RASSEGNA STAMPA CGIL FVG - martedì 19 febbraio 2019
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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – martedì 19 febbraio 2019 (Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti) ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA (pag. 2) Oggi il super tavolo sulle crisi. Mille posti a rischio certificati (Piccolo, 2 articoli) Filcams Cgil a Carrefour:: «Ritiri i licenziamenti» (M. Veneto) Progetto Pontebba-Pramollo, il Tar dà ragione al Fvg (M. Veneto) Pochi posti nei nido: meno di un terzo può essere accolto (M. Veneto) CRONACHE LOCALI (pag. 5) Tra i 153 ex operai della Eaton 48 ricollocati, 101 senza lavoro (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Il Comune ha vinto la sua battaglia: cittadinanza solo a chi sa l’italiano (Piccolo Go-Monf.) Dal polo sportivo fino alle crociere. Viaggio nel futuro di Porto vecchio (Piccolo Ts, 2 art.) «Voglio subito un Isee». E aggredisce l’impiegato al patronato della Cisl (Piccolo Trieste) Ecco la prima rotonda di viale Venezia. Approvato il progetto del market Lidl (Mv Udine) Cessione Cigierre, Bardelli accusato di evasione (M. Veneto Udine) Sanità, pioggia di milioni sul Veneto. Rischio “fuga” da ospedale e Cro (Mv e Gazzettino Pn) L’Uti al capolinea. Il Comune si riprende tutte le sue funzioni (Gazzettino Pordenone) Dormitorio addio, profughi sulla strada (Gazzettino Pordenone) Vertici amministrativi: a scuola niente stipendi, li anticipa la Regione (M. Veneto Pordenone) 1
ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA Oggi il super tavolo sulle crisi. Mille posti a rischio certificati (Piccolo) Oggi all’insolito orario fissato alle 13, invece dell’abituale aperitivo, “tavolissimo” nella sede delle Attività produttive regionali in via Trento. Focus sulle crisi triestine: Burgo, Dukcevich-Kipre, Wärstilä, Ferriera, Sertubi. Carta, alimentare, motoristica, metallurgia: un sistema produttivo è sotto scacco. «Individuare soluzioni capaci di rilanciare lo sviluppo delle imprese - scrivono nel comunicato gli assessori regionali Sergio Emidio Bini (Attività produttive) e Alessia Rosolen (Lavoro) - diventa infatti imprescindibile ai fini della salvaguardia di quel migliaio di lavoratori e lavoratrici oggi a rischio». Mille posti che scricchiolano nelle fabbriche triestine: Bini & Rosolen hanno recepito alla lettera numeri, argomenti e preoccupazioni espressi dai sindacati. L’assessore friulano butta là anche una garbata provocazione nei confronti del sindaco Dipiazza: «Trieste è una città dalle straordinarie potenzialità che però sta attraversando una stagione di luci e ombre». È vero che c’è il turismo, è vero che c’è il porto, è vero che ci sarà la scienza con Esof 2020 - argomenta Bini - ma basterà la Trieste terziaria a bilanciare la Trieste della crisi industriale? Il Porto vecchio riesce a pareggiare le difficoltà della periferia Sud (e della foce del Timavo)?L’amena prospettiva della “Nizza adriatica” non sembra convincere l’esponente dell’esecutivo Fedriga, che progetta una «città protagonista della quarta rivoluzione industriale». Le iniziative da adottare saranno vagliate già oggi nel corso di un coinvolgente ensemble dove suoneranno Comune, Camera di commercio, Confindustria, Confartigianato, Confcommercio, Federalberghi, organizzazioni sindacali (Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Failms, Usb), Autorità portuale, Consorzio ex Ezit.Da capire se Bini & Rosolen si limiteranno ad ascoltare il “tavolissimo”, rimandando le ricette, oppure avranno avuto tempo e possibilità di elaborare un primo livello di risposta anticiclico. Sarà anche l’occasione per verificare la tenuta dei rapporti tra la Regione e Confindustria, dopo che la Rosolen aveva a più riprese tuonato contro quelle aziende che, pur avendo incassato pubblici contributi, non avevano poi avuto scrupolo nel tagliare posti di lavoro. Su questa delicata direttrice si approssima la stagione primaverile, quando Wärstilä presenterà il conto degli esuberi nello stabilimento di Bagnoli, il più grande del territorio triestino con oltre mille dipendenti. La multinazionale finlandese ha annunciato 1200 tagli sui 19.300 occupati disseminati nei siti del globo: Bagnoli è una delle maggiori fabbriche del gruppo e i sindacati temono un affondo da 100-120 esuberi. Non più tardi di tre anni fa i finlandesi avevano segnalato 90 eccedenze, a colpire il reparto ricerca & sviluppo: per attenuare la botta, Regione Fvg e Mise avevano armato oltre 4 milioni di euro sull’intervento di riconversione. Tra l’altro non si può dire che Wärtsilä vada male, anzi: ma non basta, il margine deve essere più consistente, l’azienda deve essere «più agile». E allora forbice sugli organici.Per la Burgo il siluro da 87 licenziati è già stato sparato. Adesso riflettori su Giulio Spinoglio, che con la Cartiera di Ferrara tenterà di produrre cartone al posto della carta da editoria: Regione e Friulia sono già stati officiati.Alcune centinaia di lavoratori operano nei siti Principe-Duke’s di Trieste e San Daniele. La Regione aveva dato disponibilità a garantire i livelli occupazionali. Magr «La tenuta del territorio si assicura solo dando più peso all’industria» Il settore industriale deve incidere maggiormente sul Pil, oggi lo fa per solo il 10%». Questo il pensiero del presidente di Confindustria Venezia Giulia Sergio Razeto alla luce del quadro occupazionale sempre più critico che emerge dal territorio.La vera crisi sembrava ormai alle spalle, cos’è successo?«A dire il vero, in questo momento segnali preoccupanti riguardano tutta Italia, date le ripetute rilevazioni di rallentamento dell’economia, effettuate da più parti. Anche la nostra regione e l’export delle sue aziende, che erano state tra i principali traini dei più recenti periodi di crescita, sono e saranno dunque presumibilmente coinvolti in questo rallentamento. Per il territorio, lo ribadiamo da tempo, è solo con un rafforzamento del peso del settore industriale sul Pil che possiamo garantire un migliore equilibrio e una migliore tenuta del sistema. È necessario quindi risanare le aree di crisi partendo dal recupero ambientale delle aree inserite nel sito inquinato di Trieste, un problema che si trascina dal 2003. Puntiamo convintamente sullo sviluppo logistico del territorio, ma senza aree retroportuali disponibili è complicato immaginare ospitare investimenti in grado di offrire nuove opportunità occupazionali» (segue) 2
