Consiglio Nazionale dei Geologi - marzo 2018 - Consiglio Nazionale ...

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Consiglio Nazionale dei Geologi - marzo 2018 - Consiglio Nazionale ...
Consiglio Nazionale dei Geologi

         17-18-19 marzo 2018
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Quotidiano   Data     19-03-2018
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L` ESPERTO RISPONDE
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19/3/2018                                      Edilizia privata/1. Ampliamenti più facili per l'industria: ok del Tar alle varianti semplificate

            19 Mar 2018

            Edilizia privata/1. Ampliamenti più facili per
            l'industria: ok del Tar alle varianti
            semplificate
            Carmen Chierchia

            È ammissibile il ricorso alla variante semplificata, disciplinata dal Dpr 160/2010, nel caso di
            ampliamento di uno stabilimento esistente, che per forza di cose non può essere fatto altrove. È
            quanto statuisce il Tar Brescia con la sentenza 180 del 14 febbraioscorso che precisa che i
            Comuni, in queste circostanze, non sono tenuti a effettuare indagini approfondite sulla
            possibilità di ritrovare altrove l’area e quindi motivare di conseguenza.
            La variante semplificata è prevista dall’articolo 5 del Dpr 447/1988, poi trasfusonell’articolo 8 del
            Dpr 160/2010 con cui il legislatore ha voluto introdurre una misura di semplificazione
            urbanistica per agevolare l’inserimento di strutture produttive nel territorio comunale. I
            presupposti per ricorrere alla variante light sono due:
            - l’assenza o l’insufficienza di aree destinate all’insediamento di impianti produttivi nel piano
            regolatore;
            - l’esistenza di un progetto volto all’attivazione di un’attività produttiva.
            In presenza di questi presupposti, colui che vuole insediare in una certa area un’attività
            produttiva (o vuole ampliarla) può attivare la procedura dell’articolo 8 del Dpr 160/2010 (che in
            alcune Regioni viene dettagliata attraverso previsioni regionali, si veda la scheda a fianco) in
            luogo della più complessa procedura ordinaria, che vuole l’approvazione di una variante
            urbanistica secondo il medesimo iter stabilito dalla normativa regionale per l’approvazione del
            piano regolatore, con un allungamento dei tempi e l’acquisizione di pareri in forma più
            complessa.
            La variante semplificata, invece, si concentra nello svolgimento di una conferenza di servizi, in
            seduta pubblica, con tutte le amministrazioni interessate, inclusa la Regione. Se la conferenza di
            servizi approva la variante con l’assenso del rappresentante regionale, il verbale viene votato in
            Consiglio comunale.
            Uso esteso della procedura
            Nella prassi si registra una tendenza ad allargare le maglie applicative della procedura
            semplificata e, per questo, la giurisprudenza è stata spesso chiamata a intervenire valutando,
            caso per caso, se il ricorso all’articolo 8 del Dpr 160/2010 fosse legittimo o meno.
            Il caso esaminato dal Tar Brescia, ha riguardato la possibilità che anche gli ampliamenti alle
            attività esistenti possano beneficiare della variante semplificata. E quali accertamenti devono
            fare i Comuni nel caso, appunto, di ampliamenti: sono tenute a un controllo di dettaglio circa la
            sufficienza di standard sull’intero territorio comunale o possono condurre un’istruttoria limitata
            al singolo progetto che richiede la variante? Il Tar Brescia aderisce a questa seconda ipotesi.
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19/3/2018                                      Edilizia privata/1. Ampliamenti più facili per l'industria: ok del Tar alle varianti semplificate

            La sentenza
            Il punto di partenza dei giudici lombardi è che la procedura semplificata di variante urbanistica
            ha carattere eccezionale e derogatorio. Sicché i Comuni devono accertare con precisione
            l’esistenza di questi presupposti, in modo oggettivo, in relazione al singolo progetto (Consiglio
            di Stato, sezione IV sentenza 4473 del 26 settembre 2017).
            Ma il Tar ricorda anche la ratio della normativa, ossia il favor per lo sviluppo delle attività
            produttive. Nozione che per il Tar comprende tutte le attività di impresa, quindi l’utilizzo della
            variante semplificata è legittimo anche per l’ampliamento di edifici già esistenti.
            Il presupposto dell’impossibilità di reperire aree deve essere puntualizzato e riferito allo
            specifico progetto per cui viene avviata la procedura semplificata (Consiglio di giustizia
            amministrativa siciliano, sentenza 479 del 23 dicembre 2016).
            Per il giudici lombardi l’iter istruttorio deve contemperare anche l’interesse del privato (e quindi
            la fattibilità dello specifico progetto) a favorire una comoda ed efficace espansione dell’attività
            produttiva e, per tale ragione, è irrilevante che nel territorio comunale vi siano altre aree
            produttive, atteso che l’ampliamento presuppone la costruzione nelle vicinanze dell’attività
            esistente.
            Vedi le schede: Le regole regionali di dettaglio

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19/3/2018                                               Edilizia privata/2. Stop alla cessione di aree standard a danno dei privati

            19 Mar 2018

            Edilizia privata/2. Stop alla cessione di aree
            standard a danno dei privati
            Carmen Chierchia

            Oltre ad ammettere la variante semplificata anche per ampliamenti di attività produttive
            esistenti, ilTar Brescia con la sentenza 180/ 2018ha stabilito un altro punto a favore delle
            imprese: anche durante la cessione di spazi pubblici, i Comuni devono evitare di danneggiare
            fino a bloccare le attività produttive limitrofe. In altre parole la sentenza oltre a fornire una
            lettura del tipo di istruttoria in caso di variante semplificata per ampliamenti di attività
            produttive, ha chiarito quali limiti incontra la pubblica amministrazione che, al contrario, agisce
            su situazioni consolidate che garantiscono un esercizio ordinato dell’attività produttiva.
            In particolare, il Tar Brescia ha valutato quali sono i presupposti per il Comune di cedere aree
            destinate al soddisfacimento degli standard urbanistici e della conseguente tutela dei privati che
            su di esse facevano affidamento.
            Nel dettaglio, nel caso portato all’attenzione dei giudici lombardi, il ricorrente lamentava che
            l’alienazione di aree standard ad un terzo aveva limitato fortemente l’operatività della propria
            azienda, atteso che queste aree (utilizzate per parcheggi e spazi di manovra) consentivano uno
            svolgimento ordinario dell’attività imprenditoriale.
            In questo caso l’attenzione dei giudici lombardi si è focalizzata sulle aspettative dei privati che
            esercitano attività produttive, tutelandole rispetto ad attività della Pa che non sono supportate
            da valide argomentazioni e non sono l’espressione di una tutela dell’interesse pubblico.
            Il Tar, infatti, pur ribadendo che - in astratto – i Comuni possono disporre la cessione a terzi di
            un’area classificata come standard ha chiarito, tuttavia, che l’alienazione di questo tipo di aree
            deve osservare un duplice ordine di condizioni, ossia che:
            l’interesse pubblico sia correttamente individuato;
            i cambiamenti incidano in modo tollerabile sulle situazioni consolidate dei lottizzanti o degli
            aventi causa (in questo senso, anche Tar Lombardia, sezione I, sentenza 1077 del 4 settembre
            2017 e 193 del 31 gennaio 2011).
            L’alienazione di immobili comunali può comportare il parziale sacrificio di utilità per i privati
            che beneficiavano della precedente sistemazione degli spazi pubblici. Ma la diminuzione di
            utilità non deve portare all’azzeramento dell’interesse a proseguire l’attività produttiva in
            assenza di adeguati servizi pubblici.
            In altri termini, il sacrificio del privato non deve essere irragionevole e sproporzionato.
            Ciò accade quando dalla cessione di aree standard derivi una lacuna di spazi sufficienti, o
            l’impossibilità di riconvertire spazi dedicati ad altre funzioni.

