Di denaro e dati e la nostra insaziabile smania di possesso

Pagina creata da Gianluca Baldini
 
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Di denaro e dati e la nostra insaziabile smania di possesso
Aspettando il Black Friday 2021: tra i
numeri dei titani dell'e-commerce, i fiumi
di denaro e dati e la nostra insaziabile
smania di possesso
Negli ultimi 10 anni è diventato uno degli appuntamenti più attesi anche da noi: stiamo parlando
del Black Friday (venerdì nero), il giorno dopo la festa del Ringraziamento, che negli Stati Uniti
dà inizio alla stagione dello shopping natalizio.

Come sappiamo i negozi, le grandi catene, ma soprattutto i grandi portali di e-commerce sono soliti
offrire promozioni e sconti eccezionali per incrementare le proprie vendite. In America è un giorno
molto atteso dai clienti, che in molti casi sono pronti ad accamparsi fuori dai negozi la notte prima
per essere i primi in fila all’apertura.

Ma se sappiamo cosa è e quali sono gli effetti del Black Friday, più sfumata resta la sua
introduzione e l’origine del nome. Sembrerebbe, secondo la tesi più accreditata, che il nome faccia
riferimento alle annotazioni sui libri contabili dei commercianti che, tradizionalmente, passavano dal
colore rosso (perdite) al colore nero (guadagni), per cui il Black Friday indicherebbe un giorno di
grandi guadagni per le attività commerciali.

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Ma, al netto delle sua introduzione e dell’origine del nome, quello che è
davvero interessante del Black Friday sono i numeri ed il volume d’affari
che riesce a generare.
Per fare un esempio, nel 2020, segnato dalla pandemia globale da Covid-19, le sole vendite online
legate a questo periodo cruciale – dal Black Friday a fine dicembre – hanno, come ha rilevato il sito
Mailup, raggiunto il record di 789 miliardi di dollari solo nel mercato americano, circa il 30% dei
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profitti complessivi del 2020.

Un fiume di denaro ma anche di dati che comincia a fluire proprio con il Black Friday e che negli
ultimi anni è attentamente osservato e atteso dagli analisti finanziari e dagli ambienti borsistici
statunitensi e internazionali, perché rappresenta un valido indicatore sia sulla predisposizione agli
acquisti sia, indirettamente, sulla capacità di spesa dei consumatori statunitensi, che insieme ai
consumatori cinesi rappresentano i due più grandi mercati mondiali.

Ovviamente il grosso dei guadagni online lo fa Amazon insieme a pochi altri competitor, anche se, a
scompaginare tutto, è arrivata la notizia bomba di qualche giorno fa che riguardava la
“Giornata dei Single” asiatica (che cade 11 novembre) ed il colosso di vendite online Alibaba.
Stando alle informazioni fornite, il gruppo di Hangzhou ha centrato 84,5 miliardi di dollari di
vendite in un solo giorno. Un record che ha spazzato via i 74 miliardi del 2020, malgrado in Cina
come in altri paesi asiatici siano alle prese con la stretta normativa del governo e con la pandemia
del Covid-19, che come si sa è alla base della grave situazione della supply chain globale.

Per inquadrare meglio questi numeri incredibili di Alibaba bisogna considerare che il Prime Day, il
Cyber Monday e il Black Friday di Amazon, messi insieme, hanno toccato SOLO, si fa per dire, i
30,7 miliardi di dollari di vendite nel 2020.

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Non sappiamo chi la spunterà, di sicuro il Black Friday rimane uno degli eventi più attesi non solo
negli Stati Uniti ed in Cina, ma anche qui in Europa, nel terzo più grande mercato mondiale, che da
sempre si fa importatore e promotore non solo delle merci ma anche delle mode e manie sopratutto
americane.
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Il nostro suggerimento è quello di comprare e spendere con attenzione, affinché la smania di
possesso non soppianti la vostra personalità, la vostra voglia di essere.

Perchè alla fine, come ci diceva molto profeticamente, già nel 1976, lo psicoanalista e sociologo
tedesco Erich Fromm:

  La differenza tra essere e avere non è essenzialmente quella tra Oriente e Occidente, ma piuttosto
  tra una società imperniata sulle persone e una società imperniata sulle cose. L’atteggiamento
  dell’avere è caratteristico della società industriale occidentale [non solo, a quanto pare, N.d.R.], in
  cui la sete di denaro, fama e potere, è divenuta la tematica dominante della vita.

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3 riflessioni sul boom dell'ecommerce in
Italia
+3,4% rispetto all’anno precedente e un valore complessivo di 32,4 miliardi di euro. Questi sono i
numeri sul commercio elettronico in Italia presenti nell’ultima ricerca dell’Osservatorio eCommerce
B2C, promossa da Netcomm School of Management del Politecnico di Milano. I consumatori hanno
manifestato una preferenza molto importante per l’acquisto di prodotti, facendo registrare un +45%
ed un incremento di 8 miliardi di euro. Inevitabile invece il calo della vendita dei servizi, trasporti e
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turismo su tutti.

Seppur mediamente si è acquistato meno (cfr. crollo dei consumi dei primi mesi del 2020, fatto salve
le eccezioni relative al Food&Grocery), di contro c’è da dire che la gran parte degli acquisti è stata
fatta online (per ovvie ragioni).

Quanto abbiamo vissuto in questi mesi ha certamente comportato un’accelerazione nel processo di
digitalizzazione (sia lato cliente che lato azienda), portato online persone che hanno familiarizzato
per la prima volta con l’ecommerce, e aumentato l’utilizzo di chi già ne faceva uso. Tutto ciò ci porta
a fare almeno 3 riflessioni importanti sulle dinamiche di questa modalità di acquisto.

1. Se cambi il modo in cui fai qualcosa, cambi quel qualcosa.
L’acquisto online ha logiche diverse da quelle tradizionali. Il cliente, rispetto alle classiche
interazioni fisiche, ha di fronte a sé tantissime opportunità: si informa, guarda le recensioni (in molti
casi decisive), confronta, e così via. Il processo di vendita online segue percorsi differenti e
l’utente/cliente deve essere accompagnato all’acquisto attraverso una circolarità che prevede più
punti di contatto.

2. Intercettare la domanda.
Esserci non basta più. Sembra una provocazione dato che molte aziende e professionisti ancora non
hanno un e-commerce o una strategia digitale, ma è così. Se le persone ricercano online, lo fanno
perché hanno un problema da risolvere. La scelta d’acquisto ricadrà inevitabilmente su chi saprà
fornire una soluzione proprio in quel preciso momento. Ma questo potrebbe anche non bastare più.
A parità di condizioni (ma non solo), a spuntarla nella competizione sarà chi avrà un brand più forte.

