PROSPETTIVE ETICHE SULLE CELLULE STAMINALI E SUL LORO UTILIZZO NELLE TECNICHE DI CLONAZIONE TERAPEUTICA E RIPRODUTTIVA

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PROSPETTIVE ETICHE SULLE CELLULE STAMINALI E SUL LORO UTILIZZO NELLE TECNICHE DI CLONAZIONE TERAPEUTICA E RIPRODUTTIVA
La biologia dello sviluppo vive oggi un periodo particolarmente felice. La genetica e la biologia
cellulare hanno messo a disposizione degli embriologi un bagaglio di conoscenze e tecniche che
permettono di affrontare, e molto probabilmente risolvere, quesiti che per decenni sono rimasti
                                                                                                        PROSPETTIVE ETICHE SULLE
senza risposta. Tra questi, il più avvincente riguarda le modalità con cui avviene il processo di
differenziamento cellulare durante l'embriogenesi. Dopo quasi un secolo di ricerche conosciamo
meglio le dinamiche del differenziamento cellulare, anche se ci sfuggono ancora quelle dello
                                                                                                         CELLULE STAMINALI E SUL
sviluppo dell'embrione. In questo breve saggio l'autore, Adriano Sofo, biotecnologo presso
l'Università degli Studi della Basilicata, discute sulle implicazioni etiche che sempre più in futuro
coinvolgeranno non solo i ricercatori e gli utenti di tali biotecnologie, ma anche il mondo politico,
                                                                                                           LORO UTILIZZO NELLE
giuridico, scientifico, economico, sociale e teologico.
                                                                                                         TECNICHE DI CLONAZIONE
                                                                                                             TERAPEUTICA E
                                                                                                              RIPRODUTTIVA

                                                                        ISBN 978-1-291-11055-5
                                                                                                90000

                                                                          9 781291 110555                                 Adriano Sofo
PROSPETTIVE ETICHE SULLE CELLULE STAMINALI E SUL LORO UTILIZZO NELLE TECNICHE DI CLONAZIONE TERAPEUTICA E RIPRODUTTIVA
INDICE

Introduzione……………………………………………………………………………………………………3 3
       Cellule staminali: una prospettiva promettente per la cura di gravi malattie degenerative umane………3

Lo status dell’embrione umano…………………….. …………………………………………………………..7
       Definizione di “persona”.…………………….. ……………………….. ……………………….. …….. 7
       Lo status giuridico dell’embrione umano nel diritto internazionale……………………….…….………10
       Embrioni e clonazione……………………………………………………………………………………11
       Problemi e domande sollevate dalle tecniche di clonazione………………………………………………
                                                                                 15

Valutazione etica della ricerca sulle cellule staminali e sulla clonazione terapeutica.…………………….. 17
       Embrioni soprannumerari prodotti mediante fertilizzazione in vitro per scopi riproduttivi………..…. 17
       La proibizione della creazione di embrioni umani per gli scopi di ricerca……………………………. 20
       Altre fonti per la derivazione di cellule staminali umane per la ricerca……………….………………. 28

Gli aspetti legislativi della clonazione……………………………………………………………………………
                                                                    34
       La legislazione statunitense: il dibattito è in corso……………………………………………………….34
      Ancora più restrittiva la legislazione europea…………………………………………………………….35

Conclusioni…………………………………………………………………………………………………….. 38

Bibliografia……..……………………………………………………………………………………………… 40
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Introduzione                                                                                             A. Sofo

1.      INTRODUZIONE

        La biologia dello sviluppo vive oggi un periodo particolarmente felice. La genetica e la biologia
cellulare hanno messo a disposizione degli embriologi un bagaglio di conoscenze e tecniche che permettono di
affrontare, e molto probabilmente risolvere, quesiti che per decenni sono rimasti senza risposta. Tra questi, il più
avvincente riguarda le modalità con cui avviene il processo di differenziamento cellulare durante l'embriogenesi.
In effetti, il Novecento è stato caratterizzato da grandi scoperte che hanno costituito un momento di svolta per le
conoscenze embriologiche. Dopo quasi un secolo di ricerche conosciamo meglio le dinamiche del
differenziamento cellulare, anche se ci sfuggono ancora quelle dello sviluppo dell'embrione. Il rapido sviluppo
della ricerca sulle cellule staminali e sulla cosiddetta “clonazione terapeutica” ha fatto si che l’applicazione di
queste biotecnologie sia ormai divenuta realtà applicabile anche sugli uomini. E’ quindi necessario e doveroso
discutere le implicazioni etiche che sempre più in futuro coinvolgeranno non solo i ricercatori e gli utenti di tali
biotecnologie, ma anche il mondo politico, giuridico, scientifico, economico, sociale e teologico.
        Una definizione comunemente accettata di “cellula staminale” è quella di una cellula che possiede la
capacità di auto-rinnovamento illimitato o prolungato, cioè di riprodursi a lungo senza differenziarsi, e la
capacità di dare origine a cellule progenitrici di transito, con capacità proliferativa limitata, dalle quali
discendono popolazioni di cellule altamente differenziate (nervose, muscolari, ematiche, ecc.). Da circa 30 anni
queste cellule hanno costituito un ampio campo di ricerca sia in tessuti adulti, sia in tessuti embrionali e in
colture in vitro di cellule staminali embrionali di animali da esperimento, ma l'attenzione pubblica ad esse è stata
richiamata recentemente da un nuovo traguardo raggiunto: la produzione di cellule staminali embrionali umane.

1.1.    Cellule staminali: una prospettiva promettente per la cura di gravi malattie degenerative umane

        In questi ultimi anni la medicina ha scoperto un nuovo filone, molto promettente, per curare alcune gravi
malattie degenerative, come il morbo di Parkinson, la sclerosi multipla o la corea di Huntington. Si tratta di
sfruttare le enormi potenzialità delle cellule staminali per produrre nuovi tessuti in sostituzione di quelli
danneggiati. Le cellule staminali sono cellule dotate di una elevata capacità di divisione e in grado di
differenziarsi nei vari tessuti. Nelle prime fasi dello sviluppo embrionale sono “totipotenti”, cioè possono creare
qualsiasi tipo di tessuto definitivo: cuore, muscoli, ossa, cervello. Dopo la nascita, il nuovo essere vivente
continua a possedere numerose cellule staminali sparse un po' ovunque nel suo corpo, ma esse perdono la
“totipotenza” e diventano sempre più capaci di formare quei tessuti ai quali appartengono.
        Le cellule staminali possono essere derivate da tessuti di adulti (ad esempio midollo osseo), cellule
tessutali adulte riprogrammate per comportarsi come cellule staminali; sangue proveniente da cordone
ombelicale; placenta; feti abortiti ed embrioni in fase precoce di sviluppo (siano essi cosiddetti embrioni

