Gabriele D'Annunzio ha sempre cercato di fare della sua vita un'opera d'arte. Quando parliamo dell'estetismo dannunziano dobbiamo quindi ...

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Introduzione

«Bisogna fare della propria vita come si fa un’opera d’arte. Bisogna che la vita d’un
uomo d’intelletto sia opera di lui. La superiorità vera è tutta qui.»1

         Gabriele D’Annunzio ha sempre cercato di fare della sua vita un’opera d’arte.
Quando parliamo dell’estetismo dannunziano dobbiamo quindi descriverlo come un
particolare modo di vivere la vita, di vedere le cose ed il mondo2. La vita dello scrittore
fu piena di ogni sorta di emozione e le esperienze che egli ne ricavò fecero maturare la
sua personale visione del mondo.
         La conseguenza del suo estetismo fu il suo primo romanzo «Il Piacere»,
considerato la «testimonianza dell’estetismo».
         Con la presente tesi vogliamo dunque concentrarci su questo romanzo per
mostrare come si riflette l’estetismo nella vita del protagonista, andando alla ricerca del
compito ovvero del ruolo di esteta che D’Annunzio in questo testo ci presenta. Cosí
facendo cerchiamo di trovare la ragione per la quale è stato creato il protagonista stesso,
chiedendoci che messaggio ci voleva trasmettere il poeta attraverso questa figura.
         Nella prima parte della tesi presentiamo al fine di poter fare quest’analisi, la vita
di D’Annunzio ed accenniamo anche alla sua produzione letteraria, menzionando le
opere più significative dello scrittore. Riteniamo indispensabile porre attenzione
soprattutto sul periodo romano del poeta, che fu significativo per la sua filosofia
estetizzante e che diede inizio al cosiddetto estetismo dannunziano al quale ci
dedichiamo in seguito, cercando di spiegare meglio i connotati principali del suo
estetismo e la sua poetica.
         Nella seconda parte invece affrontiamo il romanzo Il Piacere, riassumendone la
struttura e la trama e ci dedichiamo alla sua analisi, andando alla ricerca della matrice

1
  GABRIELE D’ANNUNZIO, Il Piacere, Milano, Mondadori, 1995, cit., p. 37. Tutte le successive
citazioni dal romanzo, che saranno prese dalla medesima edizione, saranno indicate d’ora in avanti
solamente come G. D’ANNUNZIO 1995.
2
  Il suo punto di vista del mondo viene espressamente raccontato subito all’inzio del romanzo, quando il
narratore definisce la situazione come un «grigio diluvio democratico», ovvero il poeta considerava
l’ascesa sociale della borghesia un evento miserabile che porta alla distruzione la classe dei nobili ed
aristocratici assieme alle cose belle, delle quali si circondavano. Questo fatto ci spiega la sua posizione
antidemocratica, pur essendo priva di implicazioni sociali e politiche. Tutto questo è l’affermazione
intellettualistica ed estetizzante di una concezione aristocratica della vita e della cultura, da difendere
contro il grigiore, la banalità e la volgarità di cui, secondo il parere di vari intellettuali, erano responsabili
i ceti borghesi e popolari venuti a ribalta nel corso del XIX secolo. A questo proposito Cfr. GABRIELE,
D’ANNUNZIO, Il Piacere, Note, Milano, Mondadori, 1995, p. 366.

                                                        4
estetica del romanzo. Dapprima analizziamo il protagonista attraverso i suoi
processi interiori, durante il percorso della narrazione, affrontando il nostro tema prima
in termini più generali, ma successivamente trattiamo alcuni episodi centrali che sono
stati in grado di influenzare il suo modo di essere e di agire. Per comprendere meglio la
psicologia del protagonista analizziamo in seguito le figure femminili e la loro centralità
nella sua vita. Presteremo attenzione anche alle descrizioni paesaggistiche, perciò
osserveremo come è percepito dal protagonista l’ambiente in cui si svolge la vicenda del
romanzo, cercando di scoprire la funzione dei due luoghi prescelti dal poeta ed il ruolo
che essi svolgono. Infine prendiamo in considerazione il protagonista e D’Annunzio
stesso, concentrandoci sul loro rapporto e cercando di scoprire il legame tra il
romanziere e il suo personaggio.

                                            5
1.      Gabriele D’Annunzio
1.1.    La vita3

        La vita di Gabriele D’Annunzio e anche la sua storia di scrittore fu intessuta di
colpi di scena. Egli cercava sempre il modo per non passare innosservato. La sua vita, la
possiamo considerare inestimabile al pari di una sua opera letteraria, talmente fu
intensa. Per questo la sua biografia merita una particolare attenzione.

        Gabriele D’Annunzio nacque a Pescara il 12 marzo 1863. La sua era una
famiglia borghese. Nella formazione del giovane Gabriele ebbe un ruolo importante il
padre Francesco Paolo Rapagnetta.4 In D’Annunzio si ritrovano, infatti, molte
caratteristiche che erano proprie del padre, quali la passione per il lusso e per le spese
esagerate, la ricerca continua del piacere e delle emozioni, e certamente l’amore per
l’arte e per la letteratura.
        I luoghi frequentati da bambino, come Pescara e la «Villa del Fuoco», sobborgo
pescarese dove vi era una casa di famiglia, e durante l’estate Francavilla al mare,
influenzeranno molto D’Annunzio adulto, che si trovò sempre a suo agio tra quei
paesaggi a cui rimase sempre legato.
        Dal 1874 al 1881 studiò al Reale Collegio Cicognini di Prato, dedicandosi non
solo alla letteratura ma anche alla musica ed alla pittura. Già al liceo pubblicò a spese
del padre la sua prima raccolta poetica, Primo vere (1879).
        Nel Novembre del 1881 si stabilì a Roma, lasciando a Firenze il suo amore
giovanile, Elda Zucconi. Questi dieci anni trascorsi nella capitale ebbero una grande
importanza per la formazione del poeta e del suo modo di esprimersi. La partecipazione
alla vita romana concorse alla definizione della visione dannunziana della società.
        Si iscrisse alla Facoltà di lettere, senza però laurearsi, e incominciò
un’importante carriera letteraria, giornalistica e mondana. In quel periodo collaborò con
varie riviste dell’epoca: il «Fanfulla della domenica», il «Capitan Fracassa», la
«Cronaca Bizantina»5, la «Tribuna». L’ingresso nella società romana fu facilitato da un
gruppo di scrittori, che D’Annunzio frequentò e grazie ai quali si integrò più

3
  Per la biografia di D’Annunzio si vedano: A. ANDREOLI, Album D’Annunzio, Arnoldo Mondadori,
Milano,1990; GUGLIELMO GATTI, Vita di Gabriele D’Annunzio, Sansoni Editore, Firenze, 1988; G.
FERRONI, Storia della letteratura italiana, Dall’Ottocento al Novecento, Einaudi Scuola, Milano, 2000,
pp. 475-507.
4
  Francesco Paolo Rapagnetta fu adottato da suo zio dal quale prese il cognome D’Annunzio.
5
  Il periodico più importante dell’epoca, fondato da Angelo Sommaruga e pubblicato dal 1881 al 1885.

