La Copertina d'Artista - Simply the best 2019
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La Copertina d’Artista – Simply the best 2019 Il busto di un uomo riempie totalmente lo spazio visivo della Copertina d’Artista di questo dicembre. È una strana prospettiva quella che ci offre l’artista di questo mese, DES, al secolo Giuseppe De Simone (classe 1968), volutamente ci nasconde la testa e quindi la faccia dell’uomo, quasi a voler impedire una qualsivoglia identificazione o riconoscimento. Ma, d’altra parte, l’artista ci offre una grande quantità di indizi per provare ad azzardare qualche ipotesi, se non sull’identità del nostro
protagonista, quantomeno sulla sua nazionalità. Per aiutarci, o forse confonderci, o entrambe le cose, DES utilizza la tecnica dell’assemblage,
componendo la sua opera con vari materiali, per lo più recuperati. Anche la scelta dei materiali non sembra casuale, il corpo del nostro soggetto è fatto di cartoni o carta pacco riciclata ed incollata su un supporto, riciclato anch’esso. Il colore e la consistenza del materiale scelto danno un effetto simile ad un collage, o meglio ad un “patchwork”. Il tutto alla fine sembra il corpo asciutto di un immigrato segnato dalla fatica, dalla fame e dalle cicatrici. L ’ a r t i s t a d i q u esto numero: DES, Giuseppe De Simone. Ma, ancora più emblematici, anche se non chiarificatori, sono gli altri elementi che l’artista inserisce sul suo assemblage, primo fra tutti il grande cuore di pezza letteralmente graffettato sul corpo del nostro protagonista, che, non tanto per forma, ma per tipologia e materiali, ricorda in maniera impressionante le stelle gialle di pezza che i nazisti cucivano sui pigiami degli Ebrei nei campi di concentramento. In alto, sulla sinistra del cuore (a destra per chi guarda l’opera), è attaccata la silhouette di un angioletto, un amorino forse, che suona la tromba; ed anche qui la scelta operata dall’artista è interpretabile in maniere differenti, l’angioletto può essere portatore di buone novelle, ma può anche essere l’angelo dell’apocalisse che suona la sua tromba e preannuncia la fine del Mondo. Sul collo del soggetto è collocata una collana, anche questa fatta con materiali poveri: il ciondolo sembra una sorta di esca sintetica per la pesca e la collanina sembra quella dei tappi dei lavandini. Infine, il supporto usato dal nostro artista è una tavola sul cui sfondo risaltano i simboli internazionali del riciclo, con un omino stilizzato che butta i rifiuti ed il n° 6 all’interno di un triangolo di frecce. La domanda, allora, come sempre, è: cosa vuole dirci l’artista??? Forse vuole dirci che non importa la nazionalità del nostro protagonista, non conta la sua identità, conta solamente la sua condizione, la sua umanità, conta solo l’amore con cui noi spettatori guardiamo quest’immagine. Sì, forse la risposta al significato dell’opera è l’amore, quell’amore universale ed incondizionato che dobbiamo ad ogni nostro simile, ad ogni essere umano. Sì, forse la risposta, l’unica possibile, alla domanda posta sopra è l’amore, quello con la “A” maiuscola, l’Amore
Supremo che è anche il titolo scelto per l’opera da DES. Forse, azzardando ancora di più la nostra interpretazione, l’opera di Giuseppe De Simone è uno specchio, o meglio uno di quei pupazzi di cartone o plastica che si trovano nei parchi divertimenti, quelli usati per farsi le fotografie e che sono il corpo di questo o quel personaggio dei cartoni animati o dei fumetti, ma senza testa, in maniera che chiunque voglia farsi una foto possa mettere la sua faccia al posto di quella del pupazzo stesso. Scopri il nuovo numero > Simply the best Allora chissà, il messaggio ultimo che l’opera “Amore Supremo” di DES vuole darci è che l’altro, chiunque sia, l’altro sono io, sei tu, l’altro siamo noi. M a d e i n i t a l y , 2 0 1 5 . DES, Giuseppe De Simone nasce a Cosenza nel 1968, ma vive e opera a Taranto. Artista autodidatta dotato di un potente talento visionario, si interessa fin da giovanissimo all’arte, di cui esplora tutti gli stili, le tecniche ed i linguaggi, passando agevolmente dalla scultura alla pittura e all’assemblage. Le sue opere manifestano il suo eclettico girovagare fra stili e forme, la sua ricerca è una sintesi armoniosa di contrasti, le sue opere che richiamano sia la Pop art, sia il Dada, sia l’Arte povera, sono filosofiche dichiarazioni dell’ambivalenza insita nell’uomo: profondità ed elevazione, luce ed ombra, movimento e immobilità, bene e male.
Per informazioni e per contattare l’artista DES – Giuseppe De Simone: redazione@smarknews.itemail umanodisumano68@gmail.com FACEBOOK facebook.com/giuseppe de simone uomo luce Ricordiamo agli artisti interessati che è possibile candidarsi alla Copertina d’Artista scrivendo alla nostra redazione: redazione@smarknews.it Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Simply the best – L’editoriale di Ivan Zorico
I fine anno sono da sempre tempo di bilanci. Cosa è andato bene, cosa è andato storto, cosa poteva essere migliorato, cosa ha sorpreso positivamente e così via. Ma questo fine anno lo è probabilmente anche un po’ di più. In questi giorni non si sta solo chiudendo il 2019, ma anche un decennio. E, allora, se facciamo lo sforzo di allargare la prospettiva, possiamo vedere che il bilancio da fare è ben più corposo. Due sono le strade che si possono intraprendere in questo percorso a ritroso: quella pubblica e quella privata. Come una qualsiasi strada pubblica, quello che accade in questi luoghi tocca più o meno da vicino tutti noi. A volte ne siamo fortemente interessati, a volte siamo dei semplici osservatori e, a volte, ne siamo implicati nostro malgrado. Cosa è successo quindi in questi dieci anni? Di certo non ho la pretesa di fare un resoconto esaustivo, ma riporterò quello che maggiormente mi ha colpito. Rivoluzione digitale Certamente è stato il decennio (2010-2019) dell’esplosione della tecnologia, del web e dei social. Un mondo digitale che ha dato all’uomo il potere di essere davvero al centro, di esprimersi pubblicamente e di farlo in qualsiasi momento. Un potere in grado di disintermediare, di renderci tutti più veloci e farci sentire nel futuro. Ovvio che come tutte le rivoluzioni, anche quella digitale si è trascinata con sé problematiche sociali e non. D’altronde sino a dieci anni fa (o poco più) l’uomo si è sempre approcciato ad un mondo che, seppur in divenire, manteneva una velocità abbastanza stabile, incapace di creare enormi scossoni. Oggi, invece, facciamo i conti con uno tsunami. In un tempo limitatissimo, l’online ha modificato tutti gli aspetti della nostra vita. E siamo solo agli inizi. Sarà bello vedere tra dieci anni cosa saremo in grado di fare e come l’umanità sarà progredita. Perché al netto delle storture, che comunque ci sono, tornare indietro è impossibile. L’uomo dovrà risvegliare il suo innato spirito di adattamento. Il mondo intorno a noi sta cambiando e noi dovremo fare lo stesso. Ed alla svelta.
