Coronavirus, muore dipendente del tribunale di Salerno

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Coronavirus, muore dipendente
del tribunale di Salerno
Nuovo decesso per coronavirus da parte di un salernitano. Si
tratta del 63enne Toni Agresta di Agropoli, dipendente del
Tribunale di Salerno.
L’uomo è deceduto all’ospedale Cotugno di Napoli dove si
trovava ricoverato da poco meno di due settimane perchè
affetto da coronavirus. Infatti, il 63enne, dopo essere stato
inizialmente trasportato all’ospedale San Luca di Vallo della
Lucania, in seguito alle complicanza era stato trasferito in
rianimazione al nosocomio partenopeo.
Agresta era conosciuto anche nella città capoluogo in quanto
lavorava presso il Tribunale di Salerno. Agropoli piange la
sua seconda vittima per coronavirus dopo il ferroviere
deceduto giorni fa.

Coronavirus: 38enne di Sarno
muore al Ruggi
Coronavirus continua a provocare vittime nel Salernitano. Oggi
e’ deceduto all’ospedale Ruggi di SALERNO un 38enne di Sarno
che era ricoverato dallo scorso 17 marzo. L’uomo, da quanto si
apprende, non aveva patologie pregresse. Le sue condizioni
erano preoccupanti e negli ultimi giorni sono precipitate. A
comunicare la notizia e’ stato il sindaco Giuseppe Canfora.
“Sarno si stringe nel profondo dolore di questo momento. E’
venuto a mancare un nostro concittadino che stava combattendo
la sua dura battaglia contro il Coronavirus”. Il primo
cittadino di Sarno ha sottolineato anche che “la guerra contro
il Coronavirus deve vederci tutti in prima linea. Lo dobbiamo
ai tanti che soffrono negli ospedali, lo dobbiamo alle tante
persone che ci stanno lasciando”

In auto senza pneumatici non
si ferma all’alt
A bordo di un’auto procedeva a forte velocità su Via delle
Calabrie. L’auto, priva dei pneumatici, produceva scintille
pericolose per sè e per gli altri.L’uomo dopo un po’ si è
imbattuto in un posto di blocco dei Carabinieri che ha tentato
di intimare l’alt al conducente che però non si è fermato ed
ha quasi investito il militare. L’auto è stata rintracciata su
Via San Leonardo, in fiamme, con il guidatore a terra. I
Carabinieri gli hanno ordinato di allontanarsi, visto il
rischio di esplosione, e per tutta risposta sono stati
aggrediti con violenza. Il soggetto, infatti, è stato
immobilizzato con grande fatica, non prima di aver provocato
forti contusioni a due militari. Si tratta di un uomo
proveniente dal napoletano in trattamento TSO e dunque con
importanti problemi psichiatrici e attualmente ricoverato in
psichiatria. Attualmente, con riferimento ai contributi video
amatoriali, tutta la vicenda è al vaglio dell’A.G.

Coronavirus:                    trasferimento
per  anziani                     centro             Sala
Consilina
Tutti gli ospiti positivi della casa di cura per anziani di
Sala Consilina (SALERNO) saranno trasferiti tra oggi e domani
presso il Campolongo Hospital di Eboli (SALERNO). E’ quanto
stato deciso al termine di una riunione svoltasi nella tarda
mattinata di oggi presso l’ospedale di Polla, nel Vallo di
Diano, cui hanno preso parte, tra gli altri, il direttore
generale dell’Asl SALERNO, Mario Iervolino, ed Enrico Coscioni
in rappresentanza della Regione Campania. Al momento
all’interno della casa di cura risultano contagiate una
quarantina di persone tra anziani ed operatori, mentre si sono
registrati tre decessi di anziani dallo scorso 25 marzo.