3. Il marketing deve continuare nel post vendita
Ad acquisto avvenuto, il “gioco” non finisce lì. L’utente si aspetta di essere ascoltato, di poter
esprimere la propria opinione sul processo d’acquisto, sul prodotto/servizio acquistato e, in generale,
sull’esperienza che ha vissuto. Saperci essere in questa fase (da molti dimenticata o snobbata) dà un
grosso vantaggio competitivo. Il cliente che si sente ascoltato – amato – è un cliente fedele; è un
cliente che parlerà bene di voi (anche offline); è un cliente che comprerà di nuovo da voi. In poche
parole è un cliente acquisito nel tempo.

Ti è piaciuto? Hai qualche considerazione in merito? Fammelo sapere nei
commenti. Rispondo sempre.
Se vuoi rimanere in contatto con me questo è il link
giusto: www.linkedin.com/in/ivanzorico

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Social media, smart working ed e-
commerce: i grandi vincitori del 2020
Il 2020 non è un anno che ci porteremo nel cuore, nè un anno che dimenticheremo
facilmente. E’ iniziato male, ha continuato peggio e ci sta lasciando con l’amaro in bocca
perchè, chi più chi meno, un po’ tutti abbiamo visto svanire i tanti progetti che avevamo e
le certezze che la vita ci dava da sempre.

“Eravamo felici e non lo sapevamo” è una delle frasi che
abbiamo letto più sui social. In realtà lo sapevamo e non ci
bastava.
Il 2020 ci ha fatto sentire come in un film catastrofico, o in un grande esperimento sociale, più che
un anno è stato una grande prova di forza e di resistenza, soprattutto psicologica. Ne stiamo
uscendo tutti un po’ diversi, più riflessivi, più consapevoli dei nostri bisogni e di quali sono le cose
per noi fondamentali, le nostre linfe vitali.

Abbiamo modificato le nostre abitudini e il nostro modo di essere e relazionarci, abbiamo avuto
paura del vicino di casa, del passante che accorciava le distanze, del tizio in cassa dietro di noi al
supermercato. Abbiamo iniziato a utilizzare in massa parole mai usate prima così spesso:
assembramenti, congiunti, lockdown… ci siamo sentiti prigionieri, abbiamo familiarizzato con ogni
angolo della nostra casa e i balconi sono diventati le nostre valvole di sfogo. Abbiamo passato mesi
tra paura e incredulità ripetendoci “andrà tutto bene” e disegnando arcobaleni man mano sempre un
po’ più sbiaditi.

                   Scopri il nuovo numero: Simply the best
    È indubbio che quest’anno passerà alla storia come l’anno della pandemia. Così come indubbio
                che quest’anno ha portato malessere sociale, psichico ed economico.
          Ma dobbiamo sforzarci di cogliere un bagliore di luce anche in un anno così buio.
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Per un po’ sembrava che il mondo fosse stato messo in pausa, e poi abbiamo capito che, come è stato
da sempre, dovevamo solo adattarci, ripensare al modo di fare le cose e semplicemente trovare
il modo di farle. Ci siamo svegliati dal trauma e ci siamo detti “E’ il 2020… abbiamo gli
strumenti per farle, nonostante tutto” anche se spesso li abbiamo ignorati, abbiamo pensato che
non servissero davvero, che fossero un vezzo, utile ma non indispensabile, ingegnoso ma non
davvero necessario.

E quindi…

Abbiamo trovato il modo di continuare ad essere in contatto con gli altri anche se lontani, e
tutto ciò è stato possibile soprattutto tramite i social media, finalmente rivalutati e valorizzati per
quello che è il loro scopo principale, la motivazione per cui sono nati: Connettere le persone, essere
degli strumenti che abilitano e facilitano le relazioni.

Come sarebbe stato un lockdown senza Facebook, Whatsapp,
Instagram…?
Queste piattaforme ci hanno dato la possibilità di continuare a vedere e sentire amici e parenti,
essere aggiornati su cosa stavano facendo gli altri negli stessi momenti difficili, vedere come reagiva
il resto del mondo e sentirci tutti un po’ meno soli e più empatici, un po’ più vicini. Insomma i
social media nel 2020 hanno svolto quella che è la loro principale funzione e credo che
questo abbia portato a una grande rivalutazione di tali mezzi, spesso bistrattati e banalizzati,
considerati alla stregua di un gioco da adolescenti. Zuckerberg ha di che essere orgoglioso, il 2020
è stato l’anno della sua piccola rivincita, della rivincita del web, a cui finalmente abbiamo dato la
giusta e meritata importanza.

Abbiamo trovato il modo di continuare a lavorare, fare riunioni, partecipare ad eventi… e
tutto questo ancora una volta grazie a piattaforme tecnologiche, servizi di videoconferenza
come Zoom o Meet, software di collaborazione aziendale come Slack, ma soprattutto
abbiamo fatto un balzo avanti negli anni, abbiamo aperto la mente, abbiamo capito che la
presenza in ufficio, la postazione di lavoro a vista, la trasferta che richiede tempo e denaro
per incontrarsi dal vivo non sono le uniche opzioni possibili. In Italia lo smart working era
ancora agli albori, al di fuori della nostra mentalità e invece in pochi mesi è diventato la
quotidianità, seppur necessaria e indispensabile. Avevamo bisogno che fosse l’unica via,
per percorrerla veramente.
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In ogni caso abbiamo fatto un salto avanti di forse 30 anni e almeno di questo al 2020 possiamo
esserne grati. Lo smart working è approdato anche nel settore pubblico (chi lo avrebbe mai
detto?); si è fatto un gran parlare di south working (soprattutto nel periodo estivo), di eventi
phygital, si è arrivati persino a ripensare il futuro degli spazi lavorativi, a nuovi modelli di
workspace aziendali nell’era post-Covid (che prevedono una buona parte di lavoro di remoto e gli
uffici da utilizzare soltanto al bisogno, totalmente rivisti anche nella loro organizzazione degli spazi;
pensati più come luoghi di aggregazione, di connessione ma anche di relax).

Una cosa è certa: lo smart working non sarà una parentesi, non si supererà di pari passo alla
pandemia. Il mondo del lavoro è stato profondamente rinnovato da questo 2020 e difficilmente si
tornerà indietro. Anzi, le prospettive future di delocalizzazione promettono bene anche in ottica di
possibilità lavorative tra nord e sud.

E per ultimo…

Abbiamo rivalutato l’e-commerce, abbiamo preso confidenza con gli acquisti online. E non
soltanto da un punto di vista da consumatore, ma soprattutto da aziende e PMI. Sono tante
le aziende che, approfittando del periodo, hanno compiuto il grande passo e si sono
lanciate nel mondo delle vendite online che prima le spaventava.

