RASSEGNA STAMPA CGIL FVG - mercoledì 11 marzo 2020
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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – mercoledì 11 marzo 2020 (Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti) ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA (pag. 2) Fedriga vuole chiudere tutto. I contagiati salgono a 116, 23 casi in più rispetto a lunedì (M. Veneto)L'industria collabora ma frena davanti all'ipotesi di uno stop (M. Veneto) L'appello di categorie e sigle: «Subito un tavolo regionale» (M. Veneto) I sindacati: stop alla corsa in negozio (M. Veneto) Sono chiusi da ieri i negozi Arteni. Porte aperte al Fiera e da Bennet (M. Veneto) Un contagiato alla Pratic: fermata la produzione (M. Veneto) Riccardi vede i sindacati in un clima da "alleanza" (Piccolo) Ronchi non esclude la chiusura. E le Frecce restano in stazione (Piccolo) Stop alle frontiere da Slovenia e Austria. Controlli sanitari a chi vuole passare (M. Veneto) Tra le migliaia di transfrontalieri c'è già chi ha rinunciato al lavoro (Piccolo) CRONACHE LOCALI (pag. 10) Crisi alla Safilo: al ministero con l'accordo (M. Veneto Udine) Virus, contagiati tre dipendenti del Cafc: sportelli chiusi al pubblico fino al 3 aprile (M. Veneto Udine) I pm potranno lavorare da casa. Raccomandate le ferie agli altri (M. Veneto Udine) Caso di positività all'ospizio, effettuati trenta tamponi (M. Veneto Udine) Tassa rifiuti rinviata per tutte le aziende. Soldi alle scuole per lezioni a distanza (M. Veneto Udine)Lavinox, niente soldi: i lavoratori si fermano (M. Veneto Pordenone) Troppi bidelli al lavoro per il sindacato Flc-Cgil in otto istituti su dieci (M. Veneto Pordenone) «Qui infermieri modello. Prorogate gli interinali» (M. Veneto Pordenone) Sindaco di Cordenons positivo e già isolato. Decine di persone messe in quarantena (M. Veneto Pn)Rinviate le prove a mare della Enchanted Princess (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Monfalcone, capo dei vigili positivo. Sindaco e giunta in autoisolamento (Piccolo Gorizia-Monfalcone) 1
ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA (pag. 2) Fedriga vuole chiudere tutto. I contagiati salgono a 116, 23 casi in più rispetto a lunedì (M. Veneto) Mattia Pertoldi - Chiudere tutto: bar, ristoranti, fabbriche e, più in generale, qualsiasi attività ancora operativa - tranne quelle necessarie e fondamentali come supermercati e farmacie - per qualche settimana con l'obiettivo di fermare la diffusione del coronavirus. Massimiliano Fedriga, in poche parole, non cambia idea e - dopo averlo già chiesto a Giuseppe Conte nella giornata di lunedì - lo ha ribadito anche ieri: bisogna, appunto, chiudere tutto, esercizi commerciali compresi, per una manciata di settimane. Non bastano, cioè, le misure di contenimento del coronavirus adottate fino a questo momento. No, per il governatore è necessaria un'ulteriore stretta.«Abbiamo chiesto al Governo - ha spiegato Fedriga - di chiudere anche le fabbriche, le attività produttive e gli esercizi commerciali in tutta Italia. Noi è vero che non abbiamo registrato un numero di casi pari a quello di altre regioni, ma sono molto preoccupato per l'aumento dei contagi anche in Friuli Venezia Giulia visto come, ad esempio, lunedì siano quasi raddoppiati in una sola giornata. Dobbiamo intervenire prima che la situazione ci sfugga di mano, non dopo». Rafforzando, cioè, ancora di più i controlli. «È meglio bloccare tutto per un paio di settimane - ha concluso il presidente - e poi ripartire invece che portare avanti un'agonia senza fine e che rischia di fare chiudere lo stesso le aziende e di creare ancora più danni di quelli che dovremo, comunque, affrontare. Chiudiamo tutto, aiutando economicamente le imprese e le famiglie perché nessuno deve perdere il posto di lavoro, prima che sia troppo tardi». Fedriga, dunque, si allinea alla posizione della Lombardia, che da giorni con il governatore Attilio Fontana insiste per una serrata totale in tutta la regione, e anche a quella del Veneto che per bocca di Luca Zaia ha chiesto un provvedimento simile anche per il territorio di Venezia. Ma il Governo, almeno al momento e stando alle dichiarazioni di Matteo Salvini, pare non voler ascoltare le tre Regioni del Nord. Per quanto riguarda, invece, il conto dei contagi questo dice che, a ieri, in Friuli Venezia Giulia sono saliti a 116 persone, 23 in più rispetto al dato di lunedì. Nel conto complessivo va, purtroppo, registrato il terzo decesso in regione con coronavirus: quello di Maria Panfili, 93enne di Precenicco ricoverata con polipatologie a Latisana e poi trasportata a Udine. All'interno dei 116 casi di positività, bisogna quindi inserire i 27 ricoveri in ospedale di cui 6 in terapia intensiva, compreso l'uomo trasportato una manciata di giorni fa da Cremona su richiesta della Protezione civile nazionale. Tra i contagi ufficializzati ieri, quindi, c'è anche quello del caso legato a una suora di Arta Terme, a un dipendente della Forestale di Moggio Udinese e al comandante della polizia locale di Monfalcone, ma originario di San Daniele.«Il senso dei nuovi provvedimenti approvati dal Governo - ha commentato il vicepresidente Riccardo Riccardi - è che le persone si spostino dalle loro case soltanto per ragioni essenziali, ovvero andare al lavoro, per prestazioni sanitarie urgenti o per l'acquisto di beni di prima necessità: si chiede alle persone di osservare in modo stretto le indicazioni di protezione». 2
L'industria collabora ma frena davanti all'ipotesi di uno stop (M. Veneto) Elena Del Giudice - Una condivisione di sostanza delle disposizioni del Governo relative all'emergenza del coronavirus dal mondo industriale del Friuli Venezia Giulia. Con uno sguardo, preoccupato, al futuro prossimo, ovvero all'ipotesi che, all'insegna dell'#iorestoacasa, si possano fermare le attività produttive, le fabbriche. Una richiesta precisa in questa direzione è già arrivata dalla Lombardia ed anche dal Veneto, rivolta al premier Giuseppe Conte. E il Fvg? «Ci stiamo consultando con le Confindustrie della Lombardia, del Veneto e dell'Emilia Romagna per assumere una posizione comune - spiega Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Alto Adriatico -. Non è un'idea balzana, ricalcherebbe quel che ha già fato la Cina». Ma il leader degli industriali di Pordenone-Gorizia-Trieste non va oltre, evitando le fughe in avanti, inopportune rispetto ad un orientamento che vorrebbe arrivare ad una «posizione comune». Che peraltro, allo stato, pare difficile. L'Emilia Romagna, pur condividendo le preoccupazioni, ritiene necessario «mantenere acceso il motore dell'economia». Sulla stessa linea la presidente di Confindustria Belluno Dolomiti, ed anche la leader degli industriali udinesi, Anna Mareschi Danieli. «Confindustria condivide i provvedimenti assunti dal Governo italiano. Le misure previste nell'ultimo decreto sono necessarie per cercare di contenere il contagio. Stiamo collaborando tutti per garantire la continuità delle attività produttive, dei trasporti e del lavoro delle persone, pur consapevoli della necessità di limitare al massimo gli spostamenti dei lavoratori. Non è facile, ma lo stiamo facendo - dichiara Mareschi Danieli -. Conviviamo