Documento Fp Cgil Spending Review

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Documento Fp Cgil Spending Review
                                 PREMESSA GENERALE

       Martedì 29 maggio il Governo ha chiuso la consultazione pubblica sulla
“spending review”: una attività che ha suscitato forti perplessità ed enormi critiche sia
per le sue “dubbie” caratteristiche democratiche (il richiamo ad una sorta di rapporto
diretto con la cittadinanza dal significato estemporaneo e dal sapore marcatamente
populista), sia per la sua altrettanto dubbia utilità (la maggior parte delle sollecitazioni,
stando alle anticipazioni, si è limitata ad una denucia corale “sui costi e gli sprechi della
politica”).

      Il Governo, in coerenza con il ricorso al confuso e contraddittorio strumento
“plebiscitario” e con l’ulteriore scelta di affidare a “tecnici” l’intera trattazione del tema
“spending review”, continua, anche attraverso estemporanee ed altrettanto confuse
dichiarazioni dei vari Ministri, in una operazione i cui obiettivi ed ambiti dichiarati
appaiono in netta contraddizione tra loro, spesso addirittura confliggenti.

      L’obiettivo enunciato dall’esecutivo, “evitare inefficienze, eliminare sprechi e
ottenere risorse da destinare allo sviluppo ed alla crescita” è quotidianamente messo in
discussione laddove alla spending review vengono accostati i termini “riduzione della
spesa pubblica” e quelli del “pareggio di Bilancio”.

       Sviluppo e crescita sono le richieste ormai assordanti che da tutto il Paese si
levano verso il Governo Monti, sviluppo e crescita quali effetti di una profonda
riorganizzazione degli apparati pubblici tesa ad ampiliare le fasce di inclusioni nel
sistema welfare sono le precise rivendicazioni della Funzione Pubblica Cgil e
dell’intera Confederazione.

       Ed è quindi, proprio nella premessa di una piattaforma articolata della Fp Cgil
sulla revisione della spesa, che va chiarito il nodo, per noi pregiudiziale a qualsivoglia
ragionamento condiviso sulle finalità della “spending review”, sul significato che il
Governo attribuisce alle parole sviluppo e crescita, ai suo spazi di intervento, agli
investimenti che ne rendono possibile la loro realizzazione.

      Per la Funzione Pubblica Cgil, che rivendica un ruolo attivo nei processi

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revisionali della spesa pubblica, sviluppo e crescita sono obiettivi generali ed estesi
all’interno dei quali, però, devono poter trovare collocazione e soddisfazione la crisi dei
sistemi di welfare (frutto di scellerate e ripetute politiche di tagli lineari), la crisi del
lavoro e dei diritti ad esso annessi, le condizioni materiali e di vita delle lavoratrici e dei
lavoratori pubblici e dei servizi da essi assicurati.

       Il balletto delle cifre, spesso incredibile, altrettanto spesso usato quale diversivo
rispetto all’immobilismo evidente della politica e dell’esecutivo sull’aggressione agli
sprechi più evidenti, appare avere quale tratto distintivo e progressivo la semplice
riduzione della spesa con finalità ripianatorie del debito o, nella migliore delle ipotesi,
quale strumento di totale compensazione delle storture dell’ultimo intervento sull’IVA
(che ne prevede un prossimo per il mese di settembre 2012).

       La Fp Cgil, al contrario, crede sia indispensabile che la doverosa attività di
revisione della spesa si orienti prioritariamente su almeno tre grandi direttrici di
marcia.

       La prima deve saper soddisfare, invertendo una rotta decennale, i crescenti
bisogni dei cittadini per una maggiore protezione sociale, per un rinnovato sistema di
servizi alla persona, per un nuovo avanzamento di un welfare inclusivo, solidale e
capace di accompagnare fuori la crisi quelle fasce sociali drammaticamente
abbandonate a se stesse per anni.

       La seconda deve poter ri‐orientare gli investimenti, a cominciare da quelli
strettamente legati al territorio, con l’obiettivo di far ripartire le economie cittadine in
una stretta sinergia con i sistemi delle autonomie locali, per i quali vanno ripensasti
completamente i vincoli di bilancio che un irragionevole patto di stabilità interna
impone in maniera acritica.

       La terza attiene alla necessità, ancora più cogente a fronte di una altrettanto
necessaria e profonda riorganizzazione della Pubblica Amministrzione, di reinvestire
sul lavoro pubblico, sul rinnovo dei contratti, sul sistema dei diritti (profondamente
leso da anni di politiche populiste ed aggressive), sulla formazione professionale, sui
processi di mobilità che deriveranno dalle riorganizzazioni, sui salari.

       E’ sulla base di questi presupposti che la Fp Cgil offre una sua prima proposta di
spending review per l’intera gamma di amministrazioni, aziende, enti che compongono
il variegato mondo della Pubblica Amministrazione: dal Servizio Sanitario Nazionale al
sistema delle Autonomie, dai Ministeri individuati in prima battuta dal Ministro
Giarda nalle società in house, il lavoro di revisione della spesa che proponiamo intende
realizzare processi di revisione organizzativa che sappiano incidere sui bilanci e sulle
capacità di erogazione di prestazioni ai cittadini.

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SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

La crisi economica, la spesa sanitaria, la revisione della spesa, i reinvestimenti nella
salute.

        I tagli al welfare – quale conseguenza della crisi economica e delle scelte politiche
assunte nei libri bianco e verde del Governo Berlusconi – rischiano di scardinare le
fondamenta del servizio pubblico costringendo i cittadini sempre più verso il privato,
aumentando così le diseguaglianze tra chi è in grado di pagare (sempre di meno) e chi no
(sempre di più).
        La cattiva politica degli aumenti dei ticket e i tagli lineari dei servizi e delle
prestazioni stanno allontanando i cittadini dalla struttura pubblica facendo emergere un
paradosso: vi sono ormai prestazioni meno care nel privato.
        L’analisi della riduzione dei posti letto negli ultimi dieci anni indica in modo chiaro
che vengono soppressi principalmente i posti pubblici e che, in circa la metà delle Regioni,
le strutture private ‐ accreditate e quindi pagate con soldi pubblici – li hanno, al contrario,
incredibilmente aumentati.
        Rischia così di prevalere un modello, del quale la regione Lombardia è
l’antesignana, che fa dell’inappropriatezza, ovvero del modello fondato non già sulla
programmazione sanitaria ma sulla generica domanda di salute, il suo volontario o
involontario asse di riferimento, con l’aggravio che spostare dal pubblico al privato il
sistema di erogazione delle prestazioni non produce affatto risparmi, riduzioni di spesa
pubblica.
        La giusta chiusura di diversi ospedali pubblici – piccoli e pericolosi sia per chi ci
lavora, sia per chi vi si reca per farsi curare patologie gravi e complesse – non è stata
accompagnata dal contemporaneo potenziamento di strutture territoriali, aperte 24 ore su
24, e da una indispensabile riorganizzazione e potenziamento delle cure primarie. E
neanche dal rafforzamento dei servizi – dsm, sert, cad, consultori, etc.‐ deputati alla
prevenzione e cura di segmenti di popolazione particolarmente fragile, più esposta ai
rischi di emarginazione.
        Sono state cancellate le risorse per un piano nazionale di aggiornamento strutturale
e tecnologico degli ospedali di medie e grandi dimensioni, costruiti secondo vecchi
modelli non più funzionali (basti pensare ai Policlinici a padiglioni).
        E’ questa una politica di tagli scellerata e non giustificata dalla spesa sanitaria
effettiva nel nostro paese.
        8 miliardi di tagli per il biennio 2013‐2014 (decisi nel luglio 2011 dal Governo
Berlusconi) sono previsti nel Bilancio della Stato e costituiscono un impegno rispetto
allʹUnione Europea e ai mercati.
        A questo si aggiunge il processo del Governo Monti sulla spending review che nel
settore sanità considera rivedibili sopratutto 97 miliardi di spesa sanitaria.
        Si tratta di una scelta irresponsabile destinata ad avere gravissime ripercussioni sul
Patto per la Salute, e a manomettere irreparabilmente il diritto alla salute sancito dalla
costituzione.

