TORNARE A RIVEDER LE STELLE - di Alberto Melotto
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TORNARE A RIVEDER LE STELLE di Alberto Melotto* E’ questa l’informazione che davvero vogliamo? Ogni giorno, siamo presi da un estenuante lavoro di analisi e di indagine, di verifica e di accertamento, per evitare di cadere nelle trappole tese dagli organi di informazione. Pochi giorni fa, il 28 aprile, abbiamo pubblicato una nota redazionale tesa a smentire, dati alla mano, la notizia fatta circolare impunemente da Repubblica, Corriere della Sera e Messaggero, che affermava essere in atto una ripresa del contagio da Covid-19 in Germania. Niente di più falso. Ed infatti, a stretto giro di posta, sono seguiti distinguo, smentite, imbarazzate scuse, da parte dei quotidiani sopra citati. E’ soltanto un esempio come tanti. Lo stesso Giuseppe Conte ha
rincarato la dose, paventando 151.000 persone in terapia intensiva, in caso di riapertura prematura, cifre che presupporrebbero milioni e milioni di contagiati, e lasciamo all’intelligenza dei nostri lettori commentare la veridicità di tali ipotesi. Ora, ci chiediamo come possa formarsi un dibattito democratico libero e consapevole, quando le fonti alle quali tutti noi ci abbeveriamo sono così palesemente, e spudoratamente, inquinate. Nella vicenda del CoronaVirus, gli organi di informazione del nostro paese hanno giocato un ruolo tutt’altro che secondario, contribuendo ad appesantire una situazione già non proprio idilliaca. Sospettiamo che l’informazione urlata ed ansiogena abbia dato un forte contributo, verso la sciagurata decisione del cosiddetto lockdown, una chiusura generalizzata delle nostre attività produttive, e la detenzione casalinga per le persone fisiche, eseguite peraltro senza criterio, senza razionalità, con intento meramente punitivo. Col passare delle settimane, il governo e in generale la classe politica nostrana non sono riusciti ad affrancarsi dalla presenza ingombrante e malsana di questo giornalismo che si è dimostrato il vero braccio armato della repressione. Vale la pena citare due episodi, altamente significativi. Alla fine del mese di marzo, diverse associazioni di cittadinanza attiva, specie quelle formate da genitori, avevano spedito lettere aperte e petizioni al governo, affinché prendesse in considerazione l’attuazione di misure meno stringenti, e permettesse quindi ai minori di uscire di casa, almeno per una breve passeggiata. E’ palese, che la
forzata chiusura entro la mura di casa, è stata la causa di un mutamento dell’umore nei più piccoli, fenomeni di irrequietezza, apatia, tristezza, sono stati ravvisati in molte famiglie italiane. Si era venuta a creare una situazione paradossale, nella quale il cagnolino poteva uscire dal condominio, ma non i bambini, per di più guardati a vista dai malevoli e occhiuti vicini di casa, pronti a urlare male parole a chi avesse osato mettere il naso fuori di casa. Almeno in questo singolo caso, bontà sua, il governo Conte si decise ad agire, ed il Viminale emise in data 31 marzo, una circolare per permettere a bambini ed adolescenti di compiere la tanto agognata passeggiata, purché accompagnati da un genitore e per un tempo massimo di un’ora. Lieto fine, dunque? Nemmeno per sogno. Alle conferenze stampa delle 18:00 della Protezione Civile, come anche negli editoriali sui quotidiani, fu tutto un fioccare di acide critiche: il governo pecca di irresponsabilità, si dà l’impressione alla popolazione italiana che l’emergenza sia terminata, si lascia campo libero a chi vuole far festa in mezzo alla pubblica via, il contagio riprenderà a crescere, e così via. Ora: un giornalista di qualsiasi testata non poteva non essere a conoscenza dei motivi che avevano ispirato la circolare del Viminale, la quale intendeva venire incontro a specifiche, ben motivate e circostanziate richieste provenienti da settori della popolazione preoccupati per la salute e il benessere dei propri figli, e che non includevano alcoolizzati seriali, o spensierati universitari da Erasmus spagnolo, nostalgici della movida notturna. Insomma, i professionisti dell’informazione si trovavano, non certo per la prima volta, in netta malafede. Stizziti,
impermaliti per il possibile venire meno di quell’angosciosa atmosfera di paura simile a collosa nebbia che si attacca ai vestiti, avevano levato gli scudi, pronti ad osteggiare una norma di buon senso pur di vendere qualche copia di giornale in più. Pochi giorni più tardi, vi fu addirittura un caso diplomatico, che in altri tempi, e con altri interlocutori d’oltre cortina meno pazienti e avveduti, avrebbe fornito probabilmente un epilogo più burrascoso. Come ricordiamo tutti, alcune nazione straniere si erano rese disponibili, nel corso dell’epidemia, a fornire macchinari e attrezzature e prestare aiuto in campo medico, con l’invio di dottori e infermieri. Fra queste, la Russia dell’odiato Putin. Odiato da chi? Di certo, odiato dal quotidiano La Stampa, fino a pochi giorni fa diretto dal filo-atlantista e filo-sionista Maurizio Molinari, ora passato a svolgere la sua professione a Repubblica, in un valzer di poltrone all’interno del gruppo editoriale Gedi, a maggioranza azionaria targata Fiat. Che alcune nazioni ancora fedeli al socialismo, come Cuba, tanto bistrattate dai guru del liberismo nostrano, si potessero permettere di dimostrare al mondo intero che una vera e robusta sanità pubblica è uno strumento formidabile a cui aggrapparsi nei momenti di difficoltà, era senz’altro fastidioso e irritante. Ma un intervento diretto del gigante russo, il nemico numero uno del Deep State americano nel dopo- guerra fredda, questo no, non si poteva tollerare in alcun modo. E allora venne orchestrata, messa in piedi una campagna di stampa del tutto infondata, sprofondata nell’umorismo
involontario. L’esercito russo aveva inviato truppe nella provincia di Bergamo, la più colpita in quel momento dall’epidemia, con lo scopo di costruire un ospedale da campo per i contagiati. Il giornalista de La Stampa Jacopo Iacoboni (un nome che ricorda le avventure del signor Bonaventura nel Corriere dei Piccoli del tempo che fu) citò fonti di alto livello del nostro governo, malauguratamente del tutto anonime, per far credere che i russi fossero calati nella Valle padana per spiare, scoprire segreti politico-militari. Come ci si poteva aspettare, l’amministrazione russa manifestò il proprio sdegno: come, noi veniamo a portarvi aiuto, e voi ci accusate di spionaggio? Prima l’ambasciatore in Italia, Sergej Razov, in una lettera aperta al direttore de La Stampa Molinari, e in seguito il portavoce del Ministero della difesa russo, Igor Konashenkov, chiesero giustificazioni e spiegazioni credibili. Naturalmente Jacoboni e Molinari risposero sdegnati, refrattari ad ogni autocritica come al senso del ridicolo, e si atteggiarono a martiri, schierati a difesa della libertà di stampa, che a loro modo di vedere equivale a poter elargire falsità a destra e a manca. Purtroppo tutto l’arco parlamentare di casa nostra, non soltanto non provò a chiudere l’episodio in maniera dignitosa, scusandosi com’era doveroso con chi di dovere, ma andò dietro agli strepiti dei due galletti. Dalla deputata Alessia Rotta del Partito Democratico a Matteo Renzi di Italia Viva, dal senatore Andrea Cangini di Forza Italia, fino a Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana-Leu, tutti si accodarono ad un’improbabile difesa dell’indifendibile, dimostrando così che l’accusa di russofobia del portavoce Konashenkov non era un’esagerazione, bensì una semplice realtà.
