Strage di migranti in Libia. "Aprire corridoi umanitari europei" - TeleRadio ...
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Strage di migranti in Libia. «Aprire corridoi umanitari europei» Due bombardamenti aerei nella notte, almeno 40 morti e decine di feriti. Sono tutti migranti africani sub-sahariani reclusi nel centro di detenzione governativo di Tajoura, nei dintorni di Tripoli. Almeno 120 persone erano nell’hangar colpito dalle forze aeree del generale Khalifa Haftar, che controlla gran parte dell’est e del sud della Libia e da mesi sta sferrando attacchi contro il governo del presidente Fayez al-Sarraj, riconosciuto dalla comunità internazionale. Ancora una volta i migranti, impossibilitati a fuggire da Tripoli come stanno invece facendo 100.000 libici sfollati in altre zone del Paese o in Tunisia, sono le prime vittime inermi di un conflitto che sembra non trovare una via d’uscita. La proposta di molte organizzazioni della società civile è la realizzazione di corridoi umanitari europei dalla Libia per 50.000 persone. “Stiamo cercando di capire se ci sono donne e bambini tra le vittime”, dice al Sir Bruno Neri, responsabile dei progetti di Terre des hommes in Libia. L’organizzazione a tutela dei bambini è presente da un anno in Libia con una quindicina di operatori, ma le condizioni di lavoro e sicurezza sono sempre più difficili e cambiano in continuazione. Al momento Terre des hommes opera nei campi 1 e 2 per sfollati interni di Alfallah, che danno rifugio a oltre 1.300 civili libici, offrendo protezione e supporto psicosociale ai minori migranti con spazi a misura di bambini e con attività analoghe nel campo di detenzione migranti e rifugiati di Zuwaia, sempre a Tripoli. E sta cercando di aprire attività anche a Misurata e Sirte, in aiuto a migranti e sfollati libici, con priorità ai bambini e alle donne. “Migranti usati come strumento politico”. “Proviamo un senso di grande impotenza, rabbia e angoscia, perché i migranti
vengono usati come strumento politico e target umano e non si vede una soluzione. In Libia molti pensano che sia stato un atto di ritorsione del generale Haftar contro l’Italia, a causa dell’incontro segreto tra il presidente Fayez al-Sarraj e il ministro dell’interno Matteo Salvini”, afferma Neri. “I nostri operatori erano stati a Tajoura, che ospitava 610 persone, per pianificare un intervento diretto a donne e bambini lattanti rinchiusi nel centro. Ma non abbiamo fatto in tempo ad aiutarli”. “Cerchiamo di fornire supporto alimentare e psico-sociale e di migliorare le condizioni di salute, in collaborazione con Medici senza frontiere. Non è stato facile entrare, le condizioni erano quelle di tutti i centri, con centinaia di persone rinchiuse in grandi capannoni: le donne con i bambini da una parte, gli uomini da un’altra”. Neri ricorda che “sono più di 100.000 gli sfollati libici a causa del conflitto ma nessuno ne parla: vivono in campi affollati, nelle scuole, in case private. I più ricchi fuggono a Misurata e Sirte, in Tunisia o all’estero”. Terre des hommes sta realizzando, insieme a Mediterranean Hope – Programma rifugiati e migranti della Federazione chiese evangeliche in Italia (Fcei), anche un programma per permettere a 10 bambini libici con patologie gravi di ricevere cure in strutture specializzate in Libia, Tunisia e Italia. Alcuni saranno operati al cuore all’ospedale pediatrico Gaslini di Genova. “Auspichiamo l’avvio immediato dei corridoi umanitari, a cui siamo pronti ad aderire, per i migranti più vulnerabili come minori e donne incinte, evitando così le morti in mare, il traffico di essere umani ed i respingimenti verso le coste libiche – conclude -. Chiediamo che i migranti sopravvissuti al bombardamento vengano al più presto evacuati in luoghi sicuri in Libia”. “Libia non è porto sicuro. Aprire corridoi umanitari”. “L’attacco al centro di detenzione di migranti in Libia impone un intervento umanitario che da tempo
