Documento Fp Cgil Spending Review
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Documento Fp Cgil Spending Review PREMESSA GENERALE Martedì 29 maggio il Governo ha chiuso la consultazione pubblica sulla “spending review”: una attività che ha suscitato forti perplessità ed enormi critiche sia per le sue “dubbie” caratteristiche democratiche (il richiamo ad una sorta di rapporto diretto con la cittadinanza dal significato estemporaneo e dal sapore marcatamente populista), sia per la sua altrettanto dubbia utilità (la maggior parte delle sollecitazioni, stando alle anticipazioni, si è limitata ad una denucia corale “sui costi e gli sprechi della politica”). Il Governo, in coerenza con il ricorso al confuso e contraddittorio strumento “plebiscitario” e con l’ulteriore scelta di affidare a “tecnici” l’intera trattazione del tema “spending review”, continua, anche attraverso estemporanee ed altrettanto confuse dichiarazioni dei vari Ministri, in una operazione i cui obiettivi ed ambiti dichiarati appaiono in netta contraddizione tra loro, spesso addirittura confliggenti. L’obiettivo enunciato dall’esecutivo, “evitare inefficienze, eliminare sprechi e ottenere risorse da destinare allo sviluppo ed alla crescita” è quotidianamente messo in discussione laddove alla spending review vengono accostati i termini “riduzione della spesa pubblica” e quelli del “pareggio di Bilancio”. Sviluppo e crescita sono le richieste ormai assordanti che da tutto il Paese si levano verso il Governo Monti, sviluppo e crescita quali effetti di una profonda riorganizzazione degli apparati pubblici tesa ad ampiliare le fasce di inclusioni nel sistema welfare sono le precise rivendicazioni della Funzione Pubblica Cgil e dell’intera Confederazione. Ed è quindi, proprio nella premessa di una piattaforma articolata della Fp Cgil sulla revisione della spesa, che va chiarito il nodo, per noi pregiudiziale a qualsivoglia ragionamento condiviso sulle finalità della “spending review”, sul significato che il Governo attribuisce alle parole sviluppo e crescita, ai suo spazi di intervento, agli investimenti che ne rendono possibile la loro realizzazione. Per la Funzione Pubblica Cgil, che rivendica un ruolo attivo nei processi 1
revisionali della spesa pubblica, sviluppo e crescita sono obiettivi generali ed estesi all’interno dei quali, però, devono poter trovare collocazione e soddisfazione la crisi dei sistemi di welfare (frutto di scellerate e ripetute politiche di tagli lineari), la crisi del lavoro e dei diritti ad esso annessi, le condizioni materiali e di vita delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici e dei servizi da essi assicurati. Il balletto delle cifre, spesso incredibile, altrettanto spesso usato quale diversivo rispetto all’immobilismo evidente della politica e dell’esecutivo sull’aggressione agli sprechi più evidenti, appare avere quale tratto distintivo e progressivo la semplice riduzione della spesa con finalità ripianatorie del debito o, nella migliore delle ipotesi, quale strumento di totale compensazione delle storture dell’ultimo intervento sull’IVA (che ne prevede un prossimo per il mese di settembre 2012). La Fp Cgil, al contrario, crede sia indispensabile che la doverosa attività di revisione della spesa si orienti prioritariamente su almeno tre grandi direttrici di marcia. La prima deve saper soddisfare, invertendo una rotta decennale, i crescenti bisogni dei cittadini per una maggiore protezione sociale, per un rinnovato sistema di servizi alla persona, per un nuovo avanzamento di un welfare inclusivo, solidale e capace di accompagnare fuori la crisi quelle fasce sociali drammaticamente abbandonate a se stesse per anni. La seconda deve poter ri‐orientare gli investimenti, a cominciare da quelli strettamente legati al territorio, con l’obiettivo di far ripartire le economie cittadine in una stretta sinergia con i sistemi delle autonomie locali, per i quali vanno ripensasti completamente i vincoli di bilancio che un irragionevole patto di stabilità interna impone in maniera acritica. La terza attiene alla necessità, ancora più cogente a fronte di una altrettanto necessaria e profonda riorganizzazione della Pubblica Amministrzione, di reinvestire sul lavoro pubblico, sul rinnovo dei contratti, sul sistema dei diritti (profondamente leso da anni di politiche populiste ed aggressive), sulla formazione professionale, sui processi di mobilità che deriveranno dalle riorganizzazioni, sui salari. E’ sulla base di questi presupposti che la Fp Cgil offre una sua prima proposta di spending review per l’intera gamma di amministrazioni, aziende, enti che compongono il variegato mondo della Pubblica Amministrazione: dal Servizio Sanitario Nazionale al sistema delle Autonomie, dai Ministeri individuati in prima battuta dal Ministro Giarda nalle società in house, il lavoro di revisione della spesa che proponiamo intende realizzare processi di revisione organizzativa che sappiano incidere sui bilanci e sulle capacità di erogazione di prestazioni ai cittadini. 2
SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE La crisi economica, la spesa sanitaria, la revisione della spesa, i reinvestimenti nella salute. I tagli al welfare – quale conseguenza della crisi economica e delle scelte politiche assunte nei libri bianco e verde del Governo Berlusconi – rischiano di scardinare le fondamenta del servizio pubblico costringendo i cittadini sempre più verso il privato, aumentando così le diseguaglianze tra chi è in grado di pagare (sempre di meno) e chi no (sempre di più). La cattiva politica degli aumenti dei ticket e i tagli lineari dei servizi e delle prestazioni stanno allontanando i cittadini dalla struttura pubblica facendo emergere un paradosso: vi sono ormai prestazioni meno care nel privato. L’analisi della riduzione dei posti letto negli ultimi dieci anni indica in modo chiaro che vengono soppressi principalmente i posti pubblici e che, in circa la metà delle Regioni, le strutture private ‐ accreditate e quindi pagate con soldi pubblici – li hanno, al contrario, incredibilmente aumentati. Rischia così di prevalere un modello, del quale la regione Lombardia è l’antesignana, che fa dell’inappropriatezza, ovvero del modello fondato non già sulla programmazione sanitaria ma sulla generica domanda di salute, il suo volontario o involontario asse di riferimento, con l’aggravio che spostare dal pubblico al privato il sistema di erogazione delle prestazioni non produce affatto risparmi, riduzioni di spesa pubblica. La giusta chiusura di diversi ospedali pubblici – piccoli e pericolosi sia per chi ci lavora, sia per chi vi si reca per farsi curare patologie gravi e complesse – non è stata accompagnata dal contemporaneo potenziamento di strutture territoriali, aperte 24 ore su 24, e da una indispensabile riorganizzazione e potenziamento delle cure primarie. E neanche dal rafforzamento dei servizi – dsm, sert, cad, consultori, etc.