Coronavirus, muore dipendente del tribunale di Salerno
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Coronavirus, muore dipendente del tribunale di Salerno Nuovo decesso per coronavirus da parte di un salernitano. Si tratta del 63enne Toni Agresta di Agropoli, dipendente del Tribunale di Salerno. L’uomo è deceduto all’ospedale Cotugno di Napoli dove si trovava ricoverato da poco meno di due settimane perchè affetto da coronavirus. Infatti, il 63enne, dopo essere stato inizialmente trasportato all’ospedale San Luca di Vallo della Lucania, in seguito alle complicanza era stato trasferito in rianimazione al nosocomio partenopeo. Agresta era conosciuto anche nella città capoluogo in quanto lavorava presso il Tribunale di Salerno. Agropoli piange la sua seconda vittima per coronavirus dopo il ferroviere deceduto giorni fa. Coronavirus: 38enne di Sarno muore al Ruggi Coronavirus continua a provocare vittime nel Salernitano. Oggi e’ deceduto all’ospedale Ruggi di SALERNO un 38enne di Sarno che era ricoverato dallo scorso 17 marzo. L’uomo, da quanto si apprende, non aveva patologie pregresse. Le sue condizioni erano preoccupanti e negli ultimi giorni sono precipitate. A comunicare la notizia e’ stato il sindaco Giuseppe Canfora. “Sarno si stringe nel profondo dolore di questo momento. E’ venuto a mancare un nostro concittadino che stava combattendo la sua dura battaglia contro il Coronavirus”. Il primo cittadino di Sarno ha sottolineato anche che “la guerra contro
il Coronavirus deve vederci tutti in prima linea. Lo dobbiamo ai tanti che soffrono negli ospedali, lo dobbiamo alle tante persone che ci stanno lasciando” In auto senza pneumatici non si ferma all’alt A bordo di un’auto procedeva a forte velocità su Via delle Calabrie. L’auto, priva dei pneumatici, produceva scintille pericolose per sè e per gli altri.L’uomo dopo un po’ si è imbattuto in un posto di blocco dei Carabinieri che ha tentato di intimare l’alt al conducente che però non si è fermato ed ha quasi investito il militare. L’auto è stata rintracciata su Via San Leonardo, in fiamme, con il guidatore a terra. I Carabinieri gli hanno ordinato di allontanarsi, visto il rischio di esplosione, e per tutta risposta sono stati aggrediti con violenza. Il soggetto, infatti, è stato immobilizzato con grande fatica, non prima di aver provocato forti contusioni a due militari. Si tratta di un uomo proveniente dal napoletano in trattamento TSO e dunque con importanti problemi psichiatrici e attualmente ricoverato in psichiatria. Attualmente, con riferimento ai contributi video amatoriali, tutta la vicenda è al vaglio dell’A.G. Coronavirus: trasferimento
per anziani centro Sala Consilina Tutti gli ospiti positivi della casa di cura per anziani di Sala Consilina (SALERNO) saranno trasferiti tra oggi e domani presso il Campolongo Hospital di Eboli (SALERNO). E’ quanto stato deciso al termine di una riunione svoltasi nella tarda mattinata di oggi presso l’ospedale di Polla, nel Vallo di Diano, cui hanno preso parte, tra gli altri, il direttore generale dell’Asl SALERNO, Mario Iervolino, ed Enrico Coscioni in rappresentanza della Regione Campania. Al momento all’interno della casa di cura risultano contagiate una quarantina di persone tra anziani ed operatori, mentre si sono registrati tre decessi di anziani dallo scorso 25 marzo. Raffaele Fabbrocino, processo ad una persona perbene Ci sono processi che nella vita professionale di un avvocato ti rimangono impressi più degli altri, anche se ogni processo che fa un avvocato penalista ti lascia un qualcosa che accresce la sua esistenza, al di là dell’aspetto puramente tecnico. Senza voler fare alcuna classificazione di valore, il penalista si occupa dell’anima del proprio cliente, il civilista del portafoglio del cliente; il penalista si occupa di beni immateriali come la libertà, l’onore, il prestigio, la resistenza contro la prepotenza, il civilista di beni materiali come il patrimonio. E’ chiaro che si tratta di una differenza grossolana e molto relativa, basterebbe ricordare gli affari di famiglia e dei minori per i civilisti, ma la
