BENESSERE GARANTITO animale, umano, ambientale

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BENESSERE GARANTITO animale, umano, ambientale
BENESSERE GARANTITO
                       animale, umano, ambientale

con il patrocinio di
BENESSERE GARANTITO animale, umano, ambientale
Dossier a cura di
AIAB, Coldiretti e Legambiente

prodotto nell’ambito della campagna
BIODOMENICA 2012

Progetto grafico e impaginazione
Studio Ruggieri Poggi
BENESSERE GARANTITO animale, umano, ambientale
BENESSERE GARANTITO
animale, umano, ambientale
BENESSERE GARANTITO animale, umano, ambientale
BENESSERE GARANTITO animale, umano, ambientale
Indice

Bio, Benessere Umano.
Bio, pulito
Bio, nutrizionalmente ricco.
Bio, naturalmente gustoso.
Bio, culturalmente appropriato.
Bio, libero da OGM.
Cibo sicuro perché certificato e garantito

Bio, Benessere Animale
La zootecnia biologica
Il benessere animale negli allevamenti
I vantaggi della zootecnia biologica

Bio, Benessere Garantito:
Benessere Ambientale
Riduzione degli input chimici
con metodi di produzione sostenibili
La capacità di produrre eccellenze
BENESSERE GARANTITO animale, umano, ambientale
BENESSERE GARANTITO animale, umano, ambientale
Sono tanti i cittadini che acquistano, perlomeno occasionalmente,
prodotti biologici, 7 su 10 secondo le statistiche. Seppure la crisi metta a dura prova il
portafoglio delle famiglie, il mercato del bio continua a crescere e l’Italia rimane il prin-
cipale produttore europeo, in termini di quantità e diversità delle produzioni con i suoi
1.100.000 ettari certificati.
Bio uguale benessere. È il messaggio di questo dossier realizzato da AIAB, Coldiretti e
Legambiente. Il benessere è sicuramente uno stato soggettivo, ma il biologico è un me-
todo produttivo che garantisce ormai da 30-40 anni (gli ultimi 20 regolamentati a livello
europeo) una produzione di cibo di qualità con attenzione verso il terreno, l’acqua, la
biodiversità, il clima, gli animali, l’agricoltore, e alla fine della filiera il cittadino.
Benessere dell’ambiente, degli animali e sociale appunto. L’approccio bio garantisce tutto que-
sto.
La scelta consapevole del bio, aiuta a preservare l’ambiente, infatti l’agricoltura biologica
evita lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, in particolare del suolo e dell’acqua,
ed utilizza tali risorse all’interno di un modello di sviluppo durevole nel tempo. La fertilità
organica del suolo è centrale per la produzione biologica, il suo miglioramento e man-
tenimento mediante le tecniche agronomiche (rotazioni, sovescio, consociazioni) garan-
tisce vitalità, biodiversità e produzione costante nel tempo, e da non sottovalutare, un
uso più limitato dell’ acqua e un impatto positivo sul clima.
Chi compra bio deve sapere che il biologico pone la massima attenzione al benessere
degli animali, che vengono allevati in spazi ampi per garantire libertà di movimento e
accesso al pascolo, nutriti con erba e foraggio biologico. Obbligatorio che il 50% del
foraggio venga prodotto dall’azienda stessa, infatti l’allevamento senza terra nel biolo-
gico è vietato. Inoltre non assumono antibiotici, ormoni o altre sostanze che stimolino
artificialmente la crescita e la produzione di latte.
Infine l’aspetto sociale, chi produce biologico spesso lo fa in primis per salvaguardare
la propria salute insieme a quella dei cittadini che comprano i suoi prodotti, nel rispetto
delle risorse naturali.

                       Bio è benessere garantito, buona lettura.

