Lospinuso: "Altro no sulla centrale Eni. Renzi venga a Taranto per parlare con le imprese dell'indotto - ILVA"

Pagina creata da Enrico Guidi
 
CONTINUA A LEGGERE
Lospinuso: “Altro no sulla centrale
Eni. Renzi venga a Taranto per
parlare con le imprese dell’indotto
ILVA”
Il consigliere regionale di Forza Italia, Pietro Lospinuso,
commentando il parere della Giunta regionale pugliese sul
potenziamento della centrale Eni in una nota ha preso una posizione
molto chiara per la tutela delle imprese dell’ indotto Ilva.

“Un dato è inconfutabile – dice Lospinuso – la sinistra preferisce
avere una centrale ad olio combustile, obsoleta e vecchia di 60 anni,
piuttosto che una nuova che porterebbe, tra l’altro, enormi benefici
occupazionali per il territorio. Tradotto vuol dire che la sinistra
pugliese è per il ‘no’ alla tecnologia, all’innovazione, alla tutela
reale dell’ambiente e della salute, e come sempre anche al lavoro”.

“Hanno bocciato il progetto di Enipower – aggiunge Lospinuso – che,
con un investimento di 340 milioni di euro, avrebbe portato a 500
posti di lavoro per dieci anni e interessato decine di imprese
tarantine, comportato l’autosufficienza energetica della raffineria e
la sua solidità finanziaria, oltre ai benefici per l’ambiente e la
salute pubblica che tecnologie innovative consentono. Dopo questo
‘no’, il progetto è stato ridimensionato e la Giunta Vendola-Emiliano
ha perso un’altra occasione per rilanciare Taranto. C’è chi, infatti,
si permette il lusso di ‘sbuffare’ davanti a un investimento di 100
milioni di euro, che darebbe respiro all’indotto industriale. Un
indotto oggi in ginocchio, come è noto. Renzi aveva promesso, a
Natale, che sarebbe venuto a Taranto ed oggi, che siamo quasi a
Pasqua, del premier non abbiamo visto neanche l’ombra – ha
ricordato Lospinuso –    Eppure dovrebbe proprio venire a trovarci,
prima che il decreto venga convertito, per ascoltare il grido di
dolore di imprese e lavoratori, fornitori, autotrasportatori, per
rivedere i correttivi allo stesso decreto che oggi lasciano
assolutamente insoddisfatti tutti gli attori economici. Le imprese
hanno solo una colpa: quella di essersi fidati dello Stato durante la
gestione commissariale dell’ Ilva, e così hanno maturato crediti che
non possono riscuotere. Per loro, il decreto ‘Salva Taranto’ suona
come una beffa e rischia di trasformarsi, paradossalmente, nella
condanna a morte di Taranto. Mi auguro davvero – conclude Lospinuso –
che si trovi immediatamente una soluzione per pagare i debiti
contratti dell’Ilva. Altrimenti, sarebbe una morte annunciata e un
fallimento per tutta la nostra Provincia”

Ecco il discorso integrale di
Sergio Mattarella
Rivolgo un saluto rispettoso a questa assemblea, ai parlamentari che
interpretano la sovranità del nostro popolo e le danno voce e alle
Regioni qui rappresentate. Ringrazio la Presidente Laura Boldrini e
la Vice Presidente Valeria Fedeli. Ringrazio tutti coloro che hanno
preso parte al voto.

Un pensiero deferente ai miei predecessori, Carlo Azeglio Ciampi e
Giorgio Napolitano, che hanno svolto la loro funzione con impegno e
dedizione esemplari.    A loro va l’affettuosa riconoscenza degli
italiani. Al Presidente Napolitano che, in un momento difficile, ha
accettato l’onere di un secondo mandato, un ringraziamento
particolarmente intenso.

Rendo omaggio alla Corte Costituzionale organo di alta garanzia a
tutela della nostra Carta fondamentale, al Consiglio Superiore della
magistratura presidio dell’indipendenza e a tutte le
magistrature. Avverto pienamente la responsabilità del compito che mi
è stato affidato.

La responsabilità di rappresentare l’unità nazionale innanzitutto.
L’unità che lega indissolubilmente i nostri territori, dal Nord al
Mezzogiorno. Ma anche l’unità costituita dall’insieme delle attese e
delle aspirazioni dei nostri concittadini. Questa unità, rischia di
essere difficile, fragile, lontana.

L’impegno di tutti deve essere rivolto a superare le difficoltà degli
italiani e a realizzare le loro speranze. La lunga crisi, prolungatasi
oltre ogni limite, ha inferto ferite al tessuto sociale del nostro
Paese e ha messo a dura prova la tenuta del suo sistema produttivo.

Ha aumentato le ingiustizie.   Ha generato nuove povertà.   Ha prodotto
emarginazione e solitudine.

Le angosce si annidano in tante famiglie per le difficoltà che
sottraggono il futuro alle ragazze e ai ragazzi.

Il lavoro che manca per tanti giovani, specialmente nel Mezzogiorno,
la perdita di occupazione, l’esclusione, le difficoltà che si
incontrano nel garantire diritti e servizi sociali fondamentali.
Sono questi i punti dell’agenda esigente su cui sarà misurata la
vicinanza delle istituzioni al popolo.

Dobbiamo saper scongiurare il rischio che la crisi economica intacchi
il rispetto di principi e valori su cui si fonda il patto sociale
sancito dalla Costituzione.

Per uscire dalla crisi, che ha fiaccato in modo grave l’economia
nazionale e quella europea, va alimentata l’inversione del ciclo
economico, da lungo tempo attesa.

E’ indispensabile che al consolidamento finanziario si accompagni una
robusta iniziativa di crescita, da articolare innanzitutto a livello
europeo.

Nel corso del semestre di Presidenza dell’Unione Europea appena
conclusosi, il Governo – cui rivolgo un saluto e un augurio di buon
lavoro – ha opportunamente perseguito questa strategia.

Sussiste oggi l’esigenza di confermare il patto costituzionale che
mantiene unito il Paese e che riconosce a tutti i cittadini i diritti
fondamentali e pari dignità sociale e impegna la Repubblica a
rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l’eguaglianza.

L’urgenza di riforme istituzionali, economiche e sociali deriva dal
dovere di dare risposte efficaci alla nostra comunità, risposte
adeguate alle sfide che abbiamo di fronte.

Esistono nel nostro Paese energie che attendono soltanto di trovare
modo di esprimersi compiutamente.

Penso ai giovani che coltivano i propri talenti e che vorrebbero
vedere riconosciuto il merito.

Penso alle imprese, piccole medie e grandi che, tra rilevanti
difficoltà, trovano il coraggio di continuare a innovare e a competere
sui mercati internazionali.

Penso alla Pubblica Amministrazione che possiede competenze di valore
ma che deve declinare i principi costituzionali, adeguandosi alle
possibilità offerte dalle nuove tecnologie e alle sensibilità dei
cittadini, che chiedono partecipazione, trasparenza, semplicità degli
adempimenti, coerenza nelle decisioni.