segnaliamo come urgente e prioritario: l’apertura di un corridoio umanitario europeo dalla Libia”, conferma Paolo Naso, coordinatore di Mediterranean hope. Anche padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, esprime “profondo dolore” per la morte e il ferimento di tante persone: “Volevamo la prova che la Libia non fosse un porto sicuro ora l’abbiamo, una prova pagata a prezzo di decine di vite umane in un centro di detenzione che non doveva essere lì, nel quale non dovevano esserci migranti”. “A fianco alle vittime del conflitto che si sta consumando in Libia dobbiamo contare anche queste – prosegue -. Concediamoci un tempo per piangerle, forse siamo ancora in tempo per tornare indietro dalle nostre ottuse ed egoistiche logiche da fortezza Europa”. Stesso concetto viene ribadito dai missionari Scalabriniani, presenti sul campo in Europa ed Africa: “la Libia non è un porto e un posto sicuro, per nessuno; a fronte della situazione critica delle migliaia di migranti presenti nei centri detentivi in Libia servono urgenti corridoi umanitari”. Gli Scalabriniani criticano inoltre le parole tardive del ministro degli esteri italiano Enzo Moavero Milanesi, che ha chiesto di “garantire la sicurezza dei migranti”: “Essa suona per lo meno incoerente dopo gli ultimi ed ennesimi avvenimenti occorsi attorno alle coste di Lampedusa che hanno mostrato un’azione miope e in violazione del diritto internazionale da parte del governo italiano”. Papa Francesco: preghiera di luglio per l’integrità della giustizia (VIDEO) “Preghiamo perché tutti quelli che amministrano la giustizia operino con integrità, e perché l’ingiustizia che attraversa
il mondo non abbia l’ultima parola”. Queste le intenzioni di preghiera di Papa Francesco per il mese di luglio 2019, dedicata ai magistrati, i tribunali, i giudici e gli avvocati che amministrano la giustizia in tutto il mondo. “Dai giudici dipendono decisioni che influiscono sui diritti e sui beni delle persone”, afferma il Papa nel video realizzato dalla Rete mondiale di preghiera, e “la loro indipendenza deve tenerli lontani dal favoritismo e dalle pressioni che possono contaminare le decisioni che devono prendere”. “ I giudici devono seguire l’esempio di Gesù, che non negozia mai la verità ” Lottare contro un sistema ingiusto Padre Fèderic Fornos, direttore internazionale della Rete mondiale di preghiera, ricorda che proprio di recente il Papa, rivolgendosi al vertice dei giudici panamericani, è intervenuto sulla “battaglia asimmetrica ed erosiva che affrontano molti giudici”. “La difesa o la priorizzazione dei diritti sociali su altri tipi di interesse”, aveva detto loro il Papa, “vi porterà a scontrarvi non solo con un sistema ingiusto, ma anche con un potente sistema comunicazionale del potere, che distorcerà spesso la portata delle vostre decisioni, metterà in dubbio la vostra onestà e anche la vostra probità, possono addirittura farvi un processo”. Una virtù non occasionale La giustizia, aveva ribadito il Papa all’Associazione nazionale magistrati italiana, è infatti una virtù da indossare sempre, non “un vestito occasionale” che si usa “solo per andare alle feste”. In questo senso è fondamentale il ruolo dei professionisti della giustizia nell’evitare di far emergere “un terreno di coltura dell’illegalità” a causa del contesto sociale.
