Cremona Summer Festival, l'8 e 10 luglio due concerti in Cattedrale
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Cremona Summer Festival, l’8 e 10 luglio due concerti in Cattedrale La Cattedrale di Cremona ospiterà due concerti in programma l’8 e il 10 luglio, alle ore 21. Gli eventi fanno parte del Cremona Summer Festival, nell’ambito del progetto Masterclass che porterà circa 2.500 persone tra musicisti, studenti, insegnanti e accompagnatori a Cremona, Crema e Casalmaggiore, di cui circa 1.500 nella rassegna estiva. Lunedì 8 luglio si esibirà il Girton College Chapel Choir Cambridge, complesso di Ottoni “Historic Brass of the Guildhall School and Royal Welsh College of Music & Drama” diretti da Gareth Wilson. Il Girton College Chapel Choir è un coro riconosciuto a livello internazionale, formato da circa 25 coristi e cresciuto soprattutto negli ultimi dieci anni grazie agli elevati standard musicali, alle registrazioni regolari e alle entusiasmanti tournée. Nelle tappe italiane il gruppo inglese terrà una serie di concerti che si preannunciano come “memorabili” dando vita ad un grandioso momento musicale con l’esecuzione della Missa “Laudate pueri” di Marc’Antonio Ingegneri e mottetti dello stesso compositore cremonese. Il direttore del gruppo inglese, Gareth Wilson, ha scelto questa solenne musica rinascimentale (otto voci e raddoppio degli ottoni) come omaggio particolare a due delle tappe del tour del Girton College: Cattedrale di Cremona (International Summer Festival) e Mantova, nella Basilica monteverdiana di S. Barbara. Mercoledì 10 invece si esibirà il coro e l’orchestra d’archi di Magdalen College School, Oxford, Inghilterra. Fondata nel 1480, il Magdalen College School è una scuola indipendente per ragazzi maschi di età compresa da
7 a 18 anni (le ragazze femmine possono accedere solo per gli ultimi due anni, dall’età di 16anni). La scuola è conosciuta per l’alto livello accademico, per la musica, per il coro e per il collegamento con l’Università di Oxford. Il coro dellla Magdalen College School, che viaggia in Italia in luglio 2019, consiste di 16 coristi di voci bianche del Magdalen College Choir, piu altri bravi cantanti della scuola – si tratta di Voci Bianche, Soprani, Contralti, Tenori e Bassi. In totale ci sono 58 cantanti – di età dagli 11 ai 18 anni. Il coro si esibisce regolarmente a Oxford, nel Magdalen College, nel Sheldonian Theatre e nella Chiesa Parrocchiale dell’Università. Insieme al coro è presente anche un gruppo d’archi di 16 elementi, che farà qualche brano di accompagnamento e alcuni brani per archi. Il Cremona Summer Festival è un festival estivo che funge da contenitore per attività didattiche connesse alla liuteria ed è organizzato dalla Camera di Commercio di Cremona con l’Istituto di Studi Musicali “Claudio Monteverdi”, con il patrocinio e la collaborazione del Comune di Cremona, del Comune di Crema, del Comune di Casalmaggiore, del Consorzio Liutai “Antonio Stradivari” Cremona, della Cremona International Music Academy e dell’Accademia Internazionale delle Arti. Il Cremona Summer Festival ha anche il supporto e la collaborazione della Provincia di Cremona, della Fondazione Teatro San Domenico, del Casalmaggiore International Festival, del Festival delle Orchestre Giovanili di Firenze, della Scuola Internazionale di Liuteria, del Museo del Violino, della Fondazione Stauffer, del Dipartimento di Musicologia e Beni Culturali di Cremona, di Esta Italia, del Touring Club di Cremona, della Strada del Gusto Cremonese, delle Botteghe del Centro, del Kiwanis Club Cremona, di BeMyMusic e del Distretto Urbano del Commercio.