Non servono generiche esortazioni a guardare al futuro ma piuttosto la
tenace mobilitazione di tutte le risorse della società italiana.
Parlare di unità nazionale significa, allora, ridare al Paese un
orizzonte di speranza.

Perché questa speranza non rimanga un’evocazione astratta, occorre
ricostruire quei legami che tengono insieme la società.

A questa azione sono chiamate tutte le forze vive delle nostre
comunità in Patria come all’estero.

Ai connazionali nel mondo va il mio saluto affettuoso.

Un pensiero di amicizia rivolgo alle numerose comunità straniere
presenti nel nostro Paese.

La strada maestra di un Paese unito è quella che indica la nostra
Costituzione, quando sottolinea il ruolo delle formazioni sociali,
corollario di una piena partecipazione alla vita pubblica.

La crisi di rappresentanza ha reso deboli o inefficaci gli strumenti
tradizionali della partecipazione, mentre dalla società emergono, con
forza, nuove modalità di espressione che hanno già prodotto risultati
avvertibili nella politica e nei suoi soggetti.

Questo stesso    Parlamento   presenta   elementi   di   novità     e   di
cambiamento.

La più alta percentuale di donne e tanti giovani parlamentari. Un
risultato prezioso che troppe volte la politica stessa finisce per
oscurare dietro polemiche e conflitti.

I giovani parlamentari portano in queste aule le speranze e le attese
dei propri coetanei. Rappresentano anche, con la capacità di critica,
e persino di indignazione, la voglia di cambiare.

A loro, in particolare, chiedo di dare un contributo positivo al
nostro essere davvero comunità nazionale, non dimenticando mai
l’essenza del mandato parlamentare.

L’idea, cioè, che in queste aule non si è espressione di un segmento
della società o di interessi particolari, ma si è rappresentanti
dell’intero popolo italiano e, tutti insieme, al servizio del Paese.

Tutti sono chiamati ad assumere per intero questa responsabilità.

Condizione primaria per riaccostare gli italiani alle istituzioni è
intendere la politica come servizio al bene comune, patrimonio di
ognuno e di tutti.

E’ necessario ricollegare a esse quei tanti nostri concittadini che le
avvertono lontane ed estranee.

La democrazia non è una conquista definitiva ma va inverata
continuamente, individuando le formule più adeguate al mutamento dei
tempi.

E’ significativo che il mio giuramento sia avvenuto mentre sta per
completarsi il percorso di un’ampia e incisiva riforma della seconda
parte della Costituzione.

Senza entrare nel merito delle singole soluzioni, che competono al
Parlamento, nella sua sovranità, desidero esprimere l’auspicio che
questo percorso sia portato a compimento con l’obiettivo di rendere
più adeguata la nostra democrazia.

Riformare la Costituzione per rafforzare il processo democratico.

Vi è anche la necessità di superare la logica della deroga costante
alle forme ordinarie del processo legislativo, bilanciando l’esigenza
di governo con il rispetto delle garanzie procedurali di una corretta
dialettica parlamentare.

Come è stato più volte sollecitato dal Presidente Napolitano, un’altra
priorità è costituita dall’approvazione di una nuova legge elettorale,
tema sul quale è impegnato il Parlamento.

Nel linguaggio corrente si è soliti tradurre il compito del capo dello
Stato nel ruolo di un arbitro, del garante della Costituzione.

E’ una immagine efficace.

All’arbitro compete la puntuale applicazione delle regole. L’arbitro
deve essere – e sarà – imparziale.

I giocatori lo aiutino con la loro correttezza.

Il Presidente della Repubblica è garante della Costituzione.

La garanzia più forte della nostra Costituzione consiste, peraltro,
nella sua applicazione. Nel viverla giorno per giorno.

Garantire la Costituzione significa garantire il diritto allo studio
dei nostri ragazzi in una scuola moderna in ambienti sicuri, garantire
il loro diritto al futuro.

Significa riconoscere e rendere effettivo il diritto al lavoro.

Significa promuovere la cultura diffusa e la ricerca di eccellenza,
anche utilizzando le nuove tecnologie e superando il divario digitale.
Significa amare i nostri tesori ambientali e artistici.

Significa ripudiare la guerra e promuovere la pace.

Significa garantire i diritti dei malati.

Significa che ciascuno concorra, con lealtà, alle spese della comunità
nazionale.

Significa che si possa ottenere giustizia in tempi rapidi.

Significa fare in modo che le donne non debbano avere paura di
violenze e discriminazioni.

Significa rimuovere ogni barriera che limiti i diritti delle persone
con disabilità.

Significa sostenere la famiglia, risorsa della società.

Significa garantire l’autonomia ed il pluralismo dell’informazione,
presidio di democrazia.

Significa ricordare la Resistenza e il sacrificio di tanti che
settanta anni fa liberarono l’Italia dal nazifascismo.

Significa libertà. Libertà come pieno sviluppo dei diritti civili,
nella sfera sociale come in quella economica, nella sfera personale e
affettiva.

Garantire la Costituzione significa affermare e diffondere un senso
forte della legalità.

La lotta alla mafia e quella alla corruzione sono priorità assolute.

La corruzione ha raggiunto un livello inaccettabile.

Divora risorse che potrebbero essere destinate ai cittadini.

Impedisce la corretta esplicazione delle regole del mercato.

Favorisce le consorterie e penalizza gli onesti e i capaci.

L’attuale Pontefice, Francesco, che ringrazio per il messaggio di
auguri che ha voluto inviarmi, ha usato parole severe contro i
corrotti: «Uomini di buone maniere, ma di cattive abitudini».

E’ allarmante la diffusione delle mafie, antiche e nuove, anche in
aree geografiche storicamente immuni. Un cancro pervasivo, che
distrugge speranze, impone gioghi e sopraffazioni, calpesta diritti.

Dobbiamo incoraggiare l’azione determinata della magistratura e delle
forze dell’ordine che, spesso a rischio della vita, si battono per
contrastare la criminalità organizzata.

Nella lotta alle mafie abbiamo avuto molti eroi. Penso tra gli altri a
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Per sconfiggere la mafia occorre una moltitudine di persone oneste,
competenti, tenaci. E una dirigenza politica e amministrativa capace
di compiere il proprio dovere.

Altri rischi minacciano la nostra convivenza.

Il terrorismo internazionale ha lanciato la sua sfida sanguinosa,
seminando lutti e tragedie in ogni parte del mondo e facendo vittime
innocenti.

Siamo inorriditi dalle barbare decapitazioni di ostaggi, dalle guerre
e dagli eccidi in Medio Oriente e in Africa, fino ai tragici fatti di
Parigi.

Il nostro Paese ha pagato, più volte, in un passato non troppo
lontano, il prezzo dell’odio e dell’intolleranza. Voglio ricordare un
solo nome: Stefano Taché, rimasto ucciso nel vile attacco terroristico
alla Sinagoga di Roma nell’ottobre del 1982. Aveva solo due anni. Era
un nostro bambino, un bambino italiano.

La pratica della violenza in nome della religione sembrava un capitolo
da tempo chiuso dalla storia. Va condannato e combattuto chi
strumentalizza a fini di dominio il proprio credo, violando il diritto
fondamentale alla libertà religiosa.