‐ deputati alla prevenzione e cura di segmenti di popolazione particolarmente fragile, più esposta ai rischi di emarginazione. Sono state cancellate le risorse per un piano nazionale di aggiornamento strutturale e tecnologico degli ospedali di medie e grandi dimensioni, costruiti secondo vecchi modelli non più funzionali (basti pensare ai Policlinici a padiglioni). E’ questa una politica di tagli scellerata e non giustificata dalla spesa sanitaria effettiva nel nostro paese. 8 miliardi di tagli per il biennio 2013‐2014 (decisi nel luglio 2011 dal Governo Berlusconi) sono previsti nel Bilancio della Stato e costituiscono un impegno rispetto allʹUnione Europea e ai mercati. A questo si aggiunge il processo del Governo Monti sulla spending review che nel settore sanità considera rivedibili sopratutto 97 miliardi di spesa sanitaria. Si tratta di una scelta irresponsabile destinata ad avere gravissime ripercussioni sul Patto per la Salute, e a manomettere irreparabilmente il diritto alla salute sancito dalla costituzione. 3
Questo allarme, che sta già producendo grandi problemi in molte regioni italiane, è stato lanciato da più parti. In sanità, quindi, il problema non è spendere meno ma spendere meglio. Per fare questo occorre ripartire dalla mission, che affida al pubblico la tutela della salute ed operare sulle distorsioni che si sono fin qui prodotte. La prima distorsione riguarda la deriva politico‐aziendalistica Va innanzi tutto chiarito che l’attuale forma organizzativa ha subito lo stravolgimento della propria mission in nome del totem del pareggio di bilancio, a fronte di risorse sempre minori, che, unito allʹinvadenza inarrestabile e insopportabile della politica partitica, sta minando il servizio pubblico e il suo tessuto professionale. Non può reggere un sistema in cui il manager è confermato se riduce le spese e/o, in alcuni casi, se ha risposto alle richieste improprie della politica partitica, dagli appalti alle nomine professionali, nella gestione aziendale. Carriere, chiusura ed aperture di servizi, esternalizzazioni, consulenze ed incarichi, non possono più essere decisi solo da manager nominati dai partiti. Alcuni esempi sono costituiti dall’infernale meccanismo, da abrogare completamente, dellʹarticolo 15 septies del Dlgs 502/92 con il quale si possono chiamare ad personam dirigenti a ricoprire posti che andrebbero messi a concorso, oppure dal funzionamento anomalo dell’articolo 18 del contratto nazionale del 2000 con il quale le funzioni “primariali” vengono prorogate nel tempo e a discrezione. Una situazione ancora più drammatizzata dalla crescente carenza di risorse, più evidente nelle Regioni sottoposte ai Piani di Rientro dove troppo spesso, a causa dei tagli, si riducono drasticamente i servizi in modo arbitrario senza toccare, però, interessi precostituiti (le cosiddette baronie degli enti privati). Riteniamo che l’azienda debba essere ripensata come modello organizzativo funzionale a garantire la salute con la partecipazione di tutti i professionisti sanitari e degli stessi cittadini. Per questo proponiamo come primo punto della nostra proposta di revisione della spesa sanitaria ai fini di un reinvestimento sul Sistema sanitario la riforma dell’organizzazione azindalista e l’introduzione dell’Azienda sanitaria della comunità. Nella nuova Azienda sanitaria di comunità meno partiti e più professionalità Ogni scelta aziendale deve essere finalizzata alla tutela della salute: la buona politica, a livello nazionale e regionale, dovrebbe programmare i livelli essenziali delle prestazioni, garantendoli attraverso congrui finanziamenti (almeno pari alla media europea), definire gli indirizzi e scegliere i manager in maniera non arbitraria. Eʹ necessaria una maggiore collegialità e il coinvolgimento dei cittadini e dei Comuni, mantenendo lʹunitarietà della gestione e la responsabilità manageriale. Vanno istituiti organismi agili di consultazione e di verifica delle direzioni generali, 4
con un protagonismo attivo dei cittadini. In particolare va istituita lʹAssemblea della Salute, composta da rappresentati degli operatori e dei cittadini, che annualmente si riunisce per dare una valutazione sullʹAzienda sanitaria , della quale la Regione tiene conto nel giudizio sulla direzione generale. Nella nuova azienda tutti gli attori devono essere parte integrante: direttori, operatori e cittadini, le decisioni aziendali di rilievo clinico devono essere obbligatoriamente valutate da organismi istituzionali rappresentativi delle diverse figure professionali, e non solo dai capi dipartimento nominati dagli stessi direttori generali e la codifica dei requisiti minimi di servizio sono stabiliti da criteri che garantiscano il merito professionale e l’esigibilità dei diritti dei cittadini, nella nuova azienda va superata la piaga del precariato e va preteso il rispetto delle norme contrattuali. Nella nuova azienda di comunità che proponiamo il senso di appartenenza degli opertatori significa esclusività del rapporto di lavoro e la sua valorizzazione professionale ed economica, una azienda nella quale è ai dirigenti è fatto divieto di lavorare anche nelle strutture private e dove la formazione ritorni ad essere di qualità e non di sfruttamento, in primo luogo per gli specializzandi; dove la ricerca non sia più emarginata. Un’azienda dove tutti i medici convenzionati siano valorizzati nel lavoro integrato distrettuale, e nelle risposte alle urgenze minori, dai codici bianchi ai verdi. Un’azienda dove per il sistema di emergenza‐urgenza va prioritariamente fatta una analisi delle eventuali (certe) diseconomie dei diversi sistemi di estermalizzazioni/convenzioni (esempio CRI, Croci verdi ecc.), con conseguente riappropriazione di funzione indebitamente cedute dai servizi sanitari regionali; una azienda che preveda per i medici del 118 un rapporto di dipendenza per tutti. Unʹazienda dove il criterio inderogabile per gli incarichi sia gestionali che professionali deve essere un percorso trasparente senza arbitrarietà, dalla pubblicizzazione alla valutazione comparata della professionalità, arrivando ad una graduatoria dove vince il più bravo, a partire dagli incarichi di struttura complessa. La visione di questa azienda passa anche dal rilancio della contrattazione, nazionale e locale, partendo dallʹIntesa sul lavoro pubblico dellʹ11 maggio 2012 sottoscritta non solo dal Governo e dai sindacati ma anche da Regioni, Provincie e Comuni. La nostra di revisione della spesa sanitaria ai fini di un successivo reinvestimento nel diritto alla salute prevede, oltre alle economie strutturali derivanti da un modello aziendalista comunitario e partecipato, anche : 1. una riorganizzazione logistica delle sedi di “salute”. Dalle “case della Salute” ai “distretti territoriali di sanità” ad altre più attuali forme di accorpamento logistico delle diverse articolazioni delle aziende sanitarie, l’esperienza ed il buon senso dice che l’unificazione delle diverse attività all’interno di strutture uniche produce un risparmio enorme, non solo in termini di canoni di locazione, ma anche di strumentazione, apparati amministrativi, spostamenti, uffici di front‐office, articolazioni dirigenziali ed organizzative 5
