli che al vero spirito natalizio che vorrebbe vedere gli altri
donarsi per chi è più bisognoso.

Del resto, è da ormai molto tempo che lo spirito natalizio si è piegato a logiche consumistiche,
spazzando via quello che era il vero senso di una festa per lo più religiosa.

Se così non fosse, non si capirebbe il senso di una canzone come “O è Natale tutti i giorni”, scritta
da Luca Carboni e Jovanotti sulla musica di “More Than Words”, famosissima canzone d’amore
degli Extreme.

Anche nel testo di questa canzone è netta la distanza e la contrapposizione tra la povertà e la
ricchezza, tra la libertà e la mancanza di diritti, tra chi vive in pace e chi sotto le bombe, tra chi può
comprare tutto e chi non può permettersi niente.

Due mondi fondamentalmente opposti che dovrebbero incontrarsi, “stringersi le mani”, perché
questo, recitano i due cantautori, è un “lusso di cartone se razzismo guerra e fame ancora uccidon le
persone”.

Lo è ancor di più in questo tempo di pandemia, dove abbiamo imparato che nessuno, neanche il più
ricco e progredito essere sulla terra, si salva da solo o può ignorare chi non ha i mezzi per salvarsi
acquistando un vaccino.

Il nostro auspicio è che questo tempo sia il tempo per fare una riflessione che parta dal singolo per
investire la collettività, che ci si impegni per una società più giusta e più solidale, perché “O è Natale
tutti giorni o non è Natale mai”.

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Tra tradizione e innovazione: i film italiani
in sala a Dicembre 2021
Si aprono le festività natalizie, sperando che siano le più normali possibili, dopo le restrizioni e le
chiusure dello scorso anno. Il cinema italiano non ha, per la verità puntato moltissimo su questo
Natale. Probabilmente i film più interessanti sono usciti nel mese di novembre, con il celebratissimo
E’ stata la mano di Dio, di Paolo Sorrentino e il malinconico Io sono Babbo Natale, atto di
addio del grande Gigi Proietti. Qualcosa di buono comunque c’è, in bilico tra “tradizione”, non
manca infatti l’ennesimo film di Natale con Christian De Sica; e “innovazione”, poiché molti delle 15
pellicole in uscita a dicembre 2021, hanno rapporti velati con il Natale.

Il primo film che consigliamo, quello da “5 stelle”, ha il suo elemento cardine nel Natale del 1931.
Cosa accadde quella sera e di quale film parliamo?

Soltanto per tre giorni (13/14/15 dicembre) uscirà in sala il film di Sergio Rubini, dal titolo I
fratelli De Filippo, omaggio dichiarato ed esplicito a Eduardo, Peppino e Titina, figli naturali, ma
illegittimi del grande Eduardo Scarpetta, ereditano però dal padre il grande talento e il grande
amore per il teatro e la recitazione. E’ una storia piena di nostalgico affetto per tre fratelli che hanno
fatto la storia del nostro teatro e del nostro cinema. Dal nulla, perché il padre alla sua morte
avvenuta nel 1925, non ha lasciato ai tre neanche le briciole, riescono a costruirsi il loro sogno,
ovvero fondare un trio con un repertorio tutto loro. E quella sera di Natale del 1931 al Teatro
Kursaal di Napoli inizia la magia dei “Fratelli De Filippo”. Accompagnato dalle musiche pazzesche di
Nicola Piovani, il film ripercorre le fasi più importanti della loro infanzia e adolescenza e segue il
binario parallelo del palcoscenico che s’incrocia con la vita privata.

E poi andiamo su qualcosa di più tradizionale per il periodo, con il classico film di Natale, oseremmo
dire con il famigerato “Cinepanettone”. Troviamo quindi Alessandro Siani (anche dietro la macchina
da presa) e Christian De Sica in Chi ha incastrato Babbo Natale?

Non parliamo di copia o di plagio, per carità, piuttosto è molto simile l’impianto di questo film, con
quello con Gigi Proietti, che lo ha preceduto lo scorso mese. E’ similare la favola natalizia, incentrata
su Babbo Natale e sugli effetti speciali con i quali riesce a compiere il giro del mondo in una sola
notte. Ci sono anche i cattivi, che tramano contro Babbo Natale. E c’è ancora un grande attore ad
impersonare Babbo Natale, ovvero Christian De Sica. Lo scettro del “poco di buono”, passa da
Marco Giallini ad Alessandro Siani e anche in questo caso c’è un percorso di crescita che porta il
“nostro” a derimersi. Siani interpreta la parte di un volgare truffatore, ingaggiato da una grossa
azienda di giocattoli, per far fallire Babbo Natale e prendersi la fetta di mercato “natalizia”. Arrivato
a tu per tu con Babbo Natale, però, non riesce nel suo intento, e anzi si allea addirittura con lui,
facendo trionfare la magia della festa più attesa dell’anno. Se al precedente film abbiamo messo il
massimo, qui possiamo mettere “2 stelle” sulla fiducia, passando oltre.