Considerare la sfida terribile del terrorismo fondamentalista
nell’ottica dello scontro tra religioni o tra civiltà sarebbe un grave
errore.

La minaccia è molto più profonda e più vasta. L’attacco è ai
fondamenti di libertà, di democrazia, di tolleranza e di convivenza.

Per minacce globali servono risposte globali.

Un fenomeno così grave non si può combattere rinchiudendosi nel
fortino degli Stati nazionali.

I predicatori d’odio e coloro che reclutano assassini utilizzano
internet e i mezzi di comunicazione più sofisticati, che sfuggono, per
la loro stessa natura, a una dimensione territoriale.
La comunità internazionale deve mettere in campo tutte le sue
risorse.

Nel salutare il Corpo Diplomatico accreditato presso la Repubblica,
esprimo un auspicio di intensa collaborazione anche in questa
direzione.

La lotta al terrorismo va condotta con fermezza, intelligenza,
capacità di discernimento. Una lotta impegnativa che non può
prescindere dalla sicurezza: lo Stato deve assicurare il diritto dei
cittadini a una vita serena e libera dalla paura.

Il sentimento della speranza ha caratterizzato l’Europa nel dopoguerra
e alla caduta del muro di Berlino. Speranza di libertà e di ripresa
dopo la guerra, speranza di affermazione di valori di democrazia dopo
il 1989.

Nella nuova Europa l’Italia ha trovato l’affermazione della sua
sovranità; un approdo sicuro ma soprattutto un luogo da cui ripartire
per vincere le sfide globali. L’Unione Europea rappresenta oggi,
ancora una volta, una frontiera di speranza e la prospettiva di una
vera Unione politica va rilanciata, senza indugio.

L’affermazione dei diritti di cittadinanza rappresenta il
consolidamento del grande spazio europeo di libertà, sicurezza e
giustizia.

Le guerre, gli attentati, le persecuzioni politiche, etniche e
religiose, la miseria e le carestie generano ingenti masse di
profughi.

Milioni di individui e famiglie in fuga dalle proprie case che cercano
salvezza e futuro proprio nell’Europa del diritto e della democrazia.

E’ questa un’emergenza umanitaria, grave e dolorosa, che deve vedere
l’Unione Europea più attenta, impegnata e solidale.

L’Italia ha fatto e sta facendo bene la sua parte e siamo grati a
tutti i nostri operatori, ai vari livelli, per l’impegno generoso con
cui fronteggiano questo drammatico esodo.

A livello internazionale la meritoria e indispensabile azione di
mantenimento della pace, che vede impegnati i nostri militari in tante
missioni, ¬ deve essere consolidata con un’azione di ricostruzione
politica, economica, sociale e culturale, senza la quale ogni sforzo è
destinato a vanificarsi.
Alle Forze Armate, sempre più strumento di pace ed elemento essenziale
della nostra politica estera e di sicurezza, rivolgo un sincero
ringraziamento, ricordando quanti hanno perduto la loro vita
nell’assolvimento del proprio dovere.

Occorre continuare a dispiegare il massimo impegno affinché la
delicata vicenda dei due nostri fucilieri di Marina, Massimiliano
Latorre e Salvatore Girone, trovi al più presto una conclusione
positiva, con il loro definitivo ritorno in Patria.

Desidero rivolgere un pensiero ai civili impegnati, in zone spesso
rischiose, nella preziosa opera di cooperazione e di aiuto allo
sviluppo.

Di tre italiani, padre Paolo Dall’Oglio, Giovanni Lo Porto e Ignazio
Scaravilli non si hanno notizie in terre difficili e martoriate. A
loro e ai loro familiari va la solidarietà e la vicinanza di tutto il
popolo italiano, insieme all’augurio di fare presto ritorno nelle loro
case.

Onorevoli Parlamentari, Signori Delegati,

Per la nostra gente, il volto della Repubblica è quello che si
presenta nella vita di tutti i giorni: l’ ospedale, il municipio, la
scuola, il tribunale, il museo.

Mi auguro che negli uffici pubblici e nelle istituzioni possano
riflettersi, con fiducia, i volti degli italiani:

il volto spensierato dei bambini, quello curioso dei ragazzi.

i volti preoccupati degli anziani soli e in difficoltà il volto di chi
soffre, dei malati, e delle loro famiglie, che portano sulle spalle
carichi pesanti.

Il volto dei giovani che cercano lavoro e quello di chi il lavoro lo
ha perduto.

Il volto di chi ha dovuto chiudere l’impresa a causa della congiuntura
economica e quello di chi continua a investire nonostante la crisi.

Il volto di chi dona con generosità il proprio tempo agli altri.

Il volto di chi non si arrende alla sopraffazione, di chi lotta contro
le ingiustizie e quello di chi cerca una via di riscatto.

Storie di donne e di uomini, di piccoli e di anziani, con differenti
convinzioni politiche, culturali e religiose.
Questi volti e queste storie raccontano di un popolo che vogliamo
sempre più libero, sicuro e solidale. Un popolo che si senta davvero
comunità e che cammini con una nuova speranza verso un futuro di
serenità e di pace.

Viva la Repubblica, viva l’Italia!

Mattarella presidente, Claudio
Martelli: “Merita rispetto, ma no
santificazione”
Onorevole Claudio Martelli, posso leggerle cosa disse di lei Sergio
Mattarella?
Faccia pure.

Ecco: “…non mi interessa polemizzare con Martelli, è troppo miserabile
il livello in cui si colloca…”.
Che hanno era?

Il 1992.
Allora, la prego, contestualizziamo.

Lo facciamo. 1992, la Prima Repubblica sta morendo ma non lo sa, in
Sicilia si affaccia la primavera e la mafia uccide. Il 12 marzo viene
ammazzato il proconsole andreottiano Salvo Lima, Claudio Martelli è
ministro della Giustizia nel governo Andreotti. La Democrazia
Cristiana sotto accusa si aggrappa al nome di Piersanti Mattarella, il
presidente della Regione ucciso dodici anni prima dai corleonesi, per
rivendicare una sorta di verginità antimafiosa. “Mattarella come Pio
La Torre”, dicono in coro. Martelli interviene con parole laceranti:
“Mattarella non è tra i morti che hanno combattuto la mafia a viso
aperto e non può essere paragonato a chi è caduto mentre era in guerra
con le cosche”. Un comportamento “intollerabile, chi lo manifesta non
è degno di ricoprire l’ufficio di ministro della Giustizia”, fu la
replica della vedova Mattarella.

Onorevole Martelli, abbiamo contestualizzato, ora a lei la parola.
La ricordo bene quella polemica, intervenni dopo a pochi giorni
dall’omicidio Lima, perché nella Dc si stava facendo spazio questa
sorta di accostamento poco giudizioso tra la morte di Salvo Lima e le
altre vittime della mafia.

