S.I.M.A. CORSO DI FORMAZIONE IN MECIDINA ANTROPOSOFICA LA PERDITA DELLA FORMA E DELL'ARMONIA NELL'OBESITA' ALLA LUCE DELLA SCIENZA DELLO SPIRITO

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S.I.M.A.

     CORSO DI FORMAZIONE IN MECIDINA ANTROPOSOFICA

LA PERDITA DELLA FORMA E DELL’ARMONIA NELL’OBESITA’ ALLA
             LUCE DELLA SCIENZA DELLO SPIRITO

Tesi di: Donatella Pitasi       Relatore: Angelo Antonio Fierro

                   Percorso Accademico 2011-2014

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Zaratustra insegna ai suoi discepoli in questo modo: voi mangiate i
frutti della terra. Essi sono illuminati dal sole, ma nel sole vive l'alto Es-
sere Spirituale. Dal cosmo, dall'esterno, la forza dell'alto Essere Spiritua-
le penetra col raggiare nei frutti della terra. Voi mangiate i frutti della
terra, ciò che in voi produce la sostanza. Lasciatevi colmare dalle forze
spirituali del sole; il sole sorge in voi quando prendete in cibo i frutti
della terra. Fate questo in momenti particolarmente solenni, mangiate
nei momenti particolarmente solenni qualcosa che sia stato preparato
con i frutti della terra. Meditate su come il sole sia dentro di essi, sul
pezzetto di pane finché divenga raggiante, e mangiatelo, allora sarete
consapevoli di ciò: dalle ampiezze dell'universo lo spirito del sole è pe-
netrato in voi e in voi ha preso vita.

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INTRODUZIONE                                                      6

PRIMA PARTE

        -   Epidemiologia                                         7
        -   Eziopatogenesi                                       10
        -   Anatomo-fisiologia del tessuto adiposo               14
        -   Sviluppo embriologico del tessuto adiposo            21
        -   Il tessuto adiposo come organo multifattoriale       23
        -   Caratteristiche cellulari del tessuto adiposo        24
        -   La cellula muscolare                                 28
        -   Il pianeta obesità                                   31
        -   Forme dell’obeso                                     36

SECONDA PARTE

        - La spiritualizzazione degli alimenti                   40
        - L’azione del corpo eterico e dell’astrale sul corpo    42
          fisico
        - La forma come espressione dell’azione della            43
          corrente individuale nel fisico
        - Forma fisica e forma soprasensibile: il fantòma e     46
          l’importanza dell’influsso Luciferico
        - Gli zuccheri e l’organizzazione dell’Io               50
        - Le forze formatrici degli alimenti                    53
        - Le proteine ed il fenomeno primordiale                55
        - I grassi ed i focolai di calore parassitari           57
        - Il metabolismo dei grassi ed il corpo astrale         59
        - La milza come organo regolatore del ritmo             62
          alimentare
        - Fegato: organo della sete, Polmone : organo della
          fame                                                  64
        - Cellula adiposa e cellula muscolare a confronto: la
          forma della cellula come rispecchiamento del

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cosmo                                                   66
        - Sul piacere ed il sentimento di sé                      68
        - L’aspetto ormonale come espressione
          dell’interazione tra l’eterico,l’astrale ed il fisico   71
        - Inquadramento dell’obeso alla luce della
          costituzione isterica e nevrastenica                    75
        - La forma dell’obeso e la perdita dei limiti e
          dell’armonia                                            77
        - Terapia dell’obesità secondo la scienza dello spirito   78
        - Terapia nutrizionale                                    84

CONCLUSIONI                                                       85

BIBLIOGRAFIA                                                      87

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INTRODUZIONE

L'intenzione di questo studio é nata dalla necessità e volontà di coniu-
gare gli studi di terapia nutrizionale dell'obesità e del sovrappeso con la
visione della Scienza dello Spirito, il cui approccio permette di andare ol-
tre l'aspetto biochimico, patogenetico e di scoprire quegli aspetti nasco-
sti, difficilmente indagabili ma estremamente logici, che possono offrire
una visione più ampia ed una possibilità di intervento terapeutico più
profondo e duraturo ad un problema che attualmente non si é in grado
di affrontare in maniera soddisfacente. La scienza dello spirito ci mostra
come ogni processo materiale , ossia tutto quanto avviene nel mondo
fisico-sensibile, sia solo un processo esteriore e come in realtà anche i
processi ed i disturbi legati all’alimentazione non possono essere solo
fisici ma, al contrario, in quanto fisici, possono essere solo la manife-
stazione di quelli spirituali. In tal modo indagheremo partendo da un
aspetto più organicistico per poi estrapolare, attraverso la visione di Ru-
dolf Steiner, l’essenza della patologia vera e propria. Nell’elaborato sono
stati parafrasati , con lo scopo di sintetizzarli, la maggior parte degli
scritti sull’argomento e sono state aggiunte delle deduzioni e considera-
zioni personali che aspettano di essere confermate.

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EPIDEMIOLOGIA

Il termine obesità deriva da ob (per, a causa di) ed esum, participio pas-
sato di edere (mangiare), in latino OBESITAS che significa “grasso, gros-
so o paffuto”.
L'obesità è una malattia della composizione del corpo umano causata
da un eccesso relativo o assoluto di grasso corporeo. La sua incidenza è
aumentata vertiginosamente negli ultimi decenni sia nei paesi indu-
strializzati che nei paesi in via di sviluppo. Si può sicuramente affermare
che l'obesità è un'epidemia internazionale. Il fenomeno a cui stiamo as-
sistendo, si sta diffondendo anche ai bambini in maniera molto rapida
cosicché, negli Stati Uniti, il 25% dei bambini sono sovrappeso oppure
obesi. Elemento paradosso è che c'è una grande incertezza circa l’ezi-
ologia nella patogenesi e nella cura dell’obesità, nonostante i rischi del-
la salute associati all'eccesso di grasso corporeo siano documentati
sempre meglio. La discordanza tra lo sforzo terapeutico e la sua effica-
cia rappresenta un secondo paradosso in questo campo. L'eccesso di
grasso corporeo in genere, ma non sempre, causa un aumento del peso
corporeo. Di conseguenza, l'obesità viene valutata, in genere nella prati-
ca clinica, con la misurazione dell'indice di massa corporea o BMI, che
si ottiene dividendo il peso corporeo in kg per l’altezza in metri al qua-
drato.

Anche se può essere più conveniente il peso corporeo per identificare
pazienti obesi, è importante mantenere distinta la definizione vera:
l'obesità è una malattia dei depositi di grasso, adiposità. Questo ci aiuta
quando si riflette sulla patogenesi e sulla terapia, dove il peso corporeo
e la composizione del corpo devono essere nettamente separati. Negli

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ultimi anni del XX secolo c'è stato un cambiamento straordinario nell'e-
pidemiologia della composizione del corpo umano. La condizione preva-
lente nel 1950 e nel 1960 in Occidente soprattutto negli Stati Uniti, in
certi paesi dell'America del Nord, che in un primo tempo si osservava
principalmente negli uomini adulti anziani, ha avuto un'espansione sot-
to tutti gli aspetti. La prevalenza ha raggiunto proporzioni epidemiche in
Occidente aumentando negli ultimi 10 anni, negli Stati Uniti, dal 12% al
31% di obesi, mentre il sovrappeso riguarda recentemente più del 60%
degli uomini e più del 55% delle donne. La scienza medica conclude che
questo cambiamento internazionale è legato all'urbanizzazione, ai cam-
biamenti dell'attività fisica e all'allontanamento dalle diete tradizionali.

