Consiglio Nazionale dei Geologi 1 - 2 novembre 2018
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02 Nov 2018 Dl Genova/1. Primo sì: Bucci aspetta la conversione per invitare le imprese Alessandro Arona e Massimo Frontera È diventato un decreto-omnibus da 60 articoli (compresi i bis e i ter) il decreto legge “Genova” (Dl 28 settembre 2018, n. 109) approvato dalla Camera in prima lettura nella notte tra il 31 ottobre e il primo novembre (con 284 voti favorevoli, 67 contrari e 41 astenuti). Il testo passa ora all'esame del Senato e deve essere convertito in legge entro il 27 novembre. Ma il cuore del provvedimento restano la ricostruzione del Ponte Morandi crollato e le misure di indennizzo/rilancio dei cittadini e le imprese di Genova. Per il capoluogo ligure il decreto stanzia complessivamente 630 milioni di euro (di cui 360 milioni per la ricostruzione del ponte e le nuove case degli sfollati, oneri che secondo il decreto dovrà comunque pagare Autostrade per l'Italia, o subito o più in là) e 270 milioni per minori tasse, zona franca urbana, e sostegni alle imprese. Il Ddl di Bilancio 2019 aggiunge poi altri 460 milioni di euro: 160 in due anni per indennizzi agli autotrasportatori, 100 in due anni ancora per la Zona franca urbana, 200 milioni per piani di sviluppo portuale. L'articolo 1 del decreto prevede la nomina da parte del presidente del Consiglio di un Commissario straordinario per la ricostruzione del ponte sul Polcevera e della viabilità connessa: Conte ha annunciato la firma del Dpcm e la nomina del sindaco Marco Bucci il 4 ottobre scorso, ma il decreto non è mai uscito in Gazzetta e manca un altro Dpcm per la costituzione della struttura di supporto al commissario (al massimo 20 persone, di cui 5 assunte all'esterno della Pa). Bucci nei giorni scorsi ha detto di attendere la conversione del decreto per emanare i primi provvedimenti: gli inviti alle imprese per affidare la demolizione del ponte e l'immissione in possesso delle aree interessate, una volta dissequestrate dalla magistratura (si attende a inizio dicembre). Il Dl (dopo emendamento) consente l'immediata immissione in possesso delle aree da parte del commissario, nelle more degli espropri. E stabilisce che spetta ad Autostrade per l'Italia non solo pagare la ricostruzione del ponte ma anche pagare tutti gli indennizzi agli sfollati, per il trasloco e la nuova casa. L'articolo 1-bis stabilisce che i proprietari di case da demolire, e che stipulino un atto di cessione volontaria del bene con il commissario, hanno diritto (entro 30 giorni dalla trascrizione degli atti) a un'indennità pari a 2.205,50 euro al metro quadrato (circa il 40% superiore ai prezzi di mercato in quella zona di Genova), più l'indennizzo forfettario di 45mila euro a unità abitativa previsto dalla legge regionale sui Pris e altri 36mila euro ad abitazione per «indennità di improvviso sgombero». Sempre con modifiche alla Camera, l'articolo 1-ter stabilise che il commissario deve individuare subito i tratti autostradali A7 e A10 «funzionalmente connessi al viadotto Polcevera», e che Autostrade per l'Italia deve immediatamente consegnarli al commissario. 1/3
Come nel testo originario i poteri del Commissario sono quasi illimitati, con possibilità di deroga a ogni norma di legge extrapenale, ma su suggerimento del presidente dell'Anac Raffaele Cantone la Camera ha stabilito che il commissario deve rispettare il Codice Antimafia (dlgs 159/2011), con procedure però accelerate per il rilascio del certificato antimafia da parte delle Prefetture, da stabilire con decreto del Ministro dell'Interno entro 15 giorni dalla legge di conversione. Resta la norma che impone ad Autostrade di pagare tutti gli oneri per la ricostruzione del ponte e la viabilità connessa, e anche gli indennizzi agli sfollati (come detto sopra). Aspi dovrà pagare entro 30 giorni dalle richieste del Commissario, e in caso di diniego quest'ultimo potrà chiedere anticipazioni a banche garantendo la restituzione con le coperture indicate in bilancio (360 milioni di euro pluriennali). Per l'affidamento degli appalti (demolizione, progettazione del nuovo ponte, lavori di ricostruzione), il commissario Bucci non potrà assegnare alcun incarico ad Autostrade o società controllate/collegate, ma ogni altra esclusione è stata eliminata rispetto al testo iniziale. Il decreto nulla dice rispetto alle modalità di affidamento, ma Bucci ha già chiarito che farà gare semplificate, molto veloci, a inviti: saranno invitate 5-10 imprese per ogni incarico, scegliendo le migliori sul mercato, e affidando la scelta a una commissione di tecnici esterni. «Ho in testa due obiettivi - ha detto ieri Bucci - iniziare i lavori di demolizione dei monconi prima di Natale e far partire la ricostruzione del ponte dal lato ovest a fine marzo 2019 in modo che ci sia una concreta possibilità di avere il ponte finito entro fine 2019». L'articolo 1-te impone a tutte le concessionarie autostradali di avviare subito un'attività «di verifica e messa in sicurezza di tutte le infrastrutture viarie oggetto di atti convenzionali, con particolare riguardo ai ponti, viadotti e cavalcavia», da concludere entro 12 mesi. Il decreto, all'articolo 12, istituisce una nuova Agenzia per la sicurezza ferroviaria e stradale/autostradale (Ansfisa), che nel giro di circa sei mesi dovrà accorpare l'attuale Ansf (solo sicurezza ferroviaria), circa 120 dipendenti, salendo poi di altri 358 unità (di cui 236 assunzioni in due anni) e oneri per 22 milioni di euro all'anno. Avrà compiti di regolazione, ispezione e sanzioni sui gestori di reti, ai fini della sicurezza. Per rafforzare le capacità di vigilanza e verifica da parte del Ministero delle Infrastrutture sullo stato delle opere pubbliche (trasporti e dighe) è istituita il nuovo Archivio nazionale informatico delle opere pubbliche (Ainop), una banca dati alimentata dai soggetti gestori, aggiornata di frequente e con sperimentazione anche di sensori porti sulle infrastrutture e collegati con essa in tempo reale. Per questi scopi il decreto autorizza l'assunzione di 200 nuovi tecnici al Mit, con oneri per 7,2 milioni di euro l'anno. Sempre in materia di infrastrutture e sicurezza, infine, il decreto rafforza i poteri dell’Autorità di regolazione dei trasporti sulle concessioni autostradali, estendendo il compito di verifica di tariffe e assetti regolatori anche alle vecchie concessioni (quelle esistenti al 28 dicembre 2011); anticipa 192 milioni di euro già in bilancio a favore di Strade dei parchi spa (gruppo Toto, concessionaria della Roma-L’Aquila-Teramo) al fine di avviare subito le opere più urgenti di messa in sicurezza sismica dei viadotti della A24/A25; nasce infine la Cabina di regia «Strategia Italia», a Palazzo Chigi, per il monitoraggio e il rilancio dei programmi di investimento in opere pubbliche, in particolare quelli per dissesto idrogeologico, antisismica, bonifiche. Ricostruzione Centro Italia, più poteri al commissario Novità anche per la ricostruzione del Centro Italia. La più rilevante è quella che vede crescere il potere attribuito al Commissario di governo, il quale potrà prendere le sue decisioni «sentiti» i 2/3
