CONFIMI 19 settembre 2018

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CONFIMI
  19 settembre 2018

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INDICE

CONFIMI
  19/09/2018 Corriere dell'Umbria                                                5
  I giovani di Confimi Apmi regionale si ritrovano in Nicola Angelini

  19/09/2018 La Gazzetta Del Mezzogiorno - Nazionale                             6
  La polemica «Ma su Matera 2019 la Puglia è immobile»

  19/09/2018 Il Quotidiano del Sud - Basilicata                                  7
  «In Puglia un colpevole immobilismo e un provincialismo manageriale»

CONFIMI WEB
  17/09/2018 Assisi News 10:03                                                   9
  Nicola Angelini nuovo presidente del gruppo regionale giovani ...

  18/09/2018 lanotiziaquotidiana.it 00:59                                        10
  Perugia, giovani imprenditori Apmi si cambia: Angelini è il nuovo presidente

  18/09/2018 umbria24.it 00:19                                                   11
  Giovani imprenditori Apmi, Angelini nominato presidente: ecco i ...

SCENARIO ECONOMIA
  19/09/2018 Corriere della Sera - Nazionale                                     13
  «Pretendo che Tria trovi i soldi» Di Maio attacca, il Tesoro tira dritto

  19/09/2018 Corriere della Sera - Nazionale                                     15
  Siri: il ministro conosceva il contratto E ha accettato

  19/09/2018 Corriere della Sera - Nazionale                                     16
  Apple si piega all'Antitrust europeo Assegno record da 14,3 miliardi

  19/09/2018 Il Sole 24 Ore                                                      18
  Ferrari punta sull'ibrido e mette in cantiere un suv

  19/09/2018 Il Sole 24 Ore                                                      20
  Grandi opere 20 miliardi d'interventi da sbloccare

  19/09/2018 La Repubblica - Nazionale                                           23
  "Non rischia ma Tria sia più elastico sulle virgole del deficit"
19/09/2018 Il Messaggero - Nazionale                              25
  Di Maio: «Pretendo che Tria trovi i soldi Via 345 parlamentari»

SCENARIO PMI
  19/09/2018 Il Sole 24 Ore                                         28
  Bonus formazione 4.0 si allarga la platea

  19/09/2018 Il Sole 24 Ore                                         30
  Padova e Treviso in controtendenza Verso 2018 record

  19/09/2018 Il Sole 24 Ore                                         31
  Private equity, raccolta +55% con la spinta dei fondi esteri

  19/09/2018 Il Sole 24 Ore                                         32
  QUEL SOLCO TRA LE IMPRESE CHE SI è SCAVATO CON LA CRISI
CONFIMI

3 articoli
19/09/2018                                                                                diffusione:9569
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 E' stato eletto venerdì scorso alla guida del gruppo; l'obiettivo è fare squadra con i senior per
 rispondere alle rinnovate esigenze delle aziende locali
 I giovani di Confimi Apmi regionale si ritrovano in Nicola Angelini
 I numeri La categoria raccoglie circa 500 imprenditori

 PERUGIA • Nicola Angelini della Angelini & Co. Srl è il nuovo presidente del Gruppo regionale
 giovani imprenditori Confimi Apmi Umbria. L'assemblea del Gruppo regionale giovani
 imprenditori, che si è riunita nella sede sociale a Ponte San Giovanni di Perugia venerdì
 scorso, lo ha eletto all'unanimità e ha costituito anche il nuovo Consiglio direttivo. A
 presiedere l'incontro Mauro Orsini, presidente di Confimi Apmi Umbria. "Ringrazio il presidente
 Orsini e il Consiglio direttivo ha dichiarato il neoeletto presidente Angelini - per la fiducia che
 mi è stata accordata. Siamo u n a bella squadra e agiremo affinché ci sia u n lavoro sinergico
 e costruttivo tra i senior dell'Associazione e il Gruppo giovani perché condividere
 progettualità, rispondere alle esigenze delle imprese, divulgare la cultura d'impresa significa
 sostenere il benessere collettivo. Sono felice che in associazione ci sia, oggi più che mai, lo
 spirito costruttivo, l'energia, la vivacità e il dinamismo degli imprenditori che n e fanno parte.
 In Umbria siamo circa 500 con alcune migliaia di dipendenti. Ad affiancare Angelini sarà il
 consiglio direttivo in cui sono stati eletti: Daniele Bartocci (Bartocci Enzo d.i.), Lorenzo
 Carnevali (Adalab srl), Isabel Filippucci (Maglierie Lu-Is srl), Federico de Nigris (Super
 Immobiliare), Hope Merejewe Ogbonna (Stelba Servizi Coop Soc.), Paride Pacifici (Grifo Pac
 srl), Daniele P e r i n i ( H . P i e r r e srl), Nico Perini (Studio Tecnico Associato Perini e
 Fioravanti), Emanuele Pesciolini (Quality Living sas) e Andrea Spalloni (Tebax di Spalloni
 Andrea d.i.).
 Foto: Presidenti Mauro Orsini guida la Confimi regionale, Nicola Angelini i giovani

CONFIMI - Rassegna Stampa 19/09/2018 - 19/09/2018                                                      5
19/09/2018                                                                              diffusione:18730
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 La polemica «Ma su Matera 2019 la Puglia è immobile»

 Un «colpevole immobilismo» della Puglia in relazione a possibili iniziative di sinergia con
 Matera 2019. È l'opinione del presidente del Distretto pugliese della Cultura, Sergio Ventricelli
 : «Matera è un territorio cui la Puglia è storicamente legata, per cultura e tradizione, eppure
 mai davvero al centro di progetti aggregativi. Milano e Torino da undici anni danno vita
 congiuntamente al MiTo, Festival di Musica di grande notorietà. In Puglia, invece, in pochi
 scommettono su una concreta strategia di area vasta. I circa 400 milioni di euro stanziati dal
 governo attraverso il Contratto istituzionale di sviluppo erano una suggestione importante.
 Avevamo proposto di utilizzarli per valorizzare una piattaforma continua di scambi e di
 investimenti. La Basilicata presumibilmente ne trarrà dei vantaggi significativi. La Puglia
 resterà ai margini, vedendo passare un gran numero di persone e di merci sul proprio
 territorio, senza riuscire a costruire opportunità rilevanti e senza capirne il perché».