2. l’azzeramento dei finanziamenti per enti e fondazioni non direttamente connessi all’erogazione di prestazioni sanitarie ai cittadini e la reinternalizzazione nei servizi sanitari regionali solo ed esclusivamente per quelli a fortissima incidenza sui livelli essenziali di assistenza e sul diritto alla salute. 3. azzeramento di tutte le consulenze esterne e loro selettivo ripristino solo dopo aver verificato, certificandola, l’impossibilità di coprire le relative funzioni con professionalità interne alla sanità pubblica 4. drastica riduzione del parco auto, ad eccezione, ovviamente, dei mezzi di soccorso, e sostituzione dei veicoli con mezzi di bassa e media cilindrata 5. assunzione forzata di un sistema centralizzato di acquisti per strumentazione sanitaria e beni di consumo 6. reinternalizzazione dei servizi informatici e utilizzo delle professionalità interne alla sanità pubblica 7. aggiornamento e verifica immediata degli accreditamenti per le strutture private e poi, ancora, sempre sotto il profilo generale 8. una immediata verifica generale sui criteri di appropriatezza delle prestazioni sanitarie attraverso un pieno coinvolgimento dei medici convenzionati, affidando loro spazi di autonomia ai quali far corrispondere reponsabilità precise. 9. costante verifica sull’appropriatezza delle prestazioni erogate, aumentando la capacità di intervento immediato nel caso di eccessi di alcune tipologie di prestazioni 10. intensificazione del processo di razionalizzazione della spesa farmaceutica e ricorso ai farmaci generici 11. lʹeHealth (sanità elettronica), strumento per una migliore tutela della salute che avvicina i cittadini ai servizi; 12. una massiccia informatizzazione, con accessibilità estesa anche on line, con la cartella clinica elettronica, fonte di riduzione di costi e di errori; 13. lʹimplementazione della telemedicina che potrebbe ridurre i costi e i disagi per lʹassistenza ai cittadini (a partire da chi soffre di patologie croniche); 14. Il rafforzamento di funzioni oggi esercitate solo marginalmente quale la distribuzione diretta dei farmaci, che consentirebbe di risparmiare sulla spesa farmaceutica in misura maggiore anche della adozione generalizzata, ma non sempre efficace, dei farmaci equivalenti. Infine 15. lʹintegrazione e la collaborazione tra le professioni offre la possibilità non solo di concorrere alla migliore tutela della salute , ma di ottimizzare , valorizzandole, tutte le risorse umane a disposizione. 6
SISTEMA DELLE AUTONOMIE LOCALI I tagli ai trasferimenti al sistema delle Autonomie locali, nonché il rispetto dei vincoli posti dal Patto di stabilità interno e dai tetti di spesa sul personale hanno indubbiamente imposto allo stesso sistema unʹazione generalizzata volta ai risparmi di gestione. Tutti gli Enti locali nel corso degli ultimi anni sono stati costretti a fare i conti con una realtà finanziaria che, nella maggior parte dei casi, non lascia particolari margini agli sprechi. Di ciò ne ha risentito sia il mantenimento di servizi essenziali, sia il personale dipendente a cui è stata ridotta anche una quota di salario accessorio. In tale contesto è necessario, se si vuole continuare a garantire lo stesso livello di servizi, operare in due direzioni: 16. agire su una razionalizzazione/semplificazione ottimale del sistema delle società controllate e del sistema delle esternalizzazioni; 17. agire per definire ambiti di adeguatezza funzionale al mantenimento dei servizi rivolti alla cittadinanza Gestione diretta Sul primo fronte è necessaria innanzitutto riportare alla gestione diretta servizi essenziali per le Amministrazioni locali. In moltissimi casi lʹutilizzo di società strumentali e di società controllate è servito ad aggirare i vincoli posti dal blocco del turn over e raramente si è prodotto un risparmio nella gestione degli stessi se si tiene conto di quanto ampia sia la moltiplicazione di Consigli dʹamministrazione e di dirigenti ai vertici di queste società. Lʹassenza di un reale valore aggiunto (considerate anche le ultime evoluzioni normative che hanno imposto alle stesse il rispetto del patto di stabilità interno) dovrebbe in modo automatico produrre una gestione diretta di determinati servizi. A maggior ragione la stessa impostazione bisogna averla per le esternalizzazioni prodotte come escamotage per evitare di incrementare le spese del personale (e che invece hanno prodotto enormi costi per il personale interessato da questi processi). È evidente che un tale approccio debba necessariamente comportare una rivisitazione del sistema di vincoli imposti alle assunzioni (anche attraverso le deroghe che oggi sono previste per determinati servizi). Riordino istituzionale Sul secondo fronte il ragionamento non può che fare i conti con lʹassetto istituzionale che il nostro Paese vuole darsi. Nellʹultimo anno, abbiamo assistito a provvedimenti normativi sullʹamministrazione pubblica, dettati dalla duplice esigenza di “fare cassa” e di soddisfare lʹanti‐politica crescente nel paese. Il risultato di questi provvedimenti è stata la totale assenza di un disegno organico, quantomai necessario, che affronti le problematiche legate allʹinefficienza e alla dualità del nostro sistema istituzionale, in cui cʹè sì un decentramento normativo (vedi ad esempio il 7
federalismo fiscale), ma, nei fatti, si riscontra tuttora unʹamministrazione fortemente centralizzata. In questo senso è assolutamente auspicabile che venga approvata la Carta delle Autonomie, norma in grado di affrontare nel suo complesso la riorganizzazione dellʹamministrazione pubblica centrale e periferica, coinvolgendo tutti i livelli istituzionali. La complessiva riorganizzazione delle funzioni amministrative deve valorizzare lʹassociazionismo dei piccoli comuni con la nascita delle Unioni dei Comuni, nel rispetto del ruolo istituzionale dellʹente Comune. Lʹassociazione delle funzioni dei Comuni deve supplire alle difficoltà di gestione efficace ed efficiente di determinati ambiti amministrativi e dei servizi alla cittadinanza che si riscontrano in enti troppo piccoli. Determinate funzioni, quali sono quelle prettamente di area vasta, non possono che essere attribuite ad un ente intermedio tra Regioni e Comuni. In un paese come lʹItalia, infatti, caratterizzato da una grande frammentazione comunale, la presenza di un ente di coordinamento può essere un