Sarebbe un evento cross-mediale.
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50 anni fa ci fu lo sbarco lunare, oggi sarebbe un evento cross-mediale. “That’s one small step for a man, but one giant leap for mankind!” Era il 1969 e per seguire lo sbarco c’erano esclusivamente un televisore e un sistema audio e anche ben diversi da quelli super-tecnologici di oggi. Quando Armstrong pronunciò la famosa frase (che in inglese è «That’s one small step for a man, but one giant leap for mankind»), la trasmissione era disturbata e non si sentì distintamente la “a” (“un” in italiano) prima di “man” (uomo). Il significato sarebbe stato dunque: «Un piccolo passo per l’uomo, ma un balzo gigantesco per l’umanità». Ai giornalisti sembrava che la frase suonasse meglio se ci fosse stata la “a”, diventando così: «Un piccolo passo per un uomo, ma un balzo gigantesco per l’umanità» (radiomontecarlo.net) Quella trasmissione disturbata che si sentiva a tratti tenne con il fiato sospeso il mondo per 5 giorni di trasmissioni radiofoniche e televisive. La discesa di Armstrong e Aldrin sulla Luna trasmessa in diretta televisiva fu un evento mediatico di enorme portata, con seicento milioni di televisori intenti a seguire quelle immagini, in un tempo in cui la TV era ancora diffusa quasi soltanto nei paesi sviluppati, essenzialmente Nord America ed Europa. La diretta tv (condotta per l’Italia da Tito Stagno e Ruggero Orlando) fu il culmine di un forte interesse giornalistico che accompagnò la preparazione dell’impresa dal discorso programmatico del presidente Kennedy fino allo sbarco (attraverso le cronache dei programmi Mercury e Gemini). Un evento così imponente oggi, 50 anni dopo, sarebbe stato raccontato sicuramente in maniera diversa, cross mediale ed accessibile a tutti: avremmo avuto, forse, una maratona Mentana o un Porta a Porta senza fine in TV, uno speciale di SKY eventi, una serie a puntate su Netflix, i maggiori telegiornali ne avrebbero fatto uno speciale e di sicuro ci sarebbe stata l’opportunità di seguire il tutto in diretta facebook sulla fan page dell’evento ed un account twitter dedicato che avrebbe raccontato l’esperienza minuto per minuto regalando a noi tutti una diretta streaming spettacolare, senza omettere nessuna parola, vivendo con Armstrong l’altro lato della luna…quella raccontata al mondo anche in digitale! L’esperienza multi-mediale sarebbe cominciata in anticipo rispetto alla data fatidica del 16 luglio alle ore 13:32 UTC, quando l’Apollo 11 fu lanciato verso la luna. La pagina Facebook avrebbe raccontato l’attesa attraverso videointerviste, immagini e dirette, raccogliendo l’ansia degli astronauti, le perplessità dei civili, la soddisfazione dei politici, la gioia dell’umanità che da lì a poco avrebbe fatto una nuova scoperta e firmato una nuova pagina di storia. La diretta sui social sarebbe stata seguita da milioni di utenti, commentandola e condividendo momenti di comune follia e, quando Armstrong sarebbe diventato il primo uomo a mettere piede sul suolo lunare, sei ore più tardi dell’allunaggio – il 21 luglio alle ore 02:56 UTC – un applauso virtuale sarebbe stato simultaneo sui diversi media: la tv, la radio, i giornali, i magazine on-line, i social avrebbero raccontato tutti all’unisono “un piccolo passo per un uomo, ma un grande balzo per l’umanità”, i selfie di Armostrong e Aldrin avrebbero fatto sapere al mondo di avercela fatta.
Avremmo in qualche modo un po’tutti fatto con loro la passeggiata lunare di circa due ore e un quarto al di fuori della navicella commentando in diretta i 21,5 kg di materiale lunare raccolto che avrebbero poi riportato a Terra. Leggi anche: ■ Social Events (un numero verticale sugli nell’era dei social) Non sarebbe stato solo un ruolo da passivo spettatore ma attivamente ci saremmo sentiti parte di quel viaggio perché la grande onda mediatica pre e durante l’evento ci avrebbe fatto vivere un’attesa talmente intensa da viverla con loro. Flash di agenzie di stampa e tweet dall’account ufficiale si sarebbe susseguiti e con loro messaggi diversi di congratulazioni dei Presidenti da ogni dove, mentre la pagina di Instagram si sarebbe arricchita di foto spettacolari scattate dalla navicella e in ogni dove nel mondo merchandising “Lunare” avrebbe spopolato e il gaming contest virtuale su “Qual è stato il tuo primo passo? Prova a raccontarcelo!” sarebbe diventato virale. La missione terminò il 24 luglio, con l’ammaraggio nell’Oceano Pacifico e con essa si sarebbe spenta tutta l’attenzione mediatica multicanale sull’evento già pronta a raccontare un evento successivo… il 15 agosto ci sarebbe stato lo storico concerto di Woodstock un fenomeno sociale e di costume che ha segnato una generazione, social e new media ne sarebbero andati pazzi! Quale sarebbe stato l’# più seguito? Non è dato sapersi ma possiamo immaginarlo facendo un “balzo” indietro e pensando a come la comunicazione sia cambiata in questi anni; alla fine si tratta solo di mezzo secolo ma anni di fondamentale importanza che hanno radicalmente modificato il nostro modo di interagire, fruire di contenuti, comunicare. Con lo sbarco sulla Luna l’uomo usciva per la prima volta dal proprio pianeta. Un evento epocale. Il viaggio della popolazione su Marte sarebbe di nuovo una prima assoluta, carica di significati simbolici e culturali probabilmente con un impatto mediatico ed emotivo che non eguaglierà quello dello sbarco lunare ma certamente potrà essere raccontato e seguito in un modo nuovo e totalmente diverso e direttamente da chi lo sta vivendo. Non ci resta che aspettare. Keep calm & look forward to going to Mars #marsexperience 15 anni di Facebook: dal 2004 al 2019, l’evoluzione della piattaforma social che ha cambiato il mondo.