con l'idea di essere privati, giorno per giorno, di una quota crescente di collaboratori e questa situazione è drammatica, perché non consente una corretta programmazione dell'attività d'impresa. Una modulazione concertata, caso per caso, per poter ridurre la capacità produttiva in un momento di crisi qual è quello che stiamo vivendo è possibile, sarebbe auspicabile consentire alle aziende che vogliono lavorare e riescono a farlo di continuare ad operare, come permettere a quelle per le quali la produzione non è sostenibile di chiudere consapevoli del fatto che per molte imprese work intensive l'incidenza dei costi fissi aziendali è tanto maggiore quanto minori sono i volumi di produzione. Questo sarà possibile se e solo se tutti gli italiani, nessuno escluso, assumeranno un profondo e scrupoloso senso civico di responsabilità seguendo alla lettera il decreto del Governo. Se ciò non dovesse accadere, e non voglio pensare a questa eventualità, allora non avremo altra scelta». Per meglio seguire l'evolversi della situazione, Confindustria Fvg insieme ai sindacati Cgil, Cisl e Uil, chiedono alla Regione di aprire immediatamente un tavolo permanente che riunisca la stessa Regione e le principali organizzazioni datoriali e sindacali del Fvg che si occupi di proporre, concordare e attuare provvedimenti specifici e urgenti per rispondere tempestivamente all'emergenza Corona Virus sul nostro territorio. Su fronte delle necessità per le imprese, se n'è discusso anche a Palazzo Torriani tra gli industriali udinesi e l'assessore Bini al quale sono state illustrate alcune richieste, a partire dalla «riduzione proporzionale dell'aliquota Irap 2020, fino anche all'azzeramento, in relazione al danno economico patito per il coronavirus - rimarca Mareschi Danieli -. Una seconda proposta riguarda la revisione dell'agevolazione sulle imprese virtuose, che è molto importante perché è l'unica non in regime de minimis. Per quanto riguarda i finanziamenti agevolati all'1% fino a 300 mila euro sulle sezione anticrisi a fronte di esigenze di liquidità, Confindustria propone l'elevazione del massimale di intervento da 300 a 500 mila euro. Inoltre, il tasso agevolato, ordinariamente fissato all'1%, potrebbe essere limato di mezzo punto percentuale portandolo allo 0,50% attraverso un apposito contributo in conto interessi. Il tutto, dovrebbe essere accompagnato anche da uno snellimento degli adempimenti burocratici necessari». Nutrito anche l'elenco delle misure che Confindustria Udine sollecita al Governo, a partire dalla cassa in deroga agli investimenti e l'apertura dei cantieri, la sburocratizzazione ecc. 3
L'appello di categorie e sigle: «Subito un tavolo regionale» (M. Veneto) Il richiamo alla «responsabilità», ma anche la richiesta di un confronto «permanente» con la Regione per fronteggiare gli inevitabili contraccolpi economici di queste settimane. I sindacati e le associazioni di categoria fanno quadrato attorno all'emergenza coronavirus. Dalla riunione di ieri tra Confindustria Fvg, Cgil Fvg, Cisl Fvg e Uil Fvg è emersa una linea condivisa: «Aprire immediatamente un tavolo permanente che riunisca la Regione e le principali organizzazioni datoriali e sindacali. Un tavolo che si occupi di proporre, concordare e attuare provvedimenti specifici e urgenti», si legge in una nota congiunta. Alla riunione hanno preso parte, in rappresentanza di Confindustria Fvg, il presidente di Confindustria Alto Adriatico Michelangelo Agrusti e il direttore regionale Massimiliano Ciarrocchi. Le sigle sindacali erano invece rappresentate dal segretario generale Cgil Fvg Villiam Pezzetta, dal segretario generale Cisl Fvg Alberto Monticco e dal segretario generale Uil Fvg Giacinto Menis. «Questo tavolo è necessario per la tutela della tenuta del sistema imprenditoriale, l'occupazione dei lavoratori e al contempo tutelare la salute, nell'ambito di quanto consentito dalle misure nazionali». Agrusti ha voluto inoltre indirizzare un video messaggio a tutti gli imprenditori associati di Gorizia, Pordenone e Trieste. «Si tratta di essere coraggiosi e fiduciosi al tempo stesso. Si tratta di vivere il tempo che ci è dato vivere con tutte le sue difficoltà», le parole del presidente di Confindustria Alto Adriatico. «Il momento è critico per tutti gli italiani - ha proseguito - perché in discussione c'è un requisito basilare per l'esistenza di tutti: la salute, ovvero la condizione per poter stare insieme agli altri in ogni ambito, compresa la vita in azienda. Di fronte a questo c'è bisogno di una responsabilità collettiva e agli imprenditori è richiesto un sacrificio in più rispetto a tutti gli altri cittadini: tenere in piedi economicamente il Paese». Così il presidente regionale di Confcommercio Fvg Giovanni Da Pozzo: «In un momento critico sul territorio nazionale, è del tutto opportuno aver esteso sotto una regia unica che cancella interpretazioni diverse e differenziazioni da regione a regione sulle misure di contenimento del contagio da coronavirus. In questo contesto - ha rilevato ancora - la responsabilità del mondo dell'economia sarà di rispettare le regole e di collaborare con le istituzioni, in particolar modo con quelle regionali. Ma altrettanta responsabilità servirà nel considerare che, accanto al bene primario della tutela della salute, vi è anche quello della tenuta economica». 4
I sindacati: stop alla corsa in negozio (M. Veneto) Il mondo del commercio è tra quelli più sotto pressione con le norme appena adottate dal governo. Chiusure obbligatorie, orari, divieti, distanze di sicurezza, assalto dei clienti: ogni negoziante deve fare un vero e proprio slalom per arrivare a fine giornata quando chiude la saracinesca.Ieri l'associazione di categoria, con una nota, ha riassunto un po' tutta la normativa vigente in queste settimane eccezionali. «Confcommercio Udine - si legge - informa che, al fine di contrastare e contenere il coronavirus, sono entrate in vigore nuove disposizioni più restrittive che prevedono che le attività di ristorazione e bar sono consentite dalle 6 alle 18 con obbligo a carico del gestore di predisporre le condizioni per garantire la possibilità del rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno 1 metro. Per i negozi e le attività commerciali l'esercizio dell'attività è consentita a condizione che il gestore garantisca un accesso ai predetti con modalità contingentate o comunque idonee a evitare assembramenti di persone, tenuto conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei locali aperti al pubblico. Anche in questo caso va garantito ai frequentatori la possibilità di rispettare la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro. In presenza di condizioni strutturali o organizzative che non consentano il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di 1 metro, le attività dovranno essere chiuse. Relativamente all'attività di consegna a domicilio dopo le 18, può proseguire negli orari di chiusura al pubblico. Sarà cura di chi organizza l'attività di consegna a domicilio - lo stesso esercente ovvero una cosiddetta piattaforma - evitare che il momento della consegna preveda contatti personali. Il mancato rispetto di queste disposizioni, comporterà la sanzione della