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Questo allarme, che sta già producendo grandi problemi in molte regioni italiane, è
stato lanciato da più parti.

 In sanità, quindi, il problema non è spendere meno ma spendere meglio.

       Per fare questo occorre ripartire dalla mission, che affida al pubblico la tutela della
salute ed operare sulle distorsioni che si sono fin qui prodotte.

La prima distorsione riguarda la deriva politico‐aziendalistica

       Va innanzi tutto chiarito che l’attuale forma organizzativa                ha subito lo
stravolgimento della propria mission in nome del totem del pareggio di bilancio, a fronte
di risorse sempre minori, che, unito allʹinvadenza inarrestabile e insopportabile della
politica partitica, sta minando il servizio pubblico e il suo tessuto professionale.
       Non può reggere un sistema in cui il manager è confermato se riduce le spese e/o, in
alcuni casi, se ha risposto alle richieste improprie della politica partitica, dagli appalti alle
nomine professionali, nella gestione aziendale.
       Carriere, chiusura ed aperture di servizi, esternalizzazioni, consulenze ed incarichi,
non possono più essere decisi solo da manager nominati dai partiti.
       Alcuni esempi sono costituiti dall’infernale meccanismo, da abrogare
completamente, dellʹarticolo 15 septies del Dlgs 502/92 con il quale si possono chiamare ad
personam dirigenti a ricoprire posti che andrebbero messi a concorso, oppure dal
funzionamento anomalo dell’articolo 18 del contratto nazionale del 2000 con il quale le
funzioni “primariali” vengono prorogate nel tempo e a discrezione.
       Una situazione ancora più drammatizzata dalla crescente carenza di risorse, più
evidente nelle Regioni sottoposte ai Piani di Rientro dove troppo spesso, a causa dei tagli,
si riducono drasticamente i servizi in modo arbitrario senza toccare, però, interessi
precostituiti (le cosiddette baronie degli enti privati).
       Riteniamo che l’azienda debba essere ripensata come modello organizzativo
funzionale a garantire la salute con la partecipazione di tutti i professionisti sanitari e degli
stessi cittadini. Per questo proponiamo come primo punto della nostra proposta di
revisione della spesa sanitaria ai fini di un reinvestimento sul Sistema sanitario la riforma
dell’organizzazione azindalista e l’introduzione dell’Azienda sanitaria della comunità.

Nella nuova Azienda sanitaria di comunità meno partiti e più professionalità

        Ogni scelta aziendale deve essere finalizzata alla tutela della salute: la buona politica,
a livello nazionale e regionale, dovrebbe programmare i livelli essenziali delle prestazioni,
garantendoli attraverso congrui finanziamenti (almeno pari alla media europea), definire
gli indirizzi e scegliere i manager in maniera non arbitraria.
        Eʹ necessaria una maggiore collegialità e il coinvolgimento dei cittadini e dei
Comuni, mantenendo lʹunitarietà della gestione e la responsabilità manageriale.
        Vanno istituiti organismi agili di consultazione e di verifica delle direzioni generali,

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con un protagonismo attivo dei cittadini.
        In particolare va istituita lʹAssemblea della Salute, composta da rappresentati degli
operatori e dei cittadini, che annualmente si riunisce per dare una valutazione
sullʹAzienda sanitaria , della quale la Regione tiene conto nel giudizio sulla direzione
generale.
        Nella nuova azienda tutti gli attori devono essere parte integrante: direttori,
operatori e cittadini, le decisioni aziendali di rilievo clinico devono essere
obbligatoriamente valutate da organismi istituzionali rappresentativi delle diverse figure
professionali, e non solo dai capi dipartimento nominati dagli stessi direttori generali e la
codifica dei requisiti minimi di servizio sono stabiliti da criteri che garantiscano il merito
professionale e l’esigibilità dei diritti dei cittadini, nella nuova azienda va superata la piaga
del precariato e va preteso il rispetto delle norme contrattuali.
        Nella nuova azienda di comunità che proponiamo il senso di appartenenza degli
opertatori significa esclusività del rapporto di lavoro e la sua valorizzazione professionale
ed economica, una azienda nella quale è ai dirigenti è fatto divieto di lavorare anche nelle
strutture private e dove la formazione ritorni ad essere di qualità e non di sfruttamento, in
primo luogo per gli specializzandi; dove la ricerca non sia più emarginata.
        Un’azienda dove tutti i medici convenzionati siano valorizzati nel lavoro integrato
distrettuale, e nelle risposte alle urgenze minori, dai codici bianchi ai verdi.
        Un’azienda dove per il sistema di emergenza‐urgenza va prioritariamente fatta una
analisi     delle     eventuali      (certe)     diseconomie      dei    diversi   sistemi     di
estermalizzazioni/convenzioni (esempio CRI, Croci verdi ecc.), con conseguente
riappropriazione di funzione indebitamente cedute dai servizi sanitari regionali; una
azienda che preveda per i medici del 118 un rapporto di dipendenza per tutti.
        Unʹazienda dove il criterio inderogabile per gli incarichi sia gestionali che
professionali deve essere un percorso trasparente senza arbitrarietà, dalla
pubblicizzazione alla valutazione comparata della professionalità, arrivando ad una
graduatoria dove vince il più bravo, a partire dagli incarichi di struttura complessa.
        La visione di questa azienda passa anche dal rilancio della contrattazione, nazionale
e locale, partendo dallʹIntesa sul lavoro pubblico dellʹ11 maggio 2012 sottoscritta non solo
dal Governo e dai sindacati ma anche da Regioni, Provincie e Comuni.