                       Vittorio Cogliati Dezza
                       Presidente nazionale Legambiente

                       Sergio Marini
                       Presidente nazionale Coldiretti

                       Alessandro Triantafyllidis
                       Presidente nazionale AIAB
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L’Italia del bio occupa un ruolo di primo piano a livello internazio-
nale. Con un fatturato di circa un miliardo e 550 milioni di euro l’anno, il nostro Paese si
posiziona quinto produttore al mondo, dopo Usa, Germania, Francia, Regno Unito e Ca-
nada.
Sul piano strutturale il Belpaese si sviluppa su 1.096.889 ettari investiti nelle coltivazioni
biologiche,seppure abbia perso, da un paio d’anni, il primato europeo, passato adesso
alla Spagna (1,46 milioni di ettari). La classifica mondiale la vede al settimo posto, con
il 3% circa della superficie complessiva mondiale, valutata sui 37 milioni di ettari.
Mentre rispetto allo scorso anno in Italia si è registrato un decremento rispetto allo scorso
anno del 1,5% di superficie interessata, è in aumento la produzione animale che registra
la crescita del numero di capi per suini, ovini, caprini e avicoli ad eccezione dei bovini e
delle api che, invece, registrano una flessione. Nella produzione agricola invece ad avere
la maggiore sono le coltivazioni di cerali, foraggio, pascoli e infine avicoltura.
In linea generale il settore degli operatori risulta in crescita dell’1,3% rispetto al 2010 e
in generale attualmente composto da: 48.269 operatori: 37.905 produttori esclusivi;
6.165 preparatori (comprese le aziende che effettuano attività di vendita al dettaglio);
3.906 che effettuano sia attività di produzione che di trasformazione; 63 importatori
esclusivi; 230 importatori che effettuano anche attività di produzione o trasformazione.
Secondo il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, tra le regioni con maggiore pre-
senza di aziende bio c’è la Sicilia, seguita dalla Calabria, mentre le aziende di trasforma-
zione impegnate nel settore spiccano l’Emilia Romagna seguita da Lombardia e Veneto.
È un trend molto favorevole quello che ha caratterizzato il 2011 per quanto riguarda il
consumo di prodotti biologici in Italia. Da una rilevazione condotta dall’ Ismea-Gfk-
Eurisko si registra un aumento della spesa dell’8,9% su base annua, in leggero rallen-
tamento rispetto al tasso di crescita del 2010, ma chiara controtendenza con la riduzione
complessiva dei consumi di generi alimentari “convenzionali”.
La dinamica, che riguarda l’insieme dei prodotti bio confezionati venduti dalla Grande
Distribuzione Organizzata, è il risultato di andamenti comunque differenziati. Aumenti
nei consumi si rilevano soprattutto per i prodotti lattiero-caseari (le rilevazioni indicano
una crescita degli acquisti nel 2011 del 16,2%) e per altri alimenti come biscotti, dol-
ciumi, snack (+16,1%) e bevande analcoliche (+16%). Il cibo bio più consumato in ter-
mini di spesa è ancora rappresentato dalle uova, grazie anche al buon incremento
registrato rispetto al 2010 (+21,4%). Le uova presentano nel 2011 un peso sul valore
totale dei consumi domestici di bio confezionato pari al 13,6%.
Meno rilevanti gli aumenti per l’ortofrutta fresca e trasformata (+3,4%), che resta co-
munque la categoria principale tra i prodotti biologici consumati, raggiungendo un’inci-
denza sul totale pari a quasi un terzo in termini di valore.
Segnano il passo anche i consumi di pasta, riso e sostituti del pane (-3,2% nel com-
plesso), con un bilancio 2011 particolarmente negativo per la pasta biologica, i cui ac-
quisti sono diminuiti di oltre l’11%.
Anche per carni e salumi emerge in generale una flessione dell’8,2% degli acquisti, in un’an-
nata negativa inoltre per gli oli (-18,6%) e per la categoria “zucchero, caffè e tè” (-3,4%).
I consumi denotano, dunque, un quadro molto variegato nella dinamica 2011, confer-
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mando tuttavia, all’interno delle singole produzioni, ancora una concentrazione degli
acquisti su uova, yogurt e latte, che insieme coprono oltre il 30% dei prodotti oggetto
di rilevazione e che hanno registrato forti aumenti rispetto all’anno precedente.
Tutte le macro ripartizioni territoriali - rileva ancora l’Ismea - sono state interessate da
una crescita degli acquisti nel corso del 2011, più accentuata al Sud (+19,2%). Le regioni
settentrionali mantengono però un peso preponderante, con oltre il 70% di incidenza
sul totale, confermando una forte propensione al consumo rispetto a una vocazione
produttiva tipica invece delle regioni del Centro-Sud. Sebbene nel complesso la quota
del Sud sul totale Italia sia lievemente aumentata, permane ancora lo squilibrio tra luoghi
di produzione e luoghi di consumo, caratteristica storica e tipica del biologico italiano.
Nonostante l’andamento favorevole dei consumi in Italia dei prodotti biologici, dal punto
di vista della spesa pro-capite, l’Italia invece non si colloca nelle primissime posizioni
della graduatoria mondiale ed europea. A primeggiare sono invece la Svizzera e la Da-
nimarca, paese quest’ultimo dove la quota del bio sul totale delle vendite agroalimentari
raggiunge il 7%.
È evidente che per far apprezzare i prodotti biologici agli italiani lo strumento migliore
resta quello della vendita diretta, grazie ai mercati ed alle botteghe specializzate dove il
consumatore ha la possibilità di ricevere informazioni dettagliate sull’origine e sul pro-
cesso di produzione dell’alimento.

                               2011                  2010

Bovini                         193.675               207.015
Suini                          32.436                29.411
Ovini                          705.785               676.510
Caprini                        72.344                71.363
Pollame                        2.813.852             2.518.830
Equini                         9.548                 9.563
Api (in numero di arnie)       99.260                113.932
Altri animali                  1.751                 2.089

Il mondo bio in Italia

1.111.222       pasti serviti nelle mense scolastiche
    1.116       mense scolastiche che servono prodotti biologici
    1.349       agriturismi biologici
    2.535       produttori biologici che praticano la vendita diretta
      213       mercatini che vendono prodotti biologici
      167       siti di e-commerce che vendono on-line prodotti biologici
      267       ristoranti
    1212        negozi specializzati
      861       gruppi di acquisto
      293       importatori

Fonte: elaborazione Coldiretti, su dati SINAB e Biobank, anno 2011
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Bio, Benessere Umano.
                          Bio, pulito
                         Le relazioni tra agricoltura e ambiente risultano molteplici e com-
plesse e rivestono un ruolo fondamentale nella valutazione dei fattori di pressione am-
bientale. Basta pensare che in Italia solo nel 2010 risultano prodotte dal settore agricolo
33,741 Gg di CO2 eq., un valore che segna una riduzione del 17,2% rispetto a quello
del 1990, e del 2,97% rispetto al 2009. I motivi di questa riduzione sono da attribuire in
primo luogo alla consistente riduzione dell’utilizzo di fertilizzanti azotati, seguita dal de-
cremento di capi di alcune specie zootecniche oltre che alla variazione di superfici e
produzioni agricole.
Nonostante questa riduzione, tuttavia, con il suo 6,7% di emissioni in Italia l’agricoltura
resta tra i principali settori di emissioni di gas serra anche per il 2010, risultando la terza
fonte di CO2 dopo le combustioni di carburanti (81,45%) e i processi industriali (6,38%)1.

Emissioni nazionali di gas serra dal 1990 al 2010

settori
di emissioni                                                                                                 Δ
nazionali                                                                                                 1990
dei gas serra          1990    1995     2000     2005     2006     2007     2008     2009     2010        2009
CO2 equivalente (Gg)
combustione
di carburante       407,057 422,389 440,645 464,027 459,448 451,077 441,975 398,381 408,300 0,305%
emissioni fuggitive
da petrolio e gas 10,776 10,072       9,024   7,841   7,363   7,208   7,351   7,130   7,426 -31,088%
processi industriali 38,390 35,929 36,249 42,592 38,143 38,575 35,642 30,871 31,963 -16,741%
Solventi
e altri prodotti       2,455  2,235   2,302   2,128   2,122   2,066   1,946   1,815   1,658 -32,464%
Agricoltura            40,737 40,530 40,134 37,362 36,766 37,379 36,014 34,775 33,741-17,174%
LULUCF              -34,484 -48,089 -43,066 -53,575 -54,973 -35,481 -52,168 -55,946 -56,531 63,934%
Rifiuti               19,831 20,760 23,215 20,800 20,146 19,457 18,661 18,557 18,229 -8,078%
Totale incluso LULUCF
                    484,761 483,824 508,504 521,174 509,016 520,280 489,421 435,583 444,787 -8,246%
Totale escluso LULUCF
                    519,246 531,913 551,570 574,749 563,989 555,761 541,589 491,528 501,318 -3,453%