sospensione dell'attività e l'eventuale imposizione di ulteriori implicazioni amministrative e/o penali. Le medie e grandi strutture di vendita nonché gli esercizi commerciali e pubblici all'interno di centri commerciali nelle giornate festive e prefestive sono chiusi. La chiusura festiva e prefestiva non è invece disposta per farmacie, parafarmacie e punti vendita di generi alimentari, il cui gestore è comunque chiamato a garantire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro. Sono inoltre sospese le attività di palestre, centri sportivi, piscine, centri natatori, centri benessere, centri termali (ad esclusione delle prestazioni rientranti nei livelli essenziali di assistenza), centri culturali, centri sociali, centri ricreativi. Sospese inoltre le attività di cinema, teatri, locali di intrattenimento e svago, scuole di ballo, sale giochi, sale scommesse e sale bingo, discoteche e luoghi assimilati».Ieri hanno fatto sentire la loro voce pure i sindacati del commercio. Un duplice appello: ai cittadini, invitati a non affollare i supermercati, a spalmare lungo la settimana gli approvvigionamenti alimentari e a evitare inutili e pericolosi affollamenti nei centri commerciali, e ai negozi piccoli e grandi, cui si raccomanda il rispetto delle norme legate all'emergenza sanitaria in atto, a partire da quelle relative alla dotazione dei dispositivi di protezione individuale per i propri dipendenti. A lanciarlo sono Francesco Buonopane, Adriano Giacomazzi e Matteo Zorn, segretari generali dei sindacati del commercio di Cgil, Cisl e Uil. «Chiediamo alle imprese della grande distribuzione e a tutte le attività commerciali, alimentari e non, di ottemperare agli obblighi previsti», scrivono i tre segretari, pronti ad «attivarci presso le autorità competenti a tutela di lavoratrici e lavoratori qualora ci venissero segnalati comportamenti difformi da quanto previsto dai decreti». I sindacati invitano le aziende commerciali e i datori di lavoro a garantire ai lavoratori dispositivi di protezione e rispetto delle procedure per salvaguardare la loro salute, quella dei familiari, amici e conoscenti». «Continuare a far finta di niente e scegliere questi luoghi come centri di aggregazione da parte dei clienti e cittadini - aggiungono Cgil, Cisl e Uil - , può comportare l'aumento dei contagi da Covid 19 ed il propagarsi dell'epidemia se non si rispettano le misure e i provvedimenti di rispetto e protezione per sé e per gli altri».Intanto su Facebook e su altri social fioccano le prime segnalazioni di cittadini che ieri sera, hanno visto attività commerciali aperte ben oltre l'orario imposto delle 18. «È normale che alle 19.34 - scrive una utente di Fb - ci sia ancora un esercizio aperto a Tarcento? Gli esercenti seri e rispettosi delle ultime disposizioni, loro malgrado, hanno dovuto attenersi a quanto deciso... e poi c'è chi fa come vuole e mantiene aperta la propria attività e sono diverse le persone che entrano ed escono per acquistare, in una delle vie principali della città». --M.CE. 5
Sono chiusi da ieri i negozi Arteni. Porte aperte al Fiera e da Bennet (M. Veneto) Il primo a decidere è Arteni. Alla fine della mattinata, dopo aver analizzato in dettaglio i contenuti del decreto del governo, è arrivata la scelta: si chiude. «Abbiamo deciso di chiudere tutti i punti vendita a partire dal pomeriggio e, intanto, fino a domenica 15 marzo. Poi... vedremo - spiega Gianni Arteni -. Anche perché le incertezze della normativa sono molte e alcune contraddittorie. Si sa che le persone possono uscire di casa solo per comprovate necessità, ma noi non vendiamo prodotti di prima necessità. Abbiamo chiesto indicazioni al Comune, e ci hanno risposto che non sta a loro avanzare richieste di chiusura, tranne che nel fine settimana. La scelta è stata conseguente: chiudiamo i punti vendita. In questo modo, e davanti ad un trend di contagi che cresce a livelli esponenziali, diamo il nostro contributo all'obiettivo di contenere la diffusione del virus». Una scelta certamente combattuta e sofferta, «ma che ci auguriamo la nostra clientela comprenda e interpreti nel modo in cui noi l'abbiamo assunta: cerchiamo di fare la nostra parte come il Governo ci chiede». TERMINAL NORD Sul fronte dei centri commerciali c'è chi si è mosso rapidamente scegliendo di adeguarsi rigorosamente alle disposizioni del decreto, è il caso del Terminal nord e di Bennet. Terminal nord da oggi, 11 marzo, al 3 aprile, manterrà i punti vendita aperti da lunedì a venerdì dalle 9 alle 19, mentre i negozi chiuderanno il sabato e la domenica. Bar e ristoranti saranno aperti tutti i giorni dalle 9 alle 18, e chiusi nel fine settimana. Solo l'ipermercato e la parafarmacia resteranno aperti anche nel fine settimana, con orario dalle 9 alle 21, e la domenica dalle 9,30 alle 20,30.bennetSulla stessa linea il Bennet di Pradamano che mantiene i consueti orari di apertura per i negozi, fino alle 19 dal lunedì al venerdì che resteranno invece chiusi sabato e domenica; fa eccezione l'ipermercato che sarà frequentabile anche nel fine settimana... E.D.G. Un contagiato alla Pratic: fermata la produzione (M. Veneto) Maura Delle Case - Era ormai questione di giorni perché il coronavirus investisse anche la manifattura Fvg e a fare i conti per prima, in provincia di Udine, con il manifestarsi dell'epidemia è stata la Pratic di Fagagna. L'azienda dei fratelli Edi e Dino Orioli, leader internazionale nella progettazione di pergole e tende da sole, ha chiuso ieri mattina il reparto produzione dopo aver accertato che uno dei suoi operai era stato contagiato. I 160 lavoratori diretti alla produzione resteranno a casa fino al prossimo 13 marzo così da consentire la sanificazione dei locali, mentre si recheranno regolarmente al lavoro gli impiegati di uffici amministrativi e direzione, laddove possibile da postazioni di smart working... 6
Riccardi vede i sindacati in un clima da "alleanza" (Piccolo) Andrea Pierini - Un confronto sereno improntato più sulla possibilità di far arrivare al vicepresidente le richieste degli operatori della sanità per poi aggiornarli sugli interventi che la Regione sta mettendo in campo. Ieri Cgil, Cisl, Uil e Fials Confsal hanno incontrato Riccardo Riccardi in un clima di alleanza vista la situazione estremamente complicata legata all'emergenza Coronavirus. Oltre al numero delle assunzioni, che Riccardi aveva già in parte anticipato nei giorni scorsi, è stata accolta la proposta dei sindacati di incrementare il fondo incentivante con un aumento del 50% delle attuali indennità per gli straordinari notturni e festivi e di utilizzare una parte di Risorse aggiuntive regionali per alcune iniziative mirate. Cgil, Cisl, Uil e Fials confermano inoltre che le risorse necessarie per l'aumento del personale arriveranno anche dal governo sulla base di quanto confermato dal ministro della Salute Roberto Speranza al vicegovernatore. I dubbi sono legati ai tempi tecnici, che non dipendono da Arcs, per poter procedere agli inserimenti di 66 Medici, 8 Medici Radiologi, 173 Infermieri e 74 Oss con queste ultime due categorie che, sempre secondo i sindacati, entrerebbero con contratto a tempo determinato per poi dopo due anni essere stabilizzati. È stato chiesto