Non che prima del CoronaVirus, lo stato dell’informazione fosse molto più brillante, ma ora sembra essere caduta ogni maschera, e ormai il fruitore di notizie viene trattato alla stregua di un bambino dalle ridotte capacità intellettive, e quindi spronato ad obbedire, senza fare tante storie. Negli ultimi vent’anni, principalmente a causa dello sviluppo di Internet, la strategia della contro-informazione si è appoggiata in gran parte sulla creazione di blog e web-tv, queste ultime spesso caratterizzate da una cronica penuria di fondi, e quindi impossibilitate a svolgere un ruolo di incisivo contraltare ai megafoni di regime. Fanno eccezione, almeno in parte, due meritorie realtà come byoblu e PandoraTv, che comunque soffrono anch’esse dei problemi di budget, e per questo motivo il tanto atteso e auspicato salto verso il l mondo del digitale terrestre non si è ancora verificato. I fanatici della Rete, come il Beppe Grillo tribuno del popolo prima maniera, dovrebbero ora ammettere che il web non ha saputo conquistare quelle sterminate platee che ancor oggi seguono l’informazione della televisione generalista. Ma c’è di più; proprio la vicenda del finto spionaggio di cui sopra, ci dice chiaramente che anche il mondo della carta stampata, per fortuna o purtroppo, recita ancora una parte importante nel mondo culturale e politico. Nonostante il drammatico calo di vendite degli ultimi decenni, i giornali quotidiani, simili a nobili decaduti, possiedono ancora un’aura di prestigio, ereditata dal passato, e certamente immeritata, ma di fatto capace di renderli degni di nota agli occhi di un ministro di una potenza straniera. Per questo chi cerca, con notevole dispendio di energie e di fatica, di costruire un nuovo soggetto politico nell’area del socialismo nazionale, dovrà ragionare su quanto sia essenziale
costruire una nuova egemonia culturale attraverso la creazione di nuovi canali informativi. Se il Manifesto si preoccupa di bollare come sommi pericoli l’emergere di populismi e sovranismi, e se il Fatto Quotidiano non ha mai saputo offrire ai propri lettori un’elaborazione politica di ampio respiro, limitandosi alla denuncia della corruzione spicciola, sarò compito nostro ovviare a questa lacuna, le cui conseguenze si fanno sentire in maniera sempre più gravosa. *Alberto Melotto è membro del Comitato Popolare Territoriale di Torino UE: DENTRO O FUORI? diretta streaming, 1 maggio ore 18:00 di Cpt Perugia
Mentre la pandemia sta causando un crollo economico senza precedenti, l’Unione europea volta le spalle all’Italia e rischia di implodere sotto il peso delle sue contraddizioni e delle sue assurde regole liberiste. La sola via d’uscita che l’Italia ha per evitare una catastrofe è tornare alla piena sovranità politica e monetaria. Domani, 1 maggio, alle pre 18:00, collegandosi alla pagina facebook di Liberiamo ‘Italia – Perugia, diretta streaming organizzata dal Comitato Popolare Territoriale di Liberiamo l’Italia – Perugia Presiede: Fabio Palmieri. Intervengono: Massimo Giombolini, Enrico Sodacci, Damiano Stano, Marcello Teti, Giacomo Zuccarini ORA BASTA!
Contro il decreto del governo che ci porta alla fame e ci toglie la libertà il 4 maggio manifestiamo come cittadini di sana e robusta Costituzione Liberiamo l’Italia approva ed appoggia ogni iniziativa, a partire dalle proteste del prossimo 4 maggio, volte, nel rispetto delle distanze fisiche precauzionali, a chiedere una svolta che ponga fine al blocco autoritario della vita sociale, economica, politica e democratica del Paese — tanto più perché questo blocco riguarda in modo indiscriminato tutto il Paese. Tali azioni di pacifica disobbedienza civile si svolgeranno in attuazione del diritto di ispirazione costituzionale di legittima resistenza agli atti dei poteri pubblici che violino libertà fondamentali e diritti garantiti dalla Costituzione del 48. Difronte alle sproporzionate e dispotiche misure del governo Conte, queste proteste sono non solo sacrosante, ma legittime in base ai principi costituzionali della inviolabilità dei diritti di libertà personale (art. 13), di svolgere attività
lavorativa (art. 4), di circolazione (art. 16), di riunione (art. 17), di manifestazione del pensiero (art. 21), di istruzione (art. 33 e 34), di libera iniziativa economica (art. 41). Liberiamo l’Italia esprime, inoltre, piena solidarietà verso tutte le confessioni e le comunità di credenti di fatto private della libertà di culto (art. 19): come ha ricordato anche il vescovo di Ascoli, i luoghi di culto non sono luoghi di contagio. Il governo peraltro, andando incontro alla Confindustria, ha fatto sì che riaprissero quasi tutte le fabbriche, che evidentemente non considera «luoghi di contagio», è inaccettabile che invece condanni a morte e come untori, milioni di lavoratori non garantiti, centinaia di migliaia di piccole aziende, partite iva, commercianti, liberi professionisti, artigiani… Non ci fermerete con l’elemosina! Vogliamo Lavoro, Reddito, Dignità e Libertà. Per evitare la catastrofe, uscire da questo blocco! Uscire dalla gabbia dell’Unione europea e riconquistare la sovranità monetaria! Coordinamento nazionale di Liberiamo l’Italia
IL SILENZIO DELLE ANIME BELLE E IL TRADIMENTO DEL POPOLO ITALIANO di Umberto Spurio Non ho mai sostenuto Salvini e sono stato un feroce critico del governo 5Stelle – Lega. Ricordo titoloni dell’Espresso, di Avvenire, di Repubblica che puntavano il dito su Salvini e sul decreto “sicurezza”, urlavano al pericolo fascista. Tutto il PD era schierato con questo coro, anzi ne era ispiratore con la sua rete territoriale e nelle redazioni dei media. Quanto resta della sinistra delle ZTL produceva grafiche con
Salvini vestito da duce, appeso a testa in giù e via con la stessa idea: questo ci sta togliendo le libertà e stiamo entrando in un nuovo fascismo. Dove sono? Dove si sono nascosti oggi che a forza di decreti del presidente del consiglio dei ministri si impongono disposizioni che presuppongono una situazione di guerra? Dove sta il loro europeismo, perchè non lo tirano fuori ora che in Europa solo l’Italia ha imposto ai cittadini misure draconiane senza affiancarle da misure economiche adeguate? Sono vietate le manifestazioni a vario titolo, Conte dice che sono vietati gli assembramenti, termine molto caro al fascismo. E’ vietato manifestare, è chiaro? Sono certo che se al governo ci fosse stata la Lega non avrebbe potuto fare di meglio. Ma sarebbe stata accusata di fascismo. Ora che al governo c’e’ il PD è per senso civico. Un governo che merita rispetto non tratta i cittadini come bambini deficienti. Un governo che non ha paura non vieta il dissenso dei cittadini che – fino a Costituzione in vigore – hanno il diritto di manifestare le proprie opinioni, fosse anche indossando tute e sfilando a tre metri di distanza! E’ stata stravolta la Costituzione, la sovranità popolare è stata buttata nel cesso, il governo emana decreti provvisori con forza di legge ma mai convertiti in legge.