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Introduzione                                                                                               A. Sofo

soprannumerari prodotti via fertilizzazione in vitro per scopi riproduttivi, embrioni creati specificamente per la
ricerca o embrioni creati inserendo il nucleo prelevato da una cellula adulta nella cellula di un ovulo enucleato,
cioè mediante trasferimento somatico cellulare nucleare, il cui acronimo in inglese è TNSA). Nei mammiferi, le
cellule staminali pluripotenti sono presenti quindi nella massa di cellule del nodo embrionale della blastocisti
nelle fasi preimpianto, nell'embrione e nel feto durante lo sviluppo e si ritrovano persino nell'individuo adulto,
anche se solo in alcuni precisi distretti dell'organismo. Avere a disposizione cellule staminali significa poter
creare in laboratorio i tessuti e gli organi irrimediabilmente lesi; se poi queste cellule vengono estratte da un
embrione, tali interventi sono ancora più facili e sicuri. Per questo gli scienziati chiedono di poter utilizzare le
cellule staminali degli embrioni congelati, conservati in azoto liquido in attesa di un eventuale impianto in un
utero materno. La maggior parte di questi embrioni non diventerà un uomo, ma è destinata alla distruzione.
Perché allora non usarli per salvare vite? Dopo il pronunciamento favorevole all'uso degli embrioni congelati da
parte della Gran Bretagna e degli Stati Uniti, l'Italia ha affidato la decisione a una Commissione speciale formata
da 25 esperti di scienza ed etica, presieduta dal Nobel Dulbecco. I punti principali della relazione finale di
Dulbecco hanno messo in evidenza che:

       l’utilizzo delle cellule staminali potrà portare a metodi di trattamento per circa 10 milioni di pazienti;
       l’efficacia terapeutica e il miglioramento della qualità della vita influenzeranno le scelte strategiche della
        ricerca biomedica e potranno modificare la politica sanitaria dei prossimi decenni;
       operare scelte strategiche in questo campo significa portare il nostro Paese all’avanguardia nel settore
        biomedico.

                     Senza formazione dell’embrione            Attraverso la formazione dell’embrione
                           (secondo Dulbecco)                           (secondo Donaldson)

                                 Citoplasto

                                                                             Oocita fecondato
                              Trasferimento del
                              nucleo somatico
                                                                    Morula
                                  Cellule staminali

                                                              Blastula

                                 Figura 1. Produzione di cellule staminali pluripotenti.

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Introduzione                                                                                                          A. Sofo

                             Figura 2. Trasferimento nucleare di cellule somatiche (TNSA).

Quantità e qualità delle cellule staminali in rapporto alla sorgente (secondo la Commissione Dulbecco)
   Sorgente delle cellule staminali                         Quantità                                    Qualità
                Embrionale                                    OOO                                         O
                   TNSA                                       OOO                                       OOO *
               Tessuto fetale                                  OO                                         O
          Cordone ombelicale                                     O                                        O
               Cellule adulte                                    O                                      OOO *
 * Se provenienti dal paziente stesso cui è destinato il trattamento.

Accettabilità etica (secondo la Commissione Dulbecco)
               Sorgente delle cellule staminali                             Posizione della Commissione (25 membri)
                                                                                   Accettabile (18/25 membri)
                           Embrionale
                                                                                  Inaccettabile (7/25 membri)
                                TNSA                                                      Accettabile
                          Tessuto fetale                                                  Accettabile
                     Cordone ombelicale                                                   Accettabile
                         Cellule adulte                                                   Accettabile

         La Commissione presieduta da Dulbecco ha concluso che la ricerca su tutte le fonti di cellule staminali
va favorita e sostenuta, con l’istituzione di un Progetto Nazionale di Ricerca sulle cellule staminali dotato di un
organismo tecnico con il compito di formulare linee guida di sviluppo della ricerca, monitorare l’andamento

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Introduzione                                                                                                A. Sofo

della ricerca e, infine, valutare e approvare protocolli di ricerca clinica. Inoltre, sempre secondo la Commissione:

        la nuova tecnica di trasferimento nucleare per la produzione di cellule staminali autologhe (TNSA) va
         sostenuta e sviluppata perché offre la prospettiva di risolvere le esigenze quantitative e qualitative e
         soddisfa l’ammissibilità etica;
        non devono essere creati embrioni a scopo di ricerca. La derivazione di cellule staminali da embrioni
         dovrebbe essere consentita solo da embrioni soprannumerari e crioconservati;
        è necessario fare un inventario degli embrioni conservati nelle varie Istituzioni del Paese. Sono
         necessarie norme legislative che assicurino una adeguata protezione dell’embrione.

         La preparazione di cellule staminali embrionali umane (ES, ESc, Embryo Stem Cells) implica oggi: a) la
produzione di embrioni umani e/o la utilizzazione di quelli soprannumerari da fecondazione in vitro o
crioconservati; b) il loro sviluppo fino allo stadio di iniziale blastocisti; c) il prelevamento delle cellule
dell'embrioblasto o massa cellulare interna (ICM); d) la messa in coltura di tali cellule su un strato di fibroblasti
di topo irradiati e in terreno adatto, dove si moltiplicano e confluiscono fino alla formazione di colonie; e)
ripetute messe in coltura delle cellule delle colonie ottenute, che portano alla formazione di linee cellulari capaci
di moltiplicarsi indefinitamente conservando le caratteristiche di cellule staminali (ES) per mesi e anni. Queste,
tuttavia, costituiscono soltanto il punto di partenza per la preparazione delle linee cellulari differenziate, ossia di
cellule le quali possiedono le caratteristiche che assumono nei diversi tessuti.
         L’autorizzazione alla creazione, attraverso la cosiddetta “clonazione terapeutica”, di embrioni umani
clonati da destinare alla ricerca sulle cellule staminali è stata recentemente suggerita dal Rapporto Donaldson
(1); questo ed altri documenti talora preferiscono utilizzare l’espressione “sostituzione di nucleo cellulare” (cell
nuclear replacement) al posto di “clonazione terapeutica” (Figure 1 e 2), ma in ciascuno di essi non è mai venuto
meno l’esplicito riferimento alla generazione di un embrione umano, seppure ai primi stadi del suo sviluppo,
quale esito ineludibile di tale procedura. A fronte di questo atto clonatorio e delle sue conseguenze sull’embrione
umano, il giudizio morale del Vaticano e di molti laici è di assoluta inaccettabilità in quanto “l’uso degli
embrioni o dei feti umani come oggetto di sperimentazione costituisce un delitto nei riguardi della loro dignità di
esseri umani, che hanno diritto al medesimo rispetto dovuto al bambino già nato e ad ogni persona” (2, 3).
         Ovviamente, non è ancora possibile porre a confronto i risultati terapeutici ottenuti e ottenibili
utilizzando le cellule staminali embrionali e le cellule staminali adulte. Per le seconde sono già in corso, da parte
di varie ditte farmaceutiche, delle sperimentazioni cliniche che lasciano intravedere buoni successi e aprono serie
speranze per un futuro più o meno prossimo. Per le prime, anche se vari approcci sperimentali danno segnali
positivi, la loro applicazione in campo clinico - proprio per i gravi problemi etici e legali connessi - richiede una
seria riconsiderazione e un grande senso di responsabilità davanti alla dignità di ogni essere umano.
2.       LO STATUS DELL’EMBRIONE UMANO