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19/3/2018                                               Edilizia privata/2. Stop alla cessione di aree standard a danno dei privati

            In capo al Comune sussiste quindi l’obbligo di contemperare l’interesse pubblico (che nella
            cessione di aree consiste solitamente nella valorizzazione monetaria del patrimonio comunale)
            e quelli dei privati, che consistono nel continuare ad esercitare le proprie attività produttive.

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19/3/2018                               Nuove categorie, più lavori superspecialistici e requisiti a misura di Pmi: l'Anac cambia la qualificazione

            15 Mar 2018

            Nuove categorie, più lavori superspecialistici
            e requisiti a misura di Pmi: l'Anac cambia la
            qualificazione
            Mauro Salerno

            Revisione delle categorie con l'identificazione di 8 nuove tipologie di lavori; introduzione di
            nuove categorie superspecialistiche (dagli impianti antintrusione agli interventi a basso impatto
            ambientale) con obbligo di qualificazione o associazione in Ati; riduzione (dal 90% all'80%) della
            percentuale di lavori necessari a ottenere una particolare classifica e per dimostrare l'esecuzione
            dei lavori di punta (50% per due lavori, 60% per tre lavori, mentre per un singolo lavoro la
            percentuale rimane invariata al 40%); ok alla possibilità di scegliere i migliori anni (con un
            minimo di cinque) tra gli ultimi 10 per dimostrare il possesso dei requisiti; via libera all'utilizzo
            dei lavori scorporabili non identificati dal bando ai fini della qualificazione (anche nella
            categoria prevalente); introduzione di percentuali differenziate per l'incidenza delle attrezzature
            tecniche (dall'1% al 3%) sulla cifra d'affari in lavori in base al tipo di attività svolta; previsione di
            requisiti più severi (con laurea) per i direttori tecnici in servizio presso le imprese con classifica
            più alta; tempi certi (massimo 30 giorni) per il rilascio dei certificati lavori da parte dei
            committenti; inquadramento dettagliato del meccanismo di prestiti di requisiti tra le imprese
            (con avvalimento non più valido per ottenere l'attestazione Soa una volta per tutte , ma solo in
            relazione a una specifica gara); durata dei certificati dei general contractor armonizzata con
            quella delle imprese tradizionali (cinque anni). Sono alcune delle novità previste dalla proposta
            di revisione del sistema di qualificazione avanzata ieri dall'Autorità Anticorruzione al ministero
            delle Infrastrutture.
            La revisione del sistema di qualificazione delle imprese è contenuta in unarticolato
            provvedimento che assume la veste di una proposta di decreto che, secondo quanto previsto dal
            codice appalti, dovrà essere poi adottata dal ministero delle Infrastrutture. Lo schema di decreto
            è suddiviso in ben 72 articoli e cinque allegati ed è accompagnato da una relazioneche dà conto
            delle proposte esaminate dall'Anac durante la fase di gestazione del provvedimento (messo in
            consultazione la scorsa estate) e delle scelte effettuate.
            Uno sforzo notevole: la proposta arriva però in una congiuntura politica che - inutile
            sottolinearlo - apre più di un dubbio sulla possibilità che l'operazione possa arrivare al
            traguardo senza ulteriori rimaneggiamenti e in tempi brevi. A questo va aggiunto che, per
            mitigare il rischio di effetto-sorpresa su imprese e stazioni appaltanti, la bozza di
            provvedimento fa comunque salve le attestazioni rilasciate prima della sua entrata in vigore (60
            giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta) e prevede anche un periodo transitorio di un anno
            prima dell'effettiva entrata in vigore delle novità di maggiore impatto.
            Insieme alle novità sulla qualificazione l'Anac fa anche il punto sull'offerta presente sul mercato.
            La crisi dei lavori pubblici non è passata senza lasciare tracce sul tessuto delle imprese. I
            costruttori abilitati a partecipare alle gare sono scesi a quota 28.181 (dati al 31 dicembre 2017).
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19/3/2018                               Nuove categorie, più lavori superspecialistici e requisiti a misura di Pmi: l'Anac cambia la qualificazione

            Erano 28.825 a fine 2016 (-2,4%) e 30.226 a fine 2015 (-6,8%). La rilevazione effettuata
            dall'Autorità, in vista del tentativo di semplificare il sistema, ha evidenziato che una percentuale
            non marginale dei costruttori è costretta a tenere in piedi una struttura ad hoc per curare
            l'attività di attestazione, con un costo medio di 12mila euro l'anno. Il tempo medio per il rilascio
            di un'attestazione viene indicato in 87 giorni per i nuovi certificati e i rinnovi e in 52 giorni per le
            verifiche intermedie (triennali).
            Anche il numero delle Soa (le società private che rilasciano gli attestati ai costruttori) si è molto
            ridotto nel tempo per effetto di operazioni di fusione/acquisizione, di uscita dal mercato e
            qualche volta di inchieste della magistratura. In attività ne sono rimaste 20, a inizio degli anni
            Duemila, dopo la cancellazione dell'Albo nazionale costruttori, erano circa una sessantina.

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19/3/2018                             Il Consiglio di Stato torna sull'avvalimento «di garanzia»: non serve indicare puntualmente le risorse prestate

            19 Mar 2018

            Il Consiglio di Stato torna sull'avvalimento
            «di garanzia»: non serve indicare
            puntualmente le risorse prestate
            Mau.S.

            Il Consiglio di Stato torna sul prestito di requisiti tra imprese, ribadendo la necessità di
            distinguere tra l'avvalimento «di garanzia» e avvalimento «tecnico-operativo». Nel primo caso,
            quando cioè il prestito di requisiti riguarda aspetti di natura economico-finanziaria e beni
            immateriali come la solidità finanziaria, non c'è alcun bisogno che il contratto tra impresa
            principale e ditta ausiliaria indichi puntualmente i mezzi e le risorse prestate. Nel secondo caso,
            quando cioè in ballo ci sono attrezzature, personale qualificato, esperienza maturata sul campo
            in un determinato settore, allora bisogna specificare nel dettaglio punto per punto l'oggetto del
            prestito e un contratto generico non è accettabile.
            La precisazione è contenuta nellasentenza n. 1216 del 28 febbraio 2018. Il provvedimento, ribalta
            le conclusioni a cui era giunto un Tar e chiarisce ancora una volta come stazioni appaltanti e
            imprese devono comportarsi «fini della determinazione del contenuto necessario per il
            contratto di avvalimento, allorché si tratti di "mettere a disposizione" (come, appunto,
            nell'avvalimento di garanzia) requisiti generali (di carattere economico, finanziario, tecnico-
            organizzativo, ad es. il fatturato globale o la certificazione di qualità), non sussiste l'esigenza di
            una indicazione puntuale e specifica».
            Al contrario, «nel caso di avvalimento c.d. tecnico od operativo (che ha ad oggetto requisiti
            diversi rispetto a quelli di capacità economico-finanziaria) sussiste sempre l'esigenza di una
            messa a disposizione in modo specifico di risorse determinate: onde è imposto alle parti di
            indicare con precisione i mezzi aziendali messi a disposizione dell'ausiliata per eseguire
            l'appalto».