Superando velocemente il prequel de La befana vien di notte, dal titolo La befana vien di notte-le
origini, dove non abbiamo neanche la presenza di Paola Cortellesi, ma della mamma della Befana,
ovvero Monica Bellucci, alla quale diamo una sola misera “stella”; posiamo gli occhi su un film
molto più compiuto, da “4 stelle”, con i misteri e gli intrighi di Sette donne e un mistero, film di
Alessandro Genovesi, remake del francese Otto donne e un mistero di Francois Ozon.

Ambientato nell’Italia degli anni ’30, il film racconta le concitate ore che seguono l’inspiegabile
omicidio di un imprenditore, nonché marito e padre, al centro di un variopinto gruppo di donne che,
dopo essersi riunite nella villa di famiglia per celebrare insieme la vigilia di Natale, si trovano
costrette ad affrontare e rivelare l’un l’altra segreti e sotterfugi per cercare di risolvere un mistero
che in qualche modo le riguarda tutte. Sono infatti tutte sospettate, chi sarà l’assassina?

Cast femminile di primissimo ordine: Margherita Buy, Luisa Ranieri, Diana Del Bufalo, Micaela
Ramazzotti, Benedetta Porcaroli, per un giallo che terrà incollati alla poltrona fino all’ultimo
secondo. Esce esattamente la sera di Natale, ideale per riposare la mente dalle scorpacciate
natalizie.

Consigliatissimo (4 stelle) anche la contaminazione fumettistica-cinematografica di Marco e Antonio
Manetti e del loro personalissimo Diabolik, dal cast stellare: Luca Marinelli, Miriam Leone, Valerio
Mastandrea, Claudia Gerini, solo per nominare i più importanti. E’ ovviamente l’ennesimo
adattamento delle avventure del personaggio creato da Angela e Luciana Giussani.
Cosa sarà questo Diabolik, in salsa “Manetti Bros”, lo hanno raccontato proprio loro alla recente XXI
edizione del Comicon di Napoli: “Innanzi tutto è un film d’epoca, per mantenere intatto lo spirito
vintage del fumetto. E’ ambientato a fine anni 60, con tanto di auto d’epoca e “l’immancabile Jaguar,
ovviamente. Il nostro Diabolik non è un personaggio semplice, possiede tutte le sfumature del
fumetto, e soprattutto è Diabolik e basta, non è edulcorato, nè trasformato in un Robin Hood
buonista o al contrario un giustiziere della notte. È semplicemente quel che è e che tutti i fan del
fumetto conoscono e apprezzano come tale. Un assassino che fa cose atroci, uno che pur di salvarsi
lui fa morire un altro al suo posto”. Consigliato per i fan del genere e non solo.

In ultimo vi invitiamo considerare altri due film, che in questo “meglio e peggio” del Natale 2021,
possiamo classificare almeno a “tre stelle”. Il primo è un film che andrà molto bene in sala, diretto
da Paolo Genovese e costruito come una commedia familiare dai toni vagamente surreale. Parliamo
di Supereroi, un film che non ha nulla a che fare con il fantascientifico, ma scherza su quanto
superpoteri debbano avere le coppie di oggi per resistere al tempo che passa e amarsi tutta la vita.
La coppia è quella composta da Jasmine Trinca e Alessandro Borghi, che ci faranno ridere e
riflettere nello stesso tempo.

Il secondo film è un po’ di quelli di nicchia, un docu-film, dal titolo The girl in the fountain, nel
quale Monica Bellucci racconta e interpreta Anita Ekberg, l’attrice simbolo della “Dolce Vita”.
Diretta da Antongiulio Panizzi, la Bellucci indaga la donna oltre l’icona, raccontandone la
repentina ascesa e il tanto repentino declino.

Insomma, queste nel bene e nel male sono le nuove proposte più interessanti del cinema italiano nel
Natale che verrà. Per concludere, non è neanche così importante che seguiate alla lettera questa
piccola guida critica, l’importante è che si possa ritornare ad affollare le sale cinematografiche,
perché è lì che è nata, cresciuta e si è sviluppata la “magia” del cinema.

