The Matrix - Il Film È il marzo del 1999 quando nella sale USA esce il film "The Matrix", realizzato dagli allora fratelli Andy e Larry Wachowski ...

Pagina creata da Raffaele Palumbo
 
CONTINUA A LEGGERE
The Matrix - Il Film È il marzo del 1999 quando nella sale USA esce il film "The Matrix", realizzato dagli allora fratelli Andy e Larry Wachowski ...
The Matrix – Il Film
È il marzo del 1999 quando nella sale USA esce il film “The Matrix”, realizzato dagli allora fratelli
Andy e Larry Wachowski (prima di diventare le sorelle Lana e Lilly), film epocale sia per gli
The Matrix - Il Film È il marzo del 1999 quando nella sale USA esce il film "The Matrix", realizzato dagli allora fratelli Andy e Larry Wachowski ...
argomenti trattati sia per le tecnologie cinematografiche impegnate.

Siamo alla fine di un secolo e di un millennio, il mondo è profondamente diverso da come lo
The Matrix - Il Film È il marzo del 1999 quando nella sale USA esce il film "The Matrix", realizzato dagli allora fratelli Andy e Larry Wachowski ...
conosciamo oggi. In esso vi erano poco meno di 400 milioni di utenti collegati ad internet e non
esistevano Facebook, You Tube, Iphone ed app. La preoccupazione principale legata alla rete
internet, ancora appannaggio di pochi utenti, era rappresentata dal “Y2K bug”, meglio noto come
Millennium bug, un difetto informatico che si sarebbe manifestato al cambio di data della
mezzanotte tra venerdì 31 dicembre 1999 e sabato 1º gennaio 2000 nei sistemi di elaborazione dati
di tutto il mondo.

Il film dei fratelli Wachowski ci presenta un futuro prossimo venturo dispotico, claustrofobico e
terrorizzante. Tutto prende avvio dalla vita di Thomas A. Anderson, programmatore di software
presso la Metacortex, cittadino modello di giorno e attivo hacker, sotto lo pseudonimo di “Neo”, di
notte. Ad un certo punto il nostro inconsapevole eroe viene contattato da Trinity, esperta e
conturbante hacker braccio destro del misterioso Morpheus, vero e proprio criminale informatico.

L’incontro con Morpheus è illuminante: Neo viene a conoscenza del fatto che il mondo reale a cui è
abituato altro non è che una gigantesca simulazione al computer a cui tutti gli esseri umani sono
collegati a loro insaputa, simulazione che prende il nome di “Matrix”, che serve a nascondere una
amara e allucinata realtà creata dalla macchine e dall’intelligenza artificiale per assoggettare gli
esseri umani.

Risvegliato alla vera realtà, Neo entrerà nella resistenza guidata da Morpheus, che cerca di
scollegare quanti più umani possibili da questa simulazione globale.

Il film presenta profondi riferimenti filosofici, religiosi e sociologici e, in un certo senso, profetizza il
mondo in cui oggi ci troviamo a vivere, perennemente collegati ai nostri dispositivi elettronici, che
misurano e profilano ogni aspetto della nostra vita, “suggerendoci” che cibo mangiare, come vestire,
cosa leggere, quale opinione avere, chi frequentare, chi votare e così via. Gli smartphone e le
innumerevoli app su di essi scaricate sono quanto di più simile all’incubatrice in cui si risveglia Neo
dopo aver ingerito la famosa pillola rossa datagli da Morpheus.
The Matrix - Il Film È il marzo del 1999 quando nella sale USA esce il film "The Matrix", realizzato dagli allora fratelli Andy e Larry Wachowski ...
Il film è passato alla storia principalmente per gli effetti speciali, ma tutta la lavorazione fu difficile e
complessa: pensate che la sceneggiatura richiese più di 5 anni di lavorazione, per un totale di 14
bozze e che gli storyboard furono più di 600.

Gli spunti letterari per la storia furono innumerevoli: in primis il film saccheggia il “mito della
caverna” di Platone”, poi “Alice nel Paese delle Meraviglie” di Lewis Carroll, l’“Odissea” di
Omero e soprattutto “Simulacri e Simulazione” di Jean Baudrillard, ritenuto così essenziale ai fini
della storia che i fratelli Wachowski comprarono molte copie del testo, che fecero leggere a gran
parte del cast e della troupe. Questo libro era così importante che a Keanu Reeves (Neo) venne
imposto di leggerlo ancor prima di iniziare a sfogliare la sceneggiatura. Reeves ha sempre sostenuto
che fu proprio grazie a questo libro che fu capace di cogliere e capire tutte le sfumature filosofiche
del film.

A proposito di Keanu Reeves, che regalò al personaggio di Neo un’interpretazione magistrale,
l’attore non fu la prima scelta dei registi: il ruolo del protagonista fu offerto prima a Johnny Deep,
Brad Pitt, Val Kilmer, Leonardo Di Caprio ed anche all’allora giovanissimo Will Smith, ma alla
fine la scelta si restrinse tra Johnny Deep e Keanu Reeves, con quest’ultimo preferito dalla Warner
Bros perché, fin da subito, sembrò aver capito l’essenza del film. Anche per il ruolo di Morpheus si
pensò a diversi nomi, tra questi Gary Oldman e Samuel L. Jackson, ma alla fine a spuntarla fu
Laurence Fishburne, che definì il suo personaggio di Morpheus come un mix tra Obi-Wan Kenobi e
Darth Vader.

Le scene e le ambientazioni dark del film furono calibrate su un scelta cromatica molto forte e
precisa. Tre furono i colori principali usati per colorare e caricare di significato i fotogrammi.
Innanzitutto il verde, che fu utilizzato per tutte le scene ambientate nel mondo fittizio di Matrix; si
voleva ricreare l’effetto di una realtà filtrata attraverso il monitor di uno schermo di computer (nel
1999 molti schermi del computer erano ancora monocromatici, appunto verdi, perché si era scoperto
che questo colore aumentava la definizione e non stancava la vista), poi perché questo colore è da
sempre associato al mistero ed all’oscurità. Poi il blu, che divenne il colore per rappresentare le
scene della realtà e della vita vera fuori dalla simulazione di Matrix; il colore blu fu usato per le
sensazioni di freddezza e melanconia che trasmette, le stesse che i registi volevano traspirassero dal
film. Infine fu scelto il giallo per rappresentare il limbo fra vita reale e Matrix, come ad esempio le
simulazioni dell’addestramento di Neo: il giallo è da sempre associato all’insicurezza e sembrò ideale
The Matrix - Il Film È il marzo del 1999 quando nella sale USA esce il film "The Matrix", realizzato dagli allora fratelli Andy e Larry Wachowski ...
per rappresentare tutte quelle simulazioni non ordite dalle macchine ma create dagli uomini per
sconfiggerle.

Il film immaginò anche un abbigliamento ed uno stile molto dark: tutti i protagonisti del film,
maschili e femminili, sono fasciati in lunghi capotti neri ed attillate tutine di PVC. Per i costumi Kym
Barrett, per via del budget limitato, fece di necessità virtù, realizzando il costume di Trinity con
PVC a basso costo e il cappotto di Neo con una stoffa che costava 3 dollari al metro. Altro
trattamento fu riservato per gli splendidi occhiali da sole dei protagonisti, che sarebbero diventati
un must della moda di quegli anni. Fu una piccola azienda artigianale, la Blinde, che vinse la gara
contro colossi come Ray-ban e Arnette, che decise di realizzare gli occhiali basandosi sull’inusuale
nome dei personaggi. Richard Walker, fondatore dell’azienda, disegnò e realizzò degli occhiali
molto avveniristici soprattutto per il modello di Morpheus, che era privo di stanghette e che si
The Matrix - Il Film È il marzo del 1999 quando nella sale USA esce il film "The Matrix", realizzato dagli allora fratelli Andy e Larry Wachowski ...
reggeva sul naso con una speciale clip brevettata.

