Lospinuso: "Altro no sulla centrale Eni. Renzi venga a Taranto per parlare con le imprese dell'indotto - ILVA"
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Lospinuso: “Altro no sulla centrale Eni. Renzi venga a Taranto per parlare con le imprese dell’indotto ILVA” Il consigliere regionale di Forza Italia, Pietro Lospinuso, commentando il parere della Giunta regionale pugliese sul potenziamento della centrale Eni in una nota ha preso una posizione molto chiara per la tutela delle imprese dell’ indotto Ilva. “Un dato è inconfutabile – dice Lospinuso – la sinistra preferisce avere una centrale ad olio combustile, obsoleta e vecchia di 60 anni, piuttosto che una nuova che porterebbe, tra l’altro, enormi benefici occupazionali per il territorio. Tradotto vuol dire che la sinistra pugliese è per il ‘no’ alla tecnologia, all’innovazione, alla tutela reale dell’ambiente e della salute, e come sempre anche al lavoro”. “Hanno bocciato il progetto di Enipower – aggiunge Lospinuso – che, con un investimento di 340 milioni di euro, avrebbe portato a 500 posti di lavoro per dieci anni e interessato decine di imprese tarantine, comportato l’autosufficienza energetica della raffineria e la sua solidità finanziaria, oltre ai benefici per l’ambiente e la salute pubblica che tecnologie innovative consentono. Dopo questo ‘no’, il progetto è stato ridimensionato e la Giunta Vendola-Emiliano ha perso un’altra occasione per rilanciare Taranto. C’è chi, infatti, si permette il lusso di ‘sbuffare’ davanti a un investimento di 100 milioni di euro, che darebbe respiro all’indotto industriale. Un indotto oggi in ginocchio, come è noto. Renzi aveva promesso, a Natale, che sarebbe venuto a Taranto ed oggi, che siamo quasi a Pasqua, del premier non abbiamo visto neanche l’ombra – ha ricordato Lospinuso – Eppure dovrebbe proprio venire a trovarci, prima che il decreto venga convertito, per ascoltare il grido di dolore di imprese e lavoratori, fornitori, autotrasportatori, per rivedere i correttivi allo stesso decreto che oggi lasciano assolutamente insoddisfatti tutti gli attori economici. Le imprese hanno solo una colpa: quella di essersi fidati dello Stato durante la gestione commissariale dell’ Ilva, e così hanno maturato crediti che non possono riscuotere. Per loro, il decreto ‘Salva Taranto’ suona come una beffa e rischia di trasformarsi, paradossalmente, nella condanna a morte di Taranto. Mi auguro davvero – conclude Lospinuso – che si trovi immediatamente una soluzione per pagare i debiti contratti dell’Ilva. Altrimenti, sarebbe una morte annunciata e un
fallimento per tutta la nostra Provincia” Ecco il discorso integrale di Sergio Mattarella Rivolgo un saluto rispettoso a questa assemblea, ai parlamentari che interpretano la sovranità del nostro popolo e le danno voce e alle Regioni qui rappresentate. Ringrazio la Presidente Laura Boldrini e la Vice Presidente Valeria Fedeli. Ringrazio tutti coloro che hanno preso parte al voto. Un pensiero deferente ai miei predecessori, Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano, che hanno svolto la loro funzione con impegno e dedizione esemplari. A loro va l’affettuosa riconoscenza degli italiani. Al Presidente Napolitano che, in un momento difficile, ha accettato l’onere di un secondo mandato, un ringraziamento particolarmente intenso. Rendo omaggio alla Corte Costituzionale organo di alta garanzia a tutela della nostra Carta fondamentale, al Consiglio Superiore della magistratura presidio dell’indipendenza e a tutte le magistrature. Avverto pienamente la responsabilità del compito che mi è stato affidato. La responsabilità di rappresentare l’unità nazionale innanzitutto. L’unità che lega indissolubilmente i nostri territori, dal Nord al Mezzogiorno. Ma anche l’unità costituita dall’insieme delle attese e delle aspirazioni dei nostri concittadini. Questa unità, rischia di essere difficile, fragile, lontana. L’impegno di tutti deve essere rivolto a superare le difficoltà degli italiani e a realizzare le loro speranze. La lunga crisi, prolungatasi oltre ogni limite, ha inferto ferite al tessuto sociale del nostro Paese e ha messo a dura prova la tenuta del suo sistema produttivo. Ha aumentato le ingiustizie. Ha generato nuove povertà. Ha prodotto emarginazione e solitudine. Le angosce si annidano in tante famiglie per le difficoltà che sottraggono il futuro alle ragazze e ai ragazzi. Il lavoro che manca per tanti giovani, specialmente nel Mezzogiorno, la perdita di occupazione, l’esclusione, le difficoltà che si incontrano nel garantire diritti e servizi sociali fondamentali.
Sono questi i punti dell’agenda esigente su cui sarà misurata la vicinanza delle istituzioni al popolo. Dobbiamo saper scongiurare il rischio che la crisi economica intacchi il rispetto di principi e valori su cui si fonda il patto sociale sancito dalla Costituzione. Per uscire dalla crisi, che ha fiaccato in modo grave l’economia nazionale e quella europea, va alimentata l’inversione del ciclo economico, da lungo tempo attesa. E’ indispensabile che al consolidamento finanziario si accompagni una robusta iniziativa di crescita, da articolare innanzitutto a livello europeo. Nel corso del semestre di Presidenza dell’Unione Europea appena conclusosi, il Governo – cui rivolgo un saluto e un augurio di buon lavoro – ha opportunamente perseguito questa strategia. Sussiste oggi l’esigenza di confermare il patto costituzionale che mantiene unito il Paese e che riconosce a tutti i cittadini i diritti fondamentali e pari dignità sociale e impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l’eguaglianza. L’urgenza di riforme istituzionali, economiche e sociali deriva dal dovere di dare risposte efficaci alla nostra comunità, risposte adeguate alle sfide che abbiamo di fronte. Esistono nel nostro Paese energie che attendono soltanto di trovare modo di esprimersi compiutamente. Penso ai giovani che coltivano i propri talenti e che vorrebbero vedere riconosciuto il merito. Penso alle imprese, piccole medie e grandi che, tra rilevanti difficoltà, trovano il coraggio di continuare a innovare e a competere sui mercati internazionali. Penso alla Pubblica Amministrazione che possiede competenze di valore ma che deve declinare i principi costituzionali, adeguandosi alle possibilità offerte dalle nuove tecnologie e alle sensibilità dei cittadini, che chiedono partecipazione, trasparenza, semplicità degli adempimenti, coerenza nelle decisioni. Non servono generiche esortazioni a guardare al futuro ma piuttosto la tenace mobilitazione di tutte le risorse della società italiana.