di assumere anche tecnici di laboratorio, di radiologia e assistenti sanitari, al momento non ancora previsti dal decreto. Ieri è arrivata dalla Regione la conferma della sospensione dell'attività chirurgica e ambulatoriale programmata non indifferibile, operazione che consentirà di liberare personale per altre urgenze. I sindacati hanno chiesto un impegno anche a garantire la sicurezza dei lavoratori con la distribuzione dei Dpi. «Il senso del dovere e la grande professionalità degli operatori anche in Fvg - spiegano Orietta Olivo (Fp Cgil), Massimo Bevilaqua (Cisl Fp) e Luciano Bressan (Uil Fpl) - è un orgoglio da ricordare anche dopo, ma ci deve far riflettere sulle troppe volte in cui si è sottovalutato il valore del servizio pubblico. L'occasione deve essere quella per investire subito risorse per recuperare anni di tagli». Un concetto ripreso anche da Fabio Pototschnig (Fials): «Appare evidente che nella sanità non bisognava tagliare ma investire». Ronchi non esclude la chiusura. E le Frecce restano in stazione (Piccolo) Marco Ballico - Frecce cancellate, voli quasi. Tanto che Trieste Airport, verso una riduzione del 90% di passeggeri dopo il -52% dal 1 al 9 marzo, non esclude, con l'amministratore delegato Marco Consalvo, una chiusura dello scalo. Il Friuli Venezia Giulia è isolato dal resto d'Italia, ma stavolta non è questione di scelte aziendali. Non si viaggia più ed è inevitabile che i servizi di trasporto vengano meno. Almeno fino al 3 aprile, il giorno che si spera possa essere l'ultimo delle limitazioni imposte dalla diffusione del coronavirus. I treni veloci verso Milano e Roma, informa Trenitalia, oggi, come ieri, sono saltati, mentre i treni regionali, al momento, mantengono orari e frequenze. Nessuna notizia, non ancora, su quello che succederà, anche se Trenitalia fa intanto sapere di avere avviato l'utilizzo di un nuovo criterio per la prenotazione dei posti a bordo delle Frecce, tale da garantire il rispetto delle distanze di sicurezza prescritte dalle disposizioni in materia di prevenzione e diffusione del Covid-19. Notizie più certe arrivano da Ronchi. E non sono confortanti. L'incontro di ieri a Roma, viste le restrizioni degli spostamenti nel Paese, non si è svolto. La trattativa con Alitalia per cercare di anticipare il volo delle 11.10 su Fiumicino di un paio d'ore rimane aperta al telefono, ma la compagnia, ieri sera, ha tagliato pure la tratta odierna di quella stessa ora (per andare nella capitale resta solo la partenza delle 19.25), che però dovrebbe riprendere da domani. L'ad Consalvo guarda però ormai al quadro generale. E ammette che, di fronte a un decreto che congela il turismo e invita quanto possibile a stare nelle proprie abitazioni, «il rischio è nei prossimi giorni di dover chiedere a Enac non solo, come già fatto, di ridurre l'orario di apertura dell'infrastruttura, ma di chiuderla». La stessa sorte, a quanto pare, dell'aeroporto Canova di Treviso. In agenda, dopo l'annuncio di ieri di Ryanair di cancellare tutti i voli da e per l'Italia dal 14 marzo al 9 aprile, da Ronchi sono in programma oggi gli ultimi collegamenti su Bari (partenza alle 11.35) e Catania (partenza alle 21.50). Venerdì, alle 17, decollerà l'ultimo aereo su Londra, primo dello stop. I superstiti sono perciò i due voli di Alitalia su Roma (310 passeggeri in arrivo e partenza domenica 8,275 lunedì 9,160 ieri), al netto delle sforbiciate della sera prima, e i due di Lufthansa su Monaco, con qualche limitazione. Uno scenario al momento senza speranza, tanto che l'ad anticipa la richiesta della cassa integrazione in deroga «non appena il governo diramerà un Dpcm in merito». Interessati la gran parte dei 140 dipendenti in servizio tra Trieste Airport e Afvg Security. «Con un ulteriore accordo sindacale da domani - informa ancora Consalvo - l'80% è in ferie». 7
Stop alle frontiere da Slovenia e Austria. Controlli sanitari a chi vuole passare (M. Veneto) Marco Di Blas - Slovenia e Austria annunciano la chiusura delle frontiere con l'Italia per l'emergenza coronavirus. La Slovenia ieri è andata "a ruota" degli austriaci: «Ho ordinato al ministero degli Affari esteri e al ministero degli Interni di chiudere il confine con l'Italia in seguito alla decisione dell'Austria», ha annunciato il primo ministro uscente Marjan Sarec sul suo account twitter.Anche l'Austria intende abbassare la saracinesca al confine italiano e impedire gli ingressi da quello che attualmente è il più minaccioso focolaio di Coronavirus d'Europa. Per ora è soltanto un proposito, perché le modalità di attuazione del blocco devono ancora essere definite. Ma il cancelliere Sebastian Kurz, nell'annunciare in una conferenza stampa questa e altre misure contro il diffondersi del contagio, è stato chiaro: ha parlato di "Anreisestopp", ovvero di divieto di ingresso per gli italiani.Alla frontiera tutti i veicoli verranno fermati dalla polizia e gli italiani potranno proseguire il viaggio soltanto se in possesso di un certificato medico che attesti l'assenza del contagio. Altrimenti saranno rimandati indietro. Si tratta di una prescrizione ancora piuttosto vaga, che forse verrà meglio definita nel decreto che ieri, al momento della conferenza stampa, non era ancora pronto. È evidente che il certificato medico vale nel momento in cui è rilasciato, mentre i sintomi del virus potrebbero manifestarsi nei giorni successivi. Tant'è vero che per i cittadini austriaci residenti o in viaggio in Italia se n'è tenuto conto. Il ministro della sanità, Rudolf Anschober, presente alla conferenza stampa con Kurz, li ha esortati tutti a tornare in patria, ma dovranno sottoporsi a una quarantena di 14 giorni. Per loro la quarantena e per gli italiani soltanto il certificato? Qualcosa non quadra e per capirne di più occorrerà forse attendere qualche giorno. Quel che è certo è che ieri il confine era aperto come sempre, solo il traffico in entrata e uscita era sensibilmente ridotto. Sia al valico del Brennero che a quello di Tarvisio sono stati effettuati per due ore i controlli sanitari a campione che erano stati annunciati fin da venerdì scorso. Il transito transfrontaliero non ha subito rallentamenti di rilievo. Al valico di Tarvisio i controlli sono stati fatti dalle 14.30 alle 16.30 nell'ex area doganale lungo l'autostrada, all'interno del territorio austriaco. Oggi si vedrà se saranno introdotti controlli più sistematici e dove. Se il transito fosse bloccato alla frontiera, costituirebbe una deroga all'accordo di Schengen, per la quale almeno fino a ieri non era stata presentata alcuna richiesta all'Ue. Sempre in materia di transiti, le altre misure a cui ieri il cancelliere Kurz e il ministro degli Interni Karl Nehammer hanno fatto cenno, riguardano il trasporto merci: i camion potranno entrare in Austria, previa esibizione anche in questo caso di un certificato sanitario. Sarà inoltre consentito l'attraversamento dell'Austria per quanti dichiarano di essere diretti in Germania o in un altro Paese del Centro Europa, con l'obbligo di non fare tappe intermedie sul suolo austriaco. Interrotti i collegamenti aerei e ferroviari. Il numero dei contagi in Austria è ancora limitato (193 persone alle 19.30 di ieri), ma il tasso di crescita è esponenziale. Ecco quindi i controlli al confine e i divieti fino ai primi di aprile degli eventi all'aperto con più di 500 spettatori (100 al chiuso). 8