Fonte: Elaborazione Legambiente su dati Ispra estratti da ISPRA, 2011. Italian Greenhouse Gas Inventory
1990-2009. National Inventory Report 2011.
Alla luce di questi dati, è evidente che il settore agricolo dovrà ricoprire più importanza
nella politica climatica. In base al Rapporto sullo stato dell’agricoltura dell’Istituto na-
zionale di economia agraria, l’agricoltura rappresenterà nel 2050 un terzo delle emissioni
totali dell’Europa, una quota tre volte superiore a quella attuale, anche a causa della di-
minuzione del peso di altri settori.

Ad oggi diversi studi scientifici hanno evidenziato come tra i metodi di produzione quello
da agricoltura biologica rappresenti una valida alternativa a quella convenzionale, non
solo per quanto riguarda la minore emissione di gas serra, ma anche per i minori con-
sumi energetici e per la maggior capacità di adattarsi ai cambiamenti. L’applicazione
dei principi cardine dell’agricoltura biologica permette di incrementare la sostanza
organica garantendo una maggiore fertilità dei terreni, oltre ad incorporare CO2
nel terreno e a risparmiare energia.

L’agricoltura biologica, infatti, è in grado di fornire risposte concrete alle politiche di mi-
tigazione e adattamento poiché si fonda su pratiche che permettono di ridurre le emis-
sioni di gas serra grazie a una maggiore capacità di sequestro del carbonio nei suoli.
Uno studio svolto negli Usa da ricercatori del Dipartimento di agricoltura degli Stati Uniti
(Usda), del Rodale Institute e della Cornell University ha evidenziato come il biologico
contribuisca all’accumulo di carbonio nel terreno - evitando così la liberazione in atmo-
sfera di CO2- e a un minore consumo di energia. Un campo coltivato ad agricoltura con-
venzionale, con mais e soia in rotazione e con utilizzo di fertilizzanti chimici ed erbicidi,
trattiene 217 chili di carbonio per ettaro all’anno. Un terreno biologico con allevamento
coltivato a frumento, mais, erba medica da foraggio e soia, e che fertilizza col compost
prima del mais, trattiene in media 1.218 chili di carbonio per ettaro all’anno. In quest’ul-
timo caso, il contributo alla riduzione delle emissioni di gas serra è quasi sei volte su-
periore all’agricoltura convenzionale.
Bio, nutrizionalmente ricco.
                         La genuinità del prodotto e la sicurezza alimentare hanno un ruolo
sempre più importante nella tutela della salute; per questo motivo la produzione di ali-
menti con il metodo di agricoltura biologica rientra in maniera sempre più frequente nelle
scelte dei consumatori.
La qualità del cibo biologico è il risultato di un intero sistema di produzione che non si
concentra sulle singole parti che lo compongono, ma sull’equilibrio tra di esse. Così le
proprietà nutrizionali di un frutto o di un ortaggio dipendono anche dalla composizione
del terreno di provenienza. In questo senso, dunque, l’agricoltura biologica basata sulla
fertilità del suolo e sulla presenza di microrganismi in grado di produrre humus e nutrienti
per le piante, ha un’influenza positiva sulle qualità nutrizionali e salutari degli alimenti.

Il grande pubblico è spesso disorientato da informazioni controverse circa il valore nu-
trizionale degli alimenti biologici rendendo le valutazioni non unanimi e condizionandone
i risultati e la lettura.
Da una revisione sistematica sul contenuto di vitamine e minerali degli alimenti biologici
e coltivati in modo convenzionale è risultato che, in media, il cibo biologico contiene più
elevati livelli di vitamina C e minerali essenziali come calcio, magnesio, ferro e cromo.
Una revisione indipendente delle prove ha scoperto che le colture biologiche hanno
livelli significativamente più elevati di tutte le 21 sostanze nutritive analizzate rispetto a
prodotti tradizionali tra cui la vitamina C (27% in più), magnesio (29% in più), ferro (21%
in più) e fosforo (14% più). Spinaci, lattuga, cavoli e patate biologiche hanno mostrato
livelli particolarmente elevati di minerali.

Le produzioni biologiche hanno anche dimostrato di avere un contenuto maggiore di
vitamine antiossidanti quali vitamina E, beta-carotene e di composti fenolici (le sostanze
fenoliche sono potenti antiossidanti prodotti dalle piante come sistema di autodifesa
durante l’attacco da parte di parassiti). In uno studio danese i ricercatori hanno scoperto
che alcune colture bio contengono fra il 10 ed il 50% in più rispetto alle stesse colture
convenzionali.

Un recente studio dell’Istituto di Biologia e Biotecnologia Agraria del Consiglio Nazio-
nale delle Ricerche (IBBA-CNR) e dell’Università di Pisa pubblicato sul “British Journal
of Nutrition”, ha dimostrato che il pomodoro biologico è un alimento-farmaco perché,
rispetto al pomodoro tradizionale, contiene maggiori quantità di nutrienti e antiossidanti
con importanti azioni di riduzione del rischio di insorgenza di malattie cardiovascolari
e tumori. In particolare, il pomodoro biologico vanta maggiori concentrazioni di calcio
(15%), potassio (11%), fosforo (60%) e zinco (28%), oltre ad essere una riserva naturale
di acido ascorbico, vitamina E, flavonoidi, composti fenolici e carotenoidi, tra cui il li-
copene.
Il metodo biologico ha un impatto interessante anche sulla qualità degli alimenti deri-
vanti da produzioni zootecniche. La disponibilità di spazi aperti per il pascolo e l’ali-
mentazione degli animali allevati in bio hanno un effetto fondamentale sulla qualità del
latte, determinando una maggiore presenza di grassi e proteine, in particolare negli ani-
mali di piccola taglia come capre e pecore. Alcune essenze botaniche (Dactilis glome-
rata e il Lolium perenne) presenti nel pascolo sono in grado di aumentare la presenza
di molecole con capacità antiossidante nel latte. I prodotti biologici di derivazione zoo-
tecnica (carne e latte) dimostrano di avere elevati contenuti di acidi grassi essenziali
(EFA), omega 3 e acido linoleico coniugato (CLA) che svolgono un ruolo essenziale
nel metabolismo e soprattutto nella prevenzione della malattie coronarica e di alta pres-
sione sanguigna ed, in particolare, gli Omega 3, riducono anche il rischio di disturbi
neurologici.