Secondo lo studio “Il ruolo e il contributo dell’e-commerce e del digital retail alla crescita
e alla trasformazione digitale” realizzato da Netcomm in collaborazione con The European
House – Ambrosetti, in Italia, nel 2020, il giro d’affari dell’e-commerce e del digital retail
ha raggiunto quasi i 60 milioni di euro, con un incremento del 6% e di 3,5 miliardi di euro.
Ne hanno risentito ovviamente in negozi fisici, ma molti di loro hanno saputo regire e
puntare all’omnichannel. Anche loro hanno trovato una nuova modalità per continuare a
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fare quello che facevano in passato.

Bisogna sforzarsi non poco per ammettere che ci sono stati anche dei lati positivi generalizzati in
questo anno. E visto che per farlo è necessario ripercorrere il 2020 mese per mese, colpo di scena
per colpo di scena – diciamoci la verità – tendiamo ad evitare.

Giunti alla fine siamo più propensi a proiettarci verso l’anno
prossimo, a nutrire speranze nuove, a guardare avanti.
Dicembre però, per consuetudine, è il momento dei bilanci dell’anno che sta per concludersi e
anche durante un annus horribilis come questo possiamo essere in grado di trovare del
buono, che sia nelle abitudini, nelle tendenze o nella conoscenza di sè.

Lo avremmo evitato volentieri questo 2020; lo ricorderemo a lungo, diventerà probabilmente lo
spartiacque tra un modo di vivere di prima e quello di dopo, ma da un punto di vista della
digitalizzazione del nostro paese sarà uno spartiacque positivo, un colpo di acceleratore che magari
ci porterà bene.

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Cosa rende Instagram così irresistibile?
L’evoluzione di una piattaforma dal visual
storytelling all’e-commerce.
Dalla sua nascita, nell’Ottobre 2010, Instagram è cambiato parecchio e ha saputo pian piano
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conquistare ogni fascia d’età. Otto anni fa Instagram era solo un’app di condivisione di foto
con una particolarità: poter modificare facilmente ogni immagine con una serie di filtri preimpostati
che rendevano gli scatti decisamente più piacevoli e permettevano di “strappare” qualche like in più.
Il tutto arricchito dagli hashtag per rendere le immagini ricercabili dagli altri utenti.

  Clarendon, Juno, Perpetua, Amaro, Rise… sono presto diventati i nostri alleati per perfezionare gli
  scatti prima della condivisione, il tutto in formato rigorosamente quadrato. Quell’effetto Polaroid
  che da retrò è diventato subito moderno e trendy sui social.

Se fosse finito tutto qui ci saremmo stancati presto, e invece, come per tutti i social che
funzionano, Instagram ha saputo adattarsi alle esigenze, ai trend, alle richieste silenti dei suoi
utenti. La capacità d’evoluzione l’ha portato al successo. Non c’è bisogno di scomodare Darwin
forse, ma la verità è che il principio vale anche per i social network: o ti evolvi o ti estingui. Ne è
un esempio in negativo MySpace, per citarne uno, ma Instagram, invece, ha decisamente saputo
farci. Di questo dobbiamo anche ringraziare Zuckerberg, che dall’acquisizione di Instagram ha
proposto novità continue (dalle Stories alla IGTV, passando per gli stickers di musica e così via).

  Non tutte le funzionalità hanno subito successo o si rivelano azzeccate. Su IGTV abbiamo ancora
  molti dubbi, ma le Stories, “riprese da Snapchat”, hanno davvero dato un boost ad Instagram.

Oggi chi entra in piattaforma spesso non si sofferma sul feed, ma si concentra subito sulle Stories. Il
senso di urgenza, l’evanescenza, il timore di perdere contenuti interessanti nell’arco di 24
ore solletica la nostra curiosità e ci spinge al ritorno, al “check” più volte al giorno. E’ così che
Instagram ci aggancia e ci tiene sempre vicini.
Pur proponendo la stessa funzionalità, non succede lo stesso su Facebook: le stories di Facebook non
hanno il medesimo appeal. Marc Zuckerberg si interrogherà probabilmente giorno e notte sulle
motivazioni, ma il nostro utilizzo di Facebook è molto cambiato rispetto a un tempo e questa
funzionalità, in quel contesto, non ha successo, anche se gli utenti sono spesso gli stessi.

La recente ricerca “Taking Stock With Teens”, focalizzata su un target di adolescenti, evidenzia che
l’utilizzo di Instagram ha superato recentemente quello di Snapchat, fino a poco tempo fa
sempre in testa su questa fascia d’età. Ma gli adolescenti non sono sicuramente gli unici ad amare
questo social network. Instagram conta un miliardo di utenti, di cui 500 milioni attivi
quotidianamente sulla piattaforma e 400 milioni di utilizzatori di Stories ogni giorno.
Numeri decisamente interessanti per il business, non a caso si contano già 25 milioni di aziende
sulla piattaforma e 2 milioni di advertiser.

  La comunicazione delle aziende su Instagram è, e deve essere, diversa rispetto agli altri mezzi.

Una buona comunicazione su questo social network, infatti, è sicuramente più informale, volta
al coinvolgimento, allo storytelling rispetto ad altre piattaforme. E’ una comunicazione visual e
decisamente più creativa, più immediata, che si presta particolarmente ad alcuni settori, come ad
esempio il luxury, il beauty o il food.

Non possiamo dimenticare poi che Istagram è il regno degli influencer, che altro non sono che
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veri e propri brand, dei lovemark. Blogger, celebrità, cantanti, idoli sportivi… è di qualche giorno fa
la notizia che Cristiano Ronaldo è ufficialmente la persona più seguita al mondo su
Instagram. CR7, con i suoi 144.446.447milioni di follower, ha infatti da poco superato Selena
Gomez, regina indiscussa della piattaforma fino ad ora. Riusciamo a immaginare la potenza di un
placement di prodotto sui suoi post o sulle sue Stories?

L’engagement che permette di avere Instagram, grazie al suo visual storytelling, al
momento non ha eguali, ma la strategia migliore per un’azienda sarà frutto di creatività e della
giusta pianificazione di contenuti nei confronti del giusto target. Un mix che non può fare a meno
della sperimentazione e dell’utilizzo degli strumenti sempre nuovi messi a disposizione dal mezzo.
Strumenti che hanno sempre un occhio di riguardo per il business, infatti dal mese di Giugno
2018 Instagram ha addirittura introdotto lo shopping sulle stories, permettendo alle aziende con
account business di inserire all’interno delle stories gli stickers con il simbolo della shopping bag,
che danno la possibilità di avere informazioni aggiuntive sul prodotto e procedere all’acquisto
direttamente sull’e-commerce.

  Tutto questo perché, come si sottolinea anche sul post ufficiale di presentazione della nuova
  feature, ”Instagram isn’t just a place of inspiration, it’s also a place of action” ovvero Instagram
  non è (più) soltanto un luogo di inspirazione, è anche un luogo di azione.