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19/3/2018                                        Bonus edilizi, la sfida della cessione crediti: Ance pronta, Harley a quota 100 milioni

            19 Mar 2018

            Bonus edilizi, la sfida della cessione crediti:
            Ance pronta, Harley a quota 100 milioni
            Alessandro Arona

            Il salto di qualità della riqualificazione energetica dei condomini e degli interventi anti-sismici
            passa per il successo del meccanismo della cessione dei crediti. E in particolare per il successo
            delle "piattaforme", dei sistemi organizzativi e informatici messi in piedi dall'arranger
            tecnologico e finanziario Harley & Dikkinson e dall'accoppiata Ance-Deloitte: sistemi cioè che
            catturano da una parte l'offerta di crediti fiscali (proposti dalle imprese di costruzione dopo aver
            fatto i contratti di appalto con i condomìni), e dall'altra la domanda di crediti fiscali da parte di
            imprese industriali o fondi di investimento (in salute), facendoli incontrare.
            I proprietri di casa, cedendo i crediti alle imprese, potranno fare gli interventi pagando solo la
            quota non coperta dal bonus (anche questa, peraltro, anticipabile con credito bancario o da parte
            di Esco, Energy saving companies), mentre le imprese tramite le piattaforme trovano subito
            soggetti a cui trasferire il credito, dovendo dunque anticipare i costi di costruzione solo per
            pochi mesi, al massimo un anno. Naturalmente "scontare" il credito a terzi ha un costo (è un
            anticipo di liquidità che rientra dallo Stato in dieci anni), stimato fa Harley&Dikkinson nel 15%
            circa del valore del credito nel caso del sismabonus (restituazione del credito fiscale in 5 anni) e
            nel 18-20% nel caso dell'Ecobonus (10 anni). Anche l'Ance stima un costo del 20% sull'ecobonus
            decennale.

            La piattaforma di Harley & Dikkinson - spiega l'amministratore delegato Alessandro Ponti - «è
            operativa dal giugno scorso, e abbiamo già raccolto circa 100 milioni di euro di lavori da
            eseguire» (alcuni lavori sono già in corso, in altri casi ci sono i contratti ma non ancora i lavori,
            in altri casi ci sono le delibere di assemblea ma non ancora la scelta delle imprese. «Sul fronte
            della domanda - prosegue Ponti - abbiamo raccolto le richieste di circa 200 soggetti (imprese e
            fondi) con una richiesta media di acquisto credito di un milione di euro». «Abbiamo fatti accordi
            con Cna e con alcune Ance provinciali, per far conoscere i bonus e la piattaforma, organizzando
            eventi e presentazioni, anche nelle singole assemblee di condominio. C'è ancora diffidenza da
            parte delle assemblee condominiali - spiega Ponti - i super-bonus validi fino al 2021 (eco e sisma-
            bonus sulle parti comuni dei condomini, ndr) sono stati promossi da poco, c'è ancora molto lavoro
            da fare».
            «Comunque - prosegue Ponti - 100 milioni di euro in questi primi mesi sono tantissimi.
            Abbiamo molti progetti antisismici in Sicilia, e per quelli di riqualificazione energetica un a
            prevalenza di centro-nord. Circa il 60% dell'investimento previsto è ecobonus e il 40% sisma».

            La piattaforma Ance nazionale è partita più tardi, ma ormai ci siamo quasi: «Con Anaci
            (associazione amministratori di condominio) e Deloitte - spiega Flavio Monosilio, direttore
            Area economica Ance - stiamo definendo contratti tipo di appalto, saranno pronti tra qualche
            settimana, poi la piattaforma sarà pienamente operativa». L'Ance sta facendo "road show"
            operativi in giro per l'Italia, oggi a Milano presso Assimpredil.
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19/3/2018                                        Bonus edilizi, la sfida della cessione crediti: Ance pronta, Harley a quota 100 milioni

            La piattaforma Deloitte-Ance sarà aperta solo alle imprese iscritte all'Ance: «Vogliomo garantire
            la qualità delle imprese - spiega Monosilio - ci sarà un percorso formativo specifico per il
            personale, presso le scuole edili, per gli interventi antisismici e di riqualificazione energetica.
            Poi ci saranno i contratti standard definiti con Anaci e Deloitte. E infine si sta valutando, insieme
            ad alcuni broker, la possibilità di sottoscrivere convenzioni per la messa a disposizione di
            polizze CAR e postuma decennale. Si sta valutando, soprattutto per gli interventi di
            efficientamento energetico, la definizione di performance bond».

            COME FUNZIONANO LE PIATTAFORME
            Vediamo gli elementi comuni.
            I condomìni valutano innanzitutto le proposte di progettisti e imprese: sia Harley & Dikkinson
            sia l'Ance cercano di presentarsi con offerte unitarie di filiera: progettisti, impiantisti, imprese.
            Primo passaggio la certificazione della classe energetica e del rischio sismico, i costi sono
            contenuti. Poi, per capire bene preventivo di costi e benefici (risparmi nelle spese energetiche e
            possibilità di salire di classe, energetica e sismica) bisogna affidare un incarico progettuale vero
            e proprio: «Alcuni progettisti - spiega Ponti - offrono la progettazione gratis se poi non si vuole
            artrivare ai lavori, si paga cioè solo se si va avanti. Corrono il rischio, convinti che il piano costi-
            benefici convincerà il condominio».

            Una volta che l'assemblea decide e delibera l'intervento, si sceglie l'impresa:«Non ci sono regole
            - dice Ponti - ognuno fa a modo suo; c'è chi dà più valore alla qualità e chi al prezzo».

            Il condominio, e cioè i singoli proprietari di unità immobiliari condominiali, sosterranno la
            spesa solo per la parte non coperta dal bonus edilizio, e cioè il 25-30% nel caso dell'ecobonus
            su parti comuni e del 15-20% in caso di interventi combinati eco-sisma su parti comuni. Il resto
            del costo lo anticipa l'impresa, il condominio non deve pagare nulla, perché cede questo credito
            all'impresa, che a sua volta lo cede ad altre imprese tramite le piattaforme. E anche per la quota
            non coperta dal bonus sia Harley che Ance-Deloitte cercheranno di proporre ai condomìni una
            proposta di finanziamento bancario, da restituire negli anni: a quel punto i condomini
            potrebbero non dover anticipare un solo euro, e anche rientrare pure della spesa non coperta
            dal bonus tramite i risparmi energetici generati dall'intervento: «Nel Nord Italia - sostiene Ponti
            - si può arrivare anche a dimezzare la bollette energetica».

