TORNARE A RIVEDER LE STELLE - di Alberto Melotto

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TORNARE A RIVEDER LE STELLE - di Alberto Melotto
TORNARE A RIVEDER LE STELLE
di Alberto Melotto*

E’ questa l’informazione che davvero vogliamo? Ogni giorno,
siamo presi da un estenuante lavoro di analisi e di indagine,
di verifica e di accertamento, per evitare di cadere nelle
trappole tese dagli organi di informazione. Pochi giorni fa,
il 28 aprile, abbiamo pubblicato una nota redazionale tesa a
smentire, dati alla mano, la notizia fatta circolare
impunemente da Repubblica, Corriere della Sera e Messaggero,
che affermava essere in atto una ripresa del contagio da
Covid-19 in Germania.

Niente di più falso.

Ed infatti, a stretto giro di posta, sono seguiti distinguo,
smentite, imbarazzate scuse, da parte dei quotidiani sopra
citati.

E’ soltanto un esempio come tanti. Lo stesso Giuseppe Conte ha
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rincarato la dose, paventando 151.000 persone in terapia
intensiva, in caso di riapertura prematura, cifre che
presupporrebbero milioni e milioni di contagiati, e lasciamo
all’intelligenza dei nostri lettori commentare la veridicità
di tali ipotesi.

Ora, ci chiediamo come possa formarsi un dibattito democratico
libero e consapevole, quando le fonti alle quali tutti noi ci
abbeveriamo sono così palesemente, e spudoratamente,
inquinate.

Nella vicenda del CoronaVirus, gli organi di informazione del
nostro paese hanno giocato un ruolo tutt’altro che secondario,
contribuendo ad appesantire una situazione già non proprio
idilliaca. Sospettiamo che l’informazione urlata ed ansiogena
abbia dato un forte contributo, verso la sciagurata decisione
del cosiddetto lockdown, una chiusura generalizzata delle
nostre attività produttive, e la detenzione casalinga per le
persone fisiche, eseguite peraltro senza criterio, senza
razionalità, con intento meramente punitivo. Col passare delle
settimane, il governo e in generale la classe politica
nostrana non sono riusciti ad affrancarsi dalla presenza
ingombrante e malsana di questo giornalismo che si è
dimostrato il vero braccio armato della repressione.

Vale la pena citare due episodi, altamente significativi.

Alla fine del mese di marzo, diverse associazioni di
cittadinanza attiva, specie quelle formate da genitori,
avevano spedito lettere aperte e petizioni al governo,
affinché prendesse in considerazione l’attuazione di misure
meno stringenti, e permettesse quindi ai minori di uscire di
casa, almeno per una breve passeggiata. E’ palese, che la
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forzata chiusura entro la mura di casa, è stata la causa di un
mutamento dell’umore nei più piccoli, fenomeni di
irrequietezza, apatia, tristezza, sono stati ravvisati in
molte famiglie italiane. Si era venuta a creare una situazione
paradossale, nella quale il cagnolino poteva uscire dal
condominio, ma non i bambini, per di più guardati a vista dai
malevoli e occhiuti vicini di casa, pronti a urlare male
parole a chi avesse osato mettere il naso fuori di casa.
Almeno in questo singolo caso, bontà sua, il governo Conte si
decise ad agire, ed il Viminale emise in data 31 marzo, una
circolare per permettere a bambini ed adolescenti di compiere
la tanto agognata passeggiata, purché accompagnati da un
genitore e per un tempo massimo di un’ora.        Lieto fine,
dunque?

Nemmeno per sogno. Alle conferenze stampa delle 18:00 della
Protezione Civile, come anche negli editoriali sui quotidiani,
fu tutto un fioccare di acide critiche: il governo pecca di
irresponsabilità, si dà l’impressione alla popolazione
italiana che l’emergenza sia terminata, si lascia campo libero
a chi vuole far festa in mezzo alla pubblica via, il contagio
riprenderà a crescere, e così via.

Ora: un giornalista di qualsiasi testata non poteva non essere
a conoscenza dei motivi che avevano ispirato la circolare del
Viminale, la quale intendeva venire incontro a specifiche, ben
motivate e circostanziate richieste provenienti da settori
della popolazione preoccupati per la salute e il benessere dei
propri figli, e che non includevano alcoolizzati seriali, o
spensierati universitari da Erasmus spagnolo, nostalgici della
movida notturna.

Insomma, i professionisti dell’informazione si trovavano, non
certo per la prima volta, in netta malafede. Stizziti,
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impermaliti per il possibile venire meno di quell’angosciosa
atmosfera di paura simile a collosa nebbia che si attacca ai
vestiti, avevano levato gli scudi, pronti ad osteggiare una
norma di buon senso pur di vendere qualche copia di giornale
in più.

Pochi giorni più tardi, vi fu addirittura un caso diplomatico,
che in altri tempi, e con altri interlocutori d’oltre cortina
meno pazienti e avveduti, avrebbe fornito probabilmente un
epilogo più burrascoso.

Come ricordiamo tutti, alcune nazione straniere si erano rese
disponibili, nel corso dell’epidemia, a fornire macchinari e
attrezzature e prestare aiuto in campo medico, con l’invio di
dottori e infermieri. Fra queste, la Russia dell’odiato Putin.
Odiato da chi? Di certo, odiato dal quotidiano La Stampa, fino
a pochi giorni fa diretto dal filo-atlantista e filo-sionista
Maurizio Molinari, ora passato a svolgere la sua professione a
Repubblica, in un valzer di poltrone all’interno del gruppo
editoriale Gedi, a maggioranza azionaria targata Fiat.

Che alcune nazioni ancora fedeli al socialismo, come Cuba,
tanto bistrattate dai guru del liberismo nostrano, si
potessero permettere di dimostrare al mondo intero che una
vera e robusta sanità pubblica è uno strumento formidabile a
cui aggrapparsi nei momenti di difficoltà, era senz’altro
fastidioso e irritante. Ma un intervento diretto del gigante
russo, il nemico numero uno del Deep State americano nel dopo-
guerra fredda, questo no, non si poteva tollerare in alcun
modo.

E allora venne orchestrata, messa in piedi una campagna di
stampa del tutto infondata, sprofondata nell’umorismo
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involontario. L’esercito russo aveva inviato truppe nella
provincia di Bergamo, la più colpita in quel momento
dall’epidemia, con lo scopo di costruire un ospedale da campo
per i contagiati. Il giornalista de La Stampa Jacopo Iacoboni
(un nome che ricorda le avventure del signor Bonaventura nel
Corriere dei Piccoli del tempo che fu) citò fonti di alto
livello del nostro governo, malauguratamente del tutto
anonime, per far credere che i russi fossero calati nella
Valle padana per spiare, scoprire segreti politico-militari.
Come ci si poteva aspettare, l’amministrazione russa manifestò
il proprio sdegno: come, noi veniamo a portarvi aiuto, e voi
ci accusate di spionaggio? Prima l’ambasciatore in Italia,
Sergej Razov, in una lettera aperta al direttore de La Stampa
Molinari, e in seguito il portavoce del Ministero della difesa
russo, Igor Konashenkov, chiesero giustificazioni e
spiegazioni credibili.