Il fenomeno maligno della corruzione In particolare, si legge nelle intenzioni della Rete mondiale di preghiera, “il fenomeno maligno della corruzione della giustizia influisce sulla coesistenza pacifica e prospera tra persone e nazioni e il Papa è preoccupato per come questo provoca ferite nel tessuto sociale”. Citando la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione del 2004, infatti, “l’integrità della giustizia è una delle vittime principale del flagello della corruzione, che colpisce con forza i più poveri, visto che alimenta la disuguaglianza”. Uffici di Curia chiusi al pubblico dal 1° al 18 agosto Come ogni anno gli uffici della Curia diocesana, presso il Palazzo vescovile di piazza Sant’Antonio Maria Zaccaria, e quelli con sede presso il Centro pastorale diocesano di Cremona, in via Sant’Antonio del Fuoco, osserveranno un periodo di chiusura estiva da giovedì 1° agosto sino domenica 18. Gli uffici riapriranno quindi al pubblico lunedì 19 agosto. Santa Sede: nessuno violi il segreto della Confessione Dopo il Corso sul Foro interno, il trentesimo, svoltosi nel marzo scorso al Palazzo della Cancelleria a Roma, e l’udienza
del Papa concessa al termine agli oltre 700 partecipanti, la Penitenzieria Apostolica pubblica una Nota sull’importanza del foro interno e l’inviolabilità del sigillo sacramentale, approvata da Francesco e firmata dal Penitenziere maggiore, il cardinale Mauro Piacenza, e dal reggente, mons. Krzysztof Nykiel. La presentazione del card. Piacenza Nella presentazione del documento, il cardinale Piacenza spiega come proprio il Pontefice abbia ricordato la natura sacrale del foro interno, “l’ambito intimo dei rapporti tra Dio e il fedele”, non sempre correttamente capito e custodito perfino dentro la comunità ecclesiale: il Papa, evidenzia, ha infatti raccomandato quanto il concetto di Foro interno vada preso “sul serio”, senza echi “all’esterno”, ribadendo l’assoluta inviolabilità del sigillo sacramentale, garanzia “indispensabile” del Sacramento della Riconciliazione. Scarica il testo integrale della Nota Riservatezza inviolabile La Penitenzieria apostolica, spiega il porporato, ben conosce “l’inestimabile valore del segreto sacramentale, della riservatezza, dell’inviolabilità della coscienza”, concetti che “attualmente appaiono largamente incompresi o addirittura, in taluni casi, avversati”. La Nota, aggiunge, “prende le mosse” dalla constatazione che, nella società odierna “fortemente ‘mediatizzata’”, allo sviluppo tecnologico e all’implementazione dei mezzi di comunicazione non corrisponde un “analogo impegno per la ricerca della verità”, quanto piuttosto il “desiderio morboso di far circolare le notizie, vere o false che siano, amplificate o sminuite secondo gli interessi”. Penitente parla a Dio
In tale contesto, l’ordinamento giuridico della Chiesa “si vorrebbe talvolta conformato a quello degli Stati in cui essa vive in nome di una pretesa correttezza e trasparenza”. La Penitenzieria apostolica ha quindi ritenuto “urgente”, afferma il cardinale, ricordare l’“assoluta inviolabilità del sigillo sacramentale”, fondata sul “diritto divino” senza eccezioni. Per questo, è “essenziale” insistere sull’“incomparabilità del sigillo confessionale con il segreto professionale” osservato da medici, farmacisti, avvocati. Il penitente, aggiunge infatti, parla “a Dio”. Ogni “azione politica o iniziativa legislativa” tesa a “forzare” l’inviolabilità del sigillo sacramentale costituirebbe – si legge nella Nota – una “inaccettabile offesa verso la libertas Ecclesiae”, che non riceve la propria legittimazione dai singoli Stati, ma appunto da Dio. Nessun compromesso