            Dal punto di vista delle imprese, queste dovranno anticipare i costi di costruzione (compreso
            acquisto di materiale), oneri copribili con finanziamento bancario; poi per i pagamenti
            avvenuti entro fine anno potranno cedere il credito a partire dal 10 marzo successivo,
            incrociando la domanda da parte delle imprese (non edili) che nel frattempo si sono iscritte alle
            piattaforme.

            Naturalmente l'acquisto dei crediti ha un costo: chi li acquista si fa ovviamente pagare un costo
            per l'anticipo della somma (che otterrà poi dal Fisco in dieci anni, o 5 anni nel caso del sisma-
            bonus, scalandola dai propri bilanci fiscali). Si veda qui sotto, nel paragrafo Harley & Dikkinson
            una stima di questi costi. Secondo l'Ufficio studi Ance dovrebbero essere circa il 20% del valore
            del credito ceduto nel caso dell'eco-bonus decennale.

            PIATTAFORMA HARLEY & DIKKINSON, PARLA L'AD PONTI
            «Abbiamo costituito un'associazione no profit di progettisti sistemici - spiega l'Ad Alessandro
            Ponti - architetti, ingegneri e termotecnici. L'obiettivo è integrare le competenze, spiegare al
            condominio il vantaggio degli interventi sismici ed energetici, e i costi-benefici delle operazioni.
            La parte culturale è importante. I nostri tecnici fanno presentazioni nelle assemblee, e su

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19/3/2018                                        Bonus edilizi, la sfida della cessione crediti: Ance pronta, Harley a quota 100 milioni

            richiesta analisi di classe energetica e sismica, quest'ultima con i tecnici Isi. Abbiamo messo su
            anche una piattaforma di dialogo, wiki-building, per favorire il dialogo tra condomini,
            progettisti e imprese».

            Per quanto riguarda le imprese - spiega Ponti - «stiamo elaborando una proposta di "credito di
            filiera" per anticipare alle imprese i costi di investimento. Conterà, naturalmente, il merito di
            credito delle singole imprese. Devo dire che stanno emergendo imprese di alta qualità in questo
            settore, si potrebbe anche cercare di esportare questo know how all'estero, una volta fatti
            interventi importanti in Italia. Una volta fatto il progetto e il contratto, l'impresa può caricare
            sulla piattaforma i capitolati, e se farò molti interventi potrà spuntare dai fornitori prezzi
            vantaggiosi».

            «Il credito fiscale matura il 10 marzo dell'anno successivo ai lavori, per la parte di lavori fatturata
            e pagata l'anno ptecedente».

            Chi sono i "compratori" dei crediti fiscali? «Sulla piattaforma - spiega Ponti - si sono registrate
            imprese industriali note e importanti, e fondi pensione o di investimento. Presto potremo dare
            qualche dettaglio. Il nostro ruolo è far incontrare domanda e offerta, diamo anche la
            disponibilità ad aiutar a chiudere i contratti».

            Quanto costa la cessione del credito? «Diciamo il 4-7% di guadagno annuo per i cessionari, nel
            caso del sismabonus, che significa un 15% di costo totale sull'ammontare dei bonus, per i
            cedenti. Nel caso dell'eco-bonus decennale questo 5% di guadagno annuo si traduce in un costo
            del 18-20% per chi cede il bonus».

            PIATTAFORMA ANCE
            Deloitte svolgerà la funzione di intermediazione tra la domanda e l'offerta di crediti fiscali:
            da una parte, infatti, agirà da soggetto specializzato nella raccolta fondi (fundraiser) presso
            i soggetti istituzionali/imprese di elevate dimensioni con grandi capacità contributive;
            dall'altra, si occuperà di raccogliere tutti i crediti fiscali provenienti dalle imprese Ance
            accreditate alla piattaforma (che, si prevede, siano qualificate secondo criteri definiti da Ance),
            svolgendo una due diligence legale e fiscale sulla documentazione, nonché un'attività
            di consulenza finanziaria funzionale alle operazioni di cessione dei crediti.

            Il meccanismo di smobilizzo dei crediti fiscali funzionerà nel seguente modo:
            1. Nel corso dell'anno, Deloitte effettuerà, presso la propria clientela, la racconta dei
            fondi necessari per l'acquisto dei crediti fiscali delle imprese di costruzioni Ance e
            comunicherà al sistema Associativo l'ammontare delle risorse raccolte sul mercato
            sotto forma di impegni irretrattabili all'acquisto da parte di primarie società.
            2. Le imprese interessate, accedendo alla piattaforma, potranno prenotare i fondi necessari,
            accettando il prezzo di acquisto comunicato da Deloitte.
            3. Una volta conosciuto il prezzo di vendita del credito, le imprese Ance potranno definire
            le proprie offerte ai condomìni, acquisire la commessa e chiudere il contratto
            di vendita dei crediti fiscali con il soggetto acquirente.
            4. La fatturazione dell'intero intervento dovrà avvenire entro la fine dell'anno, in modo
            da consentire il pagamento, da parte dell'acquirente il credito, già a partire dal 10
            marzo dell'anno successivo. Condizione per il perfezionamento della cessione è il
            pagamento da parte del condominio, a mezzo bonifico, della parte non coperta
            dall'incentivo, così come previsto dal provvedimento dell'Agenzia delle Entrate
            dell'8 giugno 2017.

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Norme Tecniche Costruzioni (NTC) 2018:
sicurezza e prestazioni attese
19/03/2018

Come ormai noto, le NTC18 ricalcano il vecchio assetto normativo pur introducendo
numerose novità che, da un lato, avvicinano ulteriormente la legislazione italiana agli
eurocodici, dall’altro, delineano e meglio specificano l’approccio e lo studio delle strutture,
sia nuove che esistenti.
Ciò non significa che non permangono problemi o che l’interpretazione normativa o la
traduzione pratica di alcuni concetti non sia esente da critiche o affetta da anomalie.
Il presente articolo, relativo alla “sicurezza e prestazioni attese”, fa parte di una serie di
documenti tecnici aventi lo scopo di illustrare le principali differenze fra il testo delle
NTC08 e quello delle NTC18, precisando che maggiori dettagli si possono desumere dalla
lettura della guida alle norme tecniche.
Il capitolo delle NTC18 in oggetto apre, al primo paragrafo, allo stesso modo di quello delle
NTC08: viene subito introdotto il concetto di stato limite.