Naturalmente   Jacoboni   e   Molinari   risposero   sdegnati,
refrattari ad ogni autocritica come al senso del ridicolo, e
si atteggiarono a martiri, schierati a difesa della libertà di
stampa, che a loro modo di vedere equivale a poter elargire
falsità a destra e a manca. Purtroppo tutto l’arco
parlamentare di casa nostra, non soltanto non provò a chiudere
l’episodio in maniera dignitosa, scusandosi com’era doveroso
con chi di dovere, ma andò dietro agli strepiti dei due
galletti.

Dalla deputata Alessia Rotta del Partito Democratico a Matteo
Renzi di Italia Viva, dal senatore Andrea Cangini di Forza
Italia, fino a Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana-Leu,
tutti    si   accodarono     ad   un’improbabile      difesa
dell’indifendibile, dimostrando così che l’accusa di
russofobia del portavoce Konashenkov non era un’esagerazione,
bensì una semplice realtà.
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Non che prima del CoronaVirus, lo stato dell’informazione
fosse molto più brillante, ma ora sembra essere caduta ogni
maschera, e ormai il fruitore di notizie viene trattato alla
stregua di un bambino dalle ridotte capacità intellettive, e
quindi spronato ad obbedire, senza fare tante storie.

Negli ultimi vent’anni, principalmente a causa dello sviluppo
di Internet, la strategia della contro-informazione si è
appoggiata in gran parte sulla creazione di blog e web-tv,
queste ultime spesso caratterizzate da una cronica penuria di
fondi, e quindi impossibilitate a svolgere un ruolo di
incisivo contraltare ai megafoni di regime. Fanno eccezione,
almeno in parte, due meritorie realtà come byoblu e PandoraTv,
che comunque soffrono anch’esse dei problemi di budget, e per
questo motivo il tanto atteso e auspicato salto verso il l
mondo del digitale terrestre non si è ancora verificato.

I fanatici della Rete, come il Beppe Grillo tribuno del popolo
prima maniera, dovrebbero ora ammettere che il web non ha
saputo conquistare quelle sterminate platee che ancor oggi
seguono l’informazione della televisione generalista. Ma c’è
di più; proprio la vicenda del finto spionaggio di cui sopra,
ci dice chiaramente che anche il mondo della carta stampata,
per fortuna o purtroppo, recita ancora una parte importante
nel mondo culturale e politico. Nonostante il drammatico calo
di vendite degli ultimi decenni, i giornali quotidiani, simili
a nobili decaduti, possiedono ancora un’aura di prestigio,
ereditata dal passato, e certamente immeritata, ma di fatto
capace di renderli degni di nota agli occhi di un ministro di
una potenza straniera.

Per questo chi cerca, con notevole dispendio di energie e di
fatica, di costruire un nuovo soggetto politico nell’area del
socialismo nazionale, dovrà ragionare su quanto sia essenziale
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costruire una nuova egemonia culturale attraverso la creazione
di nuovi canali informativi.

Se il Manifesto si preoccupa di bollare come sommi pericoli
l’emergere di populismi e sovranismi, e se il Fatto Quotidiano
non ha mai saputo offrire ai propri lettori un’elaborazione
politica di ampio respiro, limitandosi alla denuncia della
corruzione spicciola, sarò compito nostro ovviare a questa
lacuna, le cui conseguenze si fanno sentire in maniera sempre
più gravosa.

*Alberto Melotto è membro del Comitato Popolare Territoriale
di Torino

UE: DENTRO O FUORI? diretta
streaming, 1 maggio ore 18:00
di Cpt Perugia
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Mentre la pandemia sta causando un crollo economico senza
precedenti, l’Unione europea volta le spalle all’Italia e
rischia di implodere sotto il peso delle sue contraddizioni e
delle sue assurde regole liberiste. La sola via d’uscita che
l’Italia ha per evitare una catastrofe è tornare alla piena
sovranità politica e monetaria.

Domani, 1 maggio, alle pre 18:00, collegandosi alla pagina
facebook di Liberiamo ‘Italia – Perugia, diretta streaming
organizzata dal Comitato Popolare Territoriale di Liberiamo
l’Italia – Perugia

Presiede: Fabio Palmieri.

Intervengono: Massimo Giombolini, Enrico Sodacci, Damiano
Stano, Marcello Teti, Giacomo Zuccarini

ORA BASTA!
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Contro il decreto del governo che ci porta alla fame e ci
toglie la libertà il 4 maggio manifestiamo come cittadini di
sana e robusta Costituzione

Liberiamo l’Italia approva ed appoggia ogni iniziativa, a
partire dalle proteste del prossimo 4 maggio, volte, nel
rispetto delle distanze fisiche precauzionali, a chiedere una
svolta che ponga fine al blocco autoritario della vita
sociale, economica, politica e democratica del Paese — tanto
più perché questo blocco riguarda in modo indiscriminato tutto
il Paese. Tali azioni di pacifica disobbedienza civile si
svolgeranno in attuazione del diritto di ispirazione
costituzionale di legittima resistenza agli atti dei poteri
pubblici che violino libertà fondamentali e diritti garantiti
dalla Costituzione del 48.

Difronte alle sproporzionate e dispotiche misure del governo
Conte, queste proteste sono non solo sacrosante, ma legittime
in base ai principi costituzionali della inviolabilità dei
diritti di libertà personale (art. 13), di svolgere attività
lavorativa (art. 4), di circolazione (art. 16), di riunione
(art. 17), di manifestazione del pensiero (art. 21), di
istruzione (art. 33 e 34), di libera iniziativa economica
(art. 41). Liberiamo l’Italia esprime, inoltre, piena
solidarietà verso tutte le confessioni e le comunità di
credenti di fatto private della libertà di culto (art. 19):
come ha ricordato anche il vescovo di Ascoli, i luoghi di
culto non sono luoghi di contagio.

Il governo peraltro, andando incontro alla Confindustria, ha
fatto sì che riaprissero quasi tutte le fabbriche, che
evidentemente non considera «luoghi di contagio», è
inaccettabile che invece condanni a morte e come untori,
milioni di lavoratori non garantiti, centinaia di migliaia di
piccole aziende, partite       iva,   commercianti,   liberi
professionisti, artigiani…

Non ci fermerete con l’elemosina! Vogliamo Lavoro, Reddito,
Dignità e Libertà.

Per evitare la catastrofe, uscire da questo blocco! Uscire
dalla gabbia dell’Unione europea e riconquistare la sovranità
monetaria!

Coordinamento nazionale di Liberiamo l’Italia
IL SILENZIO DELLE ANIME BELLE
E IL TRADIMENTO DEL POPOLO
ITALIANO di Umberto Spurio

Non ho mai sostenuto Salvini e sono stato un feroce critico
del governo 5Stelle – Lega.

Ricordo titoloni dell’Espresso, di Avvenire, di Repubblica che
puntavano il dito su Salvini e sul decreto “sicurezza”,
urlavano al pericolo fascista.