Parlare di unità nazionale significa, allora, ridare al Paese un orizzonte di speranza. Perché questa speranza non rimanga un’evocazione astratta, occorre ricostruire quei legami che tengono insieme la società. A questa azione sono chiamate tutte le forze vive delle nostre comunità in Patria come all’estero. Ai connazionali nel mondo va il mio saluto affettuoso. Un pensiero di amicizia rivolgo alle numerose comunità straniere presenti nel nostro Paese. La strada maestra di un Paese unito è quella che indica la nostra Costituzione, quando sottolinea il ruolo delle formazioni sociali, corollario di una piena partecipazione alla vita pubblica. La crisi di rappresentanza ha reso deboli o inefficaci gli strumenti tradizionali della partecipazione, mentre dalla società emergono, con forza, nuove modalità di espressione che hanno già prodotto risultati avvertibili nella politica e nei suoi soggetti. Questo stesso Parlamento presenta elementi di novità e di cambiamento. La più alta percentuale di donne e tanti giovani parlamentari. Un risultato prezioso che troppe volte la politica stessa finisce per oscurare dietro polemiche e conflitti. I giovani parlamentari portano in queste aule le speranze e le attese dei propri coetanei. Rappresentano anche, con la capacità di critica, e persino di indignazione, la voglia di cambiare. A loro, in particolare, chiedo di dare un contributo positivo al nostro essere davvero comunità nazionale, non dimenticando mai l’essenza del mandato parlamentare. L’idea, cioè, che in queste aule non si è espressione di un segmento della società o di interessi particolari, ma si è rappresentanti dell’intero popolo italiano e, tutti insieme, al servizio del Paese. Tutti sono chiamati ad assumere per intero questa responsabilità. Condizione primaria per riaccostare gli italiani alle istituzioni è intendere la politica come servizio al bene comune, patrimonio di ognuno e di tutti. E’ necessario ricollegare a esse quei tanti nostri concittadini che le
avvertono lontane ed estranee. La democrazia non è una conquista definitiva ma va inverata continuamente, individuando le formule più adeguate al mutamento dei tempi. E’ significativo che il mio giuramento sia avvenuto mentre sta per completarsi il percorso di un’ampia e incisiva riforma della seconda parte della Costituzione. Senza entrare nel merito delle singole soluzioni, che competono al Parlamento, nella sua sovranità, desidero esprimere l’auspicio che questo percorso sia portato a compimento con l’obiettivo di rendere più adeguata la nostra democrazia. Riformare la Costituzione per rafforzare il processo democratico. Vi è anche la necessità di superare la logica della deroga costante alle forme ordinarie del processo legislativo, bilanciando l’esigenza di governo con il rispetto delle garanzie procedurali di una corretta dialettica parlamentare. Come è stato più volte sollecitato dal Presidente Napolitano, un’altra priorità è costituita dall’approvazione di una nuova legge elettorale, tema sul quale è impegnato il Parlamento. Nel linguaggio corrente si è soliti tradurre il compito del capo dello Stato nel ruolo di un arbitro, del garante della Costituzione. E’ una immagine efficace. All’arbitro compete la puntuale applicazione delle regole. L’arbitro deve essere – e sarà – imparziale. I giocatori lo aiutino con la loro correttezza. Il Presidente della Repubblica è garante della Costituzione. La garanzia più forte della nostra Costituzione consiste, peraltro, nella sua applicazione. Nel viverla giorno per giorno. Garantire la Costituzione significa garantire il diritto allo studio dei nostri ragazzi in una scuola moderna in ambienti sicuri, garantire il loro diritto al futuro. Significa riconoscere e rendere effettivo il diritto al lavoro. Significa promuovere la cultura diffusa e la ricerca di eccellenza, anche utilizzando le nuove tecnologie e superando il divario digitale.
Significa amare i nostri tesori ambientali e artistici. Significa ripudiare la guerra e promuovere la pace. Significa garantire i diritti dei malati. Significa che ciascuno concorra, con lealtà, alle spese della comunità nazionale. Significa che si possa ottenere giustizia in tempi rapidi. Significa fare in modo che le donne non debbano avere paura di violenze e discriminazioni. Significa rimuovere ogni barriera che limiti i diritti delle persone con disabilità. Significa sostenere la famiglia, risorsa della società. Significa garantire l’autonomia ed il pluralismo dell’informazione, presidio di democrazia. Significa ricordare la Resistenza e il sacrificio di tanti che settanta anni fa liberarono l’Italia dal nazifascismo. Significa libertà. Libertà come pieno sviluppo dei diritti civili, nella sfera sociale come in quella economica, nella sfera personale e affettiva. Garantire la Costituzione significa affermare e diffondere un senso forte della legalità. La lotta alla mafia e quella alla corruzione sono priorità assolute. La corruzione ha raggiunto un livello inaccettabile. Divora risorse che potrebbero essere destinate ai cittadini. Impedisce la corretta esplicazione delle regole del mercato. Favorisce le consorterie e penalizza gli onesti e i capaci. L’attuale Pontefice, Francesco, che ringrazio per il messaggio di auguri che ha voluto inviarmi, ha usato parole severe contro i corrotti: «Uomini di buone maniere, ma di cattive abitudini». E’ allarmante la diffusione delle mafie, antiche e nuove, anche in aree geografiche storicamente immuni. Un cancro pervasivo, che
distrugge speranze, impone gioghi e sopraffazioni, calpesta diritti. Dobbiamo incoraggiare l’azione determinata della magistratura e delle forze dell’ordine che, spesso a rischio della vita, si battono per contrastare la criminalità organizzata. Nella lotta alle mafie abbiamo avuto molti eroi. Penso tra gli altri a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Per sconfiggere la mafia occorre una moltitudine di persone oneste, competenti, tenaci. E una dirigenza politica e amministrativa capace di compiere il proprio dovere. Altri rischi minacciano la nostra convivenza. Il terrorismo internazionale ha lanciato la sua sfida sanguinosa, seminando lutti e tragedie in ogni parte del mondo e facendo vittime innocenti. Siamo inorriditi dalle barbare decapitazioni di ostaggi, dalle guerre e dagli eccidi in Medio Oriente e in Africa, fino ai tragici fatti di Parigi. Il nostro Paese ha pagato, più volte, in un passato non troppo lontano, il prezzo dell’odio e dell’intolleranza. Voglio ricordare un solo nome: Stefano Taché, rimasto ucciso nel vile attacco terroristico alla Sinagoga di Roma nell’ottobre del 1982. Aveva solo due anni. Era un nostro bambino, un bambino italiano. La pratica della violenza in nome della religione sembrava un capitolo da tempo chiuso dalla storia. Va condannato e combattuto chi strumentalizza a fini di dominio il proprio credo, violando il diritto fondamentale alla libertà religiosa. Considerare la sfida terribile del terrorismo fondamentalista nell’ottica dello scontro tra religioni o tra civiltà sarebbe un grave errore. La minaccia è molto più profonda e più vasta. L’attacco è ai fondamenti di libertà, di democrazia, di tolleranza e di convivenza. Per minacce globali servono risposte globali. Un fenomeno così grave non si può combattere rinchiudendosi nel fortino degli Stati nazionali. I predicatori d’odio e coloro che reclutano assassini utilizzano internet e i mezzi di comunicazione più sofisticati, che sfuggono, per la loro stessa natura, a una dimensione territoriale.