NTC08                                                       NTC18
 Stato limite è la condizione superata la         Si definisce stato limite una condizione
quale l’opera non soddisfa più le esigenze per le quali è   superata la quale l’opera non soddisfa più le esigenze
stata progettata.                                elencate nelle presenti norme.
La nozione di stato limite delle NTC08 è del tipo prestazionale e si presenta con due
caratteristiche specifiche: macroscopica (opera) e funzionale (esigenze). Tale assetto è
conservato nelle NTC18 con la precisazione che lo stato limite non è “la
condizione”ma “una condizione” e che le esigenze da soddisfare non sono quelle di
progettazione ma quelle “elencate nelle presenti norme”.
La norma, sia le NTC08 che NTC18, specifica e differenzia fra stati limite ultimi e di
esercizio.

NTC08                                                                NTC18
 Il superamento di uno stato limite ultimo ha              Il superamento di uno stato limite
carattere irreversibile e si definisce collasso.          ultimo ha carattere irreversibile. 

Quanto introdotto dalla norma è sufficiente a definire lo stato limite, sia esso ultimo o
di esercizio? Assolutamente no! L’approccio prestazionale unitamente ad una definizione
generica e, sotto certi aspetti, vuota di specifici riferimenti meccanici, impedisce di
identificare e capire lo stato limite.
Dimostrazione di ciò è il fatto che la norma elenca quelli che sono gli stati limite: tali
elenchi sono riferiti agli stati limite principali, significando che ve ne sono di secondari o,
comunque, di altri. Ma quali sono?
In realtà, come noto dalla tecnica, la nozione di stato limite più efficace, anche se non del
tutto esaustiva, è quella dell’approccio prescrittivo (definita nella teoria del calcolo a
rottura). Il tal senso lo stato di sforzo limite è “la condizione in corrispondenza della quale
si assiste ad una variazione qualitativa delle proprietà meccaniche del materiale”.
Una tale definizione si presenta con caratteristiche microscopiche-meccaniche (sono invece
macroscopiche-funzionali nell’approccio prestazionale): lo stato di sforzo limite ultimo è
caratterizzato dal raggiungimento delle condizioni ultime nel materiale, ossia quelle di
incipiente collasso, mentre le altre condizioni di stato di sforzo limite sono definite in
funzione dello specifico comportamento meccanico.
In altri termini, se il materiale, o uno dei materiali, di cui è costituita una struttura attinge
alle condizioni ultime allora lo stato di sforzo limite è uno stato ultimo.
E per lo stato limite di esercizio? Per controllare gli aspetti funzionali è necessario mettere
in conto le proprietà meccaniche del materiale: nel caso dell’approccio prescrittivo, tuttavia,
non vi è univoca corrispondenza fra i punti di stato di sforzo limite del materiale/i e alcune
delle risposte evidenziate dalla struttura. Insomma, per gli aspetti funzionali inerenti
direttamente lo stato tensionale il concetto è ancora efficace, per gli altri non del tutto.
Le NTC18 evolvono il concetto di vita nominale e precisamente:

NTC08                                                        NTC18
 La vita nominale di un’opera strutturale          La vita nominale di progetto VN di un’opera è
VN è intesa come il numero di anni nel quale la struttura,   convenzionalmente definita come il numero di anni nel quale è
purché soggetta alla manutenzione ordinaria, deve            previsto che l’opera, purché soggetta alla necessaria
potere essere usata per lo scopo al quale è destinata.       manutenzione, mantenga specifici livelli prestazionali.
                                                  
Si osserva che:
•   la vita nominale diviene di progetto ed è un parametro convenzionale di durata e non
       più reale, algebrico in senso stretto;
   •   la vita nominale è relazionata a specifici livelli prestazionali.

Se da un lato, in un approccio semiprobabilistico, è ovvio che la vita nominale di progetto
non può essere intesa nel senso di un preciso intervallo temporale, dall’altro la norma non
specifica quali siano gli specifici livelli prestazionali: insomma si risolve un aspetto tecnico
e se ne introduce un altro.
Per quanto concerne, infine, il concetto di azione e di azione elementare, le NTC18 sono del
tutto concordi con le NTC08, nel senso che continuano a riportare elementi critici e in
contrasto con le nozioni tecnico-scientifiche.
Il concetto di azione riportato nelle norme tecniche è relazionato allo stato limite: un tale
contesto introduce notevoli problemi e numerose perplessità.
Si potrebbe obiettare che la nozione deve essere intesa quale “azione nel senso della
norma” ma la norma costituisce la traduzione nella pratica-tecnica degli studi scientifici per
cui tale motivazione non ha senso.
Infatti, si osserva subito è che, contrariamente alla nozione scientifica di azione:

   •   le azioni sono capaci di indurre stati limite;
   •   se non inducono stati limite, le cause o l’insieme di cause non possono essere
       ricomprese nella nozione di azione;

Dallo studio delle combinazioni di carico, tuttavia, è noto che non necessariamente
un’azione di progetto comporta il raggiungimento di uno stato limite e quindi, tantomeno,
una singola azione di progetto comporta il raggiungimento di uno stato limite. Dalla
nozione di azione, invece, sembrerebbe il contrario.
Le NTC18 introducono, infine, delle variazioni sulla nomenclatura delle azioni variabili
senza modificare il loro reale significato e il trattamento che se ne fa in seno alle
combinazioni di carico stesse.
                                                   A cura di Ing. Gianni Michele De Gaetanis
                                         Autore di Guida alle norme tecniche per le costruzioni
© Riproduzione riservata

Documenti Allegati
NTC 2018

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Focus Norme Tecniche Costruzioni (NTC)
Norme Tecniche Costruzioni (NTC) 2018
applicabili senza circolare esplicativa
19/03/2018

Le nuove norme tecniche per le costruzioni di cui al decreto Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti 17 gennaio 2018 (Gazzetta Ufficiale 20 febbraio 2018, n. 42
- S.O. n. 8) entreranno in vigore con due regimi transitori differenziati per opere pubbliche e
private (leggi news) e in assenza della circolare esplicativa. Aspetto, quest'ultimo, che ha
aperto un dibattito tra gli operatori che dovranno applicare la nuova normativa tecnica.

I professionisti si sono, infatti, spaccati tra chi ritiene che la nuova norma consentirà
maggiore libertà alla "progettazione" e tra chi invece ritiene indispensabile la circolare
esplicativa, in assenza mancherebbero i presupposti per un lavoro a prova di "tribunale".

Sull'argomento si è espresso inequivocabilmente il Consiglio Nazionale degli Ingegneri che
con la circolare n. 206 del 14 marzo 2018 ha affermato che le NTC 2018 sono applicabili e
utilizzabili anche senza circolare esplicativa e fatto presente che nel caso delle NTC 2008, la
circolare esplicativa fu pubblicata oltre 12 mesi dopo l’entrata in vigore delle norme
tecniche.
Ad avviso del CNI, l’entrata in vigore di una normativa tanto attesa, contenente una
semplificazione delle regole sulla messa in sicurezza degli edifici esistenti, auspicata da
tempo dagli operatori del settore, non può dipendere ed essere correlata ai tempi di
aggiornamento dei codici di calcolo che, del resto, almeno per quelli più diffusi ed affidabili
(es. gli Eurocodici), risultano certamente pronti, stante anche le modeste modifiche
introdotte per quelle specificità.

