Cremona Summer Festival, l'8 e 10 luglio due concerti in Cattedrale

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Cremona Summer Festival, l’8
e 10 luglio due concerti in
Cattedrale
La Cattedrale di Cremona ospiterà due concerti in programma
l’8 e il 10 luglio, alle ore 21. Gli eventi fanno parte del
Cremona Summer Festival, nell’ambito del progetto Masterclass
che porterà circa 2.500 persone tra musicisti, studenti,
insegnanti e accompagnatori a Cremona, Crema e Casalmaggiore,
di cui circa 1.500 nella rassegna estiva.

Lunedì 8 luglio si esibirà il Girton College Chapel Choir
Cambridge, complesso di Ottoni “Historic Brass of the
Guildhall School and Royal Welsh College of Music & Drama”
diretti da Gareth Wilson. Il Girton College Chapel Choir è un
coro riconosciuto a livello internazionale, formato da circa
25 coristi e cresciuto soprattutto negli ultimi dieci anni
grazie agli elevati standard musicali, alle registrazioni
regolari e alle entusiasmanti tournée. Nelle tappe italiane il
gruppo inglese terrà una serie di concerti che si
preannunciano come “memorabili” dando vita ad un grandioso
momento musicale con l’esecuzione della Missa “Laudate pueri”
di Marc’Antonio Ingegneri e mottetti dello stesso compositore
cremonese. Il direttore del gruppo inglese, Gareth Wilson, ha
scelto questa solenne musica rinascimentale (otto voci e
raddoppio degli ottoni) come omaggio particolare a due delle
tappe del tour del Girton College: Cattedrale di Cremona
(International Summer Festival) e Mantova, nella Basilica
monteverdiana di S. Barbara.

Mercoledì 10 invece si esibirà il           coro e l’orchestra
d’archi   di   Magdalen  College             School,   Oxford,
Inghilterra. Fondata nel 1480, il Magdalen College School è
una scuola indipendente per ragazzi maschi di età compresa da
7 a 18 anni (le ragazze femmine possono accedere solo per gli
ultimi due anni, dall’età di 16anni). La scuola è conosciuta
per l’alto livello accademico, per la musica, per il coro e
per il collegamento con l’Università di Oxford. Il coro dellla
Magdalen College School, che viaggia in Italia in luglio 2019,
consiste di 16 coristi di voci bianche del Magdalen College
Choir, piu altri bravi cantanti della scuola – si tratta di
Voci Bianche, Soprani, Contralti, Tenori e Bassi. In totale ci
sono 58 cantanti – di età dagli 11 ai 18 anni. Il coro si
esibisce regolarmente a Oxford, nel Magdalen College, nel
Sheldonian     Theatre    e  nella    Chiesa   Parrocchiale
dell’Università. Insieme al coro è presente anche un gruppo
d’archi di 16 elementi, che farà qualche brano di
accompagnamento e alcuni brani per archi.

Il Cremona Summer Festival è un festival estivo che funge da
contenitore per attività didattiche connesse alla liuteria ed
è organizzato dalla Camera di Commercio di Cremona con
l’Istituto di Studi Musicali “Claudio Monteverdi”, con il
patrocinio e la collaborazione del Comune di Cremona, del
Comune di Crema, del Comune di Casalmaggiore, del Consorzio
Liutai    “Antonio Stradivari” Cremona, della Cremona
International Music Academy e dell’Accademia Internazionale
delle Arti.

Il Cremona Summer Festival ha anche il supporto e la
collaborazione della Provincia di Cremona, della Fondazione
Teatro San Domenico, del Casalmaggiore International Festival,
del Festival delle Orchestre Giovanili di Firenze, della
Scuola Internazionale di Liuteria, del Museo del Violino,
della Fondazione Stauffer, del Dipartimento di Musicologia e
Beni Culturali di Cremona, di Esta Italia, del Touring Club di
Cremona, della Strada del Gusto Cremonese, delle Botteghe del
Centro, del Kiwanis Club Cremona, di BeMyMusic e del Distretto
Urbano del Commercio.
Padre Albanese: «L’Europa
alzi la voce contro i regimi
totalitari in Africa»
Le contraddizioni della politica estera europea nei confronti
dell’Africa sono evidentissime. In cima all’agenda delle
cancellerie del Vecchio Continente c’è sempre la mobilità
umana. Quando si tratta, però, di alzare la voce nei confronti
di regimi totalitari come quello del presidente eritreo Isaias
Afewerki, un po’ tutti fanno orecchie da mercante.