La comunità internazionale deve mettere in campo tutte le sue risorse. Nel salutare il Corpo Diplomatico accreditato presso la Repubblica, esprimo un auspicio di intensa collaborazione anche in questa direzione. La lotta al terrorismo va condotta con fermezza, intelligenza, capacità di discernimento. Una lotta impegnativa che non può prescindere dalla sicurezza: lo Stato deve assicurare il diritto dei cittadini a una vita serena e libera dalla paura. Il sentimento della speranza ha caratterizzato l’Europa nel dopoguerra e alla caduta del muro di Berlino. Speranza di libertà e di ripresa dopo la guerra, speranza di affermazione di valori di democrazia dopo il 1989. Nella nuova Europa l’Italia ha trovato l’affermazione della sua sovranità; un approdo sicuro ma soprattutto un luogo da cui ripartire per vincere le sfide globali. L’Unione Europea rappresenta oggi, ancora una volta, una frontiera di speranza e la prospettiva di una vera Unione politica va rilanciata, senza indugio. L’affermazione dei diritti di cittadinanza rappresenta il consolidamento del grande spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia. Le guerre, gli attentati, le persecuzioni politiche, etniche e religiose, la miseria e le carestie generano ingenti masse di profughi. Milioni di individui e famiglie in fuga dalle proprie case che cercano salvezza e futuro proprio nell’Europa del diritto e della democrazia. E’ questa un’emergenza umanitaria, grave e dolorosa, che deve vedere l’Unione Europea più attenta, impegnata e solidale. L’Italia ha fatto e sta facendo bene la sua parte e siamo grati a tutti i nostri operatori, ai vari livelli, per l’impegno generoso con cui fronteggiano questo drammatico esodo. A livello internazionale la meritoria e indispensabile azione di mantenimento della pace, che vede impegnati i nostri militari in tante missioni, ¬ deve essere consolidata con un’azione di ricostruzione politica, economica, sociale e culturale, senza la quale ogni sforzo è destinato a vanificarsi.
Alle Forze Armate, sempre più strumento di pace ed elemento essenziale della nostra politica estera e di sicurezza, rivolgo un sincero ringraziamento, ricordando quanti hanno perduto la loro vita nell’assolvimento del proprio dovere. Occorre continuare a dispiegare il massimo impegno affinché la delicata vicenda dei due nostri fucilieri di Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, trovi al più presto una conclusione positiva, con il loro definitivo ritorno in Patria. Desidero rivolgere un pensiero ai civili impegnati, in zone spesso rischiose, nella preziosa opera di cooperazione e di aiuto allo sviluppo. Di tre italiani, padre Paolo Dall’Oglio, Giovanni Lo Porto e Ignazio Scaravilli non si hanno notizie in terre difficili e martoriate. A loro e ai loro familiari va la solidarietà e la vicinanza di tutto il popolo italiano, insieme all’augurio di fare presto ritorno nelle loro case. Onorevoli Parlamentari, Signori Delegati, Per la nostra gente, il volto della Repubblica è quello che si presenta nella vita di tutti i giorni: l’ ospedale, il municipio, la scuola, il tribunale, il museo. Mi auguro che negli uffici pubblici e nelle istituzioni possano riflettersi, con fiducia, i volti degli italiani: il volto spensierato dei bambini, quello curioso dei ragazzi. i volti preoccupati degli anziani soli e in difficoltà il volto di chi soffre, dei malati, e delle loro famiglie, che portano sulle spalle carichi pesanti. Il volto dei giovani che cercano lavoro e quello di chi il lavoro lo ha perduto. Il volto di chi ha dovuto chiudere l’impresa a causa della congiuntura economica e quello di chi continua a investire nonostante la crisi. Il volto di chi dona con generosità il proprio tempo agli altri. Il volto di chi non si arrende alla sopraffazione, di chi lotta contro le ingiustizie e quello di chi cerca una via di riscatto. Storie di donne e di uomini, di piccoli e di anziani, con differenti convinzioni politiche, culturali e religiose.
Questi volti e queste storie raccontano di un popolo che vogliamo sempre più libero, sicuro e solidale. Un popolo che si senta davvero comunità e che cammini con una nuova speranza verso un futuro di serenità e di pace. Viva la Repubblica, viva l’Italia! Mattarella presidente, Claudio Martelli: “Merita rispetto, ma no santificazione” Onorevole Claudio Martelli, posso leggerle cosa disse di lei Sergio Mattarella? Faccia pure. Ecco: “…non mi interessa polemizzare con Martelli, è troppo miserabile il livello in cui si colloca…”. Che hanno era? Il 1992. Allora, la prego, contestualizziamo. Lo facciamo. 1992, la Prima Repubblica sta morendo ma non lo sa, in Sicilia si affaccia la primavera e la mafia uccide. Il 12 marzo viene ammazzato il proconsole andreottiano Salvo Lima, Claudio Martelli è ministro della Giustizia nel governo Andreotti. La Democrazia Cristiana sotto accusa si aggrappa al nome di Piersanti Mattarella, il presidente della Regione ucciso dodici anni prima dai corleonesi, per rivendicare una sorta di verginità antimafiosa. “Mattarella come Pio La Torre”, dicono in coro. Martelli interviene con parole laceranti: “Mattarella non è tra i morti che hanno combattuto la mafia a viso aperto e non può essere paragonato a chi è caduto mentre era in guerra con le cosche”. Un comportamento “intollerabile, chi lo manifesta non è degno di ricoprire l’ufficio di ministro della Giustizia”, fu la replica della vedova Mattarella. Onorevole Martelli, abbiamo contestualizzato, ora a lei la parola.