su tutela minori La Nota affronta anche, evidenzia il Penitenziere maggiore, l’ambito giuridico-morale di quegli “atti di foro interno che si compiono al di fuori del sacramento della Penitenza”, ai quali il diritto canonico garantisce comunque una “speciale riservatezza”. E tratta pure delle altre ‘specie’ di segreto che esulano dall’ambito del foro interno, riaffermando “il principio del diritto naturale a custodire il segreto”. Il cardinale Piacenza precisa inoltre che il testo della Nota “non può e non vuole essere in alcun modo una giustificazione o una forma di tolleranza degli esecrabili casi di abusi perpetrati da membri del clero”: “nessun compromesso è accettabile nel promuovere la tutela dei minori e delle persone vulnerabili e nel prevenire e contrastare ogni forma di abuso”, come costantemente ribadito da Papa Francesco. La Nota specifica come “la difesa del sigillo sacramentale e la santità della confessione non potranno mai costituire una qualche forma di connivenza col male”, sottolineando come appartenga “alla ‘struttura’ stessa del sacramento della Riconciliazione, quale condizione per la sua validità, il
sincero pentimento, insieme al fermo proposito di emendarsi e di non reiterare il male commesso”. Il 17 settembre a Cremona evento in ricordo di Agnes Heller, presentando il suo ultimo libro Doveva tornare a Cremona il 17 settembre Agnes Heller, l’illustre filosofa di fama mondiale scomparsa improvvisamente lo scorso 20 luglio all’età di 90 anni. L’occasione era la presentazione del suo ultimo libro, “Il demone dell’amore” (Gabrielli editore), che contiene anche un suo scritto inedito su Anna Franck. Un evento promosso nel contesto di un tour italiano che, dopo la sua morte, è stato comunque confermato come evento in sua memoria. L’appuntamento sarà alle 21 presso la sede provinciale delle Acli, di via Massaia 22, con i giornalisti Francesco Comina e Genny Losurdo che hanno scritto il libro con Agnes Heller. «Sarà un modo – spiegano gli organizzatori – per fare memoria di una filosofa che ha esercitato una grande influenza sul pensiero del Novecento e che ha dato un’alta testimonianza di libertà pagando in prima persona la sua opposizione ai totalitarismi che hanno imperversato nel secolo scorso». Agnes Heller era stata a Cremona lo scorso anno, in occasione della marcia della Pace Perugia Assisi, e aveva lasciato tanto entusiasmo e calore tra il pubblico.
Locandina dell’incontro Agnes Heller è una famosa pensatrice ed è pure una testimone diretta della Shoà, avendo vissuto l’esperienza del ghetto di Budapest e aver visto morire quasi tutta la sua famiglia nei campi di concentramento nazisti. Nata nel 1929 da una famiglia ebrea di origini austriache, la Heller fin da piccola è costretta a vivere con la paura delle persecuzioni razziali. Il padre è un musicista e scrittore e infonde nell’animo di Agnes una grande passione per l’arte, per la musica e per la cultura in genere. La madre ha un ruolo più normativo. Insieme vivranno l’esperienza drammatica del ghetto di Budapest e la liberazione con la Todesmarsch dove morirono centinaia di persone. Il padre, scoperto mentre dava aiuto ad ebrei in fuga venne deportato e ammazzato ad Auschwitz nel 1943. Dopo essersi iscritta alla Facoltà di Medicina cambiò radicalmente corso, nel 1947, dopo aver partecipato ad una lezione di filosofia di Gyorgy Lukacs, il pensatore più influente e importante dell’Europa di quegli anni In breve tempo divenne la più stretta collaboratrice di Lukacs e dal 1947 professoressa associata nel suo dipartimento. Insieme ad un gruppo di filosofi che si ritrovavano intorno alle idee di un marxismoriformatore di Lukacs, la Heller fondò la Scuola di Budapest, che ebbe un ruolo molto importante nella ricerca di una riscoperta umanistica di Marx. Ma ben presto entrò nel mirino dell’ortodossia del partito comunista sovietico che reagì violentemente a questo tentativo di rileggere criticamente Marx spogliandolo da paludamenti troppi ideologici. Destituita dai suoi incarichi accademici insieme con Lukacs per motivi politici dopo la rivoluzione ungherese, trascorse molti anni ad insegnare in scuole secondarie e le fu proibita