Tutto il PD era schierato con questo coro, anzi ne era
ispiratore con la sua rete territoriale e nelle redazioni dei
media.

Quanto resta della sinistra delle ZTL produceva grafiche con
Salvini vestito da duce, appeso a testa in giù e via con la
stessa idea: questo ci sta togliendo le libertà e stiamo
entrando in un nuovo fascismo.

Dove sono? Dove si sono nascosti oggi che a forza di decreti
del presidente del consiglio dei ministri si impongono
disposizioni che presuppongono una situazione di guerra?

Dove sta il loro europeismo, perchè non lo tirano fuori ora
che in Europa solo l’Italia ha imposto ai cittadini misure
draconiane senza affiancarle da misure economiche adeguate?

Sono vietate le manifestazioni a vario titolo, Conte dice che
sono vietati gli assembramenti, termine molto caro al
fascismo. E’ vietato manifestare, è chiaro?

Sono certo che se al governo ci fosse stata la Lega non
avrebbe potuto fare di meglio. Ma sarebbe stata accusata di
fascismo. Ora che al governo c’e’ il PD è per senso civico.

Un governo che merita rispetto non tratta i cittadini come
bambini deficienti. Un governo che non ha paura non vieta il
dissenso dei cittadini che – fino a Costituzione in vigore –
hanno il diritto di manifestare le proprie opinioni, fosse
anche indossando tute e sfilando a tre metri di distanza!

E’ stata stravolta la Costituzione, la sovranità popolare è
stata buttata nel cesso, il governo emana decreti provvisori
con forza di legge ma mai convertiti in legge.
I giudici, i dirigenti delle forze dell’ordine, i direttori
delle testate mediatiche, insieme a tutti i politici e i
funzionari di Stato si stanno rendendo responsabili di atti
contro il Popolo italiano.

Giova ricordare loro quanto scrisse Antonio Gramsci, che di
fascismo se ne intendeva, come se ne intendeva di sollevazione
popolare:

“Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che
avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua
volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la
spada potrà tagliare, lascia promulgare le leggi che poi solo
la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini
che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare.”

NEURONI NON IMMUNI di Lorenzo
Sartori
Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

Con la Fase 2 sarà fondamentale utilizzare una preziosissima
App. Non parlo di Immuni, ma di un’app ben più potente e
sicura, Neuroni.

Sviluppata da Madre Natura, Neuroni è un’app gratuita che non
sfrutta la tecnologia Bluetooth, bensì la ben più collaudata
tecnologia Sinapsi.

Si tratta di una tecnologia per nulla invasiva della privacy e
che rende l’app comunque utile anche quando il 60% della
popolazione non ne fa uso.

Le due app (una non esclude l’altra) funzionano in modi
differenti. Facciamo un esempio.
La app Immuni vi dice se il tizio che era con voi in ascensore
vi ha infettato.
La app Neuroni che per fare due piani potete prendere le
scale, che ultimamente non è che avete fatto tutta questa
attività fisica.
La app Immuni vi dice se la signora con cui avete litigato al
supermercato per l’ultima confezione di lievito vi ha
infettato.
La app Neuroni vi suggerisce invece di non litigare per una
confezione di lievito e di non infilarvi nella corsia del
supermercato dove sono presenti ben dodici provetti
panificatori manco fosse il festival del pane di Altamura.

Ma il grande vantaggio di Neuroni è che è già installata in
ogni scatola cranica e non richiede quindi uno smartphone.
Neuroni è di facile utilizzo anche se per tenerla operativa è
necessario aggiornarla costantemente. Esistono vari modi per
tenere la app Neuroni aggiornata, ma studi scientifici
dimostrano che leggere è il metodo più efficace.

Dal momento che però non tutti sono consapevoli della
potenzialità di questa app, permettetemi di darvi qualche
suggerimento sul settaggio.
Un primo test che potete fare per vedere lo stato di salute
della vostra app è questo.
Avete tifato per il poliziotto che inseguiva il runner
solitario sulla spiaggia con l’appoggio di elicotteri, droni e
satelliti e non vi hanno per nulla infastidito i ventuno
milioni di euro sprecati per un ospedale inutile realizzato
solo per marketing politico?
Ecco, in questo caso avete dei problemi di settaggio. E può
essere anche che le parole della D’Urso abbiano in qualche
modo hackerato il vostro sistema operativo.

Purtroppo non è possibile resettare il tutto, ma qualche
rimedio proprio in vista della Fase 2 è possibile. Ora vi
spiego come fare. Accedete al menù principale. Cercate le
funzioni “hater”, “delatore” “caccia-alle-streghe” e togliete
la spunta. Mettete invece la spunta a “spirito critico”, “buon
senso”, “prudenza”, “empatia” e “solidarietà” e salvate le
nuove impostazioni premendo ok.
Ecco, così facendo avrete a disposizione la più potente arma
per affrontare la Fase 2.

P.S: se nel frattempo ascoltando il consiglio di Trump vi
siete iniettati o avete ingerito della candeggina, sappiate
che la vostra app non è stata danneggiata. Semplicemente, per
un errore di fabbrica, non vi è mai stata installata. Capita.

Fonte: Lorenzo Sartori, editore e giornalista

IN  GERMANIA   IL                           CONTAGIO
AUMENTA. FALSO!!!
La dittatura del “tutti a casa” è alla disperata caccia di
“fake news”. Siccome siamo effettivamente a casa, gliene
forniamo una fresca fresca.

Ore 13:30 del 28 aprile. Tutti i giornaloni sparano la
notiziona: “La Germania allenta il lockdown e il tasso di
contagio risale” (la Repubblica); “In Germania risale l”indice
di contagio R0: doccia fredda sulla ripartenza del Paese”
(Corriere della Sera); “E in Germania il contagio risale” (Il
Messaggero). Al pari delle schiere di virologi ed epidemiologi
televisivi, che hanno il sacro terrore di tornare nell’ombra
qualora l’epidemia (come in effetti sta avvenendo) declinasse,
tutti rapidi quando c’è da dare buone notizie…

Problema: quanto è fondato questo terrorismo? La fonte è il
“Robert Koch Institute”, ma in tutta evidenza si tratta solo
di stime, quanto attendibili ce lo dirà il futuro.

A noi pare, però, che le cose non quadrino. Se il tasso di
contagio fosse in risalita, anche il numero dei casi dovrebbe
crescere. Ma così non è.
Qui sotto le curve del contagio in Germania ed in Italia.

Curve dei casi giornalieri in Germania ed in          Italia,
aggiornate al 27 aprile (fonte Worldometers)

Primo, non c’è alcun segnale di peggioramento della curva del
contagio in Germania. Secondo, la tendenza al calo è assai più
netta in Germania che non nell’Italia blindata dai cialtroni
del governo Conte. Che ci dicono in proposito i giornaloni?

In effetti circolano diverse fake news…

LA CRISI ITALIANA E IL TEMPO
CHE STRINGE di Vadim Bottoni
Il Consiglio europeo del 23 Aprile doveva pronunciarsi su un
pacchetto di misure di sostegno alle economie dei paesi
dell’UE che si trovano in piena emergenza sanitaria e di
fronte alla più grave crisi economica del dopoguerra.