Padre Albanese: «L’Europa alzi la voce contro i regimi totalitari in Africa» Le contraddizioni della politica estera europea nei confronti dell’Africa sono evidentissime. In cima all’agenda delle cancellerie del Vecchio Continente c’è sempre la mobilità umana. Quando si tratta, però, di alzare la voce nei confronti di regimi totalitari come quello del presidente eritreo Isaias Afewerki, un po’ tutti fanno orecchie da mercante. Questo signore, leader del Fronte Popolare per la Democrazia e la Giustizia, ha ordinato un paio di settimane fa la chiusura di 22 centri sanitari gestiti dalla Chiesa Cattolica. All’alba del 12 giugno scorso, infatti, polizia e militari, per ordine del governo di Asmara, hanno messo alla porta pazienti, medici ed infermieri. I presuli, il giorno successivo, hanno espresso “profonda amarezza” per quanto accaduto, in una lettera recapitata al Ministro della salute dell’Eritrea: “Un fatto che non riusciamo a comprendere né nei suoi contenuti, né nei suoi modi. In alcuni centri i soldati sono stati visti intimidire il personale a servizio delle nostre cliniche, costringere i pazienti ad evacuare i locali. In altri casi hanno perfino circondato e sorvegliato le case dei religiosi. Come è possibile che questi fatti si verifichino in uno Stato di diritto?”. La Chiesa cattolica eritrea, si è comunque dichiarata “aperta e disponibile al dialogo e alla mutua comprensione”. Nel frattempo, duole doverlo scrivere, non risulta affatto che dal pulpito della politica europea si siano levate voci per
condannare un simile misfatto. Stiamo parlando di un Paese africano, peraltro, da cui sono provenuti, in questi anni, molti dei migranti che hanno tentato, a volte con successo, altre volte perdendo la vita, di sbarcare sulle nostre coste. Da rilevare che l’Unione europea ha concesso recentemente al regime di Asmara 20 milioni di euro per la manutenzione di strade in cui saranno impiegati anche molti giovani militari. Obbligatorio per uomini e donne tra i 18 e i 50 anni e oltre, il servizio nazionale di leva, con paghe irrisorie e trattamenti inumani, ha fatto di questo Paese una sorta di Sparta africana. In diversi documenti dell’Onu viene definito come “lavoro forzato” e rappresenta la causa principale per cui da decenni centinaia di migliaia di persone tentano la fuga dall’Eritrea, molti dei quali giovanissimi, impauriti dall’approssimarsi dell’età per la leva obbligatoria. La denuncia è venuta dalla Fondazione per i diritti umani degli eritrei (Foundation Human Rights for Eritreans – Fhre), organizzazione della diaspora in Olanda. Lo stanziamento europeo grava sui fondi di emergenza per l’Africa (Emergency Trust Fund for Africa – Etfa), che dovrebbero servire, tra le altre cose, a fermare le migrazioni promuovendo l’offerta lavorativa nel continente africano. In questo caso specifico, sostenendo un regime dittatoriale alla stregua della Corea del Nord. E cosa dire del Sudan? Con l’uscita di scena del presidente- padrone Omar Hassan el Beshir, da quasi tre mesi è al potere, a Khartum, il Consiglio Militare di Transizione (Tmc) che ha precluso alla società civile di affermare l’agognato cambiamento democratico. La dicono lunga le violente repressioni delle manifestazioni di protesta nei confronti di una giunta militare ai cui vertici spicca il nome di Mohamed Hamdan Dagalo ‘Hemedti’, vicepresidente del Tmc, leader indiscusso delle milizie Janjaweed, tristemente note per i crimini commessi nel Darfur.