I giudici, i dirigenti delle forze dell’ordine, i direttori delle testate mediatiche, insieme a tutti i politici e i funzionari di Stato si stanno rendendo responsabili di atti contro il Popolo italiano. Giova ricordare loro quanto scrisse Antonio Gramsci, che di fascismo se ne intendeva, come se ne intendeva di sollevazione popolare: “Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare.” NEURONI NON IMMUNI di Lorenzo Sartori
Riceviamo e volentieri pubblichiamo. Con la Fase 2 sarà fondamentale utilizzare una preziosissima App. Non parlo di Immuni, ma di un’app ben più potente e sicura, Neuroni. Sviluppata da Madre Natura, Neuroni è un’app gratuita che non sfrutta la tecnologia Bluetooth, bensì la ben più collaudata tecnologia Sinapsi. Si tratta di una tecnologia per nulla invasiva della privacy e che rende l’app comunque utile anche quando il 60% della popolazione non ne fa uso. Le due app (una non esclude l’altra) funzionano in modi differenti. Facciamo un esempio. La app Immuni vi dice se il tizio che era con voi in ascensore vi ha infettato. La app Neuroni che per fare due piani potete prendere le
scale, che ultimamente non è che avete fatto tutta questa attività fisica. La app Immuni vi dice se la signora con cui avete litigato al supermercato per l’ultima confezione di lievito vi ha infettato. La app Neuroni vi suggerisce invece di non litigare per una confezione di lievito e di non infilarvi nella corsia del supermercato dove sono presenti ben dodici provetti panificatori manco fosse il festival del pane di Altamura. Ma il grande vantaggio di Neuroni è che è già installata in ogni scatola cranica e non richiede quindi uno smartphone. Neuroni è di facile utilizzo anche se per tenerla operativa è necessario aggiornarla costantemente. Esistono vari modi per tenere la app Neuroni aggiornata, ma studi scientifici dimostrano che leggere è il metodo più efficace. Dal momento che però non tutti sono consapevoli della potenzialità di questa app, permettetemi di darvi qualche suggerimento sul settaggio. Un primo test che potete fare per vedere lo stato di salute della vostra app è questo. Avete tifato per il poliziotto che inseguiva il runner solitario sulla spiaggia con l’appoggio di elicotteri, droni e satelliti e non vi hanno per nulla infastidito i ventuno milioni di euro sprecati per un ospedale inutile realizzato solo per marketing politico? Ecco, in questo caso avete dei problemi di settaggio. E può essere anche che le parole della D’Urso abbiano in qualche modo hackerato il vostro sistema operativo. Purtroppo non è possibile resettare il tutto, ma qualche rimedio proprio in vista della Fase 2 è possibile. Ora vi spiego come fare. Accedete al menù principale. Cercate le
funzioni “hater”, “delatore” “caccia-alle-streghe” e togliete la spunta. Mettete invece la spunta a “spirito critico”, “buon senso”, “prudenza”, “empatia” e “solidarietà” e salvate le nuove impostazioni premendo ok. Ecco, così facendo avrete a disposizione la più potente arma per affrontare la Fase 2. P.S: se nel frattempo ascoltando il consiglio di Trump vi siete iniettati o avete ingerito della candeggina, sappiate che la vostra app non è stata danneggiata. Semplicemente, per un errore di fabbrica, non vi è mai stata installata. Capita. Fonte: Lorenzo Sartori, editore e giornalista IN GERMANIA IL CONTAGIO AUMENTA. FALSO!!!
La dittatura del “tutti a casa” è alla disperata caccia di “fake news”. Siccome siamo effettivamente a casa, gliene forniamo una fresca fresca. Ore 13:30 del 28 aprile. Tutti i giornaloni sparano la notiziona: “La Germania allenta il lockdown e il tasso di contagio risale” (la Repubblica); “In Germania risale l”indice di contagio R0: doccia fredda sulla ripartenza del Paese” (Corriere della Sera); “E in Germania il contagio risale” (Il Messaggero). Al pari delle schiere di virologi ed epidemiologi televisivi, che hanno il sacro terrore di tornare nell’ombra qualora l’epidemia (come in effetti sta avvenendo) declinasse, tutti rapidi quando c’è da dare buone notizie… Problema: quanto è fondato questo terrorismo? La fonte è il “Robert Koch Institute”, ma in tutta evidenza si tratta solo di stime, quanto attendibili ce lo dirà il futuro. A noi pare, però, che le cose non quadrino. Se il tasso di contagio fosse in risalita, anche il numero dei casi dovrebbe crescere. Ma così non è.