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Lo status dell’embrione umano                                                                              A. Sofo

        Al fine di applicare i principi etici che il ricercatore è tenuto a rispettare nella ricerca biomedica sulla
persona umana occorre rispondere alla domanda: l’embrione umano è una persona umana? Nel caso lo fosse, è
illecito usarlo per la ricerca non-terapeutica in cui viene distrutto, perché tale ricerca viola il principio del
rispetto della vita umana, il principio del rispetto della dignità umana e il principio del primato del bene
dell’individuo sul bene della società .

2.1.    Definizione di “persona”

        Engelhardt scrive: “Ciò che distingue le persone è la loro capacità di essere autocoscienti, razionali, e
meritevoli di responsabilità e di lode” (4). Ad ogni modo, considerando la definizione di Boezio, maggiormente
accettata, la persona è “una sostanza individuale dalla natura razionale” (5). Ci sono tre elementi in questa
definizione. La prima è la sostanza, la seconda è l’individualità e la terza è la razionalità. La questione da porre a
questo punto è: l’embrione umano è sostanza, è individuo ed è razionale? Come vediamo bene, il punto nodale
della questione si incentra sulla necessità di stabilire in quale momento la cellula fecondata diventa individuo e
poi eventualmente persona, e dunque un soggetto di diritto, ovvero se l’embrione debba essere considerato una
persona sin dal suo concepimento o solo in una fase successiva del suo sviluppo. Nel mondo antico persona era il
soggetto di diritti giuridici, contrapposto allo schiavo che ne era privo. La filosofia moderna, pur dando
maggiore specificità alla nozione, l’ha identificata con la coscienza di sé, facendo risiedere così l’identità
dell’individuo nelle funzioni più elevate, come il cervello e la mente, e non nel suo intero organismo.
        Non possiamo comprendere la terminologia “persona” senza prima chiarire il concetto della
terminologia “sostanza” perché la persona è fondamentalmente una sostanza. Ma che cosa significa una
sostanza? Etimologicamente, la parola “sostanza” viene da due parole latine “sub” che vuole dire “sotto” e
“stare” che significa “stare (in piedi)” Aristotele, nella sua “Metafisica”, definendo la sostanza, afferma che
“quello che sta alla base di una cosa, primariamente, è ritenuto essere in senso stretto la sua sostanza”. La
sostanza, come definita dal punto di vista filosofico, è quello che sta sotto e supporta gli accidenti e su cui gli
accidenti ineriscono. In base a questi ragionamenti, l’embrione umano è una sostanza, in quanto non manifesta
ancora gli accidenti tramite i quali la persona è di solito riconosciuta (per esempio, l’autocoscienza, la relazione,
la sensazione, ecc.) ma questa mancanza si spiega con il fatto che gli organi necessari per il loro esercizio non
sono ancora sviluppati. Perciò per quanto riguarda l’embrione umano la mancanza di questi accidenti non è la
privazione, né di sostanza dell’embrione umano, né di questi accidenti che manifestano questa sostanza, ma
solamente una mancanza temporanea. Tutte le definizioni della persona che fanno riferimento solamente agli
accidenti della sostanza della persona (per esempio, la autoconsapevolezza, la relazione, il ragionamento ecc)
non possono ritenersi corrette perché eliminano alcune persone umane tra le quali gli embrioni umani dalla
categoria delle persone.

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Lo status dell’embrione umano                                                                             A. Sofo

        La seconda domanda è: l’embrione umano è individuale? Cioè ha l’individualità? L’individualità è
definita come “la qualità di essere individuo”, cioè un singolo. Alcuni autori negando che l’embrione sia una
persona umana argomentano che poiché l’embrione umano è dotato della caratteristica biologica della
totipotenza (perciò esso può dividersi e può essere diviso in due o più parti e ogni parte può svilupparsi date le
necessarie condizioni) fino a diventare una persona umana, perciò l’embrione umano non è un individuo e
conseguentemente non è una persona umana, perché una persona umana è indivisibile, è un individuo. Fino a
quando esiste questa possibilità - prima dell’impianto nell’utero quando appare nell’embrione la stria primitiva,
che è il punto invalicabile della gemellarità - non possiamo affermare che abbiamo di fronte un individuo e
perciò una persona umana. Altri autori, invece, argomentando contro l’individualità dell’embrione umano,
affermano che, sebbene l’embrione abbia unità biologica e organizzazione, il blastomero può essere diviso in
due parti, ciascuna delle quali può diventare un altro organismo; cioè è divisibile e le sue parti possono diventare
esseri interi (6). Tale organismo è per definizione un “non individuo”. Un individuo è letteralmente indivisibile,
oppure se é diviso, non c’è più. (6)
        Alcuni autori ritengono che ritengono che prima del 14° giorno dal momento della fecondazione non si
possa attribuire all’embrione lo statuto di individuo biologico (7), in quanto è a partire da questa data che si
completa l’impianto dell’ovulo fecondato e si evidenzia la comparsa della linea primitiva che indicherebbe
l’avvenuta differenziazione tra le cellule destinate a costituire l’embrione vero e proprio e quelle che formeranno
invece i tessuti placentari e protettivi. Secondo questi autori, prima del 14° giorno è più corretto parlare di “pre-
embrione”, sul quale non è escluso che la ricerca possa operare la sperimentazione, trattandosi sì di vita umana,
ma comunque di vita non ancora individuale. Tutti gli autori che negano che l’embrione umano sia una persona,
fondano il loro argomento sulla possibilità della sua divisione e usando questa possibilità come la premessa
maggiore concludono che l’embrione umano non è di fatto una persona. Però, il fatto che l’embrione umano
possa dividersi e possa essere diviso è solamente una possibilità. Essendo una possibilità, ciò può succedere per
esempio quando per natura abbiamo la gemellarità o quando l’embrione viene diviso in due o più parti da
qualcuno, ma ciò potrebbe anche non succedere. Quindi, normalmente, a partire dalla fecondazione e in ogni
momento attuale dell’embrione umano, siamo di fatto davanti ad un embrione individuale. La divisione
dell’embrione, infatti, è comunque una eccezione, perché il 99-99,6% degli zigoti si sviluppano come un unico
organismo. Secondo il principio legale, l’eccezione costituisce non soltanto un’affermazione della regola, ma
anche una prova della regola. Poiché di fatto gli embrioni di solito non si dividono, si può concludere che la
totipotenza non è opposta alla individualità. In conclusione, il fatto che l’embrione umano possa dividersi e
possa essere diviso a causa della sua totipotenza, rappresenta solamente una possibilità ma non ne consegue che
di fatto sia diviso. Poiché non è diviso, concludiamo che l’embrione è un individuo.
        Per quanto riguarda la terza caratteristica della persona, la razionalità, è necessario precisare che,
secondo la definizione di Boezio, quello che conta non è che la persona abbia la razionalità nel senso che debba
esercitarla attualmente, ma è sufficiente per essere persona che la entità sia dotata di una natura razionale. La