Ed è da lì che dovrà ripartire.

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5 fumetti sotto l’albero di Natale!
Inizia la frenesia del Natale e con essa parte la caccia al regalo perfetto.
Tra milioni di idee, voglio parlare di quei regali che restano e che portano un messaggio: un vinile,
un libro, un dvd, perché no, un fumetto.
Numerose le nuove uscite di questi mesi, ma cinque sono i fumetti che maggiormente hanno colpito
la mia attenzione, quindi andiamo con i consigli per i pacchetti sotto l’albero.

1) GIORNI FELICI
L’autrice è la fumettista Giulia Spagnulo, in arte Zuzu, che ha
disegnato un romanzo di cinquecento pagine, edito da Coconino
Press, in cui l’artista inserisce elementi autobiografici e di
fantasia per raccontare la vita di Claudia. La protagonista è
sempre in bilico tra passato e futuro, tra desideri e paure, il tutto
raccontato attraverso lunghi monologhi e disegni dalle tonalità
pastello che ricordano disegni di bambini. Tra le fonti di
ispirazione del graphic novel c’è il cantautore Giorgio Poi, che ha
ricambiato dedicando un brano a quest’opera di Zuzu;

2) LA MACCHINA ZERO
È la graphic novel su Mario Tchou, l’informatico e ingegnere
italiano di origini cinesi, che inventò il primo computer a
transistor, la Olivetti ELEA 9003. A sessant’anni dalla scomparsa di
Tchou questo fumetto, di Ciaj Rocchi e Matteo Demonte, edito da
Solferino, racconta le vicende umane e professionali dell’uomo che,
nel 1959, creò una macchina all’avanguardia, ancor prima
dell’azienda, allora leader incontrastata, IBM. La sua vita da
precursore del futuro si intreccia con avvenimenti storici
importanti del ‘900, come l’ascesa del fascismo e la guerra fredda
ed eventi del suo paese di provenienza, la Cina;
3) LA QUARTA GUERRA MONDIALE
Degli autori Taddei e Spugna, edito da Feltrinelli Comics. “La
quarta guerra mondiale” mostra un futuro, il 3021, in cui il mondo è
in guerra perenne, in costante lotta tra numerose fazioni differenti.
Richiamando il famoso fumetto comico satirico di Bonvi,
“Sturmtruppen”, racconta come due eterni nemici si uniscono per
cercare di riportare la pace nel mondo, tra dialoghi ironici e
avventure grottesche;

4) SONO ANCORA VIVO

“Sono ancora vivo” è il primo graphic novel scritto da Roberto Saviano, disegnato dall’illustratore
israeliano Asaf Hanuka, edito da Bao Publishing. Autobiografico,
racconta lo sconvolgimento della vita dello scrittore negli anni
successivi alla pubblicazione nel 2006 del famoso libro “Gomorra”,
che gli causò forti limitazioni alla sua libertà personale, che
ancora oggi scandiscono la sua vita. “Qui dentro c’è tutto il mio
dolore” ha annunciato Saviano parlando di quanto sia importante
per lui aver dato vita a quest’opera, coinvolgente graphic novel,
non solo per la potenza della storia, ma anche per i bellissimi
disegni, che rappresentano attraverso le immagini gli stati
d’animo dell’autore;
5) 10 OTTOBRE
È uscito il primo volume del nuovo fumetto della Sergio Bonelli
Editore, disegnato da Mattia Surroz e scritto da Paola Barbato,
intitolato “10 ottobre”. La serie di fumetti racconta un futuro
distopico in cui non ci sono più malattie e sofferenze, ma c’è una
sola legge: la regolamentazione della morte. Gli esseri umani
conoscono la data della loro morte e sei sono le età possibili in
cui si può morire. Anche il protagonista, il piccolo Richie,
conosce la data della sua morte e sa che morirà il 10 ottobre,
quando compirà undici anni.

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                                            nuovi pensieri.

Cinque possibili regali per chi è da anni appassionato di fumetti, ma anche per chi non è del settore
né un cultore, ma vuole avvicinarsi per la prima volta a questa meravigliosa forma d’arte, che dopo il
clamoroso successo della serie del fumettista Zerocalcare (qui trovate il nostro articolo), sarà
sempre più un universo in espansione, tutto da conoscere.