Qui sotto le curve del contagio in Germania ed in Italia. Curve dei casi giornalieri in Germania ed in Italia, aggiornate al 27 aprile (fonte Worldometers) Primo, non c’è alcun segnale di peggioramento della curva del contagio in Germania. Secondo, la tendenza al calo è assai più netta in Germania che non nell’Italia blindata dai cialtroni del governo Conte. Che ci dicono in proposito i giornaloni? In effetti circolano diverse fake news… LA CRISI ITALIANA E IL TEMPO CHE STRINGE di Vadim Bottoni
Il Consiglio europeo del 23 Aprile doveva pronunciarsi su un pacchetto di misure di sostegno alle economie dei paesi dell’UE che si trovano in piena emergenza sanitaria e di fronte alla più grave crisi economica del dopoguerra. Di queste misure sentirà di certo la mancanza il Regno Unito, novello ex paese membro, che gestirà l’emergenza senza pacchi (MES) e pacchetti (Sure, Bei, ed abbozzi vari) ma semplicemente attraverso la Bank of England che finanzierà direttamente e illimitatamente il Tesoro britannico, consentendogli di svincolarsi dai mercati per tutto il periodo della crisi. Nell’UE simili “eresie” sono escluse, anzi vietate dai Trattati, così stiamo navigando in un mare di incertezze in cui l’unico approdo a portata di fatto è il MES, il cosiddetto fondo salva-stati che rappresenta una cura peggiore del male indipendentemente dalla versione, light o hard che sia. Infatti mentre nel pacchetto gli altri strumenti finanziari sono il Sure e la Bei, tutt’ora precari oltre ad essere inconsistenti, a cui aggiungiamo il Recovery Fund che allo stato attuale è solo una proposta di intenti, l’unica certezza
che rimane è il MES, quel meccanismo le cui casse prima devono essere impinguate dai versamenti degli Stati e poi si attiva imponendo condizionalità, ovvero prescrizioni finanziarie vessatorie e recessive. Condizioni recessive in una crisi di tal portata significa distruggere capacità produttiva e possibilità di lavoro in modo non più recuperabili. La pillola del MES non può essere addolcita dalla formula che prevede la sospensione di condizionalità perché a norma dei Trattati (art. 136 TFUE) e dei Regolamenti (472/2013) UE, la mannaia delle condizionalità è parte integrante del meccanismo in cui rischiamo di finire. Il fatto che il MES sia allo stato attuale l’unica porta di accesso dell’eventuale intervento diretto della BCE, tramite specifiche operazioni (OMT), rafforza la tesi della pressione posta in atto per accedervi. Le altre voci di “solidarietà europea” relative alla cassa integrazione e agli investimenti dovrebbero essere ricoperte, rispettivamente, dal Sure e dalla Bei che per dirla in breve sono la classica partita di giro, di risorse da impegnare e garanzie da prestare, che per l’Italia, in qualità di contributore netto, alla fine del giro risulterebbe più l’impegno che la resa. Vista poi la bocciatura degli Eurobond, sempre debito ma almeno condiviso tra tutti i Paesi membri e che proprio per questo la Merkel ha definito “inadeguati”, si è abbozzato lo strumento del Recovery Fund, un intervento una tantum che non cambia le regole del gioco e ben inteso non consiste in una mutualizzazione del debito. Oltre a questo il problema del Recovery Fund è che la Commissione dovrà poi definire in una proposta in cui spiegare come collegare le obbligazioni emesse con il bilancio europeo: considerando che l’Italia e Spagna vorrebbero prestiti perpetui mentre i Paesi nordici no, non stupirebbe che il processo si incanalasse in una, ormai ricorrente, inconcludenza di fatto. Alla luce di quanto detto, seppur sbrigativamente, l’entità a
livello europeo di “complessivi” 500 miliardi circa prevista nel pacchetto è non solo inadeguata sulla carta, ma in buona parte destinata a rimanere sulla carta, eccezion fatta per il MES di cui invece dovremmo fare cartastraccia! In questo contesto la decantata sospensione del fiscal compact, ovvero la possibilità di fare deficit di bilancio, oltre ad essere solo temporanea apre lo scenario di un enorme e repentina offerta di titoli di Stato sul mercato che, senza l’intervento incondizionato della BCE, darebbe spazio a comportamenti speculativi e a una impennata degli spread. In tale scenario la sospensione dei vincoli di bilancio suona come un invito a poter correre liberamente, ma in un campo minato. Sembra quindi che niente possa salvarsi, ma cosa servirebbe allora? Il crollo attuale e previsto della produzione e dei redditi imporrebbe una monetizzazione del debito alla stregua di quanto prima descritto per il Regno Unito con la Bank of England, quindi un finanziamento diretto e non a debito allo Stato per attuare le manovre di sostegno ai redditi e di rilancio degli investimenti pubblici, misure ad oggi vitali e non procrastinabili. Nell’UE invece non si può prescindere dalla condizione del debito, che oltretutto non può essere mutualizzato, ovvero condiviso, come più volte ribadito da Olanda e Germania e palesato nel rigetto degli Eurobond che avevano proprio questa caratteristica. Mutualizzare il debito significa condividere i rischi, e di questa condivisione non solo non c’è traccia nell’UE ma all’interno dell’eurozona la negazione della
condivisione è diventata un elemento costitutivo, certificato dall’esistenza permanente dello spread: infatti una valuta che ha diversi costi del denaro (al Sud e al Nord) non è una valuta realmente condivisa. Tant’è che lo spread in diversi documenti delle istituzioni europee è trattato come una fisiologia mentre dovrebbe essere gestito come una patologia del sistema. Infatti è palese che questa discriminazione nel costo del denaro tra gli Stati altera la competitività degli stessi, visto che le rispettive imprese devono finanziare la loro produzione sostenendo oneri molto differenti. Ma la ragione per cui alcuni Stati beneficiano degli spread è la ragione per cui non accetterebbero mai la condivisione dei rischi, quindi la mutualizzazione dei debiti, ovvero Eurobond e tutti gli strumenti con nomi di fantasia ad essi assimilabili. I tavoli negoziali delle istituzioni europee riproducono semplicemente questi interessi acquisiti che, per quanto visto, sono la ragione stessa per cui quegli Stati in quei tavoli si siedono. Non è un caso quindi che ad oggi il MES è l’unico strumento già pronto, tra i quattro del pacchetto, e può intervenire fin dalle prossime settimane per sostenere una raccolta di fondi sul mercato che l’Italia avvierà con una inedita intensità per finanziare il fabbisogno necessari alla improcrastinabile manovra per la nostra sopravvivenza economica. In conclusione, la lezione da trarre della lenta e irrisoluta trattativa europea è che di strumenti finanziari accettabili per noi non ce ne sono e non ce ne possono essere, di tempo ulteriore non ne abbiamo e se non iniziamo a fare da soli quello che dentro la gabbia dell’UE una banca centrale non può fare, da questa crisi epocale in piedi non ne usciamo.