premessa mi serve per poter parlare di un processo di quelli che mi hanno lasciato dentro un forte dispiacere e anche una grande soddisfazione. Si tratta del processo a carico del dott. Raffaele Fabbrocino ex Dirigente del Banco di Napoli e, all’epoca dei fatti Amministratore Delegato e Direttore Generale dell’ ISVEIMER. Un uomo potentissimo, per bene, onesto e innocente che venne arrestato e sbattuto in carcere a Poggioreale all’alba del 10 dicembre 1996. L’accusa era “falso nel bilancio ISVEIMER dell’anno 1993”. Il dott. Fabbrocino che raggiunsi a casa sua prima che venisse portato in carcere dalla Polizia era frastornato, aveva tra le mani l’ordinanza cautelare firmata dal GIP del Tribunale di Napoli e continuava a dirmi che lui non sapeva niente di quanto era scritto nel capo di imputazione. Era vero! Insieme a lui l’ordinanza raggiunse altri 4 imputati, tutti vertici della finanza, uomini politici di primaria importanza in Puglia; la notizia fu diffusa su tutta la stampa nazionale e internazionale (una delle operazione “incriminate” era stata fatta con la Merril Lynch, banca inglese, e i depositi erano in Lussemburgo), e ci fu una forte scossa in Borsa a Milano con molte perdite per gli investitori (fu definito “terremoto nelle borse”) Dopo due giorni trascorsi a fare “previsioni” con i figli Donato, Gennaro e Daniela e con la moglie Antonietta, muta in un silenzio che esprimeva più dolore di qualsiasi parola, facemmo l’interrogatorio a Poggioreale. A fronte dell’orario nella convocazione, ore 17, l’interrogatorio ebbe inizio alle 22 circa. Durante questa attesa dovuta allo svolgimento degli altri interrogatori dei coimputati detenuti a Poggioreale, trascorsi l’intero periodo con il dott. Fabbrocino che, munito di matita e taccuino aveva già steso una serie di riflessioni sulle assurdità che gli contestavano. Ricordo che, con le lacrime agli occhi, mi disse che aveva ricevuto una “accoglienza” da parte dei detenuti con i quali condivideva la cella, che non si aspettava e che neanche meritava. Alla mia domanda del perché non sentisse meriti in tal senso mi rispose che non meritava perché non aveva mai pensato nella sua vita alla sventura di queste persone che, benché abbiano commesso
un reato, hanno una umanità superiore a tante “persone per bene”. Mi disse testualmente che nel suo lavoro non avrebbe mai preso in considerazione una pratica di un “galeotto” che avesse chiesto aiuto alla banca, ma che quei “galeotti” gli avevano dato aiuto senza che lui neanche lo avesse chiesto, gli avevano rifatto il letto e lo avevano “consolato”. All’interrogatorio partecipò anche il Pubblico Ministero che aveva sbagliato tutto per inseguire un teorema “politico” che risultò essere l’esatto opposto del suo ragionamento. In quella fredda sera di dicembre alle ore 22 circa, al momento dell’inizio dell’interrogatorio, alla prima domanda che fece proprio quel PM, fu subito tutto chiaro: “perché non avete dato i soldi del finanziamento a Berlusconi?”. Era una domanda completamente fuori tema e relativa a un fatto che non ci era contestato e che non costituiva reato. Il PM cioè, invece di volere spiegazioni sul falso in bilancio, voleva sapere un “pettegolezzo”, e, per sapere questo fatto, aveva fatto mettere in carcere 5 persone e aveva quasi fatto crollare la Borsa di Milano. Aveva, inoltre fatto arrestare 5 persone nel dicembre 1996 per fatti che forse erano avvenuti nel 1993, persone che non ricoprivano più alcuna carica all’interno dell’ISVEIMER che proprio nel 1996 prima degli arresti era stato sottoposto a liquidazione e si avviava a scomparire. Aveva arrestato 5 persone nonostante le “prove” erano tutte documentali e consistevano nel rapporto di ispezione svolto dalla Banca d’Italia nel 1994. In estrema sintesi nessuna esigenza cautelare poteva giustificare una simile misura, l’unica esigenza era quella di poter “scoprire” qualcosa contro Berlusconi che all’epoca aveva stravinto le elezioni e viaggiava verso l’abbattimento delle regole e ragioni della I Repubblica. In buona sostanza se la medesima operazione finanziaria, appostata in bilancio nel medesimo modo, avesse riguardato una società di chiunque altro, ma non del Cavaliere, forse, e dico forse, ci sarebbe stato un processo, ma sicuramente, e dico sicuramente, a piede libero come nella logica delle cose e del diritto. La vicenda: nel 1993 una società del gruppo Fininvest, la Istifi, aveva fatto una
richiesta di mutuo alla ISVEIMER di 170 miliardi di lire. L’istituto di credito aveva trovato la provvista tramite l’ufficio estero presso la Merrill Lynch, banca d’affari inglese e l’aveva depositata su un proprio conto presso il Banco di Napoli sede di Lussemburgo (l’ISVEIMER non faceva operazioni di cassa e per queste procedeva tramite il Banco di Napoli di cui era una emanazione e da cui era controllata). La particolarità di questa operazione posta in essere tra ISVEIMER e Merrill Lynch era legata al rischio che entrambi i contraenti correvano al momento della restituzione del capitale: era stato stabilito che alla data di scadenza del mutuo, dopo tre anni, l’ISVEIMER o chi per essa, avrebbe dovuto