       La nostra di revisione della spesa sanitaria ai fini di un successivo reinvestimento
nel diritto alla salute prevede, oltre alle economie strutturali derivanti da un modello
aziendalista comunitario e partecipato, anche :

  1. una riorganizzazione logistica delle sedi di “salute”. Dalle “case della Salute” ai
     “distretti territoriali di sanità” ad altre più attuali forme di accorpamento logistico
     delle diverse articolazioni delle aziende sanitarie, l’esperienza ed il buon senso dice
     che l’unificazione delle diverse attività all’interno di strutture uniche produce un
     risparmio enorme, non solo in termini di canoni di locazione, ma anche di
     strumentazione, apparati amministrativi, spostamenti, uffici di front‐office,
     articolazioni dirigenziali ed organizzative

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2. l’azzeramento dei finanziamenti per enti e fondazioni non direttamente connessi
   all’erogazione di prestazioni sanitarie ai cittadini e la reinternalizzazione nei
   servizi sanitari regionali solo ed esclusivamente per quelli a fortissima incidenza sui
   livelli essenziali di assistenza e sul diritto alla salute.
3. azzeramento di tutte le consulenze esterne e loro selettivo ripristino solo dopo
   aver verificato, certificandola, l’impossibilità di coprire le relative funzioni con
   professionalità interne alla sanità pubblica
4. drastica riduzione del parco auto, ad eccezione, ovviamente, dei mezzi di soccorso,
   e sostituzione dei veicoli con mezzi di bassa e media cilindrata
5. assunzione forzata di un sistema centralizzato di acquisti per strumentazione
   sanitaria e beni di consumo
6. reinternalizzazione dei servizi informatici e utilizzo delle professionalità interne
   alla sanità pubblica
7. aggiornamento e verifica immediata degli accreditamenti per le strutture private

e poi, ancora, sempre sotto il profilo generale

8. una immediata verifica generale sui criteri di appropriatezza delle prestazioni
    sanitarie attraverso un pieno coinvolgimento dei medici convenzionati, affidando
    loro spazi di autonomia ai quali far corrispondere reponsabilità precise.
9. costante verifica sull’appropriatezza delle prestazioni erogate, aumentando la
    capacità di intervento immediato nel caso di eccessi di alcune tipologie di
    prestazioni
10. intensificazione del processo di razionalizzazione della spesa farmaceutica e
    ricorso ai farmaci generici
11. lʹeHealth (sanità elettronica), strumento per una migliore tutela della salute che
    avvicina i cittadini ai servizi;
12. una massiccia informatizzazione, con accessibilità estesa anche on line, con la
    cartella clinica elettronica, fonte di riduzione di costi e di errori;
13. lʹimplementazione della telemedicina che potrebbe ridurre i costi e i disagi per
    lʹassistenza ai cittadini (a partire da chi soffre di patologie croniche);
14. Il rafforzamento di funzioni oggi esercitate solo marginalmente quale la
    distribuzione diretta dei farmaci, che consentirebbe di risparmiare sulla spesa
    farmaceutica in misura maggiore anche della adozione generalizzata, ma non
    sempre efficace, dei farmaci equivalenti.

Infine

15. lʹintegrazione e la collaborazione tra le professioni offre la possibilità non solo di
    concorrere alla migliore tutela della salute , ma di ottimizzare , valorizzandole, tutte
    le risorse umane a disposizione.

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SISTEMA DELLE AUTONOMIE LOCALI

       I tagli ai trasferimenti al sistema delle Autonomie locali, nonché il rispetto dei
vincoli posti dal Patto di stabilità interno e dai tetti di spesa sul personale hanno
indubbiamente imposto allo stesso sistema unʹazione generalizzata volta ai risparmi di
gestione. Tutti gli Enti locali nel corso degli ultimi anni sono stati costretti a fare i conti con
una realtà finanziaria che, nella maggior parte dei casi, non lascia particolari margini agli
sprechi. Di ciò ne ha risentito sia il mantenimento di servizi essenziali, sia il personale
dipendente a cui è stata ridotta anche una quota di salario accessorio.
       In tale contesto è necessario, se si vuole continuare a garantire lo stesso livello di
servizi, operare in due direzioni:

   16. agire su una razionalizzazione/semplificazione ottimale del sistema delle società
       controllate e del sistema delle esternalizzazioni;
   17. agire per definire ambiti di adeguatezza funzionale al mantenimento dei servizi
       rivolti alla cittadinanza

       Gestione diretta
       Sul primo fronte è necessaria innanzitutto riportare alla gestione diretta servizi
essenziali per le Amministrazioni locali. In moltissimi casi lʹutilizzo di società strumentali
e di società controllate è servito ad aggirare i vincoli posti dal blocco del turn over e
raramente si è prodotto un risparmio nella gestione degli stessi se si tiene conto di quanto
ampia sia la moltiplicazione di Consigli dʹamministrazione e di dirigenti ai vertici di
queste società. Lʹassenza di un reale valore aggiunto (considerate anche le ultime
evoluzioni normative che hanno imposto alle stesse il rispetto del patto di stabilità interno)
dovrebbe in modo automatico produrre una gestione diretta di determinati servizi. A
maggior ragione la stessa impostazione bisogna averla per le esternalizzazioni prodotte
come escamotage per evitare di incrementare le spese del personale (e che invece hanno
prodotto enormi costi per il personale interessato da questi processi). È evidente che un
tale approccio debba necessariamente comportare una rivisitazione del sistema di vincoli
imposti alle assunzioni (anche attraverso le deroghe che oggi sono previste per
determinati servizi).

        Riordino istituzionale
        Sul secondo fronte il ragionamento non può che fare i conti con lʹassetto
istituzionale che il nostro Paese vuole darsi.
        Nellʹultimo      anno,     abbiamo      assistito    a    provvedimenti     normativi
sullʹamministrazione pubblica, dettati dalla duplice esigenza di “fare cassa” e di
soddisfare lʹanti‐politica crescente nel paese.
        Il risultato di questi provvedimenti è stata la totale assenza di un disegno organico,
quantomai necessario, che affronti le problematiche legate allʹinefficienza e alla dualità del
nostro sistema istituzionale, in cui cʹè sì un decentramento normativo (vedi ad esempio il

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federalismo fiscale), ma, nei fatti, si riscontra tuttora unʹamministrazione fortemente
centralizzata.
       In questo senso è assolutamente auspicabile che venga approvata la Carta delle
Autonomie, norma in grado di affrontare nel suo complesso la riorganizzazione
dellʹamministrazione pubblica centrale e periferica, coinvolgendo tutti i livelli istituzionali.
       La complessiva riorganizzazione delle funzioni amministrative deve valorizzare
lʹassociazionismo dei piccoli comuni con la nascita delle Unioni dei Comuni, nel rispetto
del ruolo istituzionale dellʹente Comune. Lʹassociazione delle funzioni dei Comuni deve
supplire alle difficoltà di gestione efficace ed efficiente di determinati ambiti
amministrativi e dei servizi alla cittadinanza che si riscontrano in enti troppo piccoli.

       Determinate funzioni, quali sono quelle prettamente di area vasta, non possono che
essere attribuite ad un ente intermedio tra Regioni e Comuni.

