La Copertina d'Artista - Simply the best 2019

Pagina creata da Andrea Salvi
 
CONTINUA A LEGGERE
La Copertina d'Artista - Simply the best 2019
La Copertina d’Artista – Simply the best
2019
Il busto di un uomo riempie totalmente lo spazio visivo della Copertina d’Artista di questo dicembre.

È una strana prospettiva quella che ci offre l’artista di questo mese, DES, al secolo Giuseppe De
Simone (classe 1968), volutamente ci nasconde la testa e quindi la faccia dell’uomo, quasi a voler
impedire una qualsivoglia identificazione o riconoscimento. Ma, d’altra parte, l’artista ci offre una
grande quantità di indizi per provare ad azzardare qualche ipotesi, se non sull’identità del nostro
La Copertina d'Artista - Simply the best 2019
protagonista, quantomeno sulla sua nazionalità.

Per aiutarci, o forse confonderci, o entrambe le cose, DES utilizza la tecnica dell’assemblage,
La Copertina d'Artista - Simply the best 2019
componendo la sua opera con vari materiali, per lo più recuperati. Anche la scelta dei materiali non
sembra casuale, il corpo del nostro soggetto è fatto di cartoni o carta pacco riciclata ed incollata su
un supporto, riciclato anch’esso. Il colore e la consistenza del materiale scelto danno un effetto
simile ad un collage, o meglio ad un “patchwork”. Il tutto alla fine sembra il corpo asciutto di un
immigrato segnato dalla fatica, dalla fame e dalle cicatrici.

L
’
a
r
t
i
s
t
a
d
i
q
u
esto numero: DES, Giuseppe De
Simone.

Ma, ancora più emblematici, anche se non chiarificatori, sono gli altri elementi che l’artista inserisce
sul suo assemblage, primo fra tutti il grande cuore di pezza letteralmente graffettato sul corpo del
nostro protagonista, che, non tanto per forma, ma per tipologia e materiali, ricorda in maniera
impressionante le stelle gialle di pezza che i nazisti cucivano sui pigiami degli Ebrei nei campi di
concentramento.

In alto, sulla sinistra del cuore (a destra per chi guarda l’opera), è attaccata la silhouette di un
angioletto, un amorino forse, che suona la tromba; ed anche qui la scelta operata dall’artista è
interpretabile in maniere differenti, l’angioletto può essere portatore di buone novelle, ma può anche
essere l’angelo dell’apocalisse che suona la sua tromba e preannuncia la fine del Mondo.

Sul collo del soggetto è collocata una collana, anche questa fatta con materiali poveri: il ciondolo
sembra una sorta di esca sintetica per la pesca e la collanina sembra quella dei tappi dei lavandini.
Infine, il supporto usato dal nostro artista è una tavola sul cui sfondo risaltano i simboli
internazionali del riciclo, con un omino stilizzato che butta i rifiuti ed il n° 6 all’interno di un
triangolo di frecce.

La domanda, allora, come sempre, è: cosa vuole dirci l’artista???
Forse vuole dirci che non importa la nazionalità del nostro protagonista, non conta la sua identità,
conta solamente la sua condizione, la sua umanità, conta solo l’amore con cui noi spettatori
guardiamo quest’immagine. Sì, forse la risposta al significato dell’opera è l’amore, quell’amore
universale ed incondizionato che dobbiamo ad ogni nostro simile, ad ogni essere umano. Sì, forse la
risposta, l’unica possibile, alla domanda posta sopra è l’amore, quello con la “A” maiuscola, l’Amore
La Copertina d'Artista - Simply the best 2019
Supremo che è anche il titolo scelto per l’opera da DES.

Forse, azzardando ancora di più la nostra interpretazione, l’opera di Giuseppe De Simone è uno
specchio, o meglio uno di quei pupazzi di cartone o plastica che si trovano nei parchi divertimenti,
quelli usati per farsi le fotografie e che sono il corpo di questo o quel personaggio dei cartoni
animati o dei fumetti, ma senza testa, in maniera che chiunque voglia farsi una foto possa mettere la
sua faccia al posto di quella del pupazzo stesso.

          Scopri il nuovo numero > Simply the best
Allora chissà, il messaggio ultimo che l’opera “Amore Supremo” di DES vuole darci è che l’altro,
chiunque sia, l’altro sono io, sei tu, l’altro siamo noi.

M
a
d
e
i
n
i
t
a
l
y
,
2
0
1
5
.

DES, Giuseppe De Simone nasce a Cosenza nel 1968, ma vive e opera a Taranto.

Artista autodidatta dotato di un potente talento visionario, si interessa fin da giovanissimo all’arte, di
cui esplora tutti gli stili, le tecniche ed i linguaggi, passando agevolmente dalla scultura alla pittura
e all’assemblage. Le sue opere manifestano il suo eclettico girovagare fra stili e forme, la sua ricerca
è una sintesi armoniosa di contrasti, le sue opere che richiamano sia la Pop art, sia il Dada, sia l’Arte
povera, sono filosofiche dichiarazioni dell’ambivalenza insita nell’uomo: profondità ed elevazione,
luce ed ombra, movimento e immobilità, bene e male.
La Copertina d'Artista - Simply the best 2019
Per informazioni e per contattare l’artista DES – Giuseppe De Simone:

redazione@smarknews.itemail umanodisumano68@gmail.com

FACEBOOK facebook.com/giuseppe de simone uomo luce

Ricordiamo agli artisti interessati che è possibile candidarsi alla Copertina
d’Artista scrivendo alla nostra redazione: redazione@smarknews.it

Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.

   Resta aggiornato sulle nostre
    pubblicazioni e sulle ultime
       novità dal mondo del
         marketing e della
          comunicazione.
                            Nome

                          Cognome

                           Email *

                       Consenso      Consentici di usare i tuoi dati

       Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy
                                  Iscriviti alla newsletter

Simply the best – L’editoriale di Ivan
Zorico
La Copertina d'Artista - Simply the best 2019
I fine anno sono da sempre tempo di bilanci.
Cosa è andato bene, cosa è andato storto, cosa poteva
essere migliorato, cosa ha sorpreso positivamente e così
via.

Ma questo fine anno lo è probabilmente anche un po’ di più.
In questi giorni non si sta solo chiudendo il 2019, ma anche un decennio. E, allora, se
facciamo lo sforzo di allargare la prospettiva, possiamo vedere che il bilancio da fare è ben più
corposo.

Due sono le strade che si possono intraprendere in questo percorso a ritroso: quella pubblica e
quella privata.

Come una qualsiasi strada pubblica, quello che accade in questi luoghi tocca più o meno da vicino
tutti noi. A volte ne siamo fortemente interessati, a volte siamo dei semplici osservatori e, a volte, ne
siamo implicati nostro malgrado.

Cosa è successo quindi in questi dieci anni? Di certo non ho la pretesa di fare un resoconto
esaustivo, ma riporterò quello che maggiormente mi ha colpito.