Come mai i leader europei, tranne alcune lodevoli eccezioni, fanno finta di niente, omettendo nei loro discorsi sulla questione migratoria – ci sia concesso dire “permanentemente elettorali” – le responsabilità di certi regimi militari? Anche perché i militari sudanesi di cui stiamo parlando, in questa fase transitoria – in vista forse tra due, tre anni di ipotetiche libere elezioni – sono stati foraggiati dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti per un totale di tre miliardi di dollari. Una cosa è certa l’Unione Europea deve uscire dal letargo, in un frangente della Storia, il nostro, in cui vengono spesso misconosciuti i valori fondanti del diritto internazionale, nonché i diritti dell’uomo e dei popoli. Missione vocazionale nella Zona V con seminaristi e novizie dell’Istituto delle suore Adoratrici Il prossimo ottobre la vocazione si fa missione. Succederà nel concreto di alcune comunità della Zona pastorale V della diocesi che accoglieranno piccole «squadre» di seminaristi e di novizie delle suore Adoratrici del SS. Sacramento di Rivolta d’Adda nelle proprie comunità e nelle proprie case. L’idea – proposta dal vescovo Napolioni e accolta con entusiasmo dal Seminario e dall’Istituto fondato da san Francesco Spinelli – risponde all’invito del Papa ad un
ottobre missionario straordinario e dà forma ad una vera e propria «Missione vocazionale» che si svolgerà dal 5 al 13 ottobre nelle unità pastorali di Cicognara, Dosolo–San Matteo delle Chiaviche e Rivarolo Mantovano e nella parrocchia di Calvatone. «Si tratta – spiega il rettore del Seminario don Marco D’Agostino – di una risposta alla necessità della Chiesa di essere sempre più in uscita. Ma dobbiamo ricordarci che non siamo in uscita da soli. Così in questo caso sono due comunità in formazione che rispondono alla chiamata di mostrare agli altri come quel Vangelo che testimoniamo è lo stesso Gesù che ci ha incontrato e chiesto la disponibilità a dire sì». Il cammino di preparazione alla Missione vocazionale nella Zona V è iniziato lo scorso aprile con una due giorni di formazione con il vescovo Napolioni per i tredici seminaristi e le sei novizie che hanno messo a confronto idee e stili di missione. A fine agosto un secondo incontro sarà dedicato all’organizzazione della settimana. Intanto si sono allacciati anche i primi contatti con le comunità che accoglieranno i giovani in ottobre. Durante i Grest infatti seminaristi e novizie, a gruppi di quattro o cinque, hanno incontrato i ragazzi negli oratori (il 18 giugno a Dosolo e Calvatone, il 19 a Rivarolo Mantovano e il prossimo 10 luglio a Cicognara) proponendo una caccia al tesoro a tema, riservandosi poi un momento per incontrare gli animatori e chiedendo loro di essere protagonisti della missione vocazionale. Il 25 giugno si è svolto il primo incontro di presentazione della missione agli adulti con l’intervento di don Marco D’Agostino a Villastrada, nell’Unità pastorale di Dosolo. L’invito è rivolto alle altre parrocchie per organizzare serate di presentazione in occasione delle feste dell’oratorio. La Missione sarà inaugurata sabato 5 ottobre da una veglia di preghiera comunitaria presieduta proprio da monsignor Napolioni e dal giorno seguente entrerà dentro la quotidianità delle parrocchie coinvolte. Seminaristi e novizie
parteciperanno alla Messa domenicale, poi ogni giorno sarà scandito da sempre nuove occasioni di incontro: un breve momento di preghiera insieme alle fermate degli autobus da dove gli studenti delle scuole superiori partono per andare a scuola, con l’invito a ritrovarsi nel pomeriggio in oratorio per le altre iniziative, poi davanti alle scuole medie, in classe con gli insegnanti di religione degli istituti secondari del territorio e nelle case di riposo per una visita agli anziani. I giovani «missionari» sosteranno davanti alla chiesa per invitare i passanti, accompagnati dai sacerdoti prenderanno un caffé nei bar e passeranno tra i banchi del mercato, poi proporranno momenti di adorazione e preghiera rivolti agli adulti, parteciperanno agli incontri di catechismo in oratorio, incontreranno gli operatori pastorali e ascolteranno la Parola con le famiglie, anche quelle che per gli otto giorni della missione li ospiteranno nella propria casa. Saranno poi le parrocchie stesse ad invitare anche le altre comunità per dare un