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EZIOPATOGENESI

La causa dell'obesità è multifattoriale, infatti è generalmente ricono-
sciuto che l'obesità è legata all'interazione tra ambiente e genetica.
Comunque la patogenesi dell'obesità sembrerebbe chiara e semplice: in
qualche momento della vita ci deve essere stato uno sbilanciamento tra
l'energia introdotta e quella necessaria ai tessuti. Inoltre il deposito che
ne è derivato, di eccesso di energia e di grasso nell'unica grande sede di
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immagazzinamento dell'energia disponibile nell'uomo, non ha creato un
adattamento sufficientemente efficace di feedback per disperdere i de-
positi che sono aumentati. In sostanza quindi l'obesità è una malattia
del funzionamento di un sistema che mantiene l’equilibrio - cioè una
malattia interattiva - nella quale si è rotto il sistema per pareggiare
l'introduzione di energia con il suo consumo.

Le stime dell’ereditarietà genetica oscillano dal 20% fino all’80%, ma
questo concetto può essere ingannevole; infatti la prevalenza dell'obesi-
tà è aumentata molto negli anni recenti in tutto il mondo mentre i geni
non sono cambiati. E’ quindi ovvio che sono i fattori ambientali a spie-
gare i cambiamenti della popolazione che sono avvenuti. In secondo
luogo gli indiani Pima che vivono nelle riserve di Arizona, hanno una tra
le più alte prevalenze conosciute di obesità nel mondo, ma i loro cugini
genetici che vivono nelle montagne del Messico quasi non hanno obesi-
tà. Esiste infine una variabilità all’interno delle popolazioni e tra gli indi-
vidui stessi ed alcuni cambiamenti si verificano all'interno delle popola-
zioni quando ci sono delle migrazioni. Una soluzione di queste osserva-
zioni è che l'espressione fenotipica dei geni per l'obesità è ambientale
ossia che l'obesità è una malattia dell'interazione tra geni e ambiente.

Sistemi di bilanciamento dell’energia nell’uomo

L’equazione del bilancio di energia è dinamica, in quanto c’è una stabili-
tà relativa a lungo termine del peso corporeo e dei depositi di grasso.
Uno dei punti fondamentali circa il bilancio di energia e peso corporeo è
che la maggior parte delle persone non aumenta o diminuisce di peso
continuamente e inesorabilmente. A lungo termine tende ad esserci una
stabilità relativa del peso corporeo e dei depositi di grasso nella mag-
gior parte degli individui. Il motivo fisiologico è che l’aumento o la di-
minuzione del peso causa un aumento o una diminuzione, rispettiva-
mente, del consumo totale di energia; quindi il sistema di bilancio del-
l’energia è adattativo e non fisso. Infatti, un aumento dell’introduzione

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di cibo causa un aumento del peso corporeo di cui 2/3 di massa grassa
e 1/3 di massa magra. Poiché la massa magra totale è la determinante
più importante del consumo di energia a riposo, con il suo aumento
cresce anche il dispendio energetico. In parole povere, trasportare il
peso extra cambia i costi di energia di tutti i tessuti. Lo stesso vale nel-
l’altra direzione, ossia se si diminuiscono gli introiti calorici, dopo una
iniziale perdita di peso , questo si stabilizza, vista una diminuzione del
tessuto magro metabolicamente attivo.

Spartizione dei nutrienti

I rapporti tra le entrate giornaliere ed i depositi dell'organismo per i vari
macronutrienti, sono tra loro molto diversi e quindi saranno determi-
nanti per la scelta del combustibile del tessuto; le evidenze mostrano lo
stato unico dei depositi di carboidrati del corpo. Oltre alla scarsa riserva
dei carboidrati nel corpo umano, molti fatti biochimici fanno prevedere

che deve esistere un sistema per rilevare e conservare i depositi dei car-
boidrati dell'organismo nel breve termine, infatti:
- I grassi non possono essere trasformati in carboidrati dagli animali;
- La conversione degli amminoacidi in carboidrati attinge dai depositi di
proteine essenziali e quindi è indesiderabile;
- Il cervello dipende quasi esclusivamente dal glucosio come carburante
nella maggior parte delle condizioni.
Riguardo i procedimenti di controllo dell’appetito, sono coinvolte alcune
aree ipotalamiche. I cambiamenti di concentrazione dei metaboliti e di

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ormoni come la leptina e l’insulina, possono causare segnali che inte-
ressano molti organi per aumentare l’effetto sul peso corporeo, ma an-
cora la scienza è lontana dal spiegarne i meccanismi e quindi non ha
trovato una soluzione farmacologica a questo problema.
Di solito, inoltre, non sono presi in considerazione due punti importanti
sul ruolo della spartizione dei nutrienti che invece devono essere messi
in evidenza:
- il ruolo che può giocare la capacità anabolica della proteina muscolare
nel determinare la grassezza del corpo. Infatti può avvenire un passag-
gio eccessivo nei depositi di grasso quando si è bloccato l'anabolismo
del tessuto magro. Inoltre il tessuto muscolare, uno dei componenti
maggiori della massa corporea magra, per se stesso rappresenta un fat-
tore che sviluppa calore. Quindi genetica, ormoni, esercizio fisico ed altri
regolatori del metabolismo muscolare possono quindi giocare un ruolo
importante nella patogenesi dell’obesità.
- il rapporto interessante osservato tra resistenza all'insulina e composi-
zione corporea. Una spiegazione fisiologica è che la resistenza periferica
all'insulina aumenterebbe la lipolisi mentre riduce l'ossidazione del glu-
cosio; i risultati quindi favoriscono l'ossidazione del grasso. L’implica-
zione interessante, per ciò, è che la resistenza periferica all’insulina, as-
sociata all’obesità, potrebbe rappresentare la migliore soluzione fisiolo-
gica a lungo termine per consentire l’ossidazione dell’eccesso di grasso.
Quindi la scienza ufficiale conclude che entrambi questi adattamenti
sono necessari per ottenere un equilibrio a lungo termine del grasso di
tutto il corpo, perché non esiste alcun sistema di controllo, entro poco
tempo, per mantenere il bilancio del grasso corporeo. Le conseguenze
della resistenza epatica all’insulina sul peso corporeo sono molto diver-
se da quelle delle resistenza all’insulina dei tessuti periferici (muscolo e
grasso). L’aumento della produzione epatica di glucosio e la conseguen-
te iperinsulinemia, sopprimono l’ossidazione del grasso di tutto il corpo
e fanno prevedere un aumento di peso, mentre la resistenza periferica
all’insulina aumenta l’ossidazione del grasso di tutto il corpo e predice
un aumento inferiore di peso.
Ritornando al dispendio di energia, la causa determinante più importan-
te di quello a riposo è il dispendio totale di energia. Così, da un lato “il

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forte sta magro” perché qualsiasi cosa porti ad un aumento di tessuto
metabolicamente attivo ossia magro, consente che sia raggiunto un
equilibrio del peso corporeo a livelli più alti d’immissione di energia. In-
fatti il dispendio totale di energia aumenta proporzionatamente ai cam-
biamenti della massa magra quando è stato raggiunto il peso corporeo.
I sistemi neuroendocrini sono stati sempre più identificati come quelli
che hanno un impatto sul consumo di energia.