Raffaele Fabbrocino, processo
ad una persona perbene
Ci sono processi che nella vita professionale di un avvocato
ti rimangono impressi più degli altri, anche se ogni processo
che fa un avvocato penalista ti lascia un qualcosa che
accresce la sua esistenza, al di là dell’aspetto puramente
tecnico. Senza voler fare alcuna classificazione di valore, il
penalista si occupa dell’anima del proprio cliente, il
civilista del portafoglio del cliente; il penalista si occupa
di beni immateriali come la libertà, l’onore, il prestigio, la
resistenza contro la prepotenza, il civilista di beni
materiali come il patrimonio. E’ chiaro che si tratta di una
differenza grossolana e molto relativa, basterebbe ricordare
gli affari di famiglia e dei minori per i civilisti, ma la
premessa mi serve per poter parlare di un processo di quelli
che mi hanno lasciato dentro un forte dispiacere e anche una
grande soddisfazione. Si tratta del processo a carico del
dott. Raffaele Fabbrocino ex Dirigente del Banco di Napoli e,
all’epoca dei fatti Amministratore Delegato e Direttore
Generale dell’ ISVEIMER. Un uomo potentissimo, per bene,
onesto e innocente che venne arrestato e sbattuto in carcere a
Poggioreale all’alba del 10 dicembre 1996. L’accusa era “falso
nel bilancio ISVEIMER dell’anno 1993”. Il dott. Fabbrocino che
raggiunsi a casa sua prima che venisse portato in carcere
dalla Polizia era frastornato, aveva tra le mani l’ordinanza
cautelare firmata dal GIP del Tribunale di Napoli e continuava
a dirmi che lui non sapeva niente di quanto era scritto nel
capo di imputazione. Era vero! Insieme a lui l’ordinanza
raggiunse altri 4 imputati, tutti vertici della finanza,
uomini politici di primaria importanza in Puglia; la notizia
fu diffusa su tutta la stampa nazionale e internazionale (una
delle operazione “incriminate” era stata fatta con la Merril
Lynch, banca inglese, e i depositi erano in Lussemburgo), e ci
fu una forte scossa in Borsa a Milano con molte perdite per
gli investitori (fu definito “terremoto nelle borse”) Dopo due
giorni trascorsi a fare “previsioni” con i figli Donato,
Gennaro e Daniela e con la moglie Antonietta, muta in un
silenzio che esprimeva più dolore di qualsiasi parola, facemmo
l’interrogatorio a Poggioreale. A fronte dell’orario nella
convocazione, ore 17, l’interrogatorio ebbe inizio alle 22
circa. Durante questa attesa dovuta allo svolgimento degli
altri interrogatori dei coimputati detenuti a Poggioreale,
trascorsi l’intero periodo con il dott. Fabbrocino che, munito
di matita e taccuino aveva già steso una serie di riflessioni
sulle assurdità che gli contestavano. Ricordo che, con le
lacrime agli occhi, mi disse che aveva ricevuto una
“accoglienza” da parte dei detenuti con i quali condivideva la
cella, che non si aspettava e che neanche meritava. Alla mia
domanda del perché non sentisse meriti in tal senso mi rispose
che non meritava perché non aveva mai pensato nella sua vita
alla sventura di queste persone che, benché abbiano commesso
un reato, hanno una umanità superiore a tante “persone per
bene”. Mi disse testualmente che nel suo lavoro non avrebbe
mai preso in considerazione una pratica di un “galeotto” che
avesse chiesto aiuto alla banca, ma che quei “galeotti” gli
avevano dato aiuto senza che lui neanche lo avesse chiesto,
gli avevano rifatto il letto e lo avevano “consolato”.
All’interrogatorio partecipò anche il Pubblico Ministero che
aveva sbagliato tutto per inseguire un teorema “politico” che
risultò essere l’esatto opposto del suo ragionamento. In
quella fredda sera di dicembre alle ore 22 circa, al momento
dell’inizio dell’interrogatorio, alla prima domanda che fece
proprio quel PM, fu subito tutto chiaro: “perché non avete
dato i soldi del finanziamento a Berlusconi?”. Era una domanda
completamente fuori tema e relativa a un fatto che non ci era
contestato e che non costituiva reato. Il PM cioè, invece di
volere spiegazioni sul falso in bilancio, voleva sapere un
“pettegolezzo”, e, per sapere questo fatto, aveva fatto
mettere in carcere 5 persone e aveva quasi fatto crollare la
Borsa di Milano. Aveva, inoltre fatto arrestare 5 persone nel
dicembre 1996 per fatti che forse erano avvenuti nel 1993,
persone che non ricoprivano più alcuna carica all’interno
dell’ISVEIMER che proprio nel 1996 prima degli arresti era
stato sottoposto a liquidazione e si avviava a scomparire.
Aveva arrestato 5 persone nonostante le “prove” erano tutte
documentali e consistevano nel rapporto di ispezione svolto
dalla Banca d’Italia nel 1994. In estrema sintesi nessuna
esigenza cautelare poteva giustificare una simile misura,
l’unica esigenza era quella di poter “scoprire” qualcosa
contro Berlusconi che all’epoca aveva stravinto le elezioni e
viaggiava verso l’abbattimento delle regole e ragioni della I
Repubblica. In buona sostanza se la medesima operazione
finanziaria, appostata in bilancio nel medesimo modo, avesse
riguardato una società di chiunque altro, ma non del
Cavaliere, forse, e dico forse, ci sarebbe stato un processo,
ma sicuramente, e dico sicuramente, a piede libero come nella
logica delle cose e del diritto. La vicenda: nel 1993 una
società del gruppo Fininvest, la Istifi, aveva fatto una
richiesta di mutuo alla ISVEIMER di 170 miliardi di lire.
L’istituto di credito aveva trovato la provvista tramite
l’ufficio estero presso la Merrill Lynch, banca d’affari
inglese e l’aveva depositata su un proprio conto presso il
Banco di Napoli sede di Lussemburgo (l’ISVEIMER non faceva
operazioni di cassa e per queste procedeva tramite il Banco di
Napoli di cui era una emanazione e da cui era controllata). La
particolarità di questa operazione posta in essere tra
ISVEIMER e Merrill Lynch era legata al rischio che entrambi i
contraenti correvano al momento della restituzione del
capitale: era stato stabilito che alla data di scadenza del
mutuo, dopo tre anni, l’ISVEIMER o chi per essa, avrebbe
dovuto restituire l’importo ricevuto rapportato al valore, in
quel giorno, del franco svizzero. In parole povere, se quel
giorno il franco svizzero avesse avuto una valutazione uguale
o minore del giorno della erogazione, non sarebbero stati
corrisposti interessi, se invece il franco avesse avuto una
valutazione maggiore sarebbe dovuta essere corrisposta la
somma a quel valore incrementato: si chiama in termine tecnico
operazione di swatc. Ora era avvenuto che il 2 febbraio 1993,
l’allora direttore generale dell’ISVEIMER, prima che iniziasse