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velocemente. Il mondo romano gli diede la possibilità di trovare idee per il suo lavoro di
giornalista garantendogli numerosi stimoli per la scritttura, ma d’altra parte gli offrí
anche occasioni di perdizione.
         Le sue origini provinciali gli facevano cercare la compagnia degli aristocratici,
che lo portò a conoscere la sua futura moglie Maria Hardouin di Gallese. Pur
appartenendo entrambi alle classi sociali diverse6, si sposarono nel 1883 dopo una fuga
a Firenze quando la diciottenne duchessina era già incinta. Con Maria D’Annunzio ebbe
tre figli, ma per questioni economiche, che saranno uno dei temi più ricorrenti della
biografia dannunziana, furono costretti a lesciare Roma recandosi nella «Villa del
Fuoco», tenuta di famiglia nella vallata della Pescara. D’Annunzio però rimase in
contatto con gli ambienti letterari romani, scrivendo agli amici le poesie, perchè le
pubblicassero. Grazie al lavoro come redattore fisso per il quotidiano ‹‹La Tribuna››,
che gli fu procurato dalla madre di sua moglie, tornò a Roma, iniziando a scrivere
articoli e racconti per varie cronache.7 Roma gli diede la possibilità di migliorare la sua
tecnica e di entrare in contatto con l’alta società alla quale avrebbe voluto appartenere.
Per poter compiere un buon lavoro inizò a frequentare balli, aste, concerti, conferenze,
esposizioni, corse di cani e di cavalli, scrivendo articoli, in cui si faceva sempre molta
attenzione alla descrizione delle dame, dei loro vestiti e dei gioielli. La stessa
attenzione, la dedicò a tutti quei beni di lusso dell’aristocrazia che avrebbe desiderato
possedere ma che gli erano negati.
         Publicò     anche versi e novelle e si dedicò al piacere e alla conquista del
successo. Con passione si diede agli amori, ai pettegolezzi e agli intrighi mondani,
trasformando gli accadimenti giornalieri in racconti. Prese a vivere una vita nella quale
non vi erano limiti alle spese, seguendo un modello da raffinato esteta e ricercatore di
emozioni. D’Annunzio utilizzò le sue doti di poeta e di scrittore per farsi conoscere
nella società e creò il suo personaggio il cui motto era quello di una vita che andava
vissuta come un’opera d’arte.

6
  «Tutti gli amori di Gabriele D’Annunzio (gli amori degni di questo nome, non banali avventure
erotiche) ebbero per oggetto (salvo poche eccezioni) tutte le donne nobili e titolate. Gabriele, borghese e
provinciale, nonostante la sua cultura ed il suo estetismo o forse a causa di essi, subì in modo superlativo
il fascino del mondo aristocratico.» In GUGLIELMO GATTI, Vita di Gabriele D’Annunzio, Sansoni
Editore, Firenze, 1988, cit., p. 74.
7
  Le sue rubrice furono intitolate: «Giornate romane», «Cronache romane», «La vita a Roma», «La vita
ovunque», «Cronaca mondana», «L’arte a Roma», «Cronaca della moda», «Favole mondane», ecc. e
furono da lui firmate con vari pseudonimi: Il Duca Minimo, Vere e Vere, Bull-Calf, Filippo La Selvi, Lila
Biscuit, Miching-Mallecho, Puck ed altri. In Cfr. GUGLIELMO GATTI, Vita di Gabriele D’Annunzio,
Sansoni Editore, Firenze, 1988, p. 66.

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La sua grande passione furono sempre le donne, le quali gli davano lo spunto per
la sua attività. Nella redazione del «Capitan Francassa» D’Annunzio nel novembre 1884
incontrò la giornalista napoletana Olga Ossani, che lui chiamò Febea. Il loro amore durò
fino a marzo 1885. Uno degli amori più significativi, più violenti e più appassionati fu
Elvira Natalia Fraternali, sposata Leoni, ribattezzata da lui Barbara, che incontrò nel
1887 ad un concerto. Essa divenne la sua principale ispirazione in quegli anni.
        Nel 1888 interruppe l’attività giornalistica volendo dedicarsi alla stesura del suo
primo romanzo. Si ritirò completamente dalla vita mondana e si trasferì a Francavilla, in
Abruzzo, nella casa dell’amico pittore Francesco Paolo Michetti8, affinché niente lo
disturbasse. Il periodo passato a Francavilla fu molto importante per la creazione del
suo romanzo d’esordio Il Piacere (1889) ed in seguito anche per la composizione del
romanzo Trionfo della Morte nel 1894. Ispiratrice principale di queste opere è proprio
Barbara, con la quale il poeta visse una travolgente storia d’amore dal 1887 al 1892.
        Dal 1889 al 1890 D’Annunzio fece il militare, presso la caserma del Macao a
Roma ed in seguito trasferitosi a Faenza prese perfino la malaria.
        Nel 1891 pieno debiti tornò a Francavilla, dall’amico Michetti. Si trasferì poi a
Napoli dove rimase due anni collaborando ai giornali locali, sopratutto al ‹‹Corriere di
Napoli››, al ‹‹Mattino›› di Edoardo Scarfoglio e Matilde Serao, alla quale dedica il
romanzo Giovanni Episcopo (1891). Nell’ambiente napoletano si concentravano molti
intellettuali e questo diede a D’Annunzio la possibilità di approfondire la conoscenza
della musica wagneriana e scoprire la filosofia di Nietzche. Nonostante il rapporto
amoroso con Barbara Leoni, risale al periodo napoletano la relazione con la principessa
siciliana Maria Gravina Anguissola Cruyllas di Ramacca, da cui ebbe altri due figli e
alla quale dedicò il secondo dei tre «Romanzi della Rosa»9, L’Innocente (1891). Per le
difficoltà economiche D’Annunzio si dovette trasferire, assieme alla Gravina, in
Abruzzo in un villino a Francavilla. Il periodo napoletano viene definito da D’Annunzio
stesso come «splendida miseria». Nonostante i problemi famigliari10, fu questo periodo
per lui ricchissimo di acquisizioni culturali, che rappresentarono una svolta nella sua
carriera di scrittore.

8
  Francesco Paolo Michetti : il pittore abruzzese (1851-1929), amico da sempre di D’Annunzio.
9
  I romanzi della rosa : il sopratitolo che unisce romanzi : Il Piacere (1889), L’Innocente (1892),
Il Trionfo della morte (1894).
10
   D’Annunzio in quel periodo ebbe due famiglie da gestire, perché nel 1893 naque a Maria Gravina la
figlia Renata; e il poeta si trovò senza lavoro fisso, gli morì il padre e la moglie leggittima, Maria
Hardouin, pretese gli alimenti. Cfr. A. ANDREOLI, Album D’Annunzio, Arnoldo Mondadori,
Milano,1990, p.p. 140-144.