quattro vice-commissari e presidenti di Regione (Umbria, Lazio, Abruzzo e Marche) senza più la necessità di ottenere l’intesa. I quattro presidenti di Regione hanno già fatto sapere di non aver gradito questa evoluzione in senso centralistico. L’altra importante novità è la modifica della procedura sull’anticipazione ai progettisti sul contributo alla ricostruzione privata. Il cambiamento riguarda sia l'entità dell'anticipo: 50% invece dell'80%, sia soprattutto, la fase della procedura in cui è prevista l'erogazione. Ora l'80% della parcella del progettista viene erogato contestualmente alla concessione del contributo per l'intervento, cioè al termine di tutto l'iter di approvazione e verifica della richiesta presentata dal professionista. La nuova norma anticipa il pagamento alla presentazione del progetto, sia pure abbassando l'anticipo al 50% della parcella. A definire le modalità per il pagamento delle prestazioni sarà un’ordinanza commissariale. Edilizia scolastica Scuole innovative, tornano i fondi Inail A bordo del “treno” del decreto Genova è salito anche un “pacchetto” edilizia scolastica. La principale misura riguarda la spesa annua autorizzata in 9 milioni euro per ciascun anno del triennio 2018, 2019 e 2020 per coprire il costo di progettazione delle scuole innovative. I soldi vengono anticipati dall'Inail sul futuro acquisto (come investimento) della scuola (sempre che l'Istituto deliberi di effettuare l'investimento). Vengono concessi poi 9 milioni (4,5 milioni per ciascun anno del biennio 2019-2020) per la progettazione dei poli per l’infanzia, anche questi potenziali investimenti da parte di Inail. Previsto anche un monitoraggio sui fondi inutilizzati stanziati con il dl competitività (n.66/2014) e dalla legge sulla riforma dell’istruzione (n.107/2015) che vengono destinati a interventi di messa in sicurezza degli edifici scolastici. Il Dl Genova stabilisce che le risorse «sono attribuite entro il 31 dicembre 2018 agli enti locali proprietari degli edifici adibiti ad uso scolastico, per essere destinate alla progettazione degli interventi di messa in sicurezza dei predetti edifici». Un Dm del Miur detterà criteri e procedure. P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved 3/3
02 Nov 2018 Dl Genova/2. Rixi: i 42 decreti attuativi previsti non rallenteranno la ricostruzione Manuela Perrone I 42 provvedimenti attuativi previsti dal decreto Genova? Per il genovese Edoardo Rixi, sottosegretario leghista alle Infrastrutture, «non rallenteranno l’attuazione del provvedimento nella sua parte core: la ricostruzione». Neppure quel decreto del ministro dell’Interno che dovrà formalizzare entro 15 giorni dall’entrata in vigore l’accordo tra il sindaco-commissario Marco Bucci e il presidente Anticorruzione Raffaele Cantone, stabilendo le procedure semplificate per il rilascio delle certificazioni antimafia. «Siamo già in contatto con il Viminale – assicura Rixi – e il testo sarà scritto durante l’iter al Senato». Dunque non vede alcun rischio di ritardi nell’attuazione? Il rischio c’è sempre, ma chi non risica non rosica. Quando si affrontano situazioni complesse il tema è cercare di dare risposte complessive. Ma non ci sono provvedimenti attuativi neanche nelle norme sull’autorità portuale né in quelle sulle assunzioni. Gli altri li faremo, in parallelo. D’altra parte, bisogna rispettare la Costituzione e le leggi. Il decreto è diventato un omnibus con oltre 60 articoli, compresi i bis e i ter. È comunque soddisfatto del testo approvato alla Camera? Sono assolutamente soddisfatto. Il decreto ha superato i 600 milioni di euro come stanziamento complessivo per Genova ed è stato integrato, come avevamo promesso, con le misure per gli sfollati, le imprese e i lavoratori. Ulteriori risorse arriveranno con la legge di bilancio. Adesso l’obiettivo è convertirlo in legge a stretto giro. Temete la seconda lettura al Senato? Il testo scade il 27 novembre… Per noi il testo è chiuso. L’idea è non modificarlo per evitare la terza lettura alla Camera. Se dovesse servire, potremmo anche decidere di mettere la fiducia. D’altronde, a Montecitorio il decreto è stato varato a larghissima maggioranza. E anche Pd e Leu hanno annunciato con imbarazzo il loro voto contrario, legato alle norme previste per Ischia. Puntiamo al “sì” definitivo entro metà novembre. Bucci ha auspicato l’inizio della demolizione dei monconi prima di Natale per far partire la ricostruzione del ponte a fine marzo 2019. È una tabella di marcia realistica? Dal giorno dopo la conversione il commissario avrà pieni poteri per far partire i lavori. E 30 milioni l’anno da qui al 2029 per poter procedere subito. Dà già per scontato che Autostrade non pagherà e che dunque si attingerà dall’anticipazione statale? Sono molto diffidente. Mi sembra che le considerazioni di Aspi siano molto più legate alla convenienza della società che non agli interessi pubblici generali. Per loro oggi pagare potrebbe 1/2
significare un’ammissione di colpa e siccome molti amministratori sono indagati temo che non lo faranno. Poi mi auguro di sbagliare. P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved 2/2