respiro zonale a questo cammino che proporrà temi significativi per una ricerca vocazionale a tutte le età: l’ascolto di sé e dell’altro, il rischio di affidarsi, la ricerca della felicità autentica, la fragilità e la cura, in un riferimento continuo con la Parola. «Il cuore di questa iniziativa – spiega ancora don D’Agostino – è la condivisione del cammino ordinario delle parrocchie». In questo modo anche per i giovani in cammino verso il sacerdozio e la vita consacrata sarà un’occasione di crescita e conoscenza: «La particolarità di questa missione vocazionale è quella di essere svolta da giovani che non sono ancora arrivati alla scelta definitiva, ma che possono dire che mettersi in ascolto e interrogarsi su ciò a cui Dio ci chiama è possibile». E lo dicono mettendosi in gioco, con lo stile maschile e femminile che si confrontano e si completano, in un’esperienza che non intende essere un «fuoco artificiale» che si spegne il 13 ottobre, ma che troverà una continuità durante tutto l’anno pastorale nel servizio domenicale dei seminaristi e nei percorsi educativi annuali proposti dalle Suore Adoratrici con il contributo sempre presente delle
novizie. «E poi – si augura don Marco D’Agostino – sarebbe bello riuscire nei prossimi anni a proporre la missione vocazionale anche nelle altre Zone pastorali». Perché, quando «si esce» e ci si mette in cammino, la strada chiama a non fermarsi. Strage di migranti in Libia. «Aprire corridoi umanitari europei» Due bombardamenti aerei nella notte, almeno 40 morti e decine di feriti. Sono tutti migranti africani sub-sahariani reclusi nel centro di detenzione governativo di Tajoura, nei dintorni di Tripoli. Almeno 120 persone erano nell’hangar colpito dalle forze aeree del generale Khalifa Haftar, che controlla gran parte dell’est e del sud della Libia e da mesi sta sferrando attacchi contro il governo del presidente Fayez al-Sarraj, riconosciuto dalla comunità internazionale. Ancora una volta i migranti, impossibilitati a fuggire da Tripoli come stanno invece facendo 100.000 libici sfollati in altre zone del Paese o in Tunisia, sono le prime vittime inermi di un conflitto che sembra non trovare una via d’uscita. La proposta di molte organizzazioni della società civile è la realizzazione di corridoi umanitari europei dalla Libia per 50.000 persone. “Stiamo cercando di capire se ci sono donne e bambini tra le vittime”, dice al Sir Bruno Neri, responsabile dei progetti di Terre des hommes in Libia. L’organizzazione a tutela dei bambini è presente da un anno in Libia con una quindicina di operatori, ma le condizioni di lavoro e sicurezza sono sempre più difficili e cambiano in continuazione. Al momento Terre des hommes opera nei campi 1 e 2 per sfollati interni di
Alfallah, che danno rifugio a oltre 1.300 civili libici, offrendo protezione e supporto psicosociale ai minori migranti con spazi a misura di bambini e con attività analoghe nel campo di detenzione migranti e rifugiati di Zuwaia, sempre a Tripoli. E sta cercando di aprire attività anche a Misurata e Sirte, in aiuto a migranti e sfollati libici, con priorità ai bambini e alle donne. “Migranti usati come strumento politico”. “Proviamo un senso di grande impotenza, rabbia e angoscia, perché i migranti vengono usati come strumento politico e target umano e non si vede una soluzione. In Libia molti pensano che sia stato un atto di ritorsione del generale Haftar contro l’Italia, a causa dell’incontro segreto tra il presidente Fayez al-Sarraj e il ministro dell’interno Matteo Salvini”, afferma Neri. “I nostri operatori erano stati a Tajoura, che ospitava 610 persone, per pianificare un intervento diretto a donne e bambini lattanti rinchiusi nel centro. Ma non abbiamo fatto in tempo ad aiutarli”. “Cerchiamo di fornire supporto alimentare e psico-sociale e di migliorare le condizioni di salute, in collaborazione con Medici senza frontiere. Non è stato facile entrare, le condizioni erano quelle di tutti i centri, con centinaia di persone rinchiuse in grandi capannoni: le donne con i bambini da una parte, gli uomini da un’altra”. Neri ricorda che “sono più di 100.000 gli sfollati libici a causa del conflitto ma nessuno ne parla: vivono in campi affollati, nelle scuole, in case private. I più ricchi fuggono a Misurata e Sirte, in Tunisia o all’estero”. Terre des hommes sta realizzando, insieme a Mediterranean Hope – Programma rifugiati e migranti della Federazione chiese evangeliche in Italia (Fcei), anche un programma per permettere a 10 bambini libici con patologie gravi di ricevere cure in strutture specializzate in Libia, Tunisia e Italia. Alcuni saranno operati al cuore all’ospedale pediatrico Gaslini di Genova. “Auspichiamo l’avvio immediato