restituire l’importo ricevuto rapportato al valore, in quel giorno, del franco svizzero. In parole povere, se quel giorno il franco svizzero avesse avuto una valutazione uguale o minore del giorno della erogazione, non sarebbero stati corrisposti interessi, se invece il franco avesse avuto una valutazione maggiore sarebbe dovuta essere corrisposta la somma a quel valore incrementato: si chiama in termine tecnico operazione di swatc. Ora era avvenuto che il 2 febbraio 1993, l’allora direttore generale dell’ISVEIMER, prima che iniziasse il consiglio di amministrazione della società che avrebbe dovuto deliberare l’erogazione del mutuo in favore a Istifi passando a quest’ultima anche il rischio di swatc, ritirò “la pratica per approfondimenti istruttori”. In pratica, poiché non fu più messa all’ordine del giorno nei successivi consigli di amministrazione l’erogazione del mutuo, i soldi e il rischio connesso, rimasero a ISVEIMER sul conto in Lussemburgo acceso presso il Banco di Napoli. In tutta questa storia Fabbrocino era Dirigente del Banco di Napoli dell’intero settore del personale in diretto contatto con l’allora presidente Ferdinando Ventriglia passato alla storia come “re Ferdinando” per il ruolo di potente rivestito all’interno dell’istituto di credito. Il nostro Ferdinando era nato a Napoli nel 1927. Amico di Giulio Andreotti rimarrà legato alla Democrazia Cristiana per tutta la vita senza tuttavia mai inscriversi al partito. Braccio destro di Pietro Campilli
Ministro della Cassa del Mezzogiorno divenne consulente di Emilio Colombo Ministro del Tesoro e ha goduto dell’amicizia e della stima di Guido Carli Governatore di Bankitalia che lo avrebbe voluto come suo successore a governatore di Bankitalia; venne sfiorato dallo scandalo Sindona (coinvolto nello scandalo, indagato, accusato, processato e assolto). Per quello che riguarda Fabbrocino nel 1983 divenne prima Direttore Generale e poi Amministratore Delegato del Banco di Napoli che dirigerà fino al 1993. E proprio su designazione di Ventriglia, Fabbrocino, entra in ISVEIMER il 3 settembre 1993 e succede al suo collega che aveva istruito e gestito la pratica Istifi, praticamente nessun ruolo ha avuto nell’istruire la pratica, nell’acquisire la provvista, nell’accollarsi il rischio, nel non avere erogato alla società richiedente il mutuo. Però Raffaele Fabbrocino aveva firmato il bilancio 1993 della ISVEIMER nel quale, secondo la prospettazione accusatoria, non era stato bene evidenziato il rischio della operazione di swatc. Dopo l’interrogatorio il GIP concesse gli arresti domiciliari a Fabbrocino che rientrò a casa sua la stessa notte e poté riabbracciare i suoi cari. Non ho mai potuto discutere il riesame dell’ordinanza cautelare che avevo immediatamente richiesto perché, con una mossa a sorpresa, il GIP revocò anche gli arresti domiciliari prima del 4 gennaio 1997 data in cui era fissata l’udienza. Si arrivò allora alla udienza preliminare nella quale, direi come da prassi, fu disposto il rinvio a giudizio davanti la V sezione penale del Tribunale di Napoli. Il commento di Fabbrocino all’esito della udienza al cui esito lo avevo preparato, fu semplicissimo: “perché tutto questo tempo e non si inizia la prossima settimana?”. Il processo ebbe un avvio difficoltoso, uno degli imputati era difeso dall’avv. Vincenzo Maria Siniscalchi che all’epoca era deputato della Repubblica e componente di diverse commissioni. Fu necessario, perciò, trovare una soluzione che garantisse la presenza del difensore e lo svolgimento “celere” del processo così come richiesto dal PM (lo stesso delle indagini e degli arresti sbagliati). Si decise allora di celebrare tutto il processo di pomeriggio e
tutti i mercoledì dei mesi di marzo, aprile e maggio 1998; si sarebbe terminato entro giugno, massimo, inizi luglio. Sembrava un processo americano, di quelli alla Perry Mason per intenderci. Ogni udienza io e il buon Raffaele Fabbrocino con il quale ormai ero in confidenza, ci portavamo in auto a Napoli per celebrare le udienze sempre in compagnia del taccuino e delle penne, una nera e una rossa. In questi viaggi ho avuto ancora di più l’occasione di potere apprezzare quanto “puro” fosse quell’uomo nonostante avesse svolto una vita in Banca dove non aleggia tanta “purezza”. Fabbrocino era una persona innanzitutto buona che anche quando doveva “condannare” qualcosa che non condivideva, lo faceva con dispiacere, non “condannava”, si “dispiaceva” che quel tale avesse fatto quella cosa per lui disdicevole. Fabbrocino era una persona onesta: il suo atteggiamento verso il lavoro, ma più in generale verso il dovere era