Ma Matrix è passato alla storia soprattutto perché ha aperto nuove frontiere nella tecnica
cinematografica, a partire dal “bullet time”. Un effetto speciale che, sfruttando simultaneamente
un gran numero di fotocamere, disposte intorno ad un oggetto o una persona, permette di
ricostruire, frame dopo frame, la medesima scena e riprodurla al rallentatore. Questa tecnica,
insieme alla computer grafica 3D e al chroma key, ha reso leggendaria e citatissima la scena di Neo
intento a schivare i proiettili.

Insomma un film epico, anzi un franchise multimediale, composto da altri due film, un videogioco,
un fumetto ed una serie di cortometraggi di animazione “Animatrix”, media diversi che a detta
degli autori e dei registi dovevano essere fruiti e visti tutti per ampliare e comprendere meglio
l’universo narrativo del film. E, a proposito di fumetti e spunti narrativi, Matrix ha rischiato anche
una denuncia di plagio.
The Matrix - Il Film È il marzo del 1999 quando nella sale USA esce il film "The Matrix", realizzato dagli allora fratelli Andy e Larry Wachowski ...
I
l
s
e
t
p
e
r
l
a
r
e
a
l
i
z
z
a
z
ione dell’effetto “bullet time”.

Nel 1992 Stefano Disegni e Massimo Caviglia avevano creato “Razzi Amari”. Si trattava di un
fumetto multimediale da leggere insieme a una musicassetta realizzata dalla band Gruppo Volante
dello stesso Disegni. La storia era incentrata su un futuro allucinato, in cui la popolazione era sotto il
giogo di una dittatura dispotica creata dalle macchine. Le macchine controllavano le persone tramite
un chip, installato nella loro mente appena nati, che proiettava l’illusione di vivere in un mondo
perfetto. Anche nel fumetto di Stefano Disegni c’era una resistenza che si era organizzata e
combatteva le macchine. Insomma una storia molto simile a quella del film, che spinse i creatori del
fumetto a contattare un avvocato che ravvisò gli estremi per una causa di plagio, ma alla fine i
fumettisti desistettero perché la causa contro la Warner Bros sarebbe stata proibitiva.

Per concludere, The Matrix (o Matrix nella traduzione italiana), è un film assolutamente da vedere
perché come tutta la miglior fantascienza ci racconta chi siamo, da dove veniamo e dove stiamo
andando e, siccome il film ha già 20 anni, il futuro immaginato da Matrix è il nostro presente e, per
dirla con Morpheus:

                                    “Benvenuti nel deserto del reale!”
The Matrix - Il Film È il marzo del 1999 quando nella sale USA esce il film "The Matrix", realizzato dagli allora fratelli Andy e Larry Wachowski ...
David di Donatello 2019: i verdetti
Nella serata di mercoledì 27 marzo 2019, si è tenuta la 64esima edizione dei David di
Donatello, il più importante riconoscimento del cinema italiano, insieme ai Nastri d’Argento e
leggermente sopra i Globi d’oro. La serata di premiazione, di quelli che sono definiti gli “Oscar
italiani”, quindi i secondi come importanza al mondo, è stata trasmessa in diretta su Rai Uno e
presentata per il secondo anno di fila da Carlo Conti.

Come da pronostico, Dogman di Matteo Garrone, ha fatto incetta di statuette, con ben 9 David
vinti: miglior film, regia a Garrone, attore non protagonista a Edoardo Pesce, sceneggiatura
originale a Garrone con Massimo Gaudioso e Ugo Chiti, fotografia a Nicolaj Brüel,
montaggio a Marco Spoletini, scenografia a Dimitri Capuani, trucco a Dalia Colli e Lorenzo
Tamburini, sonoro a Maricetta Lombardo & co. Il regista Matteo Garrone, sul palco, accolto da
applausi scroscianti, ha inviato un appello affinché il cinema vecchia maniera, quello delle sale,
continui a sopravvivere, perché la magia del Cinema è tutta lì: «Grazie a voi, lo abbiamo fatto
insieme questo film. Questa è una serata speciale perché si è parlato molto dell’importanza di
tornare al cinema anche l’estate, di quanto sia importante e bello poter vedere i film sul grande
schermo. Purtroppo è un periodo in cui le cose stanno cambiando velocemente, c’è la tendenza
sempre più a vedere i film a casa sulle piattaforme digitali, Netflix ecc. Ma credo sia importante
invece cercare di tornare al cinema, però è anche importate che i cinema diventino sempre più
grandi, invece la sensazione che ho è che le sale diventino sempre più piccole e i televisori sempre
più grandi, quindi facciamo attenzione se crescono i televisori a far crescere anche gli schermi dei
cinema. Questo film sono contento di averlo fatto, è nato un po’ per caso. Abbiamo iniziato a
scriverlo dodici anni fa e tenuto sempre nel cassetto. L’ho fatto perché avevo qualche mese libero
aspettando Pinocchio e invece è andato così bene che non ce l’aspettavamo. A volte accadono delle
The Matrix - Il Film È il marzo del 1999 quando nella sale USA esce il film "The Matrix", realizzato dagli allora fratelli Andy e Larry Wachowski ...
cose che non ti aspetti nel cinema, riuscire a creare dei momenti irripetibili.»

Sulla mia pelle di Alessio Cremonini, altro film attesissimo e pluri-presente in nominations,
conquista 4 statuette: il film che ricostruisce gli ultimi, tragici giorni della vita di Stefano Cucchi
porta a casa i premi per il miglior produttore, miglior regista esordiente a Cremonini, il David
Giovani (votato da 3.000 studenti delle scuole superiori) e soprattutto il meritatissimo David per il
miglior attore protagonista allo strepitoso Alessandro Borghi, visceralmente e fisicamente
trasformato per interpretare la vittima di questa tragica vicenda di cronaca. Sul palco, lo stesso
attore, visibilmente emozionato per il suo primo David in carriera, ha dedicato il premio a Stefano
Cucchi:

Magro invece il bottino di un altro film molto atteso, Chiamami col tuo nome di Luca
Guadagnino, che ottiene solo 2 David, per la sceneggiatura non originale a James Ivory,
The Matrix - Il Film È il marzo del 1999 quando nella sale USA esce il film "The Matrix", realizzato dagli allora fratelli Andy e Larry Wachowski ...
Walter Fasano e Guadagnino, e per la canzone originale Mistery of Love di Sufjan Stevens.

Loro di Paolo Sorrentino, si ferma a due statuette: per le acconciature del veterano Aldo
Signoretti, ma soprattutto quello meritatissimo per la miglior attrice protagonista alla strepitosa
Elena Sofia Ricci, completamente calatasi nei panni di Veronica Lario, moglie di Silvio Berlusconi.
L’attrice toscana è colta di sorpresa dalla vittoria del suo terzo David e sul palco è davvero
emozionatissima, trattenendo a stento le lacrime: «Non ci credo! Grazie. Ho la salivazione azzerata.
Non riesco neanche a parlare. Grazie a mio marito che mi ha tanto sostenuta e mi ha aiutato a fare il
provino e tutto. Grazie a Toni Servillo che è stato un collega, un compagno di lavoro meraviglioso. A
Paolo[n.d.r. Sorrentino], a tutti i componenti della troupe e soprattutto a chi è riuscito a
trasformarmi in un’altra. Grazie a tutti i giurati e a tutti voi che mi avete votata e sostenuta. Grazie
davvero, non me lo aspettavo.»