La circolare del CNI fa anche il punto sul regime transitorio per le opere pubbliche e
private. Per quanto concerne queste ultime, è invece possibile continuare ad utilizzare le
norme tecniche previgenti, “fino all’ultimazione dei lavori ed al collaudo statico degli
stessi”, nel caso di opere strutturali in corso di esecuzione o per le quali sia stato già
depositato il progetto esecutivo presso i competenti Uffici, prima della data di entrata in
vigore delle NTC 2018 (come detto, il 22 marzo 2018) (secondo comma dell’art.2 del
decreto).

In base all’art.2 del decreto ministeriale 17 gennaio 2018, è possibile continuare ad
applicare le previgenti norme tecniche per le costruzioni nei seguenti casi specifici:

   •   nel settore dei contratti pubblici, “nell’ambito di applicazione del decreto legislativo
       18 aprile 2016 n.50”, soltanto per le opere pubbliche che si concludono con la
       consegna dei lavori entro 5 anni dalla data di entrata in vigore delle NTC 2018,
       ovvero entro il 22 marzo 2023 e, per quanto riguarda il caso dei progetti già affidati,
       questo vale solamente nell’ipotesi che i progetti siano stati redatti secondo le regole
       tecniche di cui alle NTC 2008 (DM 14 gennaio 2008) e non delle norme in vigore
       prima di queste.
   •   nelle opere private, fino al termine dei lavori e al relativo collaudo statico, qualora le
       opere strutturali siano in corso di esecuzione ovvero siano provviste dell’attestazione
       di deposito del progetto esecutivo delle strutture, secondo le disposizioni vigenti.

                                                       A cura di Redazione LavoriPubblici.it

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Documenti Allegati
Circolare CNI
Rinnovabili: il nuovo Decreto FER allontana
l’Italia dalla Green Economy
19/03/2018

Alla vigilia di un nuovo Governo (che significa anche nuovi Ministri, Vice Ministri, sotto
segretari, ....) il Ministero dello Sviluppo Economico ha messo a punto il nuovo decreto
sulle Fonti Energetiche Rinnovabili (FER) che necessiterà il concerto del Ministero
dell'Ambiente, il parere dell'Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, l'OK
della Conferenza unificata e il vaglio finale della Commissione Europea.

Missione che sembra impossibile, considerato che l'attuale Ministro dello Sviluppo
Economico Carlo Calenda non avrà certamente il tempo per seguire tutto l'iter. Sul nuovo
decreto pubblichiamo l'analisi condotta dall'Ing. Roberto Bissanti delComitato Scientifico
CETRI-TIRES.

L'analisi del decreto FER
Dopo mesi di attesa il Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE) emette la prima bozza
del nuovo decreto sugli incentivi alle Fonti Energetiche Rinnovabili (FER). La montagna,
senza che Orazio si offenda, ha partorito uno “scarrafone”!
Nel provvedimento, in continuità con quanto già adottato con il precedente decreto (DM 23
giugno 2012), è ulteriormente mortificata la generazione distribuita di energia. Sparisce, ad
esempio, il meccanismo di accesso diretto per i piccoli e piccolissimi impianti. Vengono
ridotte drasticamente le tariffe per il mini-eolico e il mini-idroelettrico Il provvedimento,
che doveva trattare solo le FER non fotovoltaiche, rintroduce gli incentivi al fotovoltaico,
ma esclusivamente per gli impianti medio grandi, escludendo proprio gli impianti domestici
e quelli di piccola taglia.

Ricordiamo, inoltre, che dal 1 gennaio 2018, fino alla data di entrata in vigore del nuovo
decreto, nessun impianto da FER, entrato in esercizio nello stesso periodo, potrà accedere
ad alcun incentivo.

Sparisce l’accesso diretto agli incentivi
Per quanto si legge nella bozza del decreto, tutti gli impianti da FER, per poter ottenere gli
incentivi, dovranno richiedere l’iscrizione ai Registri o partecipare alle Aste, per gli impianti
sopra 1 MW. La cancellazione del meccanismo di accesso diretto avrà un effetto
disincentivante specialmente verso le piccole iniziative. Questo meccanismo, forniva una
prima certezza sulla remunerazione dell’investimento, proprio per gli impianti di piccola
taglia, appannaggio delle famiglie e dei piccoli investitori.

Mini-eolico
Le tariffe per il mini-eolico sono nuovamente diminuite rispetto a quanto già stabilito dal
DM 23 luglio 2016, passando da 0,250 €/kWh per potenze inferiori a 20 kW e da 0,190
€/kWh per impianti con potenza inferiore a 60 kW a 0,140 €/kWh per impianti con potenze
comprese tra 0 e 100 kW nominali. A differenza del fotovoltaico il costo degli impianti
mini-eolici negli ultimi 5 anni non ha registrato diminuzioni significative, ciò a causa
dell’incidenza dei costi fissi di installazione, relativi alle opere civili, elettriche e agli iter
autorizzativi. Un impianto mini-eolico da 60 kW, oggi ha un costo che varia da 220 a 280
mila euro, a fronte di una produzione che può variare 110 MWh/anno a 180 MWh/anno. Nel
caso migliore, massima produzione e minimi costi, il piccolo imprenditore, accedendo alla
tariffa prevista nella bozza di decreto, potrà ricavare circa 25.000 €/anno, ricavo a cui
corrisponde un tempo di ritorno dell’investimento (Pay Back Time – PBT) pari a 9 anni.
Nel caso peggiore, l’investimento sarà del tutto infruttuoso poiché il PBT sarà pari a 18
anni, quasi coincidente all’intera durata dell’incentivo che è fissata in 20 anni.

Non si comprende, inoltre, come al ministero possano aver scelto 100 kW come taglia di
riferimento per il mini-eolico, non avendo alcuna attinenza né con le soglie relative ai titoli
autorizzativi e abilitativi (D.Lgs. 3 marzo 2011, n.28), né tantomeno con le taglie delle
piccole turbine eoliche disponibili sul mercato (20 kW, 30 kW, 60 kW e 200 kW). L’ultimo
periodo del 2017 era stato caratterizzato dalla corsa dei produttori italiani ed esteri di mini-
eolico nello sviluppo di aerogeneratori da 20 kW, inseguendo la possibilità che l’incentivo
per questa taglia di aerogeneratori potesse rimanere invariato anche per il triennio 2018-
2020. Cosicché, se fosse approvato questo provvedimento, anche gli sforzi che gli
imprenditori italiani hanno affrontato, in un momento comunque di difficoltà finanziarie
generali, non verrebbero corrisposti dalle aspettative di mercato.