dei corridoi umanitari, a cui siamo pronti ad aderire, per i migranti più vulnerabili come minori e donne incinte, evitando così le morti in mare, il traffico di essere umani ed i respingimenti verso le coste libiche – conclude -. Chiediamo che i migranti sopravvissuti al bombardamento vengano al più presto evacuati in luoghi sicuri in Libia”. “Libia non è porto sicuro. Aprire corridoi umanitari”. “L’attacco al centro di detenzione di migranti in Libia impone un intervento umanitario che da tempo segnaliamo come urgente e prioritario: l’apertura di un corridoio umanitario europeo dalla Libia”, conferma Paolo Naso, coordinatore di Mediterranean hope. Anche padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, esprime “profondo dolore” per la morte e il ferimento di tante persone: “Volevamo la prova che la Libia non fosse un porto sicuro ora l’abbiamo, una prova pagata a prezzo di decine di vite umane in un centro di detenzione che non doveva essere lì, nel quale non dovevano esserci migranti”. “A fianco alle vittime del conflitto che si sta consumando in Libia dobbiamo contare anche queste – prosegue -. Concediamoci un tempo per piangerle, forse siamo ancora in tempo per tornare indietro dalle nostre ottuse ed egoistiche logiche da fortezza Europa”. Stesso concetto viene ribadito dai missionari Scalabriniani, presenti sul campo in Europa ed Africa: “la Libia non è un porto e un posto sicuro, per nessuno; a fronte della situazione critica delle migliaia di migranti presenti nei centri detentivi in Libia servono urgenti corridoi umanitari”. Gli Scalabriniani criticano inoltre le parole tardive del ministro degli esteri italiano Enzo Moavero Milanesi, che ha chiesto di “garantire la sicurezza dei migranti”: “Essa suona per lo meno incoerente dopo gli ultimi ed ennesimi avvenimenti occorsi attorno alle coste di Lampedusa che hanno mostrato un’azione miope e in violazione del diritto internazionale da parte del governo italiano”.
Papa Francesco: preghiera di luglio per l’integrità della giustizia (VIDEO) “Preghiamo perché tutti quelli che amministrano la giustizia operino con integrità, e perché l’ingiustizia che attraversa il mondo non abbia l’ultima parola”. Queste le intenzioni di preghiera di Papa Francesco per il mese di luglio 2019, dedicata ai magistrati, i tribunali, i giudici e gli avvocati che amministrano la giustizia in tutto il mondo. “Dai giudici dipendono decisioni che influiscono sui diritti e sui beni delle persone”, afferma il Papa nel video realizzato dalla Rete mondiale di preghiera, e “la loro indipendenza deve tenerli lontani dal favoritismo e dalle pressioni che possono contaminare le decisioni che devono prendere”. “ I giudici devono seguire l’esempio di Gesù, che non negozia mai la verità ” Lottare contro un sistema ingiusto Padre Fèderic Fornos, direttore internazionale della Rete mondiale di preghiera, ricorda che proprio di recente il Papa, rivolgendosi al vertice dei giudici panamericani, è intervenuto sulla “battaglia asimmetrica ed erosiva che affrontano molti giudici”. “La difesa o la priorizzazione dei diritti sociali su altri tipi di interesse”, aveva detto loro il Papa, “vi porterà a scontrarvi non solo con un sistema ingiusto, ma anche con un potente sistema comunicazionale del potere, che distorcerà spesso la portata delle vostre