Due i David anche per Capri-Revolution di Mario Martone, che porta a casa il premio per il
miglior musicista e quello per il miglior costumista. La bravissima Marina Confalone batte
Jasmine Trinca e ottiene il David per la miglior attrice non protagonista per Il vizio della
speranza di Edoardo De Angelis, salendo sul palco visibilmente commossa e dedicando il premio
«alla nostra terra, ai napoletani che hanno buona volontà». Premio per i migliori effetti visivi a
Victor Perez per Il ragazzo invisibile – Seconda generazione, mentre il David dello
Spettatore, assegnato al film più visto della scorsa stagione, se lo aggiudica A casa tutti bene di
Gabriele Muccino.
D
e
b
a
c
l
e
t
o
t
a
l
e
p
e
r
L
a
z
zaro Felice di Alice Rohrwacher ed Euforia di Valeria Golino che, a fronte rispettivamente di 9
e 7 nomination, restano a mani vuote. Due grandi registi si aggiudicano invece i David per il
miglior documentario e per il miglior film straniero. Il primo è Nanni Moretti con il suo
Santiago, Italia ed uno scarno e veloce ringraziamento sul palco, mentre il secondo è Alfonso
Cuarón con il suo pluripremiato Roma, già vincitore il mese scorso agli Oscar hollywoodiani. David
per il miglior cortometraggio a Frontiera di Alessandro Di Gregorio.

Esplicati i David ordinari, la serata, come sempre è stata arricchita dai David speciali alla
Carriera. Uno di questi, attesissimo, è andato al grande Tim Burton. Il geniale regista di Dumbo,
accolto da una standing ovation giusta e accorata, ha sottolineando la differenza di trattamento che
riceve in patria: «Vorrei che la gente fosse così carina con me anche nel mio paese». Molto
emozionato ha poi ricordato il suo amore per il cinema italiano: «Io sono cresciuto con registi italiani
come Fellini, Mario Bava, Dario Argento.. ho lavorato con Dante Ferretti. Non sono italiano ma è
come se avessi una famiglia italiana ed è meraviglioso per me ed è un onore essere qui.» Burton ha
poi parlato del suo reboot di Dumbo ed ha ricevuto il David alla Carriera dalle mani di Roberto
Benigni: «Roberto l’ho ammirato e amato per tantissimi anni, quindi la famiglia si ingrandisce. E
per me ricevere questo premio da Roberto e tutti quelli che ho conosciuto ed amato qui, è uno dei
più grandi onori della mia vita». Benigni risponde omaggiandolo a sua volta, annuncia poi il suo
ritorno al cinema nel Pinocchio di Matteo Garrone, mentre riceve anch’egli una standing ovation
meritata per il ventennale del trionfo della Vita è bella agli Oscar.

Altro ospite internazionale e altro David alla carriera per la sempre sensuale Uma Thurman. Gli
altri due David alla Carriera della serata, invece parlano italiano: la terza statuetta speciale va alla
grande scenografa vincitrice di 3 Oscar Francesca Lo Schiavo, che lo ha dedicato a «tutti i registi
con cui ho lavorato e che mi hanno insegnato a guardare oltre il possibile»; la quarta e ultima
statuetta alla Carriera, sicuramente la più meritata, va a Dario Argento, accolto dalla terza
standing ovation della serata. Il maestro del brivido, che in carriera non aveva mai vinto un David,
dopo le banali e trite domande di Conti, si compiace a metà per il premio, con un pizzico di polemica:
«Vorrei dire una cosa, un po’ polemica: io ho fatto tanti anni cinema, ormai quasi 40 anni, e non ho
mai ricevuto un David di Donatello, questa è la prima volta». E alla battuta di Conti «Maestro.. uno
solo, ma un David Speciale dato col cuore dall’Accademia», Argento taglia corto con un lapidario «sì,
ma troppo tardi».

Se l’assegnazione dei premi, ordinari e speciali, è condivisibile e per alcune categorie, ampiamente
previste, per la qualità delle eccellenze messe in gioco (vedasi Dogman per il miglior film,
Alessandro Borghi come miglior attore ed Elena Sofia Ricci come miglior attrice), lo show è altresì
sembrato troppo simile a quelli classici, salottari e sempliciotti, a cui “Mamma Rai”, ci ha abituato
negli ultimi anni. Forse uno show più innovativo per i cosiddetti “Oscar italiani”, sarebbe stato più
consono all’importanza e alla risonanza che i David di Donatello hanno nel mondo, in ossequio alla
gloriosa e più che centenaria storia del nostro cinema.
David di Donatello 2019: le candidature
La 64esima edizione dei cosiddetti “Oscar italiani”, ovvero quella dei David di Donatello, è
ormai imminente: si terrà infatti mercoledì 27 marzo in diretta su Rai Uno, dove la cerimonia
torna, dopo le parentesi mediocri su Sky. La conduzione della serata di gala sarà affidata all’esperto
Carlo Conti: una sicurezza, nonché un marchio di fabbrica di mamma Rai. L’edizione di quest’anno
ha visto l’introduzione di una serie di cambiamenti, tra cui la nomina di una nuova giuria, nuove
regole di ammissione dei film e la nascita del David di Donatello dello Spettatore. Il premio sarà
assegnato al film uscito entro il 31 dicembre 2018 che avrà ottenuto il maggior numero di spettatori.

Il direttore artistico Piera Detassis, al momento dell’annuncio alla stampa delle nominations, ha
enunciato tutte le novità di un’edizione che si preannuncia innovativa, progressista, anche più
internazionale se possibile. I gloriosi David alla Carriera, quelli più prestigiosi e importanti
saranno assegnati al visionario e sognatore regista americano Tim Burton e al nostro Dario
Argento, maestro mondiale dell’horror movie. Come per i David speciali alla carriera, anche altri
premi sono stati già svelati: il David dello spettatore, assegnato al film che ha registrato più incassi
al botteghino, è andato al film A casa tutti bene, opera corale di Gabriele Muccino, già vincitore
del Nastro d’argento speciale a tutto il cast; il David al miglior film straniero, va a Roma di
Alfonso Cuaròn, già vincitore degli Oscar come miglior film e migliore regia; il David al miglior
cortometraggio, infine, è stato assegnato a Frontiera di Alessandro Di Gregorio.

Tutti gli altri numerosi premi, verranno svelati la sera del 27 marzo, a fronte di una giuria numerosa
che si è già pronunciata in merito. Ovviamente l’attenzione è quasi tutta concentrata sui premi
principali, ovvero quelli al miglior film e alla migliore regia e ai quattro dedicati agli attori (miglior
attore e miglior attrice, categorie protagonista e non protagonista). Quattro film sono presenti sia
nella categoria “miglior film” che in quella dedicata alla “miglior regia”: Chiamami col tuo
nome, di Luca Guadagnino; Dogman, di Matteo Garrone; Euforia, di Valeria Golino; Lazzaro
felice di Alice Rohrwacher. Sulla mia pelle di Alessio Cremonini è invece presente soltanto nella
categoria “miglior film”, così come Capri-revolution, di Mario Martone è presente soltanto in
quella alla “miglior regia”. L’impressione, come spesso accade, è che il premio al miglior film e alla
miglior regia, andranno a combaciare nel giudizio insindacabile della giuria.