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ANATOMIA-FISIOLOGIA DEL TESSUTO ADIPOSO

Il tessuto adiposo è formato da cellule dette adipociti. L’adipocita o lipo-
cita o cellula adiposa è una cellula fissa del tessuto connettivo deputata
a sintetizzare, accumulare e cedere lipidi. E’ diviso in tessuto adiposo
bianco e tessuto adiposo bruno.

Tessuto adiposo bianco o giallo (WAT)

!

Questo sottotipo di tessuto è costituito da cellule adipose uniloculari ed
è il tessuto adiposo più diffuso nell'organismo umano. Si presenta gial-
lo-biancastro quando è osservato al microscopio ottico. Le cellule che lo
formano sono grandi (50-100 micron) e molto particolari: il nucleo e
tutti gli organelli sono pigiati in un angolino della cellula da una grossa
goccia di trigliceridi. La membrana plasmatica presenta estroflessioni e
invaginazioni il cui numero varia con l’attività funzionale dell'adipocita .
Il citoplasma contiene un discreto numero di mitocondri, ribosomi e un
apparato di Golgi, numerose le cisterne tubulari o vescicolose di reticolo
endoplasmatico liscio. Gli adipociti non possiedono capacità fagocitaria

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e la loro attività mitotica è estremamente ridotta. Queste cellule si riu-
niscono in gruppetti (lobuli di grasso) e sono separati da connettivo las-
so. La maggior parte del tessuto adiposo negli adulti è di tessuto adipo-
so bianco (WAT) , presente in larga quantità nell'ipoderma ed in misura
minore nel mesentere e nelle mediastino. Inoltre può essere trovato in
molti altri settori, tra cui lo spazio retro-orbitale, il volto, le estremità, e
il giallo del midollo osseo. La membrana citoplasmatica dell’adipocita
contiene un enzima particolare: la lipoproteinlipasi; mentre nel citopla-
sma ce n'è un altro il cui funzionamento è stimolato o inibito da ormo-
ni: si chiama lipasi ormone-dipendente. Le funzioni del tessuto adiposo
bianco o giallo sono:
-funzione meccanica: occupa interstizi, riveste i nervi, i vasi ed i musco-
li, foderandoli; riempie alcuni interstizi del midollo osseo, funge da cu-
scinetto protettivo in parti del corpo diverse in base all'età e al sesso.
-funzione termoisolante: il grasso non conduce il calore per cui non di-
sperde il calore generato dall'organismo.
-funzione di riserva: la lipoproteinlipasi della membrana citoplasmatica,
scalza i lipidi dalle loro proteine vettrici (lipoproteine epatiche o chilo-
microni enterici) e li scinde in glicerina ed acidi grassi; questi ultimi
passano la membrana ed entrano nel citoplasma, dove sono riconvertiti
in lipidi. La conversione in lipidi può essere anche fatta da glucosio.
Inoltre, gli adipociti possiedono anche la lipasi ormone-dipendente, che
agisce tagliando i trigliceridi in glicerina ed acidi grassi, su stimolo del-
l’ormone della crescita, del testosterone, del glucagone, dell’adrenalina,
della tiroxina, della triiodotironina e del neurotrasmettitore noradrenali-
na. Questo fa sì che i prodotti della lisi fuoriescano dalla cellula e s’atta-
cchino all’albumina ematica per essere portati dove ce n’è bisogno.
Oltre a queste tre, ci sono altre importanti funzioni del tessuto adiposo:
- è parte integrante della regolazione dell'appetito
- è parte integrante della regolazione del metabolismo
- è coinvolto nelle funzioni della fertilità umana
- regola in misura rilevante la formazione e la differenziazione di cellule
ematiche
- è coinvolto nei processi della coagulazione del sangue
- gioca un ruolo centrale in diversi meccanismi di difesa immunitaria

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- in stati estremi di sottopeso e sovrappeso induce stati infatti infiam-
matori cronici.
In base alla prevalenza o alla maggiore sensibilità agli ormoni, viene
depositato nei vari distretti corporei dando delle conformazioni biotipo-
logiche diverse.

Tessuto adiposo bruno (BAT)

!

Questo sottotipo di tessuto adiposo è costituito dalle cellule adipose
multiloculari (al contrario dei normali adipociti non hanno un'unica
goccia lipidica ma tante piccole gocce che aumentano la superficie di
combustibile esposta al citosol che lo rendono quindi più disponibile
per il metabolismo cellulare); è molto scarso nell'uomo adulto e appare
brunastro se osservato al microscopio ottico, sia per la presenza mas-
siccia di mitocondri che per l’elevata vascolarizzazione. Il tessuto adipo-
so bruno ha esclusivamente la funzione di produrre calore perché i mi-
tocondri delle cellule adipose multiloculari hanno meno ATP sintetasi,
l'enzima che catalizza la sintesi dell'ATP, a partire dall’ADP , da fosforo
inorganico e dall'energia derivante dalla respirazione cellulare. Posseg-
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gono invece una proteina canale (la termogenina) la quale dissipa il
gradiente elettrochimico degli ioni idrogeno che il ciclo di Krebs nor-
malmente produce a ridosso della membrana cellulare. Questa peculia-
rità fa sì che l'energia prodotta dalla scissione dei trigliceridi non venga
utilizzata per la produzione di ATP e venga trasformata in calore.
Il grasso bruno è ben rappresentato nei neonati soprattutto a livello del-
la nuca, del collo e delle scapole. Negli adulti esso è scarsamente pre-
sente. Alcuni depositi di grasso bruno, sono presenti nel collo dell'utero,
a livello sopraclavicolare e in posizioni anatomiche paravertebrali.

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Lipidi esogeni ed endogeni

L’adipocita, quindi, svolge una funzione lipogenetica ossia accumula li-
pidi da utilizzare come riserva energetica così come all'opposto può rila-
sciarli (lipolisi) in caso di bisogno energetico da parte dell'organismo in
situazione di equilibrio energetico; i trigliceridi sono comunque comple-
tamente rinnovati nell'arco di 15-20 giorni. I lipidi presenti nell’adipocita
possono essere di origine esogena ed, in questo caso, sono stati intro-
dotti attraverso la dieta, oppure di origine endogena ed in tal caso sono
associati a proteine che vengono chiamate VLDL (very low density lipo-
proteins). I lipidi esogeni, giunti nel duodeno, vengono scissi dalle lipasi
in glicerolo ed acidi grassi e assorbiti dall'epitelio della mucosa intesti-
nale. Nel reticolo endoplasmatico liscio delle cellule della mucosa ven-
gono risintetizzati in trigliceridi, cui vengono associati fosfolipidi e pro-
teine; il complesso risultante prende il nome di chilomicrone. I chilomi-
croni vengono rilasciati per transcitosi nei capillari sanguigni dove pos-
sono incontrare le VLDL. Gli adipociti, per assorbire i chilomicroni dai
capillari sanguigni loro contigui, rilasciano l'enzima lipoproteinlipasi,
che idrolizza i chilomicroni liberando gli acidi grassi.