02 Nov 2018 Appalti, l’esclusione dell’impresa dalle gare per tre anni decorre dalla data di accertamento del fatto Laura Savelli Il triennio di esclusione dalle gare d'appalto decorre dalla data di accertamento definitivo del fatto. A chiarire la regola della rilevanza temporale, è la Corte di giustizia con la sentenza del 24 ottobre 2018, nella causa C-124/17 che, sebbene sia sorta nell'ambito di una controversia tedesca, fornisce indicazioni importanti sulle situazioni escludenti, come quella degli accordi anticoncorrenziali, qualificati dalle linee-guida Anac n.6 come gravi illeciti professionali, ai sensi dell'articolo 80, comma 5, lettera c), del Codice. Il caso Al vaglio della Corte Ue, è stato portato il caso di un'impresa esclusa da un sistema di qualificazione nel settore della fornitura di materiale ferroviario, a causa di un'ammenda che le era stata inflitta, nel 2016, dall'Autorità garante della concorrenza tedesca per aver aderito, cinque anni prima, ad un accordo collusivo denominato “intesa del binario”. Dinanzi alla sussistenza di questo motivo ostativo, la stazione appaltante aveva espresso i suoi dubbi sull'affidabilità dell'impresa, e aveva chiesto chiarimenti a tal riguardo. A seguito della richiesta, l'impresa aveva dimostrato di avere adottato vari provvedimenti di ravvedimento operoso - sia a livello organizzativo, sia a livello di personale - a testimonianza del fatto che, in futuro, non si sarebbero verificate altre intese illecite; ma, al tempo stesso, si era rifiutata di produrre la decisione con cui l'Antitrust le aveva inflitto l'ammenda, sul presupposto che la collaborazione mostrata nei confronti di tale Autorità fosse già di per sé sufficiente a provare il ravvedimento operoso. Pertanto, non avendo potuto esaminare il provvedimento, la stazione appaltante ha dichiarato l'esclusione dell'impresa dal sistema di qualificazione, che veniva poi contestata con ricorso al giudice amministrativo, sulla base di una duplice motivazione: a) l'articolo 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24/Ue - in merito alla disciplina delle misure di self cleaning - prevede soltanto una collaborazione con le autorità investigative, e non anche con l'amministrazione, come stabilito invece dal diritto tedesco; b) l'esclusione è in ogni caso limitata ad un periodo massimo di tre anni dalla data del fatto. I quesiti posti alla Corte Quattro, le questioni su cui viene interrogata la Corte. Con le prime due, i giudici tedeschi hanno chiesto di accertare la compatibilità con il diritto comunitario di una disposizione nazionale che include, tra le misure di self cleaning, l'aver chiarito fatti e le circostanze in modo globale collaborando attivamente non solo con le autorità investigative - come prevede la direttiva 2014/24/Ue - ma anche con l'amministrazione aggiudicatrice; e, in caso di risposta negativa, se l'impresa è comunque tenuta a chiarire i fatti nei confronti della P.a. per consentirle di valutare 1/3
l'idoneità dei provvedimenti operosi adottati. Con la terza e la quarta questione, la Corte viene invece investita, da un lato, del profilo della decorrenza del triennio di esclusione da individuare nel momento dell'accadimento storico del fatto ostativo, oppure della sua piena conoscenza acquista dalla P.a.; e, dall'altro lato, del problema della rilevanza del fatto stesso, da intendersi come cessazione dalla partecipazione all'intesa, piuttosto che - ancora una volta - come piena conoscenza, da parte della P.a., della partecipazione dell'impresa all'accordo anticoncorrenziale. La decisione della Corte Con riferimento alle prime due questioni, la Corte è dell'avviso che la P.a. debba basarsi in linea di massima sull'esito delle procedure finalizzate a perseguire certe violazioni ed affidate, proprio per tale motivo, a particolari organismi come l'Antitrust, che sono incaricati di effettuare indagini al riguardo. In questo senso, infatti, le amministrazioni aggiudicatrici sono chiamate a valutare i rischi cui potrebbero esposte aggiudicando un appalto ad un offerente dalla dubbia integrità; mentre, le autorità investigative hanno il compito di stabilire la responsabilità di determinati agenti nel commettere violazioni di norme, e di punire i loro eventuali comportamenti illeciti. Tuttavia - specifica la Corte - l'operatore economico che intende dimostrare la sua affidabilità, nonostante l'esistenza di un motivo di esclusione, deve cooperare con entrambe le autorità, siano esse amministrazioni aggiudicatrici o autorità investigative, a condizione che le funzioni di ognuna siano esercitate entro i rispettivi limiti: ragion per cui, la P.a. deve essere in grado di chiedere ad un'impresa, che è stata riconosciuta responsabile di una violazione al diritto della concorrenza, di fornire la decisione che lo riguarda; e la stessa impresa, non può dispensarsi dal produrre queste informazioni per il semplice fatto che le prove della sua collaborazione sono già state richieste dall'Antitrust nel corso della propria indagine. Con riguardo alla terza e alla quarta questione, la Corte ha invece affermato che, nel caso di un accordo anticoncorrenziale sanzionato da un'autorità, il triennio di esclusione dalle gare deve essere calcolato con decorrenza dalla data della decisione di tale autorità. Da questo punto di vista, i giudici di Strasburgo hanno preso infatti atto della circostanza che l'articolo 57, paragrafo 7, della direttiva 2014/24/Ue non precisa né la natura del fatto, né il momento in cui esso si verifica, limitandosi a stabilire solo la durata del periodo di esclusione pari a cinque anni dalla condanna definitiva, per i motivi obbligatori di esclusione, e a tre anni dalla data del fatto, per tutte le restanti ipotesi. Quindi, per ragioni di coerenza, è stata estesa la regola della decorrenza del triennio dalla data dei provvedimenti definitivi anche per le decisioni Antitrust, che servono, tra l'altro, a qualificare un comportamento restrittivo della concorrenza come fatto ostativo alla contrattazione con la P.a. I possibili riflessi sulla disciplina italiana In linea generale, la decisione della Corte sembra offrire un contributo interpretativo a diversi dubbi sorti nell'applicazione dell'articolo 80 del Codice e delle linee guida Anac n.6, considerato peraltro che, su questi stessi profili, sono ad oggi quattro le ordinanze di rimessione formulate dal giudice italiano in attesa di definizione (Tar Campania, Napoli, sez. IV, 3 dicembre 2017, n. 5893; Consiglio di Stato, sez. V, 3 maggio 2018, n. 2639; Tar Piemonte, Torino, sez. I, 21 giugno 2018, n. 770; Consiglio di Stato, sez. V, 23 agosto 2018, n. 5033). Nel nostro ordinamento, il caso dell'esclusione determinata da accordi anticoncorrenziali non è stato inserito direttamente nell'elenco delle ipotesi formulate dall'articolo 80, comma 4, del d.lgs. n. 50/2016, ma è stato qualificato come grave illecito professionale dalle linee-guida n. 6, le quali si riferiscono anche ai «provvedimenti esecutivi dell'Agcm di condanna per pratiche commerciali scorrette o per illeciti antitrust gravi aventi effetti sulla contrattualistica pubblica e posti in essere nel medesimo mercato oggetto del contratto da affidare». 2/3