Filcams Cgil a Carrefour:: «Ritiri i licenziamenti» (M. Veneto) «Insostenibile» il piano di ristrutturazione di Carrefour presentato dall’azienda, che passa attraverso altri 590 esuberi (di un centinaio a Tavagnacco) e due nuove procedure di licenziamento. La bocciatura è della Filcams Cgil che ritiene di «estrema gravità l’ennesima messa in discussione dell’occupazione da parte dell’azienda», ha dichiarato Fabrizio Russo, segreteria nazionale del sindacato, secondo il quale «la società si era impegnata a garantire la salvaguardia occupazionale dopo anni di sacrifici da parte dei lavoratori. Per quanto ci riguarda - continua Russo - ribadiamo l’indisponibilità a definire, per questa e altre aziende, deroghe o sospensioni rispetto ad istituti della contrattazione nazionale e confermiamo la richiesta a Carrefour di non avviare procedure di licenziamento collettivo ma di aprire piuttosto un confronto per discutere nel merito delle problematiche poste, definendo soluzioni di carattere organizzativo a tutela dell’occupazione». «La situazione di difficoltà in cui continua a versare il gruppo desta, se possibile, ancora maggior preoccupazione che in passato - sostiene Russo - e se l’azienda dovesse confermare l’intenzione di adottare soluzioni insostenibili non escludiamo di prevedere il coinvolgimento del ministero dello Sviluppo Economico, che già si è fatto carico di approfondire i termini di altre vertenze del comparto distributivo». «Peraltro ci risulta - conclude il sindacalista della Filcams - che Carrefour stia adottando misure altrettanto drastiche anche in altri paesi». Progetto Pontebba-Pramollo, il Tar dà ragione al Fvg (M. Veneto) Luana de Francisco - Si era impegnata in un’operazione da oltre 80 milioni di euro destinata a dare nuovo slancio turistico a Pontebba e alla sua vallata, attraverso il collegamento al comprensorio sciistico di Pramollo-Nassfeld con un impianto a fune lungo 8 chilometri. Ma poi, dopo le strette di mano e la sottoscrizione delle prime bozze di convenzione, la “Doppelmayr Italia srl” aveva alzato l’asticella delle pretese e disatteso gli accordi. E così, il project financing si era arenato, rimanendo appeso per anni al filo della fideiussione di 10 milioni di euro che avrebbe dovuto garantire le «obbligazioni di manutenzione e gestione assunte dal concessionario». Svanito il sogno di inaugurare l’opera entro la fine del 2016, la Regione si era vista costretta a revocare la dichiarazione di «pubblico interesse» del progetto - e, quindi, a procedere con la pubblicazione del bando di gara per la selezione del concessionario - e a difendersi dalla battaglia giudiziaria che il privato, tutt’altro che rassegnato, le aveva scatenato contro.Ieri, la sentenza con cui il Tribunale regionale amministrativo del Fvg presieduto dal giudice Oria Settesoldi ne ha respinto il ricorso, rigettando la richiesta di risarcimento di oltre 15 milioni di euro e qualsiasi altra forma di indennizzo chiesti dalla Doppelmayr a ristoro dei presunti danni patiti, ha chiuso la vicenda con una risposta che non lascia margini di dubbio rispetto alla «legittimità» della scelta operata dall’amministrazione regionale - passata nel frattempo attraverso tre Giunte (Tondo, Serracchiani e Fedriga) - e all’«inaffidabilità» del privato «rispetto agli impegni convenzionali assunti». Un successo su tutto il fronte, che porta la firma degli avvocati Roberto Paviotti (a suo tempo incaricato dalla presidente Serracchiani) ed Ettore Volpe (dell’ufficio legale della Regione).«La riscontrata alterazione dell’equilibrio del Piano economico finanziario (quello presentato dalla Doppelmayr, ndr) - si legge nella sentenza a firma del giudice estensore Manuela Sinigoi - e l’incertezza sull’assetto dei complessivi obblighi delle parti ha reso non più attuale l’interesse pubblico originariamente individuato nella realizzazione dell’intervento, rendendone necessaria una nuova valutazione». Valutazione peraltro «non assolutamente sindacabile da questo giudice, in quanto attinente al merito di scelte ampiamente discrezionali e, in ogni caso, correlata e conseguente alla evidenziata mancanza del “presupposto dell’equilibrio economico-finanziario dell’intera operazione”».Nel censurare l’operato della Regione e chiedere l’annullamento della deliberazione di Giunta n.481 del 9 marzo 2018, la ricorrente aveva accusato l’amministrazione di averle negato lo «sforzo collaborativo» richiesto nelle operazioni di partenariato pubblico-privato. «Doppelmayr - rimarca invece il Tar - non può che imputare a sè di avere male inteso la portata delle condizioni cui la Regione ha subordinato la compartecipazione finanziaria pubblica. Né - aggiungono i giudici - pare sinceramente che potesse esigersi dalla Regione un maggiore sforzo economico con l’incremento di ulteriori 10 milioni di euro». 3
Pochi posti nei nido: meno di un terzo può essere accolto (M. Veneto) Giacomina Pellizzariudine. Asili nido più accessibili per gli oltre 26 mila bambini da zero a due anni residenti in Friuli Venezia Giulia. La Regione investe 14 milioni di euro per garantire alle famiglie con redditi Isee fino a 50 mila euro, contributi che possono arrivare a 600 euro al mese. Interventi indispensabili per raggiungere l’obiettivo fissato nel 2002 dall’Unione europea che prevede la disponibilità di 33 posti ogni 100 nati.Peccato che il Friuli Venezia Giulia, pur posizionandosi nei primi posti, non sia ancora stata in grado di raggiungere lo standard. La percentuale registrata nel 2017 è pari al 31,5 per cento. Solo la Valle d’Aosta, la Toscana, l’Umbria e l’Emilia Romagna rispettano i parametri, fanalino di coda la Calabria dove negli asili nido vengono garantiti 9 posti ogni 100 nati.Questi i risultati dell’analisi effettuata dall’istituto degli Innocenti di Firenze e rielaborata dall’Anci per evidenziare le criticità e stimare i fondi necessari per raggiungere i livelli europei. Stando a questo studio, in Friuli Venezia Giulia per toccare quota 33 posti si dovrebbero investire 5.730.000 euro. E se l’obiettivo diventa più ambizioso, ovvero se si volessero garantire 50 posti ogni 100 nati, l’investimento ammonta a 72.540.000 euro.