La ricordo bene quella polemica, intervenni dopo a pochi giorni dall’omicidio Lima, perché nella Dc si stava facendo spazio questa sorta di accostamento poco giudizioso tra la morte di Salvo Lima e le altre vittime della mafia. Ma lei parlò di Piersanti Mattarella… Certo, ma non vi fu nessuna aggressione né alla sua memoria, né alla famiglia. Mi concentrai su una distinzione netta tra Piersanti Mattarella e La Torre. Il primo aveva combattuto la mafia contrastando il sistema di potere all’interno del suo partito, Lima, Gioia, Ciancimino, e per questo forse fu ucciso. La Torre, no, la sua fu una battaglia dura, netta, contro Cosa nostra e i suoi legami politici. Lei tirò in ballo la figura di Mattarella padre, Bernardo, definendolo “il leader politico che traghettò la mafia siciliana dal separatismo, alla Dc”, e Sergio Mattarella bollò il suo livello come “miserabile”. Non mi sono mai inventato accuse nei confronti di Bernardo Mattarella. Le cose che dissi all’epoca le presi dalla relazione di minoranza presentata dal Pci in Antimafia e firmata da Pio La Torre. Era il 1976… Ricordo bene… aspetti che ho qui la relazione, pagina 575, La Torre analizza il passaggio di campo della mafia dal 1948 al 1955, proprio gli anni in cui cresce il potere di Mattarella padre. “La Regione siciliana fu impiantata da uno schieramento politico che era l’espressione organica del blocco agrario e del sistema di potere mafioso”. Nella pagina precedente La Torre spiega “verso quali forze politiche si orientarono le cosche mafiose” dopo il tramonto del separatismo. Una parte, fu la risposta, “si orientò verso la Dc… uomini come Aldisio, Milazzo, Alessi, Scelba, Mattarella… era la doppia anima della politica che la Dc seguirà negli anni successivi: da un lato, un programma di riforme e di sviluppo democratico e dall’altro un compromesso con i ceti parassitari isolani”. All’epoca della polemica o Sergio Mattarella non aveva capito o faceva finta di non capire. Mattarella padre artefice, insieme agli altri, del passaggio di pezzi del potere mafioso dentro il grande alveo della Dc. Una grande operazione politica, paragonabile a quella che nel 1987 fecero i socialisti, con lei tra i leader più influenti. Ricorda il boom elettorale in Sicilia? Fummo messi in croce per quei voti proprio dagli esponenti del sistema di potere siciliano. Aspetti, onorevole, in quell’anno il Psi aumenta del 6-7% a Palermo, a Ciaculli e Croceverde, borgate mafiose, il suo partito esplode, nel regno del boss Michele Greco, il Papa, dal 5% passate al 23 e la Dc
perde il 20%. Ma è assurdo, in quell’anno il Psi ebbe ottimi risultati a Napoli, a Bari, in tutto il Sud. A Bologna aumentammo del 6%… Fu anche l’effetto del referendum sulla responsabilità civile dei giudici. Certi ambienti apprezzarono. Forse qualcuno, anche nel mio partito, cavalcò l’equivoco. Io no. La prima persona che volli incontrare a Palermo fu Giovanni Falcone, ricordo che Marco Pannella mi invitò a fare degli incontri all’Ucciardone, io rifiutai perché non volevo equivoci sulla mia strada. Come giudica Sergio Mattarella oggi? È un uomo che merita rispetto. Quella foto del 6 gennaio 1980 è l’immagine di un dolore indicibile, instancabile, che non passa mai. È una sorta di battesimo, una vocazione originaria. Ma la santificazione no, non mi piace. Aspettiamo. Sergio Mattarella è stato un uomo di partito, di corrente, di polemiche aspre. È stato l’uomo che all’indomani del ribaltone che defenestra Romano Prodi diventa il vicepresidente del Consiglio con D’Alema. E anche quelle dimissioni dal governo sulla legge Mammì, aspetterei a leggerle come una scelta ideale, diciamo che furono ordini di corrente ai quali Mattarella e altri ministri ubbidirono. Lei è stato al governo con Mattarella un anno, che rapporti avevate? Mai una polemica, ma neppure amicizia. Eppure ero il ministro della Giustizia, lui era siciliano, forse qualche scambio avremmo potuto averlo. Pazienza. E oggi, che succederà con Mattarella presidente della Repubblica? Leggo tante cose, c’è chi lo vuole capace di resistere a Renzi, chi invece lo vede legatissimo al premier. Renzi è stato abile, si è coperto a sinistra con Vendola e ha costruito una maggioranza preventiva sul nome di Mattarella stringendo Alfano in un angolo. C’è una forte tendenza al partito unico, un grande partito di centro che assorbe la sinistra, ne contiene un’ala. Così si chiude la strada ad ogni alternativa e si costringe la destra ad estremizzarsi. * da Il Fatto Quotidiano del 2 febbraio 2015 Il marò Latorre : «Grazie al
presidente della repubblica Mattarella» Con un post appena pubblicato su Facebook il marò Massimiliano Latorre ha ringraziato il presidente della repubblica Sergio Mattarella, per averlo citato nel suo discorso di insediamento alla Presidenza della Repubblica. Questo il testo del post rivolto ai suoi amici: «Cari amici, voglio oggi, come sempre ringraziarVi per il costante calore di cui mi circondate.Ancora oggi mi sostiene ogni giorno sempre di più. Perdonate se non riesco a rispondere a tutti, ma spesso il tempo è tiranno anche in questo. Non passa giorno in cui non riceva manifestazioni di affetto da gente comune come noi che mi incontra per strada. e questo esser ricordati è un motivo in più per continuare ad affrontare questa difficile situazione a cui si aggiungono anche le problematiche sanitarie, ma sono consapevole di dover far fronte anche a questo e chissà per quanto altro ancora”. Latorre conclude “Permettetemi di ringraziare il Neo eletto Signor Presidente delle Repubblica che oggi ci ha citato nel suo discorso di insediamento auspicando di poter aver l’ Onore ed il piacere di potergli stingere la mano. Grazie a tutti ma ancor di più grazie al vostro cuore“ E’ Sergio Mattarella il nuovo Presidente della Repubblica di Marco Ginanneschi Standing ovation a ripetizione e tanti applausi dopo la quarta votazione a Camere congiunte per Sergio Mattarella , che ha supera il quorum, ricevendo 665 voti e diventa il dodicesimo presidente della Repubblica italiana. “Il pensiero va soprattutto e anzitutto alle difficoltà e alle speranze dei nostri concittadini. E’ sufficiente questo“, le sue prime parole da capo dello Stato (video). Ieri Matteo Renzi aveva auspicato “la più ampia convergenza” sul nome del giudice costituzionale ed ex ministro della Difesa e oggi su Twitter gli ha