                       Bio, naturalmente gustoso.
                        L’agricoltura biologica è in grado di promuovere una dieta legata
alla stagionalità dei prodotti locali e al consumo di prodotti meno trasformati e confe-
zionati, favorendo anche la tutela della cucina tradizionale dei diversi territori. Dunque
non diventeremo più sani solo mangiando biologico, ma l’agricoltura biologica, basata
sul ciclo naturale dei nutrienti, permette di assumere le sostanze più adatte alle diverse
stagioni, favorendo una dieta sana ed equilibrata attraverso il consumo dei prodotti fre-
schi, locali e di stagione. La qualità dei cibi biologici deriva da un sistema di produzione
che considera a livello complessivo l’impatto del processo di produzione sulla salute,
come combinazione di diversi elementi presenti nelle scelte quotidiane dei consumatori,
quali l’equilibrio tra quantità, qualità, tradizione, igiene e gusto.
Il metodo di produzione “ biologico” richiede che l’intero ciclo di produzione e trasfor-
mazione dei prodotti alimentari, dal campo fino alla tavola, venga svolto secondo precise
norme, volte ad offrire al consumatore prodotti genuini e sani nel rispetto dei cicli della
natura, sotto il controllo di organismi certificatori autorizzati. La produzione prende avvio
da un’azienda agricola che si ispira al concetto del ciclo chiuso della natura, dando
molta attenzione al mantenimento della fertilità del terreno e alla limitazione dell’uso di
fattori di produzione esterni.

Insieme alla frutta, verdure e carni, gli alimenti biologici includono anche prodotti tra-
sformati (yogurt, dolci, pane, biscotti, succhi di frutta e verdura in scatola e altre prepa-
razioni) realizzati prevalentemente da ingredienti di origine agricola. Questi alimenti non
possono contenere additivi (conservanti, coloranti, esaltatori di sapidità e simili), sono
esenti da OGM e vengono lavorati, trasformati e confezionati nel pieno rispetto dei loro
valori nutrizionali con la garanzia che gli ingredienti biologici vengono conservati e la-
vorati separatamente dai non biologici in ogni fase produttiva.

Per quanto riguarda la produzione delle carni, la scelta delle razze è basata sulla ne-
cessità di far vivere gli animali al pascolo per il maggior tempo possibile durante l’anno:
si deve privilegiare la scelta di razze rustiche, con una buona predisposizione ad am-
bientarsi al clima del luogo, in modo da garantire agli animali un ciclo vitale il più possi-
bile vicino alla loro natura, vivendo per lunghi periodi all’aria aperta nel rispetto del loro
benessere e delle loro esigenze etologiche.
Bio, culturalmente appropriato.
                           La peculiare conformazione geografica della nostra penisola mette
in evidenza un paese vario, ricco di paesaggi e condizioni climatiche-ambientali diffe-
renti. Ogni regione presenta molteplici produzioni tipiche: frutta, verdura, formaggi, in-
saccati. Le caratteristiche organolettiche, il sapore, l’aroma dei prodotti sono
strettamente collegati alla natura e alla struttura del territorio di provenienza, alle con-
dizioni ambientali, alla cultura e alle tradizioni.
La biodiversità (cioè la varietà di piante e animali presenti su un territorio) è un valore
importante che va tutelato, soprattutto in questo periodo storico che vede numerose
specie vegetali e razze animali già scomparse o in via di estinzione.
I paesi del Mediterraneo, e il nostro in particolare, presentano un elevato grado di bio-
diversità, infatti l’Italia è il paese in Europa che può vantare il maggior numero di prodotti
tipici di qualità certificati ( DOP, IGP.) ed è al primo posto per le produzioni da agricoltura
biologica.

Alcuni prodotti vengono realizzati da molti anni, talvolta secoli, solo in un’area geografica
delimitata e in base a un processo produttivo che si è affermato nel tempo. Questi fattori
determinano una particolare qualità, non ripetibile, e offrono ai consumatori un’esperienza
gastronomica unica. Per tutelare questo patrimonio, a livello comunitario sono state in-
trodotte le Denominazioni di Origine Protetta e le Indicazioni Geografiche Protette (Rego-
lamento (CE) 510/2006) e le Specialità Tradizionali Grantite (Regolamento (CE) 509/2006),
mentre a livello nazionale sono stati riconosciuti i prodotti tradizionali (DM 350/1999).
A parità di altre caratteristiche, consumare prodotti locali costituisce un vantaggio diretto
per i fruitori e può avere effetti più ampi di carattere economico e ambientale.
Nei prodotti ortofrutticoli la maggior freschezza, intesa come minor tempo fra la raccolta
e il consumo, rappresenta un elemento qualitativo, in quanto le vitamine idrosolubili, i
composti anti-ossidanti – tutte sostanze importanti per preservare integro il prodotto e
con una funzione benefica per l’organismo umano - si denaturano in poco tempo.
L’origine locale, oltre a offrire maggiori garanzie di freschezza e di genuinità proprio per
l’accorciamento e la semplificazione del percorso dalla produzione al consumo, valorizza
la stagionalità delle produzioni e le tradizioni gastronomiche, recuperando così il legame
con il ciclo della natura e con le aziende agricole del territorio. Questo legame orienta
gli imprenditori agricoli a produrre ciò che viene richiesto dalla domanda locale, a dare
maggiore attenzione alla qualità e al rapporto con i consumatori e rafforza la sua
sostenibilità economica del sistema agricolo. Evidenti sono i vantaggi ambientali, legati
alla riduzione dei trasporti di merci e al mantenimento di un tessuto di aziende vitali, ca-
paci di gestire il paesaggio e gli ecosistemi agrari.
L’attenzione all’approvvigionamento locale ha fatto sorgere recentemente espressioni
nuove, quali “a chilometro zero” (o “0 Miles”), per sottolineare la ridotta distanza tra
luogo di produzione e luogo di consumo del prodotto alimentare, e ”filiera corta”, per
indicare la diminuzione dei passaggi dal produttore al consumatore finale, e attraverso
la diffusione di canali commerciali, quali la vendita diretta in azienda, i farmers’ market
o meglio i mercati di prossimità ed i gruppi di acquisto solidali.
Il legame con l’agricoltura locale ha anche altri vantaggi, in particolare offre la possibilità
di costruire percorsi didattici su temi quali l’alimentazione di qualità, il consumo consa-
pevole, la sostenibilità delle attività produttive. Inoltre, le aziende agricole, attraverso le
fattorie didattiche, sono una risorsa per far conoscere il mondo rurale, la sua cultura, le
sue tradizioni e attività, la vita degli animali, l’origine dei prodotti, attraverso un approccio
esperienziale, interattivo e piacevole.
Bio, libero da OGM.
                        Mangiare bene e sano: è cio che permette all’Italia, con la straor-
dinaria varietà dei suoi prodotti agroalimentari di qualità, legati ai territori, genuini, ricchi
di storia, che tutto il mondo apprezza, compera e cerca persino di imitare.