Al momento, e in Italia in particolare, questa funzionalità non è ancora molto utilizzata, ma in futuro,
probabilmente, vedremo sempre meno immagini di tramonti, di vacanze, meno selfie…e sempre più
stickers con shopping bag. E a quel punto avremo bisogno di una nuova evoluzione, o di un nuovo
algoritmo; ma Zuckerberg, come ci ha spesso dimostrato, sa come gestire al meglio queste situazioni
e come rendere i suoi social i luoghi virtuali in cui si ha sempre voglia di stare.

E-commerce, piattaforme social,
influencer ecco come le grandi Griffe
influenzano i tuoi acquisti

  Grandi Brand e la rete un connubio perfetto per fare Business.

Far parlare di sé alle persone giuste con post che ne catturano l’attenzione è ormai Il valore di una
pubblicità maggiormente influente che batte qualsiasi annuncio in televisione o cartellonistica.

Piattaforme di e-commerce o social come instagram stanno radicalmente cambiando il modo di
“scegliere” i prodotti e le grandi griffe ne stanno sempre di più comprendendo le dinamiche
cominciandone a sfruttare le opportunità.
E’ il caso di grandi aziende di moda che hanno visto una crescita del 4% delle proprie vendite
globali grazie alla rete, un risultato che è stato spinto principalmente dalle vendite in Cina e in
particolare da quelle sulle piattaforme di e-commerce e di WeChat una app social, questa, che
risulta essere un vero e proprio ecosistema digitale che permette di mandare e ricevere denaro,
fare acquisti online, effettuare pagamenti, giocare, ordinare cibo, fare di tutto un po’: un vero e
proprio catalizzatore di opportunità che nel mercato cinese vede quasi il 30% del tempo speso dalla
“popolazione digitale” intenta a fare azioni di scelta.

Ecco che nel paese asiatico sono diversi i brand di lusso che aprendo uno “WeChat store” o creando
eventi di “limited-time sale” ingaggiano potenziali clienti analizzandone il rapporto che hanno con il
brand per capire come fare a raggiungerli in maniera sempre più efficace per potenziarne gli
acquisti.

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L’asso nella manica al momento è in mano agli influencer o anche chiamati Kol (Key Opinion
Leader) che influenzano milioni di persone con i loro post sui social, i brand fanno a gara per
avere una loro foto in compagnia di uno dei loro prodotti e non appena questa viene postata il
sito di e-commerce del brand finisce sold out; in un attimo milioni di visualizzazioni e di
conseguenza acquisti, una vera e propria tecnica di vendita più potente di qualsiasi forma di
marketing.

Non è necessario andare così lontano per vedere all’opera questa nuova strategia, nel nostro bel
Paese se ne ha un tipico esempio con personaggi come la Ferragni che ha deciso di far della sua
vita una vetrina on line: dalla dichiarazione di matrimonio, alla gravidanza, alla nascita di “Leone”
il tutto con fashon style. Seguita in quello che dice, in quello che fa, non soltanto dal popolo della
rete ma “corteggiata” dai media che comprendendone la sua popolarità ne capiscono l’influenza e di
come possa essere ascoltata e seguita e per questo la citano in trasmissioni, e ne discutono in
programmi per catturare ascolti.

  Da sempre nel mondo dei new media sono i numeri a farne da padrone: gli ascolti equivalgono a
  pubblicità che equivalgono a vendite che equivalgono a guadagni.

Influenzare le masse è sempre stata la macchina che ha mosso i motori della pubblicità. La
comunicazione pubblicitaria ha ampiamente provato che è in grado di influenzare e
cambiare il processo cognitivo del pubblico, condizionandone il comportamento.

Oggi con gli influencer, lo shopping on line, i dati che giornalmente lasciamo sul web durante le
nostre ricerche ed azioni l’obiettivo è ben più che raggiunto, si sta infatti passando da una
persuasione di massa ad un condizionamento del singolo con comunicazioni sempre più
personalizzate sull’analisi delle proprie scelte e necessità.

La domanda da porsi è: quanto delle scelte effettuate dipenda veramente da sé stessi… che in
realtà, poi, poco si distoglie dalla pubblicità alla vecchia maniera, quella all’epoca del carosello
quando dietro uno storytelling divertente si nascondeva lo scopo ultimo di proporre un prodotto.

Cambiano i tempi, cambiano i modi… ma le logiche quelle, seppur avanzate ed innovative, restano
per sempre.

E-commerce: Alibaba totalizza oltre 25
miliardi di dollari in un giorno
Alibaba batte se stesso.

In un solo giorno – il Global Shopping Day – ha totalizzato oltre 25 Miliardi di dollari di
vendite online. L’anno precedente, nel medesimo giorno, aveva totalizzato “solo” 17,8 miliardi di
dollari.

Da Alibaba dichiarano che circa il 90% delle transazioni sono state eseguite da smartphone. Nei
primi due minuti dall’avvio, Alipay ha realizzato 1 miliardo di dollari di transazione. Nel punto più
alto, le transazioni sono avvenute ad un ritmo di 256 mila al secondo.

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i Alibaba
I marchi presenti all’interno di questo enorme mercato virtuale sono state ben 140 mila,
tra cui: Apple, Estée Lauder, Gap, L’Oreal, Nike, Samsung, Uniqlo e Zara. Il primo anno – il 2009 -,
che comunque venne vissuto come un successo, vi erano solo 27 marchi.
Per misurare ulteriormente la portata dei numeri registrati durante il Global Shopping Day (o
Giornata dei Single), ci basti pensare che sono 4 volte superiori al Black Friday 2016 ed al Cyber
Monday 2016.

L’e-commerce in Cina rappresenta quindi un mercato ampissimo e prolifico, nel quale i dispositivi
mobili – smartphone su tutti – esprimono il loro enorme potenziale. A conferma di quanto detto,
secondo uno studio condotto da PwC, il 52% dei cinesi compiono acquisti online tramite
smartphone, contro il 14% del resto del mondo.

In questo contesto, chissà cosa si inventerà Amazon per ribattere al grande successo realizzato da
Alibaba.
La “sfida” è aperta, ed il Black Friday (il 24 novembre 2017) è alle porte.
Non ci resta che attendere.