subito augurato “buon lavoro“. Il neo presidente, si è limitato ad una breve dichiarazione dopo la proclamazione dei risultati: “Il pensiero – ha detto Mattarella – va soprattutto e anzitutto alle difficoltà e alle speranze dei nostri concittadini. È sufficiente questo“. Poi nel pomeriggio, a sorpresa, la significativa visita alle Fosse Ardeatine e il messaggio: “L’Europa sia unita contro chi vuole trascinarci in una nuova stagione di terrore“. L’Italia ha quindi un nuovo capo dello Stato e presto la barriera presidenziale tornerà a sventolare sul torrino del Quirinale, assieme al tricolore e alla bandiera europea: il giuramento nell’aula di Montecitorio è fissato per martedì alle 10. Mattarella arriva sul Colle presidenziale portando con sè una lunga esperienza istituzionale: è stato parlamentare, più volte ministro della Repubblica ed anche giudice della Corte Costituzionale (per nomina parlamentare avvenuta nel 2011) carica che ha ricoperto sino ad oggi. Immediato l’augurio di buon lavoro inviato via Twitter dal premier Matteo Renzi, “regista” della strategia che ha portato al Quirinale, Mattarella: “Buon lavoro, Presidente Mattarella! Viva l’Italia“. Numerosi gli esponenti di governo che senza aspettare l’esito definitivo dello spoglio hanno fatto altrettanto. Il presidente del Senato, Pietro Grasso, ed attuale capo dello Stato reggente dopo le dimissioni di Giorgio Napolitano, si è affidato al social network Facebook: “Una grandissima gioia e il piccolo rammarico di non aver potuto aggiungere il mio voto alle 665 schede sulle quali è stato scritto il suo nome“. Auguri e felicitazioni sono arrivate a Mattarella, da diversi leader internazionali, da Barack Obama a François Hollande, ed anche da Papa Francesco. “Mi è gradito rivolgerle – ha scritto il Papa a Mattarella – deferenti espressioni augurali per la sua elezione alla suprema magistratura dello Stato italiano e, mentre auspico che ella possa esercitare il suo alto compito specialmente al servizio dell’unità e della concordia del Paese, invoco sulla sua persona la costante assistenza divina per una illuminata azione di promozione del bene comune nel solco degli autentici valori umani e spirituali del popolo italiano. Con questi voti – ha concluse Papa Francesco rivolgendosi al neo Presidente – invio a lei e all’intera Nazione la benedizione apostolica”. Qualche minuto prima del Papa, appena il nome di Mattarella ha superato il quorum dei 505 voti necessari per l’elezione, è arrivato dalla presidenza della Conferenza episcopale italiana il messaggio di
auguri per il neo presidente della Repubblica. “L’elezione del Capo dello Stato – scrive la Cei – rappresenta uno dei momenti più importanti della vita democratica, perché garantisce un riferimento di unità per il popolo e per la Nazione. Nel salutare rispettosamente e con viva soddisfazione l’elezione di Sergio Mattarella, nel quale il parlamento ha riscontrato le necessarie caratteristiche di ‘dignità riconosciuta e operosità provata’, – proseguono i vescovi italiani – esprimiamo l’augurio che il suo alto servizio aiuti efficacemente il Paese a ritrovare la via di uno sviluppo integrale, assicurando per questo la preghiera della Chiesa che è in Italia”. “Possa il nuovo presidente della Repubblica italiana – è stato l’auspicio dei presuli della Penisola – sostenere la fiducia e le attese di quanti ogni giorno si impegnano per una società più giusta e più umana. Confermiamo – conclude il suo messaggio la Cei – la più leale collaborazione per la promozione dell’uomo e per il bene del Paese”. Il premier Renzi è tornato successivamente a commentare in serata l’elezione di Mattarella , intervistato dal Tg1: “Non abbiamo eletto un nostro supporter, un nostro tifoso. Abbiamo eletto l’arbitro per questa grande storia che è la storia italiana“. Martedì alle 10 il giuramento nell’aula di Montecitorio. Tamburrano: “Bonelli sia coerente e ritorni a Roma” L’esponente dei Verdi Angelo Bonelli, il quale dopo essere stato “bocciato” dagli elettori romani e tarantini alle ultime elezioni in Parlamento, e da quelli laziali per il Consiglio Regionale del Lazio, si è ormai concentrato politicamente su Taranto, cercando attenzione e presenzialismo su ogni e qualsiasi problematica ed argomento che gli dia visibilità. Questa volta Bonelli riferendosi alla recente ordinanza di abbattimento entro il 5 febbraio di altri 64 bovini dell’allevamento di Giuseppe Chiarelli in contrada Orofino ( Massafra) , a pochi chilometri di distanza dallo stabilimento siderurgico dell’ ILVA, ha chiesto al Governo di “dichiarare lo stato di emergenza” per la città, affermando che “Chi ha parlato di aria pulita a Taranto si dovrebbe vergognare e l’attuale presidente della Provincia di Taranto Martino Tamburrano dovrebbe dimettersi e chiedere scusa considerato che da
sindaco di Massafra nell’aprile del 2004, quando l’Istituto zooprofilattico aveva reso noti i dati fuori legge sulla diossina nei bovini, aveva parlato di “allarmismo””. Opinione di Bonelli è che Tamburrano, presidente della Provincia nonché sindaco di Massafra, nel cui territorio sono allevati i 64 bovini che dovranno essere abbattuti, ha sempre sminuito il problema, affermando inoltre che “qualcuno fa una politica che inquina di più di qualche camino industriale, con questi amministratori Taranto non ha futuro”. Molto eloquente la replica di Tamburrano : “Credo che la credibilità di Bonelli nella Provincia di Taranto sia al di sotto dello zero in termini di impegno politico. Suppongo che non sappia di cosa si parli dal momento che l’abbattimento dei bovini tempo fa lo scongiurammo noi come amministrazione comunale di Massafra, pagando personalmente il foraggio a quegli animali nel frattempo che la Regione Puglia decidesse il da farsi. La stessa Regione della quale Bonelli vorrebbe far parte tra qualche mese. Credo quindi che la coerenza per il consigliere sia un optional. E tutti ormai l’hanno capito. Ritornasse a Roma – ha concluso Tamburrano – che forse ci arricchirebbe” Lospinuso: “Lo Stato non può far fallire le imprese. Si paghino subito i debiti alle imprese dell’indotto ILVA” “Confindustria Taranto lancia un grido di allarme: il decreto per Taranto, anziché salvarla, rischia di affossare la città con una crisi occupazionale senza precedenti. Eppure, Forza Italia ha presentato emendamenti risolutori, proposti anche dal Senatore Amoruso, che rappresentano la strada maestra per garantire i crediti vantati dalle aziende dell’indotto, evitandone il fallimento”. ha dichiarato Pietro Lospinuso consigliere regionale di Forza Italia . “Oltre ai 3000 dipendenti delle aziende dell’indotto che rischiano il posto di lavoro –aggiunge Lospinuso – anche l’ILVA potrebbe mettere in cassa integrazione 5000 dipendenti. Ciò vuol dire che l’intera città di Taranto rischia il fallimento. Pensare che le aziende abbiano fornito materiali e prestazioni per l’ILVA in questi mesi, contando