Siamo ormai a 15 anni dall’introduzione sul mercato del primo Organismo Genetica-
mente Modificato (OGM), il pomodoro Flavour Savour ingegnerizzato per garantirgli una
più lunga ‘vita da scaffale’, ma che nei supermercati ha fatto solo una fugace apparizione
sia per problemi agronomici che per una rapida ostilità dei consumatori.

Dal 1996, i fautori dell’agricoltura biotecnologica prefigurano un futuro in cui gli OGM
rimpiazzerebbero in poco tempo le coltivazioni tradizionali garantendo piante migliorate
nutrizionalmente, generatrici di sostanze farmaceutiche o di altri composti chimici, in
un quadro di generosi aumenti della produttività, di adozione entusiastica da parte degli
agricoltori, di fiducia dei consumatori e di modernizzazione delle campagne.
Nonostante le promesse, i dati oggi confermano che tale tecnologia non ha mantenuto
le attese previste: le rese non sono superiori, i redditi degli agricoltori non migliorano, la
qualità dei prodotti non muta e in questi 15 anni il numero di persone in condizioni di in-
sicurezza alimentare è aumentato di 200 milioni, superando per la prima volta nella storia
dell’umanità la soglia di un miliardo.

Mentre i benefici nutrizionali restano assenti, gli OGM hanno aperto una stagione di pre-
occupazioni nella società sul modello di sviluppo del sistema agroalimentare e serie ten-
sioni nel mondo agricolo in relazione ai rischi di contaminazione genetica, particolarmente
gravi per l’agricoltura biologica che rischia di perdere l’integrità dell’ambiente di produ-
zione e la fiducia del consumatore, oltre che la certificazione dei prodotti.
Si tratta di evidenze che cominciano a imporre una riflessione anche all’interno della
comunità agricola e a generare disillusione, come dimostra il calo nell’ultimo anno del
12% della superficie a OGM in Europa, un’area comunque racchiusa in poche decine
di migliaia di ettari e inferiore all’estensione del solo Comune di Roma.

Di fronte alle premesse disattese si sono accumulate evidenze di rischi per l’ambiente,
soprattutto derivante da uno smodato uso di erbicidi che stanno provocando il manife-
starsi di una crescente resistenza da parte di erbe spontanee, e per la biodiversità na-
turale e coltivata. Resta inoltre l’incognita sugli impatti di medio-lungo periodo sulla
salute umana e animale legata al consumo di alimenti transgenici.
In Italia è finora prevalso un saggio atteggiamento precauzionale, teso a tutelare un’idea
di qualità che parta dalla particolarità del territorio e del paesaggio, passi da un mondo
rurale vivo e multiforme e da un’agricoltura popolata di produttori e che infine generi un
cibo sano, biodiverso e rispondente a una cultura alimentare millenaria: non è un caso
che almeno 16 regioni, 41 province e 2446 comuni si siano dichiarati ‘antitransgenici’.

La scelta della qualità a tutto tondo è una traiettoria inconciliabile con gli OGM e vede
nell’agricoltura biologica il suo migliore interprete, un biologico che, per esempio, con
100 o 200 milioni di dollari investiti in una ricerca calata negli specifici ambienti produttivi
e partecipata da chi le aziende le fa vivere con il proprio lavoro, potrebbe superare osta-
coli tecnici ed economici che ne intralciano il cammino.

Il futuro dell’Italia sta cominciando, con questa inedita unità d’azione fra le organizzazioni
degli agricoltori, del commercio, della moderna distribuzione, dell’artigianato, della pic-
cola e media impresa, dei consumatori, dell’ambientalismo, della scienza, della cultura.
Cibo sicuro perché certificato e garantito
                      L’agricoltura biologica è l’unica forma di agricoltura controllata in
base a leggi europee e nazionali.
Non ci si basa, quindi, su autodichiarazioni del produttore ma su un Sistema di Controllo
uniforme in tutta l’Unione Europea.

L’azienda che vuole avviare la produzione biologica notifica la sua intenzione alla Re-
gione e ad uno degli Organismi di controllo autorizzati. L’Organismo procede alla prima
ispezione con i propri tecnici specializzati che esaminano l’azienda e prendono visione
dei diversi appezzamenti, controllandone la rispondenza con i diversi documenti cata-
stali, dei magazzini, delle stalle e di ogni altra struttura aziendale.
Se dall’ispezione emerge il rispetto della normativa, l’azienda viene ammessa nel si-
stema di controllo, e avvia la conversione, un periodo di disintossicazione del terreno
che, a seconda dell’uso precedente di prodotti chimici e delle coltivazioni può durare
da un minimo di due a più anni. Solo concluso questo periodo di conversione, il prodotto
può essere commercializzato come proveniente da agricoltura biologica.