di una intransigenza senza limite. Il dovere innanzi tutto (forse anche un po’ eccessivo) Fabbrocino era sensibile: a fronte di una scorza da duro, da comandante, dentro era tenero e lo si capiva quando parlava della famiglia e quando osservava la natura. Era innamorato della moglie che conosceva fin dall’infanzia a Lagonegro loro paese di origine; stimava i propri figli con un “debole” per Daniela la piccola di casa, ma con uguale affetto verso i maschi che non perdeva mai occasione di elogiare rigorosamente in loro assenza. Lui ha partecipato a tutte le udienze, io ne ho saltate alcune che erano destinate ad attività che non riguardavano la sua posizione. Non c’è stata ragione per convincerlo che poteva non presenziare in quelle udienze: niente da fare, era per lui un dovere, un rispetto per i giudici, un diritto che andava esercitato e basta. Del resto mi è stato detto dal Dott. Antonio Picardi, nostro consulente nel processo, ex direttore del Banco di Napoli ufficio studi, che anche sul lavoro era lo stesso, arrivava in banca da direttore, prima degli impiegati. Inutile dire che alle udienze che non partecipavo si scatenava la rissa in studio tra i miei collaboratori che volevano andare con il Dott. Fabbrocino. Ricordo ancora come mi sottoponeva il taccuino al
momento di svolgere il controesame dei testimoni indicandomi con il dito indice il punto importante. Ricordo le sue descrizioni del cielo e i paragoni con i quadri di Giacinto Gigante che gli piacevano molto come un po’ tutta la pittura napoletana dell’800. Anche in questo era intransigente; nonostante avessi tentato di fargli apprezzare altri tipi di pittura da Picasso a Chagall, non c’è stato niente da fare e, l’unico compromesso, lo abbiamo raggiunto su Biagio Mercadante pittore di Torraca mio paese di origine, vicino a Lagonegro, il suo paese. Comunque la marcia trionfale del PM ebbe un brusco arresto in un pomeriggio di aprile. A una mia domanda al consulente del PM, a colui che avrebbe dovuto fornire all’accusa gli elementi tecnici su cui chiedere la condanna, questi, un commercialista siciliano, rispose, in sintesi, che Fabbrocino era innocente. Apriti cielo, il PM insistette per circa mezz’ora affinché il suo teste ritrattasse o correggesse quanto aveva detto (ha perfino ipotizzato che non avesse ben compreso la domanda). Niente da fare il consulente, anche imbarazzato dall’incalzare del PM che alzava anche la voce, rimase fermo sulla sua risposta perché aveva detto il vero. Si finì quando il Presidente del Tribunale intervenne e non ammise più le domande del PM su quel punto. Da quel momento è iniziato lo strazio di Fabbrocino. Al mercoledì successivo i testi dal PM non comparvero e il rappresentante dell’accusa chiese un rinvio più lungo, perché impegnato. Lo stesso PM che si era irrigidito all’inizio e ci aveva costretto alle udienze pomeridiane, ora chiedeva di rinviare più a lungo. Alla udienza del 3 giugno, giorno dopo il mio compleanno dove ricevetti in regalo da Fabbrocino una cravatta di Marinella, il PM si scusò di non avere citato i testi; si arrivò a ottobre e poi a dicembre e poi a marzo etc. . In tutto questo la domanda fissa di Fabbrocino era la seguente: “perché avvocato non facciamo più come all’inizio ogni settimana?”. Che rispondergli a quella persona con il taccuino ormai vuoto dove su alcuni fogli era solo scritta la data della udienza e niente altro perché niente era avvenuto? Egli non credeva alla mia tesi “maligna” che il PM da quando ha capito che aveva
“perso” (ammesso e non concesso che un PM perda o vinca), ha rallentato il ritmo per allontanare la data della assoluzione da quella degli arresti ingiusti. Era troppo “puro” per una tale visione dei fatti! Sta di fatto che trascinati da questo ritmo nuovo per quel processo, ma normale per gli alti, arrivammo a novembre 2000.Requisitoria del PM, impersonato in quella udienza da altro magistrato, che ha chiesto l’assoluzione degli imputati; prime discussioni dei difensori e fissazione della mia sola discussione al 6 dicembre, udienza nella quale sarebbe stata pubblicata la sentenza mediante lettura del dispositivo in aula; impegno a discussione breve da parte mia nell’ordine di non più di mezz’ora. Fabbrocino, con una richiesta di assoluzione, stranamente non era contento e nel viaggio di ritorno mi chiese perché non avessimo fatto tutto oggi. Io gli dissi che finire un processo alle 19 non era una cosa comoda per il Tribunale che si sarebbe dovuto ritirare per decidere e uscire chissà quando e perciò era stata una decisione dettata da motivi di opportunità e ragionevolezza “che volete che cambino una ventina di giorni…..?”