LINEE GUIDA ANAC N.6 SULL’ESCLUSIONE DELLE IMPRESE In questo senso, la pronuncia dei giudici comunitari potrebbe pertanto essere di ausilio alle stazioni appaltanti nella operazioni di valutazione delle misure di self cleaning che debbono essere compiute prima di procedere all'esclusione di un concorrente a carico del quale sia stato accertato un illecito antitrust. Ma, la sentenza della Corte appare di particolare rilievo soprattutto in merito al profilo della rilevanza temporale delle cause di esclusione, dal momento che conferma la decisione che era già stata assunta al riguardo sia dal legislatore con la modifica dell'articolo 80, comma 10, del Codice, sia dall'Anac con le linee-guida n. 6, che fanno decorrere il termine triennale dalla data dell'accertamento del fatto, laddove non sia intervenuta una sentenza di condanna, e non dalla data del fatto stesso, come prevede invece la disciplina comunitaria. P.I. 00777910159 - Copyright Il Sole 24 Ore - All rights reserved 3/3
Ristrutturazione edilizia, Permesso di costruire, SCIA e Super DIA: nuovi chiarimenti dal Consiglio di Stato 02/11/2018 Le opere di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del Codice dei beni culturali (D.Lgs. n. 42/2004), devono essere classificati come interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e, quindi, subordinati a permesso di costruire. Lo prevede l'art. 10, comma 1 lett. c) del D.P.R. n. 380/2001 (c.d. Testo Unico Edilizia) e lo ha ricordato la Sesta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 5984 del 19 ottobre 2018 con la quale è intervenuta per la riforma di una sentenza di primo grado che aveva rigettato un ricorso presentato per l'annullamento di un ordine di demolizione di alcune opere realizzate senza i prescritti titoli abilitativi.
I fatti L'ordine di demolizione del Comune si riferiva ad un corpo di fabbrica al rustico su due livelli sfalsati tra di loro con muratura portante in pietre calcaree e una pista in terra battuta che dalla strada pubblica conduce al fabbricato, che il ricorrente ammetteva fossero già esistenti. A fondamento del ricorso, il ricorrente deduceva che: • il fondo acquisito nel 2008 «già comprendeva tre manufatti al rudere e la stradina interpoderale per accedere agli stessi» e la preesistenza dei ruderi, risalenti agli anni cinquanta «è comprovata dall’atto di compravendita, dalla perizia estimativa eseguita in epoca antecedente l’acquisto e dalle relazioni tecniche oggi rese»; • i provvedimenti impugnati sono stati adottati sull’erroneo presupposto che le opere in contestazione siano state realizzate ex novo, mentre in realtà è stato posto in essere soltanto un intervento di restauro e risanamento conservativo di preesistenti manufatti; • nessuna delle opere in contestazione rientra tra gli interventi subordinati al preventivo rilascio del permesso di costruire; • quanto alla «pista in terra battuta», è stato posto in essere soltanto un intervento di decespugliamento, del tutto irrilevante dal punto di vista urbanistico; • per l’intervento realizzato sui preesistenti ruderi sarebbe stata sufficiente la presentazione di una DIA. In primo grado, in sostanza, i giudici avevano respinto le censure con le quali il ricorrente contestava la qualificazione degli interventi come abusivi, sulla base delle seguenti ragioni: • la proprietaria non avrebbe dato prova della coincidenza delle dimensioni (volumi e superfici) e delle caratteristiche (sagoma e prospetto) del fabbricato in contestazione con quelle dei ruderi menzionati nell’atto di compravendita allegati al ricorso; • anzi da tale atto si evincerebbe che «la parte acquirente prende atto delle cattive condizioni di mantenimento e della carenza dei requisiti di agibilità ed abitabilità dei ruderi/comodi rurali ivi esistenti da almeno cinquanta anni, privi allo stato di valore commerciale (delle quali si è tenuto conto nella determinazione del prezzo di vendita)»; • a diverse conclusioni non potrebbe condurre la perizia tecnica giurata allegata al ricorso, specie perché tale perizia non opererebbero un puntuale raffronto tra le dimensioni e le caratteristiche del fabbricato in contestazione con quelle dei ruderi menzionati nell’atto di compravendita; • considerazioni analoghe a quelle appena svolte varrebbero per la realizzazione della «pista in terra battuta», poiché la ricorrente non ha dato alcuna prova delle dimensioni e delle caratteristiche della preesistente «stradina interpoderale» di accesso ai ruderi, che non risulterebbe neppure menzionata nel suddetto atto di compravendita. I giudici di Palazzo Spada hanno ricordato che costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia "quegli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possano portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. In tale prospettiva, la ristrutturazione ‒ nelle forme dell’intervento “conservativo” o “ricostruttivo” ‒ si pone in continuità con tutti gli altri interventi edilizi
cosiddetti minori (manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo), che hanno per finalità il recupero del patrimonio edilizio esistente". L’art. 10, comma 1, lettera c), del Testo Unico Edilizia prevede che le opere di ristrutturazione edilizia necessitano di permesso di costruire se consistenti in interventi che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino, modifiche del volume, dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso (ristrutturazione edilizia). In via residuale, la SCIAassiste invece i restanti interventi di ristrutturazione c.d. «leggera» (compresi gli interventi di demolizione e ricostruzione che non rispettino la sagoma dell’edificio preesistente). In relazione, invece, agli immobili sottoposti a vincolo ai sensi del D.Lgs. n. 42/2004 sono soggetti a SCIA solo gli interventi che non alterano la sagoma dell’edificio. Ricordiamo che l'art. 22, comm1 2 e 2-bis prevedono: • Comma 2 - Sono, altresì, realizzabili mediante segnalazione certificata di inizio attività le varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d'uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell'edificio qualora sottoposto a vincolo ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni e non violano le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire. Ai fini dell'attività di vigilanza urbanistica ed edilizia, nonché ai fini dell'agibilità, tali segnalazioni certificate di inizio attività costituiscono parte integrante del procedimento relativo al permesso di costruzione dell'intervento principale e possono essere presentate prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori. • Comma 2-bis - Sono realizzabili mediante