Per la categoria “miglior attrice protagonista”, favoritissima la splendida Elena Sofia Ricci, per
la superba interpretazione di Veronica Lario nel film Loro, di Paolo Sorrentino, già vincitrice del
Nastro d’argento nella medesima categoria. Sue rivali Marianna Fontana per Capri-Revolution,
Pina Turco per Il vizio della speranza, Alba Rohrwacher per Troppa grazia, Anna Foglietta
per Un giorno all’improvviso. Cinquina fenomenale ed incerta anche quella al “miglior attore
protagonista”: Marcello Fonte – Dogman, Riccardo Scamarcio – Euforia, Luca Marinelli –
Fabrizio De André: Principe libero, Toni Servillo – Loro, Alessandro Borghi - (quest’ultimo
favoritissimo). Particolare la cinquina della categoria al “miglior attore non protagonista”: dal
favorito Massimo Ghini per A casa tutti bene, ad Edoardo Pesce per Dogman, passando per
l’onnipresente Valerio Mastandrea (Euforia), collezionista di premi e nominations ai David, fino al
compianto Ennio Fantastichini per Fabrizio De André: Principe libero, e Fabrizio Bentivoglio
per Loro. Nella stessa categoria al femminile troviamo le seguenti candidature: Donatella
Finocchiaro – Capri-Revolution, Marina Confalone – Il vizio della speranza, Nicoletta Braschi –
Lazzaro felice, Kasia Smutniak – Loro, Jasmine Trinca – Sulla mia pelle.

Considerato anche i numerosi premi minori, precisando quel termine “minori”, come impatto
mediatico e non certo per l’impegno o per le professionalità delle competenze messe in atto, a fare la
parte del leone è Dogman con 15 nomination, seguito da Capri-Revolution con 13 e Chiamami
col tuo nome e Loro con 12 nomination ciascuno. Tutto è pronto dunque per quella che ogni
anno, tra critiche e polemiche di ogni tipo, è la serata di gala del cinema italiano, checché se ne dica,
sempre vivo e pieno di fresche novità.

20 anni senza Stanley Kubrick
Il 7 marzo del 1999, a pochi giorni dalla conclusione del montaggio del suo ultimo film Eyes Wide
Shut, moriva stroncato da un infarto, a 77 anni, il grande cineasta Stanley Kubrick.

Un regista, geniale, irriverente e visionario, leggendario per almeno 3 generazioni (fra cui la mia),
che per molti, moltissimi appassionati rappresenta l’essenza stessa della regia; il suo nome è,
addirittura, diventato “sinonimo” delle parole regista e cinema.
U
n
a
c
a
r
r
i
e
r
a
l
u
n
g
a
5
0 anni, che ci consegna solo 13 film, ma che sono altrettanti pietre miliari del cinema mondiale.
Basta scorrere l’elenco per rendersene conto: “Lolita”, “Il dottor Stranamore”, “2001 Odissea nello
spazio”, “Arancia meccanica”, “Shining”, “Eyes Wide Shut”, giusto per citare i più celebri.

Il suo talento visionario, la cura maniacale per i particolari, il carattere riservato, il suo famigerato
controllo assoluto su tutti gli aspetti del film, sono solo alcune delle caratteristiche che ne hanno
aumentato la leggenda ed il mito. Stanley Kubrick resta indissolubilmente legato all’arte del cinema
e rappresenta, cosa rara, uno dei pochi registi apprezzato da pubblico e critica. I suoi complessi e
stratificati film, le sue smaglianti immagini, i suoi spunti narrativi ancora permeano ed influenzano
profondamente, non solo la cultura alta e quella pop, ma il nostro stesso immaginario collettivo.
Sareb
bero
tantis
sime
le
cose
da
dire
su
quest
o
strao
rdina
rio
regist
a ed i
suoi
film
(e
franc
amen
te
sono un po’ in imbarazzo a scrivere di questo cineasta), ma vi propongo, tredici aneddoti, tanti
quanti i suoi film, tredici curiosità, tredici meta-informazioni cinematografiche per farvi conoscere,
approfondire, innamorare o ri-innamorare di questo regista.