Tra le migliaia di transfrontalieri c'è già chi ha rinunciato al lavoro (Piccolo) Benedetta Moro - Diciottomila persone che ogni giorno viaggiano da Croazia e Slovenia verso il Friuli Venezia Giulia, e altre circa 700 che affrontano il viaggio inverso, nel caos. Perché questi sono i numeri che, nella stima del Comitato sindacale interregionale (Csi) Italia-Slovenia, corrispondono alla mole di lavoratori transfrontalieri che possono rimanere bloccati dopo l'annuncio della chiusura dei confini da parte di Lubiana che segue l'inasprimento dei controlli frontalieri della Croazia causa coronavirus. Sono soprattutto badanti, operai e commesse che ogni giorno raggiungono il Fvg, o che da Nova Gorica arrivano a Gorizia, e viceversa, per raggiungere il posto di lavoro e ora si trovano in attesa di chiarimenti sulla situazione ai confini. E ci sono anche italiani, per lo più impiegati in alcune aziende, che di solito si trasferiscono oltreconfine il lunedì per tornare al venerdì: per gli italiani transfrontalieri Palazzo Chigi ha disposto la libertà - comprovata da motivazione - di spostarsi per raggiungere il posto di lavoro. Il fatto è che la Slovenia ha annunciato la chiusura della frontiera con l'Italia, mentre la Croazia ha iniziato ad attuare i controlli più severi con l'annunciata quarantena obbligatoria per chi proveniva dall'Italia. Eppure ieri mattina alcuni lavoratori avevano attraversato tranquillamente i confini senza notare nulla di strano. È stato al rientro che la situazione si è rovesciata. Ma, se al confine sloveno il passaggio era ancora libero, su quello croato hanno iniziato a formarsi lunghe code. A raccontarlo al proprio datore di lavoro è stato ad esempio un operaio edile che, tornando da Trieste, si è ritrovato in coda «in attesa di fare un tampone», ha spiegato il titolare di un'azienda edile: «Il mio dipendente mi ha detto che non sa che cosa sta succedendo, che al mattino era tutto regolare. Gli ho detto di rimanere a casa per un po', per capire che cosa succede».Le stesse testimonianze sono state riferite anche a Roberto Treu, presidente del Csi Italia-Slovenia, anche dopo un confronto con i colleghi dei due Paesi stranieri. «Stamattina (ieri, ndr) pare non ci fossero controlli stringenti ai confini - spiega il sindacalista -. Anche se sembra che qualche italiano sia stato fermato al confine croato e gli sia stato chiesto di andare in quarantena o di rientrare nel proprio Paese».Ma il fuggi fuggi, in particolare da Italia a Croazia, era iniziato lo scorso weekend, quando alcuni stranieri hanno avuto il sentore che qualcosa stava cambiando. «Due dipendenti di un'impresa di costruzioni friulana - dice Graziano Tilatti, presidente di Confartigianato-Imprese Fvg -, che rientravano ogni fine settimana in Croazia, sono rimasti nel loro paese per paura poi di non poter rientrarci più». «Finora - aggiunge - è stato fatto un lavoro egregio da parte della Regione Fvg e del personale sanitario e parasanitario, ma mi aspettavo dall'Ue più solidarietà».Anche il settore dell'assistenza domiciliare ci ha rimesso, visto che sono molte le donne impegnate in territorio italiano nei servizi di pulizia o come badanti. Gallas group, un'agenzia che ha sede anche a Trieste, proprio ieri ha dovuto rinunciare a una propria lavoratrice rimasta bloccata in Croazia. Spiega invece Andrea Santantonio di Badante sicura: «Cinque badanti di origine croata che lavoravano per me sono tutte tornate indietro e non rientreranno prima di due mesi: non ho avuto difficoltà a sostituirle, sono 20 anni che opero nel settore, ma vedremo come evolve la situazione».Resta vigile su questa situazione in divenire il Csi Italia-Slovenia, che deciderà come agire dopo aver letto il decreto del governo sloveno. «Se chiude la Slovenia è un grande problema, perché comunque non si raggiunge la Croazia - dice Treu -. Il lavoro dei transfrontalieri va garantito e tutelato. La Svizzera ha autonomamente riconosciuto la mobilità transfrontaliera agli italiani, non vedo perché non possa accadere anche da queste parti». 9
CRONACHE LOCALI Crisi alla Safilo: al ministero con l'accordo (M. Veneto Udine) Maura Delle Case - Dopo il via libera dei lavoratori di Martignacco all'accordo che prevede l'attivazione da giugno della cassa integrazione straordinaria e la contestuale chiusura dello stabilimento produttivo, Safilo incassa il sì anche delle maestranze di Longarone che nei giorni scorsi hanno approvato a larga maggioranza l'intesa raggiunta tra l'azienda e le parti sociali che prevede 12 mesi di contratto di solidarietà con una riduzione tra il 60 e il 70 per cento dell'orario settimanale e una serie di incentivi all'esodo per quanti decideranno di lasciare volontariamente l'azienda. Ora all'appello non manca che l'accordo di Padova, che salvo sorprese dovrebbe essere definito domani (12 marzo). Raggiunto quello, il cerchio a livello territoriale sarà infine chiuso e la vertenza potrà tornare al Mise per la bollinatura definitiva. Ma quando? L'emergenza Coronavirus non permette al momento di avere una risposta certa. «Siamo in attesa che qualcuno ci faccia sapere qualcosa - afferma Pasquale Lombardo di Femca Cisl Fvg -, aspettiamo notizie da parte aziendale». Molto dipenderà dall'evoluzione dell'epidemia. L'auspicio è che non si vada troppo in là nel tempo, perché se è vero che i 220 lavoratori friulani rimasti in forze a Martignacco fino a giugno lavoreranno percependo regolarmente la busta paga, per passare solo all'inizio di luglio in Cigs a zero ore, è vero anche che questi mesi saranno determinanti per il loro futuro e per quello dello stabilimento di Martignacco. Sono infatti i mesi in cui dovrà operare l'advisor che Safilo si è impegnata a mettere in campo per tentare la reindustrializzazione del sito e per cercare opzioni di ricollocazione per i suoi dipendenti. «L'auspicio è che al Mise ci convochino prima possibile - afferma dal canto suo Andrea Madotto di Filctem Cgil - perché prima firmiamo e prima l'advisor potrà iniziare a cercare un imprenditore disposto ad investire sullo stabilimento friulano». A Martignacco intanto il lavoro continua, con i volumi rimasti, per i 220 lavoratori friulani che oltre all'emergenza Coronavirus e alle attenzioni e cautele richieste a tutti gli italiani, devono fare i conti pure con la prospettiva di restare in casa a partire da luglio, una doppia preoccupazione. Virus, contagiati tre dipendenti del Cafc: sportelli chiusi al pubblico fino al 3 aprile (M. Veneto Udine) Nicoletta Simoncello - Coronavirus negli uffici del Cafc di viale Palmanova. Sono tre i casi di contagio interni all'azienda che si occupa del servizio idrico integrato in Friuli. L'ultimo episodio risale proprio a ieri. A ufficializzarlo è stato Salvatore Benigno, il presidente di Cafc spa, che spiega: «In questo momento è fondamentale attuare ogni misura di distanziamento sociale, garantendo comunque il servizio ai cittadini e alle imprese. Ognuno di noi deve fare la propria parte anche a costo di pesanti sacrifici personali. La società Cafc spa farà comunque sempre la sua