       In un paese come lʹItalia, infatti, caratterizzato da una grande frammentazione
comunale, la presenza di un ente di coordinamento può essere un utile strumento per
favorire la partecipazione dei cittadini e garantire la presenza di determinati servizi in
unʹarea più ampia del comune di residenza, ma circoscritta rispetto alla vastità di un
territorio regionale. Le Province devono restare enti di governo cui sono attribuite
esclusivamente le funzioni di area vasta e di coordinamento e devono poter godere della
necessaria autonomia finanziaria.

      Più che una riduzione del numero delle Province, in questa fase, si potrebbe
ragionare ad ipotesi di associazione delle funzioni principali di Province che abbiano
insieme un parametro demografico ed uno di estensione territoriale e di collocazione
geografica ottimale.

       Patto di stabilità: Non è, inoltre, secondaria la necessità di liberare risorse da
utilizzare per un rafforzamento del sistema di welfare e di rivedere il patto di stabilità
interno per consentire, alle amministrazioni locali, di investire sulla ripresa delle economie
dei territori risorse che ora sono inutilmente bloccate presso i tesorieri o presso la Cassa
depositi e prestiti.

        Profili e turn over:Il tema della gestione delle risorse umane e della loro
valorizzazzione è cruciale nella fase di gravi restrizioni economiche e di bilancio che il
Sistema delle autonomie sta affrontando. Da questo punto di vista è necessario riaffermare
la rilevanza dei rinnovi contrattuali bloccati da due anni e deve essere superato l’insieme
di vincoli sovvrapposti creati dalle varie finanziarie. Tali vincoli infatti sommandosi gli uni
sugli altri, non consentono agli enti di assumere personale dove sarebbe utile e produttivo
intervenire. Emblematica da questo punto è la situazione degli asili nido e delle scuole
dell’infanzia per le quali si rischia seriamente che i servizi si blocchino o che siano
esternalizzati. Gli Enti devono quindi, all’interno di compatibilità finanziarie generalie
delle normative contrattuali poter agiere loro politiche di gestione delle risorse umani e di
assetto dei servizi per i cittadini.

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Mobilità: I grandi processi di riorganizzazione istituzionale che coinvolgeranno le
autonomie locali richiederanno la capacità degli enti di gestire grandi processi di
formazione e riconversione professionale del personale e se inevitabili anche le mobilità
che ne potranno derivare. L’interlocuzione con il sindacato e le regole di tale
interlocuzione, devono essere riviste a garanzia e tutella dei diritti delle lavoratrici e dei
lavoratori. Cʹè la necessità di rivedere i meccanismi delle mobilità con la piena
partecipazione delle organizzazioni sindacali, così come d’altronde la stessa intesa con il
Governo, recentemente sottoscritta, già prevede.

       Gestione del patrimonio: è necessario un intervento interistituzionale per la
razionalizzazione degli uffici delle pubbliche amministrazioni. Interventi lasciati
allʹautonoma iniziativa dei singoli Enti rischiano di essere effettuati senza che sia
individuata una mappa complessiva dei patrimoni e delle esigenze e quindi senza
conseguire economie di scala altimenti realizzabili.

       Appalti: Sull’annosa questione della razionalizzazione degli appalti, a partire da
esperienze già in corso in sezioni della P.A. eds in alcune regioni, devono essere ridotta
drastimente le stazioni appaltanti, mettendo mano anche a regole e sistemi di controllo che
siano realmente in grado di evitare meccanismi di corruzione e malaffare che tanto pesano
sui costi delle forniture di beni e servizi nelle Amministrazioni. Spetterà al legislatore e
successivamente agli enti interessati definire accordi interistituzionali ai vari livelli:

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AMMINISTRAZIONI CENTRALI

   1.   Premessa
   2.   Ministero dell’Interno
   3.   Ministero Infrastrutture e Trasporti
   4.   Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca
   5.   Ministero della Giustizia

   PREMESSA

In questi giorni, con l’incarico al Prof. Bondi, il Governo si sta sperimentando nello studio
di un progetto di spending review su tutta la pubblica amministrazione.

All’interno del progetto di revisione della spesa, per il comparto delle Amministrazioni
Centrali, vengono indicati: il Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca, Il Ministero
Infrastrutture e Trasporti, Il Ministero della Giustizia ed il Ministero dell’Interno.
Presumibilmente tutte le Amministrazioni saranno coinvolte da processi di
riorganizzazione e tagli della spesa e per questo ognuna, autonomamente e quasi sempre
senza il coinvolgimento delle OO.SS., sta ragionando su come e dove “tagliare”.

Per parte nostra vogliamo avviare un ragionamento su come si può parlare di spending
review nelle Amministrazioni Centrali.

Per comodità di analisi, per il momento, abbiamo preso in considerazione gli stessi
Ministeri individuati nel “documento Giarda”, pubblicato sul sito del Governo.

In premessa va ricordato che il concetto di spending review non va inteso come taglio alla
spesa pubblica ma, al contrario, come revisione della spesa e reinvestimento dei risparmi
per una razionalizzazione dell’organizzazione che sia in grado di offrire migliori servizi.

Dato quindi per condiviso, almeno tra noi, il significato di spending, riteniamo che sono
almeno altri due gli elementi senza i quali non sarebbe neanche possibile avviare un
ragionamento:

    •   il mantenimento dei livelli occupazionali
    •   la necessità di non arretrare dal territorio e dai cittadini. L’accentramento di
        competenze e funzioni provocherebbe solo disagi, inefficienza e servizi iniqui.

In questo contesto non va mai dimenticato che le Amministrazioni Centrali garantiscono
diritti costituzionali che devono essere esigibili in modo omogeneo su tutto il territorio
nazionale e da tutti i cittadini.

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Siamo convinti, e non da ora, che la Pubblica Amministrazione vada riformata,
riorganizzata e che le risorse pubbliche possano essere spese meglio, siamo convinti anche
che ciò non possa essere attuato senza il coinvolgimento ed il confronto vero con chi poi
queste riforme dovrà riceverle ed applicarle: i lavoratori e chi li rappresenta.

Entrando più nel dettaglio:

Esternalizzazioni: vorremmo che finalmente fosse possibile verificare se i servizi
esternalizzati, a partire dal campo dell’informatica, mostrano coerenza tra costi e risultati.
Dai nostri riscontri, pressoché in tutte le Amministrazioni Centrali la gestione informatica,
le banche dati e l’erogazione dei servizi on line sono appaltati a ditte esterne. Abbiamo
ragione di credere che attraverso l’utilizzo delle professionalità interne e la
reinternalizzazione delle funzioni, non solo si potrebbero effettuare risparmi, ma si
potrebbe studiare un sistema informatico utilizzabile da tutte le Amministrazioni, con una
rete di collegamento e dialogo che consenta di evitare duplicazioni di lavoro e di spesa.
Simile operazione potrebbe essere immaginata per la gestione dei “centri di ascolto”,
servizi spesso affidati a call center privati.
Verificare la possibilità dei sistemi open source per risparmiare sui costi delle licenze
informatiche.