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Esercizi di stile di Raymond Queneau è il
manuale ideale per scoprire quante
maniere esistono di raccontare la
medesima storia e per comprendere
l'inesauribile ricchezza delle parole
  Quest’anno vi propongo un libro al mese, forse due, per raccontare chi siamo, da dove veniamo,
  dove vorremmo andare e come ci vogliamo arrivare. Perché la lettura può essere svago,
  intrattenimento, ma anche un valido esercizio per imparare a pensare e sviluppare una certa idea
  del mondo.

  Un libro al mese, in piccole schede, in poche battute, per decidere se vale la pena comprarlo e
  soprattutto leggerlo. Perché la lettura, come diceva Woody Allen, è anche un esercizio di legittima
  difesa.

Prendete un episodio della vita quotidiana di sconvolgente banalità: un giorno verso mezzogiorno, su
un autobus affollato, un uomo si lamenta con chi lo spinge di continuo e, non appena trovato un
posto libero, lo occupa. Due ore dopo, il narratore rivede l’uomo da un’altra parte con un amico, che
gli dice di far mettere un bottone al suo soprabito.

Bene, adesso pensate di doverne fare un post per le vostre pagine social e di volerne fare una
versione differente per ognuno dei vostri canali: una per Facebook, una per Twitter, una per
LinkedIn, una per Instagram ed una per il vostro blog. A parte la lunghezza del testo, ovviamente
differente per ogni social network, voi volete modificare proprio lo stile del messaggio;
probabilmente dopo la seconda versione comincerete ad arrovellarvi inutilmente cercando di essere
originali, scoprendo, con grande sconforto, che le versioni si somigliano tutte.

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                                            nuovi pensieri.

E se vi dicessi che invece c’è stato uno scrittore che di questo banalissimo testo di vita quotidiana è
riuscito a farne 99 versioni differenti, tutte con lo stesso significato, ma dallo stile completamente
differente, voi mi credereste???

Ebbene sì, non solo esiste lo scrittore, che per inciso è il francese Raymond Queneau, ma
addirittura anche un intero libro. Queneau, infatti, con una dimostrazione muscolare di puro talento,
ha deciso di pubblicare questo esercizio, ma anche gioco, linguistico in un libro divenuto celebre, e
che si intitola, e non poteva essere diversamente: Esercizi di stile (Exercices de style).

Gli Exercises de style furono pubblicati per la prima volta nel 1947 dall’editore Gallimard . Il
successo fu strepitoso, nel 1963 ne uscì un’edizione aggiornata e nel 1973 un’ulteriore edizione.

Il libro è stato pubblicato in Italia nel 1983 dall’editore Einaudi, nella splendida e “ragionata”
traduzione di Umberto Eco. Una nuova edizione, con aggiunta di testi e una postfazione di Stefano
Bartezzaghi, è uscita, sempre per lo stesso editore, nel 2001.

Pensateci: 99 versioni diverse dello stesso testo, della stessa storia. Se Raymond Queneau fosse
ancora vivo (è morto a Parigi il 25 ottobre 1976) sarebbe fra i più grandi storyteller viventi, intento a
fare corsi di scrittura per il social e fra i content creator più ricercati e pagati.

                        Esercizi di stile

  Autore: Raymond Queneau

  Editore: Einaudi

  Anno: marzo 2014

  Pagine: 328

  Isbn: 9788806220747

  Prezzo: € 13,00
In vista del Natale 2021, per la serie de “Un Libro al mese” voglio proporvi un testo poco
conosciuto ma indispensabile per chiunque voglia imparare a scrivere ed essere originale: Esercizi
di stile di Queneau è una vera doccia fredda per tutti quelli che credono che una storia si possa
raccontare solo in una versione. La banalità del testo, scelta appositamente dallo scrittore francese,
era tesa a dimostrare che l’originalità non dipende dal soggetto della storia, ma piuttosto dalla
conoscenza della lingua, dalla curiosità e dalla cultura dello scrittore/narratore.

Perché dovremmo leggere Esercizi di stile?

Il contenuto di un testo è diventato negli ultimi anni ancora più importante di quanto già non lo fosse
prima; scrivere, soprattutto per il web, presenta difficoltà e complessità molto diverse che scrivere
per la carta stampata. L’originalità, la non ripetitività, la possibilità di scrivere lo stesso contenuto,
ma con stili diversi a seconda del canale di destinazione, sono competenze che lo storyteller come il
content creator devono possedere, e, se non le hanno, le devono assolutamente acquisire. Esercizi di
stile di Raymond Queneau sono ottimi esercizi per imparare a scrivere meglio i vostri contenuti, e
sarà d’ora in poi, ne sono sicuro, il vostro miglior alleato.

Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.

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