Magari correrò il rischio di essere smentito ma sinceramente non credo che nel 2019 ci possa essere ancora qualcuno al mondo che non sappia cosa sia Facebook. Magari ci sarà chi nel mondo occidentale non possieda un account sul social blu ma non posso credere che, anche chi non lo usi, non sappia almeno genericamente cosa sia Facebook. Cos’è Facebook? Facebook è un sito web che permette di restare in contatto con i propri amici. Ecco, questa breve definizione poteva andare bene nel 2004 ma, dopo 15 anni dalla sua nascita, forse appare un po’ troppo semplicistica. Facebook con il passare del tempo è diventato un ecosistema ben più complesso (oggi infatti possiede anche Whatsapp, Messenger e Instagram) e, basando il suo business sulle relazioni, è riuscito a coinvolgere una comunità di persone che giornalmente lo utilizzano per restare aggiornati, condividere esperienze, passare il tempo e molto altro ancora. Lo slogan: “Facebook aiuta a connetterti e rimanere in contatto con le persone della tua vita”. L’evoluzione di Facebook All’inizio l’interfaccia era davvero minimale e semplice, non vi erano alcun newsfeed (arriverà una sua prima versione solo nel 2006) o applicazioni. Nel 2009 arrivarono poi le pagine fan e i tasti “mi piace” e “condividi” (dopo 5 anni il social blu stava prendendo forma). Dal 2010 in poi si sono susseguite nuove versioni, mutamenti estetici ed integrazioni (chat, video chiamate, ecc.). Cos’è Facebook nel 2019? Ad oggi Facebook è diventato una piattaforma di advertising, di messaggistica, di video e di marketplace. Oltre ovviamente ad essere una sorta di edicola online in quanto tutti i grandi editori (ma ovviamente non solo) lo utilizzano per diffondere notizie. Tutti questi servizi sono destinati ad una comunità di persone che ne fruiscono in maniera più o meno consapevole e che sono di fatto il vero punto di forza di Facebook. In breve tempo ha raggiunto numeri impensabili. Facebook infatti può rivolgersi giornalmente ad un mercato di utenti fidelizzati che non ha precedenti nella storia: ■ Oltre 2 miliardi di utenti medi mensili attivi nel mondo; ■ Oltre 30 milioni di utenti medi mensili attivi in Italia. “È gratis e lo sarà per sempre”, campeggia sulla homepage di Facebook. Ma Facebook non è una onlus e se è vero che noi non paghiamo fisicamente nulla per accedere alla piattaforma social è anche vero che ogni singolo utente attivo rappresenta per Facebook un valore, una fonte di guadagno. Tra ottobre e dicembre 2018 ogni utente connesso valeva per Facebook 7,37 dollari, che rappresenta un progresso annuo del 19%.
Tutti questi numeri hanno ovviamente un riverbero sui profitti di Facebook che continuano a crescere (nell’ultimo trimestre sono aumentati del 61% invece che del 49% come ipotizzato dagli analisti), nonostante gli ultimi scandali legati essenzialmente al tema della privacy e gestione dei dati ed a quello sulle fake news. Già perché assieme ai grandi successi inevitabilmente arrivano anche i problemi. Pensandoci non poteva andare diversamente: gestire tutta quella mole di persone e di dati (ricordiamolo oltre 2 miliardi di persone) non è affatto semplice e sicuramente porta delle implicazioni. Per approfondire: ■ Utilizzo dei dati, Facebook e Cambridge Analytica, in parole semplici! ■ #10yearschallenge: complotto di Facebook o semplice fenomeno social? ■ Facebook punta ad impossessarsi della Televisione! Negli ultimi anni stanno montando da più parti voci di protesta (forse anche strumentalmente) sul rispetto della privacy (tema peraltro relativo a tutto il mondo digitale e non solo a Facebook) e sul dilagare delle fake news (che non nascono di certo con i social network). Sono dell’avviso che sicuramente ci sia molto lavoro da fare per migliorare il sistema (e lo faranno, come ha dichiarato Zuckerberg all’F8) ma certamente non sono tra quelli che puntano il dito contro Facebook e gli altri colossi digitali pensando che in questo modo il mondo possa tornare magicamente indietro di 15 anni. Non è così e forse non saprei neanche immaginarmelo più un mondo pre-digitale. PER APPROFONDIRE: ■ I numeri del digitale nel 2018: conferme e continue opportunità di crescita. Perché a parte Facebook, il mondo del web e del digitale si è talmente tanto evoluto in questi anni che non solo ha creato nuove figure professionali e nuove opportunità di sviluppo ma ha cambiato qualcosa di ben più profondo: modi fare, di interagire, di pensare e di comunicare. Vista in questi termini, più che di evoluzione, si può parlare di rivoluzione.
The Matrix – Il Film È il marzo del 1999 quando nella sale USA esce il film “The Matrix”, realizzato dagli allora fratelli Andy e Larry Wachowski (prima di diventare le sorelle Lana e Lilly), film epocale sia per gli
argomenti trattati sia per le tecnologie cinematografiche impegnate. Siamo alla fine di un secolo e di un millennio, il mondo è profondamente diverso da come lo
conosciamo oggi. In esso vi erano poco meno di 400 milioni di utenti collegati ad internet e non esistevano Facebook, You Tube, Iphone ed app. La preoccupazione principale legata alla rete internet, ancora appannaggio di pochi utenti, era rappresentata dal “Y2K bug”, meglio noto come Millennium bug, un difetto informatico che si sarebbe manifestato al cambio di data della mezzanotte tra venerdì 31 dicembre 1999 e sabato 1º gennaio 2000 nei sistemi di elaborazione dati di tutto il mondo. Il film dei fratelli Wachowski ci presenta un futuro prossimo venturo dispotico, claustrofobico e terrorizzante. Tutto prende avvio dalla vita di Thomas A. Anderson, programmatore di software presso la Metacortex, cittadino modello di giorno e attivo hacker, sotto lo pseudonimo di “Neo”, di notte. Ad un certo punto il nostro inconsapevole eroe viene contattato da Trinity, esperta e conturbante hacker braccio destro del misterioso Morpheus, vero e proprio criminale informatico. L’incontro con Morpheus è illuminante: Neo viene a conoscenza del fatto che il mondo reale a cui è abituato altro non è che una gigantesca simulazione al computer a cui tutti gli esseri umani sono collegati a loro insaputa, simulazione che prende il nome di “Matrix”, che serve a nascondere una amara e allucinata realtà creata dalla macchine e dall’intelligenza artificiale per assoggettare gli esseri umani. Risvegliato alla vera realtà, Neo entrerà nella resistenza guidata da Morpheus, che cerca di scollegare quanti più umani possibili da questa simulazione globale. Il film presenta profondi riferimenti filosofici, religiosi e sociologici e, in un certo senso, profetizza il mondo in cui oggi ci troviamo a vivere, perennemente collegati ai nostri dispositivi elettronici, che misurano e profilano ogni aspetto della nostra vita, “suggerendoci” che cibo mangiare, come vestire, cosa leggere, quale opinione avere, chi frequentare, chi votare e così via. Gli smartphone e le innumerevoli app su di essi scaricate sono quanto di più simile all’incubatrice in cui si risveglia Neo dopo aver ingerito la famosa pillola rossa datagli da Morpheus.