Società in house: le funzioni affidate alle società in house presso i Ministeri potrebbero
essere reinternalizzate con il conseguente assorbimento di tutti i lavoratori coinvolti e di
un risparmio notevole sui bilanci dello Stato.

Razionalizzazione logistica: Pensiamo possibile individuare, lasciando fuori le aree
metropolitane per le quali potrebbero essere trovate soluzioni diverse, edifici idonei e
comuni per ospitare una o più amministrazioni. In quest’ottica, le prime indicazioni,
contenute nel “documento Giarda”, potrebbero trovare parziale condivisione.
L’accorpamento delle sedi, e non delle specifiche funzioni istituzionali, di alcune
Amministrazioni potrebbe consentire razionalizzazione di spesa ed agevolazioni per gli
utenti. Sarebbe utile, in questo senso, un’analisi delle sedi di proprietà pubblica e di quelle
in affitto.
Tale razionalizzazione consentirebbe da un lato di risparmiare sulle spese logistiche e
dall’altro di agevolare l’utilizzo di risorse comuni per funzioni comuni (richiamiamo
quanto detto sopra sulla rete informatica ).

Razionalizzazione del servizio: Riteniamo che il criterio della densità di popolazione che
il Governo intenderebbe adottare, non possa essere condiviso. Criteri esclusivamente
quantitativi non rispondono ad esigenze e criticità importanti determinate dal clima
ambientale, quali la presenza della criminalità organizzata, disagio sociale o tasso di
disoccupazione. Questi sono per noi tra i criteri più importanti senza i quali la revisione di
spesa prevista dal Governo altro non sarebbe che la prosecuzione della politica dei tagli

                                                                                            11
lineari.

La razionalizzazione logistica, e quella del servizio con il conseguente risparmio
eviterebbe di sguarnire il territorio dalla presenza del servizio pubblico, mantenendolo
territorialmente disponibile per i cittadini.

Mobilità: Per effetto dei tagli e del blocco delle assunzioni, la stessa corte dei conti, nella
relazione del 2012, rileva una marcata diminuzione del personale statale. Ciò nonostante
per alcune Amministrazioni si continua a parlare di esuberi e di mobilità.
A nostro avviso, le esternazioni sugli esuberi ci sembrano voler supportare ancora una
volta solo la logica dei tagli lineari.
Riteniamo invece che per garantire il mantenimento dei servizi pubblici sul territorio, con
le caratteristiche dei livelli di efficienza richiesti da una moderna società avanzata, si possa
aprire ad un confronto sulla necessità di mobilità programmata e negoziata (a livello
provinciale e/o metropolitano).
Anche in considerazione di quanto espresso nel paragrafo sulla razionalizzazione
logistica, non sembrerebbe impossibile ragionare su una diversa distribuzione dei
lavoratori che operano presso la stessa sede, ma appartenenti ad amministrazioni diverse,
riformulando in modo flessibile il concetto di dotazioni organiche (variabili) ed
introducendo l’elemento geografico e temporale (sostituendo l’istituto del comando). Va
da se che questo ragionamento non può prescindere da un confronto negoziale che
garantisca l’omogeneità e l’insieme dei trattamenti economici, un investimento sulla
formazione continua e l’utilizzo, in prima istanza, della volontarietà.

Consulenze: in questi anni l’utilizzo dei rapporti di lavoro interinali, l’uso delle
consulenze e di altre forme di lavoro atipico ha risposto, in parte, ad una necessità reale,
causa il blocco delle assunzioni che ne ha provocato la necessità. Si tratta quindi almeno in
parte, di lavoro dipendente mascherato. Il costo di questo lavoro mascherato è stato perciò
prodotto da scelte politiche sbagliate e miopi.

E’ necessario procedere ad una verifica delle professionalità presenti nella pubblica
amministrazione e alla conseguente riduzione del ricorso a forme atipiche di lavoro. E’
necessario eliminare il blocco delle assunzioni, così da non giustificare la copertura di
professionalità mancanti con il ricorso alle consulenze.

Risparmi spese di gestione: è necessario intervenire con più attenzione e rigore su tutte le
spese variabili quali quelle di rappresentanza, acquisto mobili di arredamento, auto blu
ecc.
In un momento di crisi economica riteniamo assolutamente opportuno tagliare tutte le
spese non necessarie a garantire la sicurezza e l’incolumità dei lavoratori. Vanno eliminati
tutti i “benefit” sia per la Dirigenza che per la rappresentanza politica delle
Amministrazioni Centrali.

Va in fine precisato che nel “documento Giarda” viene indicato anche l’INPS per il quale

                                                                                             12
però, a nostro avviso, va fatto un ragionamento a parte, in quanto il nuovo Ente è
interessato da un’importante riforma determinata dall’accorpamento con INPDAP ed
Enpals previsto dalla Legge 201. In questo caso i risparmi sono già previsti dalla norma e
non è previsto nessun reinvestimento sull’Ente stesso. Stiamo lavorando per produrre un
documento complessivo su come noi intenderemmo la riorganizzazione dell’INPS

       Di seguito le proposte più dettagliate sull’analisi di revisione della spesa per i
singoli ministeri

MINISTERO DELLʹINTERNO

        Il documento sulla spending review fornito dal ministero dellʹinterno lascia aperti
molti dubbi soprattutto per la genericità dellʹintervento e il minimo risultato di risparmi,
200 milioni di euro, che si prevede nellʹarco di vari anni (9 anni).
        Se è possibile valutare positivamente il mantenimento sul territorio delle strutture
periferiche dellʹAmministrazione dellʹinterno, non si può dire altrettanto delle funzioni ad
esse assegnate e svolte. Assistiamo, infatti, a un accentramento in capo a un unico
organismo, con compiti di coordinamento (presumibilmente nella responsabilità del
prefetto) delle diverse funzioni dello Stato sul territorio con un accorpamento non solo
logistico ma anche funzionale nella gestione dei servizi comuni.
        Tale questione pone problematiche in relazione ai servizi erogati dalle altre
amministrazioni che si vedranno gestite dal Prefetto dal punto di vista delle risorse
finanziarie superando il concetto di autonomia delle amministrazioni.
        LʹUfficio Territoriale dello Stato, così come proposto, risponde ad una logica di
accentramento delle funzioni territoriali delle Amministrazioni pubbliche in una singola
sede logistica e funzionale che, aldilà dell’esiguo risparmio immediato, rischia di diventare
un appesantimento per lʹattività dello Stato nel rapporto con il cittadino andando a
perdere quella funzione decentrata, più vicina allʹutenza, che invece riteniamo necessaria
per erogare un servizio più efficiente.
        Anche lʹaffidamento ad unico organo di governo centrale sul territorio non può a
nostro avviso garantire quella necessaria capacità autonoma di intervento delle
Amministrazioni.
        Chi stabilirà le attività ispettive degli Uffici provinciali del lavoro? Il Prefetto?
Sempre il Prefetto deciderà gli interventi di restauro delle Sopraintendenze in materia di
beni culturali, artistici, architettonici?
        Altra questione che si può sollevare di fronte a una ipotesi del genere è come sarà
gestito il personale, tenendo conto del fatto che lʹunificazione dei servizi comuni potrebbe
determinare degli esuberi.
        La previsione dello snellimento di alcune prefetture, oltre a provocare una ricaduta
sul personale, sembrerebbe delineare una contrazione dei servizi alla cittadinanza in
quanto si focalizza lʹattività delle prefetture più piccole in particolare sullʹordine e la
sicurezza pubblica. Non si comprende quale potrà essere lʹattività di questi uffici, quali
saranno i servizi che resteranno, a partire in primo luogo dagli sportelli per
lʹimmigrazione.