Questo signore, leader del Fronte Popolare per la Democrazia e
la Giustizia, ha ordinato un paio di settimane fa la chiusura
di 22 centri sanitari gestiti dalla Chiesa Cattolica. All’alba
del 12 giugno scorso, infatti, polizia e militari, per ordine
del governo di Asmara, hanno messo alla porta pazienti, medici
ed infermieri. I presuli, il giorno successivo, hanno espresso
“profonda amarezza” per quanto accaduto, in una lettera
recapitata al Ministro della salute dell’Eritrea: “Un fatto
che non riusciamo a comprendere né nei suoi contenuti, né nei
suoi modi. In alcuni centri i soldati sono stati visti
intimidire il personale a servizio delle nostre cliniche,
costringere i pazienti ad evacuare i locali. In altri casi
hanno perfino circondato e sorvegliato le case dei religiosi.
Come è possibile che questi fatti si verifichino in uno Stato
di diritto?”.

La Chiesa cattolica eritrea, si è comunque dichiarata “aperta
e disponibile al dialogo e alla mutua comprensione”. Nel
frattempo, duole doverlo scrivere, non risulta affatto che dal
pulpito della politica europea si siano levate voci per
condannare un simile misfatto. Stiamo parlando di un Paese
africano, peraltro, da cui sono provenuti, in questi anni,
molti dei migranti che hanno tentato, a volte con successo,
altre volte perdendo la vita, di sbarcare sulle nostre coste.
Da rilevare che l’Unione europea ha concesso recentemente al
regime di Asmara 20 milioni di euro per la manutenzione di
strade in cui saranno impiegati anche molti giovani militari.

Obbligatorio per uomini e donne tra i 18 e i 50 anni e oltre,
il servizio nazionale di leva, con paghe irrisorie e
trattamenti inumani, ha fatto di questo Paese una sorta di
Sparta africana. In diversi documenti dell’Onu viene definito
come “lavoro forzato” e rappresenta la causa principale per
cui da decenni centinaia di migliaia di persone tentano la
fuga dall’Eritrea, molti dei quali giovanissimi, impauriti
dall’approssimarsi dell’età per la leva obbligatoria. La
denuncia è venuta dalla Fondazione per i diritti umani degli
eritrei (Foundation Human Rights for Eritreans – Fhre),
organizzazione della diaspora in Olanda.

Lo stanziamento europeo grava sui fondi di emergenza per
l’Africa (Emergency Trust Fund for Africa – Etfa), che
dovrebbero servire, tra le altre cose, a fermare le migrazioni
promuovendo l’offerta lavorativa nel continente africano. In
questo caso specifico, sostenendo un regime dittatoriale alla
stregua della Corea del Nord.

E cosa dire del Sudan? Con l’uscita di scena del presidente-
padrone Omar Hassan el Beshir, da quasi tre mesi è al potere,
a Khartum, il Consiglio Militare di Transizione (Tmc) che ha
precluso alla società civile di affermare l’agognato
cambiamento democratico. La dicono lunga le violente
repressioni delle manifestazioni di protesta nei confronti di
una giunta militare ai cui vertici spicca il nome di Mohamed
Hamdan Dagalo ‘Hemedti’, vicepresidente del Tmc, leader
indiscusso delle milizie Janjaweed, tristemente note per i
crimini commessi nel Darfur.
Come mai i leader europei, tranne alcune lodevoli eccezioni,
fanno finta di niente, omettendo nei loro discorsi sulla
questione migratoria – ci sia concesso dire “permanentemente
elettorali” – le responsabilità di certi regimi militari?
Anche perché i militari sudanesi di cui stiamo parlando, in
questa fase transitoria – in vista forse tra due, tre anni di
ipotetiche libere elezioni – sono stati foraggiati dall’Arabia
Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti per un totale di tre
miliardi di dollari.

Una cosa è certa l’Unione Europea deve uscire dal letargo, in
un frangente della Storia, il nostro, in cui vengono spesso
misconosciuti i valori fondanti del diritto internazionale,
nonché i diritti dell’uomo e dei popoli.