parte - assicura -. Comprendiamo molto bene le ricadute negative per le imprese e per le famiglie derivanti da questo momento di difficoltà e confidiamo, una volta superata la fase emergenziale, di attuare delle forme di rateizzazione o di sospensione delle bollette per il servizio reso, in conformità alle direttive attualmente in fase di predisposizione da parte dell'Autority nazionale Arera, ricordando sempre il forte legame che abbiamo con il nostro territorio». Per meglio tutelare la salute dei cittadini e dei dipendenti presenti nei locali di Cafc e a seguito del decreto attuato l'8 marzo, i vertici dell'azienda hanno optato per la chiusura di tutti gli sportelli al pubblico fino al 3 aprile. In più, a fronte dell'ultima ordinanza di estensione della zona rossa all'intero territorio nazionale contenente misure più stringenti per il contenimento della diffusione del coronavirus, la società diminuirà ulteriormente gli spostamenti dei propri dipendenti casa-lavoro invitando tutti a munirsi di autocertificazione e diminuendo i contatti sociali pur mantenendo un livello di capacità operativo tale da non compromettere un servizio pubblico ritenuto essenziale... 10
I pm potranno lavorare da casa. Raccomandate le ferie agli altri (M. Veneto Udine) I pubblici ministeri potranno lavorare da casa e in Procura entrerà soltanto chi dovrà svolgere attività urgente. Previa prenotazione di un appuntamento, naturalmente. La stretta prevista dal decreto del presidente del Consiglio in materia di «misure di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid 19», con estensione dello «stato di emergenza» fino al 3 aprile, è arrivata anche a Udine.Il provvedimento che impone «l'immediata adozione di scelte organizzative che evitino sia l'affollamento del pubblico sia la contemporanea presenza di un numero elevato di persone sul posto di lavoro», è stato emesso ieri dal procuratore, Antonio De Nicolo. Caso di positività all'ospizio, effettuati trenta tamponi (M. Veneto Udine) Paola Beltrame - Prosegue intensa l'attività di controllo sanitario alla casa di riposo di Mortegliano, dove è stata riscontrata una positività al Covid 19. Una delegazione dell'azienda sanitaria ieri si è presentata nella struttura comunale "Rovere Bianchi" per formare il personale alla nuova delicata situazione creatasi dopo che è stato verificato che un'operatrice sociosanitaria, sottoposta a tampone perché sintomatica, è risultata contagiata dal coronavirus. In particolare sono stati dettagliatamente spiegati ai dipendenti della Euro&Promos Social Health Care, che gestisce la struttura, quali comportamenti tenere per la sicurezza propria e dei 90 ospiti e come utilizzare i presidi di protezione personale appena distribuiti... Tassa rifiuti rinviata per tutte le aziende. Soldi alle scuole per lezioni a distanza (M. Veneto Udine) Cristian Rigo - Non c'è solo lo slittamento per tutte le attività economiche della Tari per tutte le attività nel pacchetto di misure preso ieri dalla giunta per far fronte all'emergenza coronavirus. L'amministrazione guidata dal sindaco Pietro Fontanini ha anche deciso di stanziare un contributo straordinario di 20 mila euro alle scuole per consentire l'acquisto di tablet o altre materiale informatico utile a organizzare lezioni a distanza. Mentre ai dipendenti di Palazzo D'Aronco è stata concessa la massima flessibilità per quanto riguarda gli orari. Ove possibile è stato attivato anche lo smart working («grazie a un'applicazione che permette di interfacciarsi da casa con il computer dell'ufficio», ha spiegato l'assessore al Personale, Fabrizio Cigolot) e chi aveva ferie arretrate è stato invitato a smaltirle in questi giorni.Tari. Niente acconti. Il pagamento della Tari può essere diviso in quattro rate: due di acconto con scadenza 30 aprile e 30 giugno e due di saldo che invece devono essere versate entro il 30 settembre e il 30 novembre. Ogni rata ha lo stesso importo che corrisponde al 25% del costo complessivo della bolletta. Ma col provvedimento adottato ieri dalla giunta si può pagare direttamente la terza rate senza alcuna sanzione. Tenendo in considerazione che al momento il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti ha un costo complessivo di circa 12 milioni di euro e che le aziende coprono il 43% (ossia 5 milioni 160 mila euro) contro il 57% delle utenze domestiche (corrispondenti a 6 milioni e 840 mila euro), il Comune rinuncerebbe a incassare subito (entro il 30 giugno) 2 milioni e 580 mila euro. Un sacrificio economico che l'amministrazione è pronta a sostenere per aiutare le imprese.A Palazzo D'Aronco.All'ingresso del Comune c'è un tavolino con un flacone di gel igienizzante e diversi volantini con i comportamenti da tenere per tutelare se stessi e gli altri. Negli uffici aperti al pubblico ci sono cartelli che invitano gli utenti a mantenere tra loro la distanza di almeno un metro. E all'anagrafe e in altri uffici è stata posizionata una barriere per impedire contatti diretti tra gli operatori e gli utenti.Il sito del Comune. I cittadini sono stati invitati a non venire in Comune e a fare ricorso ai servizi on line utilizzando il portale web... 11
Lavinox, niente soldi: i lavoratori si fermano (M. Veneto Pordenone) Giulia Sacchi - Gli stipendi, sebbene in versione ridotta, sarebbero dovuti essere da ieri a disposizione delle famiglie dei 106 addetti di Lavinox di Villotta di Chions e dei 22 di Sarinox di Aviano, ma nulla per ora s'è visto.Non a caso le maestranze di Lavinox, quelle poche che stanno ancora operando nello stabilimento (sono una ventina), hanno deciso di fermarsi in segno di protesta. Lunedì il Gruppo Sassoli aveva comunicato che ieri avrebbe provveduto al saldo del sessanta per cento, pari a circa 400 euro, delle spettanze relative agli ultimi quindici giorni lavorati a febbraio: sui conti dei dipendenti, però, non ce n'è traccia.Nella giornata odierna, a quanto pare, le somme dovrebbero essere a disposizione degli addetti, ma il timore di questi ultimi è grande, così come la loro amarezza dinanzi a impegni non mantenuti. Da tempo, infatti, accettano la rateizzazione degli stipendi e in diversi casi il gruppo ha peccato di puntualità nel provvedere alla liquidazione. Un fatto che negli anni ha anche acceso le proteste, con tanto di scioperi.Un copione che si è ripetuto e a farne le spese sono sempre i dipendenti. In Lavinox è al lavoro un piccolo gruppo di addetti: la maggioranza è a casa, in attesa che venga dato il via libera alla cassa integrazione. L'intero organico, insomma, è a corto di liquidità. La tensione è, dunque, alle stelle. «Oggi (ieri per il lettore, ndr) la proprietà non ha provveduto ai pagamenti, come invece ci aveva comunicato - ha fatto sapere Angelo Marian, Rsu di Fiom Cgil -. In teoria, domani (oggi, ndr) dovremmo avere i soldi sui conti, ma ci chiediamo se questa situazione, che sopportiamo da tempo e senza fare troppe storie, debba protrarsi ancora. I pochi che lavorano nello stabilimento non vengono pagati e chi è a casa attende la cassa integrazione che ancora non c'è: sta andando sempre peggio, inutile nasconderlo».Quello dell'ultimo stipendio, infatti, non è il solo problema: l'emergenza coronavirus sta tenendo impegnato il Governo