utile strumento per favorire la partecipazione dei cittadini e garantire la presenza di determinati servizi in unʹarea più ampia del comune di residenza, ma circoscritta rispetto alla vastità di un territorio regionale. Le Province devono restare enti di governo cui sono attribuite esclusivamente le funzioni di area vasta e di coordinamento e devono poter godere della necessaria autonomia finanziaria. Più che una riduzione del numero delle Province, in questa fase, si potrebbe ragionare ad ipotesi di associazione delle funzioni principali di Province che abbiano insieme un parametro demografico ed uno di estensione territoriale e di collocazione geografica ottimale. Patto di stabilità: Non è, inoltre, secondaria la necessità di liberare risorse da utilizzare per un rafforzamento del sistema di welfare e di rivedere il patto di stabilità interno per consentire, alle amministrazioni locali, di investire sulla ripresa delle economie dei territori risorse che ora sono inutilmente bloccate presso i tesorieri o presso la Cassa depositi e prestiti. Profili e turn over:Il tema della gestione delle risorse umane e della loro valorizzazzione è cruciale nella fase di gravi restrizioni economiche e di bilancio che il Sistema delle autonomie sta affrontando. Da questo punto di vista è necessario riaffermare la rilevanza dei rinnovi contrattuali bloccati da due anni e deve essere superato l’insieme di vincoli sovvrapposti creati dalle varie finanziarie. Tali vincoli infatti sommandosi gli uni sugli altri, non consentono agli enti di assumere personale dove sarebbe utile e produttivo intervenire. Emblematica da questo punto è la situazione degli asili nido e delle scuole dell’infanzia per le quali si rischia seriamente che i servizi si blocchino o che siano esternalizzati. Gli Enti devono quindi, all’interno di compatibilità finanziarie generalie delle normative contrattuali poter agiere loro politiche di gestione delle risorse umani e di assetto dei servizi per i cittadini. 8
Mobilità: I grandi processi di riorganizzazione istituzionale che coinvolgeranno le autonomie locali richiederanno la capacità degli enti di gestire grandi processi di formazione e riconversione professionale del personale e se inevitabili anche le mobilità che ne potranno derivare. L’interlocuzione con il sindacato e le regole di tale interlocuzione, devono essere riviste a garanzia e tutella dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. Cʹè la necessità di rivedere i meccanismi delle mobilità con la piena partecipazione delle organizzazioni sindacali, così come d’altronde la stessa intesa con il Governo, recentemente sottoscritta, già prevede. Gestione del patrimonio: è necessario un intervento interistituzionale per la razionalizzazione degli uffici delle pubbliche amministrazioni. Interventi lasciati allʹautonoma iniziativa dei singoli Enti rischiano di essere effettuati senza che sia individuata una mappa complessiva dei patrimoni e delle esigenze e quindi senza conseguire economie di scala altimenti realizzabili. Appalti: Sull’annosa questione della razionalizzazione degli appalti, a partire da esperienze già in corso in sezioni della P.A. eds in alcune regioni, devono essere ridotta drastimente le stazioni appaltanti, mettendo mano anche a regole e sistemi di controllo che siano realmente in grado di evitare meccanismi di corruzione e malaffare che tanto pesano sui costi delle forniture di beni e servizi nelle Amministrazioni. Spetterà al legislatore e successivamente agli enti interessati definire accordi interistituzionali ai vari livelli: 9
AMMINISTRAZIONI CENTRALI 1. Premessa 2. Ministero dell’Interno 3. Ministero Infrastrutture e Trasporti 4. Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca 5. Ministero della Giustizia PREMESSA In questi giorni, con l’incarico al Prof. Bondi, il Governo si sta sperimentando nello studio di un progetto di spending review su tutta la pubblica amministrazione. All’interno del progetto di revisione della spesa, per il comparto delle Amministrazioni Centrali, vengono indicati: il Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca, Il Ministero Infrastrutture e Trasporti, Il Ministero della Giustizia ed il Ministero dell’Interno. Presumibilmente tutte le Amministrazioni saranno coinvolte da processi di riorganizzazione e tagli della spesa e per questo ognuna, autonomamente e quasi sempre senza il coinvolgimento delle OO.SS., sta ragionando su come e dove “tagliare”. Per parte nostra vogliamo avviare un ragionamento su come si può parlare di spending review nelle Amministrazioni Centrali. Per comodità di analisi, per il momento, abbiamo preso in considerazione gli stessi Ministeri individuati nel “documento Giarda”, pubblicato sul sito del Governo. In premessa va ricordato che il concetto di spending review non va inteso come taglio alla spesa pubblica ma, al contrario, come revisione della spesa e reinvestimento dei risparmi per una razionalizzazione dell’organizzazione che sia in grado di offrire migliori servizi. Dato quindi per condiviso, almeno tra noi, il significato di spending, riteniamo che sono almeno altri due gli elementi senza i quali non sarebbe neanche possibile avviare un ragionamento: • il mantenimento dei livelli occupazionali • la necessità di non arretrare dal territorio e dai cittadini. L’accentramento di competenze e funzioni provocherebbe solo disagi, inefficienza e servizi iniqui. In questo contesto non va mai dimenticato che le Amministrazioni Centrali garantiscono diritti costituzionali che devono essere esigibili in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale e da tutti i cittadini. 10
Siamo convinti, e non da ora, che la Pubblica Amministrazione vada riformata, riorganizzata e che le risorse pubbliche possano essere spese meglio, siamo convinti anche che ciò non possa essere attuato senza il coinvolgimento ed il confronto vero con chi poi queste riforme dovrà riceverle ed applicarle: i lavoratori e chi li rappresenta. Entrando più nel dettaglio: Esternalizzazioni: vorremmo che finalmente fosse possibile verificare se i servizi esternalizzati, a partire dal campo dell’informatica, mostrano coerenza tra costi e risultati. Dai nostri riscontri, pressoché in tutte le Amministrazioni Centrali la gestione informatica, le banche dati e l’erogazione dei servizi on line sono appaltati a ditte esterne. Abbiamo ragione di credere che attraverso l’utilizzo delle professionalità interne e la reinternalizzazione delle funzioni, non solo si potrebbero effettuare risparmi, ma si potrebbe studiare un sistema informatico utilizzabile da tutte le Amministrazioni, con una rete di collegamento e dialogo che consenta di evitare duplicazioni di lavoro e di spesa. Simile operazione potrebbe essere immaginata per la gestione dei “centri di ascolto”, servizi spesso affidati a call