L’Organismo di controllo provvede a più ispezioni l’anno, anche a sorpresa, e preleva
campioni da sottoporre ad analisi.

Le aziende agricole che producono con il metodo biologico devono poi documentare
ogni passaggio su appositi registri predisposti dal Ministero, ciò assicura la totale trac-
ciabilità.

L’agricoltura biologica però non è solo un metodo di produzione certificato, ma per molti
una scelta più ampia a favore della biodiversità e della tutela dell’ambiente, del rispetto
delle condizioni di vita degli animali allevati e dell’impegno etico nei confronti di chi la-
vora in agricoltura: insomma un modello di sviluppo ecosostenibile.

Al fine di garantire standard di produzione più elevati molti agricoltori hanno scelto non
solo di essere certificati, ma anche di offrire un’ulteriore garanzia al consumatore sotto-
ponendosi a regole più restrittive della regolamentazione comunitaria obbligatoria.

Il marchio garanzia AIAB ad esempio prevede che le aziende garantite siano al 100%
condotte con metodo biologico, in caso di aziende zootecniche il bestiame è alimentato
solo con alimenti biologici (non sono ammesse le deroghe alla regolamentazione co-
munitaria), le aziende inoltre, si impegnano a prevenire, evitare e ridurre ogni forma di
inquinamento e a favorire l’impiego di risorse ed energie rinnovabili ed a lavorare solo
materie prime ottenute in Italia.
Bio, Benessere Animale
                      La zootecnia biologica
                       La zootecnia biologica nasce da motivazioni etico-sociali-
ambientali. L’obiettivo principale è quello della ricerca di sistemi di produzione ed alle-
vamento compatibili con uno sviluppo sostenibile, il rispetto del benessere animale e la
crescente richiesta di prodotti “naturali” da parte dei consumatori. In altre parole, un
modello alternativo all’allevamento intensivo, poiché quest’ultimo, che è presente in
Italia quasi esclusivamente nell’area della Pianura padana, comporta un tendenziale ab-
bassamento della qualità di vita degli animali.
L’allevamento biologico può essere analizzato sotto molteplici punti di vista, in quanto
opera all’interno di un complesso sistema economico.
Questo tipo di impresa ha forti connotazioni etico-sociali e si basa su elementi come il
benessere animale ed i vantaggi derivanti da una produzione ecosostenibile per consu-
matori e per l’ambiente, mentre i principi di minimizzazione dei costi e massimizzazione
dei ricavi tendono a passare in secondo piano.
L’impresa zootecnica biologica mira a creare un sistema di produzione circolare incen-
trato sulle complementarità tra terra/vegetale, vegetale/animale e animale/terra. Infatti,
nel caso della zootecnia, uno dei principi fondanti è l’allevamento come attività di “pro-
duzione necessariamente legata alla terra”.
Il rispetto di questo principio viene valutato attraverso tre criteri:

1   il rapporto tra Unità di Bestiame Adulto (UBA)
    e la Superficie Agricola Utilizzata (SAU);

2   l’utilizzo di mangimi prodotti all’interno dell’unità produttiva
    (almeno il 35% della sostanza secca della razione deve essere ottenuta dalla SAU
    aziendale, o almeno da aree attigue nel comprensorio);

3   un’area di pascolo proporzionata al numero di capi.

Tutto ciò per creare un nuovo tipo di sviluppo che implica un differente modo di produ-
zione, un nuovo rapporto tra produttore e consumatore (incentrato sulla rintracciabilità
e trasparenza garantita su tutto il ciclo produttivo: dalla produzione, alla preparazione
fino al trasporto e alla commercializzazione), la valorizzazione e conservazione delle ti-
picità (naturali, storiche, sociali ecc.) del territorio.

Nel settore zootecnico, nonostante alcune differenze tra le diverse specie, si è assistito
ad un tendenziale aumento del numero di capi allevati con metodo biologico. Confron-
tando i dati del SINAB dal 2001 ad oggi, si registra un aumento del numero di capi per
tutte le specie ad eccezione dei bovini che da 330.700 si sono ridotti a 193.675.
I consumi in Italia rispetto al paniere “prodotti biologici” di origine zootecnica eviden-
ziano una quota rilevante di acquisti di latte e prodotti derivati e di uova, mentre langue
la domanda di carne.
Il benessere animale negli allevamenti
                         Il benessere animale ha assunto, negli ultimi anni, un’importanza
rilevante nel contesto della zootecnia europea, in quanto la crescente domanda, da
parte dei consumatori, di prodotti salubri, sicuri ed ottenuti secondo processi di produ-
zione eticamente accettabili ha indotto l’Unione Europea ad adottare una serie di misure
che, all’interno del processo di allevamento di animali da reddito, garantiscano il rispetto
di alcuni principi fondamentali concernenti bisogni ed esigenze degli animali.
È, infatti, scientificamente dimostrato come, ad un migliore stato di benessere, corri-
spondano anche migliori prestazioni produttive ed una maggiore qualità dei prodotti
(carne, latte, uova).
Più di recente, sia l’Organizzazione Mondiale della Salute Animale (Oie) che la WTO
(World Trade Organization) hanno manifestato la necessità di introdurre un corpus di
norme internazionali. In particolare quest’ultima, vorrebbe inserire il benessere animale
nelle questioni commerciali, così come è avvenuto per la protezione delle piante con
l’accordo fitosanitario internazionale, visto che negli ultimi anni le numerose crisi zoo-
sanitarie hanno avuto un costo economico elevatissimo, disturbando gravemente gli
scambi agricoli mondiali ed urtando profondamente l’opinione pubblica rispetto ai me-
todi di allevamento adottati.
L’attività di allevamento è spesso al centro di critiche da parte dei consumatori, i quali,
a volte, si avvicinano ai prodotti di origine animale con preoccupazione per il susseguirsi
di notizie relative alle malattie infettive degli animali (zoonosi) ed alla presenza di residui
derivanti da ormoni, farmaci, contaminanti ambientali ecc.
Inoltre, alle remore di ordine sanitario, si stanno gradualmente aggiungendo quelle di
ordine etico, dovute all’ accresciuta sensibilità dell’opinione pubblica nei confronti di te-
matiche che riguardano il benessere degli animali.
In particolare, la richiesta dei consumatori sembra sempre più orientata verso l’impiego
di tecniche di allevamento che:

•   siano finalizzate alla riduzione del rilascio nell’ambiente di inquinanti durante il pro-
    cesso produttivo;
•   richiedano sempre meno l’introduzione nel ciclo produttivo di sostanze di sintesi,
    quali antibiotici o altri additivi alimentari con finalità di profilassi e terapia specifica
    o con funzione di accrescimento della massa corporea, che vengono considerate
    come possibile causa di antibiotico-resistenza e come elemento di minaccia della
    sicurezza dei prodotti alimentari.