LA “FASE 2”: PROPOSTE DI LIBERIAMO L’ITALIA La “Fase 2” che vogliamo Le idee e le proposte di LIBERIAMO L’ITALIA L’epidemia da Covid 19 è una cosa seria, la crisi economica e sociale che ha innescato lo è ancor di più. Per decenni ci si è abituati a pensare alle malattie infettive come ad un brutto ricordo del passato, al massimo un problema riguardante il solo Terzo mondo. Questa convinzione, piuttosto diffusa sia tra i decisori politici che in tanti ambienti medico- scientifici, è stata clamorosamente smentita. Lo shock è stato
dunque violento, trovando le società, quelle occidentali in particolar modo, del tutto impreparate all’evento. Sulla portata e gli sviluppi di questa epidemia il dibattito nella comunità scientifica è aperto. E tale deve rimanere, battendo la tendenza alla censura che viene alimentata da governi, media sistemici, ambienti legati ad una tecno-scienza strettamente connessa ai potentati economici. Troppe sono state le contraddizioni e gli errori dei cosiddetti “esperti”, perché essi possano arrogarsi il diritto di essere l’unica fonte della verità. Adesso, dopo due mesi di “chiusura” dura del Paese, quello che all’estero chiamano non a caso “lockdown all’italiana”, siamo alle porte dell’annunciata “Fase 2”. Ma come sarà questa nuova fase? Rappresenterà una vera svolta, come noi auspichiamo, o sarà solo un modesto allentamento di quella precedente, quella che già qualcuno definisce come una incolore “fase uno e mezzo”? Prima di entrare nel merito di questa complessa tematica, vogliamo però richiamare alla mente quel che è successo nella sanità e nella società italiana in questi due mesi. La Caporetto della sanità italiana… Quando l’epidemia è arrivata, l’Italia si è scoperta priva degli enti di ricerca e di sorveglianza necessari. Basti pensare alla chiusura del Centro nazionale di epidemiologia (Cnsep), decisa nel 2016 con la totale complicità dell’allora presidente dell’Istituto superiore di sanità, quel Walter Ricciardi che adesso il ministro Speranza ha voluto con sé per
la gestione dell’emergenza. Insomma, siamo in buone mani… Chiaro come, con una sanità falcidiata dai tagli targati Europa, la disfatta fosse inevitabile. Abbiamo così assistito al dramma lombardo, all’insufficienza dei posti in terapia intensiva, alla carenza del personale e dei laboratori, addirittura alla mancanza dei dispositivi di protezione individuale (Dpi), tra i quali le famose mascherine. Tutto ciò non deve sorprendere. Al Servizio Sanitario Nazionale (SSN) sono stati tagliati negli ultimi 10 anni ben 37 miliardi di euro. Nella classifica dei 36 paesi OCSE sulla variazione della spesa sanitaria di questo periodo, l’Italia si colloca al quartultimo posto: peggio hanno fatto solo Portogallo, Lussemburgo e Grecia. La spesa pubblica italiana pro-capite è solo il 65% di quella francese ed il 54% di quella tedesca. Un divario cresciuto rispettivamente di 10 e di 15 punti percentuali rispetto al 2000. Sono queste le graziose conseguenze che il sistema dell’euro ha regalato al nostro Paese. Gli effetti della politica di austerità, imposta dall’UE e supinamente accettata dai vari governi italiani, sono stati infatti devastanti. La legge 1/2012 ha introdotto nella Costituzione Italiana il principio del pareggio di bilancio, capovolgendone di fatto i principi fondanti: non più la tutela della salute e della sicurezza sociale posti come cardini su cui poggiare le scelte politiche di fondo, ma al loro posto la stabilità monetaria e di bilancio. La conseguenza per il SSN è stata la riduzione dei costi, che si è realizzata lungo due binari: a) il taglio delle strutture, con la chiusura diospedali, presidi di
assistenza sanitaria territoriale, riduzione dei posti letto e dei punti nascita; b) il taglio del personale, con il blocco del turn over e dei rinnovi contrattuali. Nella sanità pubblica siamo così passati dai 575 posti letto ordinari ogni centomila abitanti del 1997 agli attuali 275, mentre la Germania ne ha 621. Una diminuzione di oltre il 50% che si commenta da sola. Non meno grave la riduzione del personale. Nel solo periodo 2009-2017 la sanità pubblica ha perso 46mila unità, tra medici, infermieri ed altro personale. … E quella dell’economia nazionale Ma non ci sono solo i problemi sanitari. L’epidemia, e le scelte politiche adottate dal governo, tra le più dure a livello mondiale, hanno aperto una crisi economica e sociale dalle conseguenze ancora più pesanti. Milioni di persone sono restate di fatto senza reddito. Altri milioni non hanno più certezza alcuna sul proprio posto di lavoro. La povertà è destinata ad un drastico aumento, mentre il patrimonio economico ed industriale del Paese rischia di finire nelle mani degli avvoltoi della finanza internazionale A fronte di questo disastro i provvedimenti decisi dal governo sono del tutto insufficienti. Non si risponde ad un crollo del Pil senza precedenti – di certo superiore al 10%, più realisticamente tendente al 20% – con mezze misure pasticciate e senza una chiara prospettiva di uscita dalla crisi. A nostro avviso non si verrà fuori da questo dramma sociale senza uscire dalla gabbia dell’euro e dell’Ue. E’ questa la condizione necessaria per avviare un piano di rinascita
dell’Italia, che ha bisogno di scelte radicali, dell’uscita dal neoliberismo, di un ritorno ai principi sanciti dalla nostra Costituzione, di un nuovo e decisivo ruolo dello Stato nell’economia e nella società. Sull’insieme delle questioni economiche poste dall’attuale crisi, Liberiamo l’Italia ha già indicato le proprie idee – 3 misure immediate ed 8 provvedimenti per mettere in sicurezza il Paese – nel documento “La vera via d’uscita – Proposte per evitare la catastrofe dell’Italia” – al quale rimandiamo. Per una vera “Fase 2” Dopo queste doverose premesse, passiamo ora alle nostre proposte sulla “Fase 2”. 1. Per un’effettiva riapertura Noi non ci nascondiamo le incertezze legate allo sviluppo dell’epidemia, ma affermiamo con forza che questo nuovo periodo che ci attende non deve essere la mera prosecuzione di quello attuale. La cosiddetta “Fase 2” dovrà invece segnare dei cambiamenti profondi, trasmettere non il terrore, bensì l’idea positiva di un’uscita – per quanto necessariamente prudente e graduale – dall’emergenza. Non solo. Per correggere i drammatici errori compiuti, nella decisione dei tempi e dei modi della “Fase 2” si dovrà sì tener conto degli aspetti sanitari, ma non solo di essi. Se si gettano milioni di persone sul lastrico, forse ci saranno meno morti per coronavirus, ma di certo ve ne saranno molti di più
per fame e per impossibilità di curarsi adeguatamente. Tutti devono essere messi nella condizione di poter riaprire. Liberiamo l’Italia appoggia in pieno ogni rivendicazione volta ad ottenere la garanzia della massima sicurezza sui posti di lavoro, adottando tutte le forme di riorganizzazione dei processi produttivi necessarie allo scopo. Lo Stato deve esigere dalle aziende tutto quanto è necessario a tal fine. Al tempo stesso, considerate le difficoltà delle piccole aziende, esso deve intervenire per coprire i costi per la sicurezza sostenuti da queste ultime. Il confinamento rigido deciso a marzo dal governo è stato nella sostanza un fallimento. Non solo i contagi non sono calati nella misura prevista, ma l’andamento dell’epidemia è stato perfino peggiore rispetto ai paesi che hanno preferito confinamenti meno rigidi e più mirati (vedi i casi clamorosi della Germania e soprattutto della Corea del Sud). Se questo è ormai ampiamente provato, gravissime sono state le conseguenze economiche e sociali. Se delle prime abbiamo già detto, sulle seconde occorre avere chiaro cosa ha significato mettere agli arresti domiciliari un’intera popolazione. Da questo punto di vista il lockdown duro, all’italiana, è stato un disastro totale. Chiudere in casa in maniera indiscriminata – come non denunciare l’assurdo ritornello “state a casa, state a casa, state a casa” diffuso h24 da media ed autorità pubbliche – ha avuto conseguenze fisiche e psicologiche assolutamente insopportabili. La rivista “Lancet” ha evidenziato i seguenti sintomi: disordini emozionali, tono dell’umore deflesso, depressione, irritabilità, insonnia, sintomi del DPTS (disturbo post-traumatico da stress), rabbia ed esaurimento emozionale.