Il film è passato alla storia principalmente per gli effetti speciali, ma tutta la lavorazione fu difficile e complessa: pensate che la sceneggiatura richiese più di 5 anni di lavorazione, per un totale di 14 bozze e che gli storyboard furono più di 600. Gli spunti letterari per la storia furono innumerevoli: in primis il film saccheggia il “mito della caverna” di Platone”, poi “Alice nel Paese delle Meraviglie” di Lewis Carroll, l’“Odissea” di Omero e soprattutto “Simulacri e Simulazione” di Jean Baudrillard, ritenuto così essenziale ai fini della storia che i fratelli Wachowski comprarono molte copie del testo, che fecero leggere a gran parte del cast e della troupe. Questo libro era così importante che a Keanu Reeves (Neo) venne imposto di leggerlo ancor prima di iniziare a sfogliare la sceneggiatura. Reeves ha sempre sostenuto che fu proprio grazie a questo libro che fu capace di cogliere e capire tutte le sfumature filosofiche del film. A proposito di Keanu Reeves, che regalò al personaggio di Neo un’interpretazione magistrale, l’attore non fu la prima scelta dei registi: il ruolo del protagonista fu offerto prima a Johnny Deep, Brad Pitt, Val Kilmer, Leonardo Di Caprio ed anche all’allora giovanissimo Will Smith, ma alla fine la scelta si restrinse tra Johnny Deep e Keanu Reeves, con quest’ultimo preferito dalla Warner Bros perché, fin da subito, sembrò aver capito l’essenza del film. Anche per il ruolo di Morpheus si pensò a diversi nomi, tra questi Gary Oldman e Samuel L. Jackson, ma alla fine a spuntarla fu Laurence Fishburne, che definì il suo personaggio di Morpheus come un mix tra Obi-Wan Kenobi e Darth Vader. Le scene e le ambientazioni dark del film furono calibrate su un scelta cromatica molto forte e precisa. Tre furono i colori principali usati per colorare e caricare di significato i fotogrammi. Innanzitutto il verde, che fu utilizzato per tutte le scene ambientate nel mondo fittizio di Matrix; si voleva ricreare l’effetto di una realtà filtrata attraverso il monitor di uno schermo di computer (nel 1999 molti schermi del computer erano ancora monocromatici, appunto verdi, perché si era scoperto che questo colore aumentava la definizione e non stancava la vista), poi perché questo colore è da sempre associato al mistero ed all’oscurità. Poi il blu, che divenne il colore per rappresentare le scene della realtà e della vita vera fuori dalla simulazione di Matrix; il colore blu fu usato per le sensazioni di freddezza e melanconia che trasmette, le stesse che i registi volevano traspirassero dal film. Infine fu scelto il giallo per rappresentare il limbo fra vita reale e Matrix, come ad esempio le simulazioni dell’addestramento di Neo: il giallo è da sempre associato all’insicurezza e sembrò ideale
per rappresentare tutte quelle simulazioni non ordite dalle macchine ma create dagli uomini per sconfiggerle. Il film immaginò anche un abbigliamento ed uno stile molto dark: tutti i protagonisti del film, maschili e femminili, sono fasciati in lunghi capotti neri ed attillate tutine di PVC. Per i costumi Kym Barrett, per via del budget limitato, fece di necessità virtù, realizzando il costume di Trinity con PVC a basso costo e il cappotto di Neo con una stoffa che costava 3 dollari al metro. Altro trattamento fu riservato per gli splendidi occhiali da sole dei protagonisti, che sarebbero diventati un must della moda di quegli anni. Fu una piccola azienda artigianale, la Blinde, che vinse la gara contro colossi come Ray-ban e Arnette, che decise di realizzare gli occhiali basandosi sull’inusuale nome dei personaggi. Richard Walker, fondatore dell’azienda, disegnò e realizzò degli occhiali molto avveniristici soprattutto per il modello di Morpheus, che era privo di stanghette e che si
reggeva sul naso con una speciale clip brevettata. Ma Matrix è passato alla storia soprattutto perché ha aperto nuove frontiere nella tecnica cinematografica, a partire dal “bullet time”. Un effetto speciale che, sfruttando simultaneamente un gran numero di fotocamere, disposte intorno ad un oggetto o una persona, permette di ricostruire, frame dopo frame, la medesima scena e riprodurla al rallentatore. Questa tecnica, insieme alla computer grafica 3D e al chroma key, ha reso leggendaria e citatissima la scena di Neo intento a schivare i proiettili. Insomma un film epico, anzi un franchise multimediale, composto da altri due film, un videogioco, un fumetto ed una serie di cortometraggi di animazione “Animatrix”, media diversi che a detta degli autori e dei registi dovevano essere fruiti e visti tutti per ampliare e comprendere meglio l’universo narrativo del film. E, a proposito di fumetti e spunti narrativi, Matrix ha rischiato anche una denuncia di plagio.
I l s e t p e r l a r e a l i z z a z ione dell’effetto “bullet time”. Nel 1992 Stefano Disegni e Massimo Caviglia avevano creato “Razzi Amari”. Si trattava di un fumetto multimediale da leggere insieme a una musicassetta realizzata dalla band Gruppo Volante dello stesso Disegni. La storia era incentrata su un futuro allucinato, in cui la popolazione era sotto il giogo di una dittatura dispotica creata dalle macchine. Le macchine controllavano le persone tramite un chip, installato nella loro mente appena nati, che proiettava l’illusione di vivere in un mondo perfetto. Anche nel fumetto di Stefano Disegni c’era una resistenza che si era organizzata e combatteva le macchine. Insomma una storia molto simile a quella del film, che spinse i creatori del fumetto a contattare un avvocato che ravvisò gli estremi per una causa di plagio, ma alla fine i fumettisti desistettero perché la causa contro la Warner Bros sarebbe stata proibitiva. Per concludere, The Matrix (o Matrix nella traduzione italiana), è un film assolutamente da vedere perché come tutta la miglior fantascienza ci racconta chi siamo, da dove veniamo e dove stiamo andando e, siccome il film ha già 20 anni, il futuro immaginato da Matrix è il nostro presente e, per dirla con Morpheus: “Benvenuti nel deserto del reale!”