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Nel 1895 iniziò una relazione con una grande attrice: Eleonora Duse, che aprì
per D’Annunzio il periodo veneziano. La Duse fu la sua grande amante, ispiratrice ed
anche interprete di tragedie dannunziane e personaggio de Il Fuoco (1900), con la quale
negli anni successivi si recò in Egitto ed in Grecia, per le tourneé tetrali dell’attrice. Alla
ricerca di nuove esperienze, pertecipò nell’estate 1895 ad una crociera in Grecia sulla
barca di Scarfoglio e nel 1897 entrò in politica, prima come deputato per la destra, ma
poi in occasione delle leggi repressive proposte da Pelloux passò alla sinistra.
       Nel 1898 D’Annunzio si stabilì a Settignano, in una villa detta La Capponcina,
dove visse in fastosità, seguendo il suo gusto estetico e dedicandosi alla sua passione
per i cani e per i cavalli. Iniziò anche l’attività di drammaturgo, immaginando di riuscire
più facilmente a far conoscere le sue idee. «Proclamava la necessità di un’arte totale,
fatta di parole, musica, canto e danza, capace di avvincere le masse».11 Ricordiamo tra
le tante le seguenti opere: La città morta (1898), La Gioconda (1899), La figlia di Iorio
(1904) e La Nave (1908).
       D’Annunzio continuò sempre a circondarsi di donne. La Duse perciò, nell’arco
di pochi anni venne sostituita dalla marchesa Alesandra di Rudini Carlotti e poi dalla
contessa Giuseppina Mancini. Per il suo modo esagerato di spendere, non riusciva più a
pagare i debiti e La Capponcina venne sequestrata; ragione per la quale egli si recò in
Francia. Durante i cinque anni (1910-1915) che vi trascorse, frequentò l’ambiente
teatrale e compose opere in francese, che lo aiutarono ad inserirsi nella vita aristocratica
e ad attirarne l’attenzione.
       Quando scoppiò la prima guerra mondiale, D’Annunzio ottenne dal Comando
francese permessi per visitare i campi di battaglia e come spettatore scrisse le sue
impressioni al ‹‹Corriere della sera››. In seguito ritornò in Italia con precise intenzioni
interventistiche. Voleva convincere il paese a lasciare la Triplice Alleanza per unirsi a
Francia ed Inghilterra. A questo fine a Quarto, in occassione dell’inaugurazione del
monumento ai Mille, fece il suo discorso. Con l’entrata dell’Italia in guerra si arruolò
volontario e partecipò fin dall’inizio a diverse azioni belliche, tra le quali ricordiamo il
combattimento sul Carso, varie imprese sul mare, la cosidetta ‹‹beffa di Buccari››, il
volo su Vienna (1918) e l’occupazione militare di Fiume (1919-1920).12 Questo suo

11
  G. B. SQUAROTTI, Invito alla lettura di d’Annunzio, Mursia, Milano 1990, cit., p.106.
12
  A questo proposito Cfr. Cronologia a cura di Egea Roncoroni, in GABRIELE D’ANNUNZIO, Il
Piacere, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1995, pp. CXXIV- CXXV.

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profondo attivismo non fu altro che una diversa espressione della sua natura eclettica e
della sua profonda passione nazionalistica.
       Partecipando a diverse azioni di guerra, manifestò quell’ideale di vita unica che
egli stesso aveva esaltato in tanti scritti. Nel 1916, durante un atterraggio, perse la vista
dell’occhio destro, fatto che lo costrinse a tre mesi di immobilità. Questa fase che lo
vide nei panni di eroe e comandante non offuscò la sua vena poetica, tanto che proprio
in questo periodo di infermità scrisse Il Notturno.
       Nel 1921, dopo aver guidato l’occupazione militare di Fiume, si ritirò a Gardone
nella villa Cargnacco, che trasformò nel corso degli anni in un museo personale. La
villa venne più tardi ribatezzata ‹‹Il Vittoriale››. In questa residenza fastosa e
lussureggiante egli trascorse il resto della sua vita impegnato a soddisfare le sue
passioni più profonde: la composizione e le donne. Iniziò pubblicando le sue memorie
di guerra e occupandosi della ristrutturazione della villa. Più tardi però spinto da
pressioni esterne e dalla sua incapacità di rimanere inattivo, tornò di nuovo in politica.
       Con l’ascesa del fascismo al potere si apre l’ultima fase della vita di
D’Annunzio. Mussolini temendo il grande potere di D’Annunzio fece in modo di
ingraziarsene i favori. Nel 1924 lo insignì del titolo di Principe di Montevescovo. Il
poeta, ormai in fase di declino, non oppose più resistenza e accettò la nuova situazione
non senza sfruttarne i vantaggi; ad esempio ottenne di essere mantenuto a vita e si fece
donare la nave «Puglia».
       Tutto questo però generò la perdita della sua libertà intellettuale e personale,
fatto che lo condusse all’isolamento e all’inattività politica. Sopperì trovando rifugio
nell’antico vizio: la passione per le donne, e nella scrittura. Sono di quest’ultimo
periodo numerosi scritti autobiografici, che probabilmente ebbero lo scopo di anteporsi
al suo decadimento senile. Morì all’età di 75 anni il 1˚ marzo 1938 per emorragia
cerebrale.

                                              10
1.2.    La produzione letteraria13

        Gabriele D’Annunzio, considerato uno dei maggiori scrittori italiani, ha lavorato in
tutti e tre i campi letterari fondamentali: la lirica, la narrativa e la drammaturgia.
Possiamo dividere la produzione dannunziana in diverse fasi, che corrispondono ai
diversi periodi e influssi della sua vita. La varietà dei suoi atteggiamenti, delle sue opere
e dei suoi moduli artistici è molto vasta, perciò vogliamo procedere accennando alle
opere più significative della sua creazione letteraria, seguendo il modello di divisione di
Anco Mario Mutterle14, dedicando particolare attenzione al periodo romano, il quale
viene considerato la fase più significativa della vita del poeta per la sua filosofia
estetizzante.

        La prima produzione del poeta risale già al periodo giovanile, quando studiava al
liceo di Cicognini. Secondo i critici, all’inizio D’Annunzio si rifaceva ai due esempi più
illustri dell’Ottocento: Carducci e Verga. Ispiratosi al Carducci pubblica a spese del
padre la sua prima raccolta poetica in metri barbari, Primo vere (1879). Come riporta B.
Squarotti nel brano seguente, la racolta è legata a temi e modi tradizionali, però ci si
trovano delle caratteristiche che la distinguono dalla poesia di Carducci, tra le quali:
l’esaltazione della decoratività e del paesaggio:

«Si avverte che minore spazio ha, in Primo vere rispetto al Carducci barbaro, la nostalgia
neoclassica, mentre è presente un senso più morbido e decorativo del paesaggio, descritto
sapientemente come privilegiato oggetto poetico o, più spesso, più efficacemente, come la
cornice eletta e lussureggiante della rappresentazione dell’amore, tuttavia più sensuale che
idillico».15

        Dopo essersi trasferito a Roma iniziò a collaborare ad alcune riviste, in
particolare a «Cronaca bizantina», di cui diventa nel 1885 direttore. Presso Sommaruga
pubblica nel 1882 la sua seconda raccolta di versi, Canto nuovo (1882), dedicata al suo
primo amore, Giselda Zucconi, ribattezzata Lalla. La raccolta, sempre in metri barbari, è
già piena di vitalismo e sensualismo. Assieme a Canto nuovo esce anche una raccolta di
novelle di stile veristico-verghiano, chiamata Terra Vergine, ambientata nella campagna
abruzzese, in mezzo ai contadini ed ai pastori. Le novelle hanno invece un’impostazione
13
   Per l’attività letteraria dello scrittore si vedano: Cfr. A. M. MUTTERLE, Gabriele D’Annunzio, Le
Opere, Le Monnier, Firenze, 1980, pp. 29-190; Cfr. Cronologia a cura di Egea Roncoroni, in
GABRIELE D’ANNUNZIO, Il Piacere, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1995, pp. LXXI-CXXXIV.
14
   Cfr. A. M. MUTTERLE, Gabriele D’Annunzio, Le Opere, Le Monnier, Firenze, 1980, pp. 29-190.
15
   G. BÀRBERI SQUAROTTI, Invito alla lettura di d’Annunzio, Mursia, Milano, 1982-1990, cit., p.33.