Lipolisi e lipogenesi

Nella lipolisi, un ormone lipolitico si lega al suo specifico recettore sulla
membrana plasmatica dell'adipocita, il legame attiva l'adenilato-ciclasi
che sintetizza cAMP (adenosin-monofosfato ciclico), il quale attiva la
protein chinasi cAMP dipendente (PKA), che a sua volta fosforila l'enzi-
ma lipasi, attivandolo. La lipasi a sua volta scinde i trigliceridi in glicero-
lo e acidi grassi, questi passano nel circolo sanguigno dove si legano al-
l'albumina, la loro proteina trasportatrice. La lipolisi è controllata da
ormoni lipolitici quali adrenalina, noradrenalina, TSH, STH, ACTH, tirosi-
na e glucagone.
La lipogenesi, invece, avviene a partire dal rilascio di insulina da parte
del pancreas endocrino; l’insulina si lega al suo specifico recettore di
membrana avviando una cascata chinasica, favorisce il trasporto di glu-

                                                                 Pagina 18 di 88
cosio, stimola la sintesi e il posizionamento delle proteine transmem-
brana GLUT4, ( trasportatori di glucosio) ed infine, favorisce l'assunzione
di amminoacidi e acidi grassi. La sintesi vera e propria dei lipidi avviene
poi a livello delle cisterne del reticolo endoplasmatico liscio, che colla-
bora con i mitocondri. Gli adipociti sono anche importanti cellule endo-
crine, infatti secernono diversi ormoni steroidi, TGF-β (tissue growth
factor-β), TNF-α (tumour necrosis factor-α), adipsina e leptina. Que-
st'ultima svolge un ruolo fondamentale nella regolazione del peso cor-
poreo e nell'accumulo di tessuto adiposo nell’organismo.

                                                             Pagina 19 di 88
SVILUPPO EMBRIOLOGICO DEL TESSUTO ADIPOSO

L’adipogenesi si verifica durante l'intera durata della vita di un organi-
smo. La stirpe degli adipociti proviene da progenitori mesenchimali che,
attraverso meccanismi ancora sconosciuti, formano cellule precursori
                                                             Pagina 20 di 88
degli adipociti o preadipociti, che poi, a loro volta, si differenziano in
maturi, ossia in adipociti contenenti lipidi. Generalmente si pensa che il
tessuto degli                                                      a d i p o-
citi si svilup-                                                    pi dal
mesoderma                                                          con il
contributo                                                         della
piastra late-                                                      rale del
mesoderma                                                          e      dei
s o m i t i                                                        ( mas-
se metame-                                                         riche di
origine me-                                                        s o d e r-
mica distri-                                                       buite a
coppie lungo                                                       l’asse
anteroposte-                                                       riore ai
lati del tubo                                                      neurale
e della noto-                                                      corda
nell’embrio-                                                       ne dei
ver tebrati).                                                      S o n o
state propo-                                                       ste es-
sere una                                                           fonte
di tessuto                                                         a d i p o-
so sottocu-                                                        taneo
anche le cel-                                                      l u l e
staminali                                                          della
cresta neu-                                                        rale.
L'idea che i                                                      deposi-
ti di WAT                                                         (tessu-
to adiposo                                                        bianco)
possano es-                                                       s e r e
derivati da                                                       precur-
sori distinti è                                                   s u p-
por tato da                                                       una se-
rie di linee di evidenza. In primo luogo diversi depositi di WAT appaiono
in periodi cronologicamente distinti. Negli esseri umani, lo sviluppo del
WAT comincia all'inizio del secondo trimestre di gestazione e alla nasci-
                                                               Pagina 21 di 88
ta è ben sviluppato sia nei depositi viscerali che nei sottocutanei. Al con-
trario, il BAT (tessuto adiposo bruno) emerge prima del WAT durante lo
sviluppo fetale e raggiunge la dimensione massima rispetto al peso alla
nascita, quando è richiesta una maggiore quantità di calore per mante-
nere la corretta temperatura corporea. Più tardi, evolve con l’invecch-
iamento.

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IL TESSUTO ADIPOSO COME ORGANO MULTIFUNZIONALE

Come già segnalato, per molto tempo il tessuto adiposo è stato conside-
rato un organo con un ruolo scarsamente attivo nell’omeostasi energe-
tica globale. Si riteneva che la sua funzione, oltre a fornire un isolamen-
to termico e meccanico, fosse solo quella di immagazzinare l’eccesso di
energia sotto forma di trigliceridi ad alta densità calorica, per restituirla,
secondo i bisogni, come acidi grassi liberi. Da poco più di un decennio è
in corso una rivoluzione nel modo di intendere le funzioni biologiche del
tessuto adiposo. Oggi è visto come un organo dinamico, coinvolto in
un’ampia gamma di processi biologici e metabolici.
Questa diversa prospettiva è stata imposta dalla scoperta che il tessuto
adiposo è un organo endocrino. Gli adipociti secernono, quindi, una se-
rie di ormoni, fattori e segnali proteici, chiamati adipochine, che si as-
sociano al ruolo dell’adipocita nell’omeostasi energetica e contribuisco-
no al determinismo delle maggiori complicanze che accompagnano
l’obesità.

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CARATTERISTICHE CELLULARI DEL TESSUTO ADIPOSO

Il volume del tessuto adiposo è governato da molteplici processi che re-
golano le dimensioni ed il numero degli adipociti. Il tessuto adiposo
bianco contiene, oltre ad adipociti maturi pieni di acidi grassi, un ampio
pool di cellule mesenchimali multipotenti e di pre-adipociti, pronti a
maturare sotto stimolo appropriato. Il bilancio energetico positivo de-
termina un aumento del peso corporeo, inizialmente per iperplasia degli
adipociti maturi presenti nel tessuto adiposo; una volta che queste cel-
lule raggiungono un volume critico, con meccanismi ancora non noti,
viene stimolata la differenziazione dei precursori ad adipociti maturi. Il
volume sembra avere un ruolo chiave nella funzione cellulare; così gli
adipociti ipertrofici, che si rilevano più frequentemente nell’adipe visce-
rale, hanno una diversa espressione genica, sono meno sensibili agli ef-
fetti metabolici dell’insulina e hanno una maggiore attività lipolitica ri-
spetto alle cellule più piccole. Oltre agli adipociti maturi e ai loro precur-
sori, il tessuto adiposo contiene cellule endoteliali, cellule nervose e cel-
lule immunitarie; queste ultime stanno assumendo particolare interesse
da quando è stato attribuito all’attivazione flogistica un ruolo non se-
condario nello sviluppo dei disordini correlati all’obesità. Già nel 1993
era stata segnalata la produzione di fattore di necrosi tumorale (TNF) ad
opera del tessuto adiposo bianco. Più recentemente, si è dimostrato che
l’obesità si associa ad un accumulo di macrofagi nel tessuto adiposo e
che questi partecipano alla secrezione di citochine proinfiammatorie,
contribuendo allo stato di insulino-resistenza proprio dell’obesità. Il cor-
tisolo e gli androgeni lo fanno accumulare prevalentemente nell'addo-
me e in generale nella parte alta del corpo (biotipo androide), mentre
gli estrogeni tendono a distribuirlo soprattutto nella zona glutei, cosce,
arti inferiori (biotipo ginoide). Un adulto sano ne ha il 10-15% in peso,
altrimenti è sottopeso (se ne ha molto meno), sovrappeso (se ne ha
poco più) oppure è affetto da obesità (più o meno grave; secondo la
quantità di grasso). È impossibile che cellule di questo tipo muoiano
spontaneamente, mentre è possibile che si riduca di molto il loro volu-
me, soprattutto con l'esercizio fisico. D'altro canto recenti ricerche han-