il consiglio di amministrazione della società che avrebbe
dovuto deliberare l’erogazione del mutuo in favore a Istifi
passando a quest’ultima anche il rischio di swatc, ritirò “la
pratica per approfondimenti istruttori”. In pratica, poiché
non fu più messa all’ordine del giorno nei successivi consigli
di amministrazione l’erogazione del mutuo, i soldi e il
rischio connesso, rimasero a ISVEIMER sul conto in Lussemburgo
acceso presso il Banco di Napoli. In tutta questa storia
Fabbrocino era Dirigente del Banco di Napoli dell’intero
settore del personale in diretto contatto con l’allora
presidente Ferdinando Ventriglia passato alla storia come “re
Ferdinando” per il ruolo di potente rivestito all’interno
dell’istituto di credito. Il nostro Ferdinando era nato a
Napoli nel 1927. Amico di Giulio Andreotti rimarrà legato alla
Democrazia Cristiana per tutta la vita senza tuttavia mai
inscriversi al partito. Braccio destro di Pietro Campilli
Ministro della Cassa del Mezzogiorno divenne consulente di
Emilio Colombo Ministro del Tesoro e ha goduto dell’amicizia e
della stima di Guido Carli Governatore di Bankitalia che lo
avrebbe voluto come suo successore a governatore di
Bankitalia; venne sfiorato dallo scandalo Sindona (coinvolto
nello scandalo, indagato, accusato, processato e assolto). Per
quello che riguarda Fabbrocino nel 1983 divenne prima
Direttore Generale e poi Amministratore Delegato del Banco di
Napoli che dirigerà fino al 1993. E proprio su designazione di
Ventriglia, Fabbrocino, entra in ISVEIMER il 3 settembre 1993
e succede al suo collega che aveva istruito e gestito la
pratica Istifi, praticamente nessun ruolo ha avuto
nell’istruire la pratica, nell’acquisire la provvista,
nell’accollarsi il rischio, nel non avere erogato alla società
richiedente il mutuo. Però Raffaele Fabbrocino aveva firmato
il bilancio 1993 della ISVEIMER nel quale, secondo la
prospettazione accusatoria, non era stato bene evidenziato il
rischio della operazione di swatc. Dopo l’interrogatorio il
GIP concesse gli arresti domiciliari a Fabbrocino che rientrò
a casa sua la stessa notte e poté riabbracciare i suoi cari.
Non ho mai potuto discutere il riesame dell’ordinanza
cautelare che avevo immediatamente richiesto perché, con una
mossa a sorpresa, il GIP revocò anche gli arresti domiciliari
prima del 4 gennaio 1997 data in cui era fissata l’udienza. Si
arrivò allora alla udienza preliminare nella quale, direi come
da prassi, fu disposto il rinvio a giudizio davanti la V
sezione penale del Tribunale di Napoli. Il commento di
Fabbrocino all’esito della udienza al cui esito lo avevo
preparato, fu semplicissimo: “perché tutto questo tempo e non
si inizia la prossima settimana?”. Il processo ebbe un avvio
difficoltoso, uno degli imputati era difeso dall’avv. Vincenzo
Maria Siniscalchi che all’epoca era deputato della Repubblica
e componente di diverse commissioni. Fu necessario, perciò,
trovare una soluzione che garantisse la presenza del difensore
e lo svolgimento “celere” del processo così come richiesto dal
PM (lo stesso delle indagini e degli arresti sbagliati). Si
decise allora di celebrare tutto il processo di pomeriggio e
tutti i mercoledì dei mesi di marzo, aprile e maggio 1998; si
sarebbe terminato entro giugno, massimo, inizi luglio.
Sembrava un processo americano, di quelli alla Perry Mason per
intenderci. Ogni udienza io e il buon Raffaele Fabbrocino con
il quale ormai ero in confidenza, ci portavamo in auto a
Napoli per celebrare le udienze sempre in compagnia del
taccuino e delle penne, una nera e una rossa. In questi viaggi
ho avuto ancora di più l’occasione di potere apprezzare quanto
“puro” fosse quell’uomo nonostante avesse svolto una vita in
Banca dove non aleggia tanta “purezza”. Fabbrocino era una
persona innanzitutto buona che anche quando doveva
“condannare” qualcosa che non condivideva, lo faceva con
dispiacere, non “condannava”, si “dispiaceva” che quel tale
avesse fatto quella cosa per lui disdicevole. Fabbrocino era
una persona onesta: il suo atteggiamento verso il lavoro, ma
più in generale verso il dovere era di una intransigenza senza
limite. Il dovere innanzi tutto (forse anche un po’ eccessivo)
Fabbrocino era sensibile: a fronte di una scorza da duro, da
comandante, dentro era tenero e lo si capiva quando parlava
della famiglia e quando osservava la natura. Era innamorato
della moglie che conosceva fin dall’infanzia a Lagonegro loro
paese di origine; stimava i propri figli con un “debole” per
Daniela la piccola di casa, ma con uguale affetto verso i
maschi che non perdeva mai occasione di elogiare rigorosamente
in loro assenza. Lui ha partecipato a tutte le udienze, io ne
ho saltate alcune che erano destinate ad attività che non
riguardavano la sua posizione. Non c’è stata ragione per
convincerlo che poteva non presenziare in quelle udienze:
niente da fare, era per lui un dovere, un rispetto per i
giudici, un diritto che andava esercitato e basta. Del resto
mi è stato detto dal Dott. Antonio Picardi, nostro consulente
nel processo, ex direttore del Banco di Napoli ufficio studi,
che anche sul lavoro era lo stesso, arrivava in banca da
direttore, prima degli impiegati. Inutile dire che alle
udienze che non partecipavo si scatenava la rissa in studio
tra i miei collaboratori che volevano andare con il Dott.
Fabbrocino. Ricordo ancora come mi sottoponeva il taccuino al
momento di svolgere il controesame dei testimoni indicandomi
con il dito indice il punto importante. Ricordo le sue
descrizioni del cielo e i paragoni con i quadri di Giacinto
Gigante che gli piacevano molto come un po’ tutta la pittura
napoletana dell’800. Anche in questo era intransigente;
nonostante avessi tentato di fargli apprezzare altri tipi di
pittura da Picasso a Chagall, non c’è stato niente da fare e,
l’unico compromesso, lo abbiamo raggiunto su Biagio Mercadante
pittore di Torraca mio paese di origine, vicino a Lagonegro,
il suo paese. Comunque la marcia trionfale del PM ebbe un
brusco arresto in un pomeriggio di aprile. A una mia domanda
al consulente del PM, a colui che avrebbe dovuto fornire
all’accusa gli elementi tecnici su cui chiedere la condanna,
questi, un commercialista siciliano, rispose, in sintesi, che
Fabbrocino era innocente. Apriti cielo, il PM insistette per
circa mezz’ora affinché il suo teste ritrattasse o correggesse
quanto aveva detto (ha perfino ipotizzato che non avesse ben
compreso la domanda). Niente da fare il consulente, anche
imbarazzato dall’incalzare del PM che alzava anche la voce,