                                                11
più seria di quelle di Verga e «tendono ad avere sempre conclusioni catastrofiche, con
morti atroci o schifose.»16 Nel 1884 pubblica un’altra raccolta poetica, Intermezzo di
rime, il cui titolo nella seconda edizione viene ridotto a Intermezzo (1894). La raccolta
esprime un momento di stanchezza e di angoscia del poeta e denuncia la crisi
attraversata dal giovane poeta quando entra in contatto con la città, carratterizzata dalla
corruzione. Il libro originò anche delle polemiche a causa del contenuto erotico, definito
da alcuni addirittura perverso, di certi racconti.17 D’Annunzio era però solito accendere
questo tipo di polemiche attorno a sé allo scopo di attirare attenzione e farsi pubblicità.
Con lo stesso scopo egli fece perfino diffondere, già dopo l’uscita di Primo Vere (1879),
la falsa notizia della propria morte per una caduta da cavallo. Sempre nello stesso anno
1884 Sommaruga riunì in volume le novelle pubblicate in vari giornali sotto il titolo Il
libro delle Vergini, per la cui copertina, ritenuta piutosto volgare, D’Annunzio ruppe i
rapporti con l’editore.18
        D’Annunzio nella descrizione del mondo aristocratico romano mondano e
snobistico al quale fa da sfondo una Roma «bizantina», cerca un’impostazione poetica
elegante. Tutto questo gli è possibile grazie alla sua grande conoscenza di
quell’ambiente essendone egli un frequentatore. Nel 1884 viene assunto nella redazione
del quotidiano «La Tribuna», dove lavorerà fino al 1888, occupandosi delle rubriche,
intitolate: «Giornate romane», «Cronache romane», «La vita a Roma», «L’arte a
Roma», «Cronaca della moda», ecc. D’Annunzio pubblica sotto vari pseudonimi: Il
Duca Minimo, Vere de Vere, Bull Calf, Filippo La Selvi, Lila Biscuit, Miching-
Mallecho, Puck ed altri, numerosi articoli sulla società aristocratica ed intellettuale del
tempo, osservandone la moda, pettegolezzi ed avvenimenti mondani, ma anche
descrivendo emotivamente le bellezze architettoniche della capitale.19 In questi quattro
anni che lo impegnano come giornalista scrive anche liriche e novelle in cui possiamo
riconoscere molti aspetti della vita condotta dal poeta in quel periodo. Questi testi
verranno sia pubblicati su riviste sia raccolti in un volume chiamato il San Pantaleone
(1886), composto da diciassette novelle, ancora di ispirazione abruzzese e naturalistica.

16
   G. BÀRBERI SQUAROTTI, Invito alla lettura di d’Annunzio, Le opere, Mursia, Milano, 1982-1990,
cit., p. 42.
17
   Cfr. Cronologia a cura di Egea Roncoroni, in GABRIELE D’ANNUNZIO, Il Piacere, Arnoldo
Mondadori Editore, Milano, 1995, pp. LXXVI.
18
   L’editore Sommaruga ha messo in copertina tre donne nude, che non hanno niente a che fare col testo e
D’Annunzio non essendo a Roma, non ha potuto vedere né approvare la copertina. Per ulteriori
informazioni Cfr. GUGLIELMO GATTI, Vita di Gabriele D’Annunzio, Sansoni Editore, Firenze, 1988,
p. 63.
19
   Ivi, pp. LXXVII- LXXVIII.

                                                  12
Contiene un pezzo, Il commiato, diventato in seguito un capitolo del romanzo Il Piacere
(1889). Un altro volume invece, Isaotta Guttadàuro ed altre poesie (1886), viene nella
sua seconda edizione del 1890 suddivisa nelle due raccolte L’Isottèo e La Chimera. In
questa sterminata produzione possiamo comunque trovare un comune denominatore,
che è quello di raccontare le donne che sono protagoniste di queste raccolte,
nobilitandone l’erotismo con maniera e poesia.
        Il periodo successivo segna l’apice ma allo stesso tempo anche il declino del
periodo romano. Periodo nel quale D’Annunzio compone i cosiddetti «romanzi della
Rosa». Il primo si chiama Il Piacere (1889) ed è un’opera che descrive in modo chiaro e
preciso la crisi di un’epoca e di una società, quella romana del tempo. Con questo libro,
manifesto dell’estetismo, D’Annunzio racconta dall’interno la povertà morale che si
nasconde dietro l’apparenza raffinata e snob della nobiltà romana. Questo romanzo ebbe
un grande successo sia grazie all’abilità di grande scrittore di D’Annunzio sia per via
delle vicende narrate condite di episodi sensuali e di cronaca. Non mancano numerosi
riferimenti culturali ed estetici. Il romanzo ruota intorno alla volontà da parte del
protagonista, Andrea Sperelli di fare della propria vita un’opera d’arte, tentativo che
mostrerà limiti e debolezze dell’uomo. La condanna dello Sperelli sta nel voler
rincorrere e riprodurre esperienze già vissute e concluse male, nella speranza di
recuperarle.
        Il secondo dei «Romanzi della Rosa» è L’innocente pubblicato nel 1892. In
questo caso D’Annunzio cerca di unire le varie esperienze estetiche allo scopo di
generare una grande personalità. La definizione di Squarotti riporta una chiara
spiegazione della psicologia del romanzo :

        «impasto di audacie psicologiche e di eventi e di precisa innocenza e semplicità, di
colpa e di purezza, di ingenuità e di peccato, di crudeltà e di disperato e continuo drogo di
lacrime, fra aspirazioni alla salvezza dell’anime e tortuose e sottili ambiguità interiori che
portano all’esasperazione della violenza psicologica e morale».20

        Nell’Innocente possiamo cogliere molte similitudini tra il suo protagonista e
quello del Piacere. Entrambi sono prigionieri della loro incapacità di cogliere la realtà
per quello che è, e della loro tendenza a mentire e raggirare persone e situazioni allo
scopo di ottenere ciò che vogliono.

20
   G. BÀRBERI SQUAROTTI, Invito alla lettura di d’Annunzio, Le Opere, Mursia, Milano, 1982-1990,
cit., p. 78.

                                               13
L’ultimo dei tre romanzi, è una riproposizione romanzata della relazione
d’amore con Barbara Leoni, esce nel 1894 con il titolo Trionfo della morte. Nel
romanzo viene espresso ancora una volta il fallimento di un intellettuale e la crisi
dell’estetismo che ha prodotto, per esasperazione, il superuomo.
       La fine del periodo romano corrisponde ad una fase di stanchezza del poeta,
ormai sazio e a tratti perfino disgustato delle sue abitudini mondane. In quel periodo
appare un’altro tema nei suoi scritti, oltre a quello dell’estetismo e del superominismo,
la bontà e l’esigenza di tornare ad una vita pura.21 Tra le opere più significative di
questo periodo sono Elegie romane (1892). Questo volume raccoglie liriche composte
fra il 1887 e il 1891 e pubblicate presso Zanichelli. Sono incentrate sulla storia
dell’amore per Barbara Leoni, dall’innamoramento iniziale fino al suo esaurimento ed
epilogo che lascerà spazio al nuovo amore per Maria Gravina Anguissola, grazie anche
al trasferimento di D’Annunzio a Napoli. Tra i romanzi più drammatici di questo
periodo, che segna l’avvicinamento di D’Annunzio ai temi della narrativa psicologica,
basato sulla volontà di riscattarsi dai vizi, influenzato anche dalla lettura della narrativa
russa ed in particolare di Dostoevskij, è Giovanni Episcopo (1892) dedicato a Matilde
Serrao. La storia racconta di un modesto impiegato, che diviene vittima del violento e
crudele collega. In questo testo è interessante evidenziare il tema della passività che si
antepone all’aggressività ed alla violenza, ma che allo stesso tempo mostra un altro
aspetto del concetto di bontà. Nel 1893 viene pubblicato il Poema paradisiaco, che
raccoglie una produzione che va dal 1891 in poi. In questo testo troviamo tutta la
stanchezza e la tristezza che vive il poeta in questo frangente.
       Una volta intrapresa la strada superoministica, D’Annunzio abbandona le
primarie vesti di cronista mondano e di narratore di pregi e difetti della classe borghese,
per andare ad esaltare le gesta dello stesso uomo borghese ma che ora veste i panni
dell’eroe e del superuomo. Questo nuovo soggetto prende spunto dal pensiero
nietzschiano che viene unito alla sua idea di vita inimitabile, sopra le leggi e priva di
ogni costrizione. L’ideale dell’uomo esteta, ben incarnato da Andrea Sperelli nel
Piacere, colto, amante dell’arte ed individualista, integra ora delle nuove parti che
prima gli mancavano; è più attivo e a tratti perfino violento. L’ideologia superoministica
viene applicata per la prima volta nel romanzo Le vergini delle rocce (1896), dove il
protagonista Claudio Cantelmo, pianifica allora di generare insieme ad una donna