«Ampliando l’offerta ai privati e con gli interventi in corso sono certa che supereremo il 33 per cento», afferma fiduciosa l’assessore alla Famiglia, Alessia Rosolen, dopo aver incassato , proprio ieri, dal Consiglio delle autonomie locali (Cal) il via libera unanime alla modifica del regolamento del fondo per l’abbattimento delle rette per gli asili nido. La delibera introduce quattro fasce di intervento fino a 30 mila euro di reddito Isee per le famiglie con un unico figlio a carico. Gli aiuti vanno da un minimo di 61 a un massimo di 240 euro al mese a seconda della fascia di reddito e del servizio scelto: a tempo parziale o a tempo pieno. Agli aiuti possono accedere i genitori entrambi lavoratori e residenti, almeno uno, da un anno in regione. Le famiglie con reddito Isee fino a 50 mila euro, con due o più figli, possono ricevere dai 150 ai 600 euro al mese. «I contributi alle famiglie vengono concessi a prescindere che si rivolgano ad asili nido pubblici, privati e convenzionati» sottolinea l’assessore soffermandosi sugli oltre 14 milioni di euro messi a disposizione quest’anno per sostenere le famiglie che non ce la fanno ad accedere al servizio. «Il provvedimento - aggiunge Rosolen - riguarda tutte le fasce della popolazione e non solo le più deboli, con la garanzia di poter accedere alla misura a partire dal primo anno di residenza in Fvg e con incremento delle risorse per chi vi risiede da almeno 5 anni». Il beneficio è stato riconosciuto anche in assenza di Isee alle madri di figli minori inserite in percorsi di protezione a sostegno dell’uscita da situazioni di violenza. Nel corso della seduta del Cal qualche sindaco non ha mancato di far notare all’assessore che il Friuli Venezia Giulia finora ha mancato l’obiettivo europeo. «Non so quali siano le azioni corrette da fare - ha spiegato Rosolen -, so che la Regione sta intervenendo sulla fascia della prima infanzia e ha avviato, a distanza di 15 anni dall’approvazione della legge, la procedura per l’accreditamento degli asili nido». L’assessore ricorda le diverse linee di intervento che “premiano” l’istituzione delle sezioni Primavera nelle scuole dell’infanzia, la costruzione di nuovi asili nido e l’attivazione di nuovi servizi.«Non appena iniziamo a mettere mano alla legge sulla famiglia - continua l’assessore - rivedremo tutto il settore sulla prima infanzia. Non so ancora quale strada percorreremo, so solo che si tratta di un tema che incrocia vari parametri: dal rientro delle mamme al lavoro all’aumento demografico che non c’è. Senza dimenticare la disponibilità dei servizi sul territorio». Detto tutto ciò, Rosolen ribadisce che con questi interventi i 3 punti mancanti per raggiungere lo standard europeo saranno acquisiti abbastanza rapidamente.Nonostante gli aiuti previsti dalla Regione, la situazione cambia da comune a comune proprio perché ogni amministrazione agisce come meglio crede. Lo fa notare anche il segretario dell’Anci regionale. Alessandro Fabbro, ricordando che la crisi economica ha ridotto la domanda. Molte mamme rimaste senza lavoro non chiedono più il servizio e quando è possibile i nonni si trasformano in baby sitter. 4
CRONACHE LOCALI Tra i 153 ex operai della Eaton 48 ricollocati, 101 senza lavoro (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Laura Borsani - Gli ex lavoratori Eaton ricollocati sono 48, a fronte di 101 disoccupati. Rispetto ai 153 presi in carico, il rapporto percentuale è di 24,8% su 66%. Tra gli occupati rientrano quattro ex dipendenti (2,6%), indicati nella voce “altro”.È quanto si evince dal report messo a punto dalla Regione, relativo agli esiti e caratteristiche dei lavoratori lasciati a casa dopo la chiusura dell’azienda di via Bagni Nuova. Inoltre dei 48 occupati 5 sono in cerca di un nuovo lavoro (3,3%) e 5 sono “in sospensione anzianità”. I lavoratori assunti, di cui uno con tirocinio attivato, 19 sono a tempo indeterminato, 8 in Fincantieri. I dati forniti fanno riferimento anche a 5 pensionati.Per quanto riguarda l’attività svolta, 36 operai sono iscritti al cosiddetto Pipol, ossia il Piano integrato di politiche per l’occupazione e il lavoro di cui la Regione si è dotata, a fronte del quale 26 ex lavoratori sono coinvolti in “politiche attive”.Si parla quindi di 128 “profili posti in servizio di intermediazione”, istituto che attiene alla cooperazione tra il sistema pubblico e quello privato nella fornitura di servizi ai lavoratori e alle imprese.Sono inoltre 32 le adesioni al Pipol: dodici per la formazione inerente le tecniche di lavorazione con macchine utensili, cinque per il corso di tecniche di installazione e manutenzione di impianti elettrici, sette per la formazione di saldatore.Tra gli altri percorsi vengono indicati nel report la gestione paghe e contributi, le tecniche di gestione delle pratiche fiscali, le tecniche di modellizzazione e prototipazione rapida e quelle di programmazione net, nonché il front e back office e l’accoglienza turistica in inglese, tutti con una sola adesione, per finire con il corso di gelatiere (due adesioni).Quanto alle fasce d’età dei 153 ex Eaton presi in carico, 7 sono gli occupati fino a 29 anni, 23 da 30 a 50 anni, e 18 gli ultracinquatenni. Si aggiungono i 4 alla voce “altro” (tre dai 30 ai 50 anni e un ultra50enne). Sono invece 34 i disoccupati dai 30 ai 50 anni e 67, quindi la quota maggiore, gli ultracinquantenni.Fin qui un primo “screenig” specifico in ordine agli ex lavoratori di Eaton.Intanto ciò su cui premono Cgil, Cisl e Uil, resta il protocollo siglato in Prefettura il 28 maggio 2018 tra le tre sigle sindacali, Confindustria Friuli Venezia Giulia, Regione ed il Comune di Monfalcone con il ruolo di ente di “monitoraggio” in ordine allo sviluppo e all’applicazione dell’accordo. L’intesa prevede la ricollocazione attraverso la formazione di lavoratori nella filiera della navalmeccanica entro il 30 aprile 2019, per un’aliquota pari al 5% dell’indotto presente, pari a circa 400 addetti.Le segreterie provinciali sono in attesa del primo marzo, giorno in cui è stato fissato l’incontro richiesto proprio per fare il punto dello stato dell’arte dell’intesa. I lavoratori, attraverso i sindacati di Cgil, Cisl e Uil, hanno più volte ribadito di voler avere risposte “certe” rispetto agli impegni assunti, quindi in termini di numeri circa le assunzioni, per le quali programmare una specifica formazione, legata alle professionalità richieste dalle imprese disponibili a ricollocare i lavoratori vittime delle crisi aziendali che hanno colpito il territorio.Non più tardi di pochi giorni fa, le segreterie provinciali hanno richiamato, in una congiunta, alla “piena e immediata applicazione del protocollo del 28 maggio 2018, preannunciando diversamente azioni di protesta. A questo punto non resta che attendere quanto emergerà dall’appuntamento del primo marzo. 5