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domanda che sorge è: l’embrione umano ha natura razionale? Poiché biologicamente è dotato di patrimonio
genetico umano, l’embrione umano non può non avere una natura razionale dato che tutti gli esseri della specie
umana hanno natura razionale. Il fatto che l’embrione umano non eserciti ancora la razionalità è dovuto non alla
privazione della natura e capacità razionale, ma alla mancanza temporanea dell’esercizio di quella capacità a
causa dell’immaturità dello sviluppo dell’organo cerebrale necessario per l’esercizio di tale funzione. Perciò, il
fatto che non verifichiamo l’esercizio di tale funzione da parte dell’embrione umano non vuol dire che
l’embrione umano non possiede la natura razionale: quando gli organi necessari per esercizio di tale funzione si
saranno sviluppati, certamente l’embrione umano eserciterà la razionalità.
        La conclusioni che possono essere tratte sono quindi due. La prima è che l’embrione umano è una
sostanza, ha individualità e ha natura razionale, perciò è una persona, oltre che individuo, e di conseguenza ha un
valore assoluto e intangibile. La tesi dell’embrione come persona è naturalmente avvallata dai cattolici, ma
anche da eminenti studiosi quali Hans Jonas, autore fra l’altro di numerosi saggi di bioetica, il quale, nel
tentativo di determinare i fondamenti biologici della soggettività, arriva addirittura ad affermare che essa deve
essere considerata un fenomeno organico correlato al metabolismo, fenomeno che è rintracciabile già nella
organizzazione nucleare della singola cellula. La seconda ipotesi, più complessa e critica, afferma che
l’embrione umano non ha tutti i diritti di una persona, pur essendo un individuo. Il momento della nascita, infatti,
non è un semplice passaggio anatomico del feto, ma instaura una dimensione decisiva della persona che è la sua
“storicità”. Ora, il feto è certamente individuo perché distinto dalla madre, ma non possiede una propria storia ed
un suo tempo se non a partire dal momento della nascita. Anche essendo portatore di potenzialità tipiche di una
futura persona, tra cui la “linguisticità” legata alla sua storicità - dal momento che “la semantica è una storia ed è
una storia”, come ha scritto il genetista Edoardo Boncinelli nel suo saggio “Il cervello, la mente e l’anima” - è
pur vero che l’embrione non è una persona perché non è in rapporto continuo con la comunità
(Durante la gravidanza le due soggettività coesistenti della madre e dell’embrione sono
inadeguatamente distinte: l’embrione, infatti, fa parte della diade “embrione-madre” ma dipende completamente
da quest’ultima. Secondo questa ipotesi, quindi, l’embrione non ha una propria storicità perché non fa parte di
una determinata “comunità di parlanti che deve più o meno tacitamente stipulare e rispettare una convenzione
linguistica”, come scrive Boncinelli.
        Da quanto detto, l’embrione, almeno per quel che concerne il periodo che va dal concepimento al 14°
giorno dalla fecondazione, è alla ricerca di una identità che deciderà del suo destino. E’ in gioco infatti la
possibilità di farne oggetto di sperimentazione, oppure di utilizzarlo per il prelievo e il trapianto di cellule e di
tessuti o, addirittura, per la creazione di ibridi e di chimere. Problemi questi che non possono essere delegati alla
sola deontologia medica e sui quali è necessario esercitare una profonda riflessione critica.
2.2.    Lo status giuridico dell’embrione umano nel diritto internazionale