rimase fermo sulla sua risposta perché aveva detto il vero. Si
finì quando il Presidente del Tribunale intervenne e non
ammise più le domande del PM su quel punto. Da quel momento è
iniziato lo strazio di Fabbrocino. Al mercoledì successivo i
testi dal PM non comparvero e il rappresentante dell’accusa
chiese un rinvio più lungo, perché impegnato. Lo stesso PM che
si era irrigidito all’inizio e ci aveva costretto alle udienze
pomeridiane, ora chiedeva di rinviare più a lungo. Alla
udienza del 3 giugno, giorno dopo il mio compleanno dove
ricevetti in regalo da Fabbrocino una cravatta di Marinella,
il PM si scusò di non avere citato i testi; si arrivò a
ottobre e poi a dicembre e poi a marzo etc. . In tutto questo
la domanda fissa di Fabbrocino era la seguente: “perché
avvocato non facciamo più come all’inizio ogni settimana?”.
Che rispondergli a quella persona con il taccuino ormai vuoto
dove su alcuni fogli era solo scritta la data della udienza e
niente altro perché niente era avvenuto? Egli non credeva alla
mia tesi “maligna” che il PM da quando ha capito che aveva
“perso” (ammesso e non concesso che un PM perda o vinca), ha
rallentato il ritmo per allontanare la data della assoluzione
da quella degli arresti ingiusti. Era troppo “puro” per una
tale visione dei fatti! Sta di fatto che trascinati da questo
ritmo nuovo per quel processo, ma normale per gli alti,
arrivammo a novembre 2000.Requisitoria del PM, impersonato in
quella udienza da altro magistrato, che ha chiesto
l’assoluzione degli imputati; prime discussioni dei difensori
e fissazione della mia sola discussione al 6 dicembre, udienza
nella quale sarebbe stata pubblicata la sentenza mediante
lettura del dispositivo in aula; impegno a discussione breve
da parte mia nell’ordine di non più di mezz’ora. Fabbrocino,
con una richiesta di assoluzione, stranamente non era contento
e nel viaggio di ritorno mi chiese perché non avessimo fatto
tutto oggi. Io gli dissi che finire un processo alle 19 non
era una cosa comoda per il Tribunale che si sarebbe dovuto
ritirare per decidere e uscire chissà quando e perciò era
stata una decisione dettata da motivi di opportunità e
ragionevolezza “che volete che cambino una ventina di
giorni…..?”. In effetti non fu come avevo detto: cambiò tutto!
La mattina del 23 novembre a telefono fui raggiunto dalla voce
rotta dal pianto di Daniela che mi annunciava che il padre era
morto durante la notte, nel sonno. Non aveva sofferto, forse
perché erano 4 anni che soffriva e potevano bastare! Aveva 65
anni, la mia età di oggi: era morto di processo anche se
ufficialmente di infarto! Dire che ci rimasi male è riduttivo,
ci rimasi di più: avevo perso un amico a cui non ero riuscito
a dare la soddisfazione di sentire, con le sue orecchie, che
“in nome del popolo italiano” era innocente. Certo non avevo
colpe, però non mi bastava. Allora decisi di fare una cosa
particolare: l’udienza era dopo 12 giorni e non ci sarebbe
stata nessuna comunicazione del decesso al Tribunale; mi
raccomandai con i due coimputati che vidi al funerale di non
divulgare la notizia e di non informare neanche i loro
avvocati; chiesi l’aiuto di Domenico Ducci un grandissimo
avvocato di Napoli, anche lui nel collegio dei difensori di
quel processo, oggi purtroppo prematuramente scomparso,
affinché nessuno comunicasse niente al Tribunale. La mattina
del 6 dicembre 2000, da solo, senza neanche un mio
collaboratore di studio, con la toga e il suo taccuino sul
sedile anteriore al posto sempre occupato da Fabbrocino, mi
recai a Napoli. All’appello Fabbrocino: assente. Non dissi
niente lasciai che fosse l’assistente di udienza a dichiararlo
e pensai che la cosa dovette suonare strana alle orecchie e
agli occhi del Tribunale che lo aveva sempre visto in aula con
i suoi eleganti vestiti di taglio sartoriale, sempre ben
curato nell’aspetto e, questo lo so io, sempre profumato con
una acqua di colonia inglese e con il fedele taccuino tra le
mani. Discussi meno di mezz’ora e il Tribunale si ritirò in
camera di consiglio per un’oretta circa per poi uscire e
dichiarare Fabbrocino innocente per “non avere commesso il
fatto”. Feci assolvere un morto, cosa non prevista dal nostro
ordinamento, ma la fine della vicenda con una sentenza di “non
doversi procedere per morte dell’imputato” non sarebbe stata
giusta. Sarebbe stata secondo legge, legale, ma non giusta.
Feci perciò Antigone della situazione e mi andò meglio della
fanciulla greca. Raffaele Fabbrocino è, dunque una persona che
è stato arrestato ingiustamente solo nella speranza che
potesse, in vinculis, cioè sotto la moderna tortura, insieme
agli altri, accusare di presunte corruzioni o tentativi di
corruzione Berlusconi o i suoi uomini cosa che non era
accaduta. La verità era all’opposto e cioè che quel mutuo non
venne erogato e si ritirò “la pratica per approfondimenti
istruttori” perché non doveva essere finanziato questa a
persona che aveva creato un nuovo soggetto politico che andava
a distruggere un apparato già vacillante sotto i colpi di
tangentopoli. Il tutto alle spalle di Fabbrocino che non era
presente al momento della richiesta di Istifi, al momento
dell’acquisizione della provvista e al momento del ritiro
della pratica. Di tutto questo Fabbrocino sapeva solo per
quanto riferito dal direttore del servizio estero ISVEIMER che
gli aveva comunicato, prima dell’approvazione del bilancio
incriminato, che la “pratica veniva portata in consiglio di
amministrazione il 2 febbraio 1993 e ritirata per
approfondimenti”. Da quel documento mai e poi mai Fabbrocino
avrebbe potuto sapere che il CDA non era informato della
pratica perché dal dato letterale si comprende esattamente
l’opposto (“la pratica veniva portata in consiglio di
amministrazione). Quel documento era così scomodo per l’accusa
da avere suscitato le ire del PM una volta sottoposto al suo
consulente che non potette che ammettere la più semplice delle
verità: Fabbrocino non aveva alcun dovere di comunicare una
cosa di cui il CDA era già a conoscenza e che aveva, in un
certo senso (rinvio per approfondimenti), deliberato. Che cosa
resta? L’amaro in bocca e il ricordo di Fabbrocino il 19
agosto 2000 sul sagrato della chiesa dei Cordici di Torraca
che commosso assisteva in prima fila, insieme alla moglie e a
Daniela, al concerto per solo pianoforte, da me organizzato in
memoria di mio padre musicista, che avevo perso due anni
prima. Dopo tre mesi Fabbrocino lo avrebbe raggiunto. Giovanni
Falci