Ma lei parlò di Piersanti Mattarella…
Certo, ma non vi fu nessuna aggressione né alla sua memoria, né alla
famiglia. Mi concentrai su una distinzione netta tra Piersanti
Mattarella e La Torre. Il primo aveva combattuto la mafia contrastando
il sistema di potere all’interno del suo partito, Lima, Gioia,
Ciancimino, e per questo forse fu ucciso. La Torre, no, la sua fu una
battaglia dura, netta, contro Cosa nostra e i suoi legami politici.

Lei tirò in ballo la figura di Mattarella padre, Bernardo, definendolo
“il leader politico che traghettò la mafia siciliana dal separatismo,
alla Dc”, e Sergio Mattarella bollò il suo livello come “miserabile”.
Non mi sono mai inventato accuse nei confronti di Bernardo Mattarella.
Le cose che dissi all’epoca le presi dalla relazione di minoranza
presentata dal Pci in Antimafia e firmata da Pio La Torre.

Era il 1976…
Ricordo bene… aspetti che ho qui la relazione, pagina 575, La Torre
analizza il passaggio di campo della mafia dal 1948 al 1955, proprio
gli anni in cui cresce il potere di Mattarella padre. “La Regione
siciliana fu impiantata da uno schieramento politico che era
l’espressione organica del blocco agrario e del sistema di potere
mafioso”. Nella pagina precedente La Torre spiega “verso quali forze
politiche si orientarono le cosche mafiose” dopo il tramonto del
separatismo. Una parte, fu la risposta, “si orientò verso la Dc…
uomini come Aldisio, Milazzo, Alessi, Scelba, Mattarella… era la
doppia anima della politica che la Dc seguirà negli anni successivi:
da un lato, un programma di riforme e di sviluppo democratico e
dall’altro un compromesso con i ceti parassitari isolani”. All’epoca
della polemica o Sergio Mattarella non aveva capito o faceva finta di
non capire.

Mattarella padre artefice, insieme agli altri, del passaggio di pezzi
del potere mafioso dentro il grande alveo della Dc. Una grande
operazione politica, paragonabile a quella che nel 1987 fecero i
socialisti, con lei tra i leader più influenti. Ricorda il boom
elettorale in Sicilia?
Fummo messi in croce per quei voti proprio dagli esponenti del sistema
di potere siciliano.

Aspetti, onorevole, in quell’anno il Psi aumenta del 6-7% a Palermo, a
Ciaculli e Croceverde, borgate mafiose, il suo partito esplode, nel
regno del boss Michele Greco, il Papa, dal 5% passate al 23 e la Dc
perde il 20%.
Ma è assurdo, in quell’anno il Psi ebbe ottimi risultati a Napoli, a
Bari, in tutto il Sud. A Bologna aumentammo del 6%…

Fu anche l’effetto del referendum sulla responsabilità civile dei
giudici. Certi ambienti apprezzarono.
Forse qualcuno, anche nel mio partito, cavalcò l’equivoco. Io no. La
prima persona che volli incontrare a Palermo fu Giovanni Falcone,
ricordo che Marco Pannella mi invitò a fare degli incontri
all’Ucciardone, io rifiutai perché non volevo equivoci sulla mia
strada.

Come giudica Sergio Mattarella oggi?
È un uomo che merita rispetto. Quella foto del 6 gennaio 1980 è
l’immagine di un dolore indicibile, instancabile, che non passa mai. È
una sorta di battesimo, una vocazione originaria. Ma la santificazione
no, non mi piace. Aspettiamo. Sergio Mattarella è stato un uomo di
partito, di corrente, di polemiche aspre. È stato l’uomo che
all’indomani del ribaltone che defenestra Romano Prodi diventa il
vicepresidente del Consiglio con D’Alema. E anche quelle dimissioni
dal governo sulla legge Mammì, aspetterei a leggerle come una scelta
ideale, diciamo che furono ordini di corrente ai quali Mattarella e
altri ministri ubbidirono.

Lei è stato al governo con Mattarella un anno, che rapporti avevate?
Mai una polemica, ma neppure amicizia. Eppure ero il ministro della
Giustizia, lui era siciliano, forse qualche scambio avremmo potuto
averlo. Pazienza.

E oggi, che succederà con Mattarella presidente della Repubblica?
Leggo tante cose, c’è chi lo vuole capace di resistere a Renzi, chi
invece lo vede legatissimo al premier. Renzi è stato abile, si è
coperto a sinistra con Vendola e ha costruito una maggioranza
preventiva sul nome di Mattarella stringendo Alfano in un angolo. C’è
una forte tendenza al partito unico, un grande partito di centro che
assorbe la sinistra, ne contiene un’ala. Così si chiude la strada ad
ogni alternativa e si costringe la destra ad estremizzarsi.

* da Il Fatto Quotidiano del 2 febbraio 2015

Il marò Latorre : «Grazie al
presidente della repubblica
Mattarella»
Con un post    appena pubblicato su Facebook il marò Massimiliano
Latorre ha ringraziato il presidente della repubblica Sergio
Mattarella, per averlo citato nel suo discorso di insediamento alla
Presidenza della Repubblica.

Questo il testo del post rivolto ai suoi amici: «Cari amici, voglio
oggi, come sempre ringraziarVi per il costante calore di cui mi
circondate.Ancora oggi mi sostiene ogni giorno sempre di più.
Perdonate se non riesco a rispondere a tutti, ma spesso il tempo è
tiranno anche in questo. Non passa giorno in cui non riceva
manifestazioni di affetto da gente comune come noi che mi incontra per
strada. e questo esser ricordati è un motivo in più per continuare ad
affrontare questa difficile situazione a cui si aggiungono anche le
problematiche sanitarie, ma sono consapevole di dover far fronte anche
a questo e chissà per quanto altro ancora”.

Latorre conclude “Permettetemi di ringraziare il Neo eletto Signor
Presidente delle Repubblica che oggi ci ha citato nel suo discorso di
insediamento auspicando di poter aver l’ Onore ed il piacere di
potergli stingere la mano. Grazie a tutti ma ancor di più grazie al
vostro cuore“

E’ Sergio Mattarella il nuovo
Presidente della Repubblica
di Marco Ginanneschi

Standing ovation a ripetizione e tanti applausi dopo la quarta
votazione a Camere congiunte per Sergio Mattarella , che ha supera il
quorum, ricevendo 665 voti e diventa il dodicesimo presidente della
Repubblica italiana. “Il pensiero va soprattutto e anzitutto alle
difficoltà e alle speranze dei nostri concittadini. E’ sufficiente
questo“, le sue prime parole da capo dello Stato (video). Ieri Matteo
Renzi aveva auspicato “la più ampia convergenza” sul nome del giudice
costituzionale ed ex ministro della Difesa e oggi su Twitter gli ha
subito augurato “buon lavoro“.

Il neo presidente, si è limitato ad una breve dichiarazione dopo la
proclamazione dei risultati: “Il pensiero – ha detto Mattarella – va
soprattutto e anzitutto alle difficoltà e alle speranze dei nostri
concittadini. È sufficiente questo“. Poi nel pomeriggio, a sorpresa,
la significativa visita alle Fosse Ardeatine e il messaggio: “L’Europa
sia unita contro chi vuole trascinarci in una nuova stagione di
terrore“.