Mentre il rischio suicidario risulta anch’esso un aspetto di cui non si può non tenere conto, tra i principali fattori di stress vengono annoverati: la durata della quarantena, la paura di infettarsi, la frustrazione e la noia, la disponibilità di beni primari inadeguata (comprese le cure mediche), informazioni inadeguate e il timore della perdita del reddito. Ma giustamente l’articolo spinge anche ad una riflessione importante: la separazione dalle persone che amiamo, la perdita della libertà, l’incertezza sul futuro, la noia creano effetti drammatici. Per questa ragione, i benefici delle misure restrittive vanno posti sul piatto della bilancia insieme ai costi psicologici. Questa situazione va dunque superata con decisione e al più presto. I prezzi pagati dalla popolazione, specie quella più debole, sono già stati fin troppo alti. Ci portano sempre il modello tedesco come un esempio da seguire. Stavolta no, chissà perché. In Germania stanno riaprendo le scuole e praticamente tutti i negozi, dal 4 maggio lo faranno perfino i parrucchieri. Sono consentiti gli assembramenti al chiuso fino a venti persone, quelli all’aperto fino a cinquanta. Sono pazzi i tedeschi, o siamo invece noi ad essere finiti senza accorgercene in una gabbia che qualcuno ci ha costruito attorno? 2. Decida la Repubblica italiana, non i “governatori” di un’Italia allo sbando Noi non abbiamo fiducia alcuna nell’attuale governo. Né l’abbiamo per l’attuale opposizione parlamentare. Tuttavia una cosa dev’essere chiara: ogni decisione sul tema dovrà essere univoca, presa dal parlamento italiano, che dovrà tornare a
riunirsi al completo, nella pienezza dei suoi poteri e delle sue responsabilità. No dunque al dispotismo dei Dpcm di Conte, no alla delega lasciata ad organismi non eletti come le tante pittoresche “task force” allestite nel frattempo, no al caos di decisioni lasciate ai presidenti delle Regioni. In queste settimane abbiamo infatti assistito ad una duplice follia, segno di un’assoluta irresponsabilità della classe dirigente. La prima è consistita nell’applicazione delle stesse regole sull’intero territorio nazionale – da Bergamo a Lampedusa, per intenderci -, senza considerare le enormi differenze territoriali nella diffusione dell’epidemia. La seconda, nel progressivo passaggio dei poteri ai “tecnici” ed ai “governatori”, sempre pronti questi ultimi ad indurire ogni misura, ad interpretare ogni norma in maniera sempre più rigida ed autoritaria. Il risultato è stato un diffuso clima poliziesco, arricchito pure dai tanti sindaci-sceriffo che hanno trovato il modo di dire la loro. A tutto ciò diciamo basta. Un basta senza se e senza ma. Si ripristini la democrazia e la centralità del parlamento. Non siamo contro alle Regioni, ma siamo per l’unità nazionale. 3. Ripristino immediato dei diritti costituzionali – Attivazione dei diritti democratici di libertà (art. 2, 4, da 13 a 21 della Costituzione) Chiediamo quindi la fine della segregazione indiscriminata imposta – senza distinguere tra persone sane e malate – ai cittadini con la minaccia di pesanti sanzioni penali e pecuniarie e quale unico strumento per contenere il rischio epidemico che, in concreto, è risultato grandemente amplificato in ragione della drammatica inadeguatezza del
sistema sanitario pubblico pauperizzato e saccheggiato da anni di selvaggia austerità, declassato da soccorso per la popolazione più debole ed esposta al rischio epidemico ad azienda commerciale, privatizzato ed offerto in pasto ai mercati. Sbandierando la tutela del diritto alla salute (che la nostra Costituzione norma all’art. 32 nel titolo dedicato ai rapporti etico sociali) il governo, con atti autoritativi amministrativi non soggetti al controllo del parlamento, ha di fatto sospeso sine die libertà e Costituzione, diritti e democrazia. Sospesi, quando non del tutto mortificati, negletti e calpestati ne risultano i diritti costituzionali fondamentali: di libertà personale (art. 13), di libera circolazione (art. 16), di riunione pacifica (art. 17), di libera professione di fede e di culto (art. 19), di libera manifestazione del pensiero (art. 21), di difesa dei diritti e di tutela giurisdizionale (art. 24), di libera iniziativa economica (art. 41), di libero godimento della proprietà privata (art. 42). Alcuna così imponente compressione di principi e diritti fondamentali può giustificarsi in uno stato democratico. Tanto meno col pretesto della dichiarazione dello “stato di emergenza” radicato dal governo sul solo richiamo a legge ordinaria (il codice della protezione civile) e non in base a Costituzione. Quest’ultima infatti conosce lo “Stato di guerra” (art. 78), non certo lo “stato di emergenza”. Chiediamo quindi l’immediato ripristino di tutti i diritti costituzionali citati. E chiamiamo alla mobilitazione su questo punto tutte le forze che in questi anni (vedi il referendum del 2016) si sono battute a difesa della Carta del 1948.