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 VENTRICELLI Il presidente del Distretto produttivo dell 'industria culturale
 «In Puglia un colpevole immobilismo e un provincialismo
 manageriale»

 BARI - «Quando capitano occasioni straordinarie e non le si colgono, bisognerebbe
 interrogarsi, con pragmatismo, sulle capacità di un 'intera classe dirigente. Il colpevole
 immobilismo con il quale la Puglia non ha azionato alcuna significativa leva di co-marketing su
 Matera CapitaleEuropea dellaCultura, evidenzia il miope "vorrei ma non pos so " di un
 territorio schiacciato da un provincialismo manageriale, che le impedisce di costruire una
 visione capace di valorizzare pienamente opportunità irripetibili come questa». Così Sergio
 Ventricelli, presidente di Dialogòi, il Distretto Produttivo Pugliese dell 'indu stria Culturale, a
 poco più di cento giorni dal2019, l 'anno che vedràil capoluo go lucano, un 'ora di automobile
 da Bari e Taranto, al centro di un 'importante valorizzazione internazionale. «I circa 400
 milioni di euro stanziati un anno fa dal governo attraverso il Contratto istituzionale di sviluppo
 erano una suggestione importante. La proposta di Dialogòi era di utilizzarli, per trasformare
 questo territorio in una piattaforma continua di scambi di affari, merci e turismo, con
 collegamenti ancor più intensi e significativi. Niente di tutto questo è stato preso in
 considerazione. L 'unica partita che si è deciso di giocare ruota attorno all 'asse viario tra Bari
 e Matera. Di reti e infrastrutture sociali, culturali ed economiche nulla. La stessa sorte -
 aggiunge Ventricelli - che sta vedendo Bari, dove si moltiplicano i cantieri, ma non si
 preparano progetti di valorizzazione degli stessi, salvo poi affidarsi precipitosamente ai privati
 che, mai interpellati prima, dovrebbero investire prontamente. La sensazione è che la Cultura
 o, meglio ancora, l 'industria culturale, non venga percepita come un collante adatto a
 favorire distretti industriali virtuosamente inseriti in contesti ambientali da valorizzare e
 internazionalizzare. Questadoveva esserela grande occasione di Matera. Invece, no. Il 2019
 passerà,conla Basilicatache,presumibilmente, ne trarrà dei vantaggi, forse meno a lungo
 termine di quanto sarebbe potuto essere, ma in ogni caso significativi. La Puglia -conclude -
 resterà ai margini, vedendo passare un gran numero di persone e di merci sul proprio
 territorio, senza riuscire a costruire opportunità rilevanti e, cosa ancora più grave, senza
 capirne il perché».

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CONFIMI WEB

3 articoli
17/09/2018 10:03
Sito Web                                                Assisi News

                                                                                                           La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
  Nicola Angelini nuovo presidente del gruppo regionale giovani ...

  Nicola Angelini nuovo presidente del gruppo regionale giovani imprenditori Confimi Apmi
  Umbria Titolare dell'azienda operante a Santa Maria degli Angeli, da oggi al vertice
  dell'associazione imprenditoriale giovanile 15 settembre 2018 Economia 531 Nicola Angelini
  della Angelini & Co. Srl è il nuovo Presidente del Gruppo Regionale Giovani Imprenditori
  Confimi APMI Umbria. È stato eletto all'unanimità dall'Assemblea del Gruppo Giovani che si è
  tenuta ieri venerdì 14 Settembre 2018 nella sede sociale. "Ringrazio il Presidente di Confimi
  APMI Umbria Mauro Orsini e tutto il Consiglio Direttivo per la fiducia che mi è stata accordata,
  siamo una bella squadra e agiremo affinché ci sia un lavoro sinergico e costruttivo tra i Senior
  dell'Associazione e il Gruppo Giovani - ha dichiarato il neoeletto Presidente Nicola Angelini -
  perché condividere progettualità, rispondere alle esigenze delle imprese, divulgare la cultura
  d'impresa, significa sostenere il benessere collettivo; sono felice che in Associazione ci sia,
  oggi più che mai, lo spirito costruttivo, l'energia, la vivacità e il dinamismo degli imprenditori
  che ne fanno parte. Numerose saranno le iniziative che metteremo in campo come Giovani,
  puntando su progetti che incentivino le imprese ad innovarsi, a coltivare momenti di
  accrescimento formativo e professionale, facendo ulteriormente crescere la base associativa
  per costruire l'"Associazione del domani" - ha concluso Nicola Angelini". "La nostra realtà - ha
  commentato Orsini - è fatta di piccole e medie imprese. In Umbria siamo circa 500 con alcune
  migliaia di dipendenti. A livello nazionale aderiamo, fin dal 2012, a Confimi Industria
  presieduta da Paolo Agnelli che conta circa 28mila imprese, 400mila dipendenti e circa 70
  miliardi di euro di fatturato integrato. Confimi industria è nata per fare una politica delle
  imprese diversa, in cui sono le imprese che portano in evidenza le proprie esigenze e le
  problematiche del territorio. A livello regionale cerchiamo di portare avanti alcuni temi
  fondamentali come l'accesso all'energia a basso costo, l'abbattimento del carico burocratico a
  cui devono far fronte le pmi che dal legislatore sono quasi sempre accomunate alle grandi
  imprese anche se la loro realtà è diversa, la certezza del credito, soprattutto nei confronti
  della Pubblica amministrazione, e la certezza dei tempi della giustizia civile. Cerchiamo anche
  di accompagnare le imprese in un percorso di ammodernamento verso l'industria 4.0, l'uscita
  dai confini nazionali, verso nuovi mercati e realtà produttive". Ad affiancare il neo eletto
  Presidente Nicola Angelini sono stati eletti quali membri del Consiglio: Daniele Bartocci
  (Bartocci Enzo d.i.), Lorenzo Carnevali (Adalab srl), Isabel Filippucci (Maglierie Lu-Is srl),
  Federico De Nigris (Super Immobiliare), Hope Merejewe Ogbonna (Stelba Servizi Coop Soc.),
  Paride Pacifici (Grifo Pac srl), Daniele Perini (H.Pierre srl), Nico Perini (Studio Tecnico
  Associato Perini e Fioravanti), Emanuele Pesciolini (Quality Living sas), Andrea Spalloni
  (Tebax di Spalloni Andrea d.i.).

CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 19/09/2018 - 19/09/2018                                                  9
18/09/2018 00:59
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  Perugia, giovani imprenditori Apmi si cambia: Angelini è il nuovo
  presidente