sull’affidabilità dello Stato che l’amministrava tramite i suoi commissari; e che oggi queste realtà economiche siano sul filo del rasoio, è veramente il colmo. Non può essere lo Stato a far fallire le imprese ed anzi, deve pagare i debiti pregressi del siderurgico: il senatore Amoruso propone una soluzione che ritengo condivisibile e concreta per la salvaguardia del sistema-impresa di Taranto” “Come proposto negli emendamenti presentati– conclude Lospinuso – il Governo potrebbe garantire i debiti al 100% presso le banche con la Cassa Depositi e Prestiti, e così gli istituti di credito presterebbero le somme necessarie. Agli imprenditori non resterebbe che pagare gli interessi alle banche per i prestiti ricevuti e per lo Stato sarebbe una manovra quasi a costo zero. In alternativa, potrebbe essere la stessa Cassa depositi a finanziare le imprese dell’indotto in forza dei crediti da riscuotere dall’ ILVA. Il governo, inoltre, potrebbe prevedere, nel decreto in questione, la sospensione dei debiti delle imprese interessate verso Equitalia, come prima misura di sostegno per le realtà economiche che non vengono pagate ormai da mesi. Come pure si potrebbe immaginare un sistema di compensazione fiscale per le imprese interessate. Siamo aperti ad ogni altra alternativa purchè non sia una chiacchiera per perdere altro tempo. Taranto è una questione nazionale e adesso non c’è più tempo per scherzare”. La Sen. Finocchiaro al Quirinale? Meglio a “Chi l’ha visto?” !!! L’aula di Palazzo Madama , al Senato della Repubblica ha approvato i due emendamenti a prima firma della senatrice Pd Anna Finocchiaro e dei capigruppo della maggioranza. Si tratta del cuore stesso della nuova legge elettorale che tornerà poi in terza lettura alla Camera, ossia le modifiche che recepiscono i punti del “Patto del Nazareno” (tra cui premio di maggioranza, con l’attribuzione di 340 seggi alla Camera, alla lista che vince e non alla coalizione e soglia di sbarramento in ingresso al 3% per i partiti). Il via libera è al primo dei due emendamenti è arrivato con 177 sì, 64 no e 2 astenuti. L'”Italicum” è ormai ad un passo dal varo finale al Senato, previsto per martedì 27 alle 17 dopo un imprevisto che ha ritardato l’inizio dei lavori dell’aula, per un paio d’ore, a causa della chiusura dell’aeroporto milanese di Linate, che ha impedito la partenza dei senatori che arrivavano a Roma da Milano.
Qualcuno a Taranto dirà giustamente : ma che ce ne frega a noi dell’ “Italicum“, quando la città è sull’orlo del crack economico- imprenditoriale-occupazionale ? E come non dare loro ragione ??? Sarebbero in molti a voler chiedere alla senatrice Finocchiaro, se la gentile signora si ricorda qualche volta che è stata eletta al Senato a Taranto nelle liste del Partito Democratico. La senatrice siciliana dopo aver “scippato” il suo seggio senatoriale, e fatto delle fugaci apparizioni in campagna elettorali è letteralmente scomparsa, incassando il suo bello stipendio da senatore della repubblica. E qualcuno si meravigliava e lamentava dell’uso vergognoso della sua scorta all’ IKEA…. Per non parlare poi della sua famiglia. Melchiorre Fidelbo, di professione ginecologo, marito della senatrice del Pd Anna Finocchiaro, imputato dal 2012 davanti la terza sezione penale di Catania. Il consorte della Finocchiaro è accusato di truffa e abuso d’ufficio insieme a tre ex manager dell’Asp di Catania, tutti fedelissimi dell’ex governatore Raffaele Lombardo, che nel 2008 aveva sconfitto proprio la senatrice del Pd alle elezioni regionali: sono Giuseppe Calaciura, Giovanni Puglisi e Antonio Scavone, eletto a sua volta senatore dal Movimento per l’Autonomia alle ultime politiche. Una situazione che potrebbero sollevare una vera e propria questione di opportunità, considerato che in caso di elezione al Colle la Finocchiaro si troverebbe automaticamente anche a capo del CSM il Consiglio superiore della magistratura, l’organo di autogoverno dei giudici. E’ questo il nuovo partito democratico “pensato” da Matteo Renzi ? Il Sindaco di Taranto “sposa” la protesta degli autotrasportatori dell’ ILVA Il Sindaco di Taranto, Ippazio Stefàno, è stato destinatario di sollecitazioni da parte degli autotrasportatori operanti all’interno dell’ ILVA che hanno rilanciato la loro vertenza. “L’apprensione– commenta il primo cittadino tarantino- cresce per gli effetti sull’economia del territorio, sulle imprese coinvolte e sui loro lavoratori. Le imprese sono allo stremo, e la prospettiva della
perdita dei livelli occupazionali sta comprensibilmente allarmando i lavoratori che in queste ore, comprensibilmente, stanno manifestando la loro protesta. Finché non si fa chiarezza sulla sorte dei crediti sin qui maturati dalle imprese e si dettano le misure atte a garantire la continuità del sistema delle imprese locali, in questa città aleggerà insistente il pericolo di una deriva sociale che può assumere toni drammatici. Le istituzioni locali e la comunità guardano con seria attenzione le azioni e le misure di rivendicazione che gli autotrasportatori stanno portando avanti con correttezza di comportamento da ben oltre venti giorni con presidi h 24, a tutela del patrimonio sociale ed economico della città. Per loro chiediamo che siano accesi ancora di più i riflettori dei mezzi di informazione, soprattutto nazionali, per portare alla ribalta la gravità della loro attuale condizione che rischia di precipitare in una crisi senza via d’uscita e con azioni di portata eclatante” . Gasparri chiede 250 milioni di euro per i fornitori dell’ indotto ILVA di Taranto Secondo il senatore Maurizio Gasparri “Il decreto salva Taranto non può essere finanziato con i fondi delle imprese dell’indottoILVA. Per aiutare concretamente la città è infatti necessario far sapere alle tante imprese che hanno continuato a lavorare e maturare crediti con l’ ILVA quando potranno essere pagati, scongiurando una sempre più imminente crisi di liquidità“. “Il fallimento di queste imprese – prosegue Gasparri– , che hanno maturato crediti anche con la gestione commissariale e che si sono esposte con i loro fornitori, metterebbe a repentaglio l’intera economia tarantina, con il licenziamento di oltre 3000 dipendenti. Insieme alla senatrice Pelino stiamo vigilando in commissione per scongiurare questa ipotesi. Abbiamo incontrato nei giorni scorsi il presidente di Confindustria Taranto, Cesareo, e nel fine settimana ho ribadito al consigliere regionale Lospinuso e ad altri imprenditori locali la nostra attenzione e determinata iniziativa sul tema. Sollecitiamo dunque il Governo ad intervenire con urgenza per far fronte ai 250 milioni di euro che le imprese stanno aspettando e che devono essere inseriti nel decreto per evitare di dare alla città pugliese l’ennesimo duro colpo”.