center privati. Verificare la possibilità dei sistemi open source per risparmiare sui costi delle licenze informatiche. Società in house: le funzioni affidate alle società in house presso i Ministeri potrebbero essere reinternalizzate con il conseguente assorbimento di tutti i lavoratori coinvolti e di un risparmio notevole sui bilanci dello Stato. Razionalizzazione logistica: Pensiamo possibile individuare, lasciando fuori le aree metropolitane per le quali potrebbero essere trovate soluzioni diverse, edifici idonei e comuni per ospitare una o più amministrazioni. In quest’ottica, le prime indicazioni, contenute nel “documento Giarda”, potrebbero trovare parziale condivisione. L’accorpamento delle sedi, e non delle specifiche funzioni istituzionali, di alcune Amministrazioni potrebbe consentire razionalizzazione di spesa ed agevolazioni per gli utenti. Sarebbe utile, in questo senso, un’analisi delle sedi di proprietà pubblica e di quelle in affitto. Tale razionalizzazione consentirebbe da un lato di risparmiare sulle spese logistiche e dall’altro di agevolare l’utilizzo di risorse comuni per funzioni comuni (richiamiamo quanto detto sopra sulla rete informatica ). Razionalizzazione del servizio: Riteniamo che il criterio della densità di popolazione che il Governo intenderebbe adottare, non possa essere condiviso. Criteri esclusivamente quantitativi non rispondono ad esigenze e criticità importanti determinate dal clima ambientale, quali la presenza della criminalità organizzata, disagio sociale o tasso di disoccupazione. Questi sono per noi tra i criteri più importanti senza i quali la revisione di spesa prevista dal Governo altro non sarebbe che la prosecuzione della politica dei tagli 11
lineari. La razionalizzazione logistica, e quella del servizio con il conseguente risparmio eviterebbe di sguarnire il territorio dalla presenza del servizio pubblico, mantenendolo territorialmente disponibile per i cittadini. Mobilità: Per effetto dei tagli e del blocco delle assunzioni, la stessa corte dei conti, nella relazione del 2012, rileva una marcata diminuzione del personale statale. Ciò nonostante per alcune Amministrazioni si continua a parlare di esuberi e di mobilità. A nostro avviso, le esternazioni sugli esuberi ci sembrano voler supportare ancora una volta solo la logica dei tagli lineari. Riteniamo invece che per garantire il mantenimento dei servizi pubblici sul territorio, con le caratteristiche dei livelli di efficienza richiesti da una moderna società avanzata, si possa aprire ad un confronto sulla necessità di mobilità programmata e negoziata (a livello provinciale e/o metropolitano). Anche in considerazione di quanto espresso nel paragrafo sulla razionalizzazione logistica, non sembrerebbe impossibile ragionare su una diversa distribuzione dei lavoratori che operano presso la stessa sede, ma appartenenti ad amministrazioni diverse, riformulando in modo flessibile il concetto di dotazioni organiche (variabili) ed introducendo l’elemento geografico e temporale (sostituendo l’istituto del comando). Va da se che questo ragionamento non può prescindere da un confronto negoziale che garantisca l’omogeneità e l’insieme dei trattamenti economici, un investimento sulla formazione continua e l’utilizzo, in prima istanza, della volontarietà. Consulenze: in questi anni l’utilizzo dei rapporti di lavoro interinali, l’uso delle consulenze e di altre forme di lavoro atipico ha risposto, in parte, ad una necessità reale, causa il blocco delle assunzioni che ne ha provocato la necessità. Si tratta quindi almeno in parte, di lavoro dipendente mascherato. Il costo di questo lavoro mascherato è stato perciò prodotto da scelte politiche sbagliate e miopi. E’ necessario procedere ad una verifica delle professionalità presenti nella pubblica amministrazione e alla conseguente riduzione del ricorso a forme atipiche di lavoro. E’ necessario eliminare il blocco delle assunzioni, così da non giustificare la copertura di professionalità mancanti con il ricorso alle consulenze. Risparmi spese di gestione: è necessario intervenire con più attenzione e rigore su tutte le spese variabili quali quelle di rappresentanza, acquisto mobili di arredamento, auto blu ecc. In un momento di crisi economica riteniamo assolutamente opportuno tagliare tutte le spese non necessarie a garantire la sicurezza e l’incolumità dei lavoratori. Vanno eliminati tutti i “benefit” sia per la Dirigenza che per la rappresentanza politica delle Amministrazioni Centrali. Va in fine precisato che nel “documento Giarda” viene indicato anche l’INPS per il quale 12
però, a nostro avviso, va fatto un ragionamento a parte, in quanto il nuovo Ente è interessato da un’importante riforma determinata dall’accorpamento con INPDAP ed Enpals previsto dalla Legge 201. In questo caso i risparmi sono già previsti dalla norma e non è previsto nessun reinvestimento sull’Ente stesso. Stiamo lavorando per produrre un documento complessivo su come noi intenderemmo la riorganizzazione dell’INPS Di seguito le proposte più dettagliate sull’analisi di revisione della spesa per i singoli ministeri MINISTERO DELLʹINTERNO Il documento sulla spending review fornito dal ministero dellʹinterno lascia aperti molti dubbi soprattutto per la genericità dellʹintervento e il minimo risultato di risparmi, 200 milioni di euro, che si prevede nellʹarco di vari anni (9 anni). Se è possibile valutare positivamente il mantenimento sul territorio delle strutture periferiche dellʹAmministrazione dellʹinterno, non si può dire altrettanto delle funzioni ad esse assegnate e svolte. Assistiamo, infatti, a un accentramento in capo a un unico organismo, con compiti di coordinamento (presumibilmente nella responsabilità del prefetto) delle diverse funzioni dello Stato sul territorio con un accorpamento non solo logistico ma anche funzionale nella gestione dei servizi comuni. Tale questione pone problematiche in relazione ai servizi erogati dalle altre amministrazioni che si vedranno gestite dal Prefetto dal punto di vista delle risorse finanziarie superando il concetto di autonomia delle amministrazioni. LʹUfficio Territoriale dello Stato, così come proposto, risponde ad una logica di accentramento delle funzioni territoriali delle Amministrazioni pubbliche in una singola sede logistica e funzionale che, aldilà dell’esiguo risparmio immediato, rischia di diventare un appesantimento per lʹattività dello Stato nel rapporto con il cittadino andando a perdere quella funzione decentrata, più vicina allʹutenza, che invece riteniamo necessaria per erogare un servizio più efficiente. Anche lʹaffidamento ad unico organo di governo centrale sul territorio non può a nostro avviso garantire quella necessaria capacità autonoma di intervento delle Amministrazioni. Chi stabilirà le attività ispettive degli Uffici provinciali del lavoro? Il Prefetto? Sempre il Prefetto deciderà gli interventi di restauro delle Sopraintendenze in materia di beni culturali, artistici, architettonici? Altra questione che si può sollevare di fronte a una ipotesi del genere è come sarà gestito il personale, tenendo conto del fatto che lʹunificazione dei servizi comuni potrebbe determinare degli esuberi. La previsione dello snellimento di alcune prefetture, oltre a provocare una ricaduta sul personale, sembrerebbe delineare una contrazione dei servizi alla cittadinanza in quanto si focalizza lʹattività delle prefetture più piccole in particolare sullʹordine e la sicurezza pubblica. Non si comprende quale potrà essere lʹattività di questi uffici, quali saranno i servizi che resteranno, a partire in primo luogo dagli sportelli per lʹimmigrazione. 13