 1. Il primo film fu il cortometraggio/documentario Day of the Fight, è del 1951, ed è basato sul
    reportage fotografico che lo stesso Kubrick realizzo per la rivista Look con la quale lavorava. Il
    film segue per un giorno intero la preparazione del pugile Walter Cartier per un combattimento.
    Fu autoprodotto con un investimento di 3900 dollari e Kubrick stesso si occupò di gran parte
    delle mansioni della troupe, oltre a quella di regista, infatti, svolse quelle di sceneggiatore,
    operatore della macchina da presa, direttore della fotografia, montatore e scenografo;
 2. Il primo lungometraggio è del 1953, Fear and Desire (Paura e desiderio), dove il regista con
    una piccola troupe filma le vicende di un plotone disperso dietro le linee nemiche. Il film
    rappresenta il primo approccio del regista al genere bellico e la prima disamina sull’inutilità e la
    violenza della guerra, argomenti sui quali tornerà con “Orizzonti di gloria” del 1957, “Full Metal
    Jacket” del 1987 ed, in parte, con “Barry Lyndon” del 1975. Per girare il film, gli amici del
    regista raccolsero 1000 dollari con una colletta fra conoscenti e parenti e, lo stesso Kubrick,
    coinvolse nel progetto suo zio Martin Perveler, agiato proprietario di una catena di farmacie a
    Los Angeles, che divenne produttore associato e fornì altri 9000 dollari. Il film fu presto
    ripudiato dal regista, che lo considerava un errore giovanile e che si premurò di limitarne al
    massimo la diffusione, acquistando e facendo “sparire” gran parte delle copie presenti negli
    archivi;
3. Il terzo lungometraggio The Killing (Rapina a mano armata) del 1956, viene girato dal regista
   appena ventottenne con un budget di 330.000 dollari e con una piccola casa di produzione
   fondata insieme al regista, sceneggiatore e produttore James B. Harris, che produrrà anche
   “Orizzonti di gloria” e “Lolita”. Il film è un flop al botteghino dove incassa solo 30.000 dollari,
   ma un successo di critica, alcuni commentatori parlano di Kubrick come il nuovo Orson Welles,
   inoltre, la pellicola, diventa un vero paradigma del genere noir. Il regista, infatti, decide di
   adottare uno stile di racconto non consequenziale, ma con struttura diegetica non lineare, con
   diversi e continui salti indietro e in avanti nel tempo, che rendono lo svolgersi del film complesso
   ed originalissimo. Questa struttura del racconto sarà ripresa, omaggiata e “saccheggiata” da
   molti altri registi del genere, tra cui Quentin Tarantino che lo utilizzerà “pari-pari” per “Le Iene”
   del 1992, Michael Mann per “Heat – La sfida” del 1995 e Paul McGuigan per, il più recente,
   “Slevin – Patto criminale” del 2006.
4. Il quarto lungometraggio Paths of Glory (Orizzonti di Gloria) del 1957 è il primo film del regista
   girato con una star hollywoodiana in forte ascesa, Kirk Douglas, che interpreta l’umano colonello
   Dax. Il film è anche il primo del regista, prodotto da una grande casa di produzione, la United
   Artists ed è considerato uno dei film più antibellici di sempre. La storia raccontata si ispira ad un
   fatto realmente accaduto durate la Prima Guerra Mondiale al 336º Reggimento di fanteria
   francese, comandato dal generale Géraud Réveilhac. Il film è l’occasione per mostrare la grande
   capacità di Kubrick di utilizzare la tecnica di ripresa in maniera fortemente espressiva. In questo
   film, ad esempio, il regista utilizza per le scene girate in trincea, il carrello, a precedere e
   seguire, montato su gomma e non su rotaia, dando alle scene delle ispezioni delle trincee del
   colonello Dax, una fluidità, un rigore ed una solennità fino allora impensabili. Il film di guerra è
   originale anche per il fatto che il dramma e la morte sono tutte interne ad un solo esercito: il
   nemico menzionato, evocato, combattuto, non appare in nessuna scena. Il film farà vincere il
   Nastro d’argento 1959 a Stanley Kubrick come “Miglior regista straniero”;
5. Il quinto film di Kubrick è il colossal Spartacus del 1959, prodotto ed interpretato da Kirk
   Douglas, che volle fortemente il regista newyorkese dopo l’abbandono di Anthony Mann, con cui
   Douglas aveva avuto parecchi contrasti sul set. L’esperienza sarà negativa, Kubrick soffre il fatto
   di non avere il controllo totale sul film e delle continue intromissioni sulle scelte registiche da
   parte di Douglas. Il film è, a detta dello stesso regista, il meno kubrickiano dei suoi film, anche
   se in molte soluzioni tecniche e in moltissime spettacolari riprese, si riconosce lo sguardo e lo
   stile del regista. Il film vincerà 4 Oscar (Miglior attore non protagonista Peter Ustinov, Miglior
   fotografia, Miglior scenografia e Migliori Costumi) e sarà un successo al botteghino, ma
   rappresenta anche il definitivo addio di Kubrick ad Hollywood ed alle politiche delle major,
   l’anno dopo si trasferirà in Inghilterra, dove realizzerà tutti gli altri suoi film e che non lascerà
   più fino alla morte;
6. 2001: A Space Odyssey (2001: Odissea nello spazio) l’ottavo lungometraggio di Kubrick è forse
   il film della storia del cinema con la più ampia letteratura critica, psicologica, filosofica dedicata.
   Sul film, sul suo significato, sulle sue implicazioni filosofiche, sulla sua influenza nella cultura
   popolare, sul suo aver ridato dignità al genere fantascientifico, fino allora di serie B, sulle sue
   innovazioni tecniche e stilistiche, è stato detto e scritto di tutto e risulta davvero arduo trovare
   un aneddoto per questa lista. Forse i più significativi, fra i tanti, sono due: il primo, legato alla
   lavorazione durata 4 anni ed ai costi di produzione di quasi 12 milioni di dollari di cui 6 milioni e
   mezzo solo per gli effetti speciali; il secondo, legato al fatto che questo film fa vincere a Kubrick
   l’unico Oscar della sua carriera, quello per gli effetti speciali ai quali aveva lavorato
   personalmente;
7. A proposito di Oscar, Stanley Kubrick ricevette nel corso della sua carriera 13 Nomination (tra
   cui 3 per il “Miglior Film” e 4 per la “Miglior Regia”), ma non ne vinse nemmeno uno. Come
   abbiamo detto, l’unico Oscar che vinse fu quello per i Migliori Effetti Speciali nel 1969 per 2001:
   Odissea nello spazio.
8. 2001 Odissea nello spazio sarebbe dovuto cominciare con una serie di interviste a scienziati,
   filosofi, ingegneri ed astronomi, che avrebbero dovuto parlare di evoluzione, intelligenza
   artificiale, viaggi spaziali e vita extraterrestre; il progetto fu poi abbandonato dal regista e le
   interviste già fatte a personalità del calibro di Isaac Asimov, Aleksandr Oparin, Margaret Mead,
   finirono poi nel libro “Stanley Kubrick. Interviste extraterrestri”;
9. Arancia meccanica del 1971 è il nono film realizzato dal regista, il primo degli anni ’70. Fu un
   successo planetario sia di critica che di pubblico, la censura fu molto severa in tutta Europa,
   soprattutto in Inghilterra, Germania ed Italia; addirittura in Inghilterra e Germania il regista fu
   costretto a ritirare la pellicola dalle sale per un certo periodo, poiché molti giovani affascinati
   dall’ultraviolenza cominciarono ad imitare i comportamenti dei protagonisti del film. In Italia
   ebbe prima il divieto a 18 anni fino al 1998 poi abbassato a 14 anni ed ebbe il suo primo
   passaggio televisivo nel 2007 sul canale La7, ben 35 anni dopo la sua uscita cinematografica;
10. Il film Shining rappresenta il primo film a fare un largo uso della steadycam, lo stabilizzatore
    per le riprese in movimento inventato dall’operatore video Garrett Brown, che lavorava nel film
    di Kubrick. Secondo lo stesso Brown, Shining, resta tuttora insuperato, per eleganza e capacità
    espressiva delle riprese, proprio grazie alle idee del regista che seppe esaltare le possibilità
    tecniche;
11. È leggendaria e famigerata la cura maniacale che Kubrick dedicava a tutti gli aspetti del film
    anche per ricreare quanto più fedelmente gli ambienti dei suoi film. Il set di Shining è
    emblematico a riguardo: all’epoca delle riprese era il set cinematografico più grande del mondo,
    tanto da contenere la facciata e l’interno dell’Overlook Hotel e lo smisurato giardino labirinto.
    Per ricreare la neve del labirinto di “Shining”, vennero impiegate 900 tonnellate di sale da
    cucina mischiato a palline di polistirolo;

12. Il regista detiene diversi record, fra i quali: quello per il maggior numero di riprese per
una singola scena, ben 127, quelle che fece a Shelley Duvall nel film Shining del 1980 e
    quello per i tempi di lavorazione più lunghi per un film, ben 400 giorni per Eyes Wide
    Shut.
13. Infine Stanley Kubrick avrebbe potuto girare il Signore degli Anelli con i Beatles! Nel
    1967 fu contattato da Denis O’Dell (collaboratore della band) che gli propose la regia
    dell’adattamento del libro con Paul McCartney come Frodo, Ringo Starr come Sam, George
    Harrison nei panni di Gandalf e John Lennon nella parte di Gollum. Kubrick che era già
    impegnato con le riprese di 2001Odissea nello spazio rifiutò l’offerta.

La situazione lavorativa italiana,
raccontata in 5 film
La complessa tematica della disoccupazione, la difficoltà di arrangiarsi con lavori sottopagati, il
problema dei neolaureati costretti a fuggire all’estero, sono argomenti che spesso sono stati
affrontati sul grande schermo. Tra i tanti film che parlando della situazione lavorativa attuale in
Italia, cinque opere trovo particolarmente interessanti:

Santa Maradona (2001, regia Marco Ponti): film che rappresenta una generazione, uno dei primi
film italiani ad affrontare la difficile tematica del lavoro precario. “Santa Maradona” è un mix di
citazioni letterarie, sportive e cinematografiche, che racconta la routine di due giovani squattrinati, i
grandiosi Stefano Accorsi e Libero De Rienzo, attraverso dialoghi esilaranti e una movimentata regia
stile fine anni ’90.

  Leggi anche:

  ■   Cercare il lavoro nell’era di LinkedIn, di Google e del digitale: guida e consigli pratici.
  ■   L’evoluzione del mercato del lavoro nel marketing e nella comunicazione (digitale).
      Intervista a Cristiano Carriero.