  Perugia, giovani imprenditori Apmi si cambia: Angelini è il nuovo presidente Eletto anche il
  nuovo Consiglio dell'associazione con alcune novità. Il presidente Orsini: "In Umbria siamo
  circa 500 con alcune migliaia di dipendenti" Da Redazione economia - 18 settembre 2018
  12:59 Un momento dell'assemblea dell'associazione PERUGIA - Nicola Angelini della
  Angelini&Co è il nuovo Presidente del Gruppo Regionale Giovani Imprenditori Confimi Apmi
  Umbria. E' stato eletto all'unanimità dall'Assemblea del Gruppo Giovani. "Ringrazio il
  presidente di Confimi Apmi Umbria Mauro Orsini e tutto il Consiglio Direttivo per la fiducia che
  mi è stata accordata, siamo una bella squadra e agiremo affinché ci sia un lavoro sinergico e
  costruttivo tra i Senior dell'Associazione e il Gruppo Giovani - ha dichiarato il neoeletto
  presidente Angelini - perché condividere progettualità, rispondere alle esigenze delle imprese,
  divulgare la cultura d'impresa, significa sostenere il benessere collettivo; sono felice che in
  Associazione ci sia, oggi più che mai, lo spirito costruttivo, l'energia, la vivacità e il
  dinamismo degli imprenditori che ne fanno parte. Numerose saranno le iniziative che
  metteremo in campo come Giovani, puntando su progetti che incentivino le imprese ad
  innovarsi, a coltivare momenti di accrescimento formativo e professionale, facendo
  ulteriormente crescere la base associativa per costruire l'Associazione del domani". Il quadro
  "La nostra realtà - ha commentato Orsini - è fatta di piccole e medie imprese. In Umbria
  siamo circa 500 con alcune migliaia di dipendenti. A livello nazionale aderiamo, fin dal 2012, a
  Confimi Industria presieduta da Paolo Agnelli che conta circa 28mila imprese, 400mila
  dipendenti e circa 70 miliardi di euro di fatturato integrato. Confimi industria è nata per fare
  una politica delle imprese diversa, in cui sono le imprese che portano in evidenza le proprie
  esigenze e le problematiche del territorio. A livello regionale cerchiamo di portare avanti
  alcuni temi fondamentali come l'accesso all'energia a basso costo, l'abbattimento del carico
  burocratico a cui devono far fronte le pmi che dal legislatore sono quasi sempre accomunate
  alle grandi imprese anche se la loro realtà è diversa, la certezza del credito, soprattutto nei
  confronti della Pubblica amministrazione, e la certezza dei tempi della giustizia civile.
  Cerchiamo anche di accompagnare le imprese in un percorso di ammodernamento verso
  l'industria 4.0, l'uscita dai confini nazionali, verso nuovi mercati e realtà produttive". Il nuovo
  Consiglio Ad affiancare il neo eletto presidente sono stati eletti quali membri del Consiglio:
  Daniele Bartocci (Bartocci Enzo d.i.), Lorenzo Carnevali (Adalab srl), Isabel Filippucci
  (Maglierie Lu-Is srl), Federico de Nigris (Super Immobiliare), Hope Merejewe Ogbonna (Stelba
  Servizi Coop Soc.), Paride Pacifici (Grifo Pac srl), Daniele Perini (H.Pierre srl), Nico Perini
  (Studio Tecnico Associato Perini e Fioravanti), Emanuele Pesciolini (Quality Living sas),
  Andrea Spalloni (Tebax di Spalloni Andrea d.i.). Facebook Twitter Google+ Pinterest Linkedin

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  Giovani imprenditori Apmi, Angelini nominato presidente: ecco i ...

  Giovani imprenditori Apmi, Angelini nominato presidente: ecco i nomi del consiglio
  L'assemblea del gruppo Confimi rilancia gli obiettivi: «Condivisione della progettualità» 18
  settembre 2018 Nicola Angelini della Angelini&Co è il nuovo Presidente del Gruppo Regionale
  Giovani Imprenditori Confimi Apmi Umbria. E' stato eletto all'unanimità dall'Assemblea del
  Gruppo Giovani. «Ringrazio il presidente di Confimi Apmi Umbria Mauro Orsini e tutto il
  Consiglio Direttivo per la fiducia che mi è stata accordata, siamo una bella squadra e agiremo
  affinché ci sia un lavoro sinergico e costruttivo tra i Senior dell'Associazione e il Gruppo
  Giovani - ha dichiarato il neoeletto presidente Angelini - perché condividere progettualità,
  rispondere alle esigenze delle imprese, divulgare la cultura d'impresa, significa sostenere il
  benessere collettivo; sono felice che in Associazione ci sia, oggi più che mai, lo spirito
  costruttivo, l'energia, la vivacità e il dinamismo degli imprenditori che ne fanno parte.
  Numerose saranno le iniziative che metteremo in campo come Giovani, puntando su progetti
  che incentivino le imprese ad innovarsi, a coltivare momenti di accrescimento formativo e
  professionale, facendo ulteriormente crescere la base associativa per costruire l' Associazione
  del domani». I numeri «La nostra realtà - ha commentato Orsini - è fatta di piccole e medie
  imprese. In Umbria siamo circa 500 con alcune migliaia di dipendenti. A livello nazionale
  aderiamo, fin dal 2012, a Confimi Industria presieduta da Paolo Agnelli che conta circa 28mila
  imprese, 400mila dipendenti e circa 70 miliardi di euro di fatturato integrato. Confimi
  industria è nata per fare una politica delle imprese diversa, in cui sono le imprese che portano
  in evidenza le proprie esigenze e le problematiche del territorio. A livello regionale cerchiamo
  di portare avanti alcuni temi fondamentali come l'accesso all'energia a basso costo,
  l'abbattimento del carico burocratico a cui devono far fronte le pmi che dal legislatore sono
  quasi sempre accomunate alle grandi imprese anche se la loro realtà è diversa, la certezza del
  credito, soprattutto nei confronti della Pubblica amministrazione, e la certezza dei tempi della
  giustizia civile. Cerchiamo anche di accompagnare le imprese in un percorso di
  ammodernamento verso l'industria 4.0, l'uscita dai confini nazionali, verso nuovi mercati e
  realtà produttive». I nomi Ad affiancare il neo eletto presidente sono stati eletti quali membri
  del Consiglio: Daniele Bartocci (Bartocci Enzo d.i.), Lorenzo Carnevali (Adalab srl), Isabel
  Filippucci (Maglierie Lu-Is srl), Federico de Nigris (Super Immobiliare), Hope Merejewe
  Ogbonna (Stelba Servizi Coop Soc.), Paride Pacifici (Grifo Pac srl), Daniele Perini (H.Pierre
  srl), Nico Perini (Studio Tecnico Associato Perini e Fioravanti), Emanuele Pesciolini (Quality
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SCENARIO ECONOMIA

7 articoli
19/09/2018                                                                              diffusione:222170
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 «Pretendo che Tria trovi i soldi» Di Maio attacca, il Tesoro tira dritto
 L'affondo sulla manovra. I tecnici di via XX Settembre: dov'è finito il loro dossier sulle
 coperture? La linea della Lega Borghi: personalmente sono per aumentare la spesa pur
 restando entro i limiti europei Caccia alle risorse In Senato si studia come recuperare fondi
 anche definanziando leggi non più attuali
 Mario Sensini