21
  Cfr. SALVATORE GUGLIELMO, Guida al novecento, Officine Grafice Principato, Milano, 1971, pp.
53/1–54/1.

                                             14
discendente da un‘antica famiglia rimasta fedele alla monarchia borbonica un figlio
«destinato a diventare il futuro re di Roma, che dovrà rifondare la potenza latina».22
Nello stesso anno D’Annunzio inizia l’attività teatrale, secondo una concezione del
teatro che deriva dalle idee di Nietzche e di Wagner e che verrà espressa direttamente
all’inizio del romanzo veneziano Il fuoco (1900) dal protagonista Stelio Èffrena, che
proclama la necessità di un’ arte totale, fatta di parola, musica, canto, danza, capace di
avvincere le masse.23 L’ultimo dei romanzi che rappresenta l’affermazione definitiva
della morale superoministica è il romanzo Forse che sì forse che no (1910).
        D’Annunzio volendo trovare un «mezzo di divulgazione immediata, un
confronto col pubblico conforme alla sua ansia di vittoria»24, inizia nel 1897 a dedicarsi
alla produzione teatrale. Di grande sostegno gli fu la famosa attrice Eleonora Duse, con
la quale avviò un lungo rapporto amoroso. Proprio la Duse recitò nel 1897 a Parigi,
Sogno d’un mattino di primavera, ed in seguito nel 1898 Sogno d’un tramonto
d’autunno. D’Annunzio credeva che dedicandosi al teatro avrebbe potuto raggiungere
più facilmente e direttamente un vasto pubblico e dunque diffondere le proprie idee e la
propria visione. L’esaltazione della lussuria e del sangue sono largamente profuse ne La
città morta (1898), ne La Gioconda (1899), ne La Gloria (1899), ne La Francesca da
Rimini (1901), in Parisina (1921) e ne La Nave (1908). Diversa fisionomia ha invece La
figlia di Iorio (1904), ambientata in un Abruzzo primitivo, pagano e cristiano e
considerata la sua migliore tragedia.
        Nel 1910 ritirandosi in Francia a causa dei debiti, D’Annunzio inizia a scrivere
opere teatrali in francese. Tra le più conosciute citiamo Le Martyre de Saint Sébastien
rappresentato a Parigi nel 1911 e La Pisanelle, ou la mort parfumée rappresentata
anch’essa a Parigi nel 1913 e Le chèvrefeuille (1913) che fu rappresentata e stampata
nel 1914 anche in italiano sotto il nome Il Ferro.
        Tra il 1903 e 1904 D’Annunzio compone la sua opera poetica fondamentale, che
rappresenta il momento di massima maturità e splendore della poesia dannunziana.
Nascono cosí i primi tre libri delle Le Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi:
Maia (1903), Elettra e Alcyone (1904), al principio organizzate in sette libri uno per

22
   Ivi, cit., p. 104.
23
   Cfr. G. BÀRBERI SQUAROTTI, Invito alla lettura di d’Annunzio, Le Opere, Mursia, Milano, 1982-
1990, p. 106.
24
   MARIO PAZZAGLIA, Scrittori e critici della letteratura italiana, Ottocento e Novecento, vol. 3,
Zanichelli, Bologna, 1992, cit., p. N.147.

                                                15
ciascuna delle sette stelle componenti la costellazione delle Pleiadi. Alla fine furono
ridotte a quattro libri, con la più tarda Merope (1912).
Un quinto libro fu aggiunto editorialmente con il titolo Asterope nel 1949 agli altri
quattro comprendendo anche i versi scritti durante la prima guerra mondiale con il titolo
Canti della guerra latina.25 I libri delle Laudi sono le «celebrazioni della natura, della
vita panica e dell’eroismo esasperato, in toni estetizzanti e superumani».26
        La produzione dannunziana fra il 1913 e il 1938 viene rappresentata dai
cosiddetti libri delle memorie. Le opere di questi anni rievocano vari periodi della sua
vita e spesso questa fase viene chiamata «notturna». Con questo termine ci si riferisce
all’opera redatta da D’Annunzio durante il periodo di temporanea cecità27, Il Notturno,
composto a Venezia nel 1916, anche se è evidente che questa fase inizia ben prima con
Le faville del Maglio scritte tra il 1911-1914 se non addirittura con le opere come La
vita di Cola di Rienzo (1913), Solus ad solam pubblicato postumo nel 1939, La Leda
senza cigno (1916), Per la più grande Italia uscita nell’edizione definitiva il 1933 che
raccoglie tutti gli scritti politici compresi nel periodo tra la Grande Guerra e l’impresa di
Fiume. L’ultimo atto, sebbene ormai privo di slancio e vigore dell’opera dannunziana,
furono Le cento e cento e cento pagine del libro segreto di Gabriele D’Annunzio tentato
di morire pubblicate nel 1935.

25
   A. M. MUTTERLE, Gabriele D’Annunzio, Le Opere, Le Monnier, Firenze, 1980, cit., p. 121.
26
   MARIO PAZZAGLIA, op. cit., p. N.122.
27
   A questo proposito si veda cfr. cap. 1.1. della presente tesi, p. 9.