Il regista, circa quindici anni prima di dedicarsi ai fortunati “Io che amo solo te” e “La cena di
Natale”, distanti anche per stile e tematica da “Santa Maradona”, regala uno spaccato dei
neolaureati di inizio duemila, preda delle incertezze e dell’amore (anch’esso incerto) nello sfondo di
una Torino dinamica e talvolta cupa. Fugace apparizione dei Subsonica, che interpretano loro stessi,
dopo soli cinque anni dalla loro nascita.

Tutta la vita davanti (2008, regia Paolo Virzì): Il regista livornese ci ha sempre abituati ad un riso
amaro, invitandoci a guardare e a riflettere su situazioni goffe e realistiche ed anche in questa
pellicola non è da meno. E’ la storia di Marta, interpretata da una emergente e già brava Isabella
Ragonese, che dopo una laurea in filosofia e tante porte in faccia, finisce per accrescere la sua
carriera professionale in un call center, con a capo una brillante Sabrina Ferilli, in una delle sue
migliori interpretazioni.

  SCOPRI IL NUOVO NUMERO DEDICATO AL MONDO DEL LAVORO:

  ■   Work in progress

Come sempre nei film di Virzì, anche in questo film i protagonisti sono personaggi umani, con
numerosi limiti e difetti, che vivono una vita mediamente soddisfacente e fanno di tutto per non
restare indietro e anche Marta, alla fine, troverà il modo di affrontare la sua banale, ma
estremamente vera, esistenza.

Workers – Pronti a tutto (2012, regia Lorenzo Vignolo): commedia divisa in tre episodi, tutti
incentrati sul tema del precariato. Le tre storie (“Badante”, “Cuore di toro” e “Il Trucco”) partono da
un elemento comune, una coppia di colleghi, proprietari dell’agenzia interinale “Workers”, che
propina a tre giovani in cerca di futuro, dei lavori improponibili. Film piacevole e poco conosciuto
che, con ironia, affronta il tema, purtroppo ancora attuale, del doversi accontentare di lavori
mortificanti e sottopagati, ben lontani dal percorso di studi intrapreso. L’ultimo episodio, il più bello,
ha un tocco surreale, non usuale per il cinema italiano ed è reso ancor più strambo e tetramente
divertente, dal contributo attoriale di Paolo Briguglia, Nicole Grimaudo e Nino Frassica.

Smetto quando voglio (2014, regia Sydney Sibilia): Esordio del regista salernitano con un action
movie tutto italiano, una saga di tre episodi intelligente, spassosa e coinvolgente. E’ la rocambolesca
storia di Pietro Zinni, ricercatore a caccia di un posto fisso all’università, che quando le sue
aspettative vengono disattese, decide di provare a guadagnare con una folle intuizione.

  Per approfondire:

  ■   Scopri la nostra rubrica dedicata interamente al Cinema

Vuole creare una smart drug, una droga considerata legale perché non ancora inserita nella lista
delle sostanze stupefacenti; vuole riuscire in questa impresa radunando una banda di geniali
ricercatori squattrinati. Esilarante pellicola che affronta il triste tema dei ricercatori plurilaureati,
costretti a fare lavori sottopagati o addirittura ad emigrare all’estero, argomento trattato nel
secondo capitolo della saga “Smetto quando voglio – Masterclass”, del 2017. Uscito nel 2017
anche l’episodio finale “Smetto quando voglio – Ad Honorem”, dove Pietro e la sua banda
dovranno fare i conti con l’astuto Walter Mercurio.

Gli ultimi saranno ultimi (2015, regia Massimiliano Bruno): commedia amara con protagonisti
Paola Cortellesi, Alessandro Gassmann e Fabrizio Bentivoglio. Il film, ambientato in un piccolo
comune romano, racconta la storia di Luciana e Stefano, moglie e marito: lei lavora in una fabbrica
tessile e lui cerca di sbarcare il lunario, provando a fare il meccanico e facendo piccoli scambi
commerciali, non sempre fortunati. In contemporanea, è narrata anche la vicenda del poliziotto
Antonio (Fabrizio Bentivoglio), che da poco è stato trasferito in paese. La vita va avanti tra difficoltà
economiche e solita routine, finché la gravidanza di Luciana non cambierà le cose, causando il suo
licenziamento.

Oscar 2019: Edizione senza colpi di scena,
senza presentatore, ma con numerosi
momenti emozionanti e di spessore
politico e sociale.
Cerimonia senza presentatore, quella del 2019, che forse per questo motivo è stata un po’ meno
frizzante delle scorse edizioni. Le emozioni, però, non sono certamente mancate. Degno di nota il
coinvolgente discorso del regista afroamericano Spike Lee, che dopo aver vinto l’Oscar per la
Miglior sceneggiatura non originale per il suo “BlacKkKlansman”, ha smosso tutti affermando “Le
elezioni 2020 sono dietro l’angolo, ricordiamocelo, possiamo fare una scelta di amore e non di odio”.

Momento di emozione anche quello del regista di “Roma”, vincitore del premio come Miglior film
straniero: Alfonso Cuarón ha dichiarato “Sono cresciuto vedendo film stranieri, siamo tutti parte
della stessa emozione, tutti parte dello stesso oceano”.

Tanti i vincitori afroamericani, chiaro e forte messaggio di integrazione in una edizione non priva di
riferimenti politici e gesti plateali di solidarietà, verso la situazione sociale dell’America di questi
anni di presidenza Trump.

“A star is born” con tante nomination, porta a casa solo quella per la Miglior canzone “Shallow”
cantata da Lady Gaga e Bradley Cooper.

“Bohemian Rhapsody” massimo vincitore con 4 Oscar: Miglior attore protagonista, Miglior
Montaggio, Miglior sonoro e Miglior Montaggio sonoro.

  Per approfondire:

  ■   Bohemian Rhapsody – Il Film

Ecco i candidati e i vincitori:
MIGLIOR FILM
A star is born
BlacKkKlansman
Black Panther
Bohemian Rhapsody
La favorita
Green book
Roma
Vice

MIGLIOR REGIA

Adam McKay, Vice
Alfonso Cuarón, Roma
Pawel Pawlikowski, Cold war
Spike Lee, BlacKkKlansman
Yorgos Lanthimos, La favorita

MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA

Bradley Cooper, A star is born
Christian Bale, Vice
Rami Malek, Bohemian Rhapsody
Viggo Mortensen, Green book
Willem Dafoe, Van Gogh - Sulla soglia dell’eternità

MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA

Glenn Close, The wife
Lady Gaga, A star is born
Melissa McCarthy, Copia originale
Olivia Colman, La favorita
Yalitza Aparicio, Roma

MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA

Adam Driver, BlacKkKlansman
Mahershala Ali, Green book
Richard E. Grant, Copia originale
Sam Elliott, A star is born
Sam Rockwell, Vice

MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA

Amy Adams, Vice
Emma Stone, La favorita
Regina King, Se la strada potesse parlare
Rachel Weisz, La favorita
Marina de Tavira, Roma
MIGLIOR FILM D’ANIMAZIONE

Gli Incredibili 2
Isola dei cani
Mirai
Ralph spacca internet
Spider-Man: Into the Spider-Verse

  PER APPROFONDIRE:

  ■   Scopri la nostra rubrica dedicata al Cinema

MIGLIOR DOCUMENTARIO

Free solo
Hale county this morning, this evening
Minding the gap
Of fathers and sons
RBG

MIGLIOR FILM STRANIERO

Opera senza autore (Germania)
Un affare di famiglia (Giappone)
Cafarnao (Libano)
Roma (Messico)
Cold war (Polonia)

MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE

First reformed
Green book
La favorita
Roma
Vice

MIGLIOR SCENEGGIATURA NON ORIGINALE

Spike Lee, BlacKkKlansman
Joel e Ethan Coen, La ballata di Buster Scruggs
Nicole Holofcener e Jeff Witty, Copia originale
Barry Jenkins, Se la strada potesse parlare
Eric Roth, Bradley Cooper, Will Fetters, A star is born

MIGLIOR CANZONE

“All The Stars”, Black Panther
“I’ll Fight”, RBG
“Shallow”, A star is born
“The Place Where Lost Things Go”, Il ritorno di Mary Poppins
“When A Cowboy Trades His Spurs For Wings”, La ballata di Buster Scruggs

MIGLIOR TRUCCO E ACCONCIATURE

Border
Maria Regina di Scozia
Vice

MIGLIORI COSTUMI

La ballata di Buster Scruggs
Black Panther
La Favorita
Il ritorno di Mary Poppins
Maria Regina di Scozia

MIGLIORE SCENOGRAFIA

Black Panther
La favorita
First Man
Il ritorno di Mary Poppins
Roma

MIGLIOR EFFETTI SPECIALI

Avengers: Infinity War
Ritorno al bosco dei 100 acri
First man
Ready player one
Solo: A Star Wars story

MIGLIOR FOTOGRAFIA

Cold war
La favorita
Opera senza autore
Roma
A star is born

MIGLIOR MONTAGGIO

BlacKkKlansman
Bohemian Rhapsody
Green Book
La favorita
Vice

MIGLIOR COLONNA SONORA ORIGINALE

Black Panther
BlacKkKlansman
Se la strada potesse parlare
L’isola dei cani
Il ritorno di Mary Poppins

MIGLIOR CORTOMETRAGGIO

Detainment
Fauve
Mother
Marguerite
Skin

MIGLIOR CORTOMETRAGGIO DI ANIMAZIONE

Animal behaviour
Bao
Late afternoon
One small step
Weekends

MIGLIOR CORTOMETRAGGIO DOCUMENTARIO

BlacksSheep
End game
Lifeboat
A night at the garden
Period. End of sentence

MIGLIOR SONORO

Black Panther
Bohemian Rhapsody
First man
A quiet place
Roma

MIGLIOR MONTAGGIO SONORO

Black Panther
A star is born
Bohemian Rhapsody
First man
Roma

Ora aspettiamo con ansia gli Oscar italiani, i David di Donatello 2019, che si svolgeranno nel
prossimo marzo.

I film italiani in sala a febbraio 2019
Nel mese di febbraio le uscite italiane nelle sale cinematografiche nazionali supereranno quelle
americane, e questa è la novità più rilevante degli ultimi anni, sintomo di una rinnovata freschezza e
di una rinnovata fiducia nei nostri prodotti. Quota 18 a fronte di 10 prodotti hollywoodiani, un
incremento rispetto al gennaio scorso di ben 8 film, il che vuol dire anche che le case di
distribuzione hanno deciso di puntare maggiormente sull’ultimo dei mesi invernali, quello che si
affaccia alla primavera senza però esserlo. Ovviamente i film di maggiore visibilità sono quelli legati
a case di distribuzioni importanti e con registi e attori popolari, brillanti e di grande verve.

Nominiamo per primo allora 10 giorni senza mamma, distribuito dalla Medusa in ben 410 cinema,
commedia brillante, sostenuta dal talento comico di Fabio De Luigi, in questo determinato
momento storico, uno degli attori più presenti al cinema: è stato già pochi mesi fa, a novembre, in
sala con Ti presento Sofia, al fianco di Micaela Ramazzotti, sui problemi familiari di un papà
divorziato con figlia in fase pre-adolescenziale alle costole ed una nuova fidanzata.

Questo nuovo film, procede sulla falsariga del primo, rimangono i problemi familiari, affrontati con il
sorriso sulle labbra. Stavolta Fabio De Luigi è un padre di famiglia, con una moglie e tre figli,
anch’essi dai dieci anni in giù. Ad un certo punto “mamma”(Valentina Lodovini, bellissima) decide
di partire per 10 giorni con la propria sorella, lasciando i tre figli con un papà praticamente assente,
per lavoro e per pigrizia: guai a catena. E ancora una volta il volto di “gomma” di Fabio De Luigi si
presta a meraviglia ad una tragicommedia familiare. Sebbene sia innegabile infatti che alcune delle
vicende in cui si ritrova invischiato il suo personaggio siano esilaranti, dietro nascondono la forte
malinconia di un padre che ha trascurato i propri figli. Ed ancora più importante, di un padre che
non comprende a pieno il ruolo di una madre full time. Si nota la forte volontà di portare sul grande
schermo tematiche attuali quali la frustrazione di una donna nell’essere “solo” una madre o il
difficile connubio famiglia/lavoro. E specialmente nell’affrontare la prima, è lodevole il modo con cui
è stato scritto il personaggio interpretato da Valentina Lodovini, un ruolo femminile dal sapore
(finalmente) contemporaneo.

Sullo stile fantasy-eroico, altro film destinato al successo è Copperman, ancora una volta distribuito
massicciamente in giro per lo stivale (quasi 200 sale) e ancora una volta dipendente, quasi in
maniera integrale, dal suo popolare protagonista, ovvero Luca Argentero. Copperman ovvero
Anselmo è un uomo che viaggia nel mondo con l’innocenza di un            bambino e il cuore di
un leone. Anselmo è un bambino molto particolare. Dotato di grandissima fantasia e sensibilità,
affronta la quotidianità da solo con la madre in maniera tutta sua: ha sviluppato un’ossessione per i
colori, per le forme circolari e soprattutto per i supereroi. Desidera tanto possedere anche lui dei
superpoteri per poter salvare il mondo come il padre, che in realtà lo ha abbandonato subito dopo la
sua nascita. Questo desiderio cresce dopo aver conosciuto Titti, una bambina molto stravagante, che
però viene costretta ad allontanarsi presto da lui.

  PER APPROFONDIRE:

  ■   Scopri la nostra rubrica dedicata al Cinema

Anselmo cresce ma non smette di guardare il mondo in maniera infantile tanto che, grazie all’aiuto
di un caro amico di famiglia, si trasforma in Copperman, l’uomo di rame, che di notte aiuta a ripulire
il proprio paese dalle ingiustizie. Le responsabilità di Copperman diventeranno più grandi quando
finalmente Titti tornerà a casa. Un cinema d’altri tempi, non solo per le atmosfere vintage date da
una (curatissima) scenografia che riporta direttamente indietro ad altri anni, ma soprattutto per
l’approccio genuino e fresco con cui si avvicina a certe tematiche. L’espediente supereroistico qui
non ha infatti nulla di ultraterreno, ma diventa una semplice fantasia infantile per affrontare dei
traumi, delle problematiche intrinseche nei personaggi. Senza pietismo ed al tempo stesso senza
superficialità, si mettono in campo le classiche dicotomie tra buoni e cattivi filtrate dagli occhi di un
bambino che non è mai cresciuto.

Vengono alla mente alcune opere di Jean-Pierre Jeunet in cui non ci si interfaccia solo con il racconto
di un personaggio, ma il suo mondo diventa visivamente anche quello dello spettatore. Ed è quello
che prova a fare Puglielli con il proprio film e quello che riescono a ricreare anche i bambini (non)
cresciuti interpretati perfettamente da Luca Argentero e Antonia Truppo.