Missione vocazionale nella
Zona V con seminaristi e
novizie dell’Istituto delle
suore Adoratrici
Il prossimo ottobre la vocazione si fa missione. Succederà nel
concreto di alcune comunità della Zona pastorale V della
diocesi che accoglieranno piccole «squadre» di seminaristi e
di novizie delle suore Adoratrici del SS. Sacramento di
Rivolta d’Adda nelle proprie comunità e nelle proprie case.

L’idea – proposta dal vescovo Napolioni e accolta con
entusiasmo dal Seminario e dall’Istituto fondato da san
Francesco Spinelli – risponde all’invito del Papa ad un
ottobre missionario straordinario e dà forma ad una vera e
propria «Missione vocazionale» che si svolgerà dal 5 al 13
ottobre nelle unità pastorali di Cicognara, Dosolo–San Matteo
delle Chiaviche e Rivarolo Mantovano e nella parrocchia di
Calvatone. «Si tratta – spiega il rettore del Seminario don
Marco D’Agostino – di una risposta alla necessità della Chiesa
di essere sempre più in uscita. Ma dobbiamo ricordarci che non
siamo in uscita da soli. Così in questo caso sono due comunità
in formazione che rispondono alla chiamata di mostrare agli
altri come quel Vangelo che testimoniamo è lo stesso Gesù che
ci ha incontrato e chiesto la disponibilità a dire sì».

Il cammino di preparazione alla Missione vocazionale nella
Zona V è iniziato lo scorso aprile con una due giorni di
formazione con il vescovo Napolioni per i tredici seminaristi
e le sei novizie che hanno messo a confronto idee e stili di
missione. A fine agosto un secondo incontro sarà dedicato
all’organizzazione della settimana. Intanto si sono allacciati
anche i primi contatti con le comunità che accoglieranno i
giovani in ottobre.

Durante i Grest infatti seminaristi e novizie, a gruppi di
quattro o cinque, hanno incontrato i ragazzi negli oratori (il
18 giugno a Dosolo e Calvatone, il 19 a Rivarolo Mantovano e
il prossimo 10 luglio a Cicognara) proponendo una caccia al
tesoro a tema, riservandosi poi un momento per incontrare gli
animatori e chiedendo loro di essere protagonisti della
missione vocazionale. Il 25 giugno si è svolto il primo
incontro di presentazione della missione agli adulti con
l’intervento di don Marco D’Agostino a Villastrada, nell’Unità
pastorale di Dosolo. L’invito è rivolto alle altre parrocchie
per organizzare serate di presentazione in occasione delle
feste dell’oratorio.

La Missione sarà inaugurata sabato 5 ottobre da una veglia di
preghiera comunitaria presieduta proprio da monsignor
Napolioni e dal giorno seguente entrerà dentro la quotidianità
delle parrocchie coinvolte. Seminaristi e novizie
parteciperanno alla Messa domenicale, poi ogni giorno sarà
scandito da sempre nuove occasioni di incontro: un breve
momento di preghiera insieme alle fermate degli autobus da
dove gli studenti delle scuole superiori partono per andare a
scuola, con l’invito a ritrovarsi nel pomeriggio in oratorio
per le altre iniziative, poi davanti alle scuole medie, in
classe con gli insegnanti di religione degli istituti
secondari del territorio e nelle case di riposo per una visita
agli anziani. I giovani «missionari» sosteranno davanti alla
chiesa per invitare i passanti, accompagnati dai sacerdoti
prenderanno un caffé nei bar e passeranno tra i banchi del
mercato, poi proporranno momenti di adorazione e preghiera
rivolti agli adulti, parteciperanno agli incontri di
catechismo in oratorio, incontreranno gli operatori pastorali
e ascolteranno la Parola con le famiglie, anche quelle che per
gli otto giorni della missione li ospiteranno nella propria
casa. Saranno poi le parrocchie stesse ad invitare anche le
altre comunità per dare un respiro zonale a questo cammino che
proporrà temi significativi per una ricerca vocazionale a
tutte le età: l’ascolto di sé e dell’altro, il rischio di
affidarsi, la ricerca della felicità autentica, la fragilità e
la cura, in un riferimento continuo con la Parola. «Il cuore
di questa iniziativa – spiega ancora don D’Agostino – è la
condivisione del cammino ordinario delle parrocchie». In
questo modo anche per i giovani in cammino verso il sacerdozio
e la vita consacrata sarà un’occasione di crescita e
conoscenza: «La particolarità di questa missione vocazionale è
quella di essere svolta da giovani che non sono ancora
arrivati alla scelta definitiva, ma che possono dire che
mettersi in ascolto e interrogarsi su ciò a cui Dio ci chiama
è possibile». E lo dicono mettendosi in gioco, con lo stile
maschile e femminile che si confrontano e si completano, in
un’esperienza che non intende essere un «fuoco artificiale»
che si spegne il 13 ottobre, ma che troverà una continuità
durante tutto l’anno pastorale nel servizio domenicale dei
seminaristi e nei percorsi educativi annuali proposti dalle
Suore Adoratrici con il contributo sempre presente delle
novizie. «E poi – si augura don Marco D’Agostino – sarebbe
bello riuscire nei prossimi anni a proporre la missione
vocazionale anche nelle altre Zone pastorali». Perché, quando
«si esce» e ci si mette in cammino, la strada chiama a non
fermarsi.