4. Scuola – Attuare il diritto allo studio (art. 34 della Costituzione) E’ incredibile come di scuola si parli poco e male. Come essa venga sempre buon’ultima nei pensieri degli attuali politicanti. Era così anche prima, ma l’emergenza del Covid 19 lo ha reso ancor più evidente. Otto milioni di studenti, un milione di professori, centinaia di migliaia di amministrativi e collaboratori scolastici, tutti a casa. Il governo (ministro Azzolina) intende lasciare chiuse le scuole almeno fino alla fine dell’anno scolastico. Altre nazioni hanno invece riaperto elementari ed asili (Danimarca) o riapriranno a breve (Germania, Francia, Lussemburgo, Grecia) previa sanificazione dei luoghi scolastici, con banchi distanziati ed anche didattica all’aperto. Perché l’Italia non intraprende la stessa strada? Quel che va detto con chiarezza è che la didattica a distanza non è una soluzione adeguata. Troppi gli esclusi, o perché privi dei necessari supporti tecnologici, o perché bisognevoli nell’apprendimento del coinvolgimento fisico e diretto. Liberiamo l’Italia chiede al governo di garantire con ogni mezzo, fuori dai vincoli di austerità imposti dall’UE, la regolare riapertura del prossimo anno scolastico, senza ritardi o slittamenti che non avrebbero giustificazione alcuna. Nel frattempo si potrebbe ricorrere a soluzioni graduali, per avviare il ripristino delle tradizionali pratiche scolastiche. Le uniche idonee a garantire, ben oltre la formazione nozionistica dell’individuo, lo sviluppo della sua capacità di pensare e di agire nella società.
5. No alla repressione – Cancellazione delle sanzioni applicate in nome dell’emergenza La folle repressione messa in atto in questi ultimi due mesi, simboleggiata dalla caccia al podista od alla casalinga troppo spesso fuori casa, deve cessare. Il 99,9% delle sanzioni applicate sono del tutto ingiustificate rispetto all’obiettivo di combattere l’epidemia. C’è un solo modo per riparare a questa ingiustizia, senza dover fare impazzire la gente con i ricorsi. Cancellare con un atto del parlamento tutte le sanzioni comminate in base alle norme sul confinamento sociale, salvo quelle già perseguibili in base alle leggi già precedentemente vigenti. 6. Giustizia – Attuazione dei diritti di difesa (art. 24, 26, 27 della Costituzione) Deve essere sancito il divieto assoluto di virtualizzare il processo (cd. Processo da remoto) così riducendolo a vuoto simulacro ed a tomba del diritto di difesa. Chiediamo, quindi, siano preservati i fondamentali principi che regolano il contraddittorio nel dibattimento e garantiscono la democraticità del processo e la correttezza delle decisioni: oralità, immediatezza, concentrazione, contestualità e pubblicità del dibattimento la cui attuazione richiede necessariamente la compresenza fisica in aula di tutti i soggetti coinvolti (parti, difensori, magistrati e personale di cancelleria). Come sostenuto da autorevole parte della magistratura e come opinato dall’avvocatura non è conforme a costituzione la smaterializzazione delle persone per cui “è la tecnica a dover seguire il nostro modello costituzionale e normativo del
processo, e non viceversa” (MD, Guglielmi, Il Dubbio 23.4.20). 7. Controllo e tracciamento. No alla app “immuni”, sì ai programmi di screening (test sierologici e tamponi) Liberiamo l’Italia dice un no secco ed irrevocabile alla app “immuni”. Non crediamo che i programmi elettronici di tracciamento delle persone, come appunto questa applicazione, ancorché spacciati su base volontaria e su identificativi anonimi, siano un mezzo accettabile per contrastare il rischio infettivo. Di fatto essi possono essere utilizzati invece, come nelle più esecrabili distopie orwelliane, a vantaggio delle multinazionali e dei poteri egemoni per carpire all’insaputa del cittadino – e contro il dettato costituzionale ed il novero dei diritti inviolabili sanciti dall’art. 2 della Carta fondamentale – dati riservati relativi agli spostamenti, alle abitudini, agli interessi personali. Contro queste architetture informatiche, in grado di tracciare centinaia di milioni di persone, si è da ultimo levato anche il grido (seppur tenue) d’allarme di 300 accademici col richiamo alla memoria delle illecite captazioni rivelate da Edward Snowden o registrate nella vicenda Facebook & Cambridge Analytica. Noi riteniamo che non sia in nessun caso accettabile l’idea di affidare agli algoritmi di un supporto elettronico, di per sé fallace, la prevenzione sanitaria ed il contrasto dell’epidemia. Va invece accolto l’appello dell’AIE (Associazione Italiana di Epidemiologia), ricostituendo subito presso l’ISS il Centro
nazionale di epidemiologia (Cnsep), al quale affidare la regia a livello nazionale delle azioni di contrasto all’epidemia che vanno gestite nei territori sulla base delle loro specificità, ispirandosi, per capirci, ai criteri della Germania e del Veneto. Sono necessarie campagne di individuazione precoce dei soggetti infetti, malati o portatori sani, e dei loro contatti, fondate su specifici test (sierologici, per tamponi e reagenti), gestite dai servizi sanitari territoriali, reintegrati del personale che gli è stato tagliato in questi anni (Lombardia docet). In particolare occorrono medici coadiuvati da personale sanitario non medico per la gestione tempestiva delle misure da adottare nei confronti dei soggetti infetti e dei loro contatti, epidemiologi e statistici in grado di dare applicazione alle indicazione del Cnsep, programmando, gestendo le campagne di screening e monitorando sul territorio l’andamento dell’epidemia. Sono queste le cose che servono. E, guarda caso, sono proprio quelle che le odiose logiche liberiste, tramate sul vieto refrain del “non ci sono i soldi”, ci stanno invece negando. 8. No al potere dei tecnici – Attenzione al conflitto di interesse! Liberiamo l’Italia ritiene inaccettabile l’attuale trasferimento di poteri verso strutture tecniche create ad hoc da un potere politico che vuole sfuggire alle sue responsabilità. In particolare riteniamo inammissibile – e dunque da azzerare immediatamente – ogni ruolo assegnato a personaggi che abbiano prestato la propria opera professionale al servizio di lobby private economiche e/o finanziarie,