La nostra proposta, invece, delinea unʹamministrazione più vicina alla cittadinanza con un ruolo maggiormente significativo delle attività con caratteristiche più amministrative e non quasi esclusivamente di ordine pubblico. Lʹindividuazione di spazi condivisi per le sedi delle amministrazioni centrali sul territorio e la creazione di un unico centro di spesa, che rientrano nella nostra proposta, possono essere condivisibili se, su questo ultimo punto, vengano chiarite le procedure di acquisto dei servizi e l’ autonomia di spesa hanno le singole amministrazioni per le specifiche attività di settore. Proponiamo dunque di: 1) Costituire degli uffici di front office comuni per quelle funzioni più di prossimità verso la cittadinanza che ricevono le istanze dei cittadini tra le amministrazioni, ed una lavorazione delle richieste in back office presso le amministrazioni competenti. Tale ipotesi avrà la necessità di investimenti concreti sul piano tecnologico e di formazione del personale attraverso una vera informatizzazione delle procedure e con la messa in rete degli uffici e lʹampliamento delle possibilità di dialogo telematico tra cittadino e pubbliche amministrazioni. Inoltre adottando questa soluzione si eviterebbero problematiche di gestione del personale e si garantirebbe professionalità nei servizi resi. 2) L’accorpamento logistico delle sedi degli uffici delle Stato sul territorio, valutando lʹuso di beni demaniali per risparmiare su fitti e locazioni (ad esempio sede della Prefettura di Roma di via Ostiense, 2 milioni e 900mila euro lʹanno ad un privato mentre sarebbe possibile utilizzare le caserme dismesse di viale Giulio Cesare). In merito allʹaccorpamento degli uffici centrali, sul quale potremmo trovarci disponibili, quanto previsto nel documento risulta estremamente generico, appena accennato senza che venga specificata la qualità dellʹintervento. Si parla di una revisione delle dotazioni organiche con il taglio delle consolidate carenze di organico e si accenna ad una rivalutazione delle piante organiche dei dirigenti con particolare riferimento alle posizioni di prefetto provenienti dalla carriera della polizia di stato. Tale ipotesi non è prevista, invece, per quanto riguarda il personale civile contrattualizzato che continua a vedere le proprie posizioni, in tutte le sedi della ps, occupate da personale della ps utilizzato in modo improprio. Su questa questione, per razionalizzare la spesa, la nostra proposta avanza la soluzione di dare piena applicazione allʹart. 36 della 121/81, la legge di riforma della Polizia di Stato, che prevede lʹimpiego del personale civile dellʹamministrazione dellʹinterno in quelle funzioni amministrative e contabili di supporto alle attività operative della Polizia di Stato. 3) ad oggi sono migliaia gli operatori della Polizia di Stato, in tutto il territorio nazionale, impegnati in attività non di istituto che hanno un costo fisso superiore a quello di lavoratore civile (circa 37 mila euro contro 28mila) a questi costi vanno aggiunti quelli 14
degli oneri riflessi, del salario accessorio, dellʹaddestramento e dellʹequipaggiamento. Impegni di risorse, ad oggi, non più sostenibili nella situazione di crisi economica che il Paese sta vivendo. In questa ottica particolare attenzione va riservata alla revisione dei ruoli tecnici della ps, prevista nella riorganizzazione del dipartimento di ps. Infatti, come già visto nel corso dellʹestate scorsa, lʹoperazione potrebbe nascondere lʹeventualità di istituire un ruolo amministrativo della ps che andrebbe a sostituire il personale civile che opera, a titolo di legge, negli uffici di polizia. La problematica rappresentata, oltre a investire questioni di carattere sindacale, riveste anche un funzione politica in quanto la creazione di un ruolo amministrativo della ps creerebbe i presupposti per unʹautogestione e un autogoverno della polizia che porterebbe la polizia di stato a essere un ulteriore corpo separato semimilitare rinnegando i principi democratici che trentʹanni fa ispirarono la riforma della polizia. 4) ad oggi una parte consistente delle spese è costituito dalle locazioni di spazi non strettamente necessari e non più connessi allʹincarico, in particolar modo per quanto riguarda la Polizia di Stato. Si tratta di immobili con superfici superiori alle reale esigenze dellʹorganismo e non utilizzati, quali ad esempio gli spazi collettivi di benessere, alla somministrazione dei quali il Ministero non è più tenuto a seguito della legge 121/81 che ha smilitarizzato il Corpo della Polizia di Stato. 5) altra problematica sulla quale si potrebbe intervenire per razionalizzare e contenere le spesa è quella relativa allʹassistenza sanitaria ospedaliera per gli stranieri indigenti.Come rilevato anche dalla Commissione per la finanza pubblica questa funzione diventa un costo per lʹAmministrazione in quanto la mancanza di una specifica conoscenza del settore sanitario impedisce una corretta valutazione delle istanze di assistenza. A tale spesa si può ovviare trasferendo questa funzione al SSN e alla Regioni che in materia hanno una competenza più completa e quindi, attraverso il monitoraggio continuo del territorio che già viene effettuato, possono svolgere unʹattività istruttoria più esaustiva ed efficace. 6) altro punto rilevante per realizzare un risparmio effettivo è quello relativo agli organi accertatori degli enti locali. Occorre da parte di quest’ultimi una maggiore attenzione alle normative vigenti in materia di attività sanzionatoria e ai procedimenti a essa connessa.Infatti in materia di custodia degli autoveicoli sequestrati, impegno finanziario tra i più rilevanti, le spese sono sostenute dal Ministero che non riesce a rivalersi sui trasgressori (anche qui è necessaria una riorganizzazione delle attività di contenzioso che permettano il recupero di risorse che attualmente lʹAmministrazione regolarmente perde non presentandosi in giudizio). La norma in vigore (269/2003) prevede che il bene sottoposto a sequestro venga affidato al proprietario per la custodia, liberando così lʹamministrazione dalle spese; gli organi accertatori, invece, continuano ad affidare ai depositi convenzionati gli automezzi e a inviare in ritardo i verbali alle prefetture, determinando così un elevato costo per la custodia a carico del Ministero (a volte anche 10 anni). 15