Rivoluzione digitale
Certamente è stato il decennio (2010-2019) dell’esplosione della tecnologia, del web e dei social. Un
mondo digitale che ha dato all’uomo il potere di essere davvero al centro, di esprimersi
pubblicamente e di farlo in qualsiasi momento. Un potere in grado di disintermediare, di renderci
tutti più veloci e farci sentire nel futuro. Ovvio che come tutte le rivoluzioni, anche quella digitale si
è trascinata con sé problematiche sociali e non. D’altronde sino a dieci anni fa (o poco più) l’uomo si
è sempre approcciato ad un mondo che, seppur in divenire, manteneva una velocità abbastanza
stabile, incapace di creare enormi scossoni. Oggi, invece, facciamo i conti con uno tsunami. In
un tempo limitatissimo, l’online ha modificato tutti gli aspetti della nostra vita. E siamo solo agli
inizi. Sarà bello vedere tra dieci anni cosa saremo in grado di fare e come l’umanità sarà progredita.
Perché al netto delle storture, che comunque ci sono, tornare indietro è impossibile. L’uomo dovrà
risvegliare il suo innato spirito di adattamento. Il mondo intorno a noi sta cambiando e noi dovremo
fare lo stesso. Ed alla svelta.
La Copertina d'Artista - Simply the best 2019
Scopri il nuovo numero > Simply the best
Ambiente e partecipazione
Negli ultimi tempi si sta risvegliando una sorta di coscienza collettiva. Alcuni lo definiscono una
sorta di nuovo ’68. La questione ambientale è certamente il tema di questi ultimi tempi. Tema che ha
come riferimento fulgido una ragazzina svedese – Greta Thunberg – in grado in breve tempo di
saper connettere pacificamente milioni di persone nel mondo (per lo più appartenenti alla
Generazione Z, come lei), influenzare l’opinione pubblica e di portare sui tavoli della politica
internazionale le istanze del mondo ambientalista. Metodi di produzione, abitudini e consumi devono
essere rivisti nell’ottica della sostenibilità ambientale e sociale. Se tra dieci anni il mondo sarà più
vivibile lo dovremo in gran parte anche a lei, al suo attivismo ed al suo essere diventato icona di una
generazione. L’uomo ha bisogno di esempi positivi per migliorare e cambiare. E Greta lo è.

Tensioni, politica e divisioni
Il decennio 2010-2019 è certamente figlio di quello precedente. E non poteva essere altrimenti. La
crisi economica scoppiata negli Stati Uniti con il fallimento della Lehman Brothers nel
settembre 2008, ha contagiato successivamente l’Europa mandando in recessione molti stati e
mettendone a rischio molti altri, Italia compresa. La Grecia, la culla della civiltà occidentale, ha
corso il serio rischio di uscire dall’euro; Spagna, Irlanda e Portogallo sono stati soccorsi dal fondo
salva stati; l’Italia è stata salvata dal governo tecnico di Monti dopo che lo spread tra BTP e BUND
tedesco era arrivato a quotare 574 punti il 9 novembre 2011.
Il mondo conosce l’ISIS, prima noto come Daesh, e la sua strategia del terrore. Attentati in
giro per l’Europa ci fanno sentire indifesi a casa nostra. Cose semplici, normali, come andare al
ristorante o ad un concerto mettono paura. Le misure di sicurezza degli Stati si innalzano, dopo poco
tutto sembra tornare alla normalità, anche vedere dei militari armati in giro nelle piazze delle nostre
città. Abbiamo perso definitivamente l’età dell’innocenza.
La politica replica con soluzioni vecchie a problemi nuovi, con risposte semplici a problemi
complessi. Come l’immigrazione. Alzate di muri, porti chiusi e paura dell’altro, sono gli slogan che
vanno per la maggiore. Le persone hanno legittimamente bisogno di sicurezza e stabilità. D’altronde
crisi economica, rivoluzione digitale e cambiamenti generazionali, minano certezze e necessitano di
visione. Il vento sovranista spira sul mondo occidentale, si fa sempre più strada l’idea che “soli è
meglio” (vedi Brexit) e parole come integrazione, cooperazione ed unione, hanno assunto una veste
negativa. Il prossimo decennio non inizia sotto i migliori auspici.

Sin qui la strada pubblica, e quella privata?

Qui il cerchio si restringe, sotto i riflettori ci finiamo noi. Nella propria strada privata ognuno ha
le sue storie, i suoi percorsi e i suoi sogni. Ci troviamo da singoli a vivere questi anni complessi,
ma pieni di opportunità. Solo noi possiamo sapere dove possiamo arrivare e quando. Quello che non
dovrebbe mai mancare è l’impegno a migliorarsi. Se il decennio appena passato ci è sembrato
assurdo, stressante e iper veloce, il prossimo lo sarà anche di più. Saranno anni intensi.
Saranno gli anni del turismo spaziale, per dirne una. Il tempo e la storia hanno cambiato
definitivamente marcia. Stare al passo è l’unica soluzione possibile.

Buona lettura.
La Copertina d'Artista - Simply the best 2019
Ivan Zorico

Ti è piaciuto? Hai qualche considerazione in merito? Fammelo sapere nei
commenti. Rispondo sempre.
Se vuoi rimanere in contatto con me questo è il link
giusto: www.linkedin.com/in/ivanzorico

  Resta aggiornato sulle nostre
   pubblicazioni e sulle ultime
      novità dal mondo del
        marketing e della
         comunicazione.
                        Nome

                      Cognome

                       Email *

                    Consenso      Consentici di usare i tuoi dati

     Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy
                               Iscriviti alla newsletter

Simply the best – L’editoriale di Raffaello
Castellano

Cosa rimarrà di questo secondo decennio del
nuovo secolo?
La Copertina d'Artista - Simply the best 2019
Quali sono le parole che nel 2019, e negli ultimi anni, sono diventate il
bagaglio o il fardello di noi viaggiatori del terzo millennio?
Sono diverse le parole che ci hanno accompagnato, rintronato e confuso nei secondi anni ‘10 del
2000. Fra le tante: immigrazione, terrorismo, Brexit, Trump, ecosistema, riscaldamento
climatico, antropocene, violenza di genere, fake news, pseudoscienza, innovazione,
intelligenza artificiale, Marte, etc., etc.. Per ognuna di esse c’è una definizione, ma innumerevoli
spiegazioni o cause, molte delle quali controverse e ancora dibattute.

Secondo me sono almeno tre le parole a cui prestare più attenzione: fake news, riscaldamento
climatico e intelligenza artificiale; state pur certi che intorno a questi tre concetti si giocheranno
le sorti del nostro futuro sia come individui che come specie.

A ben vedere tutte e tre queste parole sono legate al progresso e all’innovazione tecnologica che
negli ultimi 20 anni ha fatto passi da gigante, correndo all’impazzata e lasciandoci spesso indietro ad
arrancare. Inoltre, ognuno dei termini che ho scelto è collegato a molti altri della lista e di altre liste;
prendete ad esempio “riscaldamento climatico”: da essa derivano parole come terrorismo,
immigrazione ed ecosistema.

F
o
t
o
d
i
F
r
e
e
-
P
h
o
t
o
s
d
a
Pixabay

Insomma il prossimo anno ed il prossimo decennio che si stanno per aprire rappresenteranno per
tutti noi abitanti della terra sia un problema che un’opportunità. Dovremo, come in ogni aspetto
della vita, operare delle scelte dalle quali dipenderanno e deriveranno conseguenze più o meno gravi
e profonde che adesso possiamo solo immaginare.
La Copertina d'Artista - Simply the best 2019
Scopri il nuovo numero > Simply the best
Molte di queste parole sono state l’argomento delle nostre uscite mensili, infatti dal maggio del
2014, cioè da quasi 6 anni, il nostro magazine è on line ogni fine mese con un argomento sempre
diverso, che pesca sia dalle tematiche della nostra mission, come comunicazione, marketing, social
media, economia, innovazione, nuove tecnologie, sia da quelle di più stringente attualità.