Di queste misure sentirà di certo la mancanza il Regno Unito,
novello ex paese membro, che gestirà l’emergenza senza pacchi
(MES) e pacchetti (Sure, Bei, ed abbozzi vari) ma
semplicemente attraverso la Bank of England che finanzierà
direttamente e illimitatamente il Tesoro britannico,
consentendogli di svincolarsi dai mercati per tutto il periodo
della crisi.

Nell’UE simili “eresie” sono escluse, anzi vietate dai
Trattati, così stiamo navigando in un mare di incertezze in
cui l’unico approdo a portata di fatto è il MES, il cosiddetto
fondo salva-stati che rappresenta una cura peggiore del male
indipendentemente dalla versione, light o hard che sia.
Infatti mentre nel pacchetto gli altri strumenti finanziari
sono il Sure e la Bei, tutt’ora precari oltre ad essere
inconsistenti, a cui aggiungiamo il Recovery Fund che allo
stato attuale è solo una proposta di intenti, l’unica certezza
che rimane è il MES, quel meccanismo le cui casse prima devono
essere impinguate dai versamenti degli Stati e poi si attiva
imponendo condizionalità, ovvero prescrizioni finanziarie
vessatorie e recessive. Condizioni recessive in una crisi di
tal portata significa distruggere capacità produttiva e
possibilità di lavoro in modo non più recuperabili. La pillola
del MES non può essere addolcita dalla formula che prevede la
sospensione di condizionalità perché a norma dei Trattati
(art. 136 TFUE) e dei Regolamenti (472/2013) UE, la mannaia
delle condizionalità è parte integrante del meccanismo in cui
rischiamo di finire. Il fatto che il MES sia allo stato
attuale l’unica porta di accesso dell’eventuale intervento
diretto della BCE, tramite specifiche operazioni (OMT),
rafforza la tesi della pressione posta in atto per accedervi.

Le altre voci di “solidarietà europea” relative alla cassa
integrazione e agli investimenti dovrebbero essere ricoperte,
rispettivamente, dal Sure e dalla Bei che per dirla in breve
sono la classica partita di giro, di risorse da impegnare e
garanzie da prestare, che per l’Italia, in qualità di
contributore netto, alla fine del giro risulterebbe più
l’impegno che la resa. Vista poi la bocciatura degli Eurobond,
sempre debito ma almeno condiviso tra tutti i Paesi membri e
che proprio per questo la Merkel ha definito “inadeguati”, si
è abbozzato lo strumento del Recovery Fund, un intervento una
tantum che non cambia le regole del gioco e ben inteso non
consiste in una mutualizzazione del debito. Oltre a questo il
problema del Recovery Fund è che la Commissione dovrà poi
definire in una proposta in cui spiegare come collegare le
obbligazioni emesse con il bilancio europeo: considerando che
l’Italia e Spagna vorrebbero prestiti perpetui mentre i Paesi
nordici no, non stupirebbe che il processo si incanalasse in
una, ormai ricorrente, inconcludenza di fatto.

Alla luce di quanto detto, seppur sbrigativamente, l’entità a
livello europeo di “complessivi” 500 miliardi circa prevista
nel pacchetto è non solo inadeguata sulla carta, ma in buona
parte destinata a rimanere sulla carta, eccezion fatta per il
MES di cui invece dovremmo fare cartastraccia!

In questo contesto la decantata sospensione del fiscal
compact, ovvero la possibilità di fare deficit di bilancio,
oltre ad essere solo temporanea apre lo scenario di un enorme
e repentina offerta di titoli di Stato sul mercato che, senza
l’intervento incondizionato della BCE, darebbe spazio a
comportamenti speculativi e a una impennata degli spread. In
tale scenario la sospensione dei vincoli di bilancio suona
come un invito a poter correre liberamente, ma in un campo
minato.

Sembra quindi che niente possa salvarsi, ma cosa servirebbe
allora?

Il crollo attuale e previsto della produzione e dei redditi
imporrebbe una monetizzazione del debito alla stregua di
quanto prima descritto per il Regno Unito con la Bank of
England, quindi un finanziamento diretto e non a debito allo
Stato per attuare le manovre di sostegno ai redditi e di
rilancio degli investimenti pubblici, misure ad oggi vitali e
non procrastinabili.

Nell’UE invece non si può prescindere dalla condizione del
debito, che oltretutto non può essere mutualizzato, ovvero
condiviso, come più volte ribadito da Olanda e Germania e
palesato nel rigetto degli Eurobond che avevano proprio questa
caratteristica. Mutualizzare il debito significa condividere i
rischi, e di questa condivisione non solo non c’è traccia
nell’UE ma all’interno dell’eurozona la negazione della
condivisione è diventata un elemento costitutivo, certificato
dall’esistenza permanente dello spread: infatti una valuta che
ha diversi costi del denaro (al Sud e al Nord) non è una
valuta realmente condivisa. Tant’è che lo spread in diversi
documenti delle istituzioni europee è trattato come una
fisiologia mentre dovrebbe essere gestito come una patologia
del sistema. Infatti è palese che questa discriminazione nel
costo del denaro tra gli Stati altera la competitività degli
stessi, visto che le rispettive imprese devono finanziare la
loro produzione sostenendo oneri molto differenti. Ma la
ragione per cui alcuni Stati beneficiano degli spread è la
ragione per cui non accetterebbero mai la condivisione dei
rischi, quindi la mutualizzazione dei debiti, ovvero Eurobond
e tutti gli strumenti con nomi di fantasia ad essi
assimilabili.

I tavoli negoziali delle istituzioni europee riproducono
semplicemente questi interessi acquisiti che, per quanto
visto, sono la ragione stessa per cui quegli Stati in quei
tavoli si siedono. Non è un caso quindi che ad oggi il MES è
l’unico strumento già pronto, tra i quattro del pacchetto, e
può intervenire fin dalle prossime settimane per sostenere una
raccolta di fondi sul mercato che l’Italia avvierà con una
inedita intensità per finanziare il fabbisogno necessari alla
improcrastinabile   manovra   per   la   nostra   sopravvivenza
economica.

In conclusione, la lezione da trarre della lenta e irrisoluta
trattativa europea è che di strumenti finanziari accettabili
per noi non ce ne sono e non ce ne possono essere, di tempo
ulteriore non ne abbiamo e se non iniziamo a fare da soli
quello che dentro la gabbia dell’UE una banca centrale non può
fare, da questa crisi epocale in piedi non ne usciamo.
LA “FASE 2”: PROPOSTE                                    DI
LIBERIAMO L’ITALIA

La “Fase 2” che vogliamo

Le idee e le proposte di LIBERIAMO L’ITALIA

L’epidemia da Covid 19 è una cosa seria, la crisi economica e
sociale che ha innescato lo è ancor di più. Per decenni ci si
è abituati a pensare alle malattie infettive come ad un brutto
ricordo del passato, al massimo un problema riguardante il
solo Terzo mondo. Questa convinzione, piuttosto diffusa sia
tra i decisori politici che in tanti ambienti medico-
scientifici, è stata clamorosamente smentita. Lo shock è stato
dunque violento, trovando le società, quelle occidentali in
particolar modo, del tutto impreparate all’evento.