San   Cipriano    Picentino:
positivo   a   Covid-19   un
carabiniere,    negativi   i
colleghi
Un militare della Stazione di San Cipriano Picentino è
risultato positivo al Covid19. Sta bene ed è in isolamento a
casa. Gli altri componenti del reparto, che continua il
regolare servizio, sono negativi. La situazione è attentamente
monitorata dalla Infermeria Presidiaria di Napoli.
Al Viminale un minuto                                    di
silenzio per Morello
Commemorazione al Viminale per Luigi Morello, il comandante
dei vigili del fuoco di Sala Consilina, nella zona rossa del
Vallo di Diano in provincia di Salerno, deceduto ieri. Era
positivo al coronavirus. “Assieme al capo dei vigili del fuoco
Fabio Dattilo, al capo dipartimento dei vigili del fuoco
Salvatore Mulas e, collegati in videoconferenza, insieme a
tutti i direttori regionali del corpo, abbiamo dedicato un
minuto di silenzio al vigile del fuoco Luigi Morello. Al
termine del doveroso omaggio, c’e’ stata l’occasione per
ribadire l’importanza del ruolo che il corpo sta svolgendo in
questa drammatica circostanza, offrendo prova di grande
dedizione al servizio”. Cosi’ il sottosegretario all’Interno
Carlo Sibilia. “È questo il momento per ribadire l’importanza
di esortare i cittadini al rispetto delle regole, restando a
casa ed evitando contatti, anche per chi invece e’ costretto
dalla propria funzione ad uscire di casa. A chi sta lavorando
sul campo, un campo quantomai rischioso, voglio dire: tenete
duro – aggiunge il sottosegretario – abbiamo in queste ore
pianificato la piu’ capillare distribuzione dei dispositivi di
protezione arrivati in Italia in questi giorni. Presto
sanitari e forze dell’ordine e tutte le figure coinvolte
nell’emergenza in prima linea saranno dotati di ogni strumento
per proteggersi. E’ una buona notizia, finalmente milioni di
mascherine raggiungeranno ogni singolo operatore”. A dare
l’ultimo saluto al loro amato collega anche Rosa D’Eliseo,
comandante dei Vigili del Fuoco di Salerno, che attraverso una
lettera diffusa ha voluto ricordare il “capo” dei pompieri di
Sala Consilina, come ama definirlo nelle sue poche righe: “Con
grande dolore devo comunicare a tutti Voi che il nostro caro
collega Luigi, oggi ci ha lasciati”, inizia così la nota del
Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco Rosa D’Eliseo dopo
aver appreso la notizia della scomparsa del Comandante dei
Vigili del Fuoco del Distaccamento di Sala Consilina Luigi
Morello. “Da giorni seguivamo con apprensione, ma anche con
molta speranza, l’evolversi del suo stato di salute, pregando
che il Signore potesse aiutarlo in questa grande e difficile
sfida…., non è stato così e oggi piangiamo insieme la grande
perdita ed il vuoto che si è creato tra noi Una vita vissuta
da pompiere, sempre tra il fuoco, gli interventi e in mezzo
alla gente della sua amata Teggiano dove era riconosciuto come
il “Capo” dei pompieri di Sala Consilina. Nella mia mente
corre il giorno della deposizione dei fiori alla statua di S.
Cono, quando orgoglioso volle salire personalmente sulla scala
per apporre la corona sull’obelisco, orgoglioso di essere
cittadino di Teggiano, religioso e rappresentante del nostro
amato Corpo. Io lo guardai con fierezza pensando in cuor mio
che incarnava il vero spirito dei Vigili del Fuoco”.