Mini-idroelettrico
La bozza del provvedimento prevede anche la disincentivazione della tecnologia del mini-
idroelettrico. Gli incentivi, per questa tipologia di FER, passerebbero da 210 €/kWh e 195
€/kWh (per impianti fino a 250 kW e fino a 500 kW) previsti nel DM 23 luglio 2016 a 140
€/MWh per gli impianti fino a 500 kW previsti nella bozza. Una diminuzione drastica del
30% che risulta ingiustificata visto che al 31 dicembre 2017, si rileva la costante
diminuzione degli incentivi erogati. In ordine temporale di decreto sugli incentivi (per
impianti mini-idroelettrici con potenza inferiore a 500 kW) si passa dai 114,4 milioni di €
della Tariffa Onnicomprensiva, ai 63,1 milioni di € del DM 6 luglio 2012 ai 25,4 milioni di
€ del DM 23 giugno 2016. Anche i contingenti di potenza installata registrano un
decremento significativo: 107,2 MW per la Tariffa Onnicomprensiva, 80,2 MW per il DM 6
luglio 2012 e 35,9 MW per il DM 23 giugno 2016.

Fotovoltaico
In controtendenza il Ministero ha deciso di re-inserire gli incentivi al fotovoltaico ma
esclusivamente per gli impianti medio grandi, escludendo gli impianti domestici. Il
provvedimento prevede la remunerazione dell’energia immessa in rete da impianti
fotovoltaici al di sopra dei 20 kW, cioè quelli che non possono accedere alle detrazioni
fiscali. In particolare, l’energia immessa in rete prodotta da impianti in regime di cessione
totale (restano esclusi gli impianti connessi in scambio sul posto - SSP) verrà remunerata da
GSE con una tariffa di 110 €/MWh per impianti da 20 a 100 kW, e di 90 €/MWh, per
impianti da 100 kW a 1 MW. Si deve sottolineare che questa tipologia di impianti è quella
che ha ampiamente raggiunto la grid-parity e la cui installazione è oggi molto conveniente,
ad esempio per il mondo industriale, proprio in regime di scambio sul posto (SSP). Dunque,
non si comprende quale sia l’obbiettivo del ministero nell’incentivare tecnologie ormai
ampiamente mature da competere con le fonti tradizionali. Nella logica degli incentivi,
infatti, questi dovrebbero essere disposti in misura maggiore per impianti piccoli e per
promuovere lo sviluppo delle tecnologie innovative ed ancora non mature per raggiungere la
cosiddetta grid-parity.

Andamento contatore rinnovabili non fotovoltaiche
Analizzando il periodo tra l’ottobre 2015 e il dicembre 2017 si è registrata una costante
diminuzione del contatore degli incentivi alle FER non fotovoltaiche da 5,740 M€/anno a
5,240 M€/anno, nello stesso periodo il PUN (Prezzo Unico Nazionale dell’energia elettrica)
è pressoché rimasto costante attestandosi a 50 €/MWh. In questo scenario l’incidenza degli
incentivi alle piccole rinnovabile è pressoché trascurabile, ad esempio al 31 dicembre 2017
il costo medio degli incentivi al mini-eolico è stato di 64,2 M€/anno ovvero 1,22%
dell’intero costo degli incentivi alle FER non fotovoltaiche.

Questo dato è in totale antitesi con quanto si legge nelle premesse del
provvedimento: “CONSIDERATO che l’attuazione del decreto 23 luglio 2016 ha
evidenziato quanto segue: (omissis) 3) per l’accesso diretto, domande significativamente
elevate, soprattutto per l’eolico e ciò suggerisce la possibilità di ridurre gli incentivi e, ai
fini di un più efficace controllo della spesa, di superare questo meccanismo”.

In conclusione, da una prima analisi della bozza del nuovo decreto sulle rinnovabili,
l’attuale governo, dopo aver incassato l’approvazione del meccanismo di Capacity Market,
da parte della Commissione Europea, per sostenere la produzione di energia da fonti fossili,
e avendo introdotto, attraverso l’intervento dell’Autorità dell’Energia, la modifica della
bolletta energetica, che scoraggia il risparmio energetico, tenta nuovamente di ridurre
l’impatto delle rinnovabili sulla spesa energetica, disincentivando la generazione distribuita.
Speriamo che il prossimo governo possa invertire questa tendenza per imboccare finalmente
la strada verso la vera transizione energetica.

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Documenti Allegati
Decreto FER
Appalti, qualificazioni SOA verso la
semplificazione
di Paola Mammarella
Anac ha inviato al Ministero delle Infrastrutture una proposta di decreto con procedure
più snelle

19/03/2018 – Criticità da correggere e semplificazione delle procedure. L’Autorità
nazionale anticorruzione (Anac) ha inviato al Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti una serie di proposte per la redazione del decreto Soa, attuativo del
Codice Appalti (D.lgs. 50/2016).
Il decreto dovrebbe individuare le procedure per la qualificazione delle imprese
per i lavori di importo pari o superiore a 150mila euro.

Soa, tempi troppo lunghi
L’Anac ha segnalato che normalmente l’attività di raccolta della documentazione
per il rilascio di un’attestazione impegna dalle 2 alle 80 ore/uomo, con una media
di 14,8 ore/uomo. Sei SOA su venti hanno dichiarato di avere già a disposizione
un sistema informatizzato che, però non consente di svolgere tutte le funzioni
richieste e quindi andrebbe implementato.
Riscontrato inoltre un disallineamento tra requisiti formali, attestati dalle SOA, e
requisiti sostanziali posseduti dalle imprese. In particolare, durante la fase di
consultazione è emerso che i requisiti di qualificazione vigenti non sono
considerati propriamente idonei ad attestare la capacità esecutiva delle imprese.

Dall’attività di vigilanza svolta dall’Anac è emerso come l’avvalimento possa
essere utilizzato in modo distorto, conducendo all’acquisto i requisiti che non
risultano supportati dalla messa a disposizione di una effettiva capacità esecutiva.

SOA, proposte procedure più snelle
Per quanto riguarda i periodi da prendere in considerazione per la qualificazione,
Anac propone di consentire l’utilizzo delle annualità fiscali comprese nel decennio
antecedente alla data di stipula del contratto di qualificazione. In questo modo
l’impresa può scegliere se utilizzare i migliori cinque anni o tutto il periodo di
dieci anni.

La proposta inviata da Anac prevede inoltre che le Stazioni Appaltanti emettano il
Certificato di esecuzione dei lavori (CEL) entro un termine massimo di 30
giorni. In questo modo le imprese potranno qualificarsi per i lavori effettivamente
svolti di recente.

Proposta inoltre l’eliminazione della verifica della rispondenza delle categorie
individuate nel CEL rispetto al bando di gara per interventi di importo inferiore a
150.000 euro. Come misura compensativa è stato proposto l’inserimento di
controlli a campione per almeno il 10% dei CEL.
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Norme correlate
Bozza non ancora in vigore 14/03/2018
Autorità nazionale anticorruzione - Proposta finalizzata all’adozione del decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti di cui all’articolo 83, comma 2, del decreto legislativo 50/2016 avente ad oggetto il sistema unico di
qualificazione degli esecutori di lavori pubblici di importo pari o superiore a 150.000 euro

Decreto Legislativo 18/04/2016 n.50
Codice dei Contratti Pubblici (Nuovo Codice Appalti)
Scuole, Cresme: la riqualificazione
energetica genera risparmi fino a
400 milioni di euro annui
di Paola Mammarella
Nella maggior parte degli edifici ci sono accorgimenti su impianti e finestre, scarsa la
coibentazione delle superfici opache

19/03/2018 – La riqualificazione energetica delle scuole potrebbe portare ad un
risparmio di 400 milioni di euro all’anno. È quanto emerge dal rapporto del
Cresme, presentato durante la fiera MCE – Mostra Convegno Expoconfort di
Milano.