                                                                                          13
La nostra proposta, invece, delinea unʹamministrazione più vicina alla cittadinanza
con un ruolo maggiormente significativo delle attività con caratteristiche più
amministrative e non quasi esclusivamente di ordine pubblico.
        Lʹindividuazione di spazi condivisi per le sedi delle amministrazioni centrali sul
territorio e la creazione di un unico centro di spesa, che rientrano nella nostra proposta,
possono essere condivisibili se, su questo ultimo punto, vengano chiarite le procedure di
acquisto dei servizi e l’ autonomia di spesa hanno le singole amministrazioni per le
specifiche attività di settore.

       Proponiamo dunque di:

       1) Costituire degli uffici di front office comuni per quelle funzioni più di prossimità
verso la cittadinanza che ricevono le istanze dei cittadini tra le amministrazioni, ed una
lavorazione delle richieste in back office presso le amministrazioni competenti.
       Tale ipotesi avrà la necessità di investimenti concreti sul piano tecnologico e di
formazione del personale attraverso una vera informatizzazione delle procedure e con la
messa in rete degli uffici e lʹampliamento delle possibilità di dialogo telematico tra
cittadino e pubbliche amministrazioni.
       Inoltre adottando questa soluzione si eviterebbero problematiche di gestione del
personale e si garantirebbe professionalità nei servizi resi.

        2) L’accorpamento logistico delle sedi degli uffici delle Stato sul territorio, valutando
lʹuso di beni demaniali per risparmiare su fitti e locazioni (ad esempio sede della
Prefettura di Roma di via Ostiense, 2 milioni e 900mila euro lʹanno ad un privato mentre
sarebbe possibile utilizzare le caserme dismesse di viale Giulio Cesare).
        In merito allʹaccorpamento degli uffici centrali, sul quale potremmo trovarci
disponibili, quanto previsto nel documento risulta estremamente generico, appena
accennato senza che venga specificata la qualità dellʹintervento. Si parla di una revisione
delle dotazioni organiche con il taglio delle consolidate carenze di organico e si accenna ad
una rivalutazione delle piante organiche dei dirigenti con particolare riferimento alle
posizioni di prefetto provenienti dalla carriera della polizia di stato.
        Tale ipotesi non è prevista, invece, per quanto riguarda il personale civile
contrattualizzato che continua a vedere le proprie posizioni, in tutte le sedi della ps,
occupate da personale della ps utilizzato in modo improprio.
        Su questa questione, per razionalizzare la spesa, la nostra proposta avanza la
soluzione di dare piena applicazione allʹart. 36 della 121/81, la legge di riforma della
Polizia di Stato, che prevede lʹimpiego del personale civile dellʹamministrazione
dellʹinterno in quelle funzioni amministrative e contabili di supporto alle attività
operative della Polizia di Stato.

       3) ad oggi sono migliaia gli operatori della Polizia di Stato, in tutto il territorio
nazionale, impegnati in attività non di istituto che hanno un costo fisso superiore a quello
di lavoratore civile (circa 37 mila euro contro 28mila) a questi costi vanno aggiunti quelli

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degli oneri riflessi, del salario accessorio, dellʹaddestramento e dellʹequipaggiamento.
Impegni di risorse, ad oggi, non più sostenibili nella situazione di crisi economica che il
Paese sta vivendo.
       In questa ottica particolare attenzione va riservata alla revisione dei ruoli tecnici
della ps, prevista nella riorganizzazione del dipartimento di ps. Infatti, come già visto nel
corso dellʹestate scorsa, lʹoperazione potrebbe nascondere lʹeventualità di istituire un ruolo
amministrativo della ps che andrebbe a sostituire il personale civile che opera, a titolo di
legge, negli uffici di polizia.
       La problematica rappresentata, oltre a investire questioni di carattere sindacale,
riveste anche un funzione politica in quanto la creazione di un ruolo amministrativo della
ps creerebbe i presupposti per unʹautogestione e un autogoverno della polizia che
porterebbe la polizia di stato a essere un ulteriore corpo separato semimilitare rinnegando
i principi democratici che trentʹanni fa ispirarono la riforma della polizia.

       4) ad oggi una parte consistente delle spese è costituito dalle locazioni di spazi non
strettamente necessari e non più connessi allʹincarico, in particolar modo per quanto
riguarda la Polizia di Stato. Si tratta di immobili con superfici superiori alle reale esigenze
dellʹorganismo e non utilizzati, quali ad esempio gli spazi collettivi di benessere, alla
somministrazione dei quali il Ministero non è più tenuto a seguito della legge 121/81 che
ha smilitarizzato il Corpo della Polizia di Stato.

       5) altra problematica sulla quale si potrebbe intervenire per razionalizzare e
contenere le spesa è quella relativa allʹassistenza sanitaria ospedaliera per gli stranieri
indigenti.Come rilevato anche dalla Commissione per la finanza pubblica questa funzione
diventa un costo per lʹAmministrazione in quanto la mancanza di una specifica
conoscenza del settore sanitario impedisce una corretta valutazione delle istanze di
assistenza. A tale spesa si può ovviare trasferendo questa funzione al SSN e alla Regioni
che in materia hanno una competenza più completa e quindi, attraverso il monitoraggio
continuo del territorio che già viene effettuato, possono svolgere unʹattività istruttoria più
esaustiva ed efficace.

        6) altro punto rilevante per realizzare un risparmio effettivo è quello relativo agli
organi accertatori degli enti locali. Occorre da parte di quest’ultimi una maggiore
attenzione alle normative vigenti in materia di attività sanzionatoria e ai procedimenti a
essa connessa.Infatti in materia di custodia degli autoveicoli sequestrati, impegno
finanziario tra i più rilevanti, le spese sono sostenute dal Ministero che non riesce a
rivalersi sui trasgressori (anche qui è necessaria una riorganizzazione delle attività di
contenzioso che permettano il recupero di risorse che attualmente lʹAmministrazione
regolarmente perde non presentandosi in giudizio). La norma in vigore (269/2003) prevede
che il bene sottoposto a sequestro venga affidato al proprietario per la custodia, liberando
così lʹamministrazione dalle spese; gli organi accertatori, invece, continuano ad affidare ai
depositi convenzionati gli automezzi e a inviare in ritardo i verbali alle prefetture,
determinando così un elevato costo per la custodia a carico del Ministero (a volte anche 10
anni).