Sulla portata e gli sviluppi di questa epidemia il dibattito
nella comunità scientifica è aperto. E tale deve rimanere,
battendo la tendenza alla censura che viene alimentata da
governi, media sistemici, ambienti legati ad una tecno-scienza
strettamente connessa ai potentati economici. Troppe sono
state le contraddizioni e gli errori dei cosiddetti “esperti”,
perché essi possano arrogarsi il diritto di essere l’unica
fonte della verità.

Adesso, dopo due mesi di “chiusura” dura del Paese, quello che
all’estero chiamano non a caso “lockdown all’italiana”, siamo
alle porte dell’annunciata “Fase 2”. Ma come sarà questa nuova
fase? Rappresenterà una vera svolta, come noi auspichiamo, o
sarà solo un modesto allentamento di quella precedente, quella
che già qualcuno definisce come una incolore “fase uno e
mezzo”?

Prima di entrare nel merito di questa complessa tematica,
vogliamo però richiamare alla mente quel che è successo nella
sanità e nella società italiana in questi due mesi.

La Caporetto della sanità italiana…

Quando l’epidemia è arrivata, l’Italia si è scoperta priva
degli enti di ricerca e di sorveglianza necessari. Basti
pensare alla chiusura del Centro nazionale di epidemiologia
(Cnsep), decisa nel 2016 con la totale complicità dell’allora
presidente dell’Istituto superiore di sanità, quel Walter
Ricciardi che adesso il ministro Speranza ha voluto con sé per
la gestione dell’emergenza. Insomma, siamo in buone mani…

Chiaro come, con una sanità falcidiata dai tagli targati
Europa, la disfatta fosse inevitabile. Abbiamo così assistito
al dramma lombardo, all’insufficienza dei posti in terapia
intensiva, alla carenza del personale e dei laboratori,
addirittura alla mancanza dei dispositivi di protezione
individuale (Dpi), tra i quali le famose mascherine.

Tutto ciò non deve sorprendere. Al Servizio Sanitario
Nazionale (SSN) sono stati tagliati negli ultimi 10 anni ben
37 miliardi di euro. Nella classifica dei 36 paesi OCSE sulla
variazione della spesa sanitaria di questo periodo, l’Italia
si colloca al quartultimo posto: peggio hanno fatto solo
Portogallo, Lussemburgo e Grecia. La spesa pubblica italiana
pro-capite è solo il 65% di quella francese ed il 54% di
quella tedesca. Un divario cresciuto rispettivamente di 10 e
di 15 punti percentuali rispetto al 2000. Sono queste le
graziose conseguenze che il sistema dell’euro ha regalato al
nostro Paese.

Gli effetti della politica di austerità, imposta dall’UE e
supinamente accettata dai vari governi italiani, sono stati
infatti devastanti.

La legge 1/2012 ha introdotto nella Costituzione Italiana il
principio del pareggio di bilancio, capovolgendone di fatto i
principi fondanti: non più la tutela della salute e della
sicurezza sociale posti come cardini su cui poggiare le scelte
politiche di fondo, ma al loro posto la stabilità monetaria e
di bilancio. La conseguenza per il SSN è stata la riduzione
dei costi, che si è realizzata lungo due binari: a) il taglio
delle strutture, con la chiusura diospedali, presidi di
assistenza sanitaria territoriale, riduzione dei posti letto e
dei punti nascita; b) il taglio del personale, con il blocco
del turn over e dei rinnovi contrattuali.

Nella sanità pubblica siamo così passati dai 575 posti letto
ordinari ogni centomila abitanti del 1997 agli attuali 275,
mentre la Germania ne ha 621. Una diminuzione di oltre il 50%
che si commenta da sola. Non meno grave la riduzione del
personale. Nel solo periodo 2009-2017 la sanità pubblica ha
perso 46mila unità, tra medici, infermieri ed altro personale.

… E quella dell’economia nazionale

Ma non ci sono solo i problemi sanitari. L’epidemia, e le
scelte politiche adottate dal governo, tra le più dure a
livello mondiale, hanno aperto una crisi economica e sociale
dalle conseguenze ancora più pesanti. Milioni di persone sono
restate di fatto senza reddito. Altri milioni non hanno più
certezza alcuna sul proprio posto di lavoro. La povertà è
destinata ad un drastico aumento, mentre il patrimonio
economico ed industriale del Paese rischia di finire nelle
mani degli avvoltoi della finanza internazionale

A fronte di questo disastro i provvedimenti decisi dal governo
sono del tutto insufficienti. Non si risponde ad un crollo del
Pil senza precedenti – di certo superiore al 10%, più
realisticamente tendente al 20% – con mezze misure pasticciate
e senza una chiara prospettiva di uscita dalla crisi.

A nostro avviso non si verrà fuori da questo dramma sociale
senza uscire dalla gabbia dell’euro e dell’Ue. E’ questa la
condizione necessaria per avviare un piano di rinascita
dell’Italia, che ha bisogno di scelte radicali, dell’uscita
dal neoliberismo, di un ritorno ai principi sanciti dalla
nostra Costituzione, di un nuovo e decisivo ruolo dello Stato
nell’economia e nella società.

Sull’insieme delle questioni economiche poste dall’attuale
crisi, Liberiamo l’Italia ha già indicato le proprie idee – 3
misure immediate ed 8 provvedimenti per mettere in sicurezza
il Paese – nel documento “La vera via d’uscita – Proposte per
evitare la catastrofe dell’Italia” – al quale rimandiamo.

Per una vera “Fase 2”

Dopo queste doverose premesse, passiamo ora alle nostre
proposte sulla “Fase 2”.

1. Per un’effettiva riapertura

Noi non ci nascondiamo le incertezze legate allo sviluppo
dell’epidemia, ma affermiamo con forza che questo nuovo
periodo che ci attende non deve essere la mera prosecuzione di
quello attuale. La cosiddetta “Fase 2” dovrà invece segnare
dei cambiamenti profondi, trasmettere non il terrore, bensì
l’idea positiva di un’uscita – per quanto necessariamente
prudente e graduale – dall’emergenza.

Non solo. Per correggere i drammatici errori compiuti, nella
decisione dei tempi e dei modi della “Fase 2” si dovrà sì
tener conto degli aspetti sanitari, ma non solo di essi. Se si
gettano milioni di persone sul lastrico, forse ci saranno meno
morti per coronavirus, ma di certo ve ne saranno molti di più
per fame e per impossibilità di curarsi adeguatamente.

Tutti devono essere messi nella condizione di poter riaprire.
Liberiamo l’Italia appoggia in pieno ogni rivendicazione volta
ad ottenere la garanzia della massima sicurezza sui posti di
lavoro, adottando tutte le forme di riorganizzazione dei
processi produttivi necessarie allo scopo. Lo Stato deve
esigere dalle aziende tutto quanto è necessario a tal fine. Al
tempo stesso, considerate le difficoltà delle piccole aziende,
esso deve intervenire per coprire i costi per la sicurezza
sostenuti da queste ultime.