                                                                Pagina 24 di 88
no dimostrato come una dieta ricca di grassi idrogenati possa favorire
la trasformazione degli adipociti in "adipoblasti" che, riproducendosi,
provocherebbero l'ispessimento dello strato adiposo.

Gli ormoni del tessuto adiposo: Le Adipochine

Le Adipochine sono sostanze prodotte dal tessuto adiposo (adipocita)
che, una volta secrete, passano nel torrente circolatorio e raggiungono
gli organi bersaglio. Ogni adipocita è connesso alla rete vascolare ed è
per questo che il loro prodotto, una volta liberato, passa rapidamente in
circolo, producendo i suoi effetti.
Il tessuto adiposo, quindi, si comporta come una ghiandola a secrezione
interna, avendo la caratteristica di liberare i propri “secreti” non solo in
rapporto a variazioni della massa adiposa ma anche in rapporto a sti-
moli che provengono dall’esterno, quali: gli ormoni ipofisari, gli ormoni
gastrointestinali, i neurotrasmettitori, ed i neurormoni.
Le adipochine, quando raggiungono, l’organo bersaglio, ossia il sistema
nervoso centrale , inducono questo a modificare il ricambio energetico,
e numerose funzioni, come quella riproduttiva.
Tra le adipochine più importanti ricordo:

Adiponectina - Leptina - Grelina

L’adinopectina è una proteina (formata da 247 amminoacidi) secreta in
maniera specifica dal tessuto adiposo. E’ stata isolata per la prima volta
nel 1995.
Con il progredire degli studi si è notato che l’adiponectina, aveva un
ruolo estremamente importante come fattore protettivo delle malattie
cardiovascolari e di malattie ad esse correlate.
Il valore medio dei livelli circolanti nel sangue è di 10 microgrammi/ml.
I livelli plasmatici nell’uomo sono 7.3 (+ - 3.1) mentre nella donna 10.6
(+ - 7.3). Questa differenza è dovuta probabilmente all’effetto degli an-
drogeni.
Tale valore diminuisce con il progredire del B.M.I. Nel soggetto obeso
diminuisce del 50%.

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Lo troviamo diminuito anche:
• negli ipertesi;
• nei diabetici (tipo 2);
• nei soggetti con ipetrigliceridemia, con iperinsulinemia, con insulino-
  resistenza;
• nei soggetti con aumentato rischio aterogenico (colesterolo totale/co-
  lesterolo HDL);
• nei soggetti che presentano un aumento delle apolipoproteine B;
• nei soggetti con esordio precoce di coronaropatia (angina ed infarto
  del miocardio) e con la presenza di lesioni aterosclerotiche multiple
  nelle arterie coronariche.

La leptina (dal greco LEPTOS = magro) è un ormone di natura proteica
scoperto nel 1994 da Jeffey Friedman (ricercatore della Rockfeller Uni-
versity di New York). Trattasi di una piccola proteina non glicosilata pro-
dotta dal tessuto adiposo bianco che, attraverso il torrente circolatorio,
raggiunge i suoi organi bersaglio: cervello, fegato, polmoni, muscolo e
rene. L’organo più ricco di recettori per la leptina è il cervello, ma la sua
espressione più abbondante si trova a livello del plesso coroideo e dell’i-
potalamo (centro della sazietà dell’ipotalamo ventro-mediale).
La quantità secreta di leptina dal tessuto adiposo bianco è direttamente
proporzionale alla quantità di massa grassa presente nell’organismo.
In sostanza, quando aumentano i depositi di tessuto adiposo, la leptina
va a segnalare all’ipotalamo che bisogna ridurre l’assunzione di cibo.
In altri termini, la leptina ha un effetto anoressizzante facendo diminui-
re il senso della fame e inducendo l’organismo ad aumentare la spesa
energetica con il risultato di ottenere una riduzione del peso corporeo e
della massa grassa.
Viceversa, quando diminuiscono le riserve adipose, sono proprio le cel-
lule in esse contenute (adipociti) che riducono la sintesi di leptina per
segnalare all’ipotalamo che l’organismo necessita di nuove assunzioni
di cibo, e inducono l’organismo stesso a ridurre le spese energetiche.
In sostanza, possiamo considerare il tessuto adiposo come una “centra-
le” ricca di “sensori”, che tramite la secrezione di leptina stimolano i
centri della fame e della sete (situati nel cervello) ad essere più o meno

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attivi affinché l’organismo mantenga lo stesso peso. Se è assente nel-
l’organismo provoca obesità.
Se fornita dall’esterno riduce, in modo importante, sia l’assunzione di
cibo sia i depositi di grasso con conseguente perdita di peso corporeo. E’
stato dimostrato inoltre, che la leptina regola il metabolismo del gluco-
sio, l’azione dell’insulina ed il dispendio energetico.
La grelina è un ormone scoperto recentemente, conosciuto meglio come
“l’ormone dell’appetito” in quanto, una volta secreto dallo stomaco,
raggiunge il cervello (“centro della fame”) con conseguente stimolazio-
ne dell’appetito.
I livelli di grelina aumentano prima dei pasti e diminuiscono circa un’o-
ra dopo. Altra azione della grelina è quella vasculoprotettiva sulle arte-
rie. E’ in grado infatti di “ripristinare” una normale funzione endoteliale
nei soggetti affetti da “ sindrome metabolica”, specialmente negli stadi
iniziali della malattia, quando il danno endoteliale è ancora largamente
reversibile. In tale sindrome sono state riscontrate basse concentrazioni
ematiche di grelina.
E’ per questo che alla grelina è stata assegnata un’importante azione
antiaterosclerotica.
Altre azioni della grelina sono:
• Azioni metaboliche sulla promozione del bilancio energetico
• Aumento della gittata cardiaca
• Antinfiammatoria
• Promozione dell’adipogenesi
• Stimolante il rilascio del’GH, PRL, ACTH.

Per comprendere più profondamente il vero ruolo del tessuto adiposo, è
necessario analizzare, se pur sommariamente, anche la morfologia del
tessuto muscolare.