. In effetti non fu come avevo detto: cambiò tutto! La mattina del 23 novembre a telefono fui raggiunto dalla voce rotta dal pianto di Daniela che mi annunciava che il padre era morto durante la notte, nel sonno. Non aveva sofferto, forse perché erano 4 anni che soffriva e potevano bastare! Aveva 65 anni, la mia età di oggi: era morto di processo anche se ufficialmente di infarto! Dire che ci rimasi male è riduttivo, ci rimasi di più: avevo perso un amico a cui non ero riuscito a dare la soddisfazione di sentire, con le sue orecchie, che “in nome del popolo italiano” era innocente. Certo non avevo colpe, però non mi bastava. Allora decisi di fare una cosa particolare: l’udienza era dopo 12 giorni e non ci sarebbe stata nessuna comunicazione del decesso al Tribunale; mi raccomandai con i due coimputati che vidi al funerale di non divulgare la notizia e di non informare neanche i loro avvocati; chiesi l’aiuto di Domenico Ducci un grandissimo avvocato di Napoli, anche lui nel collegio dei difensori di quel processo, oggi purtroppo prematuramente scomparso,
affinché nessuno comunicasse niente al Tribunale. La mattina del 6 dicembre 2000, da solo, senza neanche un mio collaboratore di studio, con la toga e il suo taccuino sul sedile anteriore al posto sempre occupato da Fabbrocino, mi recai a Napoli. All’appello Fabbrocino: assente. Non dissi niente lasciai che fosse l’assistente di udienza a dichiararlo e pensai che la cosa dovette suonare strana alle orecchie e agli occhi del Tribunale che lo aveva sempre visto in aula con i suoi eleganti vestiti di taglio sartoriale, sempre ben curato nell’aspetto e, questo lo so io, sempre profumato con una acqua di colonia inglese e con il fedele taccuino tra le mani. Discussi meno di mezz’ora e il Tribunale si ritirò in camera di consiglio per un’oretta circa per poi uscire e dichiarare Fabbrocino innocente per “non avere commesso il fatto”. Feci assolvere un morto, cosa non prevista dal nostro ordinamento, ma la fine della vicenda con una sentenza di “non doversi procedere per morte dell’imputato” non sarebbe stata giusta. Sarebbe stata secondo legge, legale, ma non giusta. Feci perciò Antigone della situazione e mi andò meglio della fanciulla greca. Raffaele Fabbrocino è, dunque una persona che è stato arrestato ingiustamente solo nella speranza che potesse, in vinculis, cioè sotto la moderna tortura, insieme agli altri, accusare di presunte corruzioni o tentativi di corruzione Berlusconi o i suoi uomini cosa che non era accaduta. La verità era all’opposto e cioè che quel mutuo non venne erogato e si ritirò “la pratica per approfondimenti istruttori” perché non doveva essere finanziato questa a persona che aveva creato un nuovo soggetto politico che andava a distruggere un apparato già vacillante sotto i colpi di tangentopoli. Il tutto alle spalle di Fabbrocino che non era presente al momento della richiesta di Istifi, al momento dell’acquisizione della provvista e al momento del ritiro della pratica. Di tutto questo Fabbrocino sapeva solo per quanto riferito dal direttore del servizio estero ISVEIMER che gli aveva comunicato, prima dell’approvazione del bilancio incriminato, che la “pratica veniva portata in consiglio di amministrazione il 2 febbraio 1993 e ritirata per
approfondimenti”. Da quel documento mai e poi mai Fabbrocino avrebbe potuto sapere che il CDA non era informato della pratica perché dal dato letterale si comprende esattamente l’opposto (“la pratica veniva portata in consiglio di amministrazione). Quel documento era così scomodo per l’accusa da avere suscitato le ire del PM una volta sottoposto al suo consulente che non potette che ammettere la più semplice delle verità: Fabbrocino non aveva alcun dovere di comunicare una cosa di cui il CDA era già a conoscenza e che aveva, in un certo senso (rinvio per approfondimenti), deliberato. Che cosa resta? L’amaro in bocca e il ricordo di Fabbrocino il 19 agosto 2000 sul sagrato della chiesa dei Cordici di Torraca che commosso assisteva in prima fila, insieme alla moglie e a Daniela, al concerto per solo pianoforte, da me organizzato in memoria di mio padre musicista, che avevo perso due anni prima. Dopo tre mesi Fabbrocino lo avrebbe raggiunto. Giovanni Falci San Cipriano Picentino: positivo a Covid-19 un carabiniere, negativi i colleghi Un militare della Stazione di San Cipriano Picentino è risultato positivo al Covid19. Sta bene ed è in isolamento a casa. Gli altri componenti del reparto, che continua il regolare servizio, sono negativi. La situazione è attentamente monitorata dalla Infermeria Presidiaria di Napoli.