L'importanza del piano e del calendario editoriale nel content marketing. Chiunque oggi voglia approcciarsi con serietà e professionalità al mondo del content marketing, web marketing, social media marketing et similia, non può non riconoscere l’importanza di una giusta pianificazione e programmazione delle attività. Gli obiettivi della propria attività possono essere diversi. Ci sarà chi vorrà aumentare il numero delle visite sul proprio blog con l’obiettivo di creare un brand personale riconosciuto; ci sarà chi vorrà vendere un prodotto o servizio, suo o per conto di terzi, attraverso un percorso guidato all’interno del sito internet che gestisce; o ci sarà chi, per cercare di aumentare la brand awareness di una azienda, pubblicherà contenuti di valori per uno specifico target di riferimento. Leggi anche: ■ Questione di Branding (un numero interamente dedicato all’importanza del brand) Insomma qualunque sia l’obiettivo che ci prefiggiamo con le nostre attività di marketing e comunicazione, il comun denominatore dovrà essere un lavoro strutturato e ben incardinato. Questo lavoro prende il nome di piano editoriale e calendario editoriale. Spesso questi due strumenti vengono visti come sovrapponibili ma hanno specificità differenti. Il piano editoriale è un documento programmatico all’interno del quale andare a specificare obiettivi, risorse, target e canali. Il calendario editoriale invece è il “braccio armato” del piano editoriale: è un documento dove si andrà ad inserire in maniera operativa quanto determinato nel piano editoriale (es. titolo articolo, tag, fonti, data di pubblicazione, ecc.) Una volta determinata a livello teorico l’importanza di questi due strumenti (piano editoriale e calendario editoriale) non resta che passare all’azione: la realizzazione dei contenuti. Questo è il vero tallone d’Achille di questi due strumenti o, per meglio dire, di chi li redige. Mi spiego meglio. In molti infatti investono una grande quantità di tempo nella fase di analisi e redazione del piano editoriale prima, e del calendario editoriale poi. Definiscono con cura: ■ gli obiettivi; ■ lo stile di scrittura (tone of voice); ■ le persone a cui rivolgere la propria attività (target o personas); ■ i contenuti (articoli, infografiche, grafici, ecc.); ■ i canali di comunicazione (blog, sito aziendale e piattaforme social);
■ la periodicità di pubblicazione. Insomma fanno bene tutti i compiti a casa. Però poi, definita la parte strategica (che andrà comunque monitorata nel tempo attraverso l’analisi dei dati), si deve passare alla parte operativa. Ed in questa fase si incontrano le maggiori difficoltà. Perchè, per essere efficace, questa fase si deve basare su due componenti imprescindibili: 1. costanza; 2. perseveranza. Per poter raggiungere dei risultati soddisfacenti con una attività di content marketing è necessario essere costanti nella pubblicazione dei contenuti (seguendo quanto determinato in precedenza) e perseverare in questa attività. Molte delle attività di content marketing, web marketing, social media marketing et similia, infatti non riescono a mostrare tutto il loro potenziale non perché quanto determinato nel piano e calendario editoriale non è giusto, ma perché la loro esecuzione non si basa su quelle due componenti. LEGGI ANCHE: ■ L’evoluzione del mercato del lavoro nel marketing e nella comunicazione (digitale). Intervista a Cristiano Carriero. In tanti non pubblicano con regolarità e abbandonano il lavoro di creazione dei contenuti troppo in fretta, perché magari sfiduciati dai risultati non proprio esaltanti dei primi mesi attività. Mentre solo costanza e la perseveranza nel tempo saranno in grado di dare dei risultati positivi. Va ricordato che il marketing dei contenuti ha bisogno di tempo perché non serve per vendere qualcosa ma per creare relazioni di fiducia. Sarà poi attraverso questa relazione che riusciremo a raggiungere gli obiettivi prefissati (anche quelli di vendita). E le relazioni, come sappiamo, non si costruiscono in un giorno ma, appunto, nel tempo. Il punto è proprio questo: l’importanza del piano editoriale e del calendario editoriale (se redatti bene) sta nella loro esecuzione. È lì che si gioca tutta la partita. E tu, cosa ne pensi? Curve nella memoria: gli anniversari del
2019 da ricordare a suon di musica “La mia memoria trae fuori i ricordi da un cappello senza che io sappia perché questo e non quello”, recitava Franco Battiato nel testo di una sua celebre canzone, infatti pare che ricordare, andare indietro con la memoria fin dove la mente riesca a spingersi, sembra essere uno dei modi in cui riusciamo a mantenere la nostra identità, anche se i ricordi sono casuali, ma ci sono fatti ed avvenimenti che fanno parte dell’identità collettiva e della storia di ognuno di noi, nonostante non li abbiamo vissuti direttamente. Questa riflessione è ancor più valida, se è la musica ad ispirare un ricordo, un’emozione o un avvenimento storico; basta poco, una vecchia canzone che passa in radio, per accendere ricordi casuali, ma ancora vivi dentro di noi. Così proprio mentre il nostro giornale compie 5 anni di frenetica attività, abbiamo pensato di aprire i cassetti della memoria per ricordare insieme pezzi di storia e di vita che ci hanno condotto fin qui, momenti che magari sono stati epocali per qualcuno, ma che qualcun’altro forse non ricorda neanche. 1 9 5 9 : “ T h e D a y t h e M usic Died” (Il giorno in cui la musica morì). Ad esempio, il 1959, un anno che qualcuno avrebbe ricordato per l’interpretazione di Marilyn Monroe, protagonista del film “A qualcuno piace caldo” di Billy Wilder, ma anche per la prima edizione del concorso canoro, il più ambito negli U.S.A., i Grammy Awards, invece sarà ricordato per “The Day the Music Died” (Il giorno in cui la musica morì). Il 3 febbraio 1959, infatti, persero la vita in un tragico e fortuito incidente aereo nel Iowa, tre giovanissime icone del rock: Buddy Holly, The Big Bopper e Ritchie Valens. Questo nefasto evento, però, non ha impedito a capolavori come “Words Of Love”, “Chantilly
Lace” e “La Bamba”, di varcare la soglia del tempo e giungere fino a noi. Dieci anni più tardi, nella calda estate del 1969, Neil Armstrong è il primo uomo a toccare il suolo lunare, un evento vivo nell’immaginario collettivo di chi ha vissuto in diretta televisiva mondiale quel momento, ma anche nell’immaginario di tutti coloro i quali non erano ancora nati, così come è ancora vivido il ricordo irripetibile del Festival di Woodstock. 1 9 6 9 : F e s t i v a l d i W oodstock. “3 Days of Peace & Rock Music”, tre giorni di pace e musica rock, un messaggio talmente forte e travolgente, da rompere la quiete della tranquilla cittadina di provincia per cui era stata pensata “la Fiera della Musica e delle Arti di Woodstock”, tanto da attirare oltre 400.000 persone, in gran parte giovani. Leggi anche: ■ Generazione nostalgia e le tecniche del Vintage Marketing ■ Ritorno al vinile: moda, business o riscoperta? Ne parliamo con Dj Ringo, Art Director di Virgin Radio Il 1979, invece, sarà l’anno ricordato per l’ascesa di due donne alle più alte cariche dello Stato. Margaret Thatcher diventa la prima donna a essere nominata Primo Ministro nel Regno Unito quasi contemporaneamente, in Italia, Nilde Iotti viene nominata anch’essa per la prima volta, Presidente della Camera dei Deputati, ma questo è anche l’anno in cui la musica diventa fruibile in qualsiasi posto, grazie ad un piccolo apparecchio portatile, inventato dalla Sony.