Permettetemi di dire che, in un mercato editoriale dove la maggior parte dei giornali chiude, anche
sul web, il fatto che da 5 anni e mezzo, dopo 68 numeri e più di 1000 articoli pubblicati
(all’uscita di questo numero) noi altri si guardi al futuro con speranza e coraggio è un fatto non solo
positivo ma estremamente raro. Quest’anno, insieme all’amico e collega Ivan Zorico ed ad un
manipolo di irriducibili collaboratori vogliamo non solo continuare a fare le cose già fatte, e che i
nostri lettori hanno dimostrato di apprezzare, ma vogliamo lanciarci in nuove sfide e cogliere altre
opportunità.

F
o
t
o
d
i
A
r
e
k
S
o
c
h
a
da Pixabay

Abbiamo cominciato già da qualche mese con la prima delle novità, la rubrica video “Il sonno della
Ragione”, che vede impegnati da una parte il sottoscritto e il nostro storico collaboratore Armando
De Vincentiis, dall’altra lo stesso Ivan Zorico che si occupa di tutti gli aspetti legati alla
postproduzione, alla grafica e al montaggio. La nuova rubrica rappresenta l’occasione per il nostro
magazine di intercettare nuovi “lettori” sul canale You Tube e, soprattutto, di gettare uno sguardo
fresco, nuovo e sopratutto rigoroso su tutto quel mondo che va sotto il nome di “pseudoscienza”.

Ancora più impegnativa sarà la sfida che ci accingiamo a intraprendere nei prossimi mesi: dopo 5
anni e mezzo di storia il nostro magazine e l’Associazione Culturale Smart Media che lo edita hanno
deciso di aprire il “settore formazione”, promuovendo attraverso il know-how dei suoi collaboratori
una serie di corsi sulle tematiche più attinenti alla nostra filosofia.

Insomma, per tornare al principio di questo editoriale e per chiudere il cerchio delle mie
considerazioni, cosa ci dobbiamo aspettare dal nuovo decennio?
F
o
t
o
d
i
G
e
r
d
A
l
t
m
a
n
n
d
a Pixabay

Credo che il futuro, il nostro “comune futuro” sia, nonostante i pericoli e le insidie, pieno di
possibilità ed opportunità, credo che il nostro futuro sia quanto mai aperto, come ci ha ricordato già
il secolo scorso il filosofo austriaco Karl Raimund Popper:

“Il futuro è molto aperto, e dipende da noi, da noi tutti. Dipende da ciò che voi e
       io e molti altri uomini fanno e faranno, oggi, domani e dopodomani.

E quello che noi facciamo e faremo dipende a sua volta dal nostro pensiero e dai
            nostri desideri, dalle nostre speranze e dai nostri timori.

Dipende da come vediamo il mondo e da come valutiamo le possibilità del futuro
                             che sono aperte.”
Buona lettura, buon anno e buona vita a tutti voi.

                                                                            Raffaello Castellano

Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.

   Resta aggiornato sulle nostre
    pubblicazioni e sulle ultime
       novità dal mondo del
         marketing e della
          comunicazione.
                                  Nome
Cognome

                                   Email *

                              Consenso       Consentici di usare i tuoi dati

        Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy
                                          Iscriviti alla newsletter

I nuovi anni ‘20: gli anni ruggenti dei
social e della tecnologia
Come saranno i nuovi anni ‘20? Niente a che fare con lo swing e le collane di perle questa volta,
possiamo scommetterci. Al posto dell’essenzialità di Coco Chanel ci accontenteremo dell’onniscenza
di Alexa; e la luce di lustrini e paillettes sarà facilmente sostituita da quella di schermi di
smartphone e tablet. E voilà…ecco gli anni ruggenti della tecnologia!

Inutile chiedersi se sia meglio o peggio, se tutto questo digitale e web 2.0 o 3.0 ci abbia fatto
bene, abbia migliorato le nostre vite o noi stessi. Probabilmente sì, da un canto ci ha facilitato la vita,
ha semplificato molte delle nostre attività, e dall’altro lato ci ha reso pigri, incapaci di approfondire,
schiavi degli schermi. Come già detto è inutile chiederselo ed è altrettanto inutile rispondersi,
perchè il progresso avanza e non possiamo di certo andargli contro. Il punto è trovare la
formula giusta, affrontarlo come esseri pensanti e consapevoli, usarlo come un alleato e non come
un mero semplificatore.

Negli ultimi 20 anni abbiamo rincorso il web, affascinati dalle sue potenzialità, dall’opportunità di
connetterci facilmente con ogni punto del mondo e di ottenere ogni tipo di informazione. Le aziende
hanno iniziato a sognare sempre più in grande, ammaliate dall’idea di non avere confini per il
proprio business. E così il primo must have fu il sito web, ben presto accompagnato dalla
presenza sui social.

Una presenza spesso un po’ casuale, poco curata, ma che marcava il territorio e diceva “ci sono
anche io”, presupponeva un “come potrei non esserci?” e nascondeva spesso anche un “e ora che ci
faccio?” O “a cosa mi serve?”.

           Scopri il nuovo numero > Simply the best
A una fase iniziale di scoperta seguì una fase più pragmatica e di sperimentazione, fino
alla fase attuale di maturità digitale, in cui c’è addirittura anche chi fa qualche passo
indietro. Nell’anno che sta per concludersi, il 2019, hanno infatti fatto scalpore alcune
aziende come Lush (a metà Aprile) e Unicredit (a Giugno) che hanno deciso di
abbandonare i social. Stanche, forse spaventate dalla comunicazione a due vie, del
crescente potere, e diritto di parola, dei consumatori o dalle regole del gioco (leggasi
algoritmo).

  Visualizza questo post su Instagram

   We’re switching up social.⁣ ⁣ Increasingly, social media is making it harder and harder for us to talk to
   each other directly. We are tired of fighting with algorithms, and we do not want to pay to appear in
   your newsfeed. So we’ve decided it’s time to bid farewell to some of our social channels and open
   up the conversation between you and us instead.⁣ ⁣ Lush has always been made up of many voices,
   and it’s time for all of them to be heard. We don’t want to limit ourselves to holding conversations in
   one place, we want social to be placed back in the hands of our communities – from our founders to
   our friends.⁣ ⁣ We’re a community and we always have been. We believe we can make more noise
   using all of our voices across the globe because when we do we drive change, challenge norms and
   create a cosmetic revolution. We want social to be more about passions and less about likes.⁣ ⁣ Over
   the next week, our customer care team will be actively responding to your messages and
   comments, after this point you can speak us via live chat on the website, on email at
   wecare@lush.co.uk and by telephone: 01202 930051.⁣ ⁣ This isn’t the end, it’s just the start of
   something new.⁣ ⁣ #LushCommunity – see you there.

              Un post condiviso da LUSH UK (@lush) in data: 8 Apr 2019 alle ore 12:17 PDT

Se ne è discusso tanto per mesi, ci siamo chiesti se fosse un nuovo trend e quante altre aziende
avrebbero presto seguito l’esempio, gli addetti ai lavori hanno osservato con terrore questa mossa,
preoccupati dalle conseguenze…ma in verità non è successo nulla. Un po’ come quando un amico
lascia la festa troppo presto, e tu provi a convincerlo a rimanere ancora un po’, ma in fondo se va via
la festa continua in ogni caso.

Se i mercati sono conversazioni chiudere delle finestre di dialogo è davvero una buona idea? Gli
italiani sui social media sono più di 35 milioni, con un trend sempre crescente. Chi
snobberebbe 35 milioni di potenziali clienti? Se i social media ci spaventano ancora, se l’opportunità
di dar voce a clienti e consumatori ci infastidisce e se riteniamo che dover destinare delle risorse alla
comunicazione web o investire del budget in Ads sia troppo impegnativo…allora stiamo ancora
sbagliando qualcosa. Forse quella maturità digitale non c’è ancora, ma è sola
assuefazione.