Regali 2.0: dall’e-commerce all’iBeacon
Jessica Palese (23)
Il Natale 2014 sarà il più connesso di sempre. A
sostenere questa tesi, un’indagine realizzata dal sito
di vendite online Vente-Privee. Internet sembra
rappresentare la soluzione ideale per lo shopping:
consente confronti tra gli articoli, comparazione dei
prezzi ed evita l’ansia delle code natalizie. Ben il 68%
degli italiani ha infatti affermato che quest’anno
comprerà i regali tanto nei negozi fisici, quanto
online. Il 72% parteciperà alle cosiddette “vendite
evento” online, dove potrà trovare prodotti di qualità,
magari rimanenze di magazzino, a prezzi scontati. Gli
e-shopppers non compreranno solo abbigliamento,
abiti e gioielli. Curiosamente, si scopre che in rete si predilige acquistare soprattutto giocattoli,
peluches, puzzle e supereroi. Così come il necessario per imbandire la tavola: il 64% delle persone
preferisce infatti comprare sul web cioccolato, torrone, prosecco e spumante. Il 34% ormai ordina il
tradizionale panettone solo online. Tutti segnali di come i portali di e-commerce siano ormai entrati
nelle abitudini d’acquisto dei consumatori. Il 18% degli italiani, ha poi dichiarato che sotto l’albero
vorrebbe trovare gadget elettronici. Il regalo più apprezzato potrebbe quindi essere l’ultimo modello
di smartphone o tablet. Un Natale fortemente hi-tech, dunque. Al di là del commercio elettronico,
anche le attività commerciali potranno però attirare il pubblico “connesso”. Il 2014 rappresenta
infatti un banco di prova per la tecnologia iBeacon: ideata da Apple, consente di tracciare con
precisione la posizione di un utente all’interno di un edificio. I beacon (“fari”, in inglese) sono
dispositivi applicati sui prodotti esposti, che al passaggio dell’utente interagiscono con il suo device
emettendo una notifica push. Si possono così ricevere direttamente sullo smartphone informazioni e
dettagli sugli oggetti in prossimità. Nel periodo natalizio potrebbero rivelarsi alleati preziosi per
l’individuazione del regalo perfetto, evitando di vagare tra corridoi e scaffali senza meta. Un
dettaglio non di poco conto soprattutto quando si è di
fretta. Anche i prodotti esposti nelle vetrine
potrebbero essere dotati di beacon, in modo da
attirare il cliente con sconti e promozioni,
incoraggiandolo ad entrare nello store e a procedere
con l’acquisto. Qualora il negozio fosse chiuso, un
link gli consentirebbe di accedere al portale e-
commerce dello stesso. I beacon, non solo offrono la
possibilità di “far parlare” i prodotti in esposizione.
All’interno dei punti vendita segnalano anche la cassa libera più vicina e consentono il pagamento
online per ridurre le code. La tecnologia, insomma, punta a migliorare notevolmente i processi
d’acquisto e a rivoluzionare la customer experience. Rappresenta una sfida per i retailer che
potrebbero approfittare della stagione natalizia per entrare in competizione con i colossi dell’e-
commerce, fornendo un’assistenza senza pari.
The Rearview Mirror – August 2016

Christian Zorico (160)

One word to describe July: rebound. Here below you
can find a table that summarize the behaviour of 8
major indexes over the past 4 weeks.

A strong speculation on BOJ easing program and Japan fiscal policy plan drives the Nikkei higher
during the first half of the month, although a partial disappointment from Kuroda output weighted
on its correction.

Mr Draghi did not add any new relevant elements in his speech at the ECB press conference of 21
July. He focused on Brexit and terrorism as potential negative drivers for the Eurozone, confirming
that ECB will continue to “monitor economic and financial market developments very closely and to
safeguard the pass-through of its accommodative monetary policy to the real economy”. He
highlighted the need of implementation of structural reforms and supportive fiscal policies to
endorse the recovery. The European equity market has been driven by growing concerns about the
banking system, particularly about the Italian one. EBA stress test revealed not only the ability of
single banks to healthier offset a financial crisis; investors focused much more on their ability to
create value, to generate sustainable earnings in the future.
Fin
ally
FE
D
me
eti
ng
wa
s a
bit
more hawkish than usual for the words that the Chairman Yellen used, but in the end, the market
seemed to react in an opposite way. The 2yr Note yield jumped to 0.765% before closing at 0.73%,
i.e. 2.5bps below the previous closing day.

And we start exactly from this number when we analyze the market reaction to the Nonfarm Payroll
of last Friday. The Labor Department showed U.S. hiring surged in July, by counting for 255’000
new positions versus a median forecast of 180’000 units. The jobless rate held at 4.9 percent and the
labour-force participation rate increased. Still the reaction seemed to be subdued. In fact yields on
2yr note, the most sensitive bucket of the government curve to Fed policy expectations, closed at
0.72%, well below levels reached less than two weeks ago.

A single strong job report cannot mitigate the weight of a weak GDP figures that came out from the
Commerce Department. In fact on Friday 29, the Bureau of Economic Analysis released that gross
domestic product, the broadest measure of goods and services produced across the U.S., grew at a
seasonally and inflation adjusted annual rate of just 1.2% in the second quarter, the Commerce
Department said Friday, well below the pace economists expected.

My point of
view is that
FED
members
will    act
sooner than
later, may
be
December is
more likely
than
September,
but we should consider that yields will gradually move higher to incorporate upcoming inflation.
Perhaps the short end of the curve will reflect this movement in a more decisive way, rather than the
long end will continue to flatten for at least a couple of reason: the hunting for positive yields and
the perspective of a sluggish growth for the U.S. economy.
Datemi un’App e solleverò il mondo!

Ivan Zorico (255)

Quali sono le tipologie di App più scaricate?

Per rispondere a questa domanda non servono delle
illustri ricerche di mercato. Pensate il contrario?
Allora provate a fare un rapido controllo sul vostro
cellulare e vedrete che, sicuramente, avrete
scaricato (o comprato) un’applicazione di
meteorologia, intrattenimento, navigazione
satellitare, news, viaggi, social network e video
streaming. Magari ne avrete anche delle altre (come
ad esempio quella della vostra banca o della vostra
marca preferita), ma quelle relativamente a quei
temi non credo proprio che non le abbiate.

Se ci riflettete, ormai, ci affidiamo alle app per qualsiasi aspetto riguardi il nostro quotidiano: per le
relazioni sociali, per conoscere le condizioni climatiche, per l’acquisto di un biglietto aereo, ma
anche per intrattenere il tempo con dei giochi o per aggiornarci su cosa accade nel mondo ed
intorno a noi.

Ma come mai le applicazioni si sono diffuse così tanto e così rapidamente? “Elementare Watson”, per
la dirla alla Sherlock Holmes. Il primo motivo è da ricercare nella presenza di smartphone e
tablet. Secondo uno studio promosso dal Politecnico di Milano nel 2014 , in Italia si contano 45 mln
di smartphone e 12 mln di tablet. Numeri che, a
distanza di un anno da questa rilevazione, saranno
sicuramente cresciuti visto il trend sin qui registrato:
rispettivamente 37 mln e 7,5 mln di smartphone e
tablet in circolazione nel 2007. Ed il secondo è
riscontrabile nell’evocazione quotidiana del mito
della “Lampada di Aladino”. Se ci pensate basta
strofinare con cura lo schermo del nostro device
(dicasi anche genio della lampada) per farci restituire magicamente le risposte alle nostre domande
o (per rimanere in tema) esaudire i nostri desideri.

E tutto questo per voi potrebbe mai non generare un mercato?