Scopri il nuovo numero > Simply the best Ambiente e partecipazione Negli ultimi tempi si sta risvegliando una sorta di coscienza collettiva. Alcuni lo definiscono una sorta di nuovo ’68. La questione ambientale è certamente il tema di questi ultimi tempi. Tema che ha come riferimento fulgido una ragazzina svedese – Greta Thunberg – in grado in breve tempo di saper connettere pacificamente milioni di persone nel mondo (per lo più appartenenti alla Generazione Z, come lei), influenzare l’opinione pubblica e di portare sui tavoli della politica internazionale le istanze del mondo ambientalista. Metodi di produzione, abitudini e consumi devono essere rivisti nell’ottica della sostenibilità ambientale e sociale. Se tra dieci anni il mondo sarà più vivibile lo dovremo in gran parte anche a lei, al suo attivismo ed al suo essere diventato icona di una generazione. L’uomo ha bisogno di esempi positivi per migliorare e cambiare. E Greta lo è. Tensioni, politica e divisioni Il decennio 2010-2019 è certamente figlio di quello precedente. E non poteva essere altrimenti. La crisi economica scoppiata negli Stati Uniti con il fallimento della Lehman Brothers nel settembre 2008, ha contagiato successivamente l’Europa mandando in recessione molti stati e mettendone a rischio molti altri, Italia compresa. La Grecia, la culla della civiltà occidentale, ha corso il serio rischio di uscire dall’euro; Spagna, Irlanda e Portogallo sono stati soccorsi dal fondo salva stati; l’Italia è stata salvata dal governo tecnico di Monti dopo che lo spread tra BTP e BUND tedesco era arrivato a quotare 574 punti il 9 novembre 2011. Il mondo conosce l’ISIS, prima noto come Daesh, e la sua strategia del terrore. Attentati in giro per l’Europa ci fanno sentire indifesi a casa nostra. Cose semplici, normali, come andare al ristorante o ad un concerto mettono paura. Le misure di sicurezza degli Stati si innalzano, dopo poco tutto sembra tornare alla normalità, anche vedere dei militari armati in giro nelle piazze delle nostre città. Abbiamo perso definitivamente l’età dell’innocenza. La politica replica con soluzioni vecchie a problemi nuovi, con risposte semplici a problemi complessi. Come l’immigrazione. Alzate di muri, porti chiusi e paura dell’altro, sono gli slogan che vanno per la maggiore. Le persone hanno legittimamente bisogno di sicurezza e stabilità. D’altronde crisi economica, rivoluzione digitale e cambiamenti generazionali, minano certezze e necessitano di visione. Il vento sovranista spira sul mondo occidentale, si fa sempre più strada l’idea che “soli è meglio” (vedi Brexit) e parole come integrazione, cooperazione ed unione, hanno assunto una veste negativa. Il prossimo decennio non inizia sotto i migliori auspici. Sin qui la strada pubblica, e quella privata? Qui il cerchio si restringe, sotto i riflettori ci finiamo noi. Nella propria strada privata ognuno ha le sue storie, i suoi percorsi e i suoi sogni. Ci troviamo da singoli a vivere questi anni complessi, ma pieni di opportunità. Solo noi possiamo sapere dove possiamo arrivare e quando. Quello che non dovrebbe mai mancare è l’impegno a migliorarsi. Se il decennio appena passato ci è sembrato assurdo, stressante e iper veloce, il prossimo lo sarà anche di più. Saranno anni intensi. Saranno gli anni del turismo spaziale, per dirne una. Il tempo e la storia hanno cambiato definitivamente marcia. Stare al passo è l’unica soluzione possibile. Buona lettura.
Ivan Zorico Ti è piaciuto? Hai qualche considerazione in merito? Fammelo sapere nei commenti. Rispondo sempre. Se vuoi rimanere in contatto con me questo è il link giusto: www.linkedin.com/in/ivanzorico Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Simply the best – L’editoriale di Raffaello Castellano Cosa rimarrà di questo secondo decennio del nuovo secolo?
Quali sono le parole che nel 2019, e negli ultimi anni, sono diventate il bagaglio o il fardello di noi viaggiatori del terzo millennio? Sono diverse le parole che ci hanno accompagnato, rintronato e confuso nei secondi anni ‘10 del 2000. Fra le tante: immigrazione, terrorismo, Brexit, Trump, ecosistema, riscaldamento climatico, antropocene, violenza di genere, fake news, pseudoscienza, innovazione, intelligenza artificiale, Marte, etc., etc.. Per ognuna di esse c’è una definizione, ma innumerevoli spiegazioni o cause, molte delle quali controverse e ancora dibattute. Secondo me sono almeno tre le parole a cui prestare più attenzione: fake news, riscaldamento climatico e intelligenza artificiale; state pur certi che intorno a questi tre concetti si giocheranno le sorti del nostro futuro sia come individui che come specie. A ben vedere tutte e tre queste parole sono legate al progresso e all’innovazione tecnologica che negli ultimi 20 anni ha fatto passi da gigante, correndo all’impazzata e lasciandoci spesso indietro ad arrancare. Inoltre, ognuno dei termini che ho scelto è collegato a molti altri della lista e di altre liste; prendete ad esempio “riscaldamento climatico”: da essa derivano parole come terrorismo, immigrazione ed ecosistema. F o t o d i F r e e - P h o t o s d a Pixabay Insomma il prossimo anno ed il prossimo decennio che si stanno per aprire rappresenteranno per tutti noi abitanti della terra sia un problema che un’opportunità. Dovremo, come in ogni aspetto della vita, operare delle scelte dalle quali dipenderanno e deriveranno conseguenze più o meno gravi e profonde che adesso possiamo solo immaginare.