Leggo spesso che l’offline è il nuovo online; ovvero che come il web ci ha ammaliati negli ultimi 15
anni… adesso è tutto ciò che è fuori dal web ad attirarci, perchè l’incantesimo si è un po’ spezzato, e
noi non vediamo più soltanto i pro dell’online. Siamo affascinati dall’autenticità, dagli incontri
dal vivo, dai contatti veri, e dunque il web, sempre capace di adattarsi alle esigenze di chi lo
utilizza, diventa strumento abilitante: crea una connessione online che sfocia in un contatto
offline. Pensiamo alle community, ai social network, alle app e ai siti di incontri o ai gruppi
professionali.

Stiamo per entrare nel 2020, un anno che suona subito
futuristico, eppure sembra sia passato un attimo dal 2000, o
dal 2004, anno ufficiale di nascita di Facebook, il più grande
social network al mondo.
Ci siamo lanciati un po’ alla cieca in questo nuovo mondo del web, lo abbiamo osservato e plasmato
negli anni. Se esserne schiavi o padroni possiamo deciderlo noi. Ignorarlo non è un’opzione valida,
dominarlo grazie alle giuste competenze e alla conoscenza approfondita delle sue potenzialità è
sicuramente la scelta vincente.

E allora tornando al trend dell’offline, ancora una volta dobbiamo parlare di comunicazione
integrata: stare online non vuol dire non stare offline. La buona comunicazione, il buon
marketing è un mix del tutto, è l’utilizzo sapiente di tutti i mezzi utili ad uno scopo, che si combinano
come i pezzi di un puzzle. Ed è possibile costruirlo solo conoscendo la tecnica, quali pezzi incastrare,
e avendo ben presente l’immagine intera da voler costruire alla fine.

Niente di più facile o forse niente di più difficile. Giudicate voi.

Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.

    Resta aggiornato sulle nostre
     pubblicazioni e sulle ultime
        novità dal mondo del
          marketing e della
           comunicazione.
                                    Nome

                                  Cognome

                                    Email *

                               Consenso       Consentici di usare i tuoi dati
Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy
                                         Iscriviti alla newsletter

Quando l'Epic Fail è dietro l'angolo... Ma
siamo proprio sicuri che il problema non
siamo NOI?
Quando si pensa ad una campagna pubblicitaria per lanciare un nuovo prodotto o per cercare di
consolidare la propria fetta di mercato, gli epic fail sono dietro l’angolo.

Lo sanno bene Dolce & Gabbana che nel 2018 hanno inanellato ben tre epic fail tutte sulla stessa
campagna pubblicitaria ritenuta razzista dal mercato cinese.
Dolce&Gabbana lanciano in Cina una serie di annunci pubblicitari che ritraggono una donna
cinese che fa fatica a mangiare cibo italiano, la pubblicità è stata oggetto delle proteste accese dei
consumatori cinesi, con boicottaggi e accuse di razzismo. Dolce & Gabbana ha annullato la sua
sfilata di moda a Shanghai e hanno aggiunto benzina sul fuoco rispondendo in modo ancora più
razzista ad un utente Instagram che chiedeva spiegazioni, per poi dichiarare di aver subito un furto
dell’account. Ma non solo.

Hanno poi fatto le scuse in un video che aveva del surreale e in cui hanno inanellato altre gaffe…ad
esempio chiedendo scusa ai cinesi in italiano con sottotitoli in inglese; insomma tre Epic Fail di fila,
fare peggio era impossibile.

Andando avanti di un anno a cadere in questa grande trappola mediatica è la Pelaton Bike, azienda
leader nell’indoor Cycling. Lo spot incriminato mostra un marito che per Natale regala una cyclette
a sua moglie e quest’ultima che trascorre tutto l’anno a registrare i suoi allenamenti, condividendoli
con il marito.

Le intenzioni dell’azienda potevano essere nobili e cioè quella di invitare i clienti a fare un regalo
che andasse oltre le festività natalizie, invitandoli anche ad assumere uno stile di vita sano ed
equilibrato. Ma tra quello che si vuole comunicare e quello che invece viene percepito dal
consumatore c’è di mezzo un abisso. Ed infatti, gran parte degli utenti hanno percepito un
messaggio sessista scatenando una vera e propria polemica social. Il video che è stato visualizzato
da oltre 7 milioni di utenti su Youtube ha scatenato reazioni dure, soprattutto nel mondo femminile,
che hanno avuto l’impressione che l’uomo voglia fare pressione sulla donna ed indurla a perdere
peso.
Scopri il nuovo numero > Simply the best
Polemiche che non si sono fermate al mondo social ma che hanno fatto registrare all’azienda,
quotata in borsa, una perdita di circa 900 milioni di dollari, ovvero il 9% del valore di
mercato.

Ma ci troviamo dinanzi davvero ad uno spot sessista?
Chi scrive questo articolo è una donna che non si sente minimamente toccata dallo spot della
Pelaton, anzi dirò di più. Chi mi ha più infastidito sono state tutte quelle persone che hanno dato per
scontato che la donna sia “vittima” della volontà del marito. Perché a nessuno è venuto in mente che
potesse essere un regalo utile per condurre una vita più sana ed equilibrata o che semplicemente
potesse essere apprezzato da una donna amante dello sport?

Inoltre l’azienda non ha certo utilizzato una modella sovrappeso per il suo spot, anzi la stessa attrice
è scesa in campo per testimoniare la buona fede dell’azienda e veicolare il giusto messaggio.

Dunque, in conclusione, siamo tutti d’ accordo sul combattere il fenomeno del sessismo, e cercare di
superare il concetto della mercificazione del corpo che ha tolto dignità alla donna per troppo tempo,
ma non si può fare di tutta l’erba un fascio.
Bisogna avere chiara quella linea, anche se sempre più sottile, tra sessismo e un semplice spot
pubblicitario che potrebbe voler veicolare un messaggio assolutamente innocuo. A volte la
percezione che abbiamo potrebbe essere un nostro problema, siamo proprio sicuri che abbiamo (noi)
superato determinati stereotipi?

Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.

   Resta aggiornato sulle nostre
    pubblicazioni e sulle ultime
       novità dal mondo del
         marketing e della
          comunicazione.
                                   Nome

                                 Cognome

                                  Email *

                             Consenso       Consentici di usare i tuoi dati

        Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy
                                         Iscriviti alla newsletter
Brand journalism: è davvero il futuro del
giornalismo?
Negli ultimi anni, la necessità di saper comunicare in modo sempre più innovativo, in conseguenza
del mutamento dell’atteggiamento del consumatore nei confronti del messaggio pubblicitario
tradizionale, ha portato allo sviluppo di una particolare variante comunicativa, che fonde il
giornalismo con il marketing.

Molti professionisti del settore sostengono che rappresenti il giornalismo del futuro perché in grado
di andare oltre le attività del marketing tradizionale, in modo da differenziarsi così dal semplice
storytelling, in quanto capace di produrre informazione oltre che narrazione, e di distanziarsi dal
content marketing perché non punta direttamente alla vendita del brand.

  Per approfondire:

  ■   Differenze tra giornalismo, ufficio stampa e brand journalism. Intervista a Daniele
      Chieffi.