 ROMA
  «Nessuno ha chiesto le dimissioni del ministro Tria, ma pretendo che il ministro dell'Economia
 di un governo del cambiamento trovi i soldi per gli italiani che momentaneamente sono in
 grande difficoltà, e che non possono più aspettare. Lo Stato non li può più lasciare soli e un
 ministro serio i soldi li deve trovare». A pochi giorni dall'avvio della sessione di bilancio, il
 vicepresidente del Consiglio, Luigi Di Maio, dà un vero e proprio ultimatum al titolare
 dell'Economia, il tecnico Giovanni Tria, molto prudente sull'impostazione della manovra
 finanziaria per il 2019.
 Il nervosismo di Lega e M5S impegnati nella stesura di una legge di Bilancio che doveva
 essere «di svolta», ma che deve invece fare i conti con i vincoli europei, finora sottotraccia, o
 negato, (il ministro Toninelli, mentre Di Maio Parlava all' Ansa assicurava di «non aver mai
 visto frizioni con Tria» e che il ministro «sta lavorando bene») viene fuori tutto insieme. «Le
 parole di Di Maio sono sacrosante» commenta Alberto Bagnai della Lega, presidente della
 commissione Finanze del Senato, intervenuto a Porta a Porta . Secondo Bagnai Tria «media
 tra posizioni differenti che possono essere anche accese». I toni sono «un po' caricati», ma
 «bisogna cominciare a dare respiro alle famiglie con reddito più basso».
 «Io personalmente voto per fare più deficit, stando dentro al 3%», aveva detto il responsabile
 economico della Lega, Claudio Borghi, in mattinata. Con il sottosegretario alla presidenza,
 Giancarlo Giorgetti, a sottolineare come l'obiettivo del deficit pubblico, che Tria non vorrebbe
 superasse l'1,6% del Pil, «viene dopo: prima bisogna varare misure intelligenti».
 Tria, non commenta gli attacchi, ma la linea della prudenza è chiara. «L'obiettivo è una
 crescita forte e sostenibile, attraverso riforme strutturali e la loro implementazione graduale»,
 aveva detto il ministro a Milano per il forum Bloomberg. Per poi aggiungere: «Il governo
 mantenendo l'impegno europeo traccerà un percorso bilanciato». E quindi spiegare che i tre
 pilastri della manovra saranno gli investimenti, pubblici (che devono tornare al 3% del Pil) e
 privati, la lotta alla povertà e la riduzione delle tasse anche per la classe media «oltre la flat
 tax».
 In Senato la maggioranza corre ai ripari e studia, anche grazie a un'indagine conoscitiva sugli
 sprechi, un sistema alternativo per recuperare risorse, anche definanziando leggi che non
 sono più attuali. Il dossier sui 70 miliardi di coperture identificate dal M5S in campagna
 elettorale, in ogni caso, sembra sparito. Si parlava di un taglio di 30 miliardi alla spesa
 improduttiva, altri 40 dalla cancellazione degli sconti fiscali, tra cui 17 miliardi di sussidi
 dannosi per l'ambiente, una decina di miliardi dal taglio delle opere pubbliche inutili. «Devono
 averlo perduto» commentano i tecnici del ministro Tria.
  © RIPRODUZIONE RISERVATA
 Tria media tra posizioni molto differenti. I toni possono essere un po' caricati ma bisogna
 iniziare a dare respiro alle famiglie Il superamento

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 19/09/2018 - 19/09/2018                                            13
19/09/2018                                                                               diffusione:222170
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 della legge Fornero
 Il superamento della legge Fornero è tra gli obiettivi di Salvini, con la deroga al
 pensionamento per età anagrafica fissa, stabilita in funzione delle aspettative di vita, e
 crescente nel tempo per far andare in pensione nel 2019 chi raggiunge quota 100: 62 anni di
 età e 38 di contributi. Si studiano diverse opzioni, come l'uscita a 41 anni e mezzo di
 contributi, scivoli per le donne e la combinazione di 63 anni d'età e 37 di contributi. Da come
 verrà articolata quota 100 dipenderà il costo per lo Stato: i 5 Stelle stimano 8 miliardi di euro.
 1 Il reddito
 di cittadinanza
 Nel 2019 dovrebbe partire anche
 il reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle, con l'adeguamento delle
 pensioni minime a 780 euro e l'erogazione del sostegno vero e proprio - sempre 780 euro - a
 chi vive sotto la soglia di povertà e cerca attivamente un'occupazione a partire da un certo
 momento dell'anno. Solo per adeguare le pensioni si prevede una spesa
 non inferiore a 5 miliardi di euro, mentre per il sussidio a regime i pentastellati stimano un
 costo pari a 10 miliardi.
 2 La flat tax al 15
 e al 20 per cento
 Altro punto imprescindibile per la Lega è l'introduzione della flat tax. Con la legge di Bilancio
 dovrebbe scattare la riduzione delle imposte per le partite Iva medio piccole, con un'aliquota
 piatta del 15% e del 20%. Per i più piccoli la flat tax sarà forfettaria, includendo Iva e altri
 tributi. Per le società di capitali sarebbe previsto anche uno sgravio Ires di 9 punti, dal 24% al
 15 per gli utili reinvestiti in beni, assunzioni e capitale. Dai calcoli del Movimento 5 Stelle per
 la misura dovrebbe esserci una copertura di 7 miliardi.
 Il pericolo è che la manovra sprechi i 30 miliardi a disposizione, perché Lega e M5S finiranno
 per varare provvedimenti troppo deboli
 ~
 Ma che ci scriveranno nella legge di Bilancio? Mancano 12 giorni al Def e ancora non si
 conoscono gli obiettivi del governo
 Foto:
  Su La 7
 Il vicepremier M5S e ministro del Lavoro Luigi Di Maio, 32 anni, ospite di Giovanni Floris ieri
 sera
   a DiMartedì con sullo sfondo il vicepremier leghista e ministro dell'Interno Matteo Salvini
 (ospite in studio subito dopo)
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 19/09/2018 - 19/09/2018                                             14
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 INTERVISTA Il sottosegretario
 Siri: il ministro conosceva il contratto E ha accettato
 Andrea Ducci

 Tra i pilastri dell'azione economica del governo figurano più investimenti, taglio delle tasse e
 lotta alla povertà. Come si concilia con il rispetto degli impegni europei?
 «Si può conciliare partendo dal presupposto che abbiamo in mente un Paese che cresca -
 spiega Armando Siri, sottosegretario al ministero delle Infrastrutture in quota Lega - salvo
 acquisire la consapevolezza che vanno rivisti alcuni obiettivi troppo stringenti, mi riferisco
 all'obiettivo di deficit del prossimo anno all'1,6%. Un tetto eccessivo che preclude ogni
 possibilità di manovra, quello che serve è un minimo di flessibilità».
 Uno dei temi più delicati riguarda le coperture. In particolare sembrano esserne sprovviste le
 misure avanzate dal M5S.
 «Siamo al lavoro per individuare un paniere comune, tenendo conto degli obiettivi da
 condividere, a cominciare dal reddito di cittadinanza su cui punta il M5S: l'idea è partire con
 gradualità potenziando i centri per l'impiego e con un intervento sul Rei (reddito di inclusione,
 ndr ). Per le coperture procedono gli approfondimenti per individuare sprechi, inefficienze con
 limature continue su tutto».
 In queste ore Di Maio incalza Tria dicendo che «un ministro serio trova le risorse per gli
 italiani in difficoltà». Sembra quasi un benservito...
 «Diciamo subito che fare il ministro dell'Economia non è facile. Però, va anche aggiunto che
 prima di accettare l'incarico Tria ha letto il nostro contratto, quindi non si tratta di richieste
 impreviste o inaspettate. Alla fine avrà la meglio la ragionevolezza e la consapevolezza che
 c'è un governo del cambiamento e che tutti noi dobbiamo rispettare gli impegni assunti con
 gli elettori».
  © RIPRODUZIONE RISERVATA
 Foto:
  Chi è Armando Siri, 47 anni, Lega, è sotto-segretario alle Infrastrutture e ai Trasporti