                                                                                            15
In conclusione, la soluzione della piena applicazione dellʹart. 36 e la verifica attenta
delle risorse spese per gli alloggi di servizio (costo altissimo), l’intervento nelle funzioni
indicate e una diversa organizzazione del lavoro, insieme allʹapplicazione della
razionalizzazione dei diversi costi individuati dallʹamministrazione, porterebbero
lʹamministrazione a produrre un risparmio certamente superiore a quello previsto nel
documento presentato dal Ministro.

DIPARTIMENTO VIGILI DEL FUOCO, SOCCORSO PUBBLICO E DIFESA CIVILE

Ottimizzazione e riduzione della spesa

Il Governo ha già imposto l’ennesima drastica riduzione dei flussi di spesa pubblica da
conseguire attraverso una riorganizzazione delle attività ai fini di una più efficiente
erogazione dei servizi, dell’eliminazione degli sprechi e della realizzazione di economie di
bilancio.

Per ciò che concerne i tagli Ministero dellʹInterno, riteniamo che il Corpo dei Vigili del
Fuoco abbia già pesantemente subito la politica del rigore e non possa essere sottoposto a
ulteriori tagli che provocherebbe il blocco totale delle attività amministrative, tecniche e
operative.

Occorre agire, dunque, puntando ad ottimizzare e razionalizzare le scarse risorse
attualmente disponibili per continuare a fornire soddisfacenti risposte in tema di soccorso
pubblico, protezione civile, sicurezza ed emergenza alla popolazione.

Lʹattuale modello organizzativo del Dipartimento è troppo burocratizzato e necessita,
dunque, di un intervento diretto sullʹapparato centrale allo scopo di garantire una migliore
operatività sul territorio e una maggiore autonomia gestionale del Corpo Nazionale dei
Vigili del Fuoco.

E’ necessario uno snellimento dei procedimenti e delle relative funzioni dipartimentali
sostenendo, nel contempo, un ampio decentramento funzionale attraverso una forte
valorizzazione delle Direzioni Regionali e dei Comandi Provinciali.

La rivisitazione della struttura interna del Ministero dovrebbe prevedere una riduzione
delle Direzioni Centrali, anche in termini strutturali, per consentire il mantenimento di
elevati profili di efficienza ed efficacia grazie ad un processo di riconoscimento delle
professionalità direttamente recuperabili dal profilo operativo del Corpo Nazionale Vigili
del Fuoco.

Il CNVVF è stato incardinato nel Ministero dell’Interno dal D.P.R. n. 398 del 7 settembre
2001, con un notevole aumento di posti di funzione e di personale assegnato alle

                                                                                            16
dipendenze delle Direzioni e Uffici Centrali per un totale incremento complessivo di 800
unità, di cui 100 con funzioni dirigenziali.

Tale dilatazione dell’organico non è stata seguita da un corrispondente aumento di risorse,
bensì da una sottrazione delle disponibilità economiche dei vari Comandi Provinciali a
discapito del servizio di soccorso reso alla popolazione.

In definitiva, si presenta l’urgenza di ridurre il costo complessivo dell’apparato burocratico
centrale del Dipartimento dei VVF, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile, che
ammonta attualmente a 95 milioni di euro.

Informatizzazione dei servizi.
Un rilevante contenimento dei costi è possibile anche attraverso il perfezionamento
dell’efficienza della macchina amministrativa, ponendo particolare attenzione alle
potenzialità offerte dalle nuove tecnologie dellʹinformazione e della comunicazione
all’interno di in un processo di cambiamento dell’attività finalizzato ad una maggiore
interazione tra i cittadini e la Pubblica Amministrazione.

L’informatizzazione del Dipartimento e degli uffici territoriali del Corpo Nazionale,
inoltre, grazie ad esempio ad una migliore gestione del protocollo informatico, alla
digitalizzazione completa dei rapporti di intervento oppure all’utilizzo del libretto
individuale di formazione, consentirebbe una razionalizzazione non solo del tempo, ma
anche delle risorse umane e strumentali.

I seguenti interventi, proposti dalla FP CGIL, assicurerebbero un taglio dei costi strutturali
con una diminuzione che si aggira intorno al 20%, senza alcuna importante riduzione del
servizio prestato dagli Uffici Centrali.

Modifiche strutturali uffici dipartimentali:
Direzione Centrale della Difesa Civile e delle Politiche di Protezione Civile:

   1. soppressione della Direzione Centrale con trasferimento degli uffici per la gestione
      dei C.A.P.I. alla Direzione Centrale Emergenza e Soccorso Tecnico;
   2. La Direzione Centrale Emergenza e Soccorso Tecnico tratterà delle attività, anche di
      carattere internazionale, afferenti alla Difesa Civile ed alla Protezione Civile;
   3. Soppressione della struttura denominata “D.C. 75”

Ufficio Centrale Ispettivo:

   1. Soppressione dell’Ufficio con trasferimento delle funzioni allo staff del Capo del
      Corpo; con la soppressione dei tre Uffici Ispettivi ( Italia settentrionale, centrale e
      meridionale) le ispezioni saranno demandate ai Direttori Regionali dei VVF.

Direzione Centrale per gli Affari Generali:

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1. Soppressione della Direzione Centrale con trasferimento delle competenze alla
      Direzione Centrale per le Risorse Umane.

MINISTERO INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

       Le proposte avanzate dall’autorità governativa, impattano negativamente
soprattutto sul settore motorizzazione prevedendo la costituzione di un’Autorità
autofinanziata, dimenticando ancora una volta il settore marittimo che attende da anni un
riassetto organizzativo, così da consentire la diretta correlazione delle funzioni di
regolazione proprie delle Direzioni Generali e delle funzioni di vigilanza specifiche del
Comando Generale delle Capitanerie di Porto.

        Spese di Funzionamento
   1.   L’amministrazione ha in organico figure professionali specifiche del settore
        informatico, nello specifico: esperto informatico, tecnico informatico, operatore
        informatico,     assistente   informatico.    L’impiego      di   dipendenti   propri
        dell’amministrazione su progetti informatici necessari alla gestione del personale, di
        banche dati e gestione di archivi, permetterebbe di reinternalizzare le procedure
        attualmente affidate in out sourcing.
   2.   Particolare attenzione merita il S.AP. (gestione presenze) in uso presso le sedi
        centrali e alcune periferie, che ha un altissimo costo di assistenza e supporto e
        potrebbe essere sostituito da programmi già sviluppati da una equipe di
        programmatori in ruolo presso l’Amministrazione.
   3.   Razionalizzazione degli help‐desk, attualmente 2 (telecom e Hp) e ripristino di
        assistenza mediante personale proprio dell’Amministrazione.
   4.   Adozione di sistemi operativi open source che, oltre all’economicità, presentano
        ulteriori vantaggi in quanto, essendo più leggeri, girano su macchine meno potenti
        rispetto a quelle richieste dai pacchetti Microsoft, sono meno soggetti agli attacchi
        di virus e offrono aggiornamenti gratuiti, con interfaccia grafica simile a quelle
        offerte da Microsoft.
   5.   non dovrebbero essere possibili emolumenti non direttamente connessi allo
        svolgimento di un’attività lavorativa documentata ufficialmente (indennità,
        struttura tecnica di missione), la cui durata sia conforme a quanto previsto dalle
        normative contrattuali.
   6.   in via prioritaria si deve intervenire in modo radicale sui contratti di consulenza e
        alla internalizzazione delle attività attualmente gestite da soggetti terzi.
        Autorita’ Portuali