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LA CELLULA MUSCOLARE

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Il muscolo scheletrico è formato da un insieme di cellule piuttosto lun-
ghe, cilindriche e con estremità fusiformi, chiamate fibre muscolari. Tra
un fascicolo e l'altro decorrono fibre elastiche, nervi e vasi sanguigni,
che si ramificano per distribuirsi alle varie cellule; la ricca vascolarizza-
zione determina la tipica colorazione del muscolo scheletrico (grazie
alla miogloblina che circola nel sangue).
Mentre le parti carnose (ventri muscolari) possiedono un colore rosso
più o meno intenso, le parti tendinee hanno un colorito madreperlaceo.
Le fibre muscolari sono le cellule più grandi dell'organismo, anche se le
loro dimensioni sono alquanto variabili: da una lunghezza variabile da
un minimo di 1 mm ad un massimo di 12 cm (muscolo sartorio) con un
diametro che va da un minimo di 10 microm ad un massimo di 100-105
µmicrom (il diametro medio oscilla tra i 10 e i 50 microm). Si stima che
il corpo umano contenga circa 250 milioni di fibre muscolari.
Le cellule del muscolo possono ipertrofizzarsi, quindi aumentare di di-
mensioni, ma normalmente non possono moltiplicarsi. In altre parole,
non è possibile aumentare il numero di fibre attraverso l'allenamento,
ma soltanto il volume complessivo di quelle già esistenti. Al pari delle
altre cellule dell'organismo, le fibre muscolari sono circondate da una
membrana plasmatica, chiamata sarcolemma; allo stesso modo, in
analogia al citoplasma intracellulare, questa membrana racchiude il
sarcoplasma.
All'interno della cellula muscolare notiamo innanzitutto numerosi nu-
clei. Ogni fibra muscolare, infatti, deriva dall'unione, durante lo sviluppo
embrionale, di molteplici cellule, dette mioblasti, che si fondono insie-
me. Pertanto, la fibra muscolare è un sincizio (termine che spetta alle
cellule multinucleate derivanti dalla fusione di più cellule).
I nuclei delle fibre muscolari sono allungati, disposti in prossimità del
sarcolemma e particolarmente numerosi, sino a parecchie centinaia per
ognuna. Tutto ciò, con lo scopo di sostenere la sintesi proteica deputata,
tra l'altro, alla produzione di nuove proteine contrattili (actina e miosi-
na) per rinnovare quelle usurate.
La fibra muscolare è straordinariamente ricca di voluminosi mitocondri,
disposti in file parallele tra gli elementi contrattili che sono deputati

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alla produzione dell'energia (ATP) necessaria per la contrazione del mu-
scolo.
Sempre nel citoplasma, va segnalata la presenza di granuli sparsi di gli-
cogeno (un substrato energetico di riserva), gocce lipidiche e mioglobi-
na (una metalloproteina deputata al trasporto e all'immagazzinamento
dell'ossigeno).
Il sarcoplasma è prevalentemente occupato da:
   • mitocondri (produzione di energia)
   • gocce lipidiche (riserva di energia)
   • granuli di glicogeno (riserva di energia)
   • mioglobina (riserva di ossigeno)
   • miofibrille e reticolo sarcoplasmatico.

Mitocondri grandi e numerosi, granuli di glicogeno e presenza di
mioglobina... un chiaro segno dell'intensa attività metabolica che si
sussegue all'interno del muscolo, con lo scopo di fornire energia
per la contrazione.

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IL PIANETA OBESITA’

L'obesità è una condizione caratterizzata da accumulo di tessuto adipo-
so in misura tale da influenzare negativamente sullo stato di salute.
Essa è in grado di indurre un danno progressivo della maggior parte de-
gli organi ed apparati nell’organismo. Clinicamente si presenta all’os-
servazione come una perdita dell’armonia della figura corporea, dovuta
all’accumulo di massa grassa e dal correlato aumento di peso.
L'obesità è una condizione cronica ad eziologia multifattoriale, accom-
pagnata dal rischio di morbilità e mortalità.
Essa non è in accordo con la salute né con la bellezza del corpo.

Periodi a rischio nell’infanzia

Sono almeno 3 periodi a rischio per obesità: primo anno di vita, tra i 4
ed i 6 anni, il periodo puberale. Tre sono anche i periodi di iperplasia
degli adipociti. Il tessuto adiposo può aumentare per iperplasia o per
ipertrofia oppure per entrambi i fattori. La prima intensa moltiplicazione
cellulare si verifica negli ultimi mesi di vita intrauterina, cosicché alla
nascita il neonato possiede circa 5 miliardi di adipociti (10-15% della
massa corporea totale). Il neonato con peso elevato per l’età gestazio-
nale è più a rischio di obesità e diabete nelle età successive. Comunque
il primo periodo a rischio per obesità è il primo anno di vita, durante il
quale il numero degli adipociti resta stabile, mentre ne aumenta il vo-
lume; cosicché la percentuale di tessuto adiposo sale al 25-30% della
massa corporea totale alla fine del primo anno. L’accrescimento volu-
metrico è tale che a quest’età le dimensioni degli adipociti raggiungono
già i valori dell’adulto. Dai due anni fino alla pubertà (secondo periodo
di iperplasia), il tessuto adiposo si espande progressivamente per un
lento aumento numerico degli adipociti (fino a 15 miliardi in età prepu-
berale). In particolare, tra 4 e 6 anni (secondo periodo a rischio per
obesità), l’alimentazione errata (in particolare l’eccessivo intake protei-
co), la sedentarietà e l’influenza dell’ambiente, possono portare ad una
anticipazione dell’adiposity rebound (che corrisponde ad un punto della

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curva di accrescimento dove si verifica la fisiologica inversione dell’ac-
cumulo di grasso, in cui si raggiunge il valore minimo di adiposità, a cui
segue poi la ripresa), che di solito avviene a 6 anni. Questo sembra as-
sociato all’insorgenza di obesità nelle età successive. Se nel breve pe-
riodo l’eccessivo apporto di proteine animali comporta un sovraccarico
renale, a lungo termine si avranno un’iperplasia del tessuto adiposo e
aumento della differenziazione dei preadipociti in adipociti. Il periodo
puberale coincide con il terzo periodo di iperplasia ed il terzo periodo a
rischio per obesità: gli adipociti raggiungono il numero totale fra 20 e
40 miliardi. L’obesità del bambino è caratterizzata certamente da un’i-
pertrofia cellulare, ma soprattutto da un aumento delle cellule: nel sog-
getto obeso post-pubere il numero medio delle cellule adipose supera i
70 miliardi. Il periodo fetale, i primi due anni di vita e l’adolescenza
sono dunque i periodi maggiormente a rischio per lo sviluppo di un’e-
ventuale futura obesità, in quanto una volta verificatasi l’iperplasia, non
è poi possibile sopprimere lo “stimolo della fame” prodotto da tali cellu-
le.