                                                16
1.3.      D’Annuzio e l’estetismo in Italia28

          La figura di Gabriele D’Annunzio è nell’ambito della letteratura strettamente
legata al movimento letterario italiano chiamato «estetismo»29, di cui è considerato il
maggiore rappresentante.
          Il movimento dell’estetismo ebbe origine in Italia dopo essersi diffuso in
Europa. Dopo le esperienze che vanno dal romanticismo al decadentismo si venne a
formare un nuovo clima che fu quello respirato da D’Annunzio durante il periodo
romano. Questa era la cornice del Piacere, un ambiente «bizantino»30, nel quale tutto
era visto sotto la categoria dell’arte e del bello e dove si rifuggiva dall’utile.
       In Italia l’estetismo si diffuse attraverso tre riviste che sono la «Cronaca Bizantina»,
il «Convito», ed il «Marzocco»; e grazie a due protagonisti: il poeta Gabriele
D’Annunzio ed il critico d’arte Angelo Conti. La «Cronaca bizantina» cerca di dare
spazio alle voci nuove, tra le quali spiccava quella di D’Annunzio, che dapprima
collaborò con le sue cronache e poi ne divenne direttore. La rivista dava spazio ad una
letteratura appassionata e sensuale. Si parlava di cronaca, di corruzione ed a volte si
faceva polemica. Gli articoli che venivano riportati su questa rivista descrivevano
circostanze che avevano molte cose in comune con quelle descritte nel romanzo Il
Piacere. Ad esempio lo snobismo provinciale, che caratterizza l’estetismo e ne fa un
fenomeno tipico del decadentismo italiano.
          La poetica di D’Annunzio, assume sfumature diverse a seconda dei periodi da
lui vissuti e di conseguenza sfumature diverse assumono anche le sue opere.
          Certamente la capitale romana fu il luogo più adatto per nutrire l’anima
decadentistica del poeta. Il declino dell’alta società romana, cosí lontana dalla vita reale

28
  Per il capitolo in questione si vedano: WALTER BINNI, La poetica di Gabriele D’Annunzio e
l’estetismo, in La poetica del decadentismo, Sansoni Editore, Firenze, 1988.

29
  L’estetismo è una corrente artistico letteraria che si sviluppa nella seconda metà dell’Ottocento. Prese
origini dalle teorie dell’arte per l’arte nate in Francia dai parnassiani che parlano di come vivere un
ideale estetico. Fondamentalmente fa coincidere il concetto di opera d’arte con quello di vita. Dunque
ogni tipo di espressione artistica quali ad esempio la poesia, la bellezza la ricerca della massima
espressione artistica ovvero della perfezione, trovano per l’esteta giustificazione nella realtà, anche a
costo di pregiudicare le leggi della morale. Il limite dell’estetismo sta nel giustificare ogni cosa con la
ricerca della bellezza e del massimo godimento. Per cui per l’esteta a questo punto tutto ciò che lo appaga
diventa legittimo, separandolo in alcuni casi dalla società e dalla sue leggi. L'esteta rifugge dalla vita
comune, scontata, banale e si isola, vivendo nel suo mondo circondato solo dall’arte e dalla bellezza. Cfr.
VIRGILIO MERCHIORE (a cura di), in Enciclopedia filosofica, volume Quarto, Bompiani, 2006, pp.
3756-3757.

30
 Il termine viene spiegato meglio nel capitolo 2.6.1. della presente tesi.

                                                     17
della nazione e anche dalla politica, si sposava perfettamente con la natura raffinata e
volubile di D’Annunzio.
       Il suo estetismo è una filosofia, incarna una visione del mondo che divenne parte
integrante della sua vita e che allo stesso tempo influenzò molto la sua produzione.
Quasi tutti gli studiosi ritengono l’estetismo dannunziano molto sensuale, decadente e
controverso.
       Noi ci siamo affidati al modello di Walter Binni31, e nel presente capitolo quindi
cerchiamo di spiegare quali erano le origini per le quali nacque la filosofia della vita del
poeta e come quest’ultima si manifesta. Ci concentreremo sopratutto sul periodo
romano di D’Annunzio perché questo è il più significativo per la sua filosofia
estetizzante.

1.3.1. L’esteta sensuale, decadente e controverso

       Possiamo definire la personalità di D’Annunzio varia e controversa. Troviamo in
lui diverse qualità come la grande creatività, la poeticità, la raffinetezza, ma allo stesso
tempo ha anche molti vizi: l’esibizionismo, la lussuria, la necessità di essere sempre
riconosciuto come il migliore. Tutto questo naturalmente si rispecchia sulla sua poetica
e ne fa uno tra i più grandi decadenti italiani a cavallo tra i due secoli.
       In D’Annunzio il mito32, la retorica e la ricerca della bellezza si fondono tra loro
diventando la sua filosofia di vita. La sua percezione del mondo non è del tutto logica. Il
suo atteggiamento lo porta a voler fare molte esperienze, dalle quali nasce il suo motto,
ovvero il mito di una vita intesa come un’opera d’arte.
Decisivo per la poetica decadente di D’Annunzio è stato senza dubbio il contatto con
l’atmosfera di Roma, che dà origine ad un decadentismo del tutto particolare, non più
basato su un concetto filosofico, ma legato alla provincia italiana e ad i suoi intrighi.
       La poetica del mondo romano non prescinde dalla società alla quale si rivolge,
anzi è diretta proprio alle persone e allo stesso tempo anche all’ambiente.
       La sensibilità del poeta si esprime al meglio nel descrivere la ricchezza degli
ambienti, la raffinatezza degli oggetti, che egli ama spassionatamente e che fanno da
sfondo a racconti di cronaca mondana, immersi in un’atmosfera decadente, tipica della
Roma di quel periodo.

31
    Cfr. WALTER BINNI, La poetica di Gabriele D’Annunzio e l’estetismo, in La poetica del
decadentismo, Sansoni Editore, Firenze, 1988, p. 29.
32
   Parliamo del mito del superuomo e dell’estetismo.

                                              18
Anche nel romanzo Il Piacere possiamo cogliere questa attenzione ai dettagli
descrittivi del paesaggio. L’appartamento romano di Andrea Sperelli, così pure la villa
Schifanoja sono descritti in un modo molto estetizzante.
        Un’altra caratteristica di queste descrizioni, tutta dannunziana è la loro
delicatezza e la loro sensualità. Egli non approfondisce mai lo scenario, ma lo sfiora,
dedicando attenzione ad alcuni dettagli. La sua tensione sta nel voler trasmettere delle
suggestioni.
        La poetica del D’Annunzio secondo Binni vuole: «suscitare delle sensazioni sui
limiti della commozione, muovere più la sentimentalità che il sentimento, condurre ad
un interesse della persona sensuale, ad una soddisfazione, non ad un puro interesse
estetico.»33
        I suoi romanzi sono pieni di tali esempi e sono la testimonianza della sua
poetica, ma sono anche un chiaro esempio del suo ideale nel quale la poetica diventa il
suo stile di vita.
        La fase estetica della vita del poeta visse un momento di crisi intorno al 1890,
crisi che si ripercosse anche nella produzione letteraria. Questa crisi coincide anche con
un suo periodo di infelicità sentimentale. Il poeta, alla ricerca di nuovi stimoli, si
avvicinò al mito del superuomo ispirato dalle teorie di Nietzsche, filosofo tedesco. Il
mito del superuomo abbracciava valori non più solo di bellezza ma anche di eroismo.
Gli scritti di questo periodo sono dunque caratterizzati da colpi di scena grandiosi e
gesta eroiche.
In D’Annunzio la poetica del superuomo, non prevale mai del tutto sul suo ideale
estetico, ed egli continua a manifestare la poetica nella realtà.

33
  WALTER BINNI, La poetica di Gabriele D’Annunzio e l’estetismo, in La poetica del decadentismo,
Sansoni Editore, Firenze, 1988, cit., p. 67.

                                                19
2.      Il Piacere, «la testimonianza più cospicua dell’estetismo italiano»

        Questo capitolo è interamente dedicato allo studio del romanzo Il Piacere. La
presente tesi tratta il romanzo in questione in quanto attraverso esso possiamo meglio
comprendere quale fosse il concetto di estetismo per D’Annunzio. Questa possibilità ci
è data dal protagonista del racconto il quale incarna perfettamente l’esteta per eccelenza.
        Dapprima presenteremo il romanzo in generale, in seguito ci occuperemo della
sua struttura e poi accenneremo alla trama del romanzo. Faremo infine un’analisi
precisa di vari componimenti della narrazione ed attraverso essi cerchiamo di
comprendere il vero ruolo del decadente eroe-esteta nell’opera.