ogni pubblicazione. Nel 1968 protestò contro l’invasione sovietica della Cecoslovacchia, e subì una nuova persecuzione politica e poliziesca. Nel 1973, sulla base di un provvedimento ad personam delle autorità del partito, perse di nuovo tutti gli incarichi accademici. Nel 1977 emigrò in Australia insieme al marito Feher Ferenc, anche lui uno degli esponenti principali della Scuola di Budapest. Ma quatto anni più tardi venne invitata a insegnare Filosofia Politica alla New School di New York prendendo di fatto la cattedra che era di Hannah Arendt. E in questo suo periodo americano la Heller diventa una delle pensatrici più famose tenendo collaborazioni e corsi con i più importanti filosofi del mondo. Dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989, tornò nella nativa Ungheria dove è stata designata membro dell’Accademia ungherese delle scienze. Oggi è una delle voci critiche più forti e ascoltate in tutta Europa contro il governo nazionalista ungherese di Viktor Orban. Violenza tra i giovanissimi a Cremona, sintomo di un vuoto che ci interroga Merita una riflessione non superficiale il caso di cronaca che ha visto 7 arresti e altre 18 denunce per giovani tra i 15 e i 18 anni nell’ambito dell’inchiesta condotta dalla Compagnia Carabinieri di Cremona sugli episodi di violenza con protagonista una baby gang legata ad un gruppo nato sui social network e denominato “Cremona.dissing”.
Episodi di violenza gratuita nei confronti di coetanei indifesi avvenuti nelle strade e nelle piazze del centro cittadino che – come ha commentato anche il Sindaco Gianluca Galimberti “ci devono interrogare tutti, come cittadini, come amministratori, come genitori, come educatori”. Per questo proponiamo di seguito una riflessione di don Paolo Arienti, responsabile diocesano della Pastorale Giovanile: «Sono le immagini che mai vorremmo rilanciare, perché raccontano la brutta storia di un avvelenamento: avvelenato è l’umano, distorto nella sfida stupida dell’assalto e del disprezzo, verbale e fisico; avvelenato è il web che diventa cassa di risonanza per storie di male; avvelenato è un tempo in cui si salta dai sorrisi di alcuni ai pugni chiusi di altri. E quando scopri che sei a Cremona, nelle sue piazze e nelle sue vie, non puoi non interrogarti sui figli di una città: perché non ci sono solo le eccellenze scolastiche o sportive, nemmeno solo i “bravi ragazzi” che sanno come mettere a frutto il loro tempo. Ci sono ancora molti nostri figli che rischiano di essere di nessuno, magari sfacciatamente; che non desiderano quasi più nulla e ricorrono a compensazioni di vuoti a dir poco pericolose. Interroghiamo i nostri sguardi e le nostre presenze; guardiamo da vicino il termometro del nostro linguaggio e del nostro livore; vediamo se tutte queste possibilità per i più giovani proprio ci sono, oppure se qualcuno non abbia suonato la ritirata. Restare umani è anche questo: riscoprire un senso di marcia e in definitiva saper amare qualcuno, magari un poco meno se stessi, la propria immagine scolpita e perfetta, il proprio cellulare, quei quattro soldi che altri ci hanno fatto avere».