In conclusione, la soluzione della piena applicazione dellʹart. 36 e la verifica attenta delle risorse spese per gli alloggi di servizio (costo altissimo), l’intervento nelle funzioni indicate e una diversa organizzazione del lavoro, insieme allʹapplicazione della razionalizzazione dei diversi costi individuati dallʹamministrazione, porterebbero lʹamministrazione a produrre un risparmio certamente superiore a quello previsto nel documento presentato dal Ministro. DIPARTIMENTO VIGILI DEL FUOCO, SOCCORSO PUBBLICO E DIFESA CIVILE Ottimizzazione e riduzione della spesa Il Governo ha già imposto l’ennesima drastica riduzione dei flussi di spesa pubblica da conseguire attraverso una riorganizzazione delle attività ai fini di una più efficiente erogazione dei servizi, dell’eliminazione degli sprechi e della realizzazione di economie di bilancio. Per ciò che concerne i tagli Ministero dellʹInterno, riteniamo che il Corpo dei Vigili del Fuoco abbia già pesantemente subito la politica del rigore e non possa essere sottoposto a ulteriori tagli che provocherebbe il blocco totale delle attività amministrative, tecniche e operative. Occorre agire, dunque, puntando ad ottimizzare e razionalizzare le scarse risorse attualmente disponibili per continuare a fornire soddisfacenti risposte in tema di soccorso pubblico, protezione civile, sicurezza ed emergenza alla popolazione. Lʹattuale modello organizzativo del Dipartimento è troppo burocratizzato e necessita, dunque, di un intervento diretto sullʹapparato centrale allo scopo di garantire una migliore operatività sul territorio e una maggiore autonomia gestionale del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. E’ necessario uno snellimento dei procedimenti e delle relative funzioni dipartimentali sostenendo, nel contempo, un ampio decentramento funzionale attraverso una forte valorizzazione delle Direzioni Regionali e dei Comandi Provinciali. La rivisitazione della struttura interna del Ministero dovrebbe prevedere una riduzione delle Direzioni Centrali, anche in termini strutturali, per consentire il mantenimento di elevati profili di efficienza ed efficacia grazie ad un processo di riconoscimento delle professionalità direttamente recuperabili dal profilo operativo del Corpo Nazionale Vigili del Fuoco. Il CNVVF è stato incardinato nel Ministero dell’Interno dal D.P.R. n. 398 del 7 settembre 2001, con un notevole aumento di posti di funzione e di personale assegnato alle 16
dipendenze delle Direzioni e Uffici Centrali per un totale incremento complessivo di 800 unità, di cui 100 con funzioni dirigenziali. Tale dilatazione dell’organico non è stata seguita da un corrispondente aumento di risorse, bensì da una sottrazione delle disponibilità economiche dei vari Comandi Provinciali a discapito del servizio di soccorso reso alla popolazione. In definitiva, si presenta l’urgenza di ridurre il costo complessivo dell’apparato burocratico centrale del Dipartimento dei VVF, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile, che ammonta attualmente a 95 milioni di euro. Informatizzazione dei servizi. Un rilevante contenimento dei costi è possibile anche attraverso il perfezionamento dell’efficienza della macchina amministrativa, ponendo particolare attenzione alle potenzialità offerte dalle nuove tecnologie dellʹinformazione e della comunicazione all’interno di in un processo di cambiamento dell’attività finalizzato ad una maggiore interazione tra i cittadini e la Pubblica Amministrazione. L’informatizzazione del Dipartimento e degli uffici territoriali del Corpo Nazionale, inoltre, grazie ad esempio ad una migliore gestione del protocollo informatico, alla digitalizzazione completa dei rapporti di intervento oppure all’utilizzo del libretto individuale di formazione, consentirebbe una razionalizzazione non solo del tempo, ma anche delle risorse umane e strumentali. I seguenti interventi, proposti dalla FP CGIL, assicurerebbero un taglio dei costi strutturali con una diminuzione che si aggira intorno al 20%, senza alcuna importante riduzione del servizio prestato dagli Uffici Centrali. Modifiche strutturali uffici dipartimentali: Direzione Centrale della Difesa Civile e delle Politiche di Protezione Civile: 1. soppressione della Direzione Centrale con trasferimento degli uffici per la gestione dei C.A.P.I. alla Direzione Centrale Emergenza e Soccorso Tecnico; 2. La Direzione Centrale Emergenza e Soccorso Tecnico tratterà delle attività, anche di carattere internazionale, afferenti alla Difesa Civile ed alla Protezione Civile; 3. Soppressione della struttura denominata “D.C. 75” Ufficio Centrale Ispettivo: 1. Soppressione dell’Ufficio con trasferimento delle funzioni allo staff del Capo del Corpo; con la soppressione dei tre Uffici Ispettivi ( Italia settentrionale, centrale e meridionale) le ispezioni saranno demandate ai Direttori Regionali dei VVF. Direzione Centrale per gli Affari Generali: 17
1. Soppressione della Direzione Centrale con trasferimento delle competenze alla Direzione Centrale per le Risorse Umane. MINISTERO INFRASTRUTTURE E TRASPORTI Le proposte avanzate dall’autorità governativa, impattano negativamente soprattutto sul settore motorizzazione prevedendo la costituzione di un’Autorità autofinanziata, dimenticando ancora una volta il settore marittimo che attende da anni un riassetto organizzativo, così da consentire la diretta correlazione delle funzioni di regolazione proprie delle Direzioni Generali e delle funzioni di vigilanza specifiche del Comando Generale delle Capitanerie di Porto. Spese di Funzionamento 1. L’amministrazione ha in organico figure professionali specifiche del settore informatico, nello specifico: esperto informatico, tecnico informatico, operatore informatico, assistente informatico. L’impiego di dipendenti propri dell’amministrazione su progetti informatici necessari alla gestione del personale, di banche dati e gestione di archivi, permetterebbe di reinternalizzare le procedure attualmente affidate in out sourcing. 2. Particolare attenzione merita il S.AP. (gestione presenze) in uso presso le sedi centrali e alcune periferie, che ha un altissimo costo di assistenza e supporto e potrebbe essere sostituito da programmi già sviluppati da una equipe di programmatori in ruolo presso l’Amministrazione. 3. Razionalizzazione degli help‐desk, attualmente 2 (telecom e Hp) e ripristino di assistenza mediante personale proprio dell’Amministrazione. 4. Adozione di sistemi operativi open source che, oltre all’economicità, presentano ulteriori vantaggi in quanto, essendo più leggeri, girano su macchine meno potenti rispetto a quelle richieste dai pacchetti Microsoft, sono meno soggetti agli attacchi di virus e offrono aggiornamenti gratuiti, con interfaccia grafica simile a quelle offerte da Microsoft. 5. non dovrebbero essere possibili emolumenti non direttamente connessi allo svolgimento di un’attività lavorativa documentata ufficialmente (indennità, struttura tecnica di missione), la cui durata sia conforme a quanto previsto dalle normative contrattuali. 6. in via prioritaria si deve intervenire in modo radicale sui contratti di consulenza e alla internalizzazione delle attività attualmente gestite da soggetti terzi. Autorita’ Portuali Le Autorità Portuali, istituite con la legge 84 del 28 gennaio 1994 nei seguenti porti, erano, secondo legge, originariamente 18: sono ora lievitate a 24. La loro espansione non sempre è stata legata a motivi di interesse nazionale come 18