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         Nonostante molti cattolici ritengono che non esiste una differenza tra lo status biologico dell’embrione
umano, il suo status filosofico e il suo status giuridico, poiché si tratta della stessa persona dal momento della
fecondazione fino al momento adulto, di fatto gli Stati generalmente fanno distinzione tra lo status giuridico
dell’essere umano prima della nascita e dopo la nascita. La persona, costituzionalmente parlando, in molti Stati è
il “nato”. Nell’ordinamento giuridico di molti Stati, infatti, la nascita segna l’inizio della persona umana (ad es.
Art. 1 Codice Civile Italiano) ma è anche vero che ci sono altri provvedimenti negli ordinamenti penali e civili
degli Stati i quali sostengono che il nascituro gode di una personalità giuridica (ad es. Art. 1 della Legge 40/2004
sulla fecondazione assistita, Art. 462 del Codice Civile italiano e Art. 32 della Costituzione italiana). Ad ogni
modo, nel diritto internazionale esistono molti argomenti per sostenere la posizione che l’embrione umano sia
dotato di diritti tra i quali è il diritto alla vita (8). Per esempio:
         1) L’articolo 6 paragrafo 5 del patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966 sancisce che la
pena capitale non può essere eseguita sulla donna incinta (9). La ragione di questo divieto è ovviamente per
proteggere il nascituro, un essere umano che è innocente.
         2) Nei codici penali di tanti stati l’aborto è di regola proibito e penalizzato (10). E’permesso in alcuni
stati soltanto per certe ragioni; il che vuol dire che l’aborto è solamente un’eccezione alla regola, che è la tutela
della vita del nascituro. Perciò si può concludere che secondo il principio generale riconosciuto dagli stati e che
costituisce una delle fonti del diritto internazionale, la vita del nascituro è indirettamente tutelata
nell’ordinamento giuridico internazionale.
         3) Nel codice civile di molti stati viene riconosciuta al nascituro una certa personalità giuridica per il
fatto che la legge gli riconosce il diritto di ereditare, di ricevere donazioni e di succedere (11).
         4) I documenti finali di diverse conferenze sulle popolazioni tenutesi finora sono coerenti nel rifiutare
l’impiego dell’aborto quale metodo per il controllo della nascita da parte degli stati (12). Anche se i documenti
di queste Conferenze non godono di statuto giuridico, esprimono comunque la coscienza giuridica degli stati
partecipanti e possono servire per interpretare altri documenti giuridici internazionali in cui la vita umana è
tutelata: per esempio articolo 6 del patto internazionale sui diritti civili e politici.
         5) Il paragrafo 1 dell’articolo 4 della Convenzione Americana sui diritti umani sancisce: “Ogni persona
ha il diritto che sia rispettato il suo diritto alla vita. Questo diritto deve essere protetto dalla legge, e, in genere,
dal momento della fecondazione…” (13).
         6) Nella sua opinione, la Commissione per i diritti umani di Strasburgo ha dichiarato: “La gravidanza
non può essere ritenuta appartenere unicamente alla sfera della vita privata della donna. Qualora una donna sia
incinta la sua vita privata diviene connessa con il feto che sviluppa” (14).
         La conclusione che possiamo trarre da quanto sopra detto per quanto riguarda lo status giuridico
dell’embrione umano è che, direttamente o indirettamente, nell’ordinamento giuridico internazionale l’embrione
umano è riconosciuto come un soggetto del diritto.

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2.3.    Embrioni e clonazione riproduttiva

        Il mondo scientifico è stato invaso in questi ultimi tempi da quello che si potrebbe definire un vero e
proprio ciclone: “il ciclone della clonazione”. È vero, infatti, che i primi esperimenti, in questo campo, risalgono
al 1973, ma è solo in questi ultimi tempi che essi hanno sortito risultati davvero sconvolgenti. Per la prima volta
infatti, è nato e sopravvissuto un animale clonato a partire da cellule adulte: si tratta di Dolly la pecora nata al
Roslin Institute, un centro di genetica animale vicino a Edimburgo (Figura 3). Dolly rappresenta senza dubbio il
risultato più recente ma anche più rivoluzionario nell’ambito della tecnica del clonaggio. Prima di chiarire in che
cosa consista il carattere rivoluzionario di questo esperimento, occorre capire che cosa si intende, nel mondo
scientifico, con il termine di clonazione. I ricercatori del Roslin Institute hanno preso alcune cellule provenienti
dalla ghiandola mammaria di una pecora, cellule verosimilmente differenziate cioè aventi ognuna funzioni ben
precise e le hanno messe in coltura, cioè le hanno dissociate e poste in condizioni di potersi dividere. In seguito
hanno sottoposto queste cellule ad un trattamento speciale: l’affamamento, hanno cioè tolto loro i nutrienti.
Dopodiché hanno prelevato il nucleo della cellula della pecora donatrice e lo hanno inserito nell’ovocita di
un’altra pecora con caratteristiche diverse da cui era stato preventivamente tolto il nucleo. A questo punto è nata
una pecora che aveva le caratteristiche somatiche della pecora che ha dato il nucleo (Figura 2).
        L’esperimento è importante perché rompe una credenza assai consolidata nel mondo scientifico: fino a
poco fa si è creduto che mentre era possibile riprodurre una pianta per talea, cioè da un organo di una pianta
ottenere un’altra pianta, nel caso di un mammifero, invece, questo tipo di riproduzione non sarebbe stata
possibile. Agli inizi degli anni ‘70 alcuni esperimenti condotti sulle rane avevano dimostrato l’impossibilità di
riprodurle partendo dal nucleo di cellule differenziate di un’altra rana. L’esperimento condotto al Roslin
Institute, invece, è giunto per la prima volta a cancellare queste modificazioni attraverso un meccanismo peraltro
del tutto ignoto. Certamente la notizia che si possa ricostituire un mammifero partendo da una cellula
differenziata è senza dubbio di grande portata. Ma si è sollevato sull’argomento un clamore davvero esagerato
soprattutto in relazione ai rischi e ai pericoli che ne potrebbero derivare.
        Subito dopo l’esperimento di Dolly, negli Stati Uniti Bill Clinton “sconvolto dai risultati ottenuti in
Scozia” ha tagliato i fondi per la ricerca. Per il Vaticano è stata un'aberrazione che va contro il piano creativo di
Dio (cosa che si potrebbe mettere in discussione visto che, secondo la Bibbia, nel potere donato da Dio all'uomo
e alla donna di dominare la terra, rientrerebbe anche la facoltà di intervenire sulla natura e sui processi
riproduttivi degli stessi animali). Da un media dei risultati di sondaggi effettuati dai giornalisti, alla domanda
“Secondo lei è giusto fermare gli esperimenti sulla clonazione animale?” il 75% degli intervistati ha risposto
“sì”, il 25% “no”. C'è anche chi si è dichiarato a favore di tali esperimenti come Dulbecco, il quale ritiene che gli
esperimenti nel campo della clonazione animale possano offrire importanti vantaggi e contribuire ad accrescere
le nostre conoscenze. Se è necessario pronunciarsi sul diritto degli scienziati di continuare ad indagare i segreti
della biologia e a compiere esperimenti in questo campo, ci sembra di poter dire che non si dovrebbero fermare

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la ricerca e la scienza, ma si dovrebbe fare in modo che coloro che vi si dedicano si fermino a riflettere sulle
finalità e sui limiti del proprio lavoro.

                 Figura 3. I ricercatori del Roslin Institute con le pecore clonate Dolly e Polly.