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 19/09/2018 - 19/09/2018                                            15
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 Apple si piega all'Antitrust europeo Assegno record da 14,3 miliardi
 Restituite all'Irlanda le tasse non pagate. Niente dazi sui componenti fatti in Cina
 Giuseppe Sarcina

 DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
  WASHINGTON Apple ha versato 14,3 miliardi di euro (16,7 miliardi di dollari) in tasse
 arretrate al fisco irlandese. Ma a Wall Street il titolo guadagna ugualmente circa l'1%. La
 società californiana è solo sfiorata dalla guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti, innescata
 dal presidente Donald Trump.
 Negli ultimi giorni, l'amministratore delegato Tim Cook è riuscito a far cancellare alcuni
 prodotti chiave, come Watch e gli Air Pods, dalle importazioni colpite dal dazio aggiuntivo del
 10%. L'esclusione, di cui beneficiano anche altre aziende tecnologiche americane, vale circa
 12 miliardi di dollari all'anno. Cook, interlocutore assiduo di Trump e dei suoi ministri, è
 convinto che alla fine Washington e Pechino riusciranno a trovare un accordo: «Io e te
 possiamo scambiare qualcosa e tutti e due possiamo comunque vincere». Una sensazione,
 stando alla dinamica delle quotazioni, che sembra condivisa dalla maggior parte degli
 investitori nella Borsa di New York.
 Ma intanto la multinazionale deve misurarsi con il pedaggio che ha dovuto pagare in Europa.
 La Commissione di Bruxelles, guidata da Jean-Claude Juncker, aveva imposto al governo
 irlandese di recuperare il mega sconto offerto ad Apple: un'aliquota fiscale reale, anzi
 surreale, pari allo 0,005%. Per la Commissione Ue non ci sono mai stati dubbi. E' un regalo
 che viola una delle norme fondanti dell'Unione: la libera e corretta concorrenza tra le imprese
 che non può essere inquinata, salvo qualche eccezione, dagli «aiuti di Stato».
 Il ministro delle finanze irlandese Paschal Donohoe ha chiarito che i soldi, 13,1 miliardi di
 importo dovuto più 1,2 miliardi di interesse, sono arrivati nel secondo e terzo trimestre di
 quest'anno.
  Il governo, però, ha deciso di depositarli e congelarli in un conto bloccato. Il primo ministro
 Leo Varadkar ha già fatto ricorso contro la decisione di Bruxelles alla Corte del Lussemburgo,
 sostenendo che Apple abbia scrupolosamente onorato le imposte dal 2004 al 2014.
  Ieri il ministro Donohoe ha confermato che la causa andrà avanti, anche se la Commissaria
 alla Concorrenza, Margrethe Vestager, ha fatto sapere che la Commissione, «alla luce del
 completo pagamento da parte di Apple», ritirerà il suo ricorso. Naturalmente anche la
 corporation americana si è rivolta ai giudici europei.
 Visto da Dublino, il contenzioso giuridico poggia su alcune cifre: l'Irlanda ha un prodotto
 interno lordo pari a circa 300 miliardi di euro, che nel 2017 è cresciuto al ritmo del 10%.
 Circa un terzo della ricchezza, tra gli 85 e 90 miliardi di euro, deriva dall'attività delle big tech
 statunitensi: Google, Facebook, Microsoft e appunto Apple, attirate nell'Isola dalla gigantesca
 franchigia tributaria. Ecco perché l'esecutivo, nelle mani del partito liberal-conservatore Fine
 Gael, vuole spezzare la gabbia dell'Antitrust europeo: i 14 miliardi di euro di oggi non bastano
 per compensare l'eventuale fuga delle multinazionali americane, nel futuro prossimo.
 Per la società di Cupertino, che di recente ha superato quota mille miliardi di dollari di
 capitalizzazione nel listino, il mercato europeo resta fondamentale. In particolare quello degli
 smartphone, anche se nell'ultimo trimestre è finita al terzo posto, scavalcata dalla cinese
 Huawei e alle spalle della primatista coreana Samsung.

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 19/09/2018 - 19/09/2018                                               16
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   14,3 miliardi la somma restituita al fisco di Dublino Le tasse di Cupertino 13,1 miliardi la
 multa dell'Antitrust Ue ad Apple per aiuti di Stato illegali 1,2 miliardi gli interessi Le imposte
 inevase da restituire riguardano i profitti ottenuti nel periodo dal 2003 al 2014 0,005%di euro
 l'aliquota pagata da Apple invece della normale aliquota irlandese del12,5% nel 2014 50 euro
 le tasse pagate da Apple per ogni milione di profitti nel 2014 Capitalizzazione di mercato
 1.062miliardi di dollari al 18/9/2018 +40,56% Performance a 12 mesi 200.00 150.00 100.00
 2014 2015 2016 2017 2018 IERI: 219,75 dollari, +0,86%
 Foto:
 Tim Cook, 57 anni, dal 24 agosto 2011 viene nominato ceo di Apple. Secondo Forbes poiché
 Apple è uno dei marchi più prestigiosi, Cook risulta il 19esimo uomo più potente della terra.
 Nel 2017 ha guadagnato 102 milioni di dollari

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 19/09/2018 - 19/09/2018                                            17
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 il piano strategico / PANORAMA
 Ferrari punta sull'ibrido e mette in cantiere un suv
 Laura Galvagni Marigia Mangano