Il Comune ha vinto la sua battaglia: cittadinanza solo a chi sa l’italiano (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Francesco Fain - È una battaglia che è partita da Gorizia quella che ha portato ad attribuire la nostra cittadinanza soltanto a chi conosce realmente la lingua italiana.«Mi sembra paradossale che chi decide consapevolmente di entrare a far parte di una comunità, condividendone diritti e doveri, possa non conoscere lo strumento fondamentale con cui si comunica, nel nostro caso l’italiano. E, quindi, ho accolto davvero con grande soddisfazione l’obbligo di conoscere la nostra lingua per diventare cittadini italiani, previsto dal decreto sicurezza».A dirlo è il sindaco Rodolfo Ziberna. Già in ottobre inviò, indirizzandola al ministro dell’Interno Matteo Salvini, una lettera in cui chiedeva che la conoscenza della lingua diventasse «requisito fondamentale» per poter diventare cittadini italiani. «Secondo la nuova normativa, chi ha presentato domanda dopo il 5 dicembre 2018 o la presenterà in futuro in Prefettura dovrà corredarla di un attestato in cui si certifica la conoscenza della lingua italiana a livello B1 - ricorda Ziberna - salvo alcuni casi in cui si prevede che questa conoscenza sia verificata e ritengo che ciò rappresenti una conquista. Come ho scritto al ministro, infatti, non penso sia possibile parlare con onestà e trasparenza di integrazione quando le persone non sono in grado di parlarsi o di capirsi e il giuramento che avviene in Comune rappresenta la fine di un processo, di un iter per la cittadinanza, che sancisce la fine di un percorso di integrazione. Il giuramento di uno straniero che intende acquisire la nazionalità italiana non è pura formalità, ma esprime in modo solenne la volontà dello straniero di entrare a far parte della comunità nazionale ed è, quindi, fondamentale riesca a comunicare in italiano».Ma cosa accadeva sino ad oggi? Lo racconta l’assessore Silvana Romano, delegato dal sindaco come ufficiale di Stato civile, davanti al quale si effettuano i giuramenti per diventare italiani. «Nel 2018 ci sono stati 35 giuramenti: a volte vere e proprie feste, altre un po’ meno sentite. Purtroppo, abbastanza frequentemente gli stranieri che prestano giuramento (entro 6 mesi dalla notifica del decreto di concessione) per la cittadinanza, non dispongono di una conoscenza nemmeno basilare della lingua e dimostrano non solo di non conoscere l’italiano, ma non sono nemmeno in grado di leggere ed è capitato che abbiano addirittura difficoltà ad apporre la loro firma in calce al documento. E la cosa incredibile è che risiedono in Italia da 10 anni. Ciò significa che la loro integrazione è davvero minima se non inesistente. E sono sicura - la sua osservazione - che con le nuove disposizioni si riuscirà a migliorare anche il grado di inserimento nella società di tanti stranieri che saranno costretti a seguire dei corsi e a frequentare persone che parlano italiano». Il personale della Prefettura va a lezione di sloveno testo non disponibile 6
Dal polo sportivo fino alle crociere. Viaggio nel futuro di Porto vecchio (Piccolo Trieste) Giovanni Tomasin - «La procedura per dare vita alla parte pubblica del Porto vecchio è ormai finita. Inoltre abbiamo l’interessamento di grandi gruppi per un centro multidisciplinare sportivo per l’area del terrapieno di Barcola». Il sindaco Roberto Dipiazza allunga la mano sulla piantina dell’antico scalo, srotolata sul tavolo del suo ufficio in piazza Unità, e fa il punto sugli ultimi risvolti: «Devo star dietro a un’infinità di cose, ma ne vale la pena», dice. Parte da qui il “viaggio” nel Porto vecchio del presente e del futuro.L’area sportivaMa quali sono le principali novità in pentola? Nelle linee di indirizzo approvate di recente dal Consiglio comunale (con il solo voto contrario del M5s) l’area circostante il terrapieno di Barcola è definita “sistema ludico-sportivo”. La Regione ha già destinato 5,5 milioni di euro per il suo recupero. Ma venerdì scorso il sindaco ha incontrato l’emissario di due realtà economiche di primissimo piano, una veneta e l’altra internazionale, interessate a realizzare una “Città dello sport” proprio in quel punto. I contatti sono in fase iniziale, ma il primo cittadino è fiducioso: «Sarebbe un’area dedicata allo sport ma anche alle imprese del settore». Una lettera dell’emissario, inviata a Dipiazza nei giorni scorsi, lo ringrazia per l’accoglienza e conferma l’interessamento.La nuova rotatoriaAi primi giorni di marzo partiranno i lavori per la grande rotatoria di viale Miramare, che costituirà il nuovo ingresso principale al Porto vecchio. La gara d’appalto è stata vinta dalla Srl Innocente & Stipanovich. L’importo necessario sfiora i sei milioni di euro.Il centro congressiNegli ultimi mesi tra gli addetti ai lavori ha preso corpo una preoccupazione, ovvero che il centro congressi di Porto vecchio non arrivi a fine cantiere in tempo per Esof2020. Tanto che gli stessi organizzatori della manifestazione scientifica hanno dovuto precisare a chiare lettere che, anche se il Trieste convention center non dovesse essere completato, non ci sarebbero ripercussioni sulla manifestazione. «Ma ora i lavori sono partiti e dovrebbero finire in tempo per il 2020 - afferma in proposito il sindaco -. Stiamo parlando di un cantiere da 11 milioni, non bruscolini». Il Tcc avrà anche un suo parcheggio, che sorgerà subito alle spalle del magazzino 28: «Si tratterà di un altro grande spazio per le automobili dopo il park Bovedo», dice Dipiazza.L’urbanizzazioneAltri 16 milioni di euro verranno invece impiegati per l’urbanizzazione dell’area che sta attorno al magazzino 26, la centrale idrodinamica, i magazzini 27 e 28. In sostanza la parte che rimarrà pubblica di Porto vecchio. Si tratta di interventi importanti anche in vista di Esof2020 con Trieste eurocapitale della scienza.Il magazzino 26Un po’ il simbolo dell’antico scalo, il magazzino restaurato da Portocittà mostra come sarebbe-sarà l’area una volta riqualificata appieno. Dall’Immaginario scientifico al museo del mare, non si contano ormai le realtà che dovrebbero insediarsi in questo grande edificio. «Ci abbiamo investito 33 milioni», afferma Dipiazza. Il sindaco punta a usare l’ampio spiazzo retrostante il magazzino come parcheggio per gli autobus, una volta che i lavori di riqualificazione di piazza Libertà avranno reso inaccessibile l’area attualmente in uso. «In questo contesto si colloca l’idea di mettere un infopoint turistico all’interno del magazzino. I turisti arriveranno e troveranno un centro informativo e al contempo il punto di partenza per le navette, che li porteranno sul Collio, alla Grotta Gigante, o magari a Miramare via acqua». Il Comune per il momento non si sbottona sul destino dei due magazzini compresi fra il 26 e il mare (ovvero il 24 e il 25), anche se pare probabile una destinazione