        In realtà gli esperimenti di clonazione non vanno demonizzati in blocco. Esistono, infatti, vari tipi di
clonazione. Inoltre c’è da sottolineare il fatto che la comunità scientifica non è affatto insensibile agli aspetti
etico-sociali di pericolo sull’ambiente legati alle nuove scoperte. Per confermare ciò basti pensare che nel ‘73,
dopo il primo esperimento di clonaggio molecolare, si è tenuta una conferenza ad Asilomar in cui si è pensato di
fare una moratoria su questi esperimenti. Sull’onda di Asilomar è poi seguito in America un grosso dibattito che
ha portato alla formulazione di linee guida per l’uso di questi esperimenti al fine anche di verificare la nocività.
Ciò ha dimostrato che si può esercitare un controllo su questi esperimenti a meno che non si voglia
intenzionalmente procedere verso direzioni pericolose.
        La clonazione cosiddetta “riproduttiva”, che mira alla ri-produzione di copie fenotipicamente identiche
di organismi esistenti, se applicata all’uomo, potrebbe attentare alla sua struttura mentale e psichica. Un
individuo, infatti, è plasmato sia dai suoi geni che dell’ambiente che lo circonda. È naturale perciò che un clone
erediterebbe certamente qualcosa della struttura mentale e caratteriale del suo modello, ma non risulterebbe mai
perfettamente identico da questo punto di vista. Questo sarebbe comunque devastante dal clonato perché, pur
possedendo un proprio “sé sinaptico” diverso da quello del clonato, sarebbe privato dell’umanità dell’origine
derivante dall’atto sessuale dei genitori, vertice della linguisticità. Il clone sarebbe un organismo programmato,
costretto a vivere in funzione di chi lo ha generato, in cui la casualità intrinseca alla riproduzione sessuale è stata
completamente eliminata, privo del diritto alla diversità fisica e genetica, dell’irripetibilità e dell’integrità
genetica. Per questo e altri motivi, il premio Nobel Dulbecco, ha affermato in maniera decisa che dovrebbe
essere imposto il divieto ad esperimenti di questo tipo. Il grande e vero dilemma è che il clonaggio umano, tra
qualche tempo, potrebbe anche rivelarsi utile per scopi terapeutici ed allora, più che un divieto, sarebbe

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preferibile e più prudente approvare una moratoria che per il momento bloccasse questi esperimenti
sull’embrione, lasciando però aperta la porta per il domani. Certamente la preoccupazione maggiore è quella che
qualcuno possa prendere il sopravvento ed esercitare un controllo sulle future generazioni. Del resto cose simili,
come la storia tristemente insegna, sono accadute già. Ad esempio agli inizi del ‘900 è sorto in Inghilterra e si è
poi diffuso negli USA un movimento che, animato da scopi “filantropici”, si proponeva di impedire alle
popolazioni diseredate di riprodursi e a questo fine sono state sterilizzate migliaia di persone. Certo bisogna
impedire che possano ripetersi episodi di questo genere, ma, nel contempo, si deve evitare di aver paura di
qualsiasi tipo di scienza arrivando ad eccessi nel controllo.
        Sulla clonazione è nato un dibattito che si inserisce in realtà nel quadro più generale delle discussioni
sulla bioetica e, sulle sue possibili conseguenze, che già da tempo si sta svolgendo in ambito scientifico,
teologico, giuridico. Lo sviluppo delle conoscenze e delle possibilità tecnologiche nel campo biologico e medico
sta generando, infatti, vantaggi ma anche problemi che forse non hanno precedenti nella storia dell’umanità.
L’umanità si trova di fronte ad una seconda rivoluzione scientifica che porta con sé attese e timori simili a quelli
che accompagnarono la nascita della scienza e del mondo moderno. In realtà sono molte le domande a cui,
almeno per il momento, nessuno è in grado di rispondere. Basti pensare che anche tra gli stessi scienziati e
ricercatori non vi è accordo unanime su molte questioni specifiche, data l’assoluta novità e originalità della
clonazione. Si assiste al configurarsi di due opposti schieramenti senza che si profili la possibilità di pervenire ad
una sintesi conciliativa. I cattolici, o comunque coloro che aderiscono ad una visione religiosa della natura e
dell’uomo, non possono che avere un atteggiamento negativo rispetto a questi esperimenti, pensando a tutti i
possibili pericoli e danni che potrebbero derivare soprattutto sul piano etico. Per i cattolici la preoccupazione più
forte nei confronti della clonazione è che, se con l’aborto si provoca l’uccisione di un essere, con la clonazione
se ne decide la nascita, la creazione “artificiale”. Soprattutto per questo i cattolici giudicano la clonazione
assolutamente inaccettabile perché in chiaro contrasto con l’etica e la natura. La posizione della chiesa è stata
ribadita con grande chiarezza da Giovanni Paolo II e dal cardinale Ratzinger, il quale ha ammonito che
“fabbricare l’uomo è un attacco fondamentale alla dignità della persona, che non viene più considerata creatura
immediata di Dio”. E ha soggiunto: “Con la vita dell’uomo non si scherza. Negli studi e nella ricerca scientifica
c’è un limite invalicabile oltre il quale a nessuno è lecito andare: è il rispetto della vita, dal primo momento del
concepimento. Nessuna sperimentazione scientifica, in nessun momento e per qualsiasi motivo può essere
giustificata se oltrepassa quel limite. La scienza faccia giustamente il suo corso, ma non tocchi la vita umana”.
Ha ricordato il premio Nobel Rita Levi Montalcini: “Non si tratta di fare il processo alla scienza, perché la
scienza è un diritto dell’uomo e risponde alla sua naturale curiosità, si tratta ancora una volta di mettere sotto
accusa le sue applicazioni che possono diventare aberranti. Nel caso di clonazione è talmente evidente che si
tratta di una cosa amorale e illecita. Ognuno di noi differisce dall’altro. Fare una copia identica di un individuo è
ripugnante: per ciascun vivente che sa di differire da ogni altro”. I laici invece lamentano che viene spesso
rimproverato loro di non avere principi morali che non siano un’acritica adesione alla scienza ed ai suoi