Scopri il nuovo numero > Simply the best Molte di queste parole sono state l’argomento delle nostre uscite mensili, infatti dal maggio del 2014, cioè da quasi 6 anni, il nostro magazine è on line ogni fine mese con un argomento sempre diverso, che pesca sia dalle tematiche della nostra mission, come comunicazione, marketing, social media, economia, innovazione, nuove tecnologie, sia da quelle di più stringente attualità. Permettetemi di dire che, in un mercato editoriale dove la maggior parte dei giornali chiude, anche sul web, il fatto che da 5 anni e mezzo, dopo 68 numeri e più di 1000 articoli pubblicati (all’uscita di questo numero) noi altri si guardi al futuro con speranza e coraggio è un fatto non solo positivo ma estremamente raro. Quest’anno, insieme all’amico e collega Ivan Zorico ed ad un manipolo di irriducibili collaboratori vogliamo non solo continuare a fare le cose già fatte, e che i nostri lettori hanno dimostrato di apprezzare, ma vogliamo lanciarci in nuove sfide e cogliere altre opportunità. F o t o d i A r e k S o c h a da Pixabay Abbiamo cominciato già da qualche mese con la prima delle novità, la rubrica video “Il sonno della Ragione”, che vede impegnati da una parte il sottoscritto e il nostro storico collaboratore Armando De Vincentiis, dall’altra lo stesso Ivan Zorico che si occupa di tutti gli aspetti legati alla postproduzione, alla grafica e al montaggio. La nuova rubrica rappresenta l’occasione per il nostro magazine di intercettare nuovi “lettori” sul canale You Tube e, soprattutto, di gettare uno sguardo fresco, nuovo e sopratutto rigoroso su tutto quel mondo che va sotto il nome di “pseudoscienza”. Ancora più impegnativa sarà la sfida che ci accingiamo a intraprendere nei prossimi mesi: dopo 5 anni e mezzo di storia il nostro magazine e l’Associazione Culturale Smart Media che lo edita hanno deciso di aprire il “settore formazione”, promuovendo attraverso il know-how dei suoi collaboratori una serie di corsi sulle tematiche più attinenti alla nostra filosofia. Insomma, per tornare al principio di questo editoriale e per chiudere il cerchio delle mie considerazioni, cosa ci dobbiamo aspettare dal nuovo decennio?
F o t o d i G e r d A l t m a n n d a Pixabay Credo che il futuro, il nostro “comune futuro” sia, nonostante i pericoli e le insidie, pieno di possibilità ed opportunità, credo che il nostro futuro sia quanto mai aperto, come ci ha ricordato già il secolo scorso il filosofo austriaco Karl Raimund Popper: “Il futuro è molto aperto, e dipende da noi, da noi tutti. Dipende da ciò che voi e io e molti altri uomini fanno e faranno, oggi, domani e dopodomani. E quello che noi facciamo e faremo dipende a sua volta dal nostro pensiero e dai nostri desideri, dalle nostre speranze e dai nostri timori. Dipende da come vediamo il mondo e da come valutiamo le possibilità del futuro che sono aperte.” Buona lettura, buon anno e buona vita a tutti voi. Raffaello Castellano Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome
Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter I nuovi anni ‘20: gli anni ruggenti dei social e della tecnologia Come saranno i nuovi anni ‘20? Niente a che fare con lo swing e le collane di perle questa volta, possiamo scommetterci. Al posto dell’essenzialità di Coco Chanel ci accontenteremo dell’onniscenza di Alexa; e la luce di lustrini e paillettes sarà facilmente sostituita da quella di schermi di smartphone e tablet. E voilà…ecco gli anni ruggenti della tecnologia! Inutile chiedersi se sia meglio o peggio, se tutto questo digitale e web 2.0 o 3.0 ci abbia fatto bene, abbia migliorato le nostre vite o noi stessi. Probabilmente sì, da un canto ci ha facilitato la vita, ha semplificato molte delle nostre attività, e dall’altro lato ci ha reso pigri, incapaci di approfondire, schiavi degli schermi. Come già detto è inutile chiederselo ed è altrettanto inutile rispondersi, perchè il progresso avanza e non possiamo di certo andargli contro. Il punto è trovare la formula giusta, affrontarlo come esseri pensanti e consapevoli, usarlo come un alleato e non come un mero semplificatore. Negli ultimi 20 anni abbiamo rincorso il web, affascinati dalle sue potenzialità, dall’opportunità di connetterci facilmente con ogni punto del mondo e di ottenere ogni tipo di informazione. Le aziende hanno iniziato a sognare sempre più in grande, ammaliate dall’idea di non avere confini per il proprio business. E così il primo must have fu il sito web, ben presto accompagnato dalla presenza sui social. Una presenza spesso un po’ casuale, poco curata, ma che marcava il territorio e diceva “ci sono anche io”, presupponeva un “come potrei non esserci?” e nascondeva spesso anche un “e ora che ci faccio?” O “a cosa mi serve?”. Scopri il nuovo numero > Simply the best A una fase iniziale di scoperta seguì una fase più pragmatica e di sperimentazione, fino alla fase attuale di maturità digitale, in cui c’è addirittura anche chi fa qualche passo indietro. Nell’anno che sta per concludersi, il 2019, hanno infatti fatto scalpore alcune aziende come Lush (a metà Aprile) e Unicredit (a Giugno) che hanno deciso di
abbandonare i social. Stanche, forse spaventate dalla comunicazione a due vie, del crescente potere, e diritto di parola, dei consumatori o dalle regole del gioco (leggasi algoritmo). Visualizza questo post su Instagram We’re switching up social. Increasingly, social media is making it harder and harder for us to talk to each other directly. We are tired of fighting with algorithms, and we do not want to pay to appear in your newsfeed. So we’ve decided it’s time to bid farewell to some of our social channels and open up the conversation between you and us instead. Lush has always been made up of many voices, and it’s time for all of them to be heard. We don’t want to limit ourselves to holding conversations in one place, we want social to be placed back in the hands of our communities – from our founders to our friends. We’re a community and we always have been. We believe we can make more noise using all of our voices across the globe because when we do we drive change, challenge norms and create a cosmetic revolution. We want social to be more about passions and less about likes. Over the next week, our customer care team will be actively responding to your messages and comments, after this point you can speak us via live chat on the website, on email at wecare@lush.co.uk and by telephone: 01202 930051. This isn’t the end, it’s just the start of something new. #LushCommunity – see you there. Un post condiviso da LUSH UK (@lush) in data: 8 Apr 2019 alle ore 12:17 PDT Se ne è discusso tanto per mesi, ci siamo chiesti se fosse un nuovo trend e quante altre aziende avrebbero presto seguito l’esempio, gli addetti ai lavori hanno osservato con terrore questa mossa, preoccupati dalle conseguenze…ma in verità non è successo nulla. Un po’ come quando un amico lascia la festa troppo presto, e tu provi a convincerlo a rimanere ancora un po’, ma in fondo se va via la festa continua in ogni caso. Se i mercati sono conversazioni chiudere delle finestre di dialogo è davvero una buona idea? Gli italiani sui social media sono più di 35 milioni, con un trend sempre crescente. Chi