Il giornalismo d’impresa, per dirlo con le parole di casa nostra, è una forma di giornalismo
che si occupa della comunicazione che ruota intorno al marchio, con l’obiettivo di informare i
consumatori, trasformando la pubblicità in una notizia. Prima di sbarcare sul web, il brand
journalism ha avuto origine nei media tradizionali, già nel 1895, l’azienda di John Deere, pubblicò il
primo numero di The Furrow, che raggiunse ben 4 milioni di lettori. Ma la prima azienda
contemporanea ad aver captato il grande potenziale di questa evolutiva forma di giornalismo, è stata
McDonald’s nel 2004, anno in cui, l’allora Chief Marketing Officer, Larry Light, consapevole che il
marketing di massa avesse ormai smesso di funzionare, cominciò ad applicare una nuova tecnica
pubblicitaria, nella quale la storia del marchio fosse il focus, “(…) il brand journalism è un modo per
registrare e trasmettere quello che accade a un brand nel mondo, creando una narrazione di marca
e una comunicazione che con il tempo può contribuire a raccontare l’intera storia del marchio e
dell’azienda”.

           Scopri il nuovo numero > Simply the best
Nell’intento di realizzare una forte connessione con i consumatori, è chiaro che le imprese stanno
avvertendo la necessità di produrre in proprio i contenuti della comunicazione, e il
giornalismo aziendale permette di riconoscere, organizzare e produrre storie aziendali per
differenziarsi dalla concorrenza. Si basa sui principi del giornalismo tradizionale, con l’obiettivo di
creare delle storie basate sui fatti, documentati e verificabili, secondo il principio della trasparenza
della notizia, con l’intento prioritario di creare un fatto giornalistico che integri nella narrazione
aziendale notizie dell’ecosistema all’interno del quale l’azienda si muove. Il canale preferenziale,
ad oggi, sono ovviamente i social media, che permettono di realizzare una comunicazione
bidirezionale e interattiva, che meglio si adatta al nuovo ruolo del consumatore, più attento e
soprattutto desideroso di partecipare in modo attivo.
Ma quali sono le nuove figure del settore?
Il mercato aziendale necessita di professionisti che sappiano, attraverso gli strumenti tipici
del giornalismo, comunicare tutto ciò che ruota intorno al brand. Occorre essere in grado di
comprendere le esigenze informative del pubblico, e il loro bisogno di chiarimenti, captare quali
sono le informazioni rilevanti che permettano di creare una vera e propria notizia e non solo una
pubblicità. La figura del brand journalist deve conoscere i punti salienti della catena di
produzione, intercettarne la notiziabilità, da integrare all’interno dei processi di comunicazione,
facendo attenzione al rispetto dell’etica e della deontologia professionale, così come nel
giornalismo classico. Non sono ancora presenti corsi di studio e specializzazione specifici, ma il
mercato sta già facendo la propria richiesta, quindi è bene non mostrarsi impreparati.

Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.

   Resta aggiornato sulle nostre
    pubblicazioni e sulle ultime
       novità dal mondo del
         marketing e della
          comunicazione.
                                 Nome

                                Cognome

                                 Email *

                            Consenso       Consentici di usare i tuoi dati

        Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy
                                       Iscriviti alla newsletter

5 storie vere per ispirarci al cambiamento
Il nuovo anno si avvicina e con lui anche i buoni propositi, cosa c’è di meglio allora che avere come
fonte d’ispirazione il cinema? Vi proponiamo per l’occasione 5 film basati su personaggi realmente
esistiti, che hanno deciso di cambiare la propria vita.

Sono persone comuni che hanno creduto in un sogno e hanno deciso di non lasciare tutto come
prima, rassegnandosi al proprio destino, ma hanno accolto la sfida di cambiare le cose, la vita, il
mondo circostante.
Conosciamoli meglio attraverso questi film:
https://youtu.be/kpyNeXLqJKU

1) THE SOCIAL NETWORK: 2010, Regia di David Fincher

Primo fra tutti è sicuramente “The Social Network”, il film che racconta l’ascesa del giovane
cofondatore di Facebook, Mark Zuckerberg. Il film si è aggiudicato 3 Oscar, per la sceneggiatura
non originale, per la colonna sonora e per il miglior montaggio e rappresenta uno dei miglior film
biografici degli ultimi anni. Facebook (con questo nome dal 2004) nacque nel 2003 come sito per gli
studenti di Harvard con il nome Facemash, ispirandosi all’elenco con nomi e foto che gli studenti
ricevono ad inizio anno, ideato per aiutarli a socializzare.

          Scopri il nuovo numero > Simply the best
Con il susseguirsi delle modifiche lo scopo di Facebook è rimasto più o meno simile, arrivando ad
essere il terzo sito più visitato dopo Google e Youtube. L’attore protagonista, il bravissimo Jesse
Eisenberg, interpreta magistralmente il giovane imprenditore informatico, che ormai è il quinto
uomo più ricco al mondo e il film, infatti, segue la sua storia partendo dall’idea che scatena la
nascita del social network fino alla causa contro Zuckerberg da 600 milioni di dollari.

https://youtu.be/sLk1g_2acgc

2) JOBS: 2013, Regia di Joshua Michael Stern

Su Steve Jobs, l’imprenditore, inventore, informatico e confondatore di Apple, sono stati girati due
film molto diversi: “Jobs” del 2013 con la regia di Joshua Michael Stern, che vede protagonista
l’attore Ashton Kutcher e “Steve Jobs”, del 2015, diretto da Danny Boyle, che ha come attore
protagonista Michael Fassbender. Entrambe le pellicole sono molto ben realizzate, ma forse il primo
risulta più leggero: “Jobs” narra la storia del visionario informatico partendo dagli anni settanta,
anni in cui viene fondata l’azienda Apple a Cupertino, in California con pochi mezzi e tanta voglia di
cambiare il corso degli eventi. Il film mostra anche tutto il percorso, umano e professionale di questa
figura iconica del mondo dell’informatica e della tecnologia, che con i suoi prodotti e le sue
innovazioni ha creato nel mondo un vero e proprio status symbol.

https://youtu.be/i0JY79_Kiww

3) THE IMITATION GAME: 2014, Regia di Morten Tyldum

“The Imitation game”, film del 2014, narra la storia del matematico Alan Turing, nato nel 1912.
Turing fu assunto per decifrare messaggi nazisti codificati dalla famosa Macchina Enigma, in quanto
esperto a decifrare codici segreti. La sua figura è ancora oggi molto importante nella storia, perché
grazie a lui si riuscirono a salvare numerose vite umane durante la guerra. Il matematico è
considerato uno dei padri dell’informatica per il suo concetto di algoritmo e per la Macchina di
Turing, una macchina ideale che può eseguire algoritmi con dati su un nastro potenzialmente
infinito. Il film molto avvincente è supportato dalla bravura dell’attore protagonista Benedict
Cumberbatch e si è aggiudicato anche il premio Oscar per la Miglior sceneggiatura non originale.

https://youtu.be/zMn0-0gU3fM
4) JOY: 2015, Regia di David O. Russell

E’ la storia dell’inventrice, imprenditrice italo americana Joy Mangano, interpretata dalla bravissima
Jennifer Lawrence. Joy è una donna divorziata con due figli, che fatica ad andare avanti, ma con la
sua determinazione riesce a dare una svolta clamorosa alla sua esistenza: inventa il Miracle Mop, il
mocio autostrizzante per pulire i pavimenti e partendo da questa sua invenzione riesce a costruire
un grande impero commerciale e si riscatta dalla sua vita precedente. Le storie al femminile nel
cinema sono sempre troppo poche, ma questo è uno di quei film che può sicuramente essere da
stimolo per non essere vittima dei pregiudizi e riuscire ad abbattere gli ostacoli e realizzare i propri
sogni.

https://youtu.be/Bb5H_sh9dcc

5) IL RAGAZZO CHE CATTURÒ IL VENTO: 2019, Regia di Chiwetel Ejiofor

Questo film del 2019, scritto, diretto ed interpretato da Chiwetel Ejiofor, è basato sull’omonimo libro
di memorie scritto da William Kamkwamba, inventore e scrittore malawiano. Kamkwamba a 14 anni
costruì un mulino a vento con materiale di recupero per dare elettricità al suo villaggio e per questo
suo impegno sociale e per tutto il suo ingegno, ha ricevuto fondi per continuare a studiare, avendo
scarsi mezzi economici a disposizione. Questo giovane ragazzo africano è diventato un punto di
riferimento nei convegni per parlare di green economy e di ecosostenibilità. “Il ragazzo che catturò
il vento” è disponibile su Netflix ed è stato selezionato per rappresentare il Regno Unito come
Miglior film in lingua straniera agli Oscar 2020.

“Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare”, diceva
Sir Winston Churchill, ed allora nell’attesa del 2020, non resta che lasciarsi ispirare dalle proprie
vittorie, dagli errori, dalla realtà, dagli altri, ed anche dal cinema.

Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.

   Resta aggiornato sulle nostre
    pubblicazioni e sulle ultime
       novità dal mondo del
         marketing e della
          comunicazione.
                                   Nome

                                 Cognome

                                  Email *

                             Consenso       Consentici di usare i tuoi dati

        Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy
                                         Iscriviti alla newsletter
Il fenomeno del 2019: TikTok, il social
della Generazione Z
Probabilmente se hai più di 18 anni ti starai chiedendo cosa sia TikTok e ti rispondo in breve: si
tratta di un’app per video brevi, dai 15 ai 60 secondi, che può essere definita come il vero
fenomeno social del 2019.

Grazie a questa app per smartphone gli utenti possono creare contenuti veloci e divertenti,
accompagnandoli con una colonna sonora musicale e con gli effetti della realtà aumentata.

I numeri di TikTok nel 2019
Oggi TikTok è disponibile in 34 lingue e tra chi lo usa con maggiore entusiasmo troviamo soprattutto
bambini e teeneger, per un totale di 500 milioni di utenti attivi già a luglio 2019. Un numero in
costante crescita e sicuramente da non trascurare se pensiamo che Instagram ha un miliardo di
utenti attivi e Snapchat 188 milioni, sempre su base mensile.

Eppure il grande successo di TikTok non è legato solo ai numeri, ma soprattutto al fatto che si tratta
di un fenomeno sociale, che offre ai giovani uno spazio creativo in cui sono liberi di esprimersi in
modo veramente semplice ed intuitivo.

Possiamo affermare, quindi, che TikTok sia più una piattaforma di intrattenimento che un social
media, anche se di questo mantiene i Like (cuoricini) e le modalità di interazione, ma diventa
qualcosa di totalmente coinvolgente. La mission? Dare vita alla creatività dei giovani, senza alcuna
regola, mescolando musica, meme e libertà espressiva.
Scopri il nuovo numero > Simply the best
Bisogna, quindi, prestare attenzione ai trend di crescita di TikTok (+144%), ma anche di Twitch
e Twitter, da sempre outsider tra i social media, ma che in questo 2019 hanno dimostrato di poter
diventare grandi ed aumentare il loro peso come fenomeni sociali, soprattutto tra i giovanissimi della
Generazione Z. (fonte: https://www.financialounge.com/)

TikTok è il social dei giovani e della musica
Sempre parlando di trend social possiamo affermare come Facebook sia la prima app in termini di
tempo trascorso online e, in generale, tutte le app social segnano un aumento di ore mensili per
singolo utente. Anche in questo caso un ruolo da protagonista è giocato da TikTok, soprattutto se
prendiamo in considerazione la fascia di utenti tra i 18 ed i 24 anni, con una classifica che vede
ai primi tre posti YouTube, TikTok e Instagram.

In generale, inoltre, è il mondo del divertimento e dei video a far salire engagement e tempo
speso sui social, come emerge da una ricerca di Comscore e TikTok, con la sua musica e i suoi video
è un protagonista di questa tendenza.

Perché TikTok piace ai teenager
Possiamo dire che il successo di TikTok sia dovuto al fatto che si tratta di un social pulito, senza
pubblicità e fake news e che offre quindi un senso di appartenenza ad una community molto forte e
poca pubblicità. Non solo: questa app ha ad oggi il sistema di montaggio video e audio più avanzato
al mondo e ospita contenuti senza tempo e barriere linguistiche.

  Per approfondire:
■   Il nostro numero dedicato alla Generazione Z. Conoscerla e comprenderla è
      indispensabile se si vuole avere uno scambio comunicativo efficace.

Rispetto ad Instagram, inoltre, scompare l’ansia di apparire e rende possibile ai giovani
presentare se stessi in modo più autentico, tra balli goffi e canti stonati oppure mentre fanno smorfie
improbabili. Divertire e divertirsi è il segreto alla base di questa piattaforma, in cui nessuno si sente
giudicato o ha l’obbligo di apparire cool come avviene su Instagram.

L
o
r
e
n
G
r
a
y
,
1
7
a
n
n
i
, è la muser più influente di TikTok con 33 milioni di follower e 2 miliardi di like.

Le Muser o gli Influencer di TikTok
Gli influencer di TikTok si chiamano Muser e tra questi abbiamo ad oggi Loren Gray, di 17 anni
che pubblica ogni mattina un video in cui canta in playback e con 33 milioni di follower e 2 miliardi
di like ha ottenuto un contratto con la Virgin Records ed ha sei singoli all’attivo.

Segue Baby ariel di 18 anni definita dal Time come una delle persone più influenti del web con i
suoi 30 milioni di fan. Il personaggio maschile più influente è, invece, Jacob Sartorius con 20
milioni di fan che realizza campagne contro il bullismo, di cui lui stesso è stato vittima. E in Italia?

Tra gli utenti più seguiti abbiamo Luciano Spinelli, che balla sulle note dei principali brani italiani
e Cecilia Cantarano, 19 enne romana famosa per gli sketch comic e i lip-sync.

Siamo sicuri che TikTok continuerà a crescere anche nel 2020, ma soprattutto che vedremo anche le
aziende interessarsi a questa app social per conquistare un pubblico di giovanissimi sempre più
difficili da coinvolgere nella comunicazione e nel marketing.

Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.
Resta aggiornato sulle nostre
    pubblicazioni e sulle ultime
       novità dal mondo del
         marketing e della
          comunicazione.

                                   Nome

                                 Cognome

                                  Email *

                             Consenso       Consentici di usare i tuoi dati

        Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy
                                         Iscriviti alla newsletter