       Le Autorità Portuali, istituite con la legge 84 del 28 gennaio 1994 nei seguenti porti,
erano, secondo legge, originariamente 18: sono ora lievitate a 24.
       La loro espansione non sempre è stata legata a motivi di interesse nazionale come

                                                                                           18
nel caso di Manfredonia; si riporta quanto contenuto nella Determinazione della Corte dei
Conti n. 87/2009 che richiama l’Amministrazione sulla “necessità che l’Autorità portuale di
Manfredonia venga al più presto definita. Appare indubbio che in assenza di personale
proprio e di idonei strumenti operativi e gestionali, la gestione commissariale in atto
risponde al solo scopo di consentire il godimento dei relativi compensi”.
          1. Pur riconoscendo alle Autorità Portuali il ruolo di volano dell’economia
              marittima, potrebbero essere rimodulate, razionalizzate, accorpate, ridotte.
     Capitanerie di Porto

       Riconfermiamo la necessità di “istituzionalizzare” le strutture periferiche del settore
Marina, specificando che la funzione amministrativa risiede in capo alle Direzioni Generali
e che al Comando delle Capitanierie di Porto fa capo solamente la gestione delle strutture
periferiche, presso le quali presta servizio personale civile.
          1. Una nuova regolamentazione delle attività istituzionali potrebbe rilanciare
              l’attività del Dipartimento del Trasporto marittimo e produrre notevoli
              risparmi di spesa di funzionamento (stipendi, acquisto materiale informatico,
              ecc.) che, come risulta da dati della Ragioneria Generale dello Stato per
              l’anno 2005, hanno inciso per il 56,43% sul totale complessivo di spesa fronte
              dell’1,59 del Dipartimento.

Agenzia della Motorizzazione Civile

         Il settore motorizzazione civile attualmente ha una struttura articolata in tre livelli:
1) Dipartimento dei Trasporti 2) Direzioni Generali territoriali interregionali; 3) Uffici
Motorizzazione Civile a livelli provinciale.
         L’attuale organizzazione prevista dall’ultimo D.M. ha comportato incrementi di
spesa derivanti dall’istituzione di un livello intermedio che, di fatto, non ha migliorato
l’efficienza del servizio offerto all’utenza.
         Premesso quanto sopra, concordiamo nella necessità di riorganizzazione del settore
motorizzazione finalizzata al miglioramento del servizio pubblico, mediante:
             1. L’abolizione delle Direzioni Generali Territoriali, con conseguente
                 rivalutazione degli UMC, funzionalmente correlati al Dipartimento dei
                 trasporti;
             2. soppressione delle sedi distaccate facenti capo alla stessa provincia i cui
                 stabili sono di proprietà dei comuni oppure di soggetti privati a cui si paga
                 una locazione e dove i tecnici si recano sistematicamente per effettuare
                 operazioni tecniche spesso in situazioni di precarietà igenica;
             3. dismissione dei contratti individuali onerosi con postecom per firma digitale
                 internalizzando il servizio verso la struttura informatica già presente in
                 amministrazione centrale;
             4. omogenizzazione e definizione degli standard di qualità dei servizi a livello
                 nazionale;
             5. Implementazione dei capitoli di spesa necessari all’effettuazione dei controlli
                 volti alla sicurezza stradale presso i centri autorizzati alle revisioni veicoli

                                                                                              19
legeri, dei controlli sulle autolinee, delle autoscuole che effettuano corsi per
             recupero punti patente, studi di consulenza automobilistica autorizzati alle
             immatricolazione veicoli, controlli su strada a campione dei veicoli pesanti;
          6. previsione di un meccanismo per le prestazioni dei funzionari (già esistente
             vedi legge 870/86) regolato con criteri di trasparenza e legato a standard di
             qualità definiti a livello centrale.

       Al contrario di quanto previsto nel documento Giarda sulla nascita di un’Agenzia
autofinanziata per la gestione della Motorizzazione Civile (così l’alto tasso di corruzione
già presente nelle motorizzazioni non potrebbe che aumentare), noi riteniamo:
           1. possibile la nascita di un Agenzia Nazionale pubblica a finanziamento
              interamente pubblico sottoposta a vigilanza del Ministero delle
              Infrastrutture e dei Trasporti che, accorpando tutte le competenze pubbliche
              di ACI e motorizzazione Civile, rappresenti l’unico “interlocutore”
              dell’automobilista in quanto unica filiera della vita del veicolo. L’Agenzia
              svolgerebbe tutte le funzioni tecnico‐operative, con poteri ispettivi e di
              controllo improntando la propria opera a criteri destinati ad elevare la
              qualità dei servizi resi ai cittadini (accorpamento di funzioni omogenee) ed a
              uniformare e coordinare i servizi sul territorio nazionale.

       Autorità per i Trasporti

       L’Art. 36 del”Cresci Italia” ha istituito l’Autorità per i Trasporti che oltre ad essere
       soggetto tecnico regolatore degli oneri tariffari, riveste un ruolo di programmazione
       nello      stabilire     condizioni     minime        di     qualità     dei     servizi.
       In particolare, con riferimento al trasporto pubblico locale, gli standard di servizio
       si presentano difformi all’interno del territorio nazionale; peraltro la definizione di
       parametri di riferimento acquista rilevanza nel momento in cui vengono ad essere
       previste ispezioni destinate al monitoraggio sulla qualità offerta all’utenza.
       Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha sedi diffuse in modo capillare su
       tutto il territorio e, mediante il personale ivi presente potrebbe fornire all’Autorità
       per i Trasporti i dati relativi al servizio fornito all’utenza dalle aziende di singole
       aziende di Trasporto.
           Riteniamo utile ragionare sulla possibilità di effettuare ispezioni/controlli sulla
           qualità del trasporto pubblico locale (TPL) garantendo così una quantità di dati
           importantissima ai fini statistici che consentirebbero di assumere decisioni di
           intervento nel settore del TPL in maniera mirata ed omogenea.

MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITÀ E RICERCA

       Il diritto all’istruzione è uno dei diritti fondamentali di cittadinanza, sancito dalla
Costituzione e deve poter essere effettivamente esigibile da tutti i cittadini in ogni parte
del Paese. Il documento Giarda sulla spending review, costruito prima di tutto nell’ottica
del risparmio delle Pubbliche amministrazioni, potrebbe avere un effetto negativo

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