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progressi, di aderire ad un positivismo morale che identifica sempre e comunque il “dover essere” della morale
con il mero essere della scienza e della tecnica. I laici ribattono che ciò non corrisponde al vero, ma, poiché la
visione laica del progresso delle conoscenze biologiche e delle pratiche mediche è fondata su principi etici saldi
e chiaramente riconoscibili, voler conoscere cioè quel che costituisce la propria natura biologica è espressione
dello stesso amore di conoscenza che spinge l’uomo a conoscere tutta la natura. Secondo il “Manifesto di
Bioetica Laica”, voler intervenire su questa natura biologica al fine di diminuire la sofferenza non è esperienza di
nichilismo ma di amore dei propri simili.
        Anche in sede giuridica il discorso sulla clonazione comporta la risoluzione di problemi assai complessi
e di non facile definizione. A livello internazionale si registrano due eventi importanti: il primo è il documento
“Convenzione per la protezione dei diritti dell’uomo e della dignità degli esseri umani nei riguardi
dell’applicazione della biologia e della medicina”, adottato dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il
19 Novembre 1996. Il secondo è la versione preliminare della “Dichiarazione universale sul genoma umano e sui
diritti dell'uomo” elaborata dal comitato internazionale di bioetica dell’UNESCO lo scorso dicembre. Il primo
documento parte dall’assunto che “l’interesse e il benessere dell’essere umano deve prevalere sul solo interesse
della società e della scienza”. Con questo principio generale la convenzione intende sottolineare il fatto che la
costituzione della sfera privata attraverso le tecniche procreative deve garantire il rispetto del Diritto all’
“unicità”. La Convenzione vuole cioè stabilire delle regole che permettano di evitare contrasti tra i diritti
fondamentali degli individui e la libertà in campo medico e biologico. Anche la dichiarazione dell’UNESCO
parte da un riconoscimento analogo con la differenza che per la Dichiarazione il genoma umano non viene
considerato un’entità concreta, quali sono gli individui che nascono, vivono e muoiono, ma un’entità astratta,
frutto dell’elaborazione scientifica. Qui, invece, viene trattato come se fosse una sostanza che si individualizza
nelle singole persone. Nell’uno e nell’altro documento si è inclini comunque a riconoscere un limite,
rappresentato dalla legittimità di interventi con finalità terapeutiche, volti soprattutto ad evitare la trasmissione di
malattie ereditarie. È opportuno ricordare che gli stessi documenti del Vaticano hanno sempre distinto tra
interventi strettamente terapeutici ed altri tipi di interventi, giudicando i primi auspicabili tutte le volte che
tendono a realizzare la vera promozione del benessere personale dell’individuo. Ma, come ha osservato
giustamente Stefano Rodotà, giurista e membro del gruppo di consiglieri di Bioetica dell’Unione Europea, “Il
rifiuto delle politiche selettive e riduttive delle differenze genetiche, non deve essere considerato soltanto nella
dimensione individualistica, ma riguarda anche il diritto inalienabile delle generazioni future alla conservazione
delle diversità genetiche e non solo per la specie umana. Sono, appunto, le preoccupazioni legate al rispetto del
diritto delle generazioni future e alla salvaguardia delle diversità genetica che hanno determinato un sostanziale
rifiuto degli interventi sulla catena germinale dell’uomo che ne altererebbero i caratteri ereditari e aprirebbero la
strada alla costruzione mirata del patrimonio ereditario umano. Di conseguenza, mentre si ritiene di poter
ammettere la terapia genetica che riguarda le cellule somatiche, si ritiene non ammissibile una terapia che abbia
ad oggetto la catena germinale”. In questo senso si è espressa, nel 1988, la risoluzione finale della V conferenza

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sulla bioetica dei sette paesi più industrializzati, dove si afferma: “I delegati hanno convenuto che non esistono
in questo momento indicazioni mediche né giustificazioni etiche per la manipolazione genetica intenzionale
della linea germinale umana”.
        La preoccupazione maggiore in sede giuridica sembra essere quella di garantire in ogni caso il “diritto
all’unicità”. La consapevolezza di essere copia di una creatura che si è già manifestata in una forma vivente va a
soffocare l’autenticità del proprio essere, ossia la libertà di scoprire se stessi e gli altri con ciò che è insito in
ciascuno di noi, e questo stesso sapere proibito elimina l’assenza di pregiudizi dell’ambiente circostante di fronte
ad un nuovo arrivato, che è nuovo e non nuovo al tempo stesso. Un fondamentale diritto, il diritto del non sapere,
che appartiene inscindibilmente alla libertà esistenziale, viene nel caso della clonazione violato in anticipo.

2.4.    Problemi e domande sollevate dalle tecniche di clonazione

          1) E' stata espressa preoccupazione per il possibile ampio numero di bambini identici che possono
risultare dalla separazione di blastomeri. Tali ansie sono attualmente ingiustificate, perché ciò non è verosimile
dal momento che il metodo ha possibilità numeriche molto limitate. La stessa tecnologia applicata
precedentemente agli animali ha dimostrato che la percentuale di nascite vive dal trasferimento di un singolo
embrione è di circa il 20% nei migliori laboratori. Perciò, anche se si ottenessero 15 embrioni in buona salute,
duplicati da un singolo embrione e si trasferissero singolarmente in 15 differenti uteri, il numero possibile di
aspettative di nascita non sarebbe maggiore di tre.
          2) C'è anche un'altra preoccupazione, che una più grande proporzione di malformazioni si
verificherebbero in bambini concepiti con l'uso della clonazione embrionale. Per quanto questo problema non
può essere adeguatamente conosciuto fino a che tali metodiche non vengano ampiamente sperimentate,
l'esperienza degli stessi procedimenti con animali suggerisce che la preoccupazione è vera.
          3) Sono state sollevate preoccupazioni sulle conseguenze per l'evoluzione delle specie e della diversità
genetica tra gli esseri umani. La vita si diffonde e si evolve proprio grazie alla “diversità”, che con la clonazione
verrebbe turbata. E' la paura di “effetti imprevedibili” nel quadro biologico dei geni, soprattutto nel contesto di
clonazione per trapianto nucleare in cui milioni di copie potrebbero, in teoria, essere prodotti da una sola
persona. Non si deve poi trascurare che sono sempre possibili errori da laboratorio che potrebbero portare
all'insorgere di alcuni danni irreversibili sulla natura umana.
          4) Sono state sollevate preoccupazioni sull’unicità e irripetibilità individuale. La domanda
fondamentale a cui dobbiamo cercare di rispondere è: l'unicità di una persona è assegnata dall'unicità dei suoi
geni o dall'unicità della sua esperienza/storia personale? La domanda si può anche intendere in quest’altro modo:
che cos'è un'individualità personale? L'individualità biologica non è l'individualità personale, perché la persona è
più della sua realtà biologica. L'uomo è il suo corpo biologico, ma non è solo il suo corpo. Per quanto una
persona venga prodotta con la duplicazione embrionale, se mancherà della sua unicità genetica non mancherà