All’ insorgenza dell’obesità, concorrono diverse cause:
1) di tipo genetico, che inducono disturbi del comportamento alimentare
   e/o alterazioni del dispendio energetico,
2) di tipo individuale che vanno dallo stile di vita (educazione alimenta-
   re, sedentarietà, etc) allo stato psichico,
3) di tipo ambientale (società opulente, comportamenti familiari, vita
   sociale, etc).
Possiamo inoltre distinguere l’obesità in :
1) obesità primaria e 2) obesità secondaria

1) OBESITA’ PRIMARIA che riconosce come meccanismo d’insorgenza lo
squilibrio tra l’introito energetico alimentare e il dispendio energetico. A
sua volta questa viene suddivisa a secondo del meccanismo che la pro-
voca in:
a) obesità alimentare, caratterizzata da consumi energetici normali ed
   un apporto calorico aumentato;

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b) obesità combustiva, caratterizzata da un consumo energetico ridotto
   per cause che possono essere diverse e molteplici, ma da un apporto
   alimentare normale;
c) obesità associata, che riconosce sia un introito alimentare aumenta-
   to, sia un ridotto dispendio energetico.

2) OBESITA’ SECONDARIA: sotto questo dizione si riconoscono diverse
forme di obesità in cui l’aumento dell’adipe è dovuto ad una patologia
primaria. Le distinguiamo in:
a) obesità genetiche, (s. di Laurence-Moon-Biedl, caratterizzata da obe-
   sità, retinopatia pigmentosa, ritardo mentale, polidattilia e ipoplasia
   dei genitali, si trasmette con modalità autosomica recessiva; s. di
   Turner caratterizzata da bassa statura, ipoovarismo, pterigio del collo,
   dovuta ad alterazione cromosomica del tipo X0; s. di Prader Willi ca-
   ratterizzata da nanismo, demenza, ipogonadismo, malformazioni
   osteoarticolari);
b) Obesità secondarie ad endocrinopatie, (ipotiroidismo, morbo di Cu-
   sching, pseudoipoparatiroidismo, diabete mellito, s. di Frohlich);
c) Obesità iatrogene, legate all’utilizzo di farmaci, (cortisonici, fans, an-
   tidepressivi, ricostituenti, anabolizzanti, IMAO, litio, etc.).

Dall’osservazione e studio di migliaia di pazienti, il Dottor Jacques Mo-
ron ha tramandato due regole che possono considerarsi fondamentali
per la comprensione dell’obesità e una metodica geniale per la classifi-
cazione dei diversi tipi di obesità riscontrabili in clinica.
1° regola d’oro: l’obesità nasce e si evolve a secondo delle cause che la
provocano, da qui l’importanza per il medico di avere con il paziente un
colloquio prolungato, cronologico, riguardante l’ereditarietà e le circo-
stanze che hanno portato all’instaurarsi dell’obesità e del suo aggravar-
si.
2° regola d’oro: l’obesità si distribuisce sul corpo in funzione della e del-
le cause che la provocano, da qui l’importanza per il medico di un esa-
me minuzioso che gli permetta di valutare le principali zone di localizza-
zione.

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!

L’applicazione di queste due regole permette di differenziare, secondo
dei criteri eziomorfologici, l’obesità in diversi sottotipi:

1. obesità alimentare,
2. obesità combustiva (costituzionale, prediabetica e diabetica, addo-
   minale, sedentaria, costituzionalizzata),
3. obesità mista (associata, complessa, psicosomatica).

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Inoltre secondo questa metodica la definizione di obesità diventa: l’obe-
sità è la perdita dell’armonia della figura dovuta ad un sovraccarico di
grasso su una, più parti o su tutto il corpo.
Da questa affermazione ne scaturisce la:

3° regola d’oro: il peso ideale è il peso che corrisponde alla forma del
corpo la più prossima alla forma ideale.

Per concludere l’approccio scientifico-tradizionale riconosce che vi sono
innegabili cause organiche (ipotirodismo, ereditarietà ed altre - le quali
predispongono all'obesità, ma complessivamente è proprio “l'ambiente
obesogenico”, inteso come fattori comportamentali ed alimentari che
favoriscono la maggiore incidenza del fenomeno e delle patologie croni-
che secondarie alle alterazioni fisio-metaboliche presenti nel sovrappe-
so: diabete, infarto, osteoartrite, sindrome da apnee del sonno e alcune
forme di tumore.
Anche la scienza riconosce che il tessuto adiposo è un organo comples-
so, altamente integrato nella fisiologia e nel metabolismo dei mammi-
feri, capace di stabilire nessi di comunicazione con altri tessuti e organi,
non ultimi il sistema nervoso centrale, il fegato, il muscolo scheletrico e
la corteccia surrenalica. Se ne deve dedurre che è necessario individuare
da quale organo parte l’innesco dello squilibrio.

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FORME DELL’OBESO

Alla luce delle bioterapia nutrizionale (nuova corrente di pensiero nel
campo della nutrizione), è interessante osservare e dedurre con la giu-
sta verifica dei meccanismi d’azione, come la deposizione dell’adipe se-
gua vie diverse a seconda dello squilibrio endocrino che si verifica nel-
l’essere umano, nelle fasi di cambiamento fisiologico, ossia nell’adole-
scenza , tra il 1 ed il 2 settennio, nel periodo fecondo e delle gravidanze
nella donna, tra il 4 ed il 5 settennio, nella menopausa, intorno al 7 set-
tennio nella donna e nell’uomo, più o meno nello stesso periodo. Osser-
vare la forma del corpo, dove vi è scritto tutto, nella maniera corretta, e
guardare come cambia nel tempo, può far vedere in anticipo dove il suo
funzionamento metabolico tende a portarlo. La bellezza di un corpo, di
un oggetto, di una pianta, si nota quando c’è armonia delle forme (se-
zione aurea) e quando questa armonia e questo ritmo si alterano, è
possibile che ci sia stato un elemento perturbante che ha spinto verso
un diverso adattamento e squilibrio. “La vita ama la bellezza”. In gene-
re, in base ad osservazioni e studi condotti da attenti medici nutrizionisti
su un vasto numero di pazienti affetti da sovrappeso od obesità si è vi-
sto che solo utilizzando la chiave ormonale, in particolare quella degli
ormoni sessuali, è possibile spiegare le diverse forme e la diversa loca-
lizzazione dell’adipe nel corpo umano. Il grasso dà forma al corpo, ma
sono gli ormoni che stabiliscono dove depositarlo. Possiamo individuare
in generale 3 grandi gruppi, suddivisi in sottogruppi o miscelati tra loro
anche in base alle varie fasi della vita:
1) forma ginoide: con grasso localizzato nella zona bassa del corpo (ba-
   cino e cosce), torace piccolo, addome piatto, punto di vita segnato. In
   questo caso gli artefici sono gli estrogeni, infatti con la loro diminu-
   zione in menopausa, le zone in cui è depositato il grasso tenderanno
   ridursi mentre aumenteranno in caso di assunzione di estro-progesti-
   nici orali. In pratica chi presenta questa forma esprime una suscetti-
   bilità del proprio corpo all’azione degli ormoni sessuali femminili.
2) forma androide: con localizzazione prevalente del grasso nella parte
   alta del corpo (tronco e spalle), bacino piatto, cosce magre e punto di
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vita poco segnato. In questo caso gli ormoni interessati sono gli an-
  drogeni che nella donna sono in parte prodotti dal surrene e in parte
  dall’ovaio come progesterone. Nel periodo post-menopausale, in cui
  c’è una diminuzione di estrogeni, ci sarà un aumento degli androgeni
  quindi un viraggio della forma di partenza verso quella androide.
3) forma intermedia: con localizzazione del grasso soprattutto addomi-
   nale (linea della vita), spalle e gambe che possono essere variamente
   sviluppati ma l’addome è sempre globoso, punta vita appena accen-
   nato. In questo tipo la localizzazione dei depositi adiposi è correlata,
   oltre che agli estrogeni o agli androgeni, in modo particolare all’insu-
   lina con l’accumulo in zona viscerale.