Strage di migranti in Libia.
«Aprire corridoi umanitari
europei»
Due bombardamenti aerei nella notte, almeno 40 morti e decine
di feriti. Sono tutti migranti africani sub-sahariani reclusi
nel centro di detenzione governativo di Tajoura, nei dintorni
di Tripoli. Almeno 120 persone erano nell’hangar colpito dalle
forze aeree del generale Khalifa Haftar, che controlla gran
parte dell’est e del sud della Libia e da mesi sta sferrando
attacchi contro il governo del presidente Fayez al-Sarraj,
riconosciuto dalla comunità internazionale. Ancora una volta i
migranti, impossibilitati a fuggire da Tripoli come stanno
invece facendo 100.000 libici sfollati in altre zone del Paese
o in Tunisia, sono le prime vittime inermi di un conflitto che
sembra non trovare una via d’uscita. La proposta di molte
organizzazioni della società civile è la realizzazione di
corridoi umanitari europei dalla Libia per 50.000 persone.
“Stiamo cercando di capire se ci sono donne e bambini tra le
vittime”, dice al Sir Bruno Neri, responsabile dei progetti
di Terre des hommes in Libia. L’organizzazione a tutela dei
bambini è presente da un anno in Libia con una quindicina di
operatori, ma le condizioni di lavoro e sicurezza sono sempre
più difficili e cambiano in continuazione. Al momento Terre
des hommes opera nei campi 1 e 2 per sfollati interni di
Alfallah, che danno rifugio a oltre 1.300 civili libici,
offrendo protezione e supporto psicosociale ai minori migranti
con spazi a misura di bambini e con attività analoghe nel
campo di detenzione migranti e rifugiati di Zuwaia, sempre a
Tripoli. E sta cercando di aprire attività anche a Misurata e
Sirte, in aiuto a migranti e sfollati libici, con priorità ai
bambini e alle donne.

“Migranti usati come strumento politico”. “Proviamo un senso
di grande impotenza, rabbia e angoscia, perché i migranti
vengono usati come strumento politico e target umano e non si
vede una soluzione. In Libia molti pensano che sia stato un
atto di ritorsione del generale Haftar contro l’Italia, a
causa dell’incontro segreto tra il presidente Fayez al-Sarraj
e il ministro dell’interno Matteo Salvini”, afferma Neri.

 “I nostri operatori erano stati a Tajoura, che ospitava 610
 persone, per pianificare un intervento diretto a donne e
 bambini lattanti rinchiusi nel centro. Ma non abbiamo fatto
 in tempo ad aiutarli”.