in qualche modo legata al turismo e all’accoglienza. Entrambi gli edifici sono stati qualificati come vendibili dal Comune. Resta fermo anche l’intento di collocare un Fish Market nel magazzino 30.Gli edifici da alienareL’area compresa fra il magazzino 26 (escluso) e i primi cinque magazzini, oggetto della concessione Greensisam, è quella dei magazzini da alienare. Sul futuro di quest’area al momento non c’è molto da dire, visto che saranno gli investitori a farlo. Le destinazioni saranno comunque varie, come previsto anche dalle linee di indirizzo, e includeranno servizi, alberghiero, residenziale.Quanto alla concessione di Maneschi, l’anno scorso era circolata la notizia di un potenziale investimento da 200 milioni da parte di un gruppo dell’Europa centrale. Da allora, però, mancano ulteriori risvolti. Il sindaco si concentra infine sulla parte a mare: «Siamo intenzionati a creare un punto di approdo per le navi da crociera - spiega -. L’idea è prolungare il molo III rendendolo adatto all’attracco delle navi bianche. In questo modo rivoluzioneremo la funzione del Porto vecchio nell’economia complessiva della città». E ora Dipiazza accelera sulla società di gestione (testo non disponibile) 7
«Voglio subito un Isee». E aggredisce l’impiegato al patronato della Cisl (Piccolo Trieste) Prima ha cominciato con gli insulti, poi è passato alle minacce e quindi alle mani. È dovuta intervenire la polizia, ieri mattina, nella sede della Cisl di Strada Vecchia dell’Istria. Un cinquantenne di origini meridionali se l’è presa con un’impiegata del Caf. E poi ha aggredito il collega, Alessandro Gavagnin. Erano circa le undici e mezzo. L’uomo era lì assieme a una donna, probabilmente la compagna. Il cinquantenne pretendeva che gli fosse rilasciato un Isee, ma non si era portato con sé i documenti previsti. «Non servono, gli assistenti sociali non me li hanno mai chiesti», sosteneva l’uomo. L’impiegata ha cercato di spiegargli, con calma, la necessità di procurarsi il carteggio necessario. E quindi di ripassare in un altro momento: «Non possiamo fare niente, deve ritornare...».Ma il cinquantenne non voleva sentire ragioni. Ha quindi iniziato ad alzare la voce e a inveire contro la donna. È andato letteralmente in escandescenza. «Dovete farmi l’Isee!» gridava.A quel punto è entrato in scena l’altro operatore che si trovava nell’ufficio accanto, Gavagnin, che ha cercato di calmare l’utente invitandolo a ritornare un’altra volta. «La prego, si calmi». Ma niente. Il cinquantenne è andato su tutte le furie e ha afferrato per il collo l’impiegato, innescando così una colluttazione. L’aggressore non se n’è andato, ma ha continuato a urlare e a inveire contro i presenti. Solo l’arrivo della polizia è riuscito a calmarlo. Gavagnin è stato poi portato in Pronto soccorso. Fortunatamente non ha riportato ferite gravi. G.S. Ecco la prima rotonda di viale Venezia. Approvato il progetto del market Lidl (Mv Udine) Cristian Rigo - C’è il via libera della Giunta alla prima delle tre rotonde previste in viale Venezia. A realizzarla sarà il supermercato Lidl che, se non ci saranno intoppi, punta a far partire i lavori in breve per concluderli entro l’anno. Nel 2019 potrebbe quindi essere eliminato il primo semaforo, quello all’incrocio con via Ternova all’altezza della Casa di cura Città di Udine. Per le altre due rotonde invece il Comune aspetta la conferma del milione stanziato dal Comitato interministeriale per la programmazione economica. «Al momento i soldi ci sono - ha precisato il vicesindaco e assessore alla Mobilità e ai Lavori pubblici, Loris Michelini - e quanto ne avremo la disponibilità avvieremo la progettazione che non si limiterà alle due nuove rotonde ma ridisegnerà l’intero asse viario». A spingere per la realizzazione delle rotatorie è stato il sindaco Pietro Fontanini perché, ha chiarito, «funzionano bene, migliorando sicurezza di auto e pedoni e fluidità del traffico come avvenuto proprio anche in viale Palmanova dove prima della realizzazione della rotonda si formavano lunghe code». Da qui l’intenzione di utilizzare prima possibile il milione «che i nostri predecessori hanno ottenuto e noi siamo contenti di poter utilizzare». L’obiettivo del Comune è mettere in sicurezza l’intero viale, eliminando i semafori e rivedendo la viabilità soprattutto nei contro viali. «Faremo una valutazione complessiva - assicura Michelini - che tenga conto di tutte le problematiche per dare una risposta definitiva e rendere più sicuro e fluido l’accesso a Ovest della città mentre non appena partirà il progetto Experimental city sarà rivista tutta via Cividale risolvendo l’accesso a Est». Il progetto commissionato dal Lidl e realizzato dall’ingegnere Fiorella Honsell, come si può vedere anche nell’immagine qui accanto, è previsto che dai controviali sia possibile immettersi sul viale centrale poco prima della rotonda, ma la giunta ha chiesto di rivedere gli accessi ipotizzando di chiuderli. «È stato inoltre chiesto - ha sottolineato l’assessore alla Pianificazione territoriale, Paolo Pizzocaro - di garantire al marciapiede una larghezza di almeno 1 metro e mezzo anche nel tratto a ridosso della rotatoria dove in un punto si riduceva a un metro. Per mettere a punto l’intervento abbiamo cercato di mediare tra le diverse necessità sempre con l’obiettivo di rendere più scorrevole e sicuro il traffico». Adesso quindi la “palla” torna al Lidl che dovrà studiare le richieste di modifiche e presentare un nuovo progetto per ottenere il via libero definitivo e avviare il cantiere. 8
Cessione Cigierre, Bardelli accusato di evasione (M. Veneto Udine) Luana de Francisco - Da una parte, la holding friulana che cede le azioni di una partecipata, dall’altra la società lussemburghese che le acquista, concordando di pagarle attraverso un corrispettivo fisso e un altro variabile. Un’operazione a sei zeri, quella condotta da Antonio Maria Bardelli nel 2012, con la cessione della sua parte di “Cigierre spa” - la “Compagnia generale ristorazione spa” fondata nel 1995 e attiva con i propri marchi nel centro commerciale “Città Fiera” di Martignacco - alla “Slcg sa”, definita e condotta alla luce del sole, ma viziata, forse, da un difetto fiscale. Un possibile e, se accertato, non secondario errore di valutazione che, secondo la Procura di Udine, avrebbe comportato un’evasione d’imposta pari a 1.121.475,57 euro.L’inchiesta, che muove dalle risultanze investigative di una verifica fiscale del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Udine, è culminata in questi giorni nella notifica a Bardelli, 63 anni, di Moruzzo, qui