e tarda ad arrivare la convocazione dell'incontro al ministero per la sigla dell'accordo sul nuovo periodo di cassa integrazione, che dovrebbe essere concesso per un anno e coprirà il periodo che va dallo scorso 15 febbraio, data nella quale è scaduta l'ultima cassa a disposizione. Troppi bidelli al lavoro per il sindacato Flc-Cgil in otto istituti su dieci (M. Veneto Pordenone) Chiara Benotti - Otto scuole su dieci "disobbedienti" nel Friuli occidentale e sindacati confederali sul piede di guerra: convocano ogni giorno in servizio i bidelli, amministrativi e tecnici (personale Ata) senza rispettare la nota 323 del ministero dell'Istruzione sull'utilizzo minimo degli organici. «Troppi bidelli al lavoro - dicono allo sportello sindacale Flc-Cgil - nelle scuole». La nota è stata pubblicata il 10 marzo per evitare assembramenti negli istituti dove le lezioni sono sospese. «Su 40 scuole nel Pordenonese soltanto sei hanno attivato l'utilizzo minimo degli Ata - protesta Mario Bellomo, vertice sindacale Flc-Cgil -. In pratica la maggioranza delle scuole ha obbligato tutti a essere in servizio, ma il decreto del Governo parla di "utilizzo minimo da garantire". I contingenti dell'organico devono essere minimi per garantire i servizi senza creare assembramenti nelle bidellerie e segreterie. Gli amministrativi possono svolgere il telelavoro da casa e gli altri profili professionali vanno scaglionati, anche recuperando le ferie pregresse 2019». L'emergenza non ha bloccato il servizio degli Ata. «L'interesse è quello della collettività - incalza Bellomo con la nota sindacale unitaria -. I dirigenti scolastici devono organizzare le attività necessarie della segreteria avvalendosi della modalità a distanza. Per i bidelli vale l'emergenza in atto e la necessità di contenere gli spostamenti fisici delle persone: una volta pulite le scuole bisogna limitare il servizio». In pratica, i bidelli possono fare i turni tenendo presente le condizioni di salute, la cura dei figli di fronte alla chiusura di nidi e scuole dell'infanzia e il pendolarismo. 12
«Qui infermieri modello. Prorogate gli interinali» (M. Veneto Pordenone) Donatella Schettini - Una delle immagini di questa epidemia di coronavirus è la foto dell'infermiera stremata dopo il turno e addormentata sopra il computer. Gli eroi di questa emergenza sono infermieri e medici, instancabili ormai da giorni nei reparti degli ospedali e nei servizi territoriali. «Il fatto - afferma Luciano Clarizia, presidente dell'ordine degli infermieri - di aver avuto un paziente positivo, poi deceduto, ricoverato da tre giorni in un reparto e che tutto il personale e gli altri pazienti siano risultati negativi è la prova di come gli infermieri, la coordinatrice infermieristica e il responsabile della piattaforma abbiano lavorato in modo egregio. Hanno mantenuto tutti gli standard anche se nessuno immaginava ci potesse essere una persona positiva. Hanno operato bene, sono stati bravi». L'attività per gli infermieri prosegue senza sosta: «Le preoccupazioni per il coronavirus - prosegue - si aggiungono al lavoro già importante degli infermieri. Il problema è anche psicologico. Già una persona vive normalmente questo periodo con una certa preoccupazione, con molta attenzione a cosa si deve fare o no. In più gli infermieri hanno anche il carico di preoccupazione che deriva dal loro lavoro». Eppure proseguono a lavorare «senza sosta», sottolinea il presidente dell'ordine. «Adesso - prosegue Clarizia - arriva il momento in cui si vedrà davvero la preparazione professionale e tecnica dei nostri sanitari e la validità di tutta l'organizzazione che si sta muovendo attorno al sistema a livello ospedaliero e aziendale». Per fare fronte alla situazione e al futuro («pensiamo - aggiunge Clarizia - a cosa accadrebbe nel caso di un reparto in cui alcuni operatori risultassero infetti con l'impossibilità di lavorare») l'ordine ha inviato una richiesta alla Regione: «C'è una previsione governativa di richiamare in servizio i pensionati - afferma -. Noi come ordine abbiamo inviato una lettera all'assessore regionale alla sanità Riccardo Riccardi e alle direzioni generali che prima che richiamare in servizio i pensionati siano prorogati i contratti dei lavoratori con contratto a tempo determinato o interinale in scadenza». Adesso è prevista l'assunzione di 120 infermieri dal concorsone dello scorso anno, ma Clarizia chiede che chi già lavora con contratti a tempo in scadenza venga mantenuto nei reparti e nei servizi in cui sono impegnati. «Questo - osserva - può essere di aiuto in questo momento di criticità visto che conoscono già i reparti e tutte le procedure. Speriamo che l'assessore ci risponda. Il ringraziamento dell'ordine - conclude - va all'ottimo lavoro che l'assessorato e la dirigenza dell'Asfo stanno facendo». Sindaco di Cordenons positivo e già isolato. Decine di persone messe in quarantena (M. Veneto Pn) Milena Bidinost - Il sindaco di Cordenons, Andrea Delle Vedove, è stato contagiato dal coronavirus. Lo ha comunicato lo stesso primo cittadino appena ricevuto l'esito del tampone cui era stato sottoposto lunedì. «Sto un po' meglio - ha rassicurato al telefono - la febbre sta calando e al momento è tutto sotto controllo. Speriamo che il peggio sia passato. Ora dovrò stare 14 giorni in isolamento, rispettando, come già sto facendo da lunedì, le distanze da mia moglie, che è in isolamento assieme a me e sta bene, e le regole di igiene raccomandate in questi casi». I figli della coppia sono dai nonni.Il sindaco ha fornito al Dipartimento di prevenzione dell'Asfo la lista dei numerosi contatti avuti negli ultimi dieci giorni: «Al momento non c'è nessuna persona sintomatica» ha precisato. Delle Vedove, primo politico della Destra Tagliamento a essere risultato positivo al test, ha lanciato un appello: «Sono centinaia le persone che ho incontrato in queste ultime settimane - ha detto -. Oltre alla normale attività istituzionale ho partecipato a numerose riunioni, anche in Prefettura, ho avuto colloqui con i cittadini, la giunta e i funzionari comunali. A chiunque, non solo alle persone che possono avere avuto contatti con me, presenti sintomi influenzali dico di non sottovalutarli e di segnalarli». 13