1 9 7 9 : I l W a l k m a n d e l l a S o ny. Il Walkman, lettore portatile di musicassette rivoluzionerà per sempre il modo di fruire della musica che, da questo momento in poi, scandirà ed accompagnerà la vita di tutti, così come “The Wall”, il concept album dei Pink Floyd, resterà per sempre una pietra miliare del rock. Il successo planetario della band britannica, culminò nel 1989 con un concerto a Venezia, unico nella storia e “Another brick in the wall” proprio in quell’anno, verrà associata ad un altro evento epocale, la caduta del muro di Berlino, nonostante nella canzone non se ne faccia mai riferimento esplicito. Soltanto dieci anni dopo la caduta del muro e la fine della guerra fredda, il 1° gennaio 1999, gli europei assistono alla nascita della moneta unica, l’Euro, che cambierà radicalmente la politica economica dei singoli Stati e gli scambi commerciali con il mondo, mentre l’Italia, perdeva uno dei più grandi poeti e musicisti del suo paese, Fabrizio De Andrè, stroncato da un tumore l’11 gennaio. Una perdita talmente tanto dolorosa, da non essere ancora superata; De Andrè, il cantautore degli ultimi, è vivo nei cuori degli italiani che ogni anno, il giorno dell’anniversario, si radunano spontaneamente nelle piazze per ricordarlo cantando le sue canzoni.
1 9 9 9 : N a c i t a d e l l ’ EURO. Il 2009 consacrerà il primo Presidente afroamericano della storia, Barack Obama, mentre l’Italia piangerà le vittime del terremoto dell’Aquila, un avvenimento che segnerà profondamente il nostro paese. La reazione al terremoto, sarà un collettivo di “Artisti Uniti per l’Abruzzo” che inciderà un singolo “Domani 21.04.2009”, cover di un brano di Mauro Pagani, che devolverà in beneficenza circa un milione di euro per la ricostruzione e la salvaguardia delle opere d’arte. 2 0 0 9 : A r t i s t i U n i t i per l’Abruzzo.
Intanto, ascoltando canzoni e ricordi, siamo arrivati al 2019, l’anno in cui i lavori per la ricostruzione del terremoto dell’Aquila non sono ancora stati terminati e urgono più che mai; l’anno in cui, “commemorare” deve significare anche “ricostruire”, rimettere insieme quei pezzi di storia sparpagliati, ridare un senso agli avvenimenti, nuova vita alle cose, non dimenticare le vittime. Chissà se quest’anno ci regalerà pezzi di canzoni intramontabili “angoli del presente che fortunatamente diventeranno curve nella memoria, quando domani ci accorgeremo che non ritorna mai più niente, ma finalmente accetteremo il fatto come una vittoria”, come questo capolavoro di Francesco De Gregori del 1992. Dalle nozze di stagno a quelle di oro di 5 capolavori assoluti del cinema. Il nostro mensile dedica questo numero agli anniversari importanti del 2019 ed io, per parlare di cinema, ho a disposizione tantissimo materiale, eterogeneo ed interessante. Fare una selezione dei film che quest’anno compiono un anniversario importante non è stato semplice, numerosi i generi e tanti i capolavori. Ho provato a sceglierli partendo da un anniversario fresco come quello dei 10 anni, dove è ancora semplice ricordare il film e le sensazioni che ci ha lasciato, fino ad arrivare a quello dei 50 anni, le nozze d’oro di pellicole indelebili. 10 anni di “Avatar” (2009) E’ il film che detiene il record come campione d’incassi al botteghino con 2,8 miliardi di dollari (record che potrebbe essere superato da “Avengers: Endgame”). Film di fantascienza ideato e diretto dal regista James Cameron (già campione d’incassi con il colossal “Titanic”), narra la storia di Jake Sully, un ex marine sulla sedia a rotelle, che è stato reclutato per viaggiare anni luce fino al pianeta Pandora, dove si sta estraendo un minerale che è la chiave per risolvere la crisi energetica sulla Terra. L’atmosfera sul pianeta, però, è tossica per gli umani, quindi, sono stati creati degli esseri simili in tutto agli umani che, invece, si trovano al sicuro dentro la base e che guideranno, collegando le loro coscienze, questi avatar, ibridi sviluppati geneticamente dal dna umano unito al dna degli abitanti nativi di Pandora, i Na’vi. Opera che ha segnato la storia del cinema, soprattutto per gli effetti speciali, essendo stato concepito dal regista appositamente per la visione in 3D; tra i tanti premi, è vincitore di 3 Oscar: Miglior fotografia, Migliori effetti speciali e Miglior scenografia. 20 anni di “Essere John Malkovich” (1999) Film nato dal connubio tra il visionario regista Spike Jonze e l’inventivo sceneggiatore Charlie Kaufman, è la storia di Craig (John Cusack), burattinaio che,
spronato dalla moglie Lotte (una giovanissima Cameron Diaz, che non siamo abituati a vedere così trasandata), trova lavoro come archivista, in una ditta che si trova al settimo piano e mezzo di un grattacielo di New York. Ma ancora non capiamo cosa c’entra l’attore John Malkovich in tutto questo. Craig un giorno scopre per caso, dietro un armadio, un passaggio segreto, un tunnel e percorrendolo si ritrova catapultato in un’esperienza unica: essere John Malkovich. Il regista statunitense esordisce alla regia nel 1999, con questa perla cinematografica, grottesca e surreale, che catapulta lo spettatore in una storia assurda, per poco più di 100 minuti, e il protagonista in un altro corpo, per soli 15 minuti. 30 anni di “L’attimo fuggente” (1989) Capolavoro del regista Peter Weir, ambientato nel 1959, con protagonista il grande Robin Williams, nei panni del prof. John Keating, che in questo film ci regala un’interpretazione toccante ed illuminante. L’insegnante guida con passione la sua classe del collegio maschile Welton, nell’emozionante mondo della letteratura e della poesia e con i suoi metodi poco ortodossi segnerà per sempre le loro vite. E’ difficile scegliere il miglior film dell’attore americano che troppo presto ci ha lasciati, ma sicuramente questa è una delle pellicole in cui maggiormente ci ha entusiasmato e commosso. Oscar alla Miglior sceneggiatura originale allo sceneggiatore Tom Schulman, per un film pieno di riferimenti e citazioni letterarie. 40 anni di “Apocalypse now” (1979) Francis Ford Coppola dirige il film di guerra che rimarrà indelebile nella storia del cinema. Ambientato durante la guerra in Vietnam, segue la vicenda del capitano dei corpi speciali Benjamin Willard, che riceve l’ordine di uccidere il colonnello Kurtz, che sta combattendo una guerra personale ai confini fra il Vietnam e la Cambogia. Le riprese di questo imponente film diventano un’odissea, tra alcol e droghe, complicazioni con la polizia, problemi di salute del regista e degli attori, la sua realizzazione finisce per durare un totale di dieci anni. Nonostante tutto questo, il film vince due premi Oscar, per la Miglior fotografia (all’italiano Vittorio Storaro) e per il Miglior sonoro ed anche la Palma d’Oro a Cannes, con una versione neanche definitiva. 50 anni di “Prendi i soldi e scappa” (1969) E’ il primo film diretto, interpretato e sceneggiato, da Woody Allen, e racconta la storia di un rapinatore maldestro i cui tentativi di delinquere si risolvono sempre in numerosi grotteschi disastri; entra ed esce di prigione finché viene condannato a ottocento anni di carcere. Il regista gira un finto documentario, con lo stile del documentario, infatti, realizza filmati di repertorio e interviste, dando vita a gag semplici ed efficaci, che nel corso della sua produzione cinematografica rappresenteranno la sua personale ed inconfondibile cifra stilistica. Nel 2000 l’American Film Institute ha inserito “Prendi i soldi e scappa” al 66° posto della classifica delle migliori cento commedie statunitensi.