“Cerchiamo di fornire supporto alimentare e psico-sociale e di
migliorare le condizioni di salute, in collaborazione con
Medici senza frontiere. Non è stato facile entrare, le
condizioni erano quelle di tutti i centri, con centinaia di
persone rinchiuse in grandi capannoni: le donne con i bambini
da una parte, gli uomini da un’altra”. Neri ricorda che “sono
più di 100.000 gli sfollati libici a causa del conflitto ma
nessuno ne parla: vivono in campi affollati, nelle scuole, in
case private. I più ricchi fuggono a Misurata e Sirte, in
Tunisia o all’estero”. Terre des hommes sta realizzando,
insieme a Mediterranean Hope – Programma rifugiati e migranti
della Federazione chiese evangeliche in Italia (Fcei), anche
un programma per permettere a 10 bambini libici con patologie
gravi di ricevere cure in strutture specializzate in Libia,
Tunisia e Italia. Alcuni saranno operati al cuore all’ospedale
pediatrico Gaslini di Genova. “Auspichiamo l’avvio immediato
dei corridoi umanitari, a cui siamo pronti ad aderire, per i
migranti più vulnerabili come minori e donne incinte, evitando
così le morti in mare, il traffico di essere umani ed i
respingimenti verso le coste libiche – conclude -. Chiediamo
che i migranti sopravvissuti al bombardamento vengano al più
presto evacuati in luoghi sicuri in Libia”.

“Libia     non    è   porto    sicuro.     Aprire    corridoi
umanitari”. “L’attacco al centro di detenzione di migranti
in Libia impone un intervento umanitario che da tempo
segnaliamo come urgente e prioritario: l’apertura di un
corridoio umanitario europeo dalla Libia”, conferma Paolo
Naso, coordinatore di Mediterranean hope.                Anche
padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli,
esprime “profondo dolore” per la morte e il ferimento di tante
persone:
  “Volevamo la prova che la Libia non fosse un porto sicuro ora
  l’abbiamo, una prova pagata a prezzo di decine di vite umane
  in un centro di detenzione che non doveva essere lì, nel
  quale non dovevano esserci migranti”.

“A fianco alle vittime del conflitto che si sta consumando in
Libia dobbiamo contare anche queste – prosegue -. Concediamoci
un tempo per piangerle, forse siamo ancora in tempo per
tornare indietro dalle nostre ottuse ed egoistiche logiche da
fortezza Europa”. Stesso concetto viene ribadito
dai missionari Scalabriniani, presenti sul campo in Europa ed
Africa: “la Libia non è un porto e un posto sicuro, per
nessuno; a fronte della situazione critica delle migliaia di
migranti presenti nei centri detentivi in Libia servono
urgenti corridoi umanitari”. Gli Scalabriniani criticano
inoltre le parole tardive del ministro degli esteri italiano
Enzo Moavero Milanesi, che ha chiesto di “garantire la
sicurezza dei migranti”: “Essa suona per lo meno incoerente
dopo gli ultimi ed ennesimi avvenimenti occorsi attorno alle
coste di Lampedusa che hanno mostrato un’azione miope e in
violazione del diritto internazionale da parte del governo
italiano”.
Papa Francesco: preghiera di
luglio per l’integrità della
giustizia (VIDEO)
“Preghiamo perché tutti quelli che amministrano la giustizia
operino con integrità, e perché l’ingiustizia che attraversa
il mondo non abbia l’ultima parola”. Queste le intenzioni di
preghiera di Papa Francesco per il mese di luglio 2019,
dedicata ai magistrati, i tribunali, i giudici e gli avvocati
che amministrano la giustizia in tutto il mondo.

“Dai giudici dipendono decisioni che influiscono sui diritti e
sui beni delle persone”, afferma il Papa nel video realizzato
dalla Rete mondiale di preghiera, e “la loro indipendenza deve
tenerli lontani dal favoritismo e dalle pressioni che possono
contaminare le decisioni che devono prendere”.

 “ I giudici devono seguire l’esempio di Gesù, che non negozia
 mai la verità ”

Lottare contro un sistema ingiusto

Padre Fèderic Fornos, direttore internazionale della Rete
mondiale di preghiera, ricorda che proprio di recente il Papa,
rivolgendosi al vertice dei giudici panamericani, è
intervenuto sulla “battaglia asimmetrica ed erosiva che
affrontano molti giudici”. “La difesa o la priorizzazione dei
diritti sociali su altri tipi di interesse”, aveva detto loro
il Papa, “vi porterà a scontrarvi non solo con un sistema
ingiusto, ma anche con un potente sistema comunicazionale del
potere, che distorcerà spesso la portata delle vostre
decisioni, metterà in dubbio la vostra onestà e anche la
vostra probità, possono addirittura farvi un processo”.