decisioni, metterà in dubbio la vostra onestà e anche la vostra probità, possono addirittura farvi un processo”. Una virtù non occasionale La giustizia, aveva ribadito il Papa all’Associazione nazionale magistrati italiana, è infatti una virtù da indossare sempre, non “un vestito occasionale” che si usa “solo per andare alle feste”. In questo senso è fondamentale il ruolo dei professionisti della giustizia nell’evitare di far emergere “un terreno di coltura dell’illegalità” a causa del contesto sociale. Il fenomeno maligno della corruzione In particolare, si legge nelle intenzioni della Rete mondiale di preghiera, “il fenomeno maligno della corruzione della giustizia influisce sulla coesistenza pacifica e prospera tra persone e nazioni e il Papa è preoccupato per come questo provoca ferite nel tessuto sociale”. Citando la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione del 2004, infatti, “l’integrità della giustizia è una delle vittime principale del flagello della corruzione, che colpisce con forza i più poveri, visto che alimenta la disuguaglianza”. Santa Sede: nessuno violi il segreto della Confessione Dopo il Corso sul Foro interno, il trentesimo, svoltosi nel marzo scorso al Palazzo della Cancelleria a Roma, e l’udienza del Papa concessa al termine agli oltre 700 partecipanti, la Penitenzieria Apostolica pubblica una Nota sull’importanza del foro interno e l’inviolabilità del sigillo sacramentale, approvata da Francesco e firmata dal Penitenziere maggiore, il cardinale Mauro Piacenza, e dal reggente, mons. Krzysztof Nykiel.
La presentazione del card. Piacenza Nella presentazione del documento, il cardinale Piacenza spiega come proprio il Pontefice abbia ricordato la natura sacrale del foro interno, “l’ambito intimo dei rapporti tra Dio e il fedele”, non sempre correttamente capito e custodito perfino dentro la comunità ecclesiale: il Papa, evidenzia, ha infatti raccomandato quanto il concetto di Foro interno vada preso “sul serio”, senza echi “all’esterno”, ribadendo l’assoluta inviolabilità del sigillo sacramentale, garanzia “indispensabile” del Sacramento della Riconciliazione. Scarica il testo integrale della Nota Riservatezza inviolabile La Penitenzieria apostolica, spiega il porporato, ben conosce “l’inestimabile valore del segreto sacramentale, della riservatezza, dell’inviolabilità della coscienza”, concetti che “attualmente appaiono largamente incompresi o addirittura, in taluni casi, avversati”. La Nota, aggiunge, “prende le mosse” dalla constatazione che, nella società odierna “fortemente ‘mediatizzata’”, allo sviluppo tecnologico e all’implementazione dei mezzi di comunicazione non corrisponde un “analogo impegno per la ricerca della verità”, quanto piuttosto il “desiderio morboso di far circolare le notizie, vere o false che siano, amplificate o sminuite secondo gli interessi”. Penitente parla a Dio In tale contesto, l’ordinamento giuridico della Chiesa “si vorrebbe talvolta conformato a quello degli Stati in cui essa vive in nome di una pretesa correttezza e trasparenza”. La Penitenzieria apostolica ha quindi ritenuto “urgente”, afferma il cardinale, ricordare l’“assoluta inviolabilità del sigillo sacramentale”, fondata sul “diritto divino” senza eccezioni. Per questo, è “essenziale” insistere sull’“incomparabilità del sigillo confessionale con il segreto professionale” osservato
da medici, farmacisti, avvocati. Il penitente, aggiunge infatti, parla “a Dio”. Ogni “azione politica o iniziativa legislativa” tesa a “forzare” l’inviolabilità del sigillo sacramentale costituirebbe – si legge nella Nota – una “inaccettabile offesa verso la libertas Ecclesiae”, che non riceve la propria legittimazione dai singoli Stati, ma appunto da Dio. Nessun compromesso su tutela minori La Nota affronta anche, evidenzia il Penitenziere maggiore, l’ambito giuridico-morale di quegli “atti di foro interno che si compiono al di fuori del sacramento della Penitenza”, ai quali il diritto canonico garantisce comunque una “speciale riservatezza”. E tratta pure delle altre ‘specie’ di segreto che esulano dall’ambito del foro interno, riaffermando “il principio del diritto naturale a custodire il segreto”. Il cardinale Piacenza precisa inoltre che il testo della Nota “non può e non vuole essere in alcun modo una giustificazione o una forma di tolleranza degli esecrabili casi di abusi perpetrati da membri del clero”: “nessun compromesso è accettabile nel promuovere la tutela dei minori e delle persone vulnerabili e nel prevenire e contrastare ogni forma di abuso”, come costantemente ribadito da Papa Francesco. La Nota specifica come “la difesa del sigillo sacramentale e la santità della confessione non potranno mai costituire una qualche forma di connivenza col male”, sottolineando come appartenga “alla ‘struttura’ stessa del sacramento della Riconciliazione, quale condizione per la sua validità, il sincero pentimento, insieme al fermo proposito di emendarsi e di non reiterare il male commesso”.