Resta da capire perchè lo Stato, i contribuenti, debbano far fronte ai debiti di un’azienda, che pur se commissariata, è ad oggi un’azienda di natura e diritto privato. ILVA. Dopo la Confindustria scendono in piazza i sindacati. Ma il risultato (purtroppo) non cambia ! Nuove manifestazioni di protesta ed assemblee in fabbrica organizzate dei lavoratori dell’indotto ILVA di Taranto. Continua la mobilitazione, e va segnalato che se il numero dei partecipanti rispetto al giorno prima è diminuito . Qualche decina di lavoratori ha effettuato prima un sit in di fronte alla portineria d’ingresso delle imprese ed alla direzione dello stabilimento siderurgico dell’ILVA e successivamente si sono radunati in corteo per raggiungere a piedi la città di Taranto. I lavoratori dopo aver attraversato la statale Appia (meglio noto come la Taranto-Bari) e l’adiacente sfortunato quartiere dei Tamburi si sono diretti nella città vecchia, dove hanno organizzato un presidio davanti al Palazzo del Comune di Taranto. Una delegazione pacifica di operai e sindacalisti ha occupato simbolicamente l’aula consiliare del Comune. Nel frattempo il sindaco Ippazio Stefano, che sta cavalcando la protesta (quasi come se lui non abbia alcuna responsabilità…) , dopo aver spedito la solite inutile letterina a Palazzo Chigi, ha cercato di entrare in contatto telefonico con Graziano Delrio il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per esporre ancora una volta la sofferenza degli operai e delle imprese che rischiano di perdere i crediti sinora maturati e vantati con l’ ILVA, che sarebbero riferiti alle fatture emesse negli ultimi 6 mesi . L’obiettivo dei sindacati metalmeccanici è quello di accendere i riflettori sulla vertenza delle aziende dell’ indotto (dopo l’inutile missione romana della Confindustria Taranto a Roma ) che teme di veder svanire i crediti maturati nei confronti dell’ ILVA a seguito della procedura di amministrazione straordinaria. I lavoratori alle dipendenze delle 250 aziende dell’ indotto,
coinvolti nella situazione sono circa 3mila, non hanno fiducia nelle rassicurazioni sinora ricevute dal governo Renzi. Il prefetto di Taranto, Umberto Guidato ha promesso che si farà portavoce presso il governo delle istanze dei lavoratori, mentre il sindaco di Taranto, Ippazio Stefano ha inviato (ancora una volta !) una lettera al premier Renzi per dare delle garanzie per un settore ormai al limite del crack economico-finanziario, sostenendo che in città potrebbe “esplodere la rabbia sociale”. I rappresentanti dei sindacati intendono coinvolgere anche il presidente della Provincia Martino Tamburrano. Che cosa potrebbe fare anch’egli più di quello che è stato sinora fatto, è curioso saperlo. Approvato ordine del giorno sull’ Ilva dal Consiglio Regionale È stato approvato dal Consiglio regionale all’unanimità un ordine del giorno, presentato come primi firmatari dai consiglieri regionali Pietro Lospinuso (Forza Italia) e Michele Mazzarano (Partito Ddemocratico) ) e sottoscritto dai Consiglieri Antonio Martucci (MEP), Giuseppe Cristella (FI) Francesco Laddomada (La Puglia per Vendola) , con cui si pone e richiede la massima attenzione sulla situazione delle aziende fornitrici dello stabilimento siderurgico ILVA di Taranto. Nell’ordine del giorno presentato in consiglio regionale si precisa che l’ ILVA ha attualmente un esposizione debitoria con le imprese dell’indotto per circa 250 milioni di euro, e che i tempi di avvio all’amministrazione straordinaria prevista dal decreto “salva Ilva” del Governo Renzi, sono imminenti e fra gli imprenditori aleggia “il reale timore che vengano azzerati i crediti vantati nei confronti del gruppo siderurgico della gran parte di quest’enorme platea di aziende, grandi e piccole, impegnate da diversi anni al servizio della grande fabbrica“. Aziende queste , come ha più volte ricordato (senza alcun ascolto o riscontro) Enzo Cesareo il presidente della Confindustria Taranto , che rischiano di fallire, sommerse da un’esposizione debitoria che non ha precedenti, e che affrontano una crisi che potrebbe portare il sistema produttivo industriale ad un vero e proprio collasso imprenditoriale e finanziario senza precedenti. Sarebbe una bancarotta dell’economia tarantina.
Per queste ragioni, il Consiglio ha impegna “il Presidente della Giunta regionale ad assumere le più opportune iniziative nei confronti del Governo Nazionale affinché reperisca i fondi necessari per assicurare la copertura finanziaria dei 250 milioni di euro vantati dalle imprese che operano nell’indotto dell’ILVA e inserisca tali garanzie nel decreto in questione onde evitare il fallimento delle stesse ed il licenziamento oltre 3000 dipendenti”. Ed ora Vendola dovrà dimostrare il suo peso. Di parole ne ha dette anche troppe. Taranto, città abbandonata a se stessa Ecco l’intervento del nostro direttore Antonello de Gennaro, intervistato a Radio Kiss Kiss. Si parla dei problemi della città, dell’ Ilva, dell’ambiente, dell’ occupazione, di turismo, del futuro della città http://www.ilcorrieredelgiorno.net/wp-content/uploads/2015/01/REC-X-DI RETTORE-IL-CORRIERE-DEL-GIORNO.mp3 Ilva, Amoruso “Lo Stato garantisca debiti imprese con le banche. Questa la strada maestra” “250 imprese dell’indotto coinvolte, 3.500 lavoratori a rischio, 250 milioni di debiti. Se il governo nazionale non dovesse mettere in campo misure concrete per tutelare gli interessi delle imprese creditrici dell’ILVA, nel decreto ‘Salva Taranto’, sarebbe l’intera città di Taranto a rischiare il completo default e, per questo, abbiamo immaginato una strada possibile per risolvere la gravissima situazione”. Lo dichiara il coordinatore regionale di Forza Italia, il senatore Francesco Amoruso. “E’ evidente -aggiunge- che lo Stato non