snobberebbe 35 milioni di potenziali clienti? Se i social media ci spaventano ancora, se l’opportunità di dar voce a clienti e consumatori ci infastidisce e se riteniamo che dover destinare delle risorse alla comunicazione web o investire del budget in Ads sia troppo impegnativo…allora stiamo ancora sbagliando qualcosa. Forse quella maturità digitale non c’è ancora, ma è sola assuefazione. Leggo spesso che l’offline è il nuovo online; ovvero che come il web ci ha ammaliati negli ultimi 15 anni… adesso è tutto ciò che è fuori dal web ad attirarci, perchè l’incantesimo si è un po’ spezzato, e noi non vediamo più soltanto i pro dell’online. Siamo affascinati dall’autenticità, dagli incontri dal vivo, dai contatti veri, e dunque il web, sempre capace di adattarsi alle esigenze di chi lo utilizza, diventa strumento abilitante: crea una connessione online che sfocia in un contatto offline. Pensiamo alle community, ai social network, alle app e ai siti di incontri o ai gruppi professionali. Stiamo per entrare nel 2020, un anno che suona subito futuristico, eppure sembra sia passato un attimo dal 2000, o dal 2004, anno ufficiale di nascita di Facebook, il più grande social network al mondo. Ci siamo lanciati un po’ alla cieca in questo nuovo mondo del web, lo abbiamo osservato e plasmato negli anni. Se esserne schiavi o padroni possiamo deciderlo noi. Ignorarlo non è un’opzione valida, dominarlo grazie alle giuste competenze e alla conoscenza approfondita delle sue potenzialità è sicuramente la scelta vincente. E allora tornando al trend dell’offline, ancora una volta dobbiamo parlare di comunicazione integrata: stare online non vuol dire non stare offline. La buona comunicazione, il buon marketing è un mix del tutto, è l’utilizzo sapiente di tutti i mezzi utili ad uno scopo, che si combinano come i pezzi di un puzzle. Ed è possibile costruirlo solo conoscendo la tecnica, quali pezzi incastrare, e avendo ben presente l’immagine intera da voler costruire alla fine. Niente di più facile o forse niente di più difficile. Giudicate voi. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati
Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Quando l'Epic Fail è dietro l'angolo... Ma siamo proprio sicuri che il problema non siamo NOI? Quando si pensa ad una campagna pubblicitaria per lanciare un nuovo prodotto o per cercare di consolidare la propria fetta di mercato, gli epic fail sono dietro l’angolo. Lo sanno bene Dolce & Gabbana che nel 2018 hanno inanellato ben tre epic fail tutte sulla stessa campagna pubblicitaria ritenuta razzista dal mercato cinese. Dolce&Gabbana lanciano in Cina una serie di annunci pubblicitari che ritraggono una donna cinese che fa fatica a mangiare cibo italiano, la pubblicità è stata oggetto delle proteste accese dei consumatori cinesi, con boicottaggi e accuse di razzismo. Dolce & Gabbana ha annullato la sua sfilata di moda a Shanghai e hanno aggiunto benzina sul fuoco rispondendo in modo ancora più razzista ad un utente Instagram che chiedeva spiegazioni, per poi dichiarare di aver subito un furto dell’account. Ma non solo. Hanno poi fatto le scuse in un video che aveva del surreale e in cui hanno inanellato altre gaffe…ad esempio chiedendo scusa ai cinesi in italiano con sottotitoli in inglese; insomma tre Epic Fail di fila, fare peggio era impossibile. Andando avanti di un anno a cadere in questa grande trappola mediatica è la Pelaton Bike, azienda leader nell’indoor Cycling. Lo spot incriminato mostra un marito che per Natale regala una cyclette a sua moglie e quest’ultima che trascorre tutto l’anno a registrare i suoi allenamenti, condividendoli con il marito. Le intenzioni dell’azienda potevano essere nobili e cioè quella di invitare i clienti a fare un regalo che andasse oltre le festività natalizie, invitandoli anche ad assumere uno stile di vita sano ed equilibrato. Ma tra quello che si vuole comunicare e quello che invece viene percepito dal consumatore c’è di mezzo un abisso. Ed infatti, gran parte degli utenti hanno percepito un messaggio sessista scatenando una vera e propria polemica social. Il video che è stato visualizzato da oltre 7 milioni di utenti su Youtube ha scatenato reazioni dure, soprattutto nel mondo femminile, che hanno avuto l’impressione che l’uomo voglia fare pressione sulla donna ed indurla a perdere peso.
Scopri il nuovo numero > Simply the best Polemiche che non si sono fermate al mondo social ma che hanno fatto registrare all’azienda, quotata in borsa, una perdita di circa 900 milioni di dollari, ovvero il 9% del valore di mercato. Ma ci troviamo dinanzi davvero ad uno spot sessista? Chi scrive questo articolo è una donna che non si sente minimamente toccata dallo spot della Pelaton, anzi dirò di più. Chi mi ha più infastidito sono state tutte quelle persone che hanno dato per scontato che la donna sia “vittima” della volontà del marito. Perché a nessuno è venuto in mente che potesse essere un regalo utile per condurre una vita più sana ed equilibrata o che semplicemente potesse essere apprezzato da una donna amante dello sport? Inoltre l’azienda non ha certo utilizzato una modella sovrappeso per il suo spot, anzi la stessa attrice è scesa in campo per testimoniare la buona fede dell’azienda e veicolare il giusto messaggio. Dunque, in conclusione, siamo tutti d’ accordo sul combattere il fenomeno del sessismo, e cercare di superare il concetto della mercificazione del corpo che ha tolto dignità alla donna per troppo tempo, ma non si può fare di tutta l’erba un fascio. Bisogna avere chiara quella linea, anche se sempre più sottile, tra sessismo e un semplice spot pubblicitario che potrebbe voler veicolare un messaggio assolutamente innocuo. A volte la percezione che abbiamo potrebbe essere un nostro problema, siamo proprio sicuri che abbiamo (noi) superato determinati stereotipi? Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
Brand journalism: è davvero il futuro del giornalismo? Negli ultimi anni, la necessità di saper comunicare in modo sempre più innovativo, in conseguenza del mutamento dell’atteggiamento del consumatore nei confronti del messaggio pubblicitario tradizionale, ha portato allo sviluppo di una particolare variante comunicativa, che fonde il giornalismo con il marketing. Molti professionisti del settore sostengono che rappresenti il giornalismo del futuro perché in grado di andare oltre le attività del marketing tradizionale, in modo da differenziarsi così dal semplice storytelling, in quanto capace di produrre informazione oltre che narrazione, e di distanziarsi dal content marketing perché non punta direttamente alla vendita del brand. Per approfondire: ■ Differenze tra giornalismo, ufficio stampa e brand journalism. Intervista a Daniele Chieffi. Il giornalismo d’impresa, per dirlo con le parole di casa nostra, è una forma di giornalismo che si occupa della comunicazione che ruota intorno al marchio, con l’obiettivo di informare i consumatori, trasformando la pubblicità in una notizia. Prima di sbarcare sul web, il brand journalism ha avuto origine nei media tradizionali, già nel 1895, l’azienda di John Deere, pubblicò il primo numero di The Furrow, che raggiunse ben 4 milioni di lettori. Ma la prima azienda contemporanea ad aver captato il grande potenziale di questa evolutiva forma di giornalismo, è stata McDonald’s nel 2004, anno in cui, l’allora Chief Marketing Officer, Larry Light, consapevole che il marketing di massa avesse ormai smesso di funzionare, cominciò ad applicare una nuova tecnica pubblicitaria, nella quale la storia del marchio fosse il focus, “(…) il brand journalism è un modo per registrare e trasmettere quello che accade a un brand nel mondo, creando una narrazione di marca e una comunicazione che con il tempo può contribuire a raccontare l’intera storia del marchio e dell’azienda”. Scopri il nuovo numero > Simply the best Nell’intento di realizzare una forte connessione con i consumatori, è chiaro che le imprese stanno avvertendo la necessità di produrre in proprio i contenuti della comunicazione, e il giornalismo aziendale permette di riconoscere, organizzare e produrre storie aziendali per differenziarsi dalla concorrenza. Si basa sui principi del giornalismo tradizionale, con l’obiettivo di creare delle storie basate sui fatti, documentati e verificabili, secondo il principio della trasparenza della notizia, con l’intento prioritario di creare un fatto giornalistico che integri nella narrazione aziendale notizie dell’ecosistema all’interno del quale l’azienda si muove. Il canale preferenziale, ad oggi, sono ovviamente i social media, che permettono di realizzare una comunicazione bidirezionale e interattiva, che meglio si adatta al nuovo ruolo del consumatore, più attento e soprattutto desideroso di partecipare in modo attivo.