Violenza tra i giovanissimi a Cremona, sintomo di un vuoto che ci interroga Merita una riflessione non superficiale il caso di cronaca che ha visto 7 arresti e altre 18 denunce per giovani tra i 15 e i 18 anni nell’ambito dell’inchiesta condotta dalla Compagnia Carabinieri di Cremona sugli episodi di violenza con protagonista una baby gang legata ad un gruppo nato sui social network e denominato “Cremona.dissing”. Episodi di violenza gratuita nei confronti di coetanei indifesi avvenuti nelle strade e nelle piazze del centro cittadino che – come ha commentato anche il Sindaco Gianluca Galimberti “ci devono interrogare tutti, come cittadini, come amministratori, come genitori, come educatori”. Per questo proponiamo di seguito una riflessione di don Paolo Arienti, responsabile diocesano della Pastorale Giovanile: «Sono le immagini che mai vorremmo rilanciare, perché raccontano la brutta storia di un avvelenamento: avvelenato è l’umano, distorto nella sfida stupida dell’assalto e del disprezzo, verbale e fisico; avvelenato è il web che diventa cassa di risonanza per storie di male; avvelenato è un tempo in cui si salta dai sorrisi di alcuni ai pugni chiusi di altri. E quando scopri che sei a Cremona, nelle sue piazze e nelle sue vie, non puoi non interrogarti sui figli di una città: perché non ci sono solo le eccellenze scolastiche o sportive, nemmeno solo i “bravi ragazzi” che sanno come mettere a frutto il loro tempo. Ci sono ancora molti nostri figli che rischiano di essere di nessuno, magari sfacciatamente; che non desiderano quasi più nulla e ricorrono a compensazioni di vuoti a dir poco pericolose. Interroghiamo i nostri sguardi e le nostre presenze; guardiamo da vicino il
termometro del nostro linguaggio e del nostro livore; vediamo se tutte queste possibilità per i più giovani proprio ci sono, oppure se qualcuno non abbia suonato la ritirata. Restare umani è anche questo: riscoprire un senso di marcia e in definitiva saper amare qualcuno, magari un poco meno se stessi, la propria immagine scolpita e perfetta, il proprio cellulare, quei quattro soldi che altri ci hanno fatto avere». Sapersi fare come bambini, complici i propri figli ancora piccoli Nel prendere ispirazione da San Francesco, patrono di un amore per il Creato in tutte le sue dimensioni, il Papa avverte: “se noi ci accostiamo alla natura e all’ambiente senza questa apertura allo stupore e alla meraviglia, se non parliamo più il linguaggio della fraternità e della bellezza nella nostra relazione con il mondo, i nostri atteggiamenti saranno quelli del dominatore, del consumatore o del mero sfruttatore delle risorse naturali, incapace di porre un limite ai suoi interessi immediati” (LS 11). Ecco la prima necessità: alimentare o forse anche solo custodire uno sguardo stupito e meravigliato su tutte le opere del Creato; sapersi fare come bambini, magari complici i propri figli ancora piccoli, per saper ammirare le bellezze della natura, senza dare per scontato il comportamento di un animale piccolo o grande, il mistero di un fenomeno fisico o il fascino di un paesaggio. Abbiamo bisogno di educarci ad un rapporto con l’ambiente e con gli altri improntato alla gratuità, per cui il mondo con tutta la sua bellezza da