Il confinamento rigido deciso a marzo dal governo è stato
nella sostanza un fallimento. Non solo i contagi non sono
calati nella misura prevista, ma l’andamento dell’epidemia è
stato perfino peggiore rispetto ai paesi che hanno preferito
confinamenti meno rigidi e più mirati (vedi i casi clamorosi
della Germania e soprattutto della Corea del Sud). Se questo è
ormai ampiamente provato, gravissime sono state le conseguenze
economiche e sociali. Se delle prime abbiamo già detto, sulle
seconde occorre avere chiaro cosa ha significato mettere agli
arresti domiciliari un’intera popolazione.

Da questo punto di vista il lockdown duro, all’italiana, è
stato un disastro totale. Chiudere in casa in maniera
indiscriminata – come non denunciare l’assurdo ritornello
“state a casa, state a casa, state a casa” diffuso h24 da
media ed autorità pubbliche – ha avuto conseguenze fisiche e
psicologiche assolutamente insopportabili. La rivista “Lancet”
ha evidenziato i seguenti sintomi: disordini emozionali, tono
dell’umore deflesso, depressione, irritabilità, insonnia,
sintomi del DPTS (disturbo post-traumatico da stress), rabbia
ed esaurimento emozionale.
Mentre il rischio suicidario risulta anch’esso un aspetto di
cui non si può non tenere conto, tra i principali fattori di
stress vengono annoverati: la durata della quarantena, la
paura di infettarsi, la frustrazione e la noia, la
disponibilità di beni primari inadeguata (comprese le cure
mediche), informazioni inadeguate e il timore della perdita
del reddito. Ma giustamente l’articolo spinge anche ad una
riflessione importante: la separazione dalle persone che
amiamo, la perdita della libertà, l’incertezza sul futuro, la
noia creano effetti drammatici. Per questa ragione, i benefici
delle misure restrittive vanno posti sul piatto della bilancia
insieme ai costi psicologici.

Questa situazione va dunque superata con decisione e al più
presto. I prezzi pagati dalla popolazione, specie quella più
debole, sono già stati fin troppo alti.

Ci portano sempre il modello tedesco come un esempio da
seguire. Stavolta no, chissà perché. In Germania stanno
riaprendo le scuole e praticamente tutti i negozi, dal 4
maggio lo faranno perfino i parrucchieri. Sono consentiti gli
assembramenti al chiuso fino a venti persone, quelli
all’aperto fino a cinquanta. Sono pazzi i tedeschi, o siamo
invece noi ad essere finiti senza accorgercene in una gabbia
che qualcuno ci ha costruito attorno?

2. Decida la Repubblica italiana, non i “governatori” di
un’Italia allo sbando

Noi non abbiamo fiducia alcuna nell’attuale governo. Né
l’abbiamo per l’attuale opposizione parlamentare. Tuttavia una
cosa dev’essere chiara: ogni decisione sul tema dovrà essere
univoca, presa dal parlamento italiano, che dovrà tornare a
riunirsi al completo, nella pienezza dei suoi poteri e delle
sue responsabilità. No dunque al dispotismo dei Dpcm di Conte,
no alla delega lasciata ad organismi non eletti come le tante
pittoresche “task force” allestite nel frattempo, no al caos
di decisioni lasciate ai presidenti delle Regioni.

In queste settimane abbiamo infatti assistito ad una duplice
follia, segno di un’assoluta irresponsabilità della classe
dirigente. La prima è consistita nell’applicazione delle
stesse regole sull’intero territorio nazionale – da Bergamo a
Lampedusa, per intenderci -, senza considerare le enormi
differenze territoriali nella diffusione dell’epidemia. La
seconda, nel progressivo passaggio dei poteri ai “tecnici” ed
ai “governatori”, sempre pronti questi ultimi ad indurire ogni
misura, ad interpretare ogni norma in maniera sempre più
rigida ed autoritaria. Il risultato è stato un diffuso clima
poliziesco, arricchito pure dai tanti sindaci-sceriffo che
hanno trovato il modo di dire la loro.

A tutto ciò diciamo basta. Un basta senza se e senza ma. Si
ripristini la democrazia e la centralità del parlamento. Non
siamo contro alle Regioni, ma siamo per l’unità nazionale.

3. Ripristino immediato dei diritti costituzionali –
Attivazione dei diritti democratici di libertà (art. 2, 4, da
13 a 21 della Costituzione)

Chiediamo quindi la fine della segregazione indiscriminata
imposta – senza distinguere tra persone sane e malate – ai
cittadini con la minaccia di pesanti sanzioni penali e
pecuniarie e quale unico strumento per contenere il rischio
epidemico che, in concreto, è risultato grandemente
amplificato in ragione della drammatica inadeguatezza del
sistema sanitario pubblico pauperizzato   e saccheggiato da anni
di selvaggia austerità, declassato         da soccorso per la
popolazione più debole ed esposta al      rischio epidemico ad
azienda commerciale, privatizzato ed       offerto in pasto ai
mercati.

Sbandierando la tutela del diritto alla salute (che la nostra
Costituzione norma all’art. 32 nel titolo dedicato ai rapporti
etico sociali) il governo, con atti autoritativi
amministrativi non soggetti al controllo del parlamento, ha di
fatto sospeso sine die libertà e Costituzione, diritti e
democrazia. Sospesi, quando non del tutto mortificati,
negletti e calpestati ne risultano i diritti costituzionali
fondamentali: di libertà personale (art. 13), di libera
circolazione (art. 16), di riunione pacifica (art. 17), di
libera professione di fede e di culto (art. 19), di libera
manifestazione del pensiero (art. 21), di difesa dei diritti e
di tutela giurisdizionale (art. 24), di libera iniziativa
economica (art. 41), di libero godimento della proprietà
privata (art. 42).

Alcuna così imponente compressione di principi e diritti
fondamentali può giustificarsi in uno stato democratico. Tanto
meno col pretesto della dichiarazione dello “stato di
emergenza” radicato dal governo sul solo richiamo a legge
ordinaria (il codice della protezione civile) e non in base a
Costituzione. Quest’ultima infatti conosce lo “Stato di
guerra” (art. 78), non certo lo “stato di emergenza”.

Chiediamo quindi l’immediato ripristino di tutti i diritti
costituzionali citati. E chiamiamo alla mobilitazione su
questo punto tutte le forze che in questi anni (vedi il
referendum del 2016) si sono battute a difesa della Carta del
1948.
4. Scuola – Attuare il diritto allo studio (art. 34 della
Costituzione)

E’ incredibile come di scuola si parli poco e male. Come essa
venga sempre buon’ultima nei pensieri degli attuali
politicanti. Era così anche prima, ma l’emergenza del Covid 19
lo ha reso ancor più evidente.