Per tornare a citare lo studio del Politecnico di Milano, l’economia derivante dalle applicazioni
equivarrà a 40 mld di euro nel 2016, pari al 2,5% del PIL (Prodotto Interno Lordo). Il mercato
legato al mobile commerce arriverà, sempre nel 2016, ad oltre 7 mld di euro. I pagamenti
eseguiti con gli smartphone potranno valere circa 4 mld di euro. E la situazione odierna è
ovviamente in linea con quelle proiezioni: 4 italiani su 5 interagiscono con la pubblicità che
visualizza, il 30% acquista attraverso il proprio smartphone, 1 su 3 ha acquistato un’applicazione e 1
su 2 vorrebbe utilizzare il proprio credito telefonico, al posto della carta di credito, come sistema di
pagamento.

Incredibile? Straordinario? Certamente si!

Quindi, cari lettori, il nostro consiglio è quello di provare a trasformarsi da meri fruitori di
applicazioni a sviluppatori. Vi bastano tre elementi. Una buona idea, ossia immaginate di creare
qualcosa che possa essere utile dapprima a voi: probabilmente molte altre persone hanno le vostre
stesse esigenze. Una valida educazione informatica per approcciarvi alla materia con la giusta
consapevolezza. E, infine, tanta passione.

So a cosa state pensando: no, i soldi non sono un problema! Per realizzare un’applicazione non
servono investimenti da capogiro e, se la vostra idea è davvero valida, magari troverete qualcuno
disposto ad investire in voi e nel vostro intelletto. Mai sentito parlare di un modello di impresa
chiamato startup?!

L'impatto del COVID sulla creatività dei
brand
Il lockdown e le restrizioni hanno imposto agli italiani e non solo di trascorrere più tempo in casa e
per questo Auditel e Audiweb registrano un aumento dell’audience su tutti i canali televisivi e i siti,
a fronte di un pesante rallentamento degli investimenti pubblicitari. Il mercato pubblicitario ha
raggiunto valori inferiori al 2013, attestandosi al punto più basso dopo la crisi del 2008.

Covid e investimenti pubblicitari
TV e Internet sono cresciuti in termini di audience, ma non c’è stata una maggiore raccolta
pubblicitaria e il rallentamento degli investimenti coinvolge tutti i settori con un conseguente
abbassamento dei prezzi per l’acquisto di spazi pubblicitari online.

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a sociale che Xiaomi ha realizzato per Milano con Nonna Rosetta di Casa Surace.

Il particolare Internet, almeno nel mercato italiano, ha registrato il primo segno meno della sua
storia. I classici banner sono condizionati dalle logiche di Brand Safety, dato che i brand evitano
di associare le loro creatività a siti che parlano di virus, emergenza e decessi e in particolar modo ai
siti di informazione. Anche il video risente di difficoltà oggettive legate alla produzione di contenuti
durante il lockdown, mentre l’ecommerce cresce ma non la raccolta pubblicitaria, in mano a pochi
player internazionali. A soffrire maggiormente del restringimento complessivo del mercato, ancora
una volta, saranno gli attori locali.

La creatività al tempo del Covid
Durante la pandemia da COVID-19 tutti siamo stati uniti dall’hashtag #iorestoacasa come in un
vero e proprio coro condiviso anche da influencer e brand. L’invito era a non uscire e restare uniti
sotto un unico messaggio.

Di questa voce si sono fatte portavoce proprio le aziende, che hanno dimostrato il loro impegno
sociale partecipando a gare di solidarietà e a campagne di informazione online e offline a
vantaggio di medici, infermieri, autotrasportatori e supermercati. Si tratta di una vera e propria
azione di responsabilizzazione di ciascuno di noi. Qualche esempio?
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ocial e la TV che sposa l’hashtag #iorestoacasa.

Xiaomi ha realizzato per Milano la campagna sociale con Nonna Rosetta di Casa Surace: il volto
spontaneo della nonna d’Italia invitava a dire grazie e sgridava chi non voleva rispettare le regole.
Altri brand hanno letteralmente sposato l’hashtag #iorestoacasa come Levissima che in TV e sui
social ha ricordato agli utenti come oggi sia un’altra la montagna da scalare, quella della salute.

In ogni caso il Covid ha cambiato la creatività dei brand e siamo sicuri che continuerà a farlo anche
nei prossimi mesi. Non resta che sintonizzarci su TV e social media e stare a vedere, dato che quelli
di questo post sono solo due degli esempi di campagna pubblicitaria realizzata in piena pandemia.

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L’Assirm Marketing Research Forum 2021
ha scattato una fotografia dello stato Socio
Economico Italiano

  Un grande successo per il doppio appuntamento del MRF21 con oltre
  1.450 iscritti, 1.000 utenti unici collegati e più di 40 relatori nazionali
  e internazionali che si sono confrontati su temi di estrema attualità.

Si è conclusa, giovedì 28 ottobre, l’ottava edizione dell’Assirm Marketing Research Forum.
Grazie al coinvolgimento di note aziende del settore, la presenza di personalità istituzionali e
un’accurata analisi dei dati, la kermesse di due giorni organizzata da Assirm - l’Associazione che
riunisce le maggiori aziende italiane che svolgono Ricerche di Mercato, Sondaggi di Opinione e
Ricerca Sociale – ha evidenziato il valore essenziale dei dati per la crescita del comparto economico
del nostro Paese, sia per conoscere il mercato sia per rispondere ai bisogni di una società in costante
cambiamento.

Il nuovo format – Live il 27 e 28 ottobre e on demand fino al 5 novembre – quest’anno intitolato Il
Forum della Conoscenza, ha registrato un ampio consenso con 25 aziende tra Sponsor e Media
Partner, oltre 1.450 iscritti e 1.000 utenti unici collegati sulle due date.

La manifestazione è stata l’occasione per presentare l’indagine sociale condotta da Assirm nel
mese di ottobre, con la collaborazione delle aziende associate: Ales Market Research, Demetra
opinioni.net, Mis Group, Norstat e Toluna.

Sono state così svolte oltre 5000 interviste sulle tematiche che hanno guidato il dibattito
dell’evento: il 27 ottobre si è parlato di “Fiducia, Sviluppo e PNRR” e del “nuovo ruolo della
Marca (Brand) nei prossimi anni”; mentre il 28 ottobre si è discusso di “Sostenibilità e
Coesione Sociale” e della “Digital transformation e Artificial Intelligence”.

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Ad aprire i lavori della prima giornata, moderata da Debora Rosciani, giornalista di Radio24, è
stato Matteo Lucchi, Presidente Assirm, con un saluto di benvenuto incentrato sullo stato del
settore delle ricerche di mercato in Italia. Secondo lo studio condotto da Assirm, il 90% degli italiani
che lavora in azienda reputa i dati uno strumento molto importante per sviluppare il business.
Inoltre, nei prossimi 12 mesi, si prevede una crescita del 54% degli investimenti economici sulle
ricerche di mercato nelle aziende.