Una virtù non occasionale

La giustizia, aveva ribadito il Papa all’Associazione
nazionale magistrati italiana, è infatti una virtù da
indossare sempre, non “un vestito occasionale” che si usa
“solo per andare alle feste”. In questo senso è fondamentale
il ruolo dei professionisti della giustizia nell’evitare di
far emergere “un terreno di coltura dell’illegalità” a causa
del contesto sociale.

Il fenomeno maligno della corruzione
In particolare, si legge nelle intenzioni della Rete mondiale
di preghiera, “il fenomeno maligno della corruzione della
giustizia influisce sulla coesistenza pacifica e prospera tra
persone e nazioni e il Papa è preoccupato per come questo
provoca ferite nel tessuto sociale”. Citando la Convenzione
delle Nazioni Unite contro la corruzione del 2004, infatti,
“l’integrità della giustizia è una delle vittime principale
del flagello della corruzione, che colpisce con forza i più
poveri, visto che alimenta la disuguaglianza”.

Santa Sede: nessuno violi il
segreto della Confessione
Dopo il Corso sul Foro interno, il trentesimo, svoltosi nel
marzo scorso al Palazzo della Cancelleria a Roma, e l’udienza
del Papa concessa al termine agli oltre 700 partecipanti, la
Penitenzieria Apostolica pubblica una Nota sull’importanza del
foro interno e l’inviolabilità del sigillo sacramentale,
approvata da Francesco e firmata dal Penitenziere maggiore,
il cardinale Mauro Piacenza, e dal reggente, mons. Krzysztof
Nykiel.
La presentazione del card. Piacenza

Nella presentazione del documento, il cardinale Piacenza
spiega come proprio il Pontefice abbia ricordato la natura
sacrale del foro interno, “l’ambito intimo dei rapporti tra
Dio e il fedele”, non sempre correttamente capito e custodito
perfino dentro la comunità ecclesiale: il Papa, evidenzia, ha
infatti raccomandato quanto il concetto di Foro interno vada
preso “sul serio”, senza echi “all’esterno”, ribadendo
l’assoluta inviolabilità del sigillo sacramentale, garanzia
“indispensabile” del Sacramento della Riconciliazione.

              Scarica il testo integrale della Nota

Riservatezza inviolabile

La Penitenzieria apostolica, spiega il porporato, ben conosce
“l’inestimabile valore del segreto sacramentale, della
riservatezza, dell’inviolabilità della coscienza”, concetti
che “attualmente appaiono largamente incompresi o addirittura,
in taluni casi, avversati”. La Nota, aggiunge, “prende le
mosse” dalla constatazione che, nella società odierna
“fortemente ‘mediatizzata’”, allo sviluppo tecnologico e
all’implementazione dei mezzi di comunicazione non corrisponde
un “analogo impegno per la ricerca della verità”, quanto
piuttosto il “desiderio morboso di far circolare le notizie,
vere o false che siano, amplificate o sminuite secondo gli
interessi”.

Penitente parla a Dio

In tale contesto, l’ordinamento giuridico della Chiesa “si
vorrebbe talvolta conformato a quello degli Stati in cui essa
vive in nome di una pretesa correttezza e trasparenza”. La
Penitenzieria apostolica ha quindi ritenuto “urgente”, afferma
il cardinale, ricordare l’“assoluta inviolabilità del sigillo
sacramentale”, fondata sul “diritto divino” senza eccezioni.
Per questo, è “essenziale” insistere sull’“incomparabilità del
sigillo confessionale con il segreto professionale” osservato
da medici, farmacisti, avvocati. Il penitente, aggiunge
infatti, parla “a Dio”. Ogni “azione politica o iniziativa
legislativa” tesa a “forzare” l’inviolabilità del sigillo
sacramentale costituirebbe – si legge nella Nota – una
“inaccettabile offesa verso la libertas Ecclesiae”, che non
riceve la propria legittimazione dai singoli Stati, ma appunto
da Dio.