Il mio augurio per questo anniversario è che il 2019 (così come gli anni successivi) possa regalarci altri capolavori, da poter ricordare, con piacere ed emozione, tra 10, 20, 50 anni. I 10 anni di Archiproducts: archivio virtuale punto di riferimento del design. Ne parliamo con Simonetta Salinari Per questo numero sul design ho deciso di parlare della piattaforma Archipassport, il network internazionale del design e dell’architettura, nato per aiutare i professionisti del settore ad orientarsi in questo mondo. In questo contesto si inserisce Archiproducts, il più grande archivio internazionale di prodotti legati a questo universo in continua espansione. Un’esposizione virtuale permanente, nata nel 2009, divenuta ormai punto di riferimento per la pubblicazione di cataloghi, non solo immagini e descrizioni di prodotti, ma anche prodotti già inseriti all’interno di progetti. Per parlare di questo progetto ho intervistato l’architetto Simonetta Salinari, team leader del catalogo online. F o t o A r c h i p r o d u c ts. DOMANDA: Parlaci delle motivazioni alla base della nascita di Archiproducts. RISPOSTA: Quest’anno Archiproducts (www.archiproducts.com) compie 10 anni e per me, che vi lavoro fin dalla sua nascita, poterne parlare è un po’ come festeggiarne il compleanno ripercorrendo un po’ il percorso fatto insieme. E’ necessario però premettere un po’ di storia. Son 10 anni che la
piattaforma Archiproducts, il catalogo online internazionale dei prodotti del design, che contempla e ingloba anche prodotti di edilizia e architettura, è ormai una consolidata realtà quale database completo per il mondo della progettazione. Il vero punto di partenza, però, è Edilportale, il portale dell’edilizia italiano nato nel 1999, dall’idea pionieristica di quattro neolaureati in Ingegneria edile, che hanno immaginato in maniera innovativa il futuro della comunicazione del mondo delle costruzioni e delle relative discipline tecniche, scommettendo, in tempi non sospetti e addirittura prima della nascita di Google, su una comunicazione di tipo digitale. I 4 soci fondatori – Ferdinando Napoli, Vincenzo Maiorano, Maurizio Alfieri e Marilde Longo – hanno immaginato quindi un marketplace dell’edilizia con Edilportale.com, primo portale del network, da cui prende il nome anche la società per azioni a cui afferiscono tutte le realtà di Archipassport e per cui io stessa lavoro ormai da 15 anni. Plusvalore dell’azienda pugliese è un mood unico, riconosciuto anche dai clienti, al contempo molto professionale ma anche smart, accogliente e versatile. Edilportale è subito divenuto punto di riferimento imprescindibile per i professionisti italiani del settore edilizia e costruzioni. Dopo qualche anno, nel 2005, si è reso necessario differenziare dei contenuti per un target più specifico, cioè il mondo italiano dell’architettura e del design, con Archiportale (www.archiportale.com), primo punto di svolta, quale magazine online di architettura e design, con aggiornamenti su avvenimenti, eventi, concorsi, fiere, mostre e curiosità in architettura. Così finalmente nel 2009 è arrivato Archiproducts, “esposizione virtuale permanente” dell’architettura e del design, piattaforma internazionale nata dall’Archivio Prodotti di Edilportale e Archiportale e riferimento di tutti i portali del network per la pubblicazione dei cataloghi prodotti. Si rispondeva quindi al contempo sia alla necessità di trasferire su un portale dedicato il solo mondo ‘catalogo prodotti’, ormai cresciuto esponenzialmente, sia alla volontà di internazionalizzare il business iniziale, con un database in continua espansione in ben 11 lingue, così permettendo alle aziende italiane di ammiccare a nuovi mercati internazionali e, allo stesso tempo, accogliere in un ambiente multilingue le potenziali aziende estere interessate al già fidelizzato mercato italiano. Archiproducts fin dall’inizio ha parlato la lingua del design, settore ultimo ma tutt’altro che marginale tra le fila del network, facendosi spazio nel panorama internazionale e oggi con oltre 200.000 prodotti, brand e designer sempre a disposizione su tutti i dispositivi: desktop, mobile e app, ovviamente gratuiti. F o t o A r c h i p r o d u c
ts. Non è un mistero che il Made in Italy abbia proprio nel design e nell’arredo il suo punto di forza e il suo business più remunerativo, interessante sul panorama mondiale anche più della moda. Per tale motivo Archiproducts è diventato ben presto il protagonista e il motore trainante dell’intero network, dove si compiono le azioni più importanti e le sperimentazioni più innovative della comunicazione del network di Edilportale.com Spa. Archiproducts è una fiera virtuale che digitalizza e mostra online le stesse fiere ‘fisiche’ in giro per il mondo, fino ad essere alla base di alcuni importanti cataloghi online ormai ‘powered by Archiproducts’, compreso quello del Salone del Mobile di Milano. Oltre ad offrire ai progettisti e alle aziende un portale dedicato al Building Information Modeling: bim.archiproducts.com. D: Archipassport è una community molto attiva sul web, c’è una forte presenza su diversi social network con numeri in costante aumento anche in paesi esteri. Quali sono i motivi di questo successo e il valore aggiunto di questo progetto? R: La vocazione all’internazionalizzazione dei servizi del network ha portato nel 2011 alla nascita anche di Archilovers (www.archilovers.com) un database di progetti e progettisti, nonché dei loro blog riguardanti la progettazione nel campo dell’architettura e del design, il tutto ‘social oriented’, concepito cioè come un vero e proprio ‘social network’ in cui tutte queste informazioni potessero divenire motivo di dialogo e di scambio tra realtà anche lontane, con – assoluta novità! – il tagging di prodotti su progetti esistenti nel database, come solo Facebook all’epoca aveva fatto: non più solo quindi cataloghi prodotto, ma prodotti ambientati nei progetti. Archilovers.com nasce come un mix tra Facebook e LinkedIn, pensato per gli architetti, i designer e dedicato ai progetti, dove creare il proprio profilo professionale o dello studio di progettazione o della propria azienda, su cui postare progetti, contenuti multimediali, commenti e foto. Inevitabilmente Archiproducts ha iniziato praticamente subito a fare comunicazione attraverso i social, tanto che ad oggi vi è una sezione dell’azienda dedicata al social media marketing del nostro network, con persone che lavorano esclusivamente sulla preparazione accurata di contenuti, che parlano ad un pubblico internazionale, in un mondo in rapidissima e imprevedibile evoluzione, con ormai un’ottima capacità di comunicazione e di engagement per tutti i portali del network. Il valore aggiunto? I servizi del network godono di una circolarità tra prodotto, designer, produttore, notizie della stessa azienda e suoi eventi, fino ai progetti referenti e ai loro progettisti che quel prodotto hanno utilizzato, collegando tutti gli strumenti e le informazioni sul prodotto alle pagine di Archilovers, in maniera organica, proprio come immaginato fin dall’inizio e massimizzando questa circolarità. E’ proprio quest’ottica social e interattiva a farne un catalogo prodotti che guarda oltre!