L’Izsm scende in campo: a
breve laboratorio di ricerca
attivo ad Eboli
di Erika Noschese

L’Istituto Zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno scende
in campo per fronteggiare l’emergenza Coronavirus. E lo fa
unendo ricerca, sperimentazione e analizzando gli esiti dei
tamponi, in tre diversi laboratori. Uno di questi, nei
prossimi giorni, sarà attivo anche in provincia di Salerno,
precisamente ad Eboli presso l’ospedale di classe 3 che avrà
non solo il compito di analizzare i vari tamponi che
giungeranno ma anche attività di sperimentazione e di ricerca,
con il Pascale, Tigem e Ceinge. A confermalo Antonio Limone,
direttore Direttore generale dell’Istituto Zooprofilattico
Sperimentale del Mezzogiorno.

Direttore, anche l’Izsm scende in campo…

««Sì, siamo già scesi in campo. Ieri (mercoledì per chi legge
ndr) abbiamo iniziato ad analizzare i primi 200 campioni e
abbiamo fornito le risposte e i risultati. Abbiamo messo su un
laboratorio a Portici, non appena il Ministero della Sanità ce
lo ha autorizzato il giorno dopo era già funzionale; siamo
entrati nella piattaforma che la Regione Campania ha
predisposto, abbiamo ricevuto i campioni, fatti gli esami e
fornito i risultati».