Rinviate le prove a mare della Enchanted Princess (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Elena Placitelli - Rinviate a data da destinarsi le prove in mare della Enchanted Princess, la quinta unità della classe Royal, costruita per la società armatrice Princess Cruises, brand del Gruppo Carnival Corporation che è ora in fase di allestimento degli interni nello stabilimento navalmeccanico di Monfalcone. Attese, attesissime: le grandi prove della nave gemella di Sky Princess si sarebbero dovute svolgere praticamente nell'immediato, da sabato a martedì. Ma ieri - all'indomani dell'annuncio con cui il premier Conte ha esteso a tutta Italia misure più stringenti per contrastare l'avanzata del coronavirus - Fincantieri ha scelto di sospendere i lavori. Verranno ripresi solo a emergenza sanitaria rientrata.«Una decisione, presa di concerto con sindacato e armatore, che non comporterà tuttavia alcun ritardo per la consegna della nuova unità, prevista ancora fine giugno» ha fatto sapere l'azienda. La scelta è dipesa dalla necessità di evitare - le nuove disposizioni ministeriali lo impongono - qualsiasi tipo di assembramento. Troppo alto, dunque, il rischio che il virus Covid-19 possa contaminare anche lo stabilimento monfalconese, nel corso di un'operazione che prevede l'impiego di 450 adetti, tutti concentrati "a bordo nave".Finora il cantiere di Monfalcone è rimasto indenne al contagio, ma il diktat del governo non lascia indugi. E poi già lunedì Fincantieri ha dovuto fare i conti con il primo caso di positività al virus, toccato a un addetto di un'impresa di appalto operante all'interno dello stabilimento di Marghera.Rinvio delle prove generali a parte, a Monfalcone i lavori sulla Enchanted Princess procederanno ugualmente. Si continua a lavorare all'allestimento, per battere sul tempo la consegna della nave, realizzata sulla base dello stesso progetto che ha dato alla luce le gemelle Royal Princess, Regal Princess, Majestic Princess, costruite e consegnate sempre dal sito di Monfalcone a partire dal 2013, inaugurando una nuova frontiera della crocieristica. Si tratta di navi che rappresentano a tutti gli effetti un nuovo punto di riferimento tecnologico a livello europeo e mondiale per il lay-out innovativo, le elevatissime performance e l'alta qualità di soluzioni tecniche adottate. Il rinvio delle grandi prove non è, tuttavia, l'unica misura introdotta ieri da Fincantieri per scongiurare il rischio contagio. Sempre nell'ottica di evitare assembramenti, la società ha deciso per nuovi orari basati sulla turnazione. Nel cantiere di Monfalcone si lavorerà dalle 6 alle 13.30 e dalle 13.30 alle 21. Tutti gli addetti verranno inoltre dotati di buoni pasto per incentivarli a non andare in mensa (che resterà comunque aperta). Ancora, è stato interrotto l'uso dei distributori di caffè e bevande calde per evitare la formazione di code. Tutte misure che verranno, probabilmentte, accolte di buon grado dagli operai. In tanti si erano già allarmati, la settimana scorsa, facendo quotidiane pressioni sui sindacati soprattutto dopo la somministrazione dei questionari, ritenuti «non affidabili perché basati su forme di autocertificazione» 14
Monfalcone, capo dei vigili positivo. Sindaco e giunta in autoisolamento (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Tiziana Carpinelli - Un sms nel cuore della notte ha bruscamente interrotto il limbo monfalconese, territorio di 28 mila e rotte anime, fino alla scorsa settimana scampato ai contagi nonostante l'elevata mobilità della sua classe lavoratrice, ora invece costretto a fare i conti con i primi due casi. Verso le 2 è stato il messaggino del comandante della Polizia locale Rudi Bagatto, ricoverato in ospedale a Udine, a comunicare al sindaco la seconda positività a Covid-19, dopo il precedente di lunedì, cioè la cittadina di 62 anni risultata infetta da coronavirus. Dall'altra parte del display telefonico, con un occhio ancora chiuso e l'altro mezzo aperto, Anna Maria Cisint si è dunque svegliata di botto e non ha più ripreso sonno. Ieri alle 6 già si era fatta mandare dal comandante Bagatto, sempre via smartphone, una lista con i nomi delle persone frequentate più o meno assiduamente negli ultimi giorni. E un paio d'ore dopo aveva di fatto disposto la chiusura dei servizi comunali, almeno quelli in linea diretta con l'utenza: anagrafe, tributi, assistenza sociale, ambiente e ufficio tecnico. Tutto questo mentre la saletta attigua al Consiglio comunale, dalle 10, veniva convertita in un piccolo laboratorio di analisi, con un'equipe del dipartimento della Prevenzione, cui l'ente ieri ha rivolto un pubblico ringraziamento, a effettuare per ore i tamponi su oltre un quarto dei dipendenti dell'apparato amministrativo di Monfalcone. Indubbiamente una giornata di passione, quella di ieri. Con l'intera giunta sottoposta a test e in isolamento domiciliare almeno fino agli esiti, attesi oggi. Ci vogliono normalmente 4 ore per conoscere i risultati, ma in questi giorni gli operatori sono sottoposti, per ovvie ragioni, a un autentico tour de forces e solo ieri, di esami, ne sono stati effettuati 65. A seguire la regia delle operazioni l'assessore alle Politiche sociali Michele Luise, ex chirurgo. Il sindaco Anna Cisint, pure sottoposta a tampone, ma nel tendone della Protezione civile già alle 8, si è auto-isolata nell'ufficio del municipio per evitare ulteriori contatti (indossa la mascherina dentro la stanza, all'entrata e uscita dal palazzo) e nello stesso tempo continuare a monitorare le varie fasi, dalle indicazioni al personale fino alla chiusura dei servizi pubblici, fissata da ieri a venerdì (compreso). Possibile dietrofront sul provvedimento, con riapertura degli sportelli, solo nel caso in cui oggi tutti i test diano risultato negativo. «Un comandante non abbandona la nave», ha commentato Cisint, che è una patita della vela e dunque, la situazione, la vive così.Al mattino il sindaco ha riferito in un video che il capo della Municipale «è ricoverato all'ospedale di Udine» e che «non sta benissimo», rivolgendogli l'augurio di una pronta guarigione. Comprensibile preoccupazione tra i lavoratori, ieri in attesa del prelievo dalle vie respiratorie con il bastoncino. Praticamente all'intero corpo della Polizia locale è stato somministrato il test, idem per diversi dirigenti entrati in contatto con Bagatto, 40 anni, residente a San Daniele, da venerdì scorso assente dal lavoro. Ma la procedura è stata condivisa anche da alcuni consiglieri della maggioranza e dallo staff della segreteria, compresi i portavoce del sindaco. Tra i rappresentanti del centrodestra anche il consigliere regionale Giuseppe Nicoli, che per questo motivo, aspettando da casa il responso, ha annullato impegni istituzionali oggi a Udine. Nessun esponente dell'esecutivo si è sottratto al tampone. Perfino un assessore comunale, che in questi giorni accusa febbre, ieri nel tardo pomeriggio ha svolto il test. Gli altri colleghi hanno lavorato da casa, confrontandosi telefonicamente con il personale. Chiuso il comando di via Rosselli. Agli utenti della strada che dovessero corrispondere una sanzione loro inflitta giorni fa è suggerito il ricorso al bollettino. Ieri tutti i locali dei vigili sono stati oggetto di un intervento di sanificazione, al pari del municipio e di altri uffici comunali, come previsto dai protocolli subito attivati. Rimandate temporaneamente tutte le altre attività, come per esempio le verifiche per il rilascio delle residenze. Si è provveduto anche all'acquisto di una scorta di 500 mascherine e guanti monouso. Il sindaco ha rivolto un appello ai cittadini affinché rispettino con rigore le disposizioni adottate dal governo e sollecitate dalla Regione, per ridurre contatti e mobilità al fine di stoppare i contagi. «Non ci troveremmo in tali condizioni - ha concluso Cisint - se all'origine fossero state adottate a livello nazionale misure più severe, con la messa in quarantena di tutte le persone provenienti dalle zone rosse del mondo. Una grave responsabilità che oggi ci porta a vivere situazioni del genere, con danni economici rilevanti. E purtroppo, non ce la caveremo in un mese...». 15
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