L’Italia ha quindi un nuovo capo dello Stato e presto
la barriera presidenziale tornerà a sventolare sul torrino del
Quirinale, assieme al tricolore e alla bandiera europea: il giuramento
nell’aula di Montecitorio è fissato per martedì alle 10.
Mattarella arriva sul Colle presidenziale portando con sè una lunga
esperienza istituzionale: è stato parlamentare, più volte ministro
della Repubblica ed anche giudice della Corte Costituzionale (per
nomina parlamentare avvenuta nel 2011) carica che ha ricoperto sino ad
oggi.

Immediato l’augurio di buon lavoro inviato via Twitter dal premier
Matteo Renzi, “regista” della strategia che ha portato al
Quirinale, Mattarella: “Buon lavoro, Presidente Mattarella! Viva
l’Italia“. Numerosi gli esponenti di governo che senza aspettare
l’esito definitivo dello spoglio hanno fatto altrettanto.

Il presidente del Senato, Pietro Grasso, ed attuale capo dello Stato
reggente dopo le dimissioni di Giorgio Napolitano, si è affidato al
social network Facebook: “Una grandissima gioia e il piccolo rammarico
di non aver potuto aggiungere il mio voto alle 665 schede sulle quali
è stato scritto il suo nome“.

Auguri e felicitazioni sono arrivate a Mattarella, da diversi leader
internazionali, da Barack Obama a François Hollande, ed anche da Papa
Francesco. “Mi è gradito rivolgerle – ha scritto il Papa a Mattarella
– deferenti espressioni augurali per la sua elezione alla suprema
magistratura dello Stato italiano e, mentre auspico che ella possa
esercitare il suo alto compito specialmente al servizio dell’unità e
della concordia del Paese, invoco sulla sua persona la costante
assistenza divina per una illuminata azione di promozione del bene
comune nel solco degli autentici valori umani e spirituali del popolo
italiano. Con questi voti – ha concluse Papa Francesco rivolgendosi al
neo Presidente – invio a lei e all’intera Nazione la benedizione
apostolica”.

Qualche minuto prima del Papa, appena il nome di Mattarella ha
superato il quorum dei 505 voti necessari per l’elezione, è arrivato
dalla presidenza della Conferenza episcopale italiana il messaggio di
auguri per il neo presidente della Repubblica. “L’elezione del Capo
dello Stato – scrive la Cei – rappresenta uno dei momenti più
importanti della vita democratica, perché garantisce un riferimento di
unità per il popolo e per la Nazione. Nel salutare rispettosamente e
con viva soddisfazione l’elezione di Sergio Mattarella, nel quale il
parlamento ha riscontrato le necessarie caratteristiche di ‘dignità
riconosciuta e operosità provata’, – proseguono i vescovi italiani –
esprimiamo l’augurio che il suo alto servizio aiuti efficacemente il
Paese a ritrovare la via di uno sviluppo integrale, assicurando per
questo la preghiera della Chiesa che è in Italia”.

“Possa il nuovo presidente della Repubblica italiana – è stato
l’auspicio dei presuli della Penisola – sostenere la fiducia e le
attese di quanti ogni giorno si impegnano per una società più giusta e
più umana. Confermiamo – conclude il suo messaggio la Cei – la più
leale collaborazione per la promozione dell’uomo e per il bene del
Paese”.

Il premier Renzi è tornato successivamente a commentare in serata
l’elezione di Mattarella , intervistato dal Tg1: “Non abbiamo eletto
un nostro supporter, un nostro tifoso. Abbiamo eletto l’arbitro per
questa grande storia che è la storia italiana“. Martedì alle 10 il
giuramento nell’aula di Montecitorio.

Tamburrano: “Bonelli sia coerente e
ritorni a Roma”
L’esponente dei Verdi Angelo Bonelli, il quale dopo essere stato
“bocciato” dagli elettori romani e tarantini alle ultime elezioni in
Parlamento, e da quelli laziali per il Consiglio Regionale del Lazio,
si è ormai concentrato politicamente su Taranto, cercando attenzione e
presenzialismo su ogni e qualsiasi problematica ed argomento che gli
dia visibilità.

 Questa volta Bonelli riferendosi alla recente ordinanza di
abbattimento entro il 5 febbraio di altri 64 bovini dell’allevamento
di Giuseppe Chiarelli in contrada Orofino ( Massafra) , a pochi
chilometri di distanza dallo stabilimento siderurgico dell’ ILVA, ha
chiesto al Governo di “dichiarare lo stato di emergenza” per la città,
affermando che “Chi ha parlato di aria pulita a Taranto si dovrebbe
vergognare e l’attuale presidente della Provincia di Taranto Martino
Tamburrano dovrebbe dimettersi e chiedere scusa considerato che da
sindaco di Massafra nell’aprile del 2004, quando l’Istituto
zooprofilattico aveva reso noti i dati fuori legge sulla diossina nei
bovini, aveva parlato di “allarmismo””.

Opinione di Bonelli è che Tamburrano, presidente della Provincia
nonché sindaco di Massafra, nel cui territorio sono allevati i 64
bovini che dovranno essere abbattuti, ha sempre sminuito il problema,
  affermando inoltre che “qualcuno fa una politica che inquina di più
di qualche camino industriale, con questi amministratori Taranto non
ha futuro”.

Molto eloquente la replica di Tamburrano : “Credo che la credibilità
di Bonelli nella Provincia di Taranto sia al di sotto dello zero in
termini di impegno politico. Suppongo che non sappia di cosa si parli
dal momento che l’abbattimento dei bovini tempo fa lo scongiurammo noi
come amministrazione comunale di Massafra, pagando personalmente il
foraggio a quegli animali nel frattempo che la Regione Puglia
decidesse il da farsi. La stessa Regione della quale Bonelli vorrebbe
far parte   tra qualche mese. Credo quindi che la coerenza per il
consigliere sia un optional. E tutti ormai l’hanno capito. Ritornasse
a Roma – ha concluso Tamburrano – che forse ci arricchirebbe”

Lospinuso: “Lo Stato non può far
fallire le imprese. Si paghino
subito i debiti alle imprese
dell’indotto ILVA”
 “Confindustria Taranto lancia un grido di allarme: il decreto per
Taranto, anziché salvarla, rischia di affossare la città con una crisi
occupazionale senza precedenti. Eppure, Forza Italia ha presentato
emendamenti risolutori, proposti anche dal Senatore Amoruso, che
rappresentano la strada maestra per garantire i crediti vantati dalle
aziende dell’indotto, evitandone il fallimento”. ha dichiarato Pietro
Lospinuso consigliere regionale di Forza Italia .