Una task force per fronteggiare l’emergenza Coronavirus…

«Abbiamo messo su nel nostro laboratorio di classe 3 a Portici
tutto il personale a cui – e ci tengo a sottolinearlo – va il
mio encomio a tutte quelle persone che, al di là di
quest’espressione che spesso viene utilizzata mi compete o non
mi compete hanno pensato di mettersi a disposizione, c’è un
grande spirito di solidarietà all’interno dell’istituto e
terremo aperti anche il sabato e la domenica e questo va a
totale merito e onore dei dipendenti dell’Istituto che hanno
offerto una grande disponibilità, sia i tecnici di laboratorio
che i dirigenti che l’amministrazione di cui l’istituto può
esser fiero e io lo sono per primo. Poi, mi ha molto colpito
questa disponibilità, non ci siamo sottratti, siamo in trincea
e stiamo dando una mano. Abbiamo attivato altri due
laboratori: io ho avuto la disponibilità a titolo gratuito di
un laboratorio a Casalnuovo, con cui abbiamo lavorato per la
Terra dei Fuochi ed è il laboratorio che ha vinto la gara
d’appalto per la campagna Trasparenza per il nostro progetto e
che ci hanno messo a disposizione la struttura. Con questa
collaborazione abbiamo tirato su un’attività per fare i
campioni e da domani mattina (oggi per chi legge ndr) entra in
azione questo secondo laboratorio, al netto di quello che ci
manderanno perché stiamo aspettando i nuovi campioni che
analizzeremo a Portici, come Istituto, e a Casalnuovo. Abbiamo
attivato anche un terzo laboratorio, quello dell’ospedale di
Eboli: grazie alla convenzione con l’Asl di Salerno abbiamo
stabilito una collaborazione che ci dovrebbe consentire di
utilizzare, con le nostre macchine e il nostro personale – in
collaborazione con loro – questo laboratorio di classe 3 ad
Eboli, all’interno dell’ospedale. Lì contiamo di fare anche
attività di sperimentazione e di ricerca, con il Pascale,
Tigem e Ceinge

Analizzerete anche i campioni di Salerno?

«Non so cosa succederà perché non abbiamo ancora attivato il
laboratorio di Eboli per il semplice motivo che stiamo
cercando di capire quale sarà il flusso dei tamponi per poi
regolarci. Almeno in uno di questi laboratori un pezzo delle
attività lo dovremo condividere con la ricerca perché nel
frattempo stiamo cercando di mettere su un gruppo di ricerca
che mette insieme il Pascale, il Cotugno, il Tigem, noi e
Ceinge perché c’è un’attività di ricerca che non è da
sottovalutare sulla condizione di una lettura immunitaria di
questa malattia, sul farmaco di Ascierto».

Lei già in     altre occasioni aveva ribadito che non era
paragonabile   ad una semplice influenza questo virus. In questo
momento non     è ancora stato raggiunto il picco ma com’è
realmente la   situazione in Campania?

«La realtà è che i dati che abbiamo non ci consentono
operazioni matematiche certe perché la matematica si fa con i
numeri e se questi non sono precisi non possono esserlo
neanche le proiezioni. Io la possibilità di un aumento dei
positivi non la escludo per niente, la ritengo una possibilità
molto concreta perché in questa condizione bisogna leggerlo
sempre in maniera retroattiva: ciò che accade oggi è il
risultato di un fenomeno che si è verificato prima. In questa
condizione è possibile che tutto ciò che è accaduto 15 giorni
fa tutto quello che è stato una condizione più rigorosa
introdotta nel sistema per condizioni di reclusione ci
consentono di avere un risultato non favorevole; quello che
abbiamo iniziato a fare di più serio lo dovremmo vedere in una
proiezione differita. Se ci siamo comportati bene lo sapremo
dai risultati che miglioreranno e se così non dovesse essere è
perché queste restrizioni, pretese anche da De Luca,
potrebbero non essere state fatte tanto seriamente. Questa
battaglia si vince isolandoci, questo è il concetto e se non è
stato rispettato è perché non è stato capito che il virus è
molto più capace di noi a fare danni. La nostra parte doveva
essere fatta nella misura in cui dovevamo isolarci e ogni
giorno che passa, se ci siamo comportati male, dovremmo
proiettarli in 15 giorni per avere dei risultati».