2.1.    Osservazioni generali sul romanzo34

        Il romanzo, che d’Annunzio desiderava scrivere da molto tempo, finalmente fu
portato a termine a Francavilla in Abruzzo, nel 1888, durante il soggiorno da un amico,
il pittore Francesco Paolo Michetti. L’idea per la stesura del testo nacque durante la fase
finale dell’esperienza romana, quando D’Annunzio, ormai deluso da quella società
corrotta, che prima aveva visto in una luce idealizzata a causa del fascino dei suoi
ambienti raffinati.
        Lo spunto per questo romanzo arrivò dai suoi articoli giornalistici35, che
derivavano dalle sue avventure galanti e sentimentali e dalle suggestioni che il
paesaggio di Roma stessa gli regalava. D’Annunzio viveva il giornalismo come una
fatica quotidiana, ma in realtà esso si rivelò un esercizio di grande aiuto.
        Una parte non secondaria nella stesura del romanzo la fecero anche i testi di
autori stranieri.36 D’Annunzio spesso faceva citazioni di brani tratti da opere letterarie
straniere.37 Citazioni che a volte traduceva e che altre volte invece lasciava in lingua
originale. Talvolta addirittura le trascriveva senza nemmeno citare la fonte.

34
   Cfr. Federico Roncoroni, Introduzione a: G. D’ANNUNZIO, Il Piacere, Arnoldo Mondadori Editore
S.p.A, Milno, 1995, pp. V-LXX.
35
   Dal 1884 lavorava per «La Tribuna», scrivendo le cronache romane, le favole mondane, gli interventi
critici.
36
   Il romano è fortemente intessuto dei fermenti prodotti dal decadentismo europeo, soprattutto gli fu
d’ispirazione il romanzo A Rebous (1884) di Huysmans, a cui D’Annunzio si avvicinò in quegli anni. Cfr.
ROBERTO CADONICI, Come leggere Il Piacere di Gabriele d’Annunzio, Mursia, Milano, 1990, p. 31.
37
   Nel romanzo troviamo inseriti i testi classici di William Shakespeare, di Johann Wolfgang Goethe e di
Percy Bysshe Shelley, ma anche i testi da opere più recenti di Gustave Flaubert, di Charles Baudelaire o
di Artur Schopenhauer.

                                                  20
Il Piacere, appartiene alla collana dei «romanzi della Rosa»38 assieme al
romanzo L’Innocente (1892) e Trionfo della morte (1894). Il Piacere uscì per la prima
volta il 13 maggio 1889 presso la casa editrice Treves e fin dall’inizio ebbe un notevole
sucesso.
          D’Annunzio si era sempre ispirato a vivere la «vita come un’opera d’arte».
Stando all’affermazione di Bàrberi Squarotti, il poeta cerca continuamente di inserire le
vicende della sua vita privata nella scrittura, cercando di descrivere                      un «vivere
inimitabile» sia tramite le imprese, sia attraverso le sue opere.39 Cosí il romanzo Il
Piacere è diventato una vera testimonianza del suo modo di intendere la vita, volto
all’estetismo ed alla ricerca del piacere. Lo potremmo definire come una vera e propria
confessione del protagonista ed uno studio approfondito della sua psicologia. Il
protagonista va cercando in ogni modo l’appagamento dei sensi, tanto che l’esperienza
della realtà passa sempre attraverso il loro filtro.
          Nel romanzo si rivela soprattutto l’argomento dell’identificazione tra la vita e
l’opera d’arte, che è uno dei concetti principali dell’estetismo e che è per il protagonista
una vera e propria ragione di vita: «Bisogna fare la propria vita, come si fa un’opera
d’arte», soleva ripetere, «La superiorità vera è tutta qui». 40
          Come già ci spiega il titolo, il piacere sostituisce la morale. E questa delirante
corsa all’eccesso, lo condurrà al fallimento, seppur egli se ne compiacerà sempre.

2.2.      Struttura del romanzo

          La storia narrata non è scritta secondo un ordine temporale cronologico ma vi
sono continui salti temporali tra gli eventi.
          Il romanzo viene diviso in quattro libri allo scopo di individuare all’interno della
vicenda quattro momenti importanti: il Libro primo, che a sua volta racchiude i capitoli
1-5, si apre con l’incontro di Andrea ed Elena il 31 dicembre 1886 e si conclude con il
duello di Andrea e Gianetto Rùtolo, durante il quale il protagonista rimane gravemente
ferito.

38
   Il sopratitolo della collana “romanzi della Rosa“ unisce questi tre libri a formare un ciclo narrativo,
allude all’intenso erotismo che caratterizza le tre opere: la rosa qui rappresenta il simbolo dell’amore
ardente e sensuale; Cfr. Federico Roncoroni, Note a GABRIELE D’ANNUNZIO, Il Piacere, Arnoldo
Mondadori Editore S.p.A, Milano, 1995, p. 359.
39
   Cfr. G. BÀRBERI SQUAROTTI, Invito alla lettura di d’Annunzio, Mursia, Milano, 1982-1990, pp.
29-32.
40
   D’ANNUNZIO 1995, cit., p. 37.

                                                   21
Il Libro secondo, contiene 4 capitoli. Parte dalla convalescenza di Andrea
Sperelli avvenuta a Schifanoja fino all’inizio della relazione fra lui e Maria Ferres.
Termina con la scena in cui lei confida ad un diario i suoi sentimenti. Il Libro terzo,
costituito da 4 capitoli, racconta del ritorno di Andrea a Roma, del ritorno di Elena,
della seduzione di Maria, del conflitto del protagonista esitante tra le due donne, e si
chiude con il tanto atteso primo bacio tra Andrea e Maria. Il Libro quarto, composto di
3 capitoli, parla della relazione con Maria, della sua fallimentare conclusione e
dell’inesorabile finale di solitudine del protagonista.
        La vicenda viene narrata in un periodo di tempo molto preciso. Per l’esattezza
inizia nel giorno del cosiddetto «gran commiato»41 il 25.3.1885 e si chiude il 20.6.1887
con l’asta dei beni della casa di Maria.
        La storia viene raccontata da un narattore esterno, in terza persona singolare. La
voce fuori campo conosce ogni vicenda ed il suo sviluppo, gli stati d’animo dei
protagonisti e spesso interviene con delle anteprime sui fatti che accadranno. Tipici
sono anche i flashback, con i quali si movimenta il racconto aggiungendo note che
rendono più chiara la narrazione.
        Il racconto si compone di pochi dialoghi ma di molte descrizioni sia degli
ambienti che dei luoghi e dei personaggi. Esse sono dettagliate cosí tanto che rendono
perfettamente ricche le scene. Numerose sono inoltre le citazioni ed i rimandi a opere
letterarie e d’arte che danno ragione della profonda cultura dell’autore e dell’anima
estetica del romanzo.42
        Il lessico è a sua volta forbito e spesso vengono usati vocaboli stranieri (inglesi,
francesi e greci), nonché il latino. Roberto Cadonici a questo proposito afferma: «Infatti
la scelta dei termini non cade mai, contrariamente ai pessaggi narrativi, nella banalità,
ma ricerca al contrario la voce dotta, il desueto, il peregrino, sempre ai fini di una
costruzione musicale […].»43

41
   Nel giorno di «gran commiato» Elena ha annuncito ad Andrea la sua partenza da Roma.
42
   Le citazioni ed i rimandi alle opere letterarie e d’arte, le possiamo approfondire grazie alle note che
accompagnano il romanzo alla fine del libro e che ci permettono a scoprire le fonti di d’Annunzio.
43
   R. CADONICI, Come leggere Il Piacere di Gabriele D’Annunzio, Ugo Mursia Editore, Milano, 1990,
cit., p. 77.