segnalazione certificata d'inizio attività e comunicate a fine lavori con attestazione del professionista, le varianti a permessi di costruire che non configurano una variazione essenziale, a condizione che siano conformi alle prescrizioni urbanistico-edilizie e siano attuate dopo l'acquisizione degli eventuali atti di assenso prescritti dalla normativa sui vincoli paesaggistici, idrogeologici, ambientali, di tutela del patrimonio storico, artistico ed archeologico e dalle altre normative di settore. La sentenza del Consiglio di Stato ha, altresì, ricordato che agli interventi di ristrutturazione individuati dall'art. 10, comma 1, lettera c) del Testo Unico Edilizia, sottoposti al regime del permesso di costruire, per i quali, per ragioni di carattere acceleratorio, è consentito di optare per la presentazione della DIA (c.d. “super DIA”). Tale facoltà di opzione esaurisce i propri effetti sul piano prettamente procedimentale, atteso che su quello sostanziale (dei presupposti), penale e contributivo resta ferma l’applicazione della disciplina dettata per il permesso di costruire. La decisione del Consiglio di Stato Nel caso di specie, il TAR ha confermato l'ordine di demolizione come se i manufatti contestati fossero stati realizzati ex novo dal ricorrente. I giudici di secondo grado hanno, però, rilevato gli elementi concreti presentati dalla ricorrente e atti a provare la preesistenza dei manufatti in contestazione (da almeno cinquanta anni): un atto notarile, una perizia tecnica costruttiva ed un’altra geologica, un contratto di fittanza agraria,
l’aerofotogrammetria del 1956. Per tale motivo, l’Amministrazione avrebbe dovuto svolgere adeguate indagini per verificare l’effettivo stato dei fabbricati rurali nella loro consistenza originaria, onde poter qualificare con cognizione di causa se l’intervento realizzato dall’appellante fosse qualificabile come ristrutturazione leggera o pesante (con tutte le relative implicazioni in punto di regime autorizzatorio e sanzionatorio). Costituisce, infatti, principio consolidato che l’onere di provare la data di realizzazione e la consistenza originaria dell’immobile abusivo spetti a colui che ha commesso l’abuso. Solo l’interessato infatti può fornire inconfutabili atti, documenti ed elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione di un manufatto e, in difetto di tali prove, resta integro il potere dell’Amministrazione di negare la sanatoria dell’abuso e il suo dovere di irrogare la sanzione demolitoria. Tuttavia, la deduzione, da parte di quest’ultimo, di concreti elementi ‒ come è avvenuto nella specie ‒ trasferisce l’onere della prova contraria in capo all’amministrazione. A cura di Redazione LavoriPubblici.it © Riproduzione riservata Documenti Allegati Sentenza Link Correlati Speciale Testo Unico Edilizia
Legge di Bilancio 2019: Firmata dal Presidente della Repubblica e trasmessa al Parlamento 02/11/2018 Dopo la bollinatura da parte della Ragioneria dello Stato, il Presidente Sergio Mattarella ha firmato il disegno di legge di Bilancio 2019 che è stato trasmesso al Parlamento. Il testo è costituito questa volta non da un unico articolo con più commi ma da 108 articoli suddivisi classicamente nei seguenti titoli: • Titolo I (art. 1) - I risultati differenziali del Bilancio dello Stato • Titoli II (artt. 2-20) - Misure per la crescita • Titoli III (artt. 21-38) - Misure per il lavoro, l’inclusione sociale, la previdenza e il risparmio • Titoli IV (artt. 39-55) - Misure di settore • Titolo V (artt. 56-59) - Politiche invariate • Titolo VI (artt. 57-59) - Misure di razionalizzazione della spesa pubblica • Titolo VII (artt. 60-78) - Regioni ed Enti locali • Titolo VIII (art. 79) - Esigenze emergenziali • Titolo IX (artt. 80-89) - Disposizioni in materia di entrate • Titolo X (artt. 90-108) - Fondi.
La legge di Bilancio approderà nell’Aula della Camera tra il 29 ed il 30 novembre. Lo ha deciso la conferenza dei capigruppo di Montecitorio. Nelle giornate del 21 e 22 novembre non ci saranno sedute d’Aula per consentire alle commissioni l’esame della Nella Legge di bilancio 2019 alle diverse misure previste per il Sud Italia, per le assunzioni dei giovani, per la flat tax vengono aggiunti un provvedimento dedicato alle famiglie con terzo figlio, misure per la crescita, per l’inclusione sociale e per la razionalizzazione della spesa pubblica. Viene, poi, confermato quanto preannunciato sul reddito di cittadinanza e sulle pensioni, con superamento, anche se graduale, della Legge Fornero con l’istituzione di due fondi appositi come norme quadro e con la necessità di due successivi disegni di legge successivi. Viene, poi, inserita l’estensione anche agli under 45 dell’agevolazione Resto al Sud ed è confermata la sterilizzazione degli aumenti Ivaper tutto il 2019, cedolare secca per negozi. Novità, poi con: • la flat tax al 15 per cento anche per agli insegnanti che danno lezioni private e ripetizioni; • la concessione gratuita per 20 anni di terreni agricoli di proprietà dello Stato alle famiglie a cui nasca il terzo figlio nel triennio 2019-2021 che potranno accedere, anche, a mutui fino a 200mila euro a tasso zero se comprano la prima casa vicino al terreno. Qui di seguito i contenuti della Manovra 2019 e le misure del disegno di legge firmato dal Presidente della Repubblica che è stato già inviato al Parlamento: • reddito e pensione di cittadinanza; • pensioni e quota 100; • Pacchetto per il Sud e “Resto al Sud”; • flat tax per insegnanti e lezioni private; • proroga Ecobonus e bonus verde; • bonus studenti “eccellenti”; • cedolare secca negozi sotto 600 mq; • taglio vitalizi nelle Regioni; • terreni gratis con il terzo figlio; • risarcimenti risparmiatori truffati; • blocco aumenti Iva e accise benzina; • riduzione liste d’attesa nella sanità. In allegato il testo del ddl relativo alla legge di bilancio 2019 unitamente alla relazione tecnica. Nello schema di disegno di legge sono confermati: • il comma 4 ell’articolo 16 che contiene la disposizione con cui è sostituito il comma 5 dell’articolo 37 del Codice dei contratti pubblici. In particolare, in tema di aggregazioni e centralizzazione delle committenze, è stabilito che in attesa della qualificazione delle stazioni appaltanti, l’ambito territoriale di riferimento delle centrali di committenza coincide con il territorio provinciale o metropolitano e i