Ad oggi, in Italia ci sono circa 52mila edifici scolastici, che complessivamente
pagano una bolletta energetica di 1,3 miliardi all’anno.

Scuole, le caratteristiche costruttive
Dai dati Cresme emerge che la superficie coperta dagli edifici scolastici è pari
a 73,2 milioni di mq, per una volumetria complessiva di 256,4 milioni di mc. La
quota maggiore di edifici (39%) ha dimensione compresa tra 1.000 e 3.000 mq.
Oltre il 50% della volumetria (circa 130 milioni di mc) appartiene agli edifici di
dimensioni medio-grandi (tra 1.000 e 3.000 mq), mentre il 27% (69,5 milioni di
mc) riguarda gli edifici di grandi dimensioni (superiore a 3.000 mq).

Le scuole collocate all’interno di un unico edificio sono l’83% e il restante 17%
sono complessi di edifici. Il 77% dei fabbricati è completamente isolato, il 13% è
contiguo su due o più lati con altri fabbricati e il 10% è contiguo su un unico lato.
La grande maggioranza degli edifici è totalmente utilizzato (pari all’87%, circa
45.380 edifici).
Dal punto di vista costruttivo, si ha una netta prevalenza di strutture miste
in cemento armato e muratura che rappresentano il 67% del totale, a cui
seguono la muratura portante in pietra e mattoni (15%), e la muratura
portante in laterizio (14%). Soltanto il 2% degli edifici ha una struttura portante
in cemento armato e pannelli prefabbricati.

Scuole, gli impianti
Il 97% degli edifici ha un impianto di riscaldamento di tipo tradizionale. Il
combustibile maggiormente impiegato è il gas (73%), seguito dal gasolio e olio
combustibile (24%). I tubi del circuito di distribuzione sono prevalentemente in
traccia (87%).

Il sistema di emissione dell’aria è costituito essenzialmente da radiatori (93%)
con una minima percentuale di fan-coil (4,4%) e di pannelli radianti (3,2%). Il
61% degli edifici possiede un unico sistema di regolazione della temperatura per
l’intero edificio e soltanto il 12% ne ha uno in ogni stanza, mentre l’8% ne
possiede uno in ogni piano.

Nel 79% degli edifici non è presente l’impianto di condizionamento, nel 19%
deglie edifici è presente ma separato dal generatore principale e nel 2% è integrato
nel generatore principale. Gran parte degli impianti di condizionamento sono fissi
– split - (85%) e soltanto il 2% sono mobili. L’11% degli edifici utilizza pompe di
calore.

Scuole, gli accorgimenti per il risparmio energetico
In base ai dati dell’Anagrafe per l’edilizia scolastica, analizzati dal Cresme,
l’11,7% degli edifici è in fase di ristrutturazione parziale o totale.

Il 58% degli edifici presenta accorgimenti per il contenimento dei consumi
energetici. La più ampia quota di accorgimenti presenti negli edifici è relativa agli
impianti (termico 64%; produzione energia 46%) e alla coibentazione delle
superfici trasparenti (doppi vetri 62%).

Appare limitato, invece, il ricorso alla coibentazione delle superfici opache
(coperture 38% e pareti 19%).
© Riproduzione riservata
Ristrutturare casa, le detrazioni
fiscali del 2018
di Paola Mammarella
Da quest’anno per ottenere l'agevolazione si dovrà inviare una comunicazione all’Enea

19/03/2018 – Da quest’anno per ottenere le agevolazioni fiscali sulle
ristrutturazioni edilizie sarà necessario inviare una comunicazione all’Enea.
Lo scopo della raccolta di queste informazioni è monitorare e valutare il risparmio
energetico ottenuto con la realizzazione dei lavori, sulla stessa falsariga di quanto
accade con gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici.

A fare il punto della situazione sulle detrazioni del 50% per gli interventi di
ristrutturazione edilizia è l’Agenzia delle Entrate, che ha aggiornato la guida per
usufruire dei bonus.

Detrazione 50% sulle ristrutturazioni
È possibile detrarre dall’Irpef il 50% delle spese sostenute fino al 31 dicembre
2018, con un limite massimo di 96mila euro, per ristrutturare le abitazioni e le
parti comuni degli edifici condominiali. La detrazione è ripartita in dieci quote
annuali di pari importo.

SCARICA LA GUIDA DI EDILPORTALE AL BONUS
RISTRUTTURAZIONI

Quando gli interventi di ristrutturazione sono realizzati su immobili residenziali
adibiti promiscuamente all’esercizio di un’attività commerciale, dell’arte o della
professione, la detrazione spetta nella misura ridotta del 50%.

I pagamenti devono avvenire con bonifico bancario o postale da cui risulti la
causale del versamento, il codice fiscale del beneficiario della detrazione e il
codice fiscale o il numero di partita Iva del beneficiario del pagamento. Al
momento del pagamento del bonifico, banche e Poste Italiane Spa devono operare
una ritenuta dell’8% a titolo di acconto dell’imposta sul reddito dovuta
dall’impresa che effettua i lavori.
Con la circolare n. 40 del 28 luglio 2010 l’Agenzia delle Entrate ha fornito le
istruzioni operative in merito all’applicazione di questo adempimento.

Tra i beneficiari ci sono anche gli Istituti autonomi case popolari (Iacp) e i soggetti
con finalità analoghe, tra cui le cooperative di abitazione a proprietà indivisa,
purché gli interventi di ristrutturazione siano realizzati su immobili adibiti ad
edilizia residenziale pubblica.

I lavori agevolati
È detraibile il 50% delle spese sostenute per lavori di manutenzione straordinaria,
restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia effettuati sulle
singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale, anche rurali
e sulle loro pertinenze.

Nei condomìni è detraibile il 50% delle spese sostenute per lavori di
manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento
conservativo e ristrutturazione edilizia effettuati su tutte le parti comuni.

SCARICA L’INFOGRAFICA DI EDILPORTALE CON I PRODOTTI
BENEFICIARI DEI BONUS

Usufruiscono inoltre della detrazione i lavori sugli immobili danneggiati dalle
calamità naturali, l’acquisto e la costruzione di box auto pertinenziali,
l’eliminazione delle barriere architettoniche, gli interventi per la prevenzione degli
illeciti, la cablatura degli edifici e il contenimento dell’inquinamento acustico,
l’acquisto e l’installazione di impianti fotovoltaici, l’adozione di misure
antisismiche, la bonifica dall’amianto, gli interventi anti-infortunio e l’acquisto di
immobili ristrutturati.

Oltre alle spese per i lavori, sono incentivate anche quelle per la progettazione,
l’acquisto dei materiali, la gestione delle pratiche, le perizie e gli oneri di
urbanizzazione.
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