Al fine di rispondere a tali richieste, il mondo della produzione si sta impegnando ad
adottare tecniche di allevamento rispettose delle naturali esigenze degli animali, in ter-
mini di caratteristiche fisiologiche e comportamentali delle diverse specie nella consa-
pevolezza che alimentazione naturale ed ambienti d’allevamento idonei, hanno un peso
notevole sulla buona salute degli animali e sulla qualità e la salubrità dei prodotti che
da essi derivano. Il benessere animale rappresenta, infatti, inequivocabilmente, un ele-
mento di qualità delle produzioni zootecniche.

Molta attenzione è rivolta, inoltre, all’interazione tra allevatore ed animali allevati: tale con-
tatto prevede una conoscenza approfondita, a volte anche empirica, degli animali e delle
loro reazioni anche comportamentali. Migliorare il benessere animale, dunque, non vuole
dire, “non allevare”, ma significa piuttosto, migliorare tale interazione animale-uomo.
Attualmente, il dilemma dell’impresa é proprio nella necessità di conciliare i costi di pro-
duzione e gli altri vincoli posti dal processo produttivo con l’obiettivo della qualità delle
produzioni, intesa come concetto inclusivo anche della qualità di vita degli animali alle-
vati. Tale esigenza, che sta coinvolgendo sempre di più tutte le tipologie di allevamento,
anche quelle maggiormente industrializzate, probabilmente costituisce la più importante
sfida per la moderna zootecnia.
In tale contesto, l’Unione europea considera il benessere animale come uno dei temi
centrali della propria politica alimentare, incentrata sulla figura del consumatore come
elemento cardine dei processi produttivi, in quanto questo è il soggetto che orienta le
produzioni e nei confronti del quale si focalizza l’attenzione per la sicurezza alimentare.
La Politica Agricola Comunitaria, in particolare, incentiva un modello di sviluppo rurale
che legittima la flessibilità e la diversificazione dell’attività imprenditoriale e che si gioca
non più tanto sul versante del prezzo, quanto su quello della multifunzionalità, della
tutela ambientale, della biodiversità, del rispetto del benessere animale, rispondendo
così, anche, alle precise istanze provenienti dal mondo dei consumatori.
Uno dei principi cardine della politica agroalimentare nell’Unione europea è quello della
tracciabilità “from fork to farm” e, cioè, della possibilità di verificare le caratteristiche
complessive di un prodotto non limitandosi alla sua qualità finale, ma considerando la
qualità dell’intero processo produttivo, che comprende, a monte della filiera, anche la
“qualità di vita” degli animali allevati.
A dimostrazione di tale impegno, le imprese zootecniche biologiche adottano standard
di benessere animale superiori a quelli previsti dalla legislazione vigente per l‘agricoltura
convenzionale, prevedendo, inoltre, anche un sistema di consulenza aziendale a sup-
porto dell’impresa agricola, al fine di aiutarla a sviluppare questa sua nuova professio-
nalità, nonché una modifica sostanziale della disciplina sul trasporto degli animali che
sembra essere estremamente restrittiva.

Il Farm Animal Welfare Council (FAWC) inglese ha stabilito che il benessere animale esi-
ste in un allevamento quando sono rispettate le cinque libertà:

•      libertà da sete, fame e malnutrizione, mediante facile accesso ad acqua fresca e pu-
       lita ed adeguata alimentazione che garantisca piena salute e vigore;
•      libertà dal disagio, mediante la predisposizione di un ambiente appropriato alla spe-
       cie, con adeguati ripari e aree di riposo confortevoli;
•      libertà da dolore, ferite e malattie, mediante prevenzione o rapida diagnosi e tratta-
       mento;
•      libertà di esprimere comportamenti normali, mediante la predisposizione di spazi
       sufficienti, strutture adeguate e contatti sociali con animali della stessa specie;
•      libertà da paura e angoscia, garantendo condizioni di vita e trattamenti che evitino
       sofferenze mentali1.

                             I vantaggi della zootecnia biologica
                     Tra punti di forza della zootecnia biologica, il cui principio è quello
di condurre un allevamento che sia rispettoso dei consumatori, dell’animale e dell’am-
biente citiamo:
• gli alimenti biologici di origine animale sono sicuri.

1
    Percentuali calcolate escludendo l’apporto di LULUCF (Land use, land-use change, and forestry)
•   Il metodo di produzione biologico, essendo certificato da organismi terzi, crea un
    nuovo rapporto tra produttore e consumatore, basato sulla rintracciabilità e traspa-
    renza garantite da accurati controlli su tutto il ciclo produttivo: dalla produzione alla
    trasformazione, fino al trasporto e alla commercializzazione.
•   Gli alimenti biologici di origine animale sono meno esposti a rischi
•   Gli alimenti biologici di origine animale non contengono additivi chimici e conservanti
    di sintesi. La legislazione sulla zootecnia biologica ammette circa 30 additivi, tutti di
    origine naturale (nel convenzionale sono ammessi più di 500 additivi). Sono stretta-
    mente vietati tutti gli additivi che possono provocare reazioni allergiche o potenziali
    danni alla salute. Ad esempio, la produzione dei salumi, pur essendo regolata da
    precise norme atte a garantirne la salubrità per quel che riguarda le caratteristiche
    igienico-sanitarie, non prevede l’uso di nitriti, nitrati, addensanti e antiossidanti per
    quel che riguarda la produzione di salami e prosciutto crudo.