Il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) è stato quindi il primo macro tema affrontato, un
argomento noto al 79% degli intervistati. Sale la percentuale di conoscenza nel target dei manager
d’azienda (91%). Il dato positivo emerso (80% degli intervistati) è la fiducia che gli italiani
(ripongono) nel nuovo piano in grado di risollevare l’economia. Per il 90% degli italiani, tra gli
ostacoli che possono bloccare o rallentare la realizzazione del PNRR, predomina la lentezza
burocratica.

La mattinata del 27 ottobre, dedicata al PNRR, è partita con l’intervento di Ciro Rapacciuolo,
Responsabile dell’area Congiuntura e Previsioni del Centro Studi di Confindustria che ha
dichiarato: “La robusta ripartenza del PIL italiano, pari a oltre il +10% nel biennio 2021-2022,
riporterà l’economia sopra i livelli pre-crisi nella prima parte del prossimo anno, in anticipo di un
paio di trimestri rispetto alle attese iniziali. Il motore principale della ripresa è dato dagli
investimenti, pubblici e privati. I consumi delle famiglie, finalmente ripartiti dalla scorsa primavera
dopo l’allentamento delle restrizioni anti-Covid, reso possibile dalle vaccinazioni, resteranno però
sotto i livelli pre-crisi anche nel 2022.”

“Stiamo tornando ad un Rinascimento del Sistema Paese, una rinascita che parte dalla
trasformazione del sistema produttivo ma che non può che essere supportata e completata dalle
attività immateriali, quelle d’intelletto, che hanno il compito di studiare, formare nuove competenze
e comunicare il cambiamento. Una opportunità irripetibile – resa possibile dal PNRR – che abbiamo
il dovere di capitalizzare” ha aggiunto Saverio Addante, Presidente di Confindustria Intellect.

Altro tema caldo della giornata è stato “Il nuovo ruolo della Marca”, argomento introdotto nel
pomeriggio dal Vice Presidente Assirm, Tommaso Pronunzio e discusso con Emanuele Nenna,
Presidente UNA, CEO & Chairman Dentsu Creative; Raffaele Pastore, Direttore Generale di
UPA e Giorgio Santambrogio, CEO del Gruppo VèGè. È emerso come 3 persone su 4 decidano i
prodotti da acquistare in base al Brand. In periodi di instabilità e crisi, la marca rappresenta un
punto fermo per il consumatore (83%), sempre più attento alle tematiche ambientali e sociali (76%).
Inoltre, dall’indagine condotta, torna in auge il Made in Italy come driver di scelta negli acquisti per
il 90% degli intervistati.

“Il periodo storico che stiamo affrontando ha cambiato la scala dei bisogni dei consumatori. Da
questa edizione dell’Assirm Marketing Research Forum è emerso il valore essenziale delle ricerche
sociali e di marketing come fonte di conoscenza essenziale per la comprensione del sistema Paese,
oltre che strumento di analisi per la crescita del business. La marca ha un ruolo duplice, non più
puramente materiale ma si arricchisce di un forte valore sociale, come guida al cambiamento e alle
necessità socio ambientali che circondano il consumatore”, ha concluso il presidente Matteo
Lucchi.
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ata da Rosalba Reggio, Responsabile Web Tv de Il Sole 24 ore, è stata introdotta da
Piergiorgio Rossi, Vice Presidente Vicario di Assirm.

La mattinata ha quindi visto un focus sul tema “Sostenibilità e Coesione Sociale” guidato da Enzo
Frasio, Consigliere Assirm che ha presentato alcuni dati dell’indagine Assirm: il periodo
pandemico ha aumentato il divario sociale. Infatti con la crisi sanitaria sono cresciute le differenze
legate alla capacità di spesa e di reddito percepito (79%), seguito dal senso di insicurezza (72%),
oltre alla differenza di ricchezza da nord e sud del Paese (70%).

I dati confermano anche un peggioramento del benessere psicologico con aumento di stati di ansia
(41%) e depressione (30%). L’89% degli italiani chiede inoltre più tutela per i lavoratori, insieme a
una maggior attenzione alla sicurezza sul lavoro 88% e un maggiore impegno ambientale 86%.

Si sono confrontati sul tema: Andrea Farinèt, Presidente, Fondazione Pubblicità Progresso;
Kristin Luck, Presidente di Esomar; Marta Mainieri, Chief Executive Officer di
Collaboriamo.com; Dario Mancini, Regional Manager Italy and EMEA Emerging Markets
di Waze; Mattia Mor, Onorevole Membro della Commissione Attività produttive della
Camera; Enea Roveda, CEO di LifeGate; Elena Tondini, Head of Brand Strategy,
Communication and Media Planning di A2A.

Enzo Frasio, Consigliere Assirm ha poi introdotto il secondo tema della giornata “Digital
Transformation e Artificial Intelligence” con ulteriori evidenze dell’indagine Assirm: i dati
dimostrano l’aumento delle attività che vengono svolte online dopo la pandemia, tra cui: ricerca di
informazioni e aggiornamenti sulle notizie dal mondo (41%), acquisto beni e servizi (38%) e uso dei
social (36%).

Gli italiani cosa preferiscono comprare online? Abbigliamento, libri, integratori e prodotti per la cura
della persona. A preoccupare gli utenti online rimane il pericolo di truffe, per il 57%, per questo
vengono chieste alle aziende azioni preventive contro frodi bancarie e assicurative. Altra criticità
legata all’e-commerce riguarda il digital divide, ancora molto presente nel nostro Paese, dove viene
esclusa la popolazione della fascia d’età over 60.
Questa seconda giornata di lavori si è quindi conclusa con una tavola rotonda dedicata
all’accelerazione digitale avvenuta, che ha visto gli interventi di: Gianluca Diegoli, Marketing
Consultant & Adjunct Professor di IULM; Nicola Gatti, Co-Direttore dell’Osservatorio
sull’Intelligenza Artificiale del Politecnico di Milano; Emanuela Girardi, Founder, Pop AI e
Membro del Direttivo di AIxIA.

L’evento ha visto la partecipazione ed il supporto di importanti partner come:
Ales Market Research, Bilendi, Blogmeter, Cint, Demetra opinioni.net, Dynata, Emotiva,
Eumetra, FFIND, Fieldgood, GFK, MIS Group, Nextplora, Nielsen, Norstat, Semrush, SWG,
Teleperformace KS e Toluna.

Lefac.com in qualità di technical partner, e Doppia Elica per le attività di ufficio stampa, oltre a
Confindustria Intellect ed Esomar in qualità di enti patrocinatori..

Importanti anche i media partner dell’evento: Il Sole 24 Ore, Daily Media, Distribuzione
Moderna, Green Retail, Technoretail e ovviamente noi di Smart Marketing che abbiamo
partecipato per il secondo anno consecutivo a questo importantissimo forum.