Comuni non capoluogo di provincia ricorrono alla stazione unica appaltante costituita presso le province e le città metropolitane per gli appalti di lavori pubblici; • il testo dell’articolo 17 relativo alla “Centrale per la progettazione delle opere pubbliche” in cui è possibile osservare come: o con i commi 1, 2 e 3 è istituita, presso l’Agenzia del demanio - che assume la denominazione di Agenzia del demanio e della progettazione - la “Centrale per la progettazione delle opere pubbliche”, di cui possono avvalersi, previa stipula di apposita convenzione, le amministrazioni centrali e gli enti territoriali interessati. La Centrale può svolgere, con rimborso dei relativi costi, compiti di progettazione di opere pubbliche e attività connesse alla progettazione, gestione delle procedure di appalto in tema di progettazione per conto della stazione appaltante, predisposizione di modelli di progettazione e valutazione dei progetti; o con i commi 4 e 5 è autorizzata l’assunzione, a tempo indeterminato a decorrere dal 2019, di un massimo di 300 unità di personale, almeno per il 70% con profilo tecnico, e nei limiti del 5% con qualifica dirigenziale. Per garantire l’immediata operatività, limitatamente alle prime 50 unità di personale, l’Agenzia può procedere al reclutamento attingendo dal personale di ruolo, anche mediante assegnazione temporanea, con il consenso dell’interessato, sulla base di appositi protocolli d’intesa con le amministrazioni pubbliche e per singoli progetti di interesse specifico per le stesse amministrazioni, con oneri a carico dell’Agenzia stessa; o con i commi 6, 7 e 8 sono introdotte disposizioni ordinamentali e di coordinamento; o con il comma 9 è disposta l’esenzione da imposte e tasse per tutti gli atti connessi all’istituzione della Centrale; o con il comma 10 è autorizzata, per l’attuazione dei commi relativi all’istituzione, al funzionamento e all’attività della Centrale la spesa di 100 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2019. A cura di Redazione LavoriPubblici.it © Riproduzione riservata Documenti Allegati ddl legge di bilancio 2018 Relazione tecnica
Riforma Codice Appalti, il Senato avvia un’indagine conoscitiva di Rossella Calabrese Il Governo ne attenderà gli esiti prima di presentare un ddl. Salvini aveva promesso all’Ance di riscrivere il Codice entro novembre 02/11/2018 - La Commissione Lavori pubblici del Senato, nella seduta di martedì 30 ottobre, ha deciso di avviare una indagine conoscitiva sull’applicazione del codice dei contratti pubblici e di audire circa 35 soggetti, tra associazioni imprenditoriali, ordini professionali, associazioni di enti locali, Anac, Corte dei conti, Anas, RFI, Soa, sindacati. Nel corso della seduta, il senatore Salvatore Margiotta (PD) ha chiesto se il Governo attenderà la conclusione dell’indagine conoscitiva prima di presentare proprie proposte di riforma in Parlamento.
Il Presidente della Commissione, Mauro Coltorti (M5S) ha rassicurato sul fatto che l’Esecutivo attenderà la conclusione di questa fase parlamentare. Salvini: ‘entro novembre il Codice Appalti sarà riscritto’ Che ne sarà, quindi, della promessa del vicepremier Matteo Salvini che, a metà ottobre, ai costruttori dell’Ance riuniti in Assemblea Pubblica annunciava: “entro novembre il famigerato Codice Appalti sarà smontato e riscritto con chi lavora”? E anticipava una delle novità: l’innalzamento di alcuni tetti che impediscono agli enti locali di dare appalti con assegnazione diretta. I contributi alla consultazione di Toninelli Dal 10 agosto al 10 settembre il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Danilo Toninelli, ha aperto una consultazione pubblica per raccogliere suggerimenti di modifica al Codice Appalti. Nel suo contributo alla consultazione, l’Ance ha chiesto il ritorno all’appalto integrato, ritenendolo più coerente con il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa; la qualità e la centralità del progetto, secondo i costruttori, sarebbero garantite dall’obbligo di progettazione in BIM. Successivamente, durante l’Assemblea Pubblica, Ance ha chiesto un articolato più semplice e un Regolamento attuativo dedicato ai lavori pubblici e dotato di forza cogente, in cui far confluire le Linee Guida Anac, nonché un pacchetto di misure sbloccacantieri che, in attesa della revisione del Codice, sciolga i nodi più urgenti: i limiti del subappalto, il divieto del sorteggio delle imprese da invitare alle procedure negoziate; il ruolo poco chiaro dell’Anac. Secondo Oice, invece, è necessario separare in modo netto i ruoli di progettista e costruttore ed è auspicabile l’affidamento dei lavori (sulla base di progetti esecutivi adeguatamente validati) utilizzando fino alla soglia UE il criterio del prezzo più basso. Per UnionSoa, occorre definire criteri di selezione ancor più aderenti alla realtà d’impresa in fase di verifica dei requisiti necessari al rilascio delle
attestazioni SOA e snellire le procedure di attestazione. La Rete delle Professioni Tecniche ha chiesto di valorizzare i concorsi di progettazione per rilanciare la centralità del progetto, mentre Finco si è dichiarata elastica su appalto integrato e lavori su progetto esecutivo, irremovibile sui limiti al subappalto e contraria all’avvalimento. La Conferenza delle Regioni e Itaca hanno chiesto di dare alle Amministrazioni la possibilità di affidare all’esterno gli incarichi di progettazione complessi, ma di non essere obbligate a bandire concorsi di progettazione o di idee; le Regioni sono, inoltre, favorevoli al ritorno all’appalto integrato che ridurrebbe i tempi di realizzazione delle opere. In generale, le richieste di modifica partono dalla necessità di arrivare ad un sistema di regole semplici e di facile applicazione, che consentano ai lavori di partire e concludersi in tempi brevi. Esigenza condivisa dal Ministro Toninelli che, durante la sua visita al SAIE di Bologna, ha ribadito che “le modifiche andranno nella direzione di rendere più snelle le procedure, sbloccando il mondo degli appalti, ma sempre avendo come faro, senza cedimenti possibili, la legalità e l’anticorruzione”. © Riproduzione riservata
Infrastrutture idriche, Centinaio annuncia interventi per 1 miliardo di euro di Paola Mammarella 250 milioni al Piano Invasi che sta per ottenere il via libera delle Regioni, 468 milioni per le opere idriche Foto: giorgiorossi73 © 123RF 02/11/2018 – “Un miliardo di euro destinati alle infrastrutture idriche". È lo stanziamento economico messo a disposizione dal Ministero delle Politiche agricole alimentari, forestali e del turismo per il piano irriguo e le riserve d'acqua, annunciato dal Ministro Gian Marco Centinaio alla trasmissione Frankenstein su Rai2.