Al Viminale un minuto di silenzio per Morello Commemorazione al Viminale per Luigi Morello, il comandante dei vigili del fuoco di Sala Consilina, nella zona rossa del Vallo di Diano in provincia di Salerno, deceduto ieri. Era positivo al coronavirus. “Assieme al capo dei vigili del fuoco Fabio Dattilo, al capo dipartimento dei vigili del fuoco Salvatore Mulas e, collegati in videoconferenza, insieme a tutti i direttori regionali del corpo, abbiamo dedicato un minuto di silenzio al vigile del fuoco Luigi Morello. Al termine del doveroso omaggio, c’e’ stata l’occasione per ribadire l’importanza del ruolo che il corpo sta svolgendo in questa drammatica circostanza, offrendo prova di grande dedizione al servizio”. Cosi’ il sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia. “È questo il momento per ribadire l’importanza di esortare i cittadini al rispetto delle regole, restando a casa ed evitando contatti, anche per chi invece e’ costretto dalla propria funzione ad uscire di casa. A chi sta lavorando sul campo, un campo quantomai rischioso, voglio dire: tenete duro – aggiunge il sottosegretario – abbiamo in queste ore pianificato la piu’ capillare distribuzione dei dispositivi di protezione arrivati in Italia in questi giorni. Presto sanitari e forze dell’ordine e tutte le figure coinvolte nell’emergenza in prima linea saranno dotati di ogni strumento per proteggersi. E’ una buona notizia, finalmente milioni di mascherine raggiungeranno ogni singolo operatore”. A dare l’ultimo saluto al loro amato collega anche Rosa D’Eliseo, comandante dei Vigili del Fuoco di Salerno, che attraverso una lettera diffusa ha voluto ricordare il “capo” dei pompieri di Sala Consilina, come ama definirlo nelle sue poche righe: “Con grande dolore devo comunicare a tutti Voi che il nostro caro
collega Luigi, oggi ci ha lasciati”, inizia così la nota del Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco Rosa D’Eliseo dopo aver appreso la notizia della scomparsa del Comandante dei Vigili del Fuoco del Distaccamento di Sala Consilina Luigi Morello. “Da giorni seguivamo con apprensione, ma anche con molta speranza, l’evolversi del suo stato di salute, pregando che il Signore potesse aiutarlo in questa grande e difficile sfida…., non è stato così e oggi piangiamo insieme la grande perdita ed il vuoto che si è creato tra noi Una vita vissuta da pompiere, sempre tra il fuoco, gli interventi e in mezzo alla gente della sua amata Teggiano dove era riconosciuto come il “Capo” dei pompieri di Sala Consilina. Nella mia mente corre il giorno della deposizione dei fiori alla statua di S. Cono, quando orgoglioso volle salire personalmente sulla scala per apporre la corona sull’obelisco, orgoglioso di essere cittadino di Teggiano, religioso e rappresentante del nostro amato Corpo. Io lo guardai con fierezza pensando in cuor mio che incarnava il vero spirito dei Vigili del Fuoco”. L’Izsm scende in campo: a breve laboratorio di ricerca attivo ad Eboli di Erika Noschese L’Istituto Zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno scende in campo per fronteggiare l’emergenza Coronavirus. E lo fa unendo ricerca, sperimentazione e analizzando gli esiti dei tamponi, in tre diversi laboratori. Uno di questi, nei prossimi giorni, sarà attivo anche in provincia di Salerno, precisamente ad Eboli presso l’ospedale di classe 3 che avrà
non solo il compito di analizzare i vari tamponi che giungeranno ma anche attività di sperimentazione e di ricerca, con il Pascale, Tigem e Ceinge. A confermalo Antonio Limone, direttore Direttore generale dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno. Direttore, anche l’Izsm scende in campo… ««Sì, siamo già scesi in campo. Ieri (mercoledì per chi legge ndr) abbiamo iniziato ad analizzare i primi 200 campioni e abbiamo fornito le risposte e i risultati. Abbiamo messo su un laboratorio a Portici, non appena il Ministero della Sanità ce lo ha autorizzato il giorno dopo era già funzionale; siamo entrati nella piattaforma che la Regione Campania ha predisposto, abbiamo ricevuto i campioni, fatti gli esami e fornito i risultati». Una task force per fronteggiare l’emergenza Coronavirus… «Abbiamo messo su nel nostro laboratorio di classe 3 a Portici tutto il personale a cui – e ci tengo a sottolinearlo – va il mio encomio a tutte quelle persone che, al di là di quest’espressione che spesso viene utilizzata mi compete o non mi compete hanno pensato di mettersi a disposizione, c’è un grande spirito di