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Il controllo del metabolismo avviene attraverso attività enzimatiche che
possono essere stimolate o inibite ,di cui principale regolatore come si è
detto, é il sistema ormonale, ad esempio :
• l'ipotalamo controlla l'appetito attraverso segnali ormonali legati al-
  l’intestino;
• l'insulina e il glucagone che gestiscono il sistema degli zuccheri, delle
  proteine ed in parte anche dei lipidi;
• gli ormoni corticosurrenalici che controllano il comparto proteico;
• gli ormoni tiroidei che influenzano il metabolismo in generale.

Nonostante la tiroide sia il grande regolatore del metabolismo, non é
l'organo che si attiva per primo: a seguito dell'introduzione di un ali-
mento é il sistema insulinico ad attivarsi, seguito dal surrene e infine
dall’ipotalamo. Vi sono 3 aspetti della terapia nutrizionale che è neces-
sario tenere in considerazione:
- L’alimentazione é una delle forme di nutrizione. Questa infatti é lo
strumento indispensabile perché un sistema vivente possa mantenersi
in vita. Tra le altre forme di nutrizione troviamo quelle di origine menta-
le, emozionale e spirituale;
- Il sistema vivente é un sistema aperto; l’esterno, con cui entra in con-
tatto, lo permea e quindi lo modifica;
- Una volta che lo stimolo ha innescato delle reazioni queste non sono
più controllabili con la volontà, possono solo in alcuni casi essere mo-
dulate.

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SECONDA PARTE

Agostino scrive nelle sue confessioni: tu mi hai insegnato ad usare il
cibo e bevanda come farmaci, ma quando io dall'oppressione dell'indi-
genza passo alla agiatezza della sazietà, proprio in questo passaggio mi
attende in agguato l'avidità con le sue trappole …E mentre lo scopo del
mangiare dovrebbe essere il sostentamento del corpo, si unisce come
accompagnatore il pericoloso piacere, spesso rimane incerto se la ne-
cessaria richiesta del corpo pretende ancora altro sostegno oppure se
l'avidità ci inganna ed è il piacere a voler farsi servire.

La scienza dello spirito ci mostra come ogni processo materiale, ossia
tutto quanto avviene nel mondo fisico-sensibile, sia solo un processo
esteriore e come in realtà anche i processi ed i disturbi legati all’alimen-
tazione non possono essere solo fisici ma, al contrario, in quanto fisici
possono essere solo la manifestazione di quelli spirituali. In tal modo
indagheremo.

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LA SPIRITUALIZZAZIONE DEGLI ALIMENTI

A proposito del processo digestivo e della necessità di trasformare gli
alimenti, Rudolf Steiner afferma: “si sapeva che l'organismo fisico
umano, nella sua intima composizione, “non è di questo mondo”, si sa-
peva che in sostanza l’ammalarsi non è altro che la continuazione di
quanto avviene con la nutrizione. Vi fu in effetti un tempo in cui, spe-
cialmente fra i medici arabi, si vedeva ogni digestione come un parziale
processo patologico, in cui si aveva della digestione un'opinione che non
è del tutto sbagliata: mangiando si è assunto qualcosa di estraneo e ci
si è in sostanza ammalati. Con il nostro organismo, con le nostre fun-
zioni organiche interne, dobbiamo prima di tutto superare la malattia. Si
vive così sempre un po' ammalati, in condizioni di superare sempre un
po' la malattia, di guarire un po'. Mangiando ci si ammala, digerendo si
guarisce.…”. Si può quindi asserire che il processo digestivo è come un
processo patologico, perché mangiando si è introdotto qualcosa di
estraneo e questo deve portare , come ogni malattia, allo sviluppo di
quelle forze che superino le forze degli alimenti terrestri . Si vive sulla
terra in quanto si oppone resistenza ad essa . Ogni alimento porta con
sé le forze degli zuccheri, delle proteine e dei grassi , forze dell’universo
che l’uomo deve sapere annullare. Nel caso dello zucchero, per esem-
pio, esso penetra nel corpo sotto forma cristallina e l’uomo lo deve
sciogliere per poterlo utilizzare e se manca questa forza sopraggiunge il
diabete. Ogni alimento agisce in modo diverso e bisogna sempre ag-
giungere il contrario a ciò che vuole formarsi, bisogna sciogliere. La
massima attività spirituale è sciogliere di continuo interiormente quanto
è nell’uomo; nella capacità di sciogliere vi è quella che si chiama la co-
scienza dell’Io.

Deve essere quindi ben chiaro, che gli alimenti, una volta introdotti, de-
vono subire una grande trasformazione per poter, in qualche modo, di-
venire umani nell’uomo stesso. Innanzitutto, deve essere soppressa in
essi ogni traccia della vita esterna, ossia devono prima diventare morti
e spogliati dei loro elementi eterici ed astrali e poi venir nuovamente

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resi viventi. Per ottenere questo, devono avvenire una serie di passaggi
attuati dai vari organi. Vediamo come:
- Prendiamo l’alimento morto, digerito e spogliato dei suoi elementi:
  esso penetra nel sangue che compenetra il cuore, dove viene nuova-
  mente vivificato.
- Il cuore, insieme ai polmoni permette, attraverso l’ossigeno, di rendere
  terrestre il corpo eterico dell’alimento.
- Anche il pancreas, portando la massa incontro alla linfa, la vivifica in
  modo che possa venir accolta nel corpo eterico.
- A questo punto interviene l’azione del rene che, dopo aver eliminato
  quanto è inutilizzabile delle sostanze, manda tutto nel corpo astrale.
- L’organismo astrale è a sua volta collegato con il sistema della testa e
  dei sensi che, insieme al rene, dà forma ai singoli organi che vengono
  completamente rinnovati nell’arco di 7-8 anni. Quindi le singole forme
  umane vengono strutturate grazie alla forme irradianti dai reni e a
  quelle provenienti dalla testa che fanno da argine, con la collaborazio-
  ne delle forze dell’azoto.
- Infine, per immettere il tutto nell’Organizzazione dell’Io, è necessaria
  l’azione del fegato e del sistema biliare, che ha il suo rappresentante
  fisico nell’idrogeno.

In conclusione, tutto ciò che introduciamo da fuori attraverso l'alime-
ntazione deve venire trasformato nel nostro sistema organico per potere
essere accolto nei sistemi eterico, astrale e dell’io, per accordarsi nel
modo più sottile e fare funzionare al meglio il corpo. Infatti la malattia
sopraggiunge quando non c'è questo accordo.

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