società commerciali multinazionali, stati stranieri, organizzazioni sovranazionali, o che siano appartenuti a club (tipo il Bilderberg) ed associazioni (come la Trilaterale) costituite allo scopo di condizionare le sorti politico economiche degli Stati sovrani nazionali. Tutti questi soggetti sono generalmente portatori di interessi diversi, potenzialmente configgenti o comunque non coincidenti, con quelli degli Stati che in teoria dovrebbero servire nelle varie “task force”. Per questi soggetti deve valere il divieto assoluto e sine die, penalmente sanzionato, di svolgimento di funzioni e compiti su delega del governo e di qualsiasi altro Ente pubblico. Ogni apporto tecnico ai vari livelli, adottato al fine di gestire l’attuale emergenza, deve perciò adeguarsi a questi principi. Affinché lo Stato assolva al suo ruolo previsto dalla Costituzione, ogni infiltrazione dei poteri economici e finanziari extra-statuali, nazionali ed internazionali, va contrastata e bandita! 9. Altri provvedimenti economici Oltre alle misure economiche contenute nel già citato documento “La vera via d’uscita – Proposte per evitare la catastrofe dell’Italia“, mettiamo qui in evidenza due questioni specifiche di notevole interesse. Questioni affrontate nei decreti governativi, ma in maniera del tutto inaccettabile. Ci riferiamo al tema degli affitti delle attività commerciali e a quello della concessione di liquidità alle imprese in difficoltà. A fronte dell’azzeramento dei ricavi nella fase di chiusura, ed alla prevedibile drastica riduzione degli stessi in quella di riapertura, alle attività commerciali il governo ha
concesso soltanto un credito d’imposta sul 60% dell’affitto pagato solo per il periodo di chiusura e solo a fronte del pagamento del 100% del canone. Insomma, intanto paga, poi recupererai qualcosa l’anno prossimo. Tutto ciò è assurdo. Per le piccole imprese, spesso a conduzione familiare, noi proponiamo invece che per tutto il 2020 esse siano esentate sia dal pagamento delle tasse che da quello degli affitti, concedendo lo Stato un credito d’imposta ai proprietari degli immobili in una misura variabile (in rapporto al reddito) dai due terzi al 100% del prezzo di locazione. Altra questione rilevante è quella della liquidità. Qui i 400 miliardi vantati dal governo stanno diventando una presa in giro per tanti soggetti ridotti sul lastrico. Più che un aiuto a chi ne ha estremo bisogno, un trucchetto a favore delle banche. Noi diciamo di no a questo meccanismo. A chi è ridotto in ginocchio privo di mezzi non si offre un prestito, si tende la mano. Non lo si indebita ancor di più, lo si sostiene, invece, assicurandogli liquidità a fondo perduto. Invochiamo perciò per tutti costoro, milioni di italiani ricchi di genio e di buona volontà, che siano fatti destinatari di un contributo una tantum a fondo perduto commisurato in proporzione dell’80% della media del reddito conseguito negli ultimi tre anni. In conclusione Con questo testo non abbiamo certo la pretesa di aver detto tutto. Tantomeno quella di poter prevedere tutti i possibili problemi che potrebbero sorgere d’ora in avanti. A che serve allora indicare questi orientamenti, tanto più che non siamo né al governo né nelle sue vicinanze? Serve, questo almeno è il nostro parere, a fornire una bussola. Per quanto incompleta ed imperfetta una bussola ci serve, a noi e a tutti quelli che
non si vogliono rassegnare allo stato di cose presente. Ciò che è accaduto in questi due mesi di confinamento non deve ripetersi. Se l’epidemia è una realtà, altrettanto reale è l’esperimento sociale che i dominanti hanno messo in atto specie in Italia: testare il tasso di sottomissione di un popolo ottenibile grazie alla paura, verificarne la soglia di sopportazione, alimentare la psicosi come strumento di controllo sociale. La verità è che con il virus si dovrà probabilmente convivere, almeno per un certo periodo di tempo. Quanto lungo sarà questo tempo non lo possiamo sapere in anticipo. E’ sempre stato così nel passato, sarà probabilmente così anche stavolta. Su questo i moderni stregoni della tecno-scienza non riescono ad aiutarci più di tanto. Diverso è però il compito del decisore politico. La politica è appunto l’arte del decidere. Del farlo tenendo conto di un insieme di fattori. Nella fattispecie una corretta decisione politica dovrebbe considerare tutti i fattori economici e sociali, non meno di quelli sanitari. Così come dovrebbe contemplare tutti gli scenari, non solo quelli più apocalittici che tanto piacciono al sistema dei media per fare audience. Una politica che continui ad abdicare a questo compito negherebbe definitivamente se stessa, consegnando così il potere ad una congregazione di “tecnici” mai sopra le parti (e gli interessi), generalmente anzi piuttosto al di sotto della soglia minima della decenza. Non possiamo rinunciare alla vita ed alla libertà in nome della sicurezza. E comunque la prima sicurezza è proprio quella di poter vivere nella certezza di un lavoro sicuro e di
un reddito dignitoso, condizioni minime affinché abbia ancora un senso la parola “libertà”. Tutto ciò è stato messo pesantemente in discussione dal neoliberismo, ma la crisi attuale sta peggiorando drammaticamente le cose. Cominciamo ad agire per evitare la catastrofe! IN MEMORIA DI GIULIETTO CHIESA Giulietto Chiesa, Roma, 12 ottobre 2019: manifestazione Liberiamo l’Italia. La notte scorsa è deceduto Giulietto Chiesa. Una perdita gravissima per l’Italia democratica e patriottica. Milioni di italiani lo hanno conosciuto come un grande
giornalista, tra i pochi fuori dal coro del pensiero unico neoliberista. Giulietto è stato anche un militante antimperialista, impegnato in prima linea nei movimenti per la pace e la fratellanza tra i popoli, quindi agguerrito attivista per la difesa della libertà d’informazione, di qui la sua battaglia per una televisione indipendente e la nascita di Pandora TV. Noi lo ricordiamo accanto a noi in occasione della grande manifestazione del 12 ottobre, accolto tra gli applausi di tutti. Lo ricordiamo con noi fino a pochi giorni fa nel Coordinamento No MES, di cui è stato tra i fondatori. Raccoglieremo il suo testimone per fare dell’Italia un paese libero, indipendente e neutrale, fuori dalla gabbia della Ue e della NATO. Liberiamo l’Italia 26 aprile 2020
COVID-19 E ABUSI DI POTERE di Ilaria Cucchi
Salerno, 28 marzo. Uomo affetto da disturbi psichiatrici a terra pestato dai carabinieri Abbiamo un problema delicatissimo. Va trattato con cautela ma va comunque preso in seria considerazione dal ministro dell’Interno e non solo. Noi dobbiamo tanto alle forze dell’ordine. Al loro impegno in questi momenti di emergenza sanitaria terribile. Deve essere tuttavia molto chiaro a tutti che noi cittadini italiani stiamo dando il massimo dell’impegno umanamente possibile, dell’estremo sacrificio esigibile dei nostri diritti di libertà per il bene comune. Noi siamo coloro che combattono con la paura quotidiana di perdere i nostri cari, di non poter più provvedere al sostentamento delle nostre famiglie. Noi stiamo tutti combattendo in prima linea per uscire da questa crisi che ha devastato la nostra quotidianità. Le cronache giornalistiche dei pestaggi di Catania, di quelli di Salerno sono passate nel silenzio generale, ma fanno paura. Il silenzio delle Istituzioni preoccupa. Sembra volerli legittimare. È del tutto irrilevante la causa che li ha determinati. Quando un cittadino è inerme a terra, chiunque esso sia, per nessuna ragione può essere colpito. Ogni singolo
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