Crede che la sanità in Campania possa subire un collasso?

«Lei non può chiedere di oscillare così impunemente tra il
bonaccione benaugurante e il corvo che legge con quella
difficoltà che pure c’è la ipotesi di un tracollo. Io sono
abituato a ragionare con dati alla mano secondo il metodo
scientifico e i numeri mi convincono che la situazione è molto
grave, che in Campania potremmo avere situazioni ancora più
preoccupanti rispetto a quelli attuali ma ho visto molta buona
volontà, impegno e abnegazione come ha fatto il personale del
mio istituto e il mio plauso va a chi è in prima linea perché
nessuno si è sottratto. Questo sforzo ha un valore e un
significato ed è anche per attenuare gli effetti devastanti di
questa tragedia perché noi possiamo arginare questa tragedia
che ci è caduta addosso».
ESEGUITO SEQUESTRO PREVENTIVO
DI CONTI CORRENTI BANCARI,
BENI MOBILI ED IMMOBILI PER
IL REATO DI USURA
Nell’odierna mattinata, la Sezione Operativa D.I.A. di
Salerno, in esecuzione di decreto di sequestro preventivo
emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Nocera Inferiore
(SA), ha sottoposto a sequestro beni immobili intestati ad un
professionista di Cava de’ Tirreni (SA) e alla consorte,
entrambi coinvolti in un’attività usuraria.

Le indagini – avviate in seguito alle propalazioni di un
collaboratore di Giustizia rese nell’ambito di parallelo
procedimento trattato dalla D.D.A. di Salerno – sono state
coordinate dalla Procura della Repubblica di Nocera Inferiore
e condotte dalla Direzione Investigativa Antimafia.
In particolare, le attività investigative svolte dalla D.I.A.
su delega del Sostituto Procuratore Dott. Angelo Rubano – in
coordinamento investigativo con il Dott. Vincenzo Senatore
della D.D.A. – hanno consentito di accertare che i due
indagati, a fronte di un prestito complessivo di 160.000 Euro,
si facevano trasferire da un imprenditore edile immobili siti
in Cava de’ Tirreni del valore di 333.000 Euro, con una
transazione economica sproporzionata in relazione alle
concrete modalità del fatto e con un acclarato tasso
d’interesse usurario.

In particolare, la parte offesa, imprenditore edile, su
commissione di una persona del luogo, ristrutturava un
complesso immobiliare sito in Cava de’ Tirreni con plurime
unità immobiliari di proprietà di quest’ultimo, pattuendo
quale corrispettivo in natura dei lavori effettuati il
trasferimento di n. 2 unità immobiliari ristrutturate, il cui
controvalore e
             ̀ stato ritrasferito ai soggetti attinti dal
sequestro.

Dalle risultanze delle intercettazioni ambientali, dalle
audizioni di soggetti a conoscenza della vicenda e dai
riscontri documentali-patrimoniali, emergeva la conferma del
fatto che il ricavato della vendita degli immobili (spettanti
alla parte offesa, a titolo di corrispettivo per i lavori di
ristrutturazione eseguiti sulla proprietà del committente dei
lavori) fu corrisposto agli indagati tramite un’operazione
negoziale collegata.

Le investigazioni hanno, peraltro, acclarato come gli autori
dell’attività usuraria svolta fossero legati da rapporti con
pregiudicati anche appartenenti al Clan Zullo, operante a Cava
de’ Tirreni (SA).

Coronavirus:    altre                                  due
vittime nel Salernitano
Altre due vittime in provincia di Salerno tra coloro che erano
risultati positivi al Coronavirus. Si tratta di un 72enne di
Montesano sulla Marcellana e di un ferroviere 53enne di
Agropoli. Il primo, come comunicato dal sindaco Giuseppe
Rinaldi, è deceduto questa mattina all’ospedale di Scafati a
causa di una grave crisi che ha complicato le sue pregresse
patologie respiratorie. Il secondo, invece, è spirato
all’ospedale “San Luca” di Vallo della Lucania. La notizia
della sua scomparsa ha lasciato sgomenta la comunità di
Agropoli dove l’uomo era conosciuto e stimato. “Abbiamo
aspettato, sperato, pregato che questa notizia non arrivasse.
Ora affranti, piangiamo per te”, il messaggio di cordoglio del
primo cittadino Adamo Coppola. Continua, dunque, l’emergenza
Covid-19 in provincia di Salerno dove aumenta il numero delle
persone che hanno perso la vita. Ieri sera si e’ registrato il
primo decesso nel capoluogo: si tratta di un anziano deceduto
al “Ruggi”. Stamane, invece, il sindaco di Fisciano, Vincenzo
Sessa ha comunicato la positività di un medico in servizio al
pronto soccorso dell’Umberto I di Nocera Inferiore che è
residente nella Valle dell’Irno ma domiciliato a Salerno.
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