Nessun compromesso su tutela minori

La Nota affronta anche, evidenzia il Penitenziere maggiore,
l’ambito giuridico-morale di quegli “atti di foro interno che
si compiono al di fuori del sacramento della Penitenza”, ai
quali il diritto canonico garantisce comunque una “speciale
riservatezza”. E tratta pure delle altre ‘specie’ di segreto
che esulano dall’ambito del foro interno, riaffermando “il
principio del diritto naturale a custodire il segreto”. Il
cardinale Piacenza precisa inoltre che il testo della Nota
“non può e non vuole essere in alcun modo una giustificazione
o una forma di tolleranza degli esecrabili casi di abusi
perpetrati da membri del clero”: “nessun compromesso è
accettabile nel promuovere la tutela dei minori e delle
persone vulnerabili e nel prevenire e contrastare ogni forma
di abuso”, come costantemente ribadito da Papa Francesco. La
Nota specifica come “la difesa del sigillo sacramentale e la
santità della confessione non potranno mai costituire una
qualche forma di connivenza col male”, sottolineando come
appartenga “alla ‘struttura’ stessa del sacramento della
Riconciliazione, quale condizione per la sua validità, il
sincero pentimento, insieme al fermo proposito di emendarsi e
di non reiterare il male commesso”.
Violenza tra i giovanissimi a
Cremona, sintomo di un vuoto
che ci interroga
Merita una riflessione non superficiale il caso di cronaca che
ha visto 7 arresti e altre 18 denunce per giovani tra i 15 e i
18 anni nell’ambito dell’inchiesta condotta dalla Compagnia
Carabinieri di Cremona sugli episodi di violenza con
protagonista una baby gang legata ad un gruppo nato sui social
network e denominato “Cremona.dissing”.

Episodi di violenza gratuita nei confronti di coetanei
indifesi avvenuti nelle strade e nelle piazze del centro
cittadino che – come ha commentato anche il Sindaco Gianluca
Galimberti “ci devono interrogare tutti, come cittadini, come
amministratori, come genitori, come educatori”. Per questo
proponiamo di seguito una riflessione di don Paolo Arienti,
responsabile diocesano della Pastorale Giovanile:

«Sono le immagini che mai vorremmo rilanciare, perché
raccontano la brutta storia di un avvelenamento: avvelenato è
l’umano, distorto nella sfida stupida dell’assalto e del
disprezzo, verbale e fisico; avvelenato è il web che diventa
cassa di risonanza per storie di male; avvelenato è un tempo
in cui si salta dai sorrisi di alcuni ai pugni chiusi di
altri. E quando scopri che sei a Cremona, nelle sue piazze e
nelle sue vie, non puoi non interrogarti sui figli di una
città: perché non ci sono solo le eccellenze scolastiche o
sportive, nemmeno solo i “bravi ragazzi” che sanno come
mettere a frutto il loro tempo. Ci sono ancora molti nostri
figli che rischiano di essere di nessuno, magari
sfacciatamente; che non desiderano quasi più nulla e ricorrono
a compensazioni di vuoti a dir poco pericolose. Interroghiamo
i nostri sguardi e le nostre presenze; guardiamo da vicino il
termometro del nostro linguaggio e del nostro livore; vediamo
se tutte queste possibilità per i più giovani proprio ci sono,
oppure se qualcuno non abbia suonato la ritirata.
Restare umani è anche questo: riscoprire un senso di marcia e
in definitiva saper amare qualcuno, magari un poco meno se
stessi, la propria immagine scolpita e perfetta, il proprio
cellulare, quei quattro soldi che altri ci hanno fatto avere».

Sapersi fare come bambini,
complici   i   propri figli
ancora piccoli
Nel prendere ispirazione da San Francesco, patrono di un amore
per il Creato in tutte le sue dimensioni, il Papa avverte: “se
noi ci accostiamo alla natura e all’ambiente senza questa
apertura allo stupore e alla meraviglia, se non parliamo più
il linguaggio della fraternità e della bellezza nella nostra
relazione con il mondo, i nostri atteggiamenti saranno quelli
del dominatore, del consumatore o del mero sfruttatore delle
risorse naturali, incapace di porre un limite ai suoi
interessi immediati” (LS 11).