 La Ferrari alza il velo sul piano strategico al : obiettivi ambiziosi, con nuovi modelli in arrivo -
 tra i quali il nuovo Purosangue, l'atteso suv che però a Maranello preferiscono non chiamare
 suv - e il % di vetture con motore ibrido. Al si stimano ricavi per circa miliardi. -a pagina
 Dalle nostre inviate
 MARANELLO
 La prima mossa fatta dal nuovo ad Ferrari, Louis Camilleri, è stata quella di accantonare il
 mantra dei volumi. Per la nuova Rossa, quella che sarà costruita nei prossimi 4 anni, non
 sono più rappresentativi. Perché la strategia su cui si misurerà la Ferrari del futuro punta a
 «personalizzare» al massimo vetture, tecnologie e prezzi. Con l'obiettivo al 2022 di portare i
 ricavi a poco meno di 5 miliardi, raddoppiare il margine operativo lordo che si attesterà tra
 1,8 e 2 miliardi (target più conservativo rispetto all'obiettivo di 2 miliardi fissato da Sergio
 Marchionne) e portare l'utile operativo oltre 1,2 miliardi. Quanto basta per incrementare i
 dividendi fino al 30% dei profitti.
 L'impegno della famiglia Agnelli, ribadito ieri da John Elkann al suo debutto in veste di
 presidente di Ferrari (un ruolo mai ricoperto dalla dinastia torinese nella storia di Maranello),
 si sintetizza in un concetto: «Ferrari costruirà un futuro all'altezza del suo passato». E per
 farlo avrà alle spalle un azionista che, oltre a essere spettatore interessato, ha scelto di
 schierarsi in prima linea. Se questo si tradurrà in un incremento sensibile delle auto vendute
 poco importa. Bastano due numeri per capire che l'esclusività del marchio non è in
 discussione. Sui 18 milioni di super ricchi nel mondo la Ferrari ha un tasso di penetrazione
 dello 0,05%. Anche volesse raddoppiarlo arriverebbe appena allo 0,1%. Si spiega anche così
 la scelta di lanciare a fine piano qualcosa che, sulla carta, appare distante dal dna della
 Rossa: il Suv Purosangue. «Ero scettico quando me ne hanno parlato in cda, ma dopo aver
 visto il meraviglioso progetto sono diventato un supporter entusiasta», ha esordito Camilleri
 nel dare l'annuncio del debutto nel segmento. L'ingresso in questo settore è, nei piani di
 Camilleri, la carta vincente per conquistare mercati come la Cina e Hong Kong.
 Ferrari presenterà Purosangue solo tra quattro anni ma nel mentre lancerà 15 nuovi modelli,
 cosa mai vista in passato. Ne fanno parte le due supercar volute da Marchionne, la Monza SP1
 e SP2 (meno di 500 unità a un prezzo compreso tra 1,5 e 2 milioni) primo esempio di quello
 che diventerà una linea fissa battezzata "Icona" della nuova gamma di prodotti della Rossa.
 Con essa altri tre pilastri: sport, gran turismo e serie speciali. Quattro segmenti dalle
 personalità distinte e destinati da un lato ad ampliare la famiglia di clienti, grazie alle gran
 turismo, e dall'altro a soddisfare i compratori storici del Cavallino, con il settore Icona. Per
 tutti è prevista una forte trasformazione in termini di motorizzazione considerato che entro
 fine piano il 60% delle Ferrari sarà ibrida. In particolare, il segmento sport sarà tutto ibrido al
 2022.
  Il tema della guida autonoma invece sarà affrontato con prudenza, si parla piuttosto di guida
 assistita (3,6 miliardi di investimenti nell'arco di quattro anni). La leva del pricing però
 garantirà margini mai visti, fino al 38% nel 2022, paragonabile a simboli del lusso come
 Hermes. Tutto questo consentirà alla compagnia di raggiungere al 2022 un free cash flow
 industriale tra 1,1 e 1,25 miliardi. Nello stesso tempo è stato deliberato un buy back di 1,5
 miliardi in quattro anni. «Il piano è ambizioso ma è fattibile», ha dichiarato il ceo della Rossa

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 19/09/2018 - 19/09/2018                                             18
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 non prima di aver migliorato i target di fine anno con investimenti previsti in aumento a 650
 milioni rispetto ai 450 milioni iniziali e un debito industriale netto inferiore ai 350 milioni che
 verrà azzerato nel 2020. Nel dettaglio, sul fronte del giro d'affari, il trend legato al mix tra
 prezzo e volumi garantirà una ripartizione dei ricavi che vedrà la gamma sportiva contribuire
 per il 50% mentre il 40% arriverà dal Gran Turismo, il 5% dalle serie speciali e altrettanto dal
 segmento icona.
 Ieri il titolo ha chiuso in rialzo del 3,94 per cento.
 © RIPRODUZIONE RISERVATA
 Foto:
 Il debutto. --> Louis Carey Camilleri, ceo di Ferrari, ieri a Maranello alla presentazione del
 piano

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19/09/2018                                                                                 diffusione:87661
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 PRIORITÀ INVESTIMENTI
 Grandi opere 20 miliardi d'interventi da sbloccare
 Da cinque anni rilanci promessi ma spesa sul Pil ferma a 2%. Tria: salire a 3% Burocrazia,
 procedure e incertezza nei programmi prioritari frenano la spesa Buia (Ance): basta dispute
 ideologiche, il settore delle costruzioni affonda
 Giorgio Santilli