solidarietà all’interno dell’istituto e terremo aperti anche il sabato e la domenica e questo va a totale merito e onore dei dipendenti dell’Istituto che hanno offerto una grande disponibilità, sia i tecnici di laboratorio che i dirigenti che l’amministrazione di cui l’istituto può esser fiero e io lo sono per primo. Poi, mi ha molto colpito questa disponibilità, non ci siamo sottratti, siamo in trincea e stiamo dando una mano. Abbiamo attivato altri due laboratori: io ho avuto la disponibilità a titolo gratuito di un laboratorio a Casalnuovo, con cui abbiamo lavorato per la Terra dei Fuochi ed è il laboratorio che ha vinto la gara d’appalto per la campagna Trasparenza per il nostro progetto e che ci hanno messo a disposizione la struttura. Con questa collaborazione abbiamo tirato su un’attività per fare i
campioni e da domani mattina (oggi per chi legge ndr) entra in azione questo secondo laboratorio, al netto di quello che ci manderanno perché stiamo aspettando i nuovi campioni che analizzeremo a Portici, come Istituto, e a Casalnuovo. Abbiamo attivato anche un terzo laboratorio, quello dell’ospedale di Eboli: grazie alla convenzione con l’Asl di Salerno abbiamo stabilito una collaborazione che ci dovrebbe consentire di utilizzare, con le nostre macchine e il nostro personale – in collaborazione con loro – questo laboratorio di classe 3 ad Eboli, all’interno dell’ospedale. Lì contiamo di fare anche attività di sperimentazione e di ricerca, con il Pascale, Tigem e Ceinge Analizzerete anche i campioni di Salerno? «Non so cosa succederà perché non abbiamo ancora attivato il laboratorio di Eboli per il semplice motivo che stiamo cercando di capire quale sarà il flusso dei tamponi per poi regolarci. Almeno in uno di questi laboratori un pezzo delle attività lo dovremo condividere con la ricerca perché nel frattempo stiamo cercando di mettere su un gruppo di ricerca che mette insieme il Pascale, il Cotugno, il Tigem, noi e Ceinge perché c’è un’attività di ricerca che non è da sottovalutare sulla condizione di una lettura immunitaria di questa malattia, sul farmaco di Ascierto». Lei già in altre occasioni aveva ribadito che non era paragonabile ad una semplice influenza questo virus. In questo momento non è ancora stato raggiunto il picco ma com’è realmente la situazione in Campania? «La realtà è che i dati che abbiamo non ci consentono operazioni matematiche certe perché la matematica si fa con i numeri e se questi non sono precisi non possono esserlo neanche le proiezioni. Io la possibilità di un aumento dei positivi non la escludo per niente, la ritengo una possibilità molto concreta perché in questa condizione bisogna leggerlo sempre in maniera retroattiva: ciò che accade oggi è il
risultato di un fenomeno che si è verificato prima. In questa condizione è possibile che tutto ciò che è accaduto 15 giorni fa tutto quello che è stato una condizione più rigorosa introdotta nel sistema per condizioni di reclusione ci consentono di avere un risultato non favorevole; quello che abbiamo iniziato a fare di più serio lo dovremmo vedere in una proiezione differita. Se ci siamo comportati bene lo sapremo dai risultati che miglioreranno e se così non dovesse essere è perché queste restrizioni, pretese anche da De Luca, potrebbero non essere state fatte tanto seriamente. Questa battaglia si vince isolandoci, questo è il concetto e se non è stato rispettato è perché non è stato capito che il virus è molto più capace di noi a fare danni. La nostra parte doveva essere fatta nella misura in cui dovevamo isolarci e ogni giorno che passa, se ci siamo comportati male, dovremmo proiettarli in 15 giorni per avere dei risultati». Crede che la sanità in Campania possa subire un collasso? «Lei non può chiedere di oscillare così impunemente tra il bonaccione benaugurante e il corvo che legge con quella difficoltà che pure c’è la ipotesi di un tracollo. Io sono abituato a ragionare con dati alla mano secondo il metodo scientifico e i numeri mi convincono che la situazione è molto grave, che in Campania potremmo avere situazioni ancora più preoccupanti rispetto a quelli attuali ma ho visto molta buona volontà, impegno e abnegazione come ha fatto il personale del mio istituto e il mio plauso va a chi è in prima linea perché nessuno si è sottratto. Questo sforzo ha un valore e un significato ed è anche per attenuare gli effetti devastanti di questa tragedia perché noi possiamo arginare questa tragedia che ci è caduta addosso».