Vediamo di ricostruire alcuni dei capitoli di spesa che finanzieranno la realizzazione delle infrastrutture idriche. Piano Invasi da 250 milioni di euro Le risorse per la realizzazione del Piano Invasi sono state stanziate durante lo scorso Governo con la Legge di Bilancio per il 2018 (Legge 205/2017 comma 523) e ammontano a 250 milioni di euro, 50 milioni annui dal 2018 al 2022. Per la realizzazione del Piano Invasi, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (Mit) ha definito, sulla base dei documenti forniti dalle Autorità di bacino distrettuali, gli interventi necessari e urgenti secondo una serie di priorità: completamento delle dighe esistenti o incompiute, recupero e ampliamento della capacità di invaso e di tenuta delle grandi dighe, messa in sicurezza delle derivazioni idriche prioritarie per rilevanti bacini di utenza nelle aree classificate a rischio sismico 1 e 2 e a elevato rischio idrogeologico. Dopo la ricognizione è stata messa a punto una graduatoria. In base alle risorse disponibili saranno finanziati i primi 27 progetti per un totale di 246 milioni di euro. Ci sono 8 progetti esecutivi (per 83,3 milioni di euro) e 9 definitivi (per 82,6 milioni) proposti dal Mit e 10 progetti esecutivi (per 80,2 milioni) proposti dal Mipaaft. Sono stati considerati finanziabili anche altri 10 progetti definitivi proposti dal Mit, per un costo di 82,4 milioni di euro, che per il momento rimangono tagliati fuori per mancanza di fondi disponibili. Tra i progetti che assorbiranno il maggior numero di risorse ci sono il completamento e l’adeguamento dell’alimentazione idrica dell’area Flegreo- Domitiana (31,5 milioni di euro) in Campania, la realizzazione della vasca di espansione del torrente Cavaliere in località Fossatella (30 milioni di euro) in Molise, il completamento della galleria di derivazione della diga di Castagnara sul fiume Metrano (26,5 milioni di euro) in Calabria, la messa in sicurezza, sviluppo salvaguardia strutturale del sistema irrigui Lessino Euganeo Berico (20 milioni di euro) in Veneto. I finanziamenti diventeranno operativi dopo l’ok in Conferenza Unificata che,
come auspicato dal Ministro Centinaio, dovrebbe arrivare giovedì 8 novembre. Opere idriche, in arrivo 468 milioni di euro Una bozza di decreto, messa a punto dal Mipaaft, ha assegnato complessivamente 291 milioni di euro tra fondi europei e nazionali. A fronte di 45 interventi risultati ammissibili, le risorse finanzieranno i primi 19 progetti e parte del progetto in ventesima posizione. Nei giorni scorsi, la sottosegretaria al Mipaaft, Alessandra Pesce, intervenuta ad un incontro promosso dall’Associazione nazionale dei consorzi di bonifica (Anbi), ha annunciato lo sblocco di altri 177 milioni di euro. Si arriva così a 468 milioni. Gli interventi del Piano Invasi e quelli di realizzazione delle opere idriche assorbiranno 718 milioni di euro. Per arrivare al miliardo annunciato, il Ministero pensa probabilmente allo sblocco di ulteriori risorse che consentiranno lo scorrimento delle graduatorie. © Riproduzione riservata Norme correlate Legge dello Stato 27/12/2017 n.205 Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020 (Legge di Bilancio 2018)
Decreto scale, sarà più semplice la gestione della propria partita IVA Tutte le novità contenute nel Decreto scale per alleggerire la burocrazia. Le nuove norme negli articoli da 11 a 14 del decreto Di Lisa De Simone - 1 novembre 2018 © RIPRODUZIONE RISERVATA Con il decreto scale in vigore dal 24 ottobre scorso, d’ora in poi sarà più semplice la gestione della propria partita IVA. Come? Il decreto contiene una serie di novità che vanno nella direzione di un complessivo alleggerimento della burocrazia, anche alla luce della prossima entrata in vigore della fattura elettronica. Con l’arrivo dell’e-fattura sparisce l’obbligo di numerazione dei documenti di acquisto, si allungano i tempi per annotare nei libri contabili le fatture emesse e diventa più semplice detrarre l’IVA anche per quelle che arrivano oltre il termine del mese. In ne dal prossimo luglio ci sarà più tempo per predisporre e inviare i documenti, non solo per i professionisti obbligati alla fatturazione elettronica ma tutti i titolari di partita IVA, quindi anche per chi ha effettuato l’opzione per il regime forfettario. Le nuove norme negli articoli da 10 a 14 del decreto. Vediamole una a una. Decreto scale, niente sanzioni da gennaio a giugno per chi emette la fattura in ritardo Andando con ordine, grazie all’articolo 10 per i primi sei mesi dell’anno non si applicherà nessuna sanzione a chi emette la fattura elettronica in ritardo, ma comunque entro la data necessaria per far concorrere l’IVA indicata alla liquidazione di periodo, ossia entro il 16 del mese. Se invece il ritardo comporta il versamento dell’Iva alla liquidazione del periodo successivo, si applica la sanzione compresa fra il 90% e il 180% dell’imposta relativa all’imponibile non correttamente documentato o registrato, ridotta al 20%. Terminata la prima fase di rodaggio ci saranno comunque tempi più lunghi per emettere la fattura. Quali tempi ci sono per i documenti? L’articolo 11 consente infatti a tutti i contribuenti IVA l’emissione delle fatture entro 10 giorni, e non più il giorno stesso, a partire dal 1° luglio. Così, ad esempio se si tratta di una prestazione effettuata, ad esempio, il giorno 25 del mese, la relativa fattura può essere emessa no al giorno 5 del mese
successivo, e sarà su ciente annotare sul documento le due date per essere in regola. Allo stesso modo le fatture elettroniche potranno essere trasmesse entro 10 giorni. Quanto tempo c’è per annotare le fatture emesse? Riguardano invece solo i professionisti nel regime ordinario le sempli cazioni sulla gestione dei libri contabili contenute nei successivi articoli, dato che chi si trova nel forfettario di base non è tenuto a nessuno di questi adempimenti. L’articolo 12, dunque, modi ca i termini di annotazione delle fatture emesse, lasciando no a 15 giorni di tempo. Il nuovo termine si riferisce a tutte le tipologie di fatture, anche quelle cosiddette differite/riepilogative, per cui chi emette pochi documenti al mese potrà preoccuparsi delle annotazioni solo una o due volte ogni 30 giorni e non di più. Stop alla numerazione della fatture di acquisto Con il successivo articolo 13 arriva poi l’abrogazione dell’obbligo di numerazione progressiva dei documenti di acquisto. Anche in questo caso si riduce la burocrazia e non ci sono più complicazioni, ad esempio in merito alla numerazione da adottare nel passaggio da un anno all’altro. Non occorre più questa annotazione aggiuntiva perché l’invio delle fatture elettroniche tramite Sistema di Interscambio rende possibile il collegamento diretto tra il documento ricevuto e la registrazione contabile risultante dal registro degli acquisti. IVA detraibile subito anche per le fatture che arrivano dopo ne mese In ne l’articolo 14 interviene sulle modalità di detrazione IVA, rendendo più semplice scontare l’imposta anche quando le fatture arrivano il mese successivo a quello di acquisto. Le nuove norme stabiliscono infatti che potrà essere esercitato il diritto alla detrazione per i documenti di acquisto relativi al mese precedente, anche se la fattura viene emessa scavalcando il mese, a patto che la fattura stesa sia annotata entro il giorno 16, ossia entro la data prevista per la liquidazione. Si evita, quindi, di dover rimandare di un mese la detrazione come accaduto nora. Una eccezione a questa disposizione quella di documenti di acquisto relativi a operazioni effettuate nell’anno precedente. In questo caso la detrazione a gennaio sarà possibile solo per i documenti effettivamente arrivati entro il 31 dicembre dell’anno precedente.