Otto milioni di studenti, un milione di professori, centinaia
di migliaia di amministrativi e collaboratori scolastici,
tutti a casa. Il governo (ministro Azzolina) intende lasciare
chiuse le scuole almeno fino alla fine dell’anno scolastico.
Altre nazioni hanno invece riaperto elementari ed asili
(Danimarca) o riapriranno a breve (Germania, Francia,
Lussemburgo, Grecia) previa sanificazione dei luoghi
scolastici,   con   banchi   distanziati   ed   anche   didattica
all’aperto.

Perché l’Italia non intraprende la stessa strada? Quel che va
detto con chiarezza è che la didattica a distanza non è una
soluzione adeguata. Troppi gli esclusi, o perché privi dei
necessari supporti tecnologici, o perché bisognevoli
nell’apprendimento del coinvolgimento fisico e diretto.

Liberiamo l’Italia chiede al governo di garantire con ogni
mezzo, fuori dai vincoli di austerità imposti dall’UE, la
regolare riapertura del prossimo anno scolastico, senza
ritardi o slittamenti che non avrebbero giustificazione
alcuna. Nel frattempo si potrebbe ricorrere a soluzioni
graduali, per avviare il ripristino delle tradizionali
pratiche scolastiche. Le uniche idonee a garantire, ben oltre
la formazione nozionistica dell’individuo, lo sviluppo della
sua capacità di pensare e di agire nella società.
5. No alla repressione – Cancellazione        delle   sanzioni
applicate in nome dell’emergenza

La folle repressione messa in atto in questi ultimi due mesi,
simboleggiata dalla caccia al podista od alla casalinga troppo
spesso fuori casa, deve cessare. Il 99,9% delle sanzioni
applicate sono del tutto ingiustificate rispetto all’obiettivo
di combattere l’epidemia. C’è un solo modo per riparare a
questa ingiustizia, senza dover fare impazzire la gente con i
ricorsi. Cancellare con un atto del parlamento tutte le
sanzioni comminate in base alle norme sul confinamento
sociale, salvo quelle già perseguibili in base alle leggi già
precedentemente vigenti.

6. Giustizia – Attuazione dei diritti di difesa (art. 24, 26,
27 della Costituzione)

Deve essere sancito il divieto assoluto di virtualizzare il
processo (cd. Processo da remoto) così riducendolo a vuoto
simulacro ed a tomba del diritto di difesa. Chiediamo, quindi,
siano preservati i fondamentali principi che regolano il
contraddittorio nel dibattimento e garantiscono la
democraticità del processo e la correttezza delle decisioni:
oralità, immediatezza, concentrazione, contestualità e
pubblicità del dibattimento la cui attuazione richiede
necessariamente la compresenza fisica in aula di tutti i
soggetti coinvolti (parti, difensori, magistrati e personale
di cancelleria).

Come sostenuto da autorevole parte della magistratura e come
opinato dall’avvocatura non è conforme a costituzione la
smaterializzazione delle persone per cui “è la tecnica a dover
seguire il nostro modello costituzionale e normativo del
processo, e non viceversa” (MD, Guglielmi, Il Dubbio 23.4.20).

7. Controllo e tracciamento. No alla app “immuni”, sì ai
programmi di screening (test sierologici e tamponi)

Liberiamo l’Italia dice un no secco ed irrevocabile alla app
“immuni”. Non crediamo che i programmi elettronici di
tracciamento delle persone, come appunto questa applicazione,
ancorché spacciati su base volontaria e su identificativi
anonimi, siano un mezzo accettabile per contrastare il rischio
infettivo. Di fatto essi possono essere utilizzati invece,
come nelle più esecrabili distopie orwelliane, a vantaggio
delle multinazionali e dei poteri egemoni per carpire
all’insaputa del cittadino – e contro il dettato
costituzionale ed il novero dei diritti inviolabili sanciti
dall’art. 2 della Carta fondamentale – dati riservati relativi
agli spostamenti, alle abitudini, agli interessi personali.

Contro queste architetture informatiche, in grado di tracciare
centinaia di milioni di persone, si è da ultimo levato anche
il grido (seppur tenue) d’allarme di 300 accademici col
richiamo alla memoria delle illecite captazioni rivelate da
Edward Snowden o registrate nella vicenda Facebook & Cambridge
Analytica.

Noi riteniamo che non sia in nessun caso accettabile l’idea di
affidare agli algoritmi di un supporto elettronico, di per sé
fallace, la prevenzione sanitaria ed il contrasto
dell’epidemia.

Va invece accolto l’appello dell’AIE (Associazione Italiana di
Epidemiologia), ricostituendo subito presso l’ISS il Centro
nazionale di epidemiologia (Cnsep), al quale affidare la regia
a livello nazionale delle azioni di contrasto all’epidemia che
vanno gestite nei territori sulla base delle loro specificità,
ispirandosi, per capirci, ai criteri della Germania e del
Veneto.

Sono necessarie campagne di individuazione precoce dei
soggetti infetti, malati o portatori sani, e dei loro
contatti, fondate su specifici test (sierologici, per tamponi
e reagenti), gestite dai servizi sanitari territoriali,
reintegrati del personale che gli è stato tagliato in questi
anni (Lombardia docet). In particolare occorrono medici
coadiuvati da personale sanitario non medico per la gestione
tempestiva delle misure da adottare nei confronti dei soggetti
infetti e dei loro contatti, epidemiologi e statistici in
grado di dare applicazione alle indicazione del Cnsep,
programmando, gestendo le campagne di screening e monitorando
sul territorio l’andamento dell’epidemia.

Sono queste le cose che servono. E, guarda caso, sono proprio
quelle che le odiose logiche liberiste, tramate sul vieto
refrain del “non ci sono i soldi”, ci stanno invece negando.

8. No al potere dei tecnici – Attenzione al conflitto di
interesse!

Liberiamo l’Italia ritiene inaccettabile l’attuale
trasferimento di poteri verso strutture tecniche create ad hoc
da un potere politico che vuole sfuggire alle sue
responsabilità. In particolare riteniamo inammissibile – e
dunque da azzerare immediatamente – ogni ruolo assegnato a
personaggi che abbiano prestato la propria opera professionale
al servizio di lobby private economiche e/o finanziarie,
società commerciali multinazionali, stati stranieri,
organizzazioni sovranazionali, o che siano appartenuti a club
(tipo il Bilderberg) ed associazioni (come la Trilaterale)
costituite allo scopo di condizionare le sorti politico
economiche degli Stati sovrani nazionali.

Tutti questi soggetti sono generalmente portatori di interessi
diversi, potenzialmente configgenti o comunque non
coincidenti, con quelli degli Stati che in teoria dovrebbero
servire nelle varie “task force”. Per questi soggetti deve
valere il divieto assoluto e sine die, penalmente sanzionato,
di svolgimento di funzioni e compiti su delega del governo e
di qualsiasi altro Ente pubblico. Ogni apporto tecnico ai vari
livelli, adottato al fine di gestire l’attuale emergenza, deve
perciò adeguarsi a questi principi. Affinché lo Stato assolva
al suo ruolo previsto dalla Costituzione, ogni infiltrazione
dei poteri economici e finanziari extra-statuali, nazionali ed
internazionali, va contrastata e bandita!