ESEGUITO SEQUESTRO PREVENTIVO DI CONTI CORRENTI BANCARI, BENI MOBILI ED IMMOBILI PER IL REATO DI USURA Nell’odierna mattinata, la Sezione Operativa D.I.A. di Salerno, in esecuzione di decreto di sequestro preventivo emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Nocera Inferiore (SA), ha sottoposto a sequestro beni immobili intestati ad un professionista di Cava de’ Tirreni (SA) e alla consorte, entrambi coinvolti in un’attività usuraria. Le indagini – avviate in seguito alle propalazioni di un collaboratore di Giustizia rese nell’ambito di parallelo procedimento trattato dalla D.D.A. di Salerno – sono state coordinate dalla Procura della Repubblica di Nocera Inferiore e condotte dalla Direzione Investigativa Antimafia. In particolare, le attività investigative svolte dalla D.I.A. su delega del Sostituto Procuratore Dott. Angelo Rubano – in coordinamento investigativo con il Dott. Vincenzo Senatore della D.D.A. – hanno consentito di accertare che i due indagati, a fronte di un prestito complessivo di 160.000 Euro, si facevano trasferire da un imprenditore edile immobili siti in Cava de’ Tirreni del valore di 333.000 Euro, con una transazione economica sproporzionata in relazione alle concrete modalità del fatto e con un acclarato tasso d’interesse usurario. In particolare, la parte offesa, imprenditore edile, su commissione di una persona del luogo, ristrutturava un complesso immobiliare sito in Cava de’ Tirreni con plurime unità immobiliari di proprietà di quest’ultimo, pattuendo quale corrispettivo in natura dei lavori effettuati il trasferimento di n. 2 unità immobiliari ristrutturate, il cui
controvalore e ̀ stato ritrasferito ai soggetti attinti dal sequestro. Dalle risultanze delle intercettazioni ambientali, dalle audizioni di soggetti a conoscenza della vicenda e dai riscontri documentali-patrimoniali, emergeva la conferma del fatto che il ricavato della vendita degli immobili (spettanti alla parte offesa, a titolo di corrispettivo per i lavori di ristrutturazione eseguiti sulla proprietà del committente dei lavori) fu corrisposto agli indagati tramite un’operazione negoziale collegata. Le investigazioni hanno, peraltro, acclarato come gli autori dell’attività usuraria svolta fossero legati da rapporti con pregiudicati anche appartenenti al Clan Zullo, operante a Cava de’ Tirreni (SA). Coronavirus: altre due vittime nel Salernitano Altre due vittime in provincia di Salerno tra coloro che erano risultati positivi al Coronavirus. Si tratta di un 72enne di Montesano sulla Marcellana e di un ferroviere 53enne di Agropoli. Il primo, come comunicato dal sindaco Giuseppe Rinaldi, è deceduto questa mattina all’ospedale di Scafati a causa di una grave crisi che ha complicato le sue pregresse patologie respiratorie. Il secondo, invece, è spirato all’ospedale “San Luca” di Vallo della Lucania. La notizia della sua scomparsa ha lasciato sgomenta la comunità di Agropoli dove l’uomo era conosciuto e stimato. “Abbiamo aspettato, sperato, pregato che questa notizia non arrivasse. Ora affranti, piangiamo per te”, il messaggio di cordoglio del
primo cittadino Adamo Coppola. Continua, dunque, l’emergenza Covid-19 in provincia di Salerno dove aumenta il numero delle persone che hanno perso la vita. Ieri sera si e’ registrato il primo decesso nel capoluogo: si tratta di un anziano deceduto al “Ruggi”. Stamane, invece, il sindaco di Fisciano, Vincenzo Sessa ha comunicato la positività di un medico in servizio al pronto soccorso dell’Umberto I di Nocera Inferiore che è residente nella Valle dell’Irno ma domiciliato a Salerno.
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