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però della sua unicità individuale, proprio come nel caso dei gemelli identici. In questo senso, non è il fatto della
duplicazione biologica che fa problema, ma eventuali interferenze sulla personalità di coscienza di un essere
umano, vale a dire sulla autocoscienza della propria dignità e sulla coscienza sociale attribuita dagli altri.
          5) La clonazione apre anche la strada al miglioramento (eugenetica) dell'uomo. Ma “chi” stabilisce gli
standard per dire quale tipo di uomo è migliore? “Chi” stabilisce la giusta statura della natura umana? Pertanto
non si può considerare questa intenzione eticamente accettabile per almeno quattro ragioni: a) il concetto di
miglioramento è materia di giudizio soggettivo; b) il miglioramento non terapeutico apre la strada alla
costruzione dell'uomo perfetto; c) la costruzione di uomini migliori di altri infrange il principio di uguaglianza
fra gli esseri umani; d) non sono controllabili i rischi per le future generazioni.
          6) La clonazione è in qualche modo una forma di violenza nei confronti della continua “scoperta” di se
stesso. Quindi è violenza che compromette considerevolmente la propria libertà e la propria storia personale, il
cui futuro non assumerebbe più la caratteristica di evento, mortificando quel senso di “stupore” che è sapienza
della vita come scoperta di una continua e sorprendente meraviglia.
          7) Dal punto di vista etico il problema è se sia lecito far ammalare animali delle nostre malattie per poi
studiare il modo di curarle. Ma a sconvolgere l'intera umanità è la possibilità di poter arrivare a clonare l'uomo,
cosa fattibile visto che il procedimento è del tutto identico a quello utilizzato per clonare Dolly. Ma perchè
clonare l'uomo? L'idea che più spaventa è quella della clonazione di squadre di schiavi, soldati mercenari,
criminali scelti fra i soggetti più adatti a svolgere mansioni da parte di un futuro Hitler.
          8) Altre motivazioni possibili e forse meno verosimili sono la conquista di una sorta di immortalità,
procurarsi un gemello che funzioni come una banca di organi di ricambio, oppure sostituire un figlio o un altro
parente morto, prelevandone i tessuti molto presto dopo la morte. Così se una coppia di genitori si vede portare
via il proprio figlio, magari da una malattia incurabile, ecco che con la clonazione ritornerebbe ad averne uno,
simile come un gemello allo scomparso. Ma, come ha detto l’onorevole Nilde Iotti, ogni figlio ha la sua unicità e
volerne un altro uguale a quello scomparso attraverso la clonazione vorrebbe dire dimenticare quello morto.
Secondo Renato Dulbecco, invece, con la clonazione dell'uomo avremmo due individui simili fisicamente ma
non come mentalità, stato psicologico e pensiero. Infatti, come già ribadito, l'individuo è in parte prodotto dai
suoi geni e in parte dalla relazione e dall'interscambio con gli altri e con l'ambiente.

3.      VALUTAZIONE ETICA DELLA RICERCA SULLE CELLULE STAMINALI E SULLA
        CLONAZIONE TERAPEUTICA

3.1.    Embrioni soprannumerari prodotti mediante fertilizzazione in vitro per scopi riproduttivi

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Valutazione etica della ricerca sulle cellule staminali e sulla clonazione terapeutica                           A. Sofo

         Dall'embrione preimpianto allo stadio di blastocisti è possibile isolare le cellule del nodo embrionale e
coltivarle fino a ottenerne migliaia: le cosiddette cellule embrionali staminali (in sigla ES da Embryonic Stem
cell), la cui caratteristica principale è l'elevata capacità di differenziarsi in qualsiasi altro tipo cellulare. Cellule
ES di topo sono state differenziate in vitro in cellule epiteliali, muscolari, nervose o pancreatiche. I ricercatori
sono riusciti finora a differenziare cellule ES in cellule della glia che producono lo strato di mielina che riveste le
fibre nervose (15). Trasferite nel cervello di topi carenti per la produzione di mielina, queste cellule hanno
sintetizzato normalmente tale proteina. Un altro gruppo di ricercatori ha prodotto, sempre a partire da cellule ES,
cellule nervose immature che, se trasferite nella spina dorsale danneggiata di ratti, ne ristabiliscono le normali
funzioni (15). Questi esperimenti fanno ritenere non lontana nel tempo la possibilità di riparare i motoneuroni
del midollo spinale con la riacquisizione delle funzioni deambulatorie. In molti laboratori sparsi in tutto il
mondo, sono state inoltre isolate e coltivate cellule ES ottenute da blastocisti umane al quattordicesimo giorno di
sviluppo. Le blastocisti provengono dalle cliniche dove si effettua la fecondazione in vitro e sono embrioni in
eccesso che non sono stati trasferiti nell'utero della madre, ma che, con il consenso dei genitori, sono utilizzati
per la ricerca (16).

3.1.1. Il principio del rispetto della vita e della dignità umana
         E’ largamente accettato che la vita del soggetto umano sul quale la ricerca viene fatta deve essere
tutelata dal ricercatore e dallo Stato. Il principio della protezione della vita umana è basata sui principi del
rispetto dell’inviolabilità della vita umana stessa e della dignità umana. Se lo Stato è uno Stato di diritto, ha il
dovere di tutelare la vita dei cittadini nati, a maggior ragione ha il dovere di tutelare la vita dei più deboli, dei più
indifesi e innocenti della società tra cui sono i non ancora nati. Conseguentemente è dovere dello Stato tutelare
anche il diritto alla vita dei non ancora nati. E’ importante inoltre considerare che prima di effettuare la ricerca
sulla persona umana, devono essere bilanciati i rischi cui il soggetto umano sarà esposto con i benefici che si
intendono ottenere dalla ricerca in conformità con il principio della proporzionalità. In quanto l’embrione umano
viene distrutto nella ricerca sulla cellula staminale è necessario valutare la proporzionalità tra i rischi cui
l’embrione umano è sottoposto e il suo bene.
         Quando la ricerca biomedica viene praticata sull’embrione umano, questo deve essere tutelato. Tale
principio è riconosciuto dall’articolo 1 comma 1 della Legge 40/2004 sulla fecondazione assistita “…che
assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito” e ribadito al paragrafo 1 dell’articolo 18 della
Convenzione sulla biomedicina, la quale stabilisce: “Dove la legge permette la ricerca sull’embrione umano in
vitro, deve garantire la protezione adeguata dell’embrione”. L’implicazione giuridica di quest’ultimo articolo è
che nessuno degli Stati contraenti della Convenzione può permettere la ricerca sulla cellula staminale embrionale
perché tale ricerca necessariamente comporta la distruzione dell’embrione umano. Il rispetto della dignità umana
costituisce uno dei principi della ricerca biomedica. Così l’Associazione Medica Internazionale nella sua
dichiarazione sui principi etici per la ricerca medica che coinvolga i soggetti umani, dichiara: “E’ dovere del

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