Ecco la prima necessità: alimentare o forse anche solo
custodire uno sguardo stupito e meravigliato su tutte le opere
del Creato; sapersi fare come bambini, magari complici i
propri figli ancora piccoli, per saper ammirare le bellezze
della natura, senza dare per scontato il comportamento di un
animale piccolo o grande, il mistero di un fenomeno fisico o
il fascino di un paesaggio. Abbiamo bisogno di educarci ad un
rapporto con l’ambiente e con gli altri improntato alla
gratuità, per cui il mondo con tutta la sua bellezza da
riconoscere, non è mio e non posso farne ciò che voglio con
piglio di possessore arbitrario o addirittura violento. C’è un
modo di camminare lungo un sentiero di montagna in alta quota,
c’è un modo di nuotare nelle acque cristalline di una baia,
c’è un modo in cui il passaggio è quello di un ospite
rispettoso in una casa non sua. Perché “se noi ci sentiamo
intimamente uniti a tutto ciò che esiste, la sobrietà e la
cura scaturiranno in maniera spontanea” (LS 11). Approfittiamo
allora di questa stagione estiva per rappacificarci con la
natura che così tanto subisce la nostra pressione nel corso
dell’anno, o anche solo che ci vede distanti e distratti
immersi nella caoticità metropolitana o urbana delle nostre
città. Accingiamoci ad escursioni in punta di piedi, con passo
lento e sicuro, ad un ritmo che ci faccia ascoltare il vento e
ci restituisca alla nostra giusta dimensione di creature. E
non sottraiamoci mai alle domande dei piccoli. Domande
semplici, ingenue, talvolta forse anche imbarazzanti, ma che
aprono squarci di verità. Di solito sono chiavi che schiudono
porte che avevamo dimenticato. Per noi adulti sono dei moniti
a ricordare, per i figli le nostre risposte sono semi che ci
auguriamo germoglino in un terreno predisposto all’ascolto.
Come San Francesco, patrono di tutti coloro che studiano e
lavorano nel campo dell’ecologia, possiamo riconoscere un
legame stretto fra la creazione di Dio e i più poveri, gli
ultimi. Non si può amare il mondo che ci circonda rimanendo
insensibili al grido di bisogno dei tanti umiliati della
Terra. Anche questo può essere insegnato ad un bambino che
cammina per mano al tuo fianco. Lo sguardo verso un monte
innevato o un tramonto sul mare all’orizzonte mi dicono che io
non sono padrone del mondo; lo sguardo di un povero sulla mia
strada, mi dice che io non posso esimermi dal cercare di
condividere le risorse che mi sono state donate. Ecologia e
giustizia vanno così di pari passo e vedremo che in molte
occasioni una richiama l’altra.
A Messina la 70ª Settimana
Liturgica Nazionale
Si svolgerà a Messina dal 26 al 29 agosto, la 70ª Settimana
Liturgica Nazionale promossa dal Centro Azione Liturgica con
l’Arcidiocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela. Il tema
di quest’anno è “Liturgia: chiamata per tutti alla santità
battesimale”.

In attesa di ospitare l’edizione del 2020 proprio a Cremona,
la diocesi invita a partecipare chi fosse interessato alle
giornate di lavori a Messina. Non ci saranno gruppi
organizzati in partenza da Cremona, ma gli uffici dell’agenzia
ProfiloTours sono a disposizione per offrire un supporto
organizzativo al viaggio e verso la città siciliana (Telefono:
39 0372 460592 – Email: info@profilotours.it)

                         La locandina

Belle storie in scena alla
Festa    dell’oratorio  di
Rivarolo del Re
Il tema del grest 2019 “Bella storia” sarà anche il filo
conduttore della Festa dell’Oratorio di Rivarolo del Re che da
domenica 25 agosto a domenica 1 settembre proporrà un ricco
programma di iniziative in parrocchia.
Sport, giochi, gastronomia e tante occasioni di incontro
accompagneranno i giorni e le serate di festa. Tra i momenti
più significativi l’apertura della mostra “Raccontiamoci”
dedicata proprio ai ricordi e alle emozioni nella “Bella
storia” martedì 27 alle 21 e la proposta dello spettacolo
“Atamaihc (nella foto), che racconta della applicazione che
risponde in pochi clic alla domanda “Cosa farò da grande?”.
Non una predizione del futuro ma una vera e propria lettura
delle proprie abilità per scoprire il proprio posto nella
storia. Uno show nato dall’idea e l’animazione di Stefano
Priori, musicato e cantato da Marco Bonini, con il
coordinamento di Sonia Ballestriero e le scenografie di
Maurizio Priori.

Domenica 1 settembre alle 23 la chiusura con lo spettacolo
pirotecnico.

                        La locandina
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