Per contrastare il gioco d’azzardo vietarne la pubblicità Rendere effettivo il divieto di pubblicità del gioco d’azzardo previsto dal decreto Dignità approvato dal governo un anno fa, ma entrato in vigore solo il 15 luglio scorso, dopo che sono scadute le ultime deroghe, sarà complesso. A segnalarlo è l’Agcom che ieri ha inviato al governo una segnalazione di 31 pagine per “rappresentare alcune criticità interpretative e le problematiche applicative rilevate con riferimento alla disciplina introdotta dall’articolo 9 del decreto-legge 12 luglio 2018”. Secondo l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, la nuova normativa non sarebbe in linea con i principi Ue e la sanzione minima di 50mila euro può risultare “poco ragionevole” se la pubblicità è trasmessa durante “manifestazioni sportive a livello amatoriale o da esercizi commerciali di modeste dimensioni”. Per le associazioni “Mettiamoci in gioco” la legge va applicata Le preoccupazioni espresse dall’Agcom non stupiscono le numerose associazioni e organizzazioni civili ed ecclesiali che aderiscono alla Campagna “Mettiamoci in gioco” che da anni è impegnata nel contrasto al fenomeno del gioco d’azzardo e che ha messo da sempre tra i suoi obiettivi principali proprio il divieto di farne pubblicità. Un traguardo non facile da raggiungere: troppi infatti sono gli interessi economici in campo per il governo che mette in tasca circa 10 miliardi l’anno grazie all’azzardo, ma anche per giornali ed emittenti televisive che dalla pubblicità al gioco guadagnano molto. Don Armando Zappolini, attuale presidente del Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza (CNCA), che aderisce alla Campagna, legge nell’intervento di Agcom una trappola, un
sabotaggio della legge stessa che vieta ogni forma di sollecitazione al gioco e la cui piena entrata a regime era stata commentata con soddisfazione lo scorso 18 luglio. La soddisfazione per il divieto assoluto della pubblicità Il comunicato diffuso dai membri della Campagna “Mettiamoci in gioco” esprime “grande soddisfazione” e tuttavia guarda avanti: “Raggiunto questo risultato, – si legge nel testo – ci attendiamo ora che governo e parlamento si attivino al più presto per arrivare ad approvare una legge quadro sul gioco d’azzardo, che regolamenti i tanti aspetti critici che riguardano il settore”. Ma perché resta così centrale il divieto alla pubblicità? Ai nostri microfoni risponde lo stesso don Zappolini: Ascolta l’intervista a don Armando Zappolini https://media.vaticannews.va/media/audio/s1/2019/07/25/16/1351 48131_F135148131.mp3 «Noi lo abbiamo messo al primo posto perché questa pubblicità così pervasiva, ossessiva produce in moltissime persone uno scivolamento verso l’idea che con l’azzardo ci si può sistemare nella vita, per cui questo messaggio continuo: “basta poco, vinci”, “puoi sistemare le tue condizioni” … Ovunque guardi la televisione, nello sport e in altre cose c’è questo continuo bombardamento e per noi questa è un’aggressione che persone più fragili non riescono a gestire. E’ il primo punto che abbiamo chiesto da sempre e abbiamo accolto con soddisfazione l’anno passato che il decreto Dignità lo prevedesse, anche se con questo anno di tempo per permettere la scadenza dei contratti già in vigore. Però io ero molto preoccupato, e con me anche gli altri della Campagna, perché davanti all’avvicinarsi di questa scadenza nessuna lobby, nessuna grande tv commerciale protestava. Io penso da calcoli che abbiamo fatto, per esempio, Mediaset perderebbe 50, 60 milioni di pubblicità… Non sono cose da