“Oltre ai 3000 dipendenti delle aziende dell’indotto che rischiano il
posto di lavoro –aggiunge Lospinuso – anche l’ILVA potrebbe mettere in
cassa integrazione 5000 dipendenti. Ciò vuol dire che l’intera città
di Taranto rischia il fallimento. Pensare che le aziende abbiano
fornito materiali e prestazioni per l’ILVA in questi mesi, contando
sull’affidabilità dello Stato che l’amministrava tramite i suoi
commissari; e che oggi queste realtà economiche siano sul filo del
rasoio, è veramente il colmo. Non può essere lo Stato a far fallire le
imprese ed anzi, deve pagare i debiti pregressi del siderurgico: il
senatore Amoruso propone una soluzione che ritengo condivisibile e
concreta per la salvaguardia del sistema-impresa di Taranto”

“Come proposto negli emendamenti presentati– conclude Lospinuso – il
Governo potrebbe garantire i debiti al 100% presso le banche con la
Cassa Depositi e Prestiti, e così gli istituti di credito
presterebbero le somme necessarie. Agli imprenditori non resterebbe
che pagare gli interessi alle banche per i prestiti ricevuti e per lo
Stato sarebbe una manovra quasi a costo zero. In alternativa, potrebbe
essere la stessa Cassa depositi a finanziare le imprese dell’indotto
in forza dei crediti da riscuotere dall’ ILVA. Il governo, inoltre,
potrebbe prevedere, nel decreto in questione, la sospensione dei
debiti delle imprese interessate verso Equitalia, come prima misura di
sostegno per le realtà economiche che non vengono pagate ormai da
mesi. Come pure si potrebbe immaginare un sistema di compensazione
fiscale per le imprese interessate. Siamo aperti ad ogni altra
alternativa purchè non sia una chiacchiera per perdere altro tempo.
Taranto è una questione nazionale e adesso non c’è più tempo per
scherzare”.

La Sen. Finocchiaro al Quirinale?
Meglio a “Chi l’ha visto?” !!!
L’aula di Palazzo Madama , al Senato della Repubblica ha approvato i
due emendamenti a prima firma della senatrice Pd Anna Finocchiaro e
dei capigruppo della maggioranza. Si tratta del cuore stesso della
nuova legge elettorale che tornerà poi in terza lettura alla Camera,
ossia le modifiche che recepiscono i punti del “Patto del Nazareno”
(tra cui premio di maggioranza, con l’attribuzione di 340 seggi alla
Camera, alla lista che vince e non alla coalizione e soglia di
sbarramento in ingresso al 3% per i partiti). Il via libera è al primo
dei due emendamenti è arrivato con 177 sì, 64 no e 2 astenuti.

L'”Italicum” è ormai ad un passo dal varo finale al Senato, previsto
per martedì 27 alle 17 dopo un imprevisto che ha ritardato l’inizio
dei lavori dell’aula, per un paio d’ore, a causa della chiusura
dell’aeroporto milanese di Linate, che ha impedito la partenza dei
senatori che arrivavano a Roma da Milano.
Qualcuno a Taranto dirà giustamente : ma che ce ne frega a noi dell’
“Italicum“, quando la città è sull’orlo del crack economico-
imprenditoriale-occupazionale ? E come non dare loro ragione ???
Sarebbero in molti a voler chiedere alla senatrice Finocchiaro, se la
gentile signora si ricorda qualche volta che è stata eletta al Senato
a Taranto nelle liste del Partito Democratico. La senatrice siciliana
dopo aver “scippato” il suo seggio senatoriale, e fatto delle fugaci
apparizioni in campagna elettorali è letteralmente scomparsa,
incassando il suo bello stipendio da senatore della repubblica. E
qualcuno si meravigliava e lamentava dell’uso vergognoso della sua
scorta all’ IKEA….

Per non parlare poi della sua famiglia. Melchiorre Fidelbo, di
professione ginecologo, marito della senatrice del Pd Anna
Finocchiaro, imputato dal 2012 davanti la terza sezione penale di
Catania. Il consorte della Finocchiaro è accusato di truffa e abuso
d’ufficio insieme a tre ex manager dell’Asp di Catania, tutti
fedelissimi dell’ex governatore Raffaele Lombardo, che nel 2008 aveva
sconfitto proprio la senatrice del Pd alle elezioni regionali: sono
Giuseppe Calaciura, Giovanni Puglisi e Antonio Scavone, eletto a sua
volta senatore dal Movimento per l’Autonomia alle ultime politiche.
Una situazione che potrebbero sollevare una vera e propria questione
di opportunità, considerato che in caso di elezione al Colle la
Finocchiaro si troverebbe automaticamente anche a capo del CSM
il Consiglio superiore della magistratura, l’organo di autogoverno dei
giudici.

E’ questo il nuovo partito democratico “pensato” da Matteo Renzi ?

Il Sindaco di Taranto “sposa” la
protesta degli autotrasportatori
dell’ ILVA
Il Sindaco di Taranto, Ippazio Stefàno, è stato destinatario di
sollecitazioni da parte degli autotrasportatori operanti all’interno
dell’ ILVA che hanno rilanciato la loro vertenza. “L’apprensione–
commenta il primo cittadino tarantino- cresce per gli effetti
sull’economia del territorio, sulle imprese coinvolte e sui loro
lavoratori. Le imprese sono allo stremo, e la prospettiva della
perdita dei livelli occupazionali sta comprensibilmente allarmando i
lavoratori che in queste ore, comprensibilmente, stanno manifestando
la loro protesta. Finché non si fa chiarezza sulla sorte dei crediti
sin qui maturati dalle imprese e si dettano le misure atte a garantire
la continuità del sistema delle imprese locali, in questa città
aleggerà insistente il pericolo di una deriva sociale che può assumere
toni drammatici. Le istituzioni locali e la comunità guardano con
seria attenzione le azioni e le misure di rivendicazione che gli
autotrasportatori stanno portando avanti con correttezza di
comportamento da ben oltre venti giorni con presidi h 24, a tutela del
patrimonio sociale ed economico della città. Per loro chiediamo che
siano accesi ancora di più i riflettori dei mezzi di informazione,
soprattutto nazionali, per portare alla ribalta la gravità della loro
attuale condizione che rischia di precipitare in una crisi senza via
d’uscita e con azioni di portata eclatante” .

Gasparri chiede 250 milioni di euro
per i fornitori dell’ indotto ILVA
di Taranto
Secondo il senatore Maurizio Gasparri “Il decreto salva Taranto non
può essere finanziato con i fondi delle imprese dell’indottoILVA. Per
aiutare concretamente la città è infatti necessario far sapere alle
tante imprese che hanno continuato a lavorare e maturare crediti con
l’ ILVA quando potranno essere pagati, scongiurando una sempre più
imminente crisi di liquidità“.

“Il fallimento di queste imprese – prosegue Gasparri– , che hanno
maturato crediti anche con la gestione commissariale e che si sono
esposte con i loro fornitori, metterebbe a repentaglio l’intera
economia tarantina, con il licenziamento di oltre 3000 dipendenti.
Insieme alla senatrice Pelino stiamo vigilando in commissione per
scongiurare questa ipotesi. Abbiamo incontrato nei giorni scorsi il
presidente di Confindustria Taranto, Cesareo, e nel fine settimana ho
ribadito al consigliere regionale Lospinuso e ad altri imprenditori
locali la nostra attenzione e determinata iniziativa sul tema.
Sollecitiamo dunque il Governo ad intervenire con urgenza per far
fronte ai 250 milioni di euro che le imprese stanno aspettando e che
devono essere inseriti nel decreto per evitare di dare alla città
pugliese l’ennesimo duro colpo”.
Resta da capire perchè lo Stato, i contribuenti, debbano far fronte ai
debiti di un’azienda, che pur se commissariata, è ad oggi un’azienda
di natura e diritto privato.