I migliori 15 film italiani del 2019
Il 2019 è stato un anno importante per il cinema italiano, nonostante il numero delle pellicole
prodotte ed uscite nell’annata, sia calato di 3 unità (114 contro i 117 del 2018). La qualità, bisogna
affermarlo è aumentata rispetto all’anno precedente, anche considerando l’attenzione che i Festival
internazionali hanno avuto per la nostra cinematografia in quest’annata che sta volgendo al termine.
Infatti, della bravura e originalità dei nostri registi si sono accorti i grandi festival internazionali:
Berlino che ha tributato a La Paranza dei Bambini l’Orso d’Argento per la migliore sceneggiatura e
Toronto, che ha premiato con il Platform Prize quel Martin Eden che già al Festival di Venezia aveva
regalato a Luca Marinelli la Coppa Volpi come miglior interprete maschile. Proviamo a stilare ora
una lista dei 15 migliori film dell’annata, un elenco probabilmente personale, come tutti i giudizi
critici di ogni forma ed arte; ma certamente esaustivo su quello che è stato il meglio del cinema
italiano del 2019. Da una prima analisi, noterete molte sorprese (Bangla o A Tor Bella Monaca non
piove mai), gradite conferme (Il traditore di Marco Bellocchio o L’uomo del labirinto di Donato
Carrisi), grandi ritorni (Roberto Benigni con il Pinocchio di Matteo Garrone, Ficarra e Picone con la
loro nuova commedia intelligente dal titolo Il primo Natale) e la presenza come attori protagonisti
dei volti più amati del nostro cinema popolare (Pierfrancesco Favino, Luca Marinelli, Rocco Papaleo,
Valerio Mastandrea, Marco Giallini, Alessandro Gassman, Gianmarco Tognazzi, Edoardo Leo, Fabio
De Luigi, Sergio Rubini…e possiamo ancora continuare. Tutto questo per dire cosa? Che un gruppo
di autori importanti tiene in vita il nostro glorioso cinema, aiutato da attori-artisti di indubbio
talento, che danno viso, forma e voce alle loro idee. L’elenco è realizzato in puro ordine alfabetico,
proprio perché questa non vuol essere una mera classifica dal campionato di serie A; bensì un
consiglio ed un invito ad ammirare le migliori pellicole dell’annata che spaziano, senza soluzione di
continuità, dalla commedia brillante all’horror, dal film impegnato al giallo con ambizioni
psicologiche, dal documentario al fantastico.

          Scopri il nuovo numero > Simply the best
A Tor bella Monaca non piove mai

A Tor Bella Monaca Non Piove Mai, di Marco Bocci è diventato prima un libro e poi un film, e il film
ha il pregio di raccontare una periferia dove non tutti sono dei criminali e si può resistere alla
tentazione di infrangere la legge diventando un po’ perdenti ma conservando la dignità. Bocci
sceglie bene i suoi attori (Andrea Sartoretti, Libero De Rienzo e Antonia Liskova) e chiede loro
realismo. La sua regia è invece esplosiva, pop se non addirittura rock, e ogni inquadratura è un
piccolo capolavoro. Infine c’è un Giorgio Colangeli che quando si arrabbia – e qui si infuria fin quasi
a scoppiare – diventa davvero irresistibile, oltre che temibile.

https://youtu.be/twI1p6JKzoI

Bangla

La vera sorpresa cinematografica italiana dell’anno, quella del giovane e vivace Phaim Bhuiyan,
che racconta la sua storia di italiano di seconda generazioni di origine bengalese in una commedia
sia sentimentale che sociale. Bangla è forse l’unico film degli ultimi anni in cui un’onnipresente voce
fuori-campo non è invadente e fastidiosa. Funziona piuttosto da contrappunto e commento alle azioni
del protagonista, il quale, a mo’ di un novello Virgilio, ci conduce fra le strade vivaci di
Torpignattara, crogiuolo di razze e mestieri, quartiere di chiese e moschee, di baretti e di street art.
Il film esalta la diversità e dà una stoccatina alla falange razzista del nostro paese.

https://youtu.be/a68qCUHc71Y

La dea fortuna

La dea fortuna, ennesimo capolavoro di Ferzan Ozpetek, parla di quanto sia difficile e meraviglioso
innamorarsi di nuovo di chi hai vicino, e fa della demenza una virtù che ci aiuta a dimenticare i torti
subiti e a guardare ogni giorno il nostro partner come se fosse la prima volta. Parla di come non si
debba avere paura di rompere le cose perché si possono (quasi sempre) aggiustare, di come nessuno
“la racconta giusta”, principalmente a se stesso, e siamo tutti “nati inguaiati” (anche se sono gli altri
ad interpretare la diversità come un guaio). Un universo dove lo spavento esistenziale è dietro
l’angolo, ma se restiamo insieme fa meno paura, e ritroviamo luce, aria, respiro. Splendidi i due
protagonisti maschili, Edoardo Leo e Stefano Accorsi, coppia omosessuale che si troverà a dover
accudire, per un certo periodo, due adolescenti, figli dell’ex compagna del primo.

https://youtu.be/JTg4-5kdKvY

10 giorni senza mamma

Commedia brillante, sorretta da un grande Fabio De Luigi, padre di famiglia, con una moglie e tre
figli sotto i 10 anni. Ad un certo punto “mamma”(Valentina Lodovini, bellissima) decide di partire per
10 giorni con la propria sorella, lasciando i tre figli con un papà praticamente assente, per lavoro e
per pigrizia: guai a catena. E ancora una volta il volto di “gomma” di Fabio De Luigi si presta a
meraviglia ad una tragicommedia familiare. Sebbene sia innegabile infatti che alcune delle vicende
in cui si ritrova invischiato il suo personaggio siano esilaranti, dietro nascondono la forte malinconia
di un padre che ha trascurato i propri figli. Ed ancora più importante, di un padre che non
comprende a pieno il ruolo di una madre full time. Si nota la forte volontà di portare sul grande
schermo tematiche attuali quali la frustrazione di una donna nell’essere “solo” una madre o il
difficile connubio famiglia/lavoro. E specialmente nell’affrontare la prima, è lodevole il modo con cui
è stato scritto il personaggio interpretato da Valentina Lodovini, un ruolo femminile dal sapore
(finalmente) contemporaneo.

https://youtu.be/66qCt-0TkF8

Domani è un altro giorno

Una commedia toccante sull’esistenza umana e sul senso più profondo dell’amicizia, sorretta dalle
prove di Marco Giallini e Valerio Mastandrea, semplicemente monumentali. Il tema è amaro, ma il
regista Simone Spada ha il privilegio di consegnarlo a due professionisti capaci di reggere tra le
mani senza mai bruciarsi il magma di una storia che ha molto di disperante, eppure alla disperazione
nera non cede mai. È un dialogo a due voci malinconico e scanzonato, Domani è un altro giorno, un
valzer degli addii che si basa sulla perfetta alchimia della consolidata coppia di amici e colleghi
Valerio Mastandrea / Marco Giallini. Quest’ultimo è senza dubbio alla sua miglior prova di attore: dà
sfoggio a tutta la sua abilità incredibile – ma sullo schermo credibilissima – nel cambiare
continuamente tono ed espressione, passando nel giro di pochi attimi dal riso al pianto, dall’angoscia
all’ironia più graffiante.

https://youtu.be/5hyIsUnmJhU

Il grande spirito

Sergio Rubini e Rocco Papaleo non avevano mai recitato insieme, però insieme sono letteralmente
perfetti nei panni di un delinquente mezza tacca e un folle che si crede un sioux e si fa chiamare
Cervo Nero. La loro storia si svolge sui tetti, vicino al cielo, un cielo inquinato dalle ciminiere di un
mostro di ferro, ovvero l’Ilva di Taranto. Il grande spirito, è un film complesso, poeticamente
stralunato e avvolto da un realismo magico, cifre distintive del cinema di Sergio Rubini e di Rocco
Papaleo, attore comico “lunare”, un po’ alla Macario. Sempre in bilico fra materia e spirito, fra
concretezza anche gretta e allucinazione sempre nobile, Il grande spirito è una storia di miseria e
nobiltà, un piccolo gioiello, partito quasi nell’ombra, ma che ben presto ha assorbito ammiratori
come una spugna assorbe l’acqua. Surreale e a tratti bizzarro, ma anche profondamente calato nella
realtà locale: il film è girato a Taranto, ma nella parte industriale, quella avvelenata dai veleni
dell’industria siderurgica, la quale però, saggiamente, rimane sempre sullo sfondo. I due personaggi
principali creano una sinergia magistrale che dà forza e propulsione alla storia.