poco! Abbiamo capito dopo come mai stavano tutti zitti, perché l’Agicom stava preparando questa trappola che annullava in effetti la sostanza del provvedimento. Per noi il primo punto è il divieto assoluto di pubblicità. Come si è fatto per il fumo, è un segno di civiltà che un Paese non pubblicizzi cose o sostanze e stili di vita che possano avere conseguenza sulla salute dei cittadini». Però la vostra campagna richiede anche che ci siano dei controlli, sarà possibile realizzarli? «In effetti abbiamo già visto che i controlli sono già stati bypassati perché l’Agicom che è un’agenzia che dovrebbe controllare la democrazia e l’efficacia delle comunicazioni, in realtà ha preparato una prima comunicazione, che sta cercando di correggere con quella mandata ieri, nella quale in pratica svuota l’effetto del provvedimento. Noi chiediamo che lo Stato tiri fuori una sua capacità di controllo e porti a compimento quanto ha scritto nella legge approvata dal parlamento l’anno scorso di divieto assoluto di pubblicità». Ma perché lei dice che l’Agicom tenta di annullare ciò che prevede la legge? Eppure fa delle proposte, dice che ci vuole una legge quadro, che bisogna incentivare le campagne di informazione sui rischi… «Sì ma tutto questo è contorno, non è sostanza, perché in realtà la sostanza è che la pubblicità continua, l’Agicom dice che non si può regolamentare un sistema così complesso, che è una cosa che richiede normative più specializzate, che è una cosa che attualmente non può essere gestita… L’obiettivo è che tutto continui com’è, al massimo prevedendo la scritta alla fine degli spot: “gioca in modo responsabile”, ma quelle sono cose che non incidono per niente. Capisco che lo Stato ha bisogno di soldi, ma continuare a prendere ogni anno più di 10 miliardi dalle tasche dei cittadini con questa trappola dell’azzardo che uccide e ammala persone è una cosa immorale e inaccettabile».
Anche il Lotto in tutte le sue varianti rientra nel gioco d’azzardo? «Certo, l’azzardo è un fenomeno sociale del Paese. Ci giocano più di 20 milioni di persone; non può essere criminalizzato, ma va regolamentato in modo molto forte, partendo da quelle forme di azzardo che producono maggiore dipendenza. Le macchinette, sia le Vlt che le Slot, e i Gratta e Vinci, sono le realtà che producono una maggiore dipendenza. Ci vuole una regolamentazione forte, che metta al primo posto non tirar su i soldi, ma la salute dei cittadini. Quindi giocare con la tessera sanitaria; mettere un tetto di soldi da giocare; un tetto di tempo per la partita, sono tutte cose che sono ovvie, ma che chiaramente produrrebbero un’entrata minore e quindi anche queste sono cose che non vengono prese in considerazione». Secondo i vostri dati, il gioco d’azzardo è un fenomeno ancora in crescita in Italia? «Sì, certo. L’anno scorso il fatturato è stato di 107 miliardi. C’è qualche segnale positivo forse dal mondo giovanile di fronte alle nostre campagne che riescono a suscitare attenzione nelle persone più sensibili. Però è un fenomeno che sta crescendo e perciò è una cosa che non si può sottovalutare». Le realtà impegnate in “Mettiamoci in gioco” «Aderiscono alla campagna “Mettiamoci in gioco”: Acli, Ada, Adusbef, Ali per Giocare, Anci, Anteas, Arci, Associazione Orthos, Auser, Aupi, Avviso Pubblico, Azione Cattolica Italiana, Cgil, Cisl, Cnca, Conagga, Confsal, Ctg, Federazione Scs-Cnos/Salesiani per il sociale, Federconsumatori, FeDerSerD, Fict, Fitel, Fp Cgil, Gruppo Abele, InterCear, Ital Uil, Lega Consumatori, Libera, Missionari Comboniani, Scuola delle Buone Pratiche/Legautonomie-Terre di mezzo, Shaker- pensieri senza dimora, Uil, Uil Pensionati, Uisp».
Il 10 luglio torna la “Preghiera per la vita” davanti all’ospedale Continua anche durante l’estate l’iniziativa della “Preghiera per la vita” promossa a Cremona dalla Associazione “Ora et labora in difesa della vita”. Mercoledì 10 luglio i promotori si ritroveranno dalle 8 alle 10 in Largo Priori 1, davanti all’Ospedale Maggiore di Cremona per un momento di preghiera come risposta al dramma dell’aborto e al dolore di una scelta che non può che lacerare le coscienze. L’invito è rivolto a chiunque voglia partecipare. Sapersi fare come bambini, complici i propri figli ancora piccoli Nel prendere ispirazione da San Francesco, patrono di un amore per il Creato in tutte le sue dimensioni, il Papa avverte: “se noi ci accostiamo alla natura e all’ambiente senza questa apertura allo stupore e alla meraviglia, se non parliamo più il linguaggio della fraternità e della bellezza nella nostra relazione con il mondo, i nostri atteggiamenti saranno quelli del dominatore, del consumatore o del mero sfruttatore delle risorse naturali, incapace di porre un limite ai suoi interessi immediati” (LS 11).