ILVA. Dopo la Confindustria
scendono in piazza i sindacati. Ma
il risultato (purtroppo) non cambia
!
Nuove manifestazioni di protesta ed assemblee in fabbrica organizzate
dei lavoratori dell’indotto ILVA di Taranto. Continua la
mobilitazione, e va segnalato che     se il numero dei partecipanti
rispetto al giorno prima è diminuito . Qualche decina di lavoratori ha
effettuato prima un sit in di fronte alla portineria d’ingresso delle
 imprese ed alla direzione dello stabilimento siderurgico dell’ILVA e
successivamente si sono radunati in corteo per raggiungere a piedi la
città di Taranto.

I lavoratori dopo aver attraversato la statale Appia (meglio noto come
la Taranto-Bari) e l’adiacente sfortunato quartiere dei Tamburi si
sono diretti nella città vecchia, dove hanno organizzato un presidio
davanti al Palazzo del Comune di Taranto.

Una delegazione pacifica di operai e sindacalisti ha occupato
simbolicamente l’aula consiliare del Comune. Nel frattempo il sindaco
Ippazio Stefano, che sta cavalcando la protesta (quasi come se lui non
abbia alcuna responsabilità…) , dopo aver spedito la solite inutile
letterina a Palazzo Chigi, ha cercato di entrare in contatto
telefonico con Graziano Delrio il sottosegretario alla Presidenza del
Consiglio per esporre ancora una volta la sofferenza degli operai e
delle imprese che rischiano di perdere i crediti sinora maturati e
vantati con l’ ILVA, che sarebbero riferiti alle fatture emesse negli
ultimi 6 mesi .

L’obiettivo dei sindacati metalmeccanici è quello di accendere i
riflettori sulla vertenza delle aziende dell’ indotto (dopo l’inutile
missione romana della Confindustria Taranto a Roma ) che teme di veder
svanire i crediti maturati nei confronti dell’ ILVA a seguito della
procedura di amministrazione straordinaria.

I lavoratori alle dipendenze delle 250 aziende dell’ indotto,
coinvolti nella situazione sono circa 3mila, non hanno fiducia nelle
rassicurazioni sinora ricevute dal governo Renzi.

Il prefetto di Taranto, Umberto Guidato ha promesso     che si farà
portavoce presso il governo delle istanze dei lavoratori, mentre il
sindaco di Taranto, Ippazio Stefano ha inviato (ancora una volta !)
una lettera al premier Renzi per dare delle garanzie per un settore
ormai al limite del crack economico-finanziario, sostenendo che in
città potrebbe “esplodere la rabbia sociale”.

I rappresentanti dei sindacati intendono coinvolgere anche il
presidente della Provincia Martino Tamburrano. Che cosa potrebbe fare
anch’egli più di quello che è stato sinora fatto, è curioso saperlo.

Approvato ordine del giorno sull’
Ilva dal Consiglio Regionale
È stato approvato dal Consiglio regionale all’unanimità un ordine del
giorno, presentato come primi firmatari dai consiglieri regionali
Pietro Lospinuso (Forza Italia) e Michele Mazzarano (Partito
Ddemocratico) ) e sottoscritto dai Consiglieri      Antonio Martucci
(MEP), Giuseppe Cristella (FI) Francesco Laddomada (La Puglia per
Vendola) , con cui si pone e richiede la massima attenzione sulla
situazione delle aziende fornitrici dello stabilimento siderurgico
ILVA di Taranto.

Nell’ordine del giorno presentato in consiglio regionale si precisa
che l’ ILVA ha attualmente un esposizione debitoria con le imprese
dell’indotto per circa 250 milioni di euro, e che i tempi di avvio
all’amministrazione straordinaria prevista dal decreto “salva Ilva”
del Governo Renzi, sono imminenti e fra gli imprenditori aleggia “il
reale timore che vengano azzerati i crediti vantati nei confronti del
gruppo siderurgico della gran parte di quest’enorme platea di aziende,
grandi e piccole, impegnate da diversi anni al servizio della grande
fabbrica“.

Aziende queste , come ha più volte ricordato (senza alcun ascolto o
riscontro) Enzo Cesareo il presidente della Confindustria Taranto ,
che rischiano di fallire, sommerse da un’esposizione debitoria che non
ha precedenti, e che affrontano una crisi che potrebbe portare il
sistema produttivo industriale ad un vero e proprio collasso
imprenditoriale e finanziario senza precedenti.          Sarebbe una
bancarotta dell’economia tarantina.
Per queste ragioni, il Consiglio ha impegna “il Presidente della
Giunta regionale ad assumere le più opportune iniziative nei confronti
del Governo Nazionale affinché reperisca i fondi necessari per
assicurare la copertura finanziaria dei 250 milioni di euro vantati
dalle imprese che operano nell’indotto dell’ILVA e inserisca tali
garanzie nel decreto in questione onde evitare il fallimento delle
stesse ed il licenziamento oltre 3000 dipendenti”.

Ed ora Vendola dovrà dimostrare il suo peso. Di parole ne ha dette
anche troppe.

Taranto, città abbandonata a se
stessa
Ecco l’intervento del nostro direttore Antonello de Gennaro,
intervistato a Radio Kiss Kiss. Si parla dei problemi della città,
dell’ Ilva, dell’ambiente, dell’ occupazione, di turismo, del futuro
della città

http://www.ilcorrieredelgiorno.net/wp-content/uploads/2015/01/REC-X-DI
RETTORE-IL-CORRIERE-DEL-GIORNO.mp3

Ilva, Amoruso “Lo Stato garantisca
debiti imprese con le banche.
Questa la strada maestra”
“250 imprese dell’indotto coinvolte, 3.500 lavoratori a rischio, 250
milioni di debiti. Se il governo nazionale non dovesse mettere in
campo misure concrete per tutelare gli interessi delle imprese
creditrici dell’ILVA, nel decreto ‘Salva Taranto’, sarebbe l’intera
città di Taranto a rischiare il completo default e, per questo,
abbiamo immaginato una strada possibile per risolvere la gravissima
situazione”. Lo dichiara il coordinatore regionale di Forza Italia, il
senatore Francesco Amoruso. “E’ evidente -aggiunge- che lo Stato non
abbia le risorse liquide necessarie per onorare in tempi certi i
debiti contratti dall’ ILVA, sebbene dichiarati strategici e, dunque,
esigibili. Perciò, il governo potrebbe garantire i debiti al 100%
presso le banche con la Cassa Depositi e Prestiti, e così gli istituti
di credito presterebbero le somme necessarie. Agli imprenditori non
resterebbe che pagare gli interessi alle banche per i prestiti
ricevuti e per lo Stato sarebbe una manovra quasi a costo zero. In
alternativa, potrebbe essere la stessa Cassa depositi a finanziare le
imprese dell’indotto in forza dei crediti da riscuotere dall’ILVA.
Il governo, inoltre, potrebbe prevedere, nel decreto in questione, la
sospensione dei debiti delle imprese interessate verso Equitalia, come
prima misura di sostegno per le realtà economiche che non vengono
pagate ormai da mesi. Ritengo che questa sia la strada maestra e
presenterò nell’immediato un emendamento per impegnare il governo
Renzi nella direzione fin qui prospettata – conclude Amoruso – e
consentire, così, all’economia tarantina di rialzarsi dopo un momento
di crisi profondissima”.