Ma quali sono le nuove figure del settore? Il mercato aziendale necessita di professionisti che sappiano, attraverso gli strumenti tipici del giornalismo, comunicare tutto ciò che ruota intorno al brand. Occorre essere in grado di comprendere le esigenze informative del pubblico, e il loro bisogno di chiarimenti, captare quali sono le informazioni rilevanti che permettano di creare una vera e propria notizia e non solo una pubblicità. La figura del brand journalist deve conoscere i punti salienti della catena di produzione, intercettarne la notiziabilità, da integrare all’interno dei processi di comunicazione, facendo attenzione al rispetto dell’etica e della deontologia professionale, così come nel giornalismo classico. Non sono ancora presenti corsi di studio e specializzazione specifici, ma il mercato sta già facendo la propria richiesta, quindi è bene non mostrarsi impreparati. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter 5 storie vere per ispirarci al cambiamento Il nuovo anno si avvicina e con lui anche i buoni propositi, cosa c’è di meglio allora che avere come fonte d’ispirazione il cinema? Vi proponiamo per l’occasione 5 film basati su personaggi realmente esistiti, che hanno deciso di cambiare la propria vita. Sono persone comuni che hanno creduto in un sogno e hanno deciso di non lasciare tutto come prima, rassegnandosi al proprio destino, ma hanno accolto la sfida di cambiare le cose, la vita, il mondo circostante.
Conosciamoli meglio attraverso questi film: https://youtu.be/kpyNeXLqJKU 1) THE SOCIAL NETWORK: 2010, Regia di David Fincher Primo fra tutti è sicuramente “The Social Network”, il film che racconta l’ascesa del giovane cofondatore di Facebook, Mark Zuckerberg. Il film si è aggiudicato 3 Oscar, per la sceneggiatura non originale, per la colonna sonora e per il miglior montaggio e rappresenta uno dei miglior film biografici degli ultimi anni. Facebook (con questo nome dal 2004) nacque nel 2003 come sito per gli studenti di Harvard con il nome Facemash, ispirandosi all’elenco con nomi e foto che gli studenti ricevono ad inizio anno, ideato per aiutarli a socializzare. Scopri il nuovo numero > Simply the best Con il susseguirsi delle modifiche lo scopo di Facebook è rimasto più o meno simile, arrivando ad essere il terzo sito più visitato dopo Google e Youtube. L’attore protagonista, il bravissimo Jesse Eisenberg, interpreta magistralmente il giovane imprenditore informatico, che ormai è il quinto uomo più ricco al mondo e il film, infatti, segue la sua storia partendo dall’idea che scatena la nascita del social network fino alla causa contro Zuckerberg da 600 milioni di dollari. https://youtu.be/sLk1g_2acgc 2) JOBS: 2013, Regia di Joshua Michael Stern Su Steve Jobs, l’imprenditore, inventore, informatico e confondatore di Apple, sono stati girati due film molto diversi: “Jobs” del 2013 con la regia di Joshua Michael Stern, che vede protagonista l’attore Ashton Kutcher e “Steve Jobs”, del 2015, diretto da Danny Boyle, che ha come attore protagonista Michael Fassbender. Entrambe le pellicole sono molto ben realizzate, ma forse il primo risulta più leggero: “Jobs” narra la storia del visionario informatico partendo dagli anni settanta, anni in cui viene fondata l’azienda Apple a Cupertino, in California con pochi mezzi e tanta voglia di cambiare il corso degli eventi. Il film mostra anche tutto il percorso, umano e professionale di questa figura iconica del mondo dell’informatica e della tecnologia, che con i suoi prodotti e le sue innovazioni ha creato nel mondo un vero e proprio status symbol. https://youtu.be/i0JY79_Kiww 3) THE IMITATION GAME: 2014, Regia di Morten Tyldum “The Imitation game”, film del 2014, narra la storia del matematico Alan Turing, nato nel 1912. Turing fu assunto per decifrare messaggi nazisti codificati dalla famosa Macchina Enigma, in quanto esperto a decifrare codici segreti. La sua figura è ancora oggi molto importante nella storia, perché grazie a lui si riuscirono a salvare numerose vite umane durante la guerra. Il matematico è considerato uno dei padri dell’informatica per il suo concetto di algoritmo e per la Macchina di Turing, una macchina ideale che può eseguire algoritmi con dati su un nastro potenzialmente infinito. Il film molto avvincente è supportato dalla bravura dell’attore protagonista Benedict Cumberbatch e si è aggiudicato anche il premio Oscar per la Miglior sceneggiatura non originale. https://youtu.be/zMn0-0gU3fM
4) JOY: 2015, Regia di David O. Russell E’ la storia dell’inventrice, imprenditrice italo americana Joy Mangano, interpretata dalla bravissima Jennifer Lawrence. Joy è una donna divorziata con due figli, che fatica ad andare avanti, ma con la sua determinazione riesce a dare una svolta clamorosa alla sua esistenza: inventa il Miracle Mop, il mocio autostrizzante per pulire i pavimenti e partendo da questa sua invenzione riesce a costruire un grande impero commerciale e si riscatta dalla sua vita precedente. Le storie al femminile nel cinema sono sempre troppo poche, ma questo è uno di quei film che può sicuramente essere da stimolo per non essere vittima dei pregiudizi e riuscire ad abbattere gli ostacoli e realizzare i propri sogni. https://youtu.be/Bb5H_sh9dcc 5) IL RAGAZZO CHE CATTURÒ IL VENTO: 2019, Regia di Chiwetel Ejiofor Questo film del 2019, scritto, diretto ed interpretato da Chiwetel Ejiofor, è basato sull’omonimo libro di memorie scritto da William Kamkwamba, inventore e scrittore malawiano. Kamkwamba a 14 anni costruì un mulino a vento con materiale di recupero per dare elettricità al suo villaggio e per questo suo impegno sociale e per tutto il suo ingegno, ha ricevuto fondi per continuare a studiare, avendo scarsi mezzi economici a disposizione. Questo giovane ragazzo africano è diventato un punto di riferimento nei convegni per parlare di green economy e di ecosostenibilità. “Il ragazzo che catturò il vento” è disponibile su Netflix ed è stato selezionato per rappresentare il Regno Unito come Miglior film in lingua straniera agli Oscar 2020. “Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare”, diceva Sir Winston Churchill, ed allora nell’attesa del 2020, non resta che lasciarsi ispirare dalle proprie vittorie, dagli errori, dalla realtà, dagli altri, ed anche dal cinema. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
Il fenomeno del 2019: TikTok, il social della Generazione Z Probabilmente se hai più di 18 anni ti starai chiedendo cosa sia TikTok e ti rispondo in breve: si tratta di un’app per video brevi, dai 15 ai 60 secondi, che può essere definita come il vero fenomeno social del 2019. Grazie a questa app per smartphone gli utenti possono creare contenuti veloci e divertenti, accompagnandoli con una colonna sonora musicale e con gli effetti della realtà aumentata. I numeri di TikTok nel 2019 Oggi TikTok è disponibile in 34 lingue e tra chi lo usa con maggiore entusiasmo troviamo soprattutto bambini e teeneger, per un totale di 500 milioni di utenti attivi già a luglio 2019. Un numero in costante crescita e sicuramente da non trascurare se pensiamo che Instagram ha un miliardo di utenti attivi e Snapchat 188 milioni, sempre su base mensile. Eppure il grande successo di TikTok non è legato solo ai numeri, ma soprattutto al fatto che si tratta di un fenomeno sociale, che offre ai giovani uno spazio creativo in cui sono liberi di esprimersi in modo veramente semplice ed intuitivo. Possiamo affermare, quindi, che TikTok sia più una piattaforma di intrattenimento che un social media, anche se di questo mantiene i Like (cuoricini) e le modalità di interazione, ma diventa qualcosa di totalmente coinvolgente. La mission? Dare vita alla creatività dei giovani, senza alcuna regola, mescolando musica, meme e libertà espressiva.