https://youtu.be/Rg6t-Lkb_gE

Lucania: Terra di sangue e magia

Lucania è uno di quei piccoli grandi film che hanno avuto fortuna all’estero e che in Italia sono stati
apprezzati ma che la legge implacabile delle sale cinematografiche ha dimenticato. Un film stupendo
che ci porta per mano in una terra aspra, selvaggia e forte e ci racconta una storia di disperazioni e
visioni, colpe reiterate e meschini boss locali nella quale all’improvviso si apre uno spiraglio di luce:
una ragazza che ha perso la parola e che ritrova la voglia di sorridere. Gigi Roccati è un regista
attento, che si permette campi lunghi e che cerca la verità dei luoghi e delle emozioni. Bravissima
Angela Fontana, una delle due gemelle di Indivisibili.

https://youtu.be/Tweehtmxp34

Martin Eden

Che Luca Marinelli fosse un grande attore lo sapevamo tutti, ma qui lo Zingaro di Lo chiamavano
Jeeg Robot si supera davvero ed è un meraviglioso Martin Eden, marinaio inquieto con il desiderio di
diventare scrittore. La reinterpretazione di Pietro Marcello del romanzo di Jack London è
interessante e necessaria. Ci sono tutte le contraddizioni del ‘900 nel film. Ci sono le lotte sindacali
di inizio secolo, i roghi dei libri della Germania nazista, il fascismo, la tv e i telefoni grigi. E c’è una
commistione di linguaggi e di stili, con immagini di repertorio inserite qua e là a dare epicità alla
storia raccontata. Martin Eden è come una barca che ci trascina fra i decenni, celebrando il valore
della cultura e denunciando l’incapacità di accogliere e le ingiustizie sociali.

https://youtu.be/uXGFGTf6sfg

Non ci resta che il crimine

Un trio di protagonisti davvero d’eccezione: Marco Giallini, Alessandro Gassman e Gianmarco
Tognazzi, affiancati da un Edoardo Leo di indolente ironia nei panni di Renatino De Pedis, capo della
famigerata Banda della Magliana. NON CI RESTA CHE IL CRIMINE è un mix volutamente dichiarato
tra NON CI RESTA CHE PIANGERE e SMETTO QUANDO VOGLIO. Il titolo è un omaggio all’ironia
del primo leggendario film, il crimine fa parte del plot. E’ la storia di uno sfaccendato trio di amici
che mostra ai turisti i luoghi dove aveva operato la Banda della Magliana. Un giorno i tre si trovano
catapultati, tramite un cunicolo spaziotemporale, esattamente nel 1982 durante i Mondiali di calcio,
in un salto nel tempo curioso e ricco di interesse spettacolare.

https://youtu.be/r0pNcnBXgIE

5 è il numero perfetto

E’ un’opera prima 5 è il numero perfetto, ma non si direbbe, perché Igort (nome d’arte del regista
Igor Tuveri), che trae il film da una sua graphic novel, ha le idee molto chiare su come “costruire”
un’inquadratura e addirittura coreografare, all’interno di essa, i suoi attori. C’è un’estrema
stilizzazione nelle sue scene, che sembrano quasi tableau, e c’è una Napoli anni ’70 che è un
universo squisitamente noir, con le strade buie e il cinismo dei personaggi. 5 è il numero perfetto
non somiglia nemmeno un po’ a un cinecomic Marvel, piuttosto guarda al cinema di Hong Kong
quando le pistole sparano. C’è Valeria Golino dolce e bellissima, c’è Toni Servillo che ha un nasone
meraviglioso e c’è Carlo Buccirosso fenomenale e duttile come sempre.

https://youtu.be/kMa8CXTn2TA

Pinocchio

Il Pinocchio di Matteo Garrone, è l’ennesima versione cinematografica dell’omonima fiaba di Carlo
Collodi. Nei panni che furono di Nino Manfredi, nel Pinocchio di Luigi Comencini, troveremo
Roberto Benigni, che interpreta Geppetto. Il Gatto e la Volpe sono invece rispettivamente Rocco
Papaleo e Massimo Ceccherini. C’è anche Gigi Proietti che interpreta Mangiafuoco. Quello di
Garrone è un film d’autore a grandezza di bambino, adatto a tutte le età. La classe non è acqua, e
dunque una menzione speciale merita il grande Roberto Benigni: il suo Geppetto è la
personificazione dell’amore paterno, e ricorda i “poveri” di Charlie Chaplin, dignitosi e teneri.

https://youtu.be/gmwwrfzFDNs

Il primo Natale

Ficarra e Picone dinanzi al loro primo (film di) Natale dovevano cercare la formula giusta per
portare nelle sale un’opera che raggiungesse il target familiare. Di soluzioni facili e di esempi ne
avrebbero avuti a disposizione tantissimi (potremmo dire: troppi). Ma la loro comicità ha da sempre
rifiutato la risata grassa e le loro sono sempre commedie intelligenti con…una marcia in più. In
questa occasione dalla loro collaborazione è nato un film che si rivolge al pubblico più ampio
possibile (bambini compresi che troveranno sullo schermo dei loro coetanei) senza però rinunciare a
far pensare. Perché la nascita di Gesù è un elemento narrativo perfetto per farci riflettere sulla
condizione degli ultimi, di quelli per i quali non c’è posto, dei perseguitati costretti a lasciare la
propria terra. Ecco allora che la fulminante sequenza iniziale acquista sempre più valore di monito
nel progredire dell’azione. Fin quando si guarda da fuori è facile emettere giudizi anche cinici ma
quando si sperimentano le situazioni sulla propria pelle il mutamento di prospettiva fa mutare anche
le valutazioni. Tutto questo (e anche una riflessione sul rapporto tra preghiera e azione) ci viene
proposto in un contesto scenografico di qualità ma, soprattutto, senza mai dimenticare
l’intrattenimento. L’elemento narrativo del salto temporale è stato ampiamente proposto dalla
letteratura e dal cinema ma può funzionare solo quando non si trasforma in uno schematico gioco di
asimmetrie in cui c’è chi arriva dal futuro e ‘sa’ di più di chi il passato lo sta vivendo come presente.
Grazie a gag ed equivoci e al collaudato gioco di coppia Ficarra e Picone (insieme a un Massimo
Popolizio che è un Erode dalla perfidia perfetta) hanno evitato anche questo rischio festeggiando,
con intelligenza e misura, il loro ‘primo Natale’ al cinema.

https://youtu.be/xpNyu_dUeV4

Il traditore

Il film italiano dell’anno, porta la firma di Marco Bellocchio, il quale torna a occuparsi della storia
del nostro paese e ammette la sua fascinazione per un personaggio a cui in passato non aveva
minimamente pensato. Il Traditore non è un’apologia di Tommaso Buscetta, ma ne riconosce le doti
di grande comunicatore e il suo essere un uomo d’onore rispetto a tanti altri mafiosi. Pierfrancesco
Favino, con il suo naturale trasformismo, aderisce perfettamente al personaggio, in cui riconosce
quasi un eroe romantico. Il lavoro dell’attore sulla voce e sul portamento del pentito è incredibile, e
nelle sua arringhe svela la natura “teatrale” della politica e si issa come il più grande e completo
attore italiano da quando è iniziato il nuovo millennio, ovvero da 20 anni. Il Traditore è anche un
grande film di comprimari, a cominciare da Luigi Lo Cascio che fa Totuccio Contorno e Fabrizio
Feraccane che interpreta Pippo Calò.

https://youtu.be/7nvYMRpKzak
Puoi anche leggere