riconoscere, non è mio e non posso farne ciò che voglio con piglio di possessore arbitrario o addirittura violento. C’è un modo di camminare lungo un sentiero di montagna in alta quota, c’è un modo di nuotare nelle acque cristalline di una baia, c’è un modo in cui il passaggio è quello di un ospite rispettoso in una casa non sua. Perché “se noi ci sentiamo intimamente uniti a tutto ciò che esiste, la sobrietà e la cura scaturiranno in maniera spontanea” (LS 11). Approfittiamo allora di questa stagione estiva per rappacificarci con la natura che così tanto subisce la nostra pressione nel corso dell’anno, o anche solo che ci vede distanti e distratti immersi nella caoticità metropolitana o urbana delle nostre città. Accingiamoci ad escursioni in punta di piedi, con passo lento e sicuro, ad un ritmo che ci faccia ascoltare il vento e ci restituisca alla nostra giusta dimensione di creature. E non sottraiamoci mai alle domande dei piccoli. Domande semplici, ingenue, talvolta forse anche imbarazzanti, ma che aprono squarci di verità. Di solito sono chiavi che schiudono porte che avevamo dimenticato. Per noi adulti sono dei moniti a ricordare, per i figli le nostre risposte sono semi che ci auguriamo germoglino in un terreno predisposto all’ascolto. Come San Francesco, patrono di tutti coloro che studiano e lavorano nel campo dell’ecologia, possiamo riconoscere un legame stretto fra la creazione di Dio e i più poveri, gli ultimi. Non si può amare il mondo che ci circonda rimanendo insensibili al grido di bisogno dei tanti umiliati della Terra. Anche questo può essere insegnato ad un bambino che cammina per mano al tuo fianco. Lo sguardo verso un monte innevato o un tramonto sul mare all’orizzonte mi dicono che io non sono padrone del mondo; lo sguardo di un povero sulla mia strada, mi dice che io non posso esimermi dal cercare di condividere le risorse che mi sono state donate. Ecologia e giustizia vanno così di pari passo e vedremo che in molte occasioni una richiama l’altra.
A Messina la 70ª Settimana Liturgica Nazionale Si svolgerà a Messina dal 26 al 29 agosto, la 70ª Settimana Liturgica Nazionale promossa dal Centro Azione Liturgica con l’Arcidiocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela. Il tema di quest’anno è “Liturgia: chiamata per tutti alla santità battesimale”. In attesa di ospitare l’edizione del 2020 proprio a Cremona, la diocesi invita a partecipare chi fosse interessato alle giornate di lavori a Messina. Non ci saranno gruppi organizzati in partenza da Cremona, ma gli uffici dell’agenzia ProfiloTours sono a disposizione per offrire un supporto organizzativo al viaggio e verso la città siciliana (Telefono: 39 0372 460592 – Email: info@profilotours.it) La locandina Belle storie in scena alla Festa dell’oratorio di Rivarolo del Re Il tema del grest 2019 “Bella storia” sarà anche il filo conduttore della Festa dell’Oratorio di Rivarolo del Re che da domenica 25 agosto a domenica 1 settembre proporrà un ricco programma di iniziative in parrocchia.
Sport, giochi, gastronomia e tante occasioni di incontro accompagneranno i giorni e le serate di festa. Tra i momenti più significativi l’apertura della mostra “Raccontiamoci” dedicata proprio ai ricordi e alle emozioni nella “Bella storia” martedì 27 alle 21 e la proposta dello spettacolo “Atamaihc (nella foto), che racconta della applicazione che risponde in pochi clic alla domanda “Cosa farò da grande?”. Non una predizione del futuro ma una vera e propria lettura delle proprie abilità per scoprire il proprio posto nella storia. Uno show nato dall’idea e l’animazione di Stefano Priori, musicato e cantato da Marco Bonini, con il coordinamento di Sonia Ballestriero e le scenografie di Maurizio Priori. Domenica 1 settembre alle 23 la chiusura con lo spettacolo pirotecnico. La locandina
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