E in questo mese ritorna in sala Fausto Brizzi, ormai riabilitato pienamente dalle accuse di
“molestie sessuali”, con una commedia comica delle sue, trascinante e dilagante, dal titolo Modalità
aereo, e lo fa servendosi di Paolo Ruffini, di Violante Placido, di Dino Abbrescia, ma soprattutto
di Pasquale Petrolo in arte Lillo, qui privo di Greg, ma che ha verve, simpatia e magnetismo
attrattivo, alla stregua dei più grandi comici del cinema italiano. Il classico cliché della commedia
degli equivoci è utilizzato sapientemente, da chi (Brizzi) sa come si creano commedie di successo.
Sociologicamente il film è una commedia all’italiana a tutti gli effetti, con spunti di situazioni che
rimandano ai nostri maestri più celebrati e si basa su una semplice domanda: cosa succederebbe se
un uomo importante (imprenditore, influencer, uomo d’affari) in viaggio di lavoro in Australia,
dimenticasse il proprio telefonino nei bagni dell’aeroporto e questo finisse in mano a due poveracci
desiderosi di godersi la vita? Pensateci: contocorrente, post-pay, social network…il punto della
questione del film è questo, tutta la nostra vita è nei nostri cellulari.

Se, anni fa Perfetti sconosciuti aveva sdoganato l’importanza dei nostri smartphone dal punto di
vista sentimentale, con annesse possibili relazioni extraconiugali, ora Brizzi lo fa guardando un
punto di vista meno intimista, più pubblico e più lavorativo, in ossequio all’apparenza che sembra,
ahimè, il vero motore per fare soldi nella società di oggi, dove la stessa apparenza vale più della
realtà: specchio di tutto watshapp, facebook, instagram e prodotti similari.

Tra gli altri film in sala a febbraio, posto d’onore merita senz’altro Domani è un altro giorno, con
la supercoppia d’autore composta da Marco Giallini e Valerio Mastandrea remake dell’argentino
Truman – Un vero amico è per sempre. La storia è quella di due grandi amici che si ritrovano per
quattro giorni: uno dei due è malato, l’altro lo raggiunge dal Canada, dove vive e lavora. Sono tante
le cose da dirsi e da sistemare, tra cui un cane, che nell’originale si chiamava appunto Truman, in
questo Pato, e avrà uno spazio importante all’interno della storia. Una bella storia di amicizia al
maschile in cui vengono fuori tante cose, tra cui il fatto che se si è amici nella vita lo si è per sempre
e ci si ama soprattutto perché si è diversi.

I personaggi sono volutamente agli antipodi: da una parte un carattere molto estroverso, dall’altro
uno più chiuso e riflessivo. Se uno vive in Canada, al freddo, l’altro ha una sua vita a Roma. La
conoscenza tra i due diventa una sorta di partita a tennis, in quello che si configura come un
dramma privato: “Continuiamo ad evitare di pensare alla morte ma è bello che il cinema lo racconti:
dopo l’ondata delle commedie, anche un po’ scadute, degli ultimi tempi sentivo il bisogno di far
realizzare un film drammatico. Sarà una riflessione sui rapporti e sull’esistenza, che farà anche
sorridere lo spettatore”. Non a caso il titolo è diverso dall’originale: “Rinvia all’idea dell’accettazione
della morte, per cui poi le cose vanno avanti: chi fa cinema deve sempre pensare che domani è un
altro giorno, lo dico anche in riferimento alla scomparsa del mio caro amico Carlo Vanzina”.
(Maurizio Tedesco, produttore del film in un’intervista rilasciata per l’Ortigia Film Festival).

Lo stesso giorno del precedente film, il 28 febbraio, esce nella sale anche Croce e delizia, una
commedia familiare di stampo romantico interpretata da Alessandro Gassman e Jasmine Trinca;
mentre chicca del mese è la presenza in sala di Ladri di biciclette, il capolavoro neorealista del
maestro Vittorio De Sica, restaurato e riportato allo splendore delle origini.

Per il resto scarse distribuzioni, per scarsa visibilità: purtroppo i grandi nomi sono i veri trascinatori
di una pellicola, da sempre è così, ad Hollywood quanto a Cinecittà. Non c’è che da prenderne atto e
sperare che un giorno il cinema indipendente in Italia, possa avere un regolamentazione capace di
farlo emergere e dare piena dignità a tutto quel sottobosco cinematografico che lavora in silenzio e
spesso crea dal nulla, capolavori che poi rimangono nel cassetto.

L’Agenzia dei bugiardi – Il Film
Mattina presto: il telefono squilla, con la fastidiosa suoneria personalizzata di tua moglie, ti svegli di
soprassalto e ti riprendi a fatica, ma poi realizzi che sei in un letto non tuo, che la casa intorno a te,
benché famigliare, non ti appartiene e, cosa peggiore, che la donna nuda accanto a te non è tua
moglie.
Lo so, a qualcuno potrà sembrare l’incipit di un film alla “Una notte da leoni”, ma sarebbe
fuoristrada, il film è italiano, come gli attori e il regista Volfango De Biasi (Come tu mi vuoi, Iago,
Natale a Londra – Dio salvi la Regina). Ma il film è anche il remake del campione d’incassi francese
del 2017 Alibi.com di Philippe Lacheau.
Ma torniamo al nostro spaventato personaggio: cosa fare quando, dopo una notte di bagordi con la
tua amante, ti addormenti e non rientri a casa da tua moglie? E per di più hai il collo pieno di segni
(leggete succhiotti) della passione? Beh, le soluzioni sono 2: o scappi con l’amante o chiami i
professionisti dell’’Agenzia dei Bugiardi. Il nostro sprovveduto amico decide per la seconda
opzione.

Dall’altra parte del telefono ti risponde Fred, il sempre più bravo e maturo Gianpaolo Morelli, che
con fredda risolutezza ti dice subito cosa devi fare e, contemporaneamente, elabora e mette in moto
un piano per riscattare la tua colpevole scappatella agli occhi di tua moglie e dei tuoi suoceri,
intanto accorsi a casa tua.

Cambio scena: il campanello suona a casa tua, tua moglie inviperita viene ad aprire e ti trova
malconcio su di una sedia a rotella con un collare ortopedico, scortato da un infermiere del 118 ed
un poliziotto della stradale, i quali le spiegano che hai avuto un brutto incidente rientrando a casa
per non investire il cane di un cieco. Fantastico, sei passato in un attimo da marito fedifrago ad eroe,
salvando matrimonio ed amante e rimettendoci solo un telefonino e una macchina.

Tornati in agenzia, scopriamo che l’infermiere altri non è che Diego (lo stralunato ed esilarante
Luigi Luciano), l’esperto informatico dell’agenzia, e che il poliziotto era lo stesso Fred, titolare e
performer dell’Agenzia dei Bugiardi, specializzata a fornire alibi a mariti e mogli infedeli, ma anche
altri servizi a tutta una serie di personaggi insospettabili. Cambio scena: Fred sta cercando
personale, e lo vediamo intento a fare un colloquio ad un candidato, Paolo (l’attore e conduttore
televisivo Paolo Ruffini), al quale spiega le motivazioni, il funzionamento e i servizi dell’agenzia.

  PER APPROFONDIRE:

  ■   Scopri la nostra rubrica dedicata al Cinema

Insomma, un’attività di successo, remunerativa e con un bacino di clienti pressoché illimitato. Tutto
bene, tutto bello, addirittura con un certo risvolto sociale giacché, come spiega Fred al candidato
Paolo, l’idea dell’Agenzia nasce da un suo personale dramma familiare che gli ha fatto maturare
l’opinione che è “meglio una bella bugia che una brutta verità!”, frase usata pure come slogan
Puoi anche leggere