  Per tutti gli aggiornamenti Assirm invita a consultare il sito assirmforum.it e a seguire i canali
  social dell’Associazione: Twitter, LinkedIn e YouTube. Gli hashtag ufficiali dell’evento sono
  #MRF21 e #ForumDellaConoscenza.

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“Human Capital: Driver for Innovation” è
il tema scelto per i Digital Innovation Days
2021
Nel periodo di lockdown e di crisi pandemica, le persone sono state costrette a cambiare
drasticamente la propria quotidianità e hanno dovuto modificare molti dei loro comportamenti e
delle loro abitudini, soprattutto in ambito lavorativo. Il digitale e le nuove tecnologie sono stati, e
sono tuttora, strumenti imprescindibili per poter garantire il superamento dei limiti legati alla
distanza e per preservare le relazioni umane e professionali. La tecnologia ha quindi giocato un
ruolo fondamentale e straordinario nell’affrontare l’emergenza: la dimensione digitale si è inserita
sempre di più nelle nostre vite, dando vita ad una vera a propria commistione tra vita off line e on
line, la cosiddetta “vita Onlife”.

  Il Digital Innovation Days, l’evento italiano più atteso del mondo digital, ritorna anche quest’anno
  con un’edizione innovativa! Le quattro giornate di evento, che avrà luogo dal 10 al 13 novembre
  2021, infatti si svolgeranno in versione phygital, ovvero in parte dal vivo e in parte online, e
  saranno incentrate sui quattro pillar fondanti del brand: Digitale, Innovazione, Sostenibilità e In-
  Formazione. L’evento, che vedrà alternarsi speech frontali, tavole rotonde, workshop e altre
  iniziative, si svolgerà il 10 e l’11 novembre dal vivo a Milano e il 12 e 13 novembre in modalità
  online.

“Non esistono macchine intelligenti senza uomini intelligenti. È a partire da questa convinzione –
spiega Giulio Nicoletti, organizzatore dell’evento – che è nata l’idea di questa nuova edizione del
Digital Innovation Days. Dietro ogni grande innovazione c’è sempre un uomo che l’ha ideata,
progettata e realizzata. Ri-partiamo dunque dal ‘capitale umano’, inteso nella sua accezione più
ampia e dunque comprensiva degli aspetti valoriali e identitari delle persone, per ri-costruire, con il
supporto del digitale e delle tecnologie, il nostro futuro. Pensiamo ad una piena integrazione fra
mondo reale e digitale per il rilancio economico e sociale delle nostre comunità”.

Dal vivo sarà possibile seguire gli interventi dei relatori che saliranno sul palco nella Sala
Principale, disponibili anche in live streaming sulla nostra piattaforma, e le presentazioni della Sala
Workshop. Sulla piattaforma digitale dell’evento si potrà assistere anche agli interventi che
si terranno nelle Sale tematiche, quest’anno ampliate nel numero e dedicate a: Social Media,
Influencer Marketing, Branding & Content, Web Marketing, E-commerce, Sostenibilità, Innovation &
Emerging Tech, Food Tech, Health Tech, Fintech, Startup e In-Formazione. Anche in questa edizione
ogni sala vedrà la presenza di un moderatore, scelto tra i professionisti italiani più influenti del
settore.

Sul palco saliranno oltre 200 speaker, selezionati tra i professionisti più influenti dei relativi
settori, e anche tanti ospiti internazionali, tra cui Martin Lindstrom, Guru internazionale del
neuromarketing e autore di best seller.
“Siamo molto felici – continua Nicola Nicoletti, COO dell’evento – di poter ospitare sul nostro palco
uno dei più grandi esperti di neuromarketing del mondo. La conferma della sua partecipazione ha
contribuito ad aumentare l’entusiasmo che già caratterizzava questa edizione. La situazione legata
al Covid-19 e le restrizioni dei mesi scorsi hanno certamente rallentato la fase organizzativa, ma,
nonostante tutto, i numeri eccellenti della scorsa edizione (2048 partecipanti, 152 speech e 63h di
live, completamente in digitale), uniti alla voglia di ripartenza e di condivisione, ci stanno dando
grande forza ed energia. Anche i risultati registrati fino ad ora sono ottimi, con tanti relatori e tante
aziende che hanno creduto in noi e scelto di essere dei nostri”.

Smart Marketing è felice di essere media partner dell’edizione del 2021 dei
Digital Innovation Days 2021 dedicati al tema “Human Capital: Driver for
Innovation”. L’evento, che vedrà alternarsi speech frontali, tavole rotonde,
workshop e altre iniziative, si svolgerà il 10 e l’11 novembre dal vivo a Milano e il
12 e 13 novembre in modalità online. Per i nostri lettori è previsto uno sconto
del 20% sul prezzo del biglietto online: smartmarketing20 è il codice
promozionale da inserire.

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Effetto Covid sul marketing della
cosmetica
Abbiamo già constato quanto il Covid abbia influenzato i vari comparti della nostra vita, e tra questi,
non ne è esente nemmeno il settore della cosmetica. I lockdown, così come l’uso della mascherina
protettiva, hanno lenito la necessità di alcuni prodotti, e aumentato il bisogno di altri.

La cosmetica italiana ha risentito, nel 2020, di una flessione pari al 10,2% di fatturato, rispetto
all’anno precedente, con un calo delle esportazioni del 16,7%. Nonostante i dati poco confortanti, gli
esperti restano positivi circa l’andamento futuro, “Il cosmetico resta un bene indispensabile” spiega
Renato Ancorotti, Presidente di Cosmetica Italia (Associazione Nazionale Imprese
Cosmetiche), “e le prospettive di ripresa per il 2021 sono legate alla natura anticiclica del
comparto, il percorso sarà solo più lungo del previsto, torneremo ai livelli del 2019 ma non prima del
2022”, e ancora, “le imprese sentono da un lato la spinta alla ripartenza, dall’altro hanno però
bisogno di nuove e solide condizioni per potersi realizzare, accompagnate da un piano governativo
capace di affiancare, anche in termini di Made in Italy, sul piano dell’innovazione, della
digitalizzazione e dello sviluppo sui mercati esteri”.

Quali sono stati i prodotti top e flop dell’ultimo anno?
Secondo i dati del rapporto 2021 del Centro Studi Cosmetica Italia, rispetto all’anno pre-
pandemia si registra una diminuzione degli acquisti delle creme antiage -10,7%, degli struccanti -
13,9%, dei profumi -21,5%, del make up in generale, e, nello specifico -28,9% di vendite dei prodotti
trucco viso e -30,5% dei prodotti per le labbra. I prodotti occhi sono stati preferiti a quelli labbra, a
conferma che la mascherina protettiva ha dettato nuove regole sulle abitudini del maquillage
quotidiano.

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