coinvolto in qualità di legale rappresentante della “Shh spa”, e al suo consulente fiscale Massimo Collino, 47 anni, di Remanzacco, dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari per l’ipotesi di reato di dichiarazione fraudolenta, ai fini dell’evasione dell’Ires. Il controllo ha azionato anche il binario tributario, con la consegna agli interessati di un processo verbale di constatazione.Nel mirino, la dichiarazione relativa al periodo d’imposta 2013, dove gli indagati avrebbero indicato «elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo». E cioè per un totale non dichiarato pari a 4.078.093 euro, a fronte dei 4.292.730 di corrispettivo variabile - il cosiddetto “earn out” - determinato nella lettera “binding” del 23 maggio 2012 «attraverso una formula matematica applicata al valore dell’Ebitda calcolato sul bilancio della Cigierre al 31 dicembre 2012». La quota più consistente, ossia la parte fissa corrisposta dalla lussemburghese alla Shh per l’acquisizione della sua fetta di Cigierre (il 29,1%), era stata indicata in 14.428.110,93 euro. L’operazione fu preceduta dalla liquidazione della “Avalon holding spa”, detenuta per metà dalla Shh di Bardelli e per l’altra metà dalla “Camelot holding spa” di Marco Di Giusto.Secondo le Fiamme gialle, la Shh avrebbe proceduto a una «variazione fiscale in diminuzione» dall’imponibile, considerandola una distribuzione di “utili in natura” da parte della controllante in liquidazione Avalon, invece che un’integrazione di corrispettivo della Slcg, al fine di tassare solo il minore importo di 214.636,50 euro (il 5% dell’earn out). Per fare chiarezza sul caso, il pm Claudia Danelon, titolare del fascicolo, si era rivolta al professor Giuseppe Melis, ordinario di diritto tributario della Luiss di Roma. Nelle conclusioni, il consulente ha definito la sottrazione alla tassazione del 95% della sopravvenienza attiva «un’errata qualificazione giuridica».La parola passa ora alla difesa, rappresentata per entrambi dall’avvocato Maurizio Miculan. La memoria che è pronto a presentare chiede l’archiviazione del procedimento. «È lo stesso consulente del pm che riconosce la legittimità dell’operazione - osserva il legale -. L’oggetto dell’indagine riguarda i criteri di imputazione fiscale della parte variabile del prezzo che, per l’accusa è “sopravvenienza attiva” da tassare integralmente, per la difesa “distribuzione di utili in natura”, esente da tassazione per il 95 per cento. La questione è, dunque, valutativa e, come tale, alla luce della recente riforma dei reati fiscali, non integra alcuna ipotesi penalmente rilevante. Anche laddove si volesse aderire all’impostazione della Finanza - aggiunge -, la società di Bardelli avrebbe potuto riportare, nell’ambito del proprio bilancio consolidato, le perdite pregresse, così da azzerare qualsivoglia ipotesi di imposta dovuta». 9
Sanità, pioggia di milioni sul Veneto. Rischio “fuga” da ospedale e Cro (M. Veneto Pordenone) Enri Lisetto - Il Veneto mette la freccia, accelera e potenzia le strutture ospedaliere a ridosso del Pordenonese, dove si rischia il sorpasso. Non solo: compartecipa al finanziamento dell’Istituto oncologico di Castelfranco, costola della struttura di Padova. Tutto con soldi pubblici. Nella Destra Tagliamento si accendono le spie rosse del rischio fuga: il Cro, un’eccellenza che va ben oltre Nordest, accoglie una buona fetta di pazienti proprio dal Veneto così come i confini friulani sono puntellati da ben quattro strutture ospedaliere: Conegliano, Oderzo, Motta di Livenza, Vittorio Veneto.Così per dire, quest’anno l’Unità locale socio sanitaria 2, quella che ha competenza sulla provincia di Treviso, mette sul piatto, in denaro sonante, 60 milioni di euro solo per Conegliano, con lavori al via entro l’estate. Il progetto prevede 319 posti letto iperspecializzati in una struttura nuova di zecca con ristrutturazione del corpo centrale del nosocomio. Lavori con parte di fondi propri dell’Ulss: 25 milioni, altri 30 arriveranno dalla Regione. Il progetto è al vaglio della Commissione regionale per l’investimento in tecnologia ed edilizia, poi la gara europea e due anni di lavori, col via entro giugno (segue) Intanto qui si taglia. A rischio i contratti a tempo determinato Donatella Schettini - Non è stato un incontro risolutivo, quello di ieri tra l’Azienda per i servizi sanitari 5 del Friuli occidentale e i sindacati, ma si sono apprese le prime notizie sulla strategia che l’Azienda sanitaria intende seguire per ottemperare all’obbligo della Regione di tagliare di un milione e 800 mila euro il costo del personale.Due le strade che l’Ass 5 intende percorrere: esternalizzazione della gestione di tutte le Rsa e taglio dei contratti a tempo determinato, azioni che l’Aas 5 intende discutere con la Regione cercando di ottenere uno “sconto” alla luce del fatto che lo scorso anno il bilancio si è chiuso in attivo. Preoccupati i sindacati. Sul tavolo di discussione, come riferito, c’erano ieri i tagli che l’Aas 5 deve effettuare per rispondere a quanto stabilito dalla Regione, che ha imposto alle aziende un taglio dell’1 per cento della spesa per il personale. Per Pordenone il taglio ammonta a un milione 800 mila euro, anche se secondo la Cgil la cifra sarà superiore perché quella calcolata si riferisce ai lavoratori presenti ad agosto 2018 e non a fine anno.«Entro il 22 febbraio - ha dichiarato Pierluigi Benvenuto della Cgil - l’azienda presenterà il piano attuativo locale alla Regione e da lì comincerà la discussione con la Regione». L’Aas 5 conta su uno “sconto” per avere presentato lo scorso anno un bilancio con segno positivo a fine anno, a differenza di altre aziende.Anzi, l’Aas 5 nel piano prenderà la proposta di implementazione del personale di 91 attività a fine anno, anche se ciò comporterà una riduzione dei contratti a tempo determinato. Sono 20 infermieri, 11 tecnici di laboratorio, 5 tecnici di radiologia, 12 oss e 43 operatori ex legge ‘68. «In totale fanno 91 lavoratori - prosegue Benvenuto - ma significa che i contratti a tempo determinato non saranno rinnovati».L’esempio è quello degli Operatoria socio sanitari (Oss): l’azienda ha sbloccato l’assunzione dei 45 vincitori del concorso regionale, ma se si sottrae il numero di 12 nuove assunzioni rimangono 33 posti, non nuovi ma attualmente coperti con contratti a tempo determinato e che non saranno rinnovati. Altra strada da seguire è quella della esternalizzazione della gestione delle residenze sanitarie assistite di Azzano Decimo e San Vito al Tagliamento. «Anche in questo caso - ha proseguito l’esponente sindacale - l’Aas 5 avvierà una discussione con la Regione per capire se esternalizzarle tutte oppure solo alcuni servizi». Sono già affidate a cooperative esterne le Rsa di Sacile, Maniago e Roveredo in Piano, i cui contratti scadono a maggio. Se confermata la linea entro maggio la Aas 5 emetterà un maxi bando per l’appalto. Tutto ancora da decidere, quindi, con la speranza dello “sconto” sui tagli. Una situazione ancora da definire, ma che preoccupa i sindacati: «La preoccupazione rimane - prosegue Pierluigi Benvenuto - , i tagli rimangono e per cui rimane il clima di timore. Adesso vedremo che cosa sarà concordato con la Regione». Ancora nessuna decisione, quindi, da parte dell’azienda sanitaria. La partita vera si giocherà con la Regione con alla quale la Aas 5 presenterà le proprie proposte, anche se dovranno essere discusse. Con il nuovo piano di attuazione locale si delineerà l’azienda di quest’anno, personale compreso. 10