abbia le risorse liquide necessarie per onorare in tempi certi i debiti contratti dall’ ILVA, sebbene dichiarati strategici e, dunque, esigibili. Perciò, il governo potrebbe garantire i debiti al 100% presso le banche con la Cassa Depositi e Prestiti, e così gli istituti di credito presterebbero le somme necessarie. Agli imprenditori non resterebbe che pagare gli interessi alle banche per i prestiti ricevuti e per lo Stato sarebbe una manovra quasi a costo zero. In alternativa, potrebbe essere la stessa Cassa depositi a finanziare le imprese dell’indotto in forza dei crediti da riscuotere dall’ILVA. Il governo, inoltre, potrebbe prevedere, nel decreto in questione, la sospensione dei debiti delle imprese interessate verso Equitalia, come prima misura di sostegno per le realtà economiche che non vengono pagate ormai da mesi. Ritengo che questa sia la strada maestra e presenterò nell’immediato un emendamento per impegnare il governo Renzi nella direzione fin qui prospettata – conclude Amoruso – e consentire, così, all’economia tarantina di rialzarsi dopo un momento di crisi profondissima”. Lospinuso: “Sull’ ILVA si rischia tutto, non si finanzi il decreto con i soldi delle imprese tarantine” “Taranto rischia un tracollo senza precedenti ed il decreto Salva Taranto potrebbe tradursi in una mannaia per le imprese dell’indotto Ilva”. Lo dichiara Pietro Lospinuso consigliere regionale di Forza Italia . “Le imprese –aggiunge il consigliere regionale – hanno continuato ad operare e maturare il credito verso l’Ilva quando la gestione era commissariale di nomina statale (da Bondi a Gnudi). Si sta mettendo a repentaglio l’intera economia locale: ben venga il riconoscimento della strategicità dei crediti delle imprese dell’indotto tarantino, come annunciato dal ministro durante l’incontro di ieri; ma se non si dice quando possono essere pagati, le imprese vanno incontro ad una crisi di liquidità che le costringerebbe al fallimento. Ciò perché le imprese sono esposte con i loro fornitori e devono comunque pagare a fine mese i dipendenti” “Si ha l’impressione – continua Lospinuso – che il governo pensi di finanziare il decreto Salva Taranto con i soldi delle imprese e non possiamo permetterlo. Per questo, il governo nazionale deve assicurare
la copertura finanziaria dei 250 milioni di euro vantati dalle imprese in sede di conversione del decreto, che non troverebbero certezze nella ‘newco’, onde evitare il fallimento delle stesse ed il licenziamento di oltre 3000 dipendenti. In questo senso chiederò ai colleghi consiglieri di sottoscrivere un ordine del giorno con il quale si impegna la Giunta regionale ad intervenire presso il governo Renzi affinchè si passi dalle parole ai fatti e si prevedano misure concrete e specifiche nello stesso decreto, stanziando 250 milioni di euro. Taranto non potrebbe sopportare un ulteriore colpo di grazia perché stavolta – conclude Lospinuso – sarebbe fatale”. Provincia di Taranto: le inutili polemiche sulla nomina di Dilonardo a dirigente del settore Ambiente Dopo la nomina effettuata dall’attuale presidente della Provincia di Taranto, Martino Tamburrano , che è anche sindaco di Massafra, dell’ingegner Martino Dilonardo a nuovo dirigente del Settore Ambiente, si sono scatenate le solite proteste “pompate” ad arte dagli esclusi o da chi avrebbe voluto nominare invece qualche “amico” Dilonardo, 62 anni, è peraltro già dirigente di I fascia della Provincia di Taranto, ed era a capo del settore Manutenzione immobili ed impianti. quindi sicuramente non è nè uno sprovveduto, nè è stato catapultato-assunto dall’ esterno, e peraltro la sua nomina peraltro è a tempo determinato, ricevendo dal presidente la delega che sino a pochi giorni prima in assenza di un dirigente di ruolo era stata affidata pro-tempore all’architetto Roberto Di Giacinto in quanto l’l’ultimo dirigente di ruolo, cioè l’ingegner Ignazio Morrone, era andato in pensione da qualche anno. Non venendo mai sostituito con un bando. Ma nessuno disse nulla… Alla Provincia di Taranto attualmente manca peraltro la copertura economica finanziaria per fare un bando per individuare ed assumere un nuovo dirigente a tempo indeterminato e quindi il presidente Tamburrano è stato di fatto pressochè costretto a reperire all’interno dell’ Amministrazione Provinciale una risorsa interna fra gli attuali sette dirigenti di ruolo presenti. Negli ultimi anni, la dirigenza del settore Ambiente della Provincia di Taranto è sempre stato una poltrona “bollente”. Un ex commissario
della Provincia Mario Tafaro aveva dichiarato attraverso un’intervista al Quotidiano di aver ricevuto pressioni per la nomina relativa proprio alla dirigenza del settore Ambiente. Resta da chiedersi: ma Tafaro ha mai denunciato alla Procura della Repubblica le pressioni ricevute, fatto i nomi di chi faceva le pressioni, ed in favore di chi erano ? Non ci risulta, così come non ci risulta che il giornalista dl Quotidiano glieli abbia chiesti.Chissà perchè… Nell’articolo del quotidiano salentino, ci si dimentica di raccontare che colui il quale si autodefiniva come il grande accusatore di “Ambiente Svenduto“, cioè Luigi Romandini, è stato successivamente condannato ed interdetto dai pubblici uffici, ed attualmente sospeso anche dallo stipendio, dalla Provincia di Taranto Il quotidiano salentino, di proprietà del noto imprenditore Francesco Caltagirone (proprietario della Vianini, della Cementir, ecc. nonchè dei quotidiani IL MESSAGGERO (Lazio, Umbria e Molise), IL MATTINO (Campania), IL GAZZETTINO (Veneto), CORRIERE ADRIATICO (Marche) e NUOVO QUOTIDIANO DI PUGLIA (Brindisi, Taranto, Lecce) prima di ergersi a “paladino” del conflitto di interessi e di fare supposizioni collegate alla parentela del Dilonardo con il figlio che è socio di Antonio Albanese, (che non è un reato !) farebbe bene a verificare le condizioni ambientali ed occupazionali della Cementir di Taranto, o magari spulciare le “collezioni” del quotidiano romano IL MESSAGGERO e leggere quante ingerenze vengono fatte da Caltagirone per le nomine nelle società pubbliche della Capitale, o in quelle di cui è persino importante socio di minoranza, come ad esempio l’ ACEA di Roma (leggi QUI) . Anche perchè di appalti Caltagirone ne prende molti anche da queste parti in Puglia….. Ricordare che Antonio Albanese, l’imprenditore massafrese ( socio del Gruppo Marcegaglia) “ha chiesto alla Provincia il raddoppio della seconda linea della centrale termoelettrica di Massafra mediante incenerimento di combustibili da rifiuti e biomasse. Si tratta di un investimento da 50 milioni di euro” significa alimentare volgari sospetti. C’è una bella differenza fra “investire” (cioè tirare fuori i soldi di tasca propria) e farsi foraggiare da appalti pubblici in cui il Gruppo Caltagirone ha una discreta eperienza… Restiamo in attesa di leggere sul Quotidiano una bella approfondita inchiesta sulla Cementir di Taranto….
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