F o t o A r c h i p r o d u c ts. D: Archiproducts è da qualche anno anche uno store vero e proprio, presente a Milano e da pochi mesi anche a Bari. Sicuramente una bella scommessa… R: Archiproducts si è trasformato oggi anche in uno Shop Online, con la vendita online di prodotti 100% originali dei migliori brand internazionali del Design e dell’Architettura di cui è rivenditore ufficiale. Ma come la tendenza del settore ci sta dimostrando, questa virtualità, che ha accompagnato tutto il network fin dal suo nascere e in particolare il catalogo prodotti di Archiproducts, per la vendita di prodotti ‘reali’ non si può prescindere invece dalla presentazione anche ‘fisica’ dell’oggetto della vendita in ottica ‘phigital’. Dal già innovativo TAG di prodotto si è passati alla ‘realtà aumentata’ nel catalogo prodotti, per poter meglio immaginare i prodotti in contesti reali. Poi, con il Salone del Mobile del 2016, per la prima volta Archiproducts ha presentato a Milano una sua sede fisica, con una contestualizzazione dei prodotti fino ad allora presentati esclusivamente sulle pagine web, con un allestimento annuale nuovo. Così l’e-commerce ha finalmente trovato piena materializzazione nel 2018, sia nello spazio di Milano, divenuto a pieno titolo lo ‘store’ di Archiproducts | MILANO (www.milano.archiproducts.com) , e al contempo con Archiproducts | BARI, città che è ‘casa’ per Edilportale, e che diventa anche per gli avventori una ‘casa’ in cui essere consigliati, coccolati e in cui trovare una finestra fisica per poi abbracciare tutto il catalogo prodotti in vendita online sulle nostre pagine. Un progetto, questo, che va molto aldilà delle apparenze, perché tende a fidelizzare architetti e progettisti, mettendo in cantiere ancora nuovi strumenti, di cui si parlerà ben presto!
F o t o A r c h i p r o d u c ts. D: Ti lascio con un’ultima domanda: oggi verso quale direzione sta andando il mondo del design e come si sta evolvendo la figura dell’architetto? Sono ancora possibili nuove sfide? R: Sicuramente il mondo del design e dell’architettura si sono avvicinati incredibilmente negli ultimi tempi: gli architetti sempre più spesso disegnano non solo le architetture ma anche quanto vi è al loro interno, caratterizzando quindi i singoli ambienti – progetto nel progetto – dando quindi una risposta organica ad arredamento e design degli interni, con spazi sempre più ricercati, versatili, adatti a qualsiasi stile e, soprattutto negli ultimi tempi, per qualsiasi tasca. Il desiderio di oggetti belli e funzionali di cui circondarsi nel proprio quotidiano – casa, luogo di lavoro o di svago – è ormai generalizzato e abbraccia tutti i target e a tutti deve rispondere, espressione di chi lo possiede e non solo di chi lo progetta: anche questa è una nuova e affascinante sfida, molto più di quanto non avesse fatto la prima rivoluzione industriale. Inoltre, nuove tecnologie e materiali innovativi nonché la scelta del design come nuovo investimento apre di fatto nuovi mercati prima inesplorati e sicuramente innesca un circolo virtuoso per sempre nuova ricerca e a creatività. Il design va quindi incontro alle esigenze di tutti, offrendo al consumatore finale la possibilità di fruirne con facilità, complice l’e-commerce, attraverso cui negli ultimi anni si sono finalizzati sempre più acquisti dell’intero business. Designers e produttori, poi, per creare un rapporto sempre più intimo e di identificazione degli oggetti di design con l’utente finale, sono orientati sempre più a una maggiore personalizzazione dei prodotti offerti e alla produzione direttamente al momento dell’ordine, ammiccando sempre più all’artigianalità e a produzioni personalizzate pur basate sulla stessa catena produttiva. Quindi un’estrema integrazione di strumenti è sicuramente la tendenza del prossimo futuro, sempre da perfezionare e migliorare. E lo è anche per il nostro network, che a questa integrazione e a questo ‘on demand’ hanno fin dall’inizio creduto e a cui è rivolto ogni sforzo per il futuro, sempre pronti a nuove sfide, con la versatilità che contraddistingue e che è il vero ‘marchio di fabbrica’ di casa Edilportale.com in cui, nei miei 15 anni di esperienza lavorativa, non sono davvero ancora riuscita ad annoiarmi e come me tutta la nostra entusiasta crew, che ha saputo e sono certa saprà ‘contagiare’ ancora partner, clienti e utenti…stay tuned!
Isola di fuoco: Il concerto per visioni di Colapesce Certe emozioni non si possono raccontare con l’immediatezza dettata dai tempi giornalistici, per comprendere ed assaporarle, è necessario lasciarle sedimentare negli strati più profondi della coscienza per ristabilire un collegamento con quanto più di ancestrale ci appartiene. È il caso di “Isola di fuoco”, progetto ideato dal cantautore Colapesce che prende vita dall’omonimo documentario, girato in Sicilia alla metà degli anni ’50, dal maestro Vittorio De Seta. De Seta, uno dei più grandi documentaristi che l’Italia abbia mai conosciuto, nel 1954 gira sull’isola di Stromboli, il suo capolavoro, premiato l’anno successivo al Festival del Cinema di Cannes, raccontando un mondo prevalentemente rurale, in cui sudore, fatica, fame e sacrifici, sono spezzati da momenti conviviali e feste tradizionali religiose. Uomini e donne, con i volti segnati dal rovente sole siciliano, vivono in un costante rapporto simbiotico con il mare, la terra ed il vulcano, dove sussistenza ed opulenza si mischiano e fervore religioso e credenze popolari si confondono.