Rsa ai privati e soccorso a rischio negli ospedali di Sacile e Maniago (Gazzettino Pordenone) Ancora il piano non è definitivo: l’Azienda sanitaria sta ancora studiando e valutando dove poter ottenere i risparmi - cioé dove poter tagliare circa due milioni di euro - chiesti dalla Regione per il necessario taglio dell’uno per cento della spesa sul personale. Ma tra le ipotesi dei servizi da appaltare ai privati - al fine proprio di risparmiare sugli addetti che verrebbero comunque ricollocati - c’è anche quella che vede la possibile esternalizzazione dei punti di primo soccorso degli ospedali di Sacile e di Maniago. Un servizio sanitario che finora è stato sempre gestito con personale interno dalla stessa Azienda sanitaria. L’eventuale appalto del soccorso dei due ospedali periferici si sommerebbe all’appalto delle Rsa (le Residenze assistiti anziani e per persone appena dimesse dall’ospedale) di San Vito, Azzano Decimo e Maniago: sono quelle sul territorio che vengono ancora gestite con personale interno. Inoltre, c’è la conferma: restano a rischio i 180 contratti a termine (tra medici, infermieri, Oss e amministrativi) che entro l’anno potrebbe non essere rinnovati. Sempre, ovviamente, per motivi di costi. C’è pure un’altra ipotesi: il possibile appalto degli sportelli della casse ospedaliere dove i cittadini fanno tutte le pratiche relative alle impegnative e alle visite specialistiche. PRIMO SOCCORSO I punti di Primo soccorso di Sacile e Maniago non sono dei veri e propri Pronto soccorso (come quelli degli ospedali di Pordenone, San Vito e Spilimbergo): c’è comunque un servizio di emergenza per quei casi non gravissimi che non vengono dirottati sui Pronto soccorso. Funzionano durante la giornata (dalle 8 alle 20, mentre di notte è attiva un’auto medica, quest’ultimo servizio già esternalizzato) anche utilizzando le ambulanze. Se la strada sarà quella della privatizzazione sia il reparto di emergenza che le ambulanze operative di giorno a Sacile e a Maniago finirebbero in gestione ai privati. La strada dell’appalto è invece quasi certa per le tre Rsa di San Vito, Azzano Decimo e Maniago. Da quanto si è capito questo passaggio andrebbe a regime verso la seconda parte di quest’anno. Sono circa una cinquantina gli operatori che lavorano nei tre centri: addetti che saranno ricollocati, ma con tutti i disagi di ruoli e di luoghi di lavoro che questo comporterà. Ma questo è l’unico modo per evitare che quegli addetti non pesino più sulla voce personale consentendo quindi all’Azienda di ottenere quei risparmi imposti dalla Regione. Non è migliore la situazione che riguarda i circa 180 addetti con contratto a termine che rischiano di non vedere un rinnovo. Infermieri, operatori sanitari e amministrativi che andranno a casa. Su questo fronte l’Azienda - ieri c’è stato il primo incontro, seppure interlocutorio con il sindacato - ha manifestato l’intenzione di assumere i 45 operatori socio-sanitari già abilitati: queste assunzioni comporterebbero però lo stop ad almeno 33 Oss a termine. PREOCCUPAZIONI Il sindacato ha ribadito le forti preoccupazioni espresse nelle ultime settimane. «Auspichiamo - hanno sottolineato all’incontro Cgil, Cisl e Uil - che l’Azienda trovi la strada per ridurre il più possibili i disagi e l’assegnazione di servizi ai privati». La direzione dell’Aas5, nella trattativa con la Regione, cercherà di fare pesare il fatto che è l’unica Azienda ad avere chiuso in utile l’ultimo anno e che sarebbe più penalizzata dai tagli lineari. Sul fronte del personale parte già infatti in una situazione di svantaggio rispetto alle altre aree geografiche della regione. (Davide Lisetto) 11
L’Uti al capolinea. Il Comune si riprende tutte le sue funzioni (Gazzettino Pordenone) Cala il sipario sull’esperienza dell’Uti, con pochi rimpianti e tante incertezze sul futuro. L’amministrazione Ciriani ha colto al balzo quanto previsto dalla nuova legge e si è ripresa quasi tutte le funzioni che aveva dovuto conferire in nell’Unione territoriale. Nulla di politico, solamente una scelta funzionale, assicura il sindaco Alessandro Ciriani citando le complicazioni intervenute nella questione dei dehor. Ma la questione è politica, e l’Aula si divide ancora una volta sull’ex Provincia e i suoi destini. LE IMPRESSIONI A difendere l’esperienza dell’Uti è Daniela Giust (Pd): «Non è stato dato il tempo di sperimentare fino in fondo sostiene citando l’esperienza positiva dell’Uti delle Dolomiti friulane - e ora non c’è più nulla. Siamo in un cul de sac, e ci auguriamo che questa Giunta regionale sappia dare una svolta e configurare una proposta che sia in grado di dare una risposta seria alla domanda iniziale, quella dei costi esagerati a carico dei piccoli Comuni per fornire i servizi». Sul fronte opposto il consigliere regionale Alessandro Basso: «Registrare un fallimento all’interno della pubblica amministrazione è stato un costo. Questa riforma delle Uti è stata un massacro, e ciascuno di noi, come contribuente, ne sta pagando le conseguenze. E meno male che non c’è stato il tempo di fare la sperimentazione. Quali sono stati i costi sociali per i cittadini della provincia di Pordenone? Qual è stato il costo identitario? Questo è l’indotto negativo che ha creato la riforma delle Uti». «La riforma precedente non ha fatto innamorare quasi nessuno ammette anche Marco Salvador (Pordenone 1291) -. Le fusioni sarebbero, secondo me, la grande riforma. È vero che la Provincia di Pordenone è un ente inutile, ma alcune lacune la sua mancanza le ha lasciate, per esempio nella manutenzione delle strade e nella contribuzione per le associazioni. È vero anche, però, che il