Scopri il nuovo numero > Simply the best Bisogna, quindi, prestare attenzione ai trend di crescita di TikTok (+144%), ma anche di Twitch e Twitter, da sempre outsider tra i social media, ma che in questo 2019 hanno dimostrato di poter diventare grandi ed aumentare il loro peso come fenomeni sociali, soprattutto tra i giovanissimi della Generazione Z. (fonte: https://www.financialounge.com/) TikTok è il social dei giovani e della musica Sempre parlando di trend social possiamo affermare come Facebook sia la prima app in termini di tempo trascorso online e, in generale, tutte le app social segnano un aumento di ore mensili per singolo utente. Anche in questo caso un ruolo da protagonista è giocato da TikTok, soprattutto se prendiamo in considerazione la fascia di utenti tra i 18 ed i 24 anni, con una classifica che vede ai primi tre posti YouTube, TikTok e Instagram. In generale, inoltre, è il mondo del divertimento e dei video a far salire engagement e tempo speso sui social, come emerge da una ricerca di Comscore e TikTok, con la sua musica e i suoi video è un protagonista di questa tendenza. Perché TikTok piace ai teenager Possiamo dire che il successo di TikTok sia dovuto al fatto che si tratta di un social pulito, senza pubblicità e fake news e che offre quindi un senso di appartenenza ad una community molto forte e poca pubblicità. Non solo: questa app ha ad oggi il sistema di montaggio video e audio più avanzato al mondo e ospita contenuti senza tempo e barriere linguistiche. Per approfondire:
■ Il nostro numero dedicato alla Generazione Z. Conoscerla e comprenderla è indispensabile se si vuole avere uno scambio comunicativo efficace. Rispetto ad Instagram, inoltre, scompare l’ansia di apparire e rende possibile ai giovani presentare se stessi in modo più autentico, tra balli goffi e canti stonati oppure mentre fanno smorfie improbabili. Divertire e divertirsi è il segreto alla base di questa piattaforma, in cui nessuno si sente giudicato o ha l’obbligo di apparire cool come avviene su Instagram. L o r e n G r a y , 1 7 a n n i , è la muser più influente di TikTok con 33 milioni di follower e 2 miliardi di like. Le Muser o gli Influencer di TikTok Gli influencer di TikTok si chiamano Muser e tra questi abbiamo ad oggi Loren Gray, di 17 anni che pubblica ogni mattina un video in cui canta in playback e con 33 milioni di follower e 2 miliardi di like ha ottenuto un contratto con la Virgin Records ed ha sei singoli all’attivo. Segue Baby ariel di 18 anni definita dal Time come una delle persone più influenti del web con i suoi 30 milioni di fan. Il personaggio maschile più influente è, invece, Jacob Sartorius con 20 milioni di fan che realizza campagne contro il bullismo, di cui lui stesso è stato vittima. E in Italia? Tra gli utenti più seguiti abbiamo Luciano Spinelli, che balla sulle note dei principali brani italiani e Cecilia Cantarano, 19 enne romana famosa per gli sketch comic e i lip-sync. Siamo sicuri che TikTok continuerà a crescere anche nel 2020, ma soprattutto che vedremo anche le aziende interessarsi a questa app social per conquistare un pubblico di giovanissimi sempre più difficili da coinvolgere nella comunicazione e nel marketing. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.
Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter I migliori 15 film italiani del 2019 Il 2019 è stato un anno importante per il cinema italiano, nonostante il numero delle pellicole prodotte ed uscite nell’annata, sia calato di 3 unità (114 contro i 117 del 2018). La qualità, bisogna affermarlo è aumentata rispetto all’anno precedente, anche considerando l’attenzione che i Festival internazionali hanno avuto per la nostra cinematografia in quest’annata che sta volgendo al termine. Infatti, della bravura e originalità dei nostri registi si sono accorti i grandi festival internazionali: Berlino che ha tributato a La Paranza dei Bambini l’Orso d’Argento per la migliore sceneggiatura e Toronto, che ha premiato con il Platform Prize quel Martin Eden che già al Festival di Venezia aveva regalato a Luca Marinelli la Coppa Volpi come miglior interprete maschile. Proviamo a stilare ora una lista dei 15 migliori film dell’annata, un elenco probabilmente personale, come tutti i giudizi critici di ogni forma ed arte; ma certamente esaustivo su quello che è stato il meglio del cinema italiano del 2019. Da una prima analisi, noterete molte sorprese (Bangla o A Tor Bella Monaca non piove mai), gradite conferme (Il traditore di Marco Bellocchio o L’uomo del labirinto di Donato Carrisi), grandi ritorni (Roberto Benigni con il Pinocchio di Matteo Garrone, Ficarra e Picone con la loro nuova commedia intelligente dal titolo Il primo Natale) e la presenza come attori protagonisti dei volti più amati del nostro cinema popolare (Pierfrancesco Favino, Luca Marinelli, Rocco Papaleo, Valerio Mastandrea, Marco Giallini, Alessandro Gassman, Gianmarco Tognazzi, Edoardo Leo, Fabio De Luigi, Sergio Rubini…e possiamo ancora continuare. Tutto questo per dire cosa? Che un gruppo di autori importanti tiene in vita il nostro glorioso cinema, aiutato da attori-artisti di indubbio talento, che danno viso, forma e voce alle loro idee. L’elenco è realizzato in puro ordine alfabetico, proprio perché questa non vuol essere una mera classifica dal campionato di serie A; bensì un consiglio ed un invito ad ammirare le migliori pellicole dell’annata che spaziano, senza soluzione di
continuità, dalla commedia brillante all’horror, dal film impegnato al giallo con ambizioni psicologiche, dal documentario al fantastico. Scopri il nuovo numero > Simply the best A Tor bella Monaca non piove mai A Tor Bella Monaca Non Piove Mai, di Marco Bocci è diventato prima un libro e poi un film, e il film ha il pregio di raccontare una periferia dove non tutti sono dei criminali e si può resistere alla tentazione di infrangere la legge diventando un po’ perdenti ma conservando la dignità. Bocci sceglie bene i suoi attori (Andrea Sartoretti, Libero De Rienzo e Antonia Liskova) e chiede loro realismo. La sua regia è invece esplosiva, pop se non addirittura rock, e ogni inquadratura è un piccolo capolavoro. Infine c’è un Giorgio Colangeli che quando si arrabbia – e qui si infuria fin quasi a scoppiare – diventa davvero irresistibile, oltre che temibile. https://youtu.be/twI1p6JKzoI Bangla La vera sorpresa cinematografica italiana dell’anno, quella del giovane e vivace Phaim Bhuiyan, che racconta la sua storia di italiano di seconda generazioni di origine bengalese in una commedia sia sentimentale che sociale. Bangla è forse l’unico film degli ultimi anni in cui un’onnipresente voce fuori-campo non è invadente e fastidiosa. Funziona piuttosto da contrappunto e commento alle azioni del protagonista, il quale, a mo’ di un novello Virgilio, ci conduce fra le strade vivaci di Torpignattara, crogiuolo di razze e mestieri, quartiere di chiese e moschee, di baretti e di street art. Il film esalta la diversità e dà una stoccatina alla falange razzista del nostro paese. https://youtu.be/a68qCUHc71Y La dea fortuna La dea fortuna, ennesimo capolavoro di Ferzan Ozpetek, parla di quanto sia difficile e meraviglioso innamorarsi di nuovo di chi hai vicino, e fa della demenza una virtù che ci aiuta a dimenticare i torti subiti e a guardare ogni giorno il nostro partner come se fosse la prima volta. Parla di come non si debba avere paura di rompere le cose perché si possono (quasi sempre) aggiustare, di come nessuno “la racconta giusta”, principalmente a se stesso, e siamo tutti “nati inguaiati” (anche se sono gli altri ad interpretare la diversità come un guaio). Un universo dove lo spavento esistenziale è dietro l’angolo, ma se restiamo insieme fa meno paura, e ritroviamo luce, aria, respiro. Splendidi i due protagonisti maschili, Edoardo Leo e Stefano Accorsi, coppia omosessuale che si troverà a dover accudire, per un certo periodo, due adolescenti, figli dell’ex compagna del primo. https://youtu.be/JTg4-5kdKvY 10 giorni senza mamma Commedia brillante, sorretta da un grande Fabio De Luigi, padre di famiglia, con una moglie e tre figli sotto i 10 anni. Ad un certo punto “mamma”(Valentina Lodovini, bellissima) decide di partire per 10 giorni con la propria sorella, lasciando i tre figli con un papà praticamente assente, per lavoro e per pigrizia: guai a catena. E ancora una volta il volto di “gomma” di Fabio De Luigi si presta a
meraviglia ad una tragicommedia familiare. Sebbene sia innegabile infatti che alcune delle vicende in cui si ritrova invischiato il suo personaggio siano esilaranti, dietro nascondono la forte malinconia di un padre che ha trascurato i propri figli. Ed ancora più importante, di un padre che non comprende a pieno il ruolo di una madre full time. Si nota la forte volontà di portare sul grande schermo tematiche attuali quali la frustrazione di una donna nell’essere “solo” una madre o il difficile connubio famiglia/lavoro. E specialmente nell’affrontare la prima, è lodevole il modo con cui è stato scritto il personaggio interpretato da Valentina Lodovini, un ruolo femminile dal sapore (finalmente) contemporaneo. https://youtu.be/66qCt-0TkF8 Domani è un altro giorno Una commedia toccante sull’esistenza umana e sul senso più profondo dell’amicizia, sorretta dalle prove di Marco Giallini e Valerio Mastandrea, semplicemente monumentali. Il tema è amaro, ma il regista Simone Spada ha il privilegio di consegnarlo a due professionisti capaci di reggere tra le mani senza mai bruciarsi il magma di una storia che ha molto di disperante, eppure alla disperazione nera non cede mai. È un dialogo a due voci malinconico e scanzonato, Domani è un altro giorno, un valzer degli addii che si basa sulla perfetta alchimia della consolidata coppia di amici e colleghi Valerio Mastandrea / Marco Giallini. Quest’ultimo è senza dubbio alla sua miglior prova di attore: dà sfoggio a tutta la sua abilità incredibile – ma sullo schermo credibilissima – nel cambiare continuamente tono ed espressione, passando nel giro di pochi attimi dal riso al pianto, dall’angoscia all’ironia più graffiante. https://youtu.be/5hyIsUnmJhU Il grande spirito Sergio Rubini e Rocco Papaleo non avevano mai recitato insieme, però insieme sono letteralmente perfetti nei panni di un delinquente mezza tacca e un folle che si crede un sioux e si fa chiamare Cervo Nero. La loro storia si svolge sui tetti, vicino al cielo, un cielo inquinato dalle ciminiere di un mostro di ferro, ovvero l’Ilva di Taranto. Il grande spirito, è un film complesso, poeticamente stralunato e avvolto da un realismo magico, cifre distintive del cinema di Sergio Rubini e di Rocco Papaleo, attore comico “lunare”, un po’ alla Macario. Sempre in bilico fra materia e spirito, fra concretezza anche gretta e allucinazione sempre nobile, Il grande spirito è una storia di miseria e nobiltà, un piccolo gioiello, partito quasi nell’ombra, ma che ben presto ha assorbito ammiratori come una spugna assorbe l’acqua. Surreale e a tratti bizzarro, ma anche profondamente calato nella realtà locale: il film è girato a Taranto, ma nella parte industriale, quella avvelenata dai veleni dell’industria siderurgica, la quale però, saggiamente, rimane sempre sullo sfondo. I due personaggi principali creano una sinergia magistrale che dà forza e propulsione alla storia. https://youtu.be/Rg6t-Lkb_gE Lucania: Terra di sangue e magia Lucania è uno di quei piccoli grandi film che hanno avuto fortuna all’estero e che in Italia sono stati apprezzati ma che la legge implacabile delle sale cinematografiche ha dimenticato. Un film stupendo che ci porta per mano in una terra aspra, selvaggia e forte e ci racconta una storia di disperazioni e