C o l a p e s c e e M a r i o C o n t e Immagini semplici, che riprendono una quotidianità aspra e che forse non siamo abituati ad immaginare, ma che fissano un’istantanea precisa e fedele di un tempo non troppo lontano dal nostro, poco più di sessant’anni, eppure concettualmente alieno rispetto alla società in cui ci siamo assuefatti a vivere. Immagini, alcune volte cruente e crudeli, altre volte dense di poesia, ma sempre pregne di una grande potenza evocativa e che lasciano ad intendere nostalgia per una maniera di vivere ormai scomparsa ma, soprattutto, in cui traspare un grande amore per la propria terra e le proprie tradizioni. Un amore smisurato che De Seta non ha mai celato e che Colapesce, al secolo Lorenzo Urciullo, anch’egli siciliano, continua a dichiarare apertamente, regalandoci performance dedicate al paese natio, come “Isola di fuoco”, che difficilmente è possibile dimenticare. Concerto per visioni, così definisce il suo progetto Colapesce, che anche lo scorso 15 marzo, ha emozionato il pubblico del Teatro Rossini di Gioia del Colle (BA), accompagnato dal musicista Mario Conte. Inesplicabile lo spettro delle sensazioni che colpiscono l’anima del variegato uditorio presente nel caratteristico Teatro Rossini; certo è che il complesso di suoni, rumori, musica e canzoni, nel senso
più ampio del termine, non lascia indifferente nessuno ed al tempo stesso lascia senza parole. La meraviglia, lo stupore, l’incredulità diventa ancora più palpabile quando la magistrale fotografia, colpisce l’attenzione degli spettatori e la musica si fonde con le immagini, alcune volte feroci e spietate, come nel caso della cattura del pesce spada, altre volte trasognate, e incantate, come durante una tranquilla notte di pesca avvolti dalla nebbia. Urciullo e Conte, combinano suoni, li fondono alla visione, in un unicum rigorosamente improvvisato, si lasciano guidare e guidano lo spettatore nel percorso visivo, immergendo e lasciandosi immergere in un’atmosfera onirica e surreale, che diventa poetica quando Colapesce presta la sua voce al filmato, così “Pantalica”, materializza e rende concreto il paesaggio e le sue pietre “fra il fico d’india e le stelle”. Le immagini poi, cedono il posto ad alcuni brani cantati, lasciando un ulteriore spazio alla riflessione ed all’emozione, per poi concludersi con un piccolo, ma sentito omaggio a Fabrizio De Andrè ed alla sua “Canzone dell’amore perduto”. Un amore forse più simbolico e metafisico rispetto a quello cantato da De Andrè, che invece di perdere la donna amata, si rifiuta di smarrire le proprie origini e la propria storia millenaria, a favore del mondo globalizzato. Sorge spontanea, infatti, un’ulteriore riflessione più profonda, che vede contrapposto l’antico mondo, isolano e rurale, in cui tutti vivono in simbiosi e rispetto nei confronti della natura, madre solitamente benevola, ma che talune volte, si trasforma in maligna e portatrice di calamità, nondimeno sempre bisognosa di cure, sudore e uomini, donne e bambini da sacrificare al duro
lavoro, al moderno mondo globalizzato, dove quel che conta, non è il boccone per sfamarsi, ma il profitto. Profitto inseguito ad ogni prezzo, dove l’importante è produrre senza curarsi del depauperamento delle risorse, sfruttando e distruggendo, dove le macchine si sono sostituite alla fatica delle braccia, dove non esiste rispetto per l’habitat naturale, ormai assoggettato al volere umano e slegato dalla normale ciclicità delle stagioni. I l c a n t a u t o r e C o l a p e s c e Una natura di cui non ci curiamo più e che magari, preferiamo solo ammirare attraverso lo schermo di uno smartphone. Il cantautore siciliano, invece, attraverso una dimensione quasi onirica ci spinge a riflettere, ci riporta indietro alle origini di quel mondo ormai perso, che non possiamo e non dobbiamo dimenticare, cercando di ristabilire il contatto con la madre terra. L’immersione in questo mondo antico, non sarebbe stata possibile senza i sacrifici dell’Associazione “Ombre”, che si è sforzata di selezionare per il pubblico del Festival INDIEsposizioni, un cartellone così variegato e ricercato, tale da sdoganare il complesso mondo dell’Indie e le sue molteplici sfaccettature, anche a spettatori diversi, per età ed estrazione sociale.
In arrivo la 7ª edizione del Web Marketing Festival, Il più grande Festival sull’innovazione digitale e sociale. Il Web Marketing Festival è il festival internazionale sull’innovazione digitale e sociale. I numeri dell’edizione del 2018 ne fanno il più grande evento italiano del settore, con oltre 18.000 presenze registrate in tre giorni, 400 espositori e partner e 400 speaker da tutto il mondo. Guarda le nostre video interviste riprese nella passata edizione del WMF: ■ Giada Cipolletta parla del podcast: modi di utilizzo, trend e strumento di marketing ■ Graziano Giacani (Brand Festival di Jesi) parla di branding delle piccole e medie imprese ■ Francesco Gavatorta parla di Hypercontent al web marketing festival 2018 La 7^ edizione del Festival, prevista per il 20, 21 e 22 giugno 2019, esplorerà ancora più a fondo l’universo dell’innovazione attraverso la realizzazione di oltre 60 eventi di formazione, show, intrattenimento, business e networking. Sono in pieno svolgimento i lavori che il 20, 21 e 22 giugno culmineranno con l’apertura al Palacongressi di Rimini della 7ª edizione del Web Marketing Festival, il più grande Festival sull’Innovazione Digitale e Sociale. Già attive infatti le principali call – come la call for speaker, la call for show o la call for mainstage – che coinvolgeranno direttamente gli utenti nella costruzione del prossimo appuntamento del WMF, così come le iniziative e le partnership che permetteranno a sponsor e partner di condividere attivamente la realizzazione del Festival. Arricchito il format della scorsa edizione, in cui sono state registrate oltre 18.000 presenze, più di 60 eventi, 45 sale formative, 400 ospiti e speaker provenienti da tutto il mondo, oltre 400 tra espositori e partner e più di 600 startup e investitori. Anche per il WMF 2019, infatti, i partecipanti potranno tracciare il loro percorso “didattico” proponendo loro stessi tematiche di interesse e scegliendo all’interno di un ampio programma e tra centinaia di interventi formativi sulle più importanti leve dell’innovazione digitale e su vari temi: dal web marketing all’imprenditorialità, dall’IT all’intelligenza artificiale. Facendo della formazione il proprio core e affrontando tematiche afferenti la digital e la social innovation, il WMF si pone ormai da anni come un acceleratore del processo di innovazione per il Paese e la società, frutto del lavoro di co-creazione portato avanti con aziende, persone e istituzioni. L’impegno del Festival in questo senso è stato il fil rouge delle scorse edizioni ed è il cardine su cui viene costruito anche il WMF19, così come annuncia lo spot tv che è in onda sui network di Mediaset e La7. Partendo da questo punto fermo, nella prossima edizione, attraverso diverse tipologie di eventi –
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