Via libera dalla Camera al decreto Genova Venerdì 2 Novembre 2018 Via libera dalla Camera al decreto Genova Confermati i due condoni edilizi, quello per Ischia e per le zone terremotate del Centro Italia. Ora la palla passa al Senato Mercoledì 31 ottobre 2018 l'Aula della Camera dei deputati ha licenziato il disegno di legge di conversione in legge del decreto‑legge 28 settembre 2018, n. 109, recante disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze. Il provvedimento va ora al vaglio del Senato. "Il Governo del Cambiamento – dichiara Stefano Ciafani, Presidente nazionale di Legambiente – è per le norme salva abusi, altro che onestà e lotta all’illegalità e all’abusivismo edilizio. Alla Camera ieri notte la maggioranza ha approvato il decreto Genova lasciando all’interno i due condoni edilizi, quello per Ischia e per le zone terremotate del Centro Italia, a dispetto della legalità e della sicurezza. Due condoni che in futuro potrebbero essere allargati ad altre aree della Penisola e che premiamo ancora una volta i cittadini furbi e disonesti a discapito di quelli che rispettano la legge. Grazie a questo "condono a 5 stelle” le case costruite sotto ad una collina che può venire giù per una pioggia torrenziale o in una zona ad alto rischio sismico, insanabili col condono Berlusconi ma sanabili per quello del 1985 di Craxi, saranno ora legalizzate e ricostruite con i soldi dei contribuenti, mettendo anche a rischio la vita di chi ci vivrà”. "Ora ‑ continua Ciafani – il Senato, dove il testo approderà nei prossimi giorni, calendarizzi al più presto la discussione del provvedimento e ai senatori chiediamo di avere davvero il coraggio di modificare il Dl Genova cancellando le norme salva abusi, togliendo ogni riferimento al condono Craxi, e prevedendo per i tre comuni dell’isola di Ischia anche risorse adeguate per costituire temporaneamente un gruppo di tecnici che avrà l’esclusivo compito di chiudere le pratiche di condono ancora aperte facendolo attraverso le tre leggi di .printfriendly.com/p/g/FHpRs4 1/2
riferimento, del 1985, del 1994 e del 2003. Per la parte riguardante gli interventi nelle aree del centro Italia colpite dal sisma, chiediamo che si elimini possibilità di sanare difformità fino ad agosto 2016 modificando l’articolo 39‑ter e si mantengano, invece, i termini del condono del 2003 come data massima; e che si elimini quella deroga che fa aumentare la tolleranza dal 2 al 5 per cento di incremento di volumetria per cui una difformità edilizia non viene considerata tale, con la conseguenza che non si pagheranno multe e si potrà ricevere il contributo pubblico anche per quell’aumento di volumetria”. 2/2
Dall'Ue il nuovo geoportale INSPIRE Mercoledì 31 Ottobre 2018 Dall'Ue il nuovo geoportale INSPIRE È uno sportello unico per le autorità pubbliche, le imprese e i cittadini per scoprire, accedere e utilizzare i set di dati relativi all'ambiente in Europa L'Arpa Toscana segnala la presentazione, da parte della Commissione europea, del nuovo geoportale INSPIRE che offre un accesso più agevole ai dati territoriali nell'Unione Europea. Il portale ridisegnato è uno sportello unico per le autorità pubbliche, le imprese e i cittadini per scoprire, accedere e utilizzare i set di dati relativi all'ambiente in Europa. Tutti i paesi dell'UE producono e utilizzano dati geospaziali, ad esempio relativi ad acqua sotterranea, reti di trasporto, popolazione, uso del suolo e temperatura dell'aria. Le minacce per l'ambiente, le questioni relative alla sua protezione o le situazioni di crisi non si fermano ai confini nazionali o regionali. Per questo, le autorità pubbliche devono essere in grado di accedere e confrontare facilmente i dati geospaziali al di là dei confini. L'infrastruttura dati INSPIRE consente la condivisione di tali dati tra le autorità pubbliche e facilita l'accesso pubblico alle informazioni spaziali in tutta Europa. Il nuovo geoportale fornisce una panoramica della disponibilità dei set di dati INSPIRE per paese e area tematica e rende i dati disponibili e pronti all'uso in una vasta gamma di applicazioni. Il geoportale si basa sui metadati regolarmente raccolti dai (attualmente 36) cataloghi di dati nazionali ufficialmente registrati degli Stati membri dell'UE e dei paesi EFTA. Il Geoportale è sviluppato dal JRC con il supporto della Direzione generale per l'Ambiente della Commissione europea, Eurostat e l'Agenzia europea per l'ambiente. Il JRC Geoportal Team lavora costantemente per migliorare il Geoportale e aggiungerà ulteriori "viste tematiche" e funzionalità basate sulla domanda degli utenti emergenti. Gli utenti sono invitati a fornire qualsiasi feedback relativo alla funzionalità e alla disponibilità dei dati. https://www.printfriendly.com/p/g/PyUT3K
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