Ecco la prima necessità: alimentare o forse anche solo custodire uno sguardo stupito e meravigliato su tutte le opere del Creato; sapersi fare come bambini, magari complici i propri figli ancora piccoli, per saper ammirare le bellezze della natura, senza dare per scontato il comportamento di un animale piccolo o grande, il mistero di un fenomeno fisico o il fascino di un paesaggio. Abbiamo bisogno di educarci ad un rapporto con l’ambiente e con gli altri improntato alla gratuità, per cui il mondo con tutta la sua bellezza da riconoscere, non è mio e non posso farne ciò che voglio con piglio di possessore arbitrario o addirittura violento. C’è un modo di camminare lungo un sentiero di montagna in alta quota, c’è un modo di nuotare nelle acque cristalline di una baia, c’è un modo in cui il passaggio è quello di un ospite rispettoso in una casa non sua. Perché “se noi ci sentiamo intimamente uniti a tutto ciò che esiste, la sobrietà e la cura scaturiranno in maniera spontanea” (LS 11). Approfittiamo allora di questa stagione estiva per rappacificarci con la natura che così tanto subisce la nostra pressione nel corso dell’anno, o anche solo che ci vede distanti e distratti immersi nella caoticità metropolitana o urbana delle nostre città. Accingiamoci ad escursioni in punta di piedi, con passo lento e sicuro, ad un ritmo che ci faccia ascoltare il vento e ci restituisca alla nostra giusta dimensione di creature. E non sottraiamoci mai alle domande dei piccoli. Domande semplici, ingenue, talvolta forse anche imbarazzanti, ma che aprono squarci di verità. Di solito sono chiavi che schiudono porte che avevamo dimenticato. Per noi adulti sono dei moniti a ricordare, per i figli le nostre risposte sono semi che ci auguriamo germoglino in un terreno predisposto all’ascolto. Come San Francesco, patrono di tutti coloro che studiano e lavorano nel campo dell’ecologia, possiamo riconoscere un legame stretto fra la creazione di Dio e i più poveri, gli ultimi. Non si può amare il mondo che ci circonda rimanendo insensibili al grido di bisogno dei tanti umiliati della Terra. Anche questo può essere insegnato ad un bambino che cammina per mano al tuo fianco. Lo sguardo verso un monte
innevato o un tramonto sul mare all’orizzonte mi dicono che io non sono padrone del mondo; lo sguardo di un povero sulla mia strada, mi dice che io non posso esimermi dal cercare di condividere le risorse che mi sono state donate. Ecologia e giustizia vanno così di pari passo e vedremo che in molte occasioni una richiama l’altra. A Messina la 70ª Settimana Liturgica Nazionale Si svolgerà a Messina dal 26 al 29 agosto, la 70ª Settimana Liturgica Nazionale promossa dal Centro Azione Liturgica con l’Arcidiocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela. Il tema di quest’anno è “Liturgia: chiamata per tutti alla santità battesimale”. In attesa di ospitare l’edizione del 2020 proprio a Cremona, la diocesi invita a partecipare chi fosse interessato alle giornate di lavori a Messina. Non ci saranno gruppi organizzati in partenza da Cremona, ma gli uffici dell’agenzia ProfiloTours sono a disposizione per offrire un supporto organizzativo al viaggio e verso la città siciliana (Telefono: 39 0372 460592 – Email: info@profilotours.it) La locandina
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