9. Altri provvedimenti economici

Oltre   alle   misure   economiche   contenute   nel   già   citato
documento “La vera via d’uscita – Proposte per evitare la
catastrofe dell’Italia“, mettiamo qui in evidenza due
questioni specifiche di notevole interesse. Questioni
affrontate nei decreti governativi, ma in maniera del tutto
inaccettabile. Ci riferiamo al tema degli affitti delle
attività commerciali e a quello della concessione di liquidità
alle imprese in difficoltà.

A fronte dell’azzeramento dei ricavi nella fase di chiusura,
ed alla prevedibile drastica riduzione degli stessi in quella
di riapertura, alle attività commerciali il governo ha
concesso soltanto un credito d’imposta sul 60% dell’affitto
pagato solo per il periodo di chiusura e solo a fronte del
pagamento del 100% del canone. Insomma, intanto paga, poi
recupererai qualcosa l’anno prossimo. Tutto ciò è assurdo. Per
le piccole imprese, spesso a conduzione familiare, noi
proponiamo invece che per tutto il 2020 esse siano esentate
sia dal pagamento delle tasse che da quello degli affitti,
concedendo lo Stato un credito d’imposta ai proprietari degli
immobili in una misura variabile (in rapporto al reddito) dai
due terzi al 100% del prezzo di locazione.

Altra questione rilevante è quella della liquidità. Qui i 400
miliardi vantati dal governo stanno diventando una presa in
giro per tanti soggetti ridotti sul lastrico. Più che un aiuto
a chi ne ha estremo bisogno, un trucchetto a favore delle
banche. Noi diciamo di no a questo meccanismo. A chi è ridotto
in ginocchio privo di mezzi non si offre un prestito, si tende
la mano. Non lo si indebita ancor di più, lo si sostiene,
invece, assicurandogli liquidità a fondo perduto. Invochiamo
perciò per tutti costoro, milioni di italiani ricchi di genio
e di buona volontà, che siano fatti destinatari di un
contributo una tantum a fondo perduto commisurato in
proporzione dell’80% della media del reddito conseguito negli
ultimi tre anni.

In conclusione

Con questo testo non abbiamo certo la pretesa di aver detto
tutto. Tantomeno quella di poter prevedere tutti i possibili
problemi che potrebbero sorgere d’ora in avanti. A che serve
allora indicare questi orientamenti, tanto più che non siamo
né al governo né nelle sue vicinanze? Serve, questo almeno è
il nostro parere, a fornire una bussola. Per quanto incompleta
ed imperfetta una bussola ci serve, a noi e a tutti quelli che
non si vogliono rassegnare allo stato di cose presente.

Ciò che è accaduto in questi due mesi di confinamento non deve
ripetersi. Se l’epidemia è una realtà, altrettanto reale è
l’esperimento sociale che i dominanti hanno messo in atto
specie in Italia: testare il tasso di sottomissione di un
popolo ottenibile grazie alla paura, verificarne la soglia di
sopportazione, alimentare la psicosi come strumento di
controllo sociale.

La verità è che con il virus si dovrà probabilmente convivere,
almeno per un certo periodo di tempo. Quanto lungo sarà questo
tempo non lo possiamo sapere in anticipo. E’ sempre stato così
nel passato, sarà probabilmente così anche stavolta. Su questo
i moderni stregoni della tecno-scienza non riescono ad
aiutarci più di tanto.

Diverso è però il compito del decisore politico. La politica è
appunto l’arte del decidere. Del farlo tenendo conto di un
insieme di fattori. Nella fattispecie una corretta decisione
politica dovrebbe considerare tutti i fattori economici e
sociali, non meno di quelli sanitari. Così come dovrebbe
contemplare tutti gli scenari, non solo quelli più
apocalittici che tanto piacciono al sistema dei media per fare
audience. Una politica che continui ad abdicare a questo
compito negherebbe definitivamente se stessa, consegnando così
il potere ad una congregazione di “tecnici” mai sopra le parti
(e gli interessi), generalmente anzi piuttosto al di sotto
della soglia minima della decenza.

Non possiamo rinunciare alla vita ed alla libertà in nome
della sicurezza. E comunque la prima sicurezza è proprio
quella di poter vivere nella certezza di un lavoro sicuro e di
un reddito dignitoso, condizioni minime affinché abbia ancora
un senso la parola “libertà”. Tutto ciò è stato messo
pesantemente in discussione dal neoliberismo, ma la crisi
attuale sta peggiorando drammaticamente le cose.

Cominciamo ad agire per evitare la catastrofe!

IN  MEMORIA                    DI        GIULIETTO
CHIESA

Giulietto Chiesa, Roma, 12 ottobre 2019: manifestazione
Liberiamo l’Italia.

La notte scorsa è deceduto Giulietto Chiesa.
Una perdita gravissima per l’Italia democratica e patriottica.
Milioni di italiani lo hanno conosciuto come un grande
giornalista, tra i pochi fuori dal coro del pensiero unico
neoliberista.
Giulietto è stato anche un militante antimperialista,
impegnato in prima linea nei movimenti per la pace e la
fratellanza tra i popoli, quindi agguerrito attivista per la
difesa della libertà d’informazione, di qui la sua battaglia
per una televisione indipendente e la nascita di Pandora TV.
Noi lo ricordiamo accanto a noi in occasione della grande
manifestazione del 12 ottobre, accolto tra gli applausi di
tutti.
Lo ricordiamo con noi fino a pochi giorni fa nel Coordinamento
No MES, di cui è stato tra i fondatori.
Raccoglieremo il suo testimone per fare dell’Italia un paese
libero, indipendente e neutrale, fuori dalla gabbia della Ue e
della NATO.

Liberiamo l’Italia
26 aprile 2020
COVID-19 E ABUSI DI POTERE di
Ilaria Cucchi
Salerno, 28 marzo. Uomo affetto da disturbi psichiatrici a
terra pestato dai carabinieri

Abbiamo un problema delicatissimo. Va trattato con cautela ma
va comunque preso in seria considerazione dal ministro
dell’Interno e non solo. Noi dobbiamo tanto alle forze
dell’ordine. Al loro impegno in questi momenti di emergenza
sanitaria terribile. Deve essere tuttavia molto chiaro a tutti
che noi cittadini italiani stiamo dando il massimo
dell’impegno umanamente possibile, dell’estremo sacrificio
esigibile dei nostri diritti di libertà per il bene comune.
Noi siamo coloro che combattono con la paura quotidiana di
perdere i nostri cari, di non poter più provvedere al
sostentamento delle nostre famiglie. Noi stiamo tutti
combattendo in prima linea per uscire da questa crisi che ha
devastato la nostra quotidianità.

Le cronache giornalistiche dei pestaggi di Catania, di quelli
di Salerno sono passate nel silenzio generale, ma fanno paura.
Il silenzio delle Istituzioni preoccupa. Sembra volerli
legittimare. È del tutto irrilevante la causa che li ha
determinati. Quando un cittadino è inerme a terra, chiunque
esso sia, per nessuna ragione può essere colpito. Ogni singolo
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