 Sul fronte degli investimenti pubblici si moltiplicano i segnali che potrebbe ripetersi la storia di
 annunci cui non seguono fatti: i litigi sulla ricostruzione del ponte di Genova e sulle Olimpiadi
 2026; la spesa dei fondi Ue ferma al 9%; l'ennesimo esame con analisi costi-benefici di
 programmi di opere in corso. Per cinque anni i governi di centro-sinistra hanno promesso
 un'accelerazione degli investimenti pubblici che non è arrivata. Non serve, ora, appellarsi alla
 ripresa dei bandi di gara e proporla come ripresa di mercato: la spesa effettiva non è ripartita.
 La flessibilità acquisita a Bruxelles nel 2016 è stata utilizzata per spese correnti. Il rischio
 serio è di perdere anche il 2019 e il 2020.
   Ieri il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, si è detto fiducioso: «Bisogna portare gli
 investimenti pubblici al 3% del Pil». L'Ance ha contato 300 opere per 27 miliardi che si
 potrebbero mettere in moto con una semplificazione delle procedure. Secondo l'associazione
 dei costruttori, riattivare 20 miliardi comporterebbe la creazione di 330mila posti di lavoro e
 75 miliardi di ricadute sull'economia. Buia (presidente Ance): «Basta dispute ideologiche su
 Genova e opere, ripartire subito».
  a pagina 2
 ROMA
 Per cinque anni i governi di centro-sinistra hanno promesso un'accelerazione degli
 investimenti pubblici che non è arrivata. La ripresa degli investimenti avrebbe dovuto trainare
 l'accelerazione del Pil ma il rapporto investimenti/Pil non ha mai superato la soglia del 2%.
 Non è mancato l'impegno nel reperire le risorse (83 miliardi in 15 anni con il nuovo «fondo
 investimenti» di Palazzo Chigi), ma i risultati in termini di spesa effettiva non si sono visti (se
 si fa eccezione per gli investimenti ferroviari) e a trainare la ripresa sono stati piuttosto export
 e investimenti privati. Non serve, ora, appellarsi alla ripresa dei bandi di gara del 2018: la
 spesa effettiva non è ancora ripartita e un altro anno si è perso. Ora il rischio serio è di
 perdere anche il treno 2019-2020.
 Le incognite 2019 e 2020
 I litigi di Genova che frenano la ricostruzione, l'ennesima occasione di sviluppo persa con la
 rinuncia alle Olimpiadi 2026, la spesa dei fondi Ue ferma al 9%, difficoltà persistenti degli enti
 locali a investire, l'ennesimo esame con analisi costi-benefici di programmi di opere in corso in
 una infinita tela di Penelope, che è partita dalla Torino-Lione ma si è poi estesa a tutte le
 grandi opere (che in questi anni hanno comunque "tirato" sul piano della cassa), la sentenza
 della Consulta che costringe a rivedere d'intesa con le Regioni le destinazioni del «fondo
 investimenti», l'annuncio (senza ancora decisioni) della riforma del codice degli appalti in una
 situazione di quasi-paralisi della Pa sono tutti segnali che potrebbe ripetersi la storia di
 annunci cui non seguono fatti. Anche se bisogna attendere le prime decisioni vere - quelle
 della legge di bilancio e sui programmi delle grandi opere - prima di dare una valutazione
 compiuta.
 L'obiettivo del 3%
 Ieri il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, si è detto fiducioso e ha rilanciato un mantra che
 già è stato del suo predecessore, Pier Carlo Padoan. «Bisogna accelerare gli investimenti
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 pubblici, portarli al 3% del Pil». Se oggi a consuntivo non arriviamo al 2% mancano quasi 20
 miliardi di spesa di investimenti l'anno per centrare l'obiettivo.
 Il piano Ance
 L'Ance ha contato 300 opere per 27 miliardi che si potrebbero mettere subito in moto con una
 drastica semplificazione delle procedure. Ci sono scuole da rifare, gestioni idriche da
 migliorare, dissesto idrogeologico da prevenire, città da riqualificare e infrastrutturare e,
 ovviamente, le grandi e piccole opere di collegamento ferroviario e stradale. Secondo
 l'associazione dei costruttori riattivare 20 miliardi comporterebbe la creazione di 330mila posti
 di lavoro e 75 miliardi di ricadute sull'economia. Certo è che se si vuole dare una vera
 accelerazione agli investimenti già l'anno prossimo bisognerebbe dare benzina a ciò che è in
 corso (e non congelarlo) e varare subito un piano di urgenze da cantierare immediatamente.
 I tempi burocratici
 A bloccare la ripresa degli investimenti pubblici - dopo un decennio di riduzione dei fondi
 pubblici fino al 2015 - non è stata la disponibilità di risorse.
 A bloccare la ripresa degli investimenti è piuttosto il grande male italiano, con le sue due
 facce. La prima è una burocrazia che spreca il 54% degli abnormi tempi necessari per
 realizzare un'opera (mediamente 15 anni) in "tempi di attraversamento", vale a dire una serie
 di innumerevoli passaggi e ostacoli creati all'epoca del consociativismo e delle politiche di
 rigore di bilancio per non fare più che per fare. A stimare questi tempi è uno studio ufficiale
 della Presidenza del Consiglio. Veti locali quasi sempre imposti da minoranze (superabili solo
 con riforma del titolo V, débat public e referendum popolari), contenziosi amministrativi creati
 ad arte dagli esclusi, conflitti fra governo e Regioni, conflitti fra Regioni ed enti locali,
 valutazioni di impatto ambientali ripetute nel tempo, progetti continuamente rivisti perché
 inadeguati, veti delle Sovrintendenze, pianificazione debole e incerta, conferenze di servizi
 senza esiti definitivi (ora riformate con qualche passo avanti), ridottissima capacità di spesa
 per lo smantellamento delle strutture tecniche della Pa, che continua ad avere un perimetro
 vastissimo senza presidiare le funzioni-chiave.
 La tela di Penelope
 La seconda faccia del male italiano è l'eterna riprogrammazione svolta dalla politica anziché
 cercare minimi comuni denominatori che diano stabilità all'azione pubblica e creino una sorta
 di piano nazionale condiviso. Ogni maggioranza politica ha le sue priorità e le sue project
 review (l'ultima l'ha fatto il centro sinistra due anni fa e ora tocca alla nuova maggioranza)e
 gioca le infrastrutture come terreno di scontro politico, una forza politica contro l'altra, il
 governo contro le Regioni, dando al proprio elettorato e togliendo a quello avversario, con il
 risultato - questo sì un unicum italiano - che il quadro cambia, si aggiusta, vacilla, sbanda, si
 azzera, riparte da capo, ma resta comunque incerto nei decenni. Senza contare che un'opera
 pubblica per essere realizzata ha bisogno di un orizzonte temporale più lungo di una
 legislatura.
 © RIPRODUZIONE RISERVATA Giorgio Santilli
 L'IMPATTO
 20
 miliardi
 IL COSTO DELLO STOP
 Investimenti fermi
 È la stima di quanto costano all'Italia i ritardi nell'attuazione degli investimenti in opere
 pubbliche

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 -46,7
 per cento
 LA SPESA DEI COMUNI
 Calo degli investimenti
 Nei primi sei mesi del 2018 la spesa dei Comuni in investimenti è calata del 46,7% rispetto al
 2008
 83
 miliardi
 FONDO INVESTIMENTI
 La bocciatura della Consulta
 La Consulta ad aprile ha dichiarato incostituzionale il fondo investimenti di Palazzo Chigi (83
 miliardi fino al 2033)
 FOTOGRAMMA
 Tav Torino Lione -->
  --> I lavori per la costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità Tornio-Lione. L'opera è in
 attesa dell'analisi costi-benefici annunciata del Governo.
 QUATTRO ANNI DI PROMESSE SULLE INFRASTRUTTURE
 '' 23 luglio 2014 Il 31 luglio andiamo in Consiglio dei ministri e apriamo la procedura
 d'ascolto. Dal primo di settembre saremo pronti con 43 miliardi alle infrastrutture
 '' 30 agosto 2014 Con lo Sblocca Italia entro il 31 agosto 2015 tutte le opere devono aprire i
 cantieri. Vuol dire risorse vere e assunzioni, stimiamo almeno 100mila posti di lavoro
 '' 13 gennaio 2015 Con la flessibilità gli Stati membri avranno maggiori possibilità di
 effettuare investimenti per promuovere il rilancio dell'economia e creare posti di lavoro
 '' 11 aprile 2017 Il piano investimenti è di circa 47 miliardi: una prima tranche da oltre 25
 miliardi è già pronta con risorse importanti sulla programmazione infrastrutturale
 '' 6 giugno 2018 Non azzerare tutto, ma sviluppare in continuità ciò che funziona e innovare
 dove le cose non vanno bene, per esempio snellendo le procedure del Cipe
 '' 18 settembre 2018 Per il ministro gli investimenti pubblici devono tornare al 3% del Pil. A
 metà agosto aveva ricordato: nel bilancio ci sono 150 miliardi, 118 subito attivabili
 Matteo Renzi -->
 Maurizio Lupi -->
 Graziano Delrio -->
 Pier Carlo Padoan -->
 Danilo Toninelli -->
 Giovanni Tria -->