centrodestra non ha assolutamente idea di cosa fare, salvo ripristinare la Provincia così com’era prima». I RIMPIANTI E ad allungare la lista dei rimpianti si aggiungono Mauro Tavella (Forza Italia) con la Motorizzazione civile e il sindaco con le politiche del lavoro. É il momento degli scambi di accuse e dei pentimenti: da Lorenzo Marcon (Pd) che chiama in causa tutte le forze politiche che votarono per la chiusura delle Province al mea culpa di Mara Piccin (Forza Italia) per l’astensione di allora e al cambio di rotta di Mattia Tirelli (Pordenone Cambia). Fino al sindaco, che vede riconosciute le battaglie del passato: «C’era un fronte comune contrario alle province, ma c’era qualche giapponese che ha combattuto di tasca propria fino alla Corte costituzionale. Io contrario alla Provincia non lo sono mai stato, ma la certezza che si respirava in quei momenti era che quella battaglia fosse inutile. Occorreva versare del sangue e darlo in pasto alla gente, e quel sangue doveva essere il nostro. Infatti s’è fatta una riforma frettolosa, probabilmente su base giusta. Al tempo, la responsabilità fu di tutti. Il tema della razionalizzazione degli enti locali è un tema altro rispetto a quello delle Province, molto più complicato. Rispetto a quello che sarà la riforma, lasciamo il tempo. Attendiamo di capire quale sarà l’esito, perché c’è una serie di compiti che non possono essere demandati ai Comuni e non possono essere gestiti dalla Regione. Per quanto ci riguarda, siamo stati ampiamente rassicurati: la provincia di Pordenone territorialmente non si discute. Nessuno gioisce per la chiusura delle Uti, però forse sentiamo una liberazione da un organismo in cui noi non abbiamo creduto». (Lara Zani) 12
Dormitorio addio, profughi sulla strada (Gazzettino Pordenone) Punto e a capo. Entro l’estate i richiedenti asilo che non possono godere di un programma di protezione e inserimento torneranno sulla strada. E a Pordenone si rivedranno i bivacchi, con coperte a terra per ripararsi di notte e mense improvvisate sui marciapiedi. Tutta colpa (il virgolettato è d’obbligo) della riconversione dell’attuale dormitorio di via Roma a Porcia in una nuova scuola. Attualmente la situazione è questa: in mancanza di un’alternativa, che per ora non c’è, rischiano di disperdersi lungo le vie del centro circa venti persone, e non sono tutte straniere. IL CASO Nel dormitorio di Porcia, gestito dalla Croce Rossa, c’è anche un italiano. È un senzatetto pordenonese, che trova riparo nelle ore notturne nella struttura che ospita perlopiù cittadini afghani e pakistani. Quello è il suo unico rifugio, e da quando il portone si chiuderà definitivamente sarà costretto di nuovo a dormire per strada. Non ha niente a che fare con i progetti di accoglienza, non chiede asilo né protezione internazionale. E solo un senzatetto nato e cresciuto in provincia, a cui la vita ha voltato le spalle. Lui, come gli altri, dovrà abbandonare la struttura quando partiranno i lavori per la realizzazione della scuola. IL RISCHIO Giovanni Antonaglia, presidente della Croce Rossa di Pordenone, informa di un incontro avvenuto in Prefettura. Era presente anche il sindaco Ciriani. «Al momento non c’è all’orizzonte un nuovo dormitorio», ha spiegato. Amministrazione comunale e Prefettura sono su una posizione comune: sono passati i giorni della grande emergenza e non si è di fronte a un’invasione di senzatetto. Ma chiudendo il dormitorio si arriverà a un ritorno dei cosiddetti bivacchi. Ad uscire dalla struttura entro l’estate saranno circa venti persone. Dormiranno all’aperto, a meno che qualche privato o ente caritatevole non offra loro un riparo. L’allarme è stato lanciato da Rete solidale. «Torneranno a dormire sulle strade - spiega Luigina Perosa -. Mangeranno sulla strada, vivranno sulla strada». Si aggiungeranno alle dieci persone che oggi non trovano posto nel dormitorio e che vanno alla costante ricerca di ricoveri di fortuna, notte dopo notte. MOBILITAZIONE Che la fuoriuscita dal dormitorio di venti persone che non fanno parte di alcun progetto di inclusione rappresenti una sfida per la sicurezza e il decoro, è un dato di fatto. Che al momento sia l’unica strada certa, visto che non si parla di un nuovo ricovero organizzato, lo è altrettanto. (Marco Agrusti) Vertici amministrativi: a scuola niente stipendi, li anticipa la Regione (M. Veneto Pordenone) Chiara Benotti - Lo Stato non paga da mesi i vertici amministrativi della scuola di Cordovado e ci pensa la Regione: 100 mila euro per scongiurare la fuga di chi lavora senza salario come reggente annuale in venti scuole nel Friuli Occidentale. «Un impegno annuo di 100mila euro - conferma il consigliere regionale Gianpaolo Bidoli - per scongiurare il blocco amministrativo anche in altre province friulane».A Cordovado, il vertice di segreteria Annamaria Scialpi ha assunto l’incarico di reggente 2018-2019 e fa la spola tra l’Isis Kennedy a Pordenone e il comprensivo a Cordovado: per mesi senza salario. «La Regione sta attivando una serie di dispositivi economici finalizzati a colmare le sofferenze nel sistema scolastico - riferisce Bidoli -. Sulle carenze di dirigenti scolastici e direttori dei servizi generali e amministrativi interverrà con risorse finanziarie: per attività di supporto amministrativo e organizzativo». La Regione apre le casse in sostegno alle funzioni di competenza dei dirigenti: il direttore amministrativo reggente ad Aviano si è dimesso a gennaio di fronte alla mole di lavoro non pagato dallo Stato. «Per rispondere ai bisogni delle scuole manifestati anche dai sindaci di diversi Comuni, ci siamo attivati a fine 2018 - aggiunge Bidoli, eletto con Patto per l’autonomia -. Diamo risorse alle scuole prive dei dirigenti anche in segreteria».In dettaglio: la legge regionale 13 del 30 marzo 2018, con l’articolo 53 prevede interventi a favore delle scuole con reggenti. «Le scuole hanno rischiato il blocco amministrativo a settembre e ottobre 2018 - ricorda il consigliere -. La Regione è autorizzata a disporre interventi per offrire una temporanea soluzione, con riferimento alla grave carenza delle scuole Friuli: in provincia manca una ventina di direttori di segreteria». Il dispositivo è garantito anche per l’annata 2019-2020. «È prevista la spesa di 100 mila euro - conclude Bidoli - per ciascuno degli anni 2019 e 2020». L’assessore regionale Alessia Rosolen ha stipulato un accordo con il ministero dell’Istruzione per ulteriori interventi in organico: anche per docenti, bidelli, amministrativi e tecnici Ata. 13
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