                                                    22
2.3.    Trama del romanzo

        Il romanzo ruota attorno alla figura del protagonista, facendoci immergere nella
sua vita dedita al piacere, in cui vive numerose avventure amorose fino al momento del
suo fallimento.
        Il protagonista del Piacere è il Conte Andrea Sperelli Fieschi d’Ugenta. Il
romanzo si apre nel dicembre del 1886, con una scena già incominciata, quella in cui il
protagonista, Andrea Sperelli attende la visita della sua ex amante Elena Muti tornata a
Roma dopo due anni di lunga separazione. Durante l’attesa Andrea ripensa a tutta la
loro storia, alle loro avventure amorose ed al giorno del «gran commiato», scene che
vengono descritte attraverso dei flashback. Elena dopo essere giunta all’appuntamento
dichiara ad Andrea di voler essere in futuro soltanto un’amica e una sorella. L’incontro
si conclude lasciando ad entrambi un senso di tristezza.
        Subentra a questo punto il capitolo che ci presenta il protagonista ed in seguito la
narrazione dell’amore tra Andrea ed Elena, partendo dalla loro conoscenza,
dall’immediata attrazione e dalle avventure amorose consumate tra gli incontri mondani
dell’alta società.
        Ad un certo punto Elena lo abbandona senza una spiegazione, durante una gita
romantica. Di tutta risposta Andrea si getta nella vita mondana, frequentando balli,
cene, corse di cavalli e dedicandosi ad avventure amorose.
        In seguito, tentando di sedurre, per puro vizio, donna Ippolita Albonico, entra in
contrasto con l’amante della donna, Giannetto Rutolo. A causa di una ferita procuratasi
nel duello con Giannetto Rutolo che ne segue, passa la sua convalescenza nella villa di
campagna della cugina, marchesa Francesca d’Ateleta. Durante questo periodo
caratterizzato da una grande malinconia, ripensa alla propria vita, vergognandosi dei
propri vizi e convincendosi che solo l’arte è l’unica salvezza. Qui conosce Maria Ferres,
una donna pura e dolce per la quale prova un forte sentimento. Il racconto della loro
relazione che segue è indicato nel diario di Maria, nel quale si spiega la sua vita,
l’attrazione che prova per Andrea ed il loro successivo amore.
        Dopo questo periodo di convalescenza il protagonista torna a Roma dove
ritroverà anche Elena. Ella nel frattempo si è sposata con un ricco Lord inglese, ma
Andrea lo stesso spera di poterla avere e tenta dunque di riconquistarla, perché prova
per lei ancora dei forti sentimenti. Intanto giunge a Roma anche Maria. Essendo attirato
da entrambe le donne, decide di conquistarle tutte e due. Elena però, ignorandolo, si

                                            23
rivela irraggiungibile e quindi Andrea si dedica totalmente a Maria che gli si concede
amandolo profondamente. Il protagonista, essendo però ancora ossessionato da Elena, la
cerca nel corpo di Maria. Infine, ferito dal comportamento di Elena e anche dalla gelosia
che prova per lei, si rifugia da Maria, disperata per via del crollo finanziario del marito,
e nel momento più intimo la chiama con il nome di Elena. Maria, sentendosi ingannata
scappa da Andrea ed in seguito lascia la città. I suoi mobili vengono messi all’asta
all’interno della sua vecchia casa ed Andrea che vi si era recato si rende conto di essere
rimasto solo.
           D’Annunzio dedica l’ultimo capitolo solo al protagonista come se volesse
sottolineare, attraverso la sua solitudine, la propria sconfitta. Sconfitta che viene definita
da B. Squarotti come un fallimento decadente:

«Andrea finita l’asta, percorre allora le stanze del palazzo ormai desolatamente e squallidamente
vuote, con un fondo di disperazione nell’animo di fronte ai brandelli delle tappezzerie preziose,
strappate dai muri, conservando negli occhi la consapevelezza di un’irrimediabile perdita e
decadenza, che coincide con il falimento della propria vita amorosa, identificata con tanta
rovina di arte e di bellezza».44

44
     G. BÀRBERI SQUAROTTI, Invito alla lettura di d’Annunzio, Mursia, Milano, 1982-1990, cit., p. 77.

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2.4.      Processi interiori del protagonista nel percorso della narrazione

          Andrea Sperelli è il protagonista principale del racconto, e tutta la storia si
svolge intorno a questa figura. Esprime appieno la figura dell’eroe decadente e
dell’esteta per eccellenza; elegante e raffinato ma allo stesso tempo distaccato ed alla
continua ricerca di fama e di piacere. Mai del tutto soddisfatto si sé, antepone il piacere
e la sensualità alla morale ed ai suoi doveri.
          Egli è un conte, un poeta ed un virtuoso acquafortista. Il suo nome completo è
conte Andrea Sperelli-Fieschi d’Ugenta, figlio di un’antica nobile famiglia italiana, di
cui è il classico erede, educato fin da giovane alla cultura, alle arti e all’eleganza.
          Da piccolo aveva passato molto tempo con il padre, con il quale aveva avuto
occasione di fare molti viaggi e varie letture. Suo padre aveva saputo trasmettergli
l’amore per l’arte e per l’estetica in genere ed inoltre la passione per le donne ed il
piacere dei sensi. Ma il più grande insegnamento che Andrea aveva ereditato dal padre
era il seguente motto: «Bisogna fare la propria vita, come si fa un’opera d’arte».45
«Bisogna che la vita d’un uomo d’intelletto sia opera di lui. La superiorità vera è tutta
qui».46
          Il padre muore quando Andrea aveva soltanto ventun’anni, e proprio questo dato
temporale ci permette di dedurre l’età del protagonista nel susseguirsi del racconto. Se il
protagonista ha ventun’anni alla morte del padre e se rimane in Inghilterra per altri
quindici mesi prima di trasferirsi a Roma, come riporta il testo47, questo significa che ne
aveva 22-23 all’arrivo a Roma, 23-24 quando viene lasciato da Elena48 e 25-26 nel
giugno del 1887 alla fine del racconto.49
          La maggior parte della storia si svolge a Roma, città della quale il protagonista è
innamorato. In realtà il suo amore era verso l’aristocrazia romana ed il suo lusso. Tanto
è vero che il narrattore nel libro ci dice espressamente:

«Roma era il suo grande amore: non La Roma dei Cesari ma la Roma dei Papi; non la Roma
degli Archi, delle Terme, dei Fóri, ma la Roma delle Ville, delle Fontane, delle Chiese. Egli

45
   Concetto tipicamente decadente, che è il principio fondametale dell’estetismo.
46
   G. D’ANNUNZIO 1995, cit., p. 37.
47
   Ivi, cit., p. 37.
48
   Donna Elena Mutti, la duchessa di Scerni, sposata con Lord Humphrey Heathfield.
49
   Cfr. Federico Roncoroni, Note a GABRIELE D’ANNUNZIO, Il Piacere, Arnoldo Mondadori Editore
S.p.A, Milano, 1995, p. 368.

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