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 Giorgetti
 "Non rischia ma Tria sia più elastico sulle virgole del deficit"
 Colloquio con il sottosegretario leghista. "Non ci possiamo impiccare alle percentuali Pace
 fiscale utile per trovare risorse" Il governo può sostenere la candidatura di Milano e Cortina
 alle Olimpiadi. Le loro Regioni trovino però i soldi. Se Fontana e Zaia hanno cartucce, le
 sparino subito I mercati guardano alla serietà delle proposte oltre che alla tenuta dei conti. Il
 ministro del Tesoro garante del calo del debito. Flat tax e Fornero nostre priorità
 CARMELO LOPAPA

 Al termine dell'ennesima giornata campale, chiuso ancora in serata nel suo grande studio al
 primo piano di Palazzo Chigi, il sottosegretario alla Presidenza Giancarlo Giorgetti si ritrova a
 indossare i panni del mediatore che prima di lui in quella stessa stanza sono stati di Gianni
 Letta, Graziano Delrio, Luca Lotti. Le Olimpiadi invernali 2026 sono quasi impallinate dagli
 alleati dei 5stelle, la manovra è in alto mare e Di Maio mette alle strette ancora una volta il
 ministro dell'Economia Tria, poco propenso a dilatare i cordoni della borsa per le misure
 promesse in campagna elettorale. Il presidente del Coni Giovanni Malagò ha appena lasciato
 l'ufficio dell'uomo forte del governo Conte con delega allo Sport assai contrariato, nervoso per
 gli attacchi subiti. Il numero due della Lega lo incoraggia, non considera perse le Olimpiadi
 invernali 2026, come già avvenuto per Roma due anni fa. Lombardia e Veneto, le due regioni
 guidate dai "suoi" governatori, «hanno gli strumenti e le risorse per andare avanti», ne è
 convinto.
   Allo stesso tempo, non vuol sentire parlare di poltrona a rischio per il responsabile
 dell'Economia. Né ora, né in futuro: «Il ministro Tria non corre alcun rischio», tiene a
 precisare, nonostante la levata di scudi del capo politico del M5S e vicepremier Luigi Di Maio,
 che in giornata aveva alzato come mai finora l'asticella dello scontro («Un ministro serio trova
 le risorse»). Ecco, Giorgetti, allentata finalmente la cravatta, decide di avanzare una sorta di
 mozione d'ordine. «L'invito che farei a tutti i colleghi di governo è quello di parlare il meno
 possibile e darsi da fare. Il momento è delicato ed è vero che conta lo zero virgola, il rispetto
 dei parametri nella stesura della manovra, ma è anche vero che non possiamo impiccarci alle
 percentuali: i mercati guardano anche alla serietà delle proposte, oltre che alla tenuta dei
 conti».
  L'inquilino di via XX Settembre che non vuole valicare in manovra il confine virtuoso dell'1,6
 nel rapporto debito/Pil rischia di essere un ostacolo per M5S e Lega, intenzionati a portare a
 casa almeno uno stralcio di reddito di cittadinanza e di pensioni a quota 100? «Il ministro ha
 garantito che rispetterà l'impegno per la riduzione del debito ed è una garanzia importante.
 Ma sia noi che i nostri alleati abbiamo avanzato le nostre proposte con senso di responsabilità.
 Al ministro Tria si chiede solo di non impiccarci allo zero virgola, di mostrare un minimo di
 disponibilità». Nessuno si sogna di sfiorare il 3%, come qualcuno azzarda. Ma una
 concessione oltre l'1,6, ecco, quella i due azionisti di maggioranza del governo se l'aspettano.
 «Anche perché - riprende - con la pace fiscale recupereremo parecchie risorse utili a ridurre il
 debito. E ancora, noi la flat tax pur graduale vogliamo introdurla e così la riforma della
 Fornero per consentire di andare in pensione anche a chi ha compiuto 62 anni e ha 38 di
 contributi». Ma servono 8 se non dieci miliardi di euro, altrettanti per il reddito di cittadinanza
 dei 5stelle.
   «Vedremo se le cifre necessarie saranno realmente quelle: fino al termine di questa
 settimana lavoreranno i tecnici. Poi ci rivedremo per con gli altri colleghi di governo per
 compiere le scelte politiche necessarie».

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  Nulla è ancora deciso, insomma.
  Quel che è certo è che Tria non si tocca. A conferma di una linea difensiva dalla quale la Lega
 non intende desistere.
  Ma se c'è un dossier sul quale il sottosegretario varesino è stato concentrato tutto il giorno è
 quello delle Olimpiadi. Primi carboni ardenti per l'uomo con delega allo Sport. Poche ore prima
 è andato in commissione al Senato e ha quasi issato bandiera bianca: «La candidatura così
 non può andare avanti». Di Maio ha attaccato il Coni, mentre i due governatori di Lombardia e
 Veneto annunciavano di voler andare avanti comunque con "Milano-Cortina 2026". Basterà a
 salvare l'operazione? «Credo sia sbagliato andare a caccia di capri espiatori come qualcuno
 sta facendo in queste ore», dice con riferimento al vicepremier M5S.
  Il sottosegretario difende l'operato del Coni e di Malagò.
  «Io mi sono limitato a dire al Senato che la proposta per come era stata formulata, con le tre
 piazze, Torino, Milano e Cortina, non poteva più funzionare nel momento in cui per motivi vari
 Milano e Torino non accettavano di fare gioco di squadra. Per questi grandi eventi serve
 serietà e coesione. Se manca quella ancor prima di cominciare, allora addio. Io non penso
 come Di Maio che si debbano chiamare in causa gli amministratori locali.
  Perché se delle responsabilità le ha avute il sindaco di Milano Sala, altrettante ne ha in
 questa vicenda la Appendino a Torino».
  Insomma, gli alleati non possono tirarsi fuori. E se qualcuno pensa che, affondando le
 Olimpiadi, si possa attingere al pozzo dei 374 milioni di euro che il governo dovrebbe
 destinare ai giochi invernali, allora si sbaglia, avverte Giorgetti. «I fondi per il 2026 sono
 investimenti in conto capitale, mentre per la misura d'aiuto alla povertà occorrono soldi in
 conto corrente nella manovra 2019: non confondiamo i piani», dice da economista ex
 bocconiano. Detto questo, il governo a suo dire «potrà comunque sostenere la candidatura a
 due. A una sola condizione: che le regioni trovino le risorse senza l'aiuto del governo. Se Zaia
 e Fontana pensano di avere le cartucce, sparino, ma lo facciano in fretta».
  Insomma, i soldi devono metterli loro, anche facendo ricorso a investimenti privati.
  Altra miccia, la cena di Arcore di domenica. I 5 stelle hanno fatto trapelare tutta la loro
 irritazione per le presunte "garanzie" di Salvini a Berlusconi. Il Cavaliere, hanno avvertito,
 «non potrà mai mettere le mani sulla Rai».
  Garanzie ad esempio sulle concessioni tv come sui tetti pubblicitari ai quali il grillino Vito
 Crimi vorrebbe mettere mano. Giorgetti taglia corto: «A dire la verità, nulla di tutto questo è
 stato oggetto della discussione ad Arcore». Per lui, questione inesistente.

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