Lospinuso: “Sull’ ILVA si rischia
tutto, non si finanzi il decreto
con i soldi delle imprese
tarantine”
 “Taranto rischia un tracollo senza precedenti ed il decreto Salva
Taranto potrebbe tradursi in una mannaia per le imprese dell’indotto
Ilva”. Lo dichiara Pietro Lospinuso consigliere regionale di Forza
Italia . “Le imprese –aggiunge il consigliere regionale – hanno
continuato ad operare e maturare il credito verso l’Ilva quando la
gestione era commissariale di nomina statale (da Bondi a Gnudi). Si
sta mettendo a repentaglio l’intera economia locale: ben venga il
riconoscimento della strategicità dei crediti delle imprese
dell’indotto tarantino, come annunciato dal ministro durante
l’incontro di ieri; ma se non si dice quando possono essere pagati, le
imprese vanno incontro ad una crisi di liquidità che le costringerebbe
al fallimento. Ciò perché le imprese sono esposte con i loro fornitori
e devono comunque pagare a fine mese i dipendenti”

“Si ha l’impressione – continua Lospinuso – che il governo pensi di
finanziare il decreto Salva Taranto con i soldi delle imprese e non
possiamo permetterlo. Per questo, il governo nazionale deve assicurare
la copertura finanziaria dei 250 milioni di euro vantati dalle imprese
in sede di conversione del decreto, che non troverebbero certezze
nella ‘newco’, onde evitare il fallimento delle stesse ed il
licenziamento di oltre 3000 dipendenti. In questo senso chiederò ai
colleghi consiglieri di sottoscrivere un ordine del giorno con il
quale si impegna la Giunta regionale ad intervenire presso il governo
Renzi affinchè si passi dalle parole ai fatti e si prevedano misure
concrete e specifiche nello stesso decreto, stanziando 250 milioni di
euro. Taranto non potrebbe sopportare un ulteriore colpo di grazia
perché stavolta – conclude Lospinuso – sarebbe fatale”.

Provincia di Taranto: le inutili
polemiche sulla nomina di Dilonardo
a dirigente del settore Ambiente
Dopo la nomina effettuata dall’attuale presidente della Provincia di
Taranto, Martino Tamburrano , che è anche sindaco di Massafra,
dell’ingegner Martino Dilonardo a nuovo dirigente del Settore
Ambiente, si sono scatenate le solite proteste “pompate” ad arte dagli
esclusi o da chi avrebbe voluto nominare invece qualche “amico”

Dilonardo, 62 anni, è peraltro già dirigente di I fascia della
Provincia di Taranto, ed era a capo del settore Manutenzione immobili
ed impianti. quindi sicuramente non è nè uno sprovveduto, nè è stato
catapultato-assunto dall’ esterno, e peraltro la sua nomina peraltro è
a tempo determinato, ricevendo dal presidente la delega che sino a
pochi giorni prima in assenza di un dirigente di ruolo       era stata
affidata pro-tempore all’architetto Roberto Di Giacinto in quanto
l’l’ultimo dirigente di ruolo, cioè l’ingegner Ignazio Morrone,
era andato in pensione da qualche anno. Non venendo mai sostituito con
un bando. Ma nessuno disse nulla…

Alla Provincia di Taranto attualmente manca peraltro la copertura
economica finanziaria per fare un bando per individuare ed assumere un
nuovo    dirigente     a   tempo   indeterminato      e    quindi   il
presidente Tamburrano è stato di fatto pressochè costretto a
reperire all’interno dell’ Amministrazione Provinciale una risorsa
interna fra gli attuali sette dirigenti di ruolo presenti.

Negli ultimi anni, la dirigenza del settore Ambiente della Provincia
di Taranto è sempre stato una poltrona “bollente”. Un ex commissario
della Provincia Mario Tafaro aveva dichiarato attraverso un’intervista
al Quotidiano di aver ricevuto pressioni per la nomina relativa
proprio alla dirigenza del settore Ambiente. Resta da chiedersi: ma
Tafaro ha mai denunciato alla Procura della Repubblica le pressioni
ricevute, fatto i nomi di chi faceva le pressioni, ed in favore di chi
erano ? Non ci risulta, così come non ci risulta che il giornalista dl
Quotidiano glieli abbia chiesti.Chissà perchè…

Nell’articolo del quotidiano salentino, ci si dimentica di raccontare
che colui il quale si autodefiniva come il grande accusatore di
“Ambiente Svenduto“, cioè Luigi Romandini, è stato successivamente
condannato ed interdetto dai pubblici uffici, ed attualmente sospeso
anche dallo stipendio, dalla Provincia di Taranto

Il quotidiano salentino, di proprietà del noto imprenditore Francesco
Caltagirone (proprietario della Vianini, della Cementir, ecc. nonchè
dei quotidiani IL MESSAGGERO (Lazio, Umbria e Molise), IL MATTINO
(Campania), IL GAZZETTINO (Veneto), CORRIERE ADRIATICO (Marche) e
NUOVO QUOTIDIANO DI PUGLIA (Brindisi, Taranto, Lecce) prima di ergersi
a “paladino” del conflitto di interessi e di fare supposizioni
collegate alla parentela del Dilonardo con il figlio che è socio
di Antonio Albanese, (che non è un reato !) farebbe bene a verificare
le condizioni ambientali ed occupazionali della Cementir di Taranto, o
magari spulciare le “collezioni” del quotidiano romano IL MESSAGGERO e
leggere quante ingerenze vengono fatte da Caltagirone per le nomine
nelle società pubbliche della Capitale, o in quelle di cui è persino
importante socio di minoranza, come ad esempio l’ ACEA di Roma (leggi
QUI) . Anche perchè di appalti Caltagirone ne prende molti anche da
queste parti in Puglia…..

 Ricordare che Antonio Albanese, l’imprenditore massafrese ( socio
del Gruppo Marcegaglia) “ha chiesto alla Provincia il raddoppio della
seconda linea della centrale termoelettrica di Massafra mediante
incenerimento di combustibili da rifiuti e biomasse. Si tratta di un
investimento da 50 milioni di euro” significa alimentare volgari
sospetti. C’è una bella differenza fra “investire” (cioè tirare fuori
i soldi di tasca propria) e farsi foraggiare da appalti pubblici in
cui il Gruppo Caltagirone ha una discreta eperienza…

Restiamo in attesa di leggere sul Quotidiano una bella approfondita
inchiesta sulla Cementir di Taranto….
Puoi anche leggere