nel caso di Manfredonia; si riporta quanto contenuto nella Determinazione della Corte dei Conti n. 87/2009 che richiama l’Amministrazione sulla “necessità che l’Autorità portuale di Manfredonia venga al più presto definita. Appare indubbio che in assenza di personale proprio e di idonei strumenti operativi e gestionali, la gestione commissariale in atto risponde al solo scopo di consentire il godimento dei relativi compensi”. 1. Pur riconoscendo alle Autorità Portuali il ruolo di volano dell’economia marittima, potrebbero essere rimodulate, razionalizzate, accorpate, ridotte. Capitanerie di Porto Riconfermiamo la necessità di “istituzionalizzare” le strutture periferiche del settore Marina, specificando che la funzione amministrativa risiede in capo alle Direzioni Generali e che al Comando delle Capitanierie di Porto fa capo solamente la gestione delle strutture periferiche, presso le quali presta servizio personale civile. 1. Una nuova regolamentazione delle attività istituzionali potrebbe rilanciare l’attività del Dipartimento del Trasporto marittimo e produrre notevoli risparmi di spesa di funzionamento (stipendi, acquisto materiale informatico, ecc.) che, come risulta da dati della Ragioneria Generale dello Stato per l’anno 2005, hanno inciso per il 56,43% sul totale complessivo di spesa fronte dell’1,59 del Dipartimento. Agenzia della Motorizzazione Civile Il settore motorizzazione civile attualmente ha una struttura articolata in tre livelli: 1) Dipartimento dei Trasporti 2) Direzioni Generali territoriali interregionali; 3) Uffici Motorizzazione Civile a livelli provinciale. L’attuale organizzazione prevista dall’ultimo D.M. ha comportato incrementi di spesa derivanti dall’istituzione di un livello intermedio che, di fatto, non ha migliorato l’efficienza del servizio offerto all’utenza. Premesso quanto sopra, concordiamo nella necessità di riorganizzazione del settore motorizzazione finalizzata al miglioramento del servizio pubblico, mediante: 1. L’abolizione delle Direzioni Generali Territoriali, con conseguente rivalutazione degli UMC, funzionalmente correlati al Dipartimento dei trasporti; 2. soppressione delle sedi distaccate facenti capo alla stessa provincia i cui stabili sono di proprietà dei comuni oppure di soggetti privati a cui si paga una locazione e dove i tecnici si recano sistematicamente per effettuare operazioni tecniche spesso in situazioni di precarietà igenica; 3. dismissione dei contratti individuali onerosi con postecom per firma digitale internalizzando il servizio verso la struttura informatica già presente in amministrazione centrale; 4. omogenizzazione e definizione degli standard di qualità dei servizi a livello nazionale; 5. Implementazione dei capitoli di spesa necessari all’effettuazione dei controlli volti alla sicurezza stradale presso i centri autorizzati alle revisioni veicoli 19
legeri, dei controlli sulle autolinee, delle autoscuole che effettuano corsi per recupero punti patente, studi di consulenza automobilistica autorizzati alle immatricolazione veicoli, controlli su strada a campione dei veicoli pesanti; 6. previsione di un meccanismo per le prestazioni dei funzionari (già esistente vedi legge 870/86) regolato con criteri di trasparenza e legato a standard di qualità definiti a livello centrale. Al contrario di quanto previsto nel documento Giarda sulla nascita di un’Agenzia autofinanziata per la gestione della Motorizzazione Civile (così l’alto tasso di corruzione già presente nelle motorizzazioni non potrebbe che aumentare), noi riteniamo: 1. possibile la nascita di un Agenzia Nazionale pubblica a finanziamento interamente pubblico sottoposta a vigilanza del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che, accorpando tutte le competenze pubbliche di ACI e motorizzazione Civile, rappresenti l’unico “interlocutore” dell’automobilista in quanto unica filiera della vita del veicolo. L’Agenzia svolgerebbe tutte le funzioni tecnico‐operative, con poteri ispettivi e di controllo improntando la propria opera a criteri destinati ad elevare la qualità dei servizi resi ai cittadini (accorpamento di funzioni omogenee) ed a uniformare e coordinare i servizi sul territorio nazionale. Autorità per i Trasporti L’Art. 36 del”Cresci Italia” ha istituito l’Autorità per i Trasporti che oltre ad essere soggetto tecnico regolatore degli oneri tariffari, riveste un ruolo di programmazione nello stabilire condizioni minime di qualità dei servizi. In particolare, con riferimento al trasporto pubblico locale, gli standard di servizio si presentano difformi all’interno del territorio nazionale; peraltro la definizione di parametri di riferimento acquista rilevanza nel momento in cui vengono ad essere previste ispezioni destinate al monitoraggio sulla qualità offerta all’utenza. Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha sedi diffuse in modo capillare su tutto il territorio e, mediante il personale ivi presente potrebbe fornire all’Autorità per i Trasporti i dati relativi al servizio fornito all’utenza dalle aziende di singole aziende di Trasporto. Riteniamo utile ragionare sulla possibilità di effettuare ispezioni/controlli sulla qualità del trasporto pubblico locale (TPL) garantendo così una quantità di dati importantissima ai fini statistici che consentirebbero di assumere decisioni di intervento nel settore del TPL in maniera mirata ed omogenea. MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITÀ E RICERCA Il diritto all’istruzione è uno dei diritti fondamentali di cittadinanza, sancito dalla Costituzione e deve poter essere effettivamente esigibile da tutti i cittadini in ogni parte del Paese. Il documento Giarda sulla spending review, costruito prima di tutto nell’ottica del risparmio delle Pubbliche amministrazioni, potrebbe avere un effetto negativo 20
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