visioni, colpe reiterate e meschini boss locali nella quale all’improvviso si apre uno spiraglio di luce: una ragazza che ha perso la parola e che ritrova la voglia di sorridere. Gigi Roccati è un regista attento, che si permette campi lunghi e che cerca la verità dei luoghi e delle emozioni. Bravissima Angela Fontana, una delle due gemelle di Indivisibili. https://youtu.be/Tweehtmxp34 Martin Eden Che Luca Marinelli fosse un grande attore lo sapevamo tutti, ma qui lo Zingaro di Lo chiamavano Jeeg Robot si supera davvero ed è un meraviglioso Martin Eden, marinaio inquieto con il desiderio di diventare scrittore. La reinterpretazione di Pietro Marcello del romanzo di Jack London è interessante e necessaria. Ci sono tutte le contraddizioni del ‘900 nel film. Ci sono le lotte sindacali di inizio secolo, i roghi dei libri della Germania nazista, il fascismo, la tv e i telefoni grigi. E c’è una commistione di linguaggi e di stili, con immagini di repertorio inserite qua e là a dare epicità alla storia raccontata. Martin Eden è come una barca che ci trascina fra i decenni, celebrando il valore della cultura e denunciando l’incapacità di accogliere e le ingiustizie sociali. https://youtu.be/uXGFGTf6sfg Non ci resta che il crimine Un trio di protagonisti davvero d’eccezione: Marco Giallini, Alessandro Gassman e Gianmarco Tognazzi, affiancati da un Edoardo Leo di indolente ironia nei panni di Renatino De Pedis, capo della famigerata Banda della Magliana. NON CI RESTA CHE IL CRIMINE è un mix volutamente dichiarato tra NON CI RESTA CHE PIANGERE e SMETTO QUANDO VOGLIO. Il titolo è un omaggio all’ironia del primo leggendario film, il crimine fa parte del plot. E’ la storia di uno sfaccendato trio di amici che mostra ai turisti i luoghi dove aveva operato la Banda della Magliana. Un giorno i tre si trovano catapultati, tramite un cunicolo spaziotemporale, esattamente nel 1982 durante i Mondiali di calcio, in un salto nel tempo curioso e ricco di interesse spettacolare. https://youtu.be/r0pNcnBXgIE 5 è il numero perfetto E’ un’opera prima 5 è il numero perfetto, ma non si direbbe, perché Igort (nome d’arte del regista Igor Tuveri), che trae il film da una sua graphic novel, ha le idee molto chiare su come “costruire” un’inquadratura e addirittura coreografare, all’interno di essa, i suoi attori. C’è un’estrema stilizzazione nelle sue scene, che sembrano quasi tableau, e c’è una Napoli anni ’70 che è un universo squisitamente noir, con le strade buie e il cinismo dei personaggi. 5 è il numero perfetto non somiglia nemmeno un po’ a un cinecomic Marvel, piuttosto guarda al cinema di Hong Kong quando le pistole sparano. C’è Valeria Golino dolce e bellissima, c’è Toni Servillo che ha un nasone meraviglioso e c’è Carlo Buccirosso fenomenale e duttile come sempre. https://youtu.be/kMa8CXTn2TA Pinocchio Il Pinocchio di Matteo Garrone, è l’ennesima versione cinematografica dell’omonima fiaba di Carlo
Collodi. Nei panni che furono di Nino Manfredi, nel Pinocchio di Luigi Comencini, troveremo Roberto Benigni, che interpreta Geppetto. Il Gatto e la Volpe sono invece rispettivamente Rocco Papaleo e Massimo Ceccherini. C’è anche Gigi Proietti che interpreta Mangiafuoco. Quello di Garrone è un film d’autore a grandezza di bambino, adatto a tutte le età. La classe non è acqua, e dunque una menzione speciale merita il grande Roberto Benigni: il suo Geppetto è la personificazione dell’amore paterno, e ricorda i “poveri” di Charlie Chaplin, dignitosi e teneri. https://youtu.be/gmwwrfzFDNs Il primo Natale Ficarra e Picone dinanzi al loro primo (film di) Natale dovevano cercare la formula giusta per portare nelle sale un’opera che raggiungesse il target familiare. Di soluzioni facili e di esempi ne avrebbero avuti a disposizione tantissimi (potremmo dire: troppi). Ma la loro comicità ha da sempre rifiutato la risata grassa e le loro sono sempre commedie intelligenti con…una marcia in più. In questa occasione dalla loro collaborazione è nato un film che si rivolge al pubblico più ampio possibile (bambini compresi che troveranno sullo schermo dei loro coetanei) senza però rinunciare a far pensare. Perché la nascita di Gesù è un elemento narrativo perfetto per farci riflettere sulla condizione degli ultimi, di quelli per i quali non c’è posto, dei perseguitati costretti a lasciare la propria terra. Ecco allora che la fulminante sequenza iniziale acquista sempre più valore di monito nel progredire dell’azione. Fin quando si guarda da fuori è facile emettere giudizi anche cinici ma quando si sperimentano le situazioni sulla propria pelle il mutamento di prospettiva fa mutare anche le valutazioni. Tutto questo (e anche una riflessione sul rapporto tra preghiera e azione) ci viene proposto in un contesto scenografico di qualità ma, soprattutto, senza mai dimenticare l’intrattenimento. L’elemento narrativo del salto temporale è stato ampiamente proposto dalla letteratura e dal cinema ma può funzionare solo quando non si trasforma in uno schematico gioco di asimmetrie in cui c’è chi arriva dal futuro e ‘sa’ di più di chi il passato lo sta vivendo come presente. Grazie a gag ed equivoci e al collaudato gioco di coppia Ficarra e Picone (insieme a un Massimo Popolizio che è un Erode dalla perfidia perfetta) hanno evitato anche questo rischio festeggiando, con intelligenza e misura, il loro ‘primo Natale’ al cinema. https://youtu.be/xpNyu_dUeV4 Il traditore Il film italiano dell’anno, porta la firma di Marco Bellocchio, il quale torna a occuparsi della storia del nostro paese e ammette la sua fascinazione per un personaggio a cui in passato non aveva minimamente pensato. Il Traditore non è un’apologia di Tommaso Buscetta, ma ne riconosce le doti di grande comunicatore e il suo essere un uomo d’onore rispetto a tanti altri mafiosi. Pierfrancesco Favino, con il suo naturale trasformismo, aderisce perfettamente al personaggio, in cui riconosce quasi un eroe romantico. Il lavoro dell’attore sulla voce e sul portamento del pentito è incredibile, e nelle sua arringhe svela la natura “teatrale” della politica e si issa come il più grande e completo attore italiano da quando è iniziato il nuovo millennio, ovvero da 20 anni. Il Traditore è anche un grande film di comprimari, a cominciare da Luigi Lo Cascio che fa Totuccio Contorno e Fabrizio Feraccane che interpreta Pippo Calò. https://youtu.be/7nvYMRpKzak
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