Le ricerche sulla presenza di principi utili alla salute umana negli alimenti di origine ani-
male sono ancora limitate, sia per il biologico che per il convenzionale. Tuttavia, dai
primi studi emergono differenze significative attestanti la presenza di maggiori quantità
di sostanze antiossidanti (ad esempio Vitamina E) e di minerali, di un minor contenuto
di grassi e di totale assenza di residui di antibiotici e antiparassitari nelle carni degli ani-
mali allevati con metodo biologico.
Gli alimenti di origine animale biologici hanno un gusto eccellente
Le tecniche di alimentazione naturale, le tecniche artigianali di trasformazione e di sta-
gionatura non forzata garantiscono prodotti di ottimo sapore.
Gli alimenti biologici di origine animale sono convenienti se acquistati direttamente
dal produttore
Infatti, nonostante i pregiudizi sui costi eccessivi dei prodotti biologici in genere e in parti-
colare di quelli di origine animale, se si considera il rapporto prezzo/qualità questi prodotti
hanno un margine di convenienza! I costi di produzione sono elevati a causa:

•   della particolare alimentazione composta esclusivamente da alimenti biologici, pos-
    sibilmente prodotti all’interno dell’azienda;
•   della tecnica di allevamento estensivo, con il divieto della stabulazione fissa e l’ob-
    bligo di mantenere l’equilibrio tra estensione del pascolo e numero di animali allevati,
    … ovvero gli animali debbono muoversi e maturare le proprie strutture muscolari,
    ciò significa che mangiano di più, hanno bisogno di più tempo e ci sono maggiori ri-
    schi di predatori, infortuni ecc.;
•   dei maggiori tempi richiesti per l’accrescimento degli animali,del rispetto dei cicli
    biologici degli animali;
•   delle cure veterinarie omeopatiche;
•   degli accurati controlli;
•   del maggiore rischio d’impresa.

Solo adeguate politiche di informazione rivolte al consumatore e di promozione della
qualità dei prodotti biologici nonché una necessaria educazione alimentare potranno
favorire lo sviluppo e la valorizzazione di questo settore.
Bio, Benessere Garantito:
                      Benessere Ambientale
                      Riduzione degli input chimici con metodi di
                      produzione sostenibili
                    Coniugare la sicurezza alimentare con il benessere ambientale è
un obiettivo fondamentale da raggiungere sia incentivando la ricerca di nuovi sistemi di
produzione che riducendo il ricorso a input chimici e vietando l’utilizzo delle sostanze
attive dannose.

Tra i metodi di produzione una delle soluzioni possibili è rappresentata dal biologico che
si caratterizza per l’assenza dell’uso di sostanze chimiche di sintesi. Un aspetto non se-
condario, se si considera che la riduzione degli input chimici porta a una notevole ridu-
zione delle emissioni di protossido di azoto (N2O) e a un minore consumo di energia
dovuto all’assenza di fertilizzanti chimici. Grazie al ricorso al compost (fertilizzante na-
turale ricavato da materiale organico), al sovescio (interramento di apposite colture per
mantenere o aumentare la fertilità del terreno), alla rotazione delle colture piuttosto
nonché alla non lavorazione del suolo, il biologico può far trattenere al terreno dai
2000 ai 4000 chili di carbonio per ettaro. In questo modo, l’incremento della sostanza
organica diventa la vera chiave di adattamento al cambiamento climatico.

Se è vero che la qualità della nostra vita dipende soprattutto dall’ambiente in cui viviamo,
allora l’agricoltura, per essere sostenibile, deve far sempre meno utilizzo di sostanze chi-
miche dagli effetti mai completamente controllabili e prevedibili, e fondare la sua forza
sulla biodiversità. Se l’ambiente circostante è inquinato, le risorse potenzialmente sfrut-
tabili dall’uomo deperiscono a discapito della salute stessa dell’uomo e delle specie viventi
in genere. Si pensi ad esempio alla scomparsa di specie e quindi alla perdita di biodiversità
che si sta oggi realizzando anche a causa dell’uso non sostenibile dei pesticidi.

È ormai noto l’effetto dannoso dei pesticidi sulle api che sono frequentemente esposte
a sostanze chimiche rilasciate nell’ambiente come conseguenza della loro attività di fo-
raggiamento. Gli effetti sub-letali come paralisi, disorientamento o cambiamenti com-
portamentali (apprendimento, comportamento, comunicazione) dovuti ad esposizioni a
breve e a lungo termine sono sempre più considerati dato che influenzano le diverse
fasi di vita e i diversi livelli organizzativi delle popolazioni di api.
In Italia, tra il 2002 e il 2008, si è registrato un calo della produzione di miele del 50%.
La variazione nel numero di colonie nel corso di un determinato periodo di tempo non
è attribuibile ad un singolo fattore, ma sicuramente tra le cause da tenere in considera-
zione ci sono malattie (per esempio la varroa), parassiti, uso di pesticidi, ambiente e fat-
tori socio-economici. Tra le cause principali del grande spopolamento di api si individua
l’impiego di semi di mais conciati con i prodotti fitosanitari contenenti neonicotinoidi e
Fipronil. Per questo motivo lo stesso Ministero della Salute ha provveduto, per ben quat-
tro volte consecutive, a una sospensione cautelativa dell’autorizzazione di impiego per
la concia del mais dei prodotti fitosanitari contenenti le sostanze attive Clothianidin,
Thiamethoxam, Imidacloprid e Fioronil.

Da quando c’è stata questa moratoria (dal 2009 al 2011) si è registrato un netto miglio-
ramento dello stato di salute e dei livelli di produttività degli allevamenti di api e, come
risulta dal rapporto dell’Inea, nel 2010 la produzione di miele è aumentata del 26,3% ri-
spetto al 2009.

La perdita di api è un esempio emblematico che dovrebbe indirizzare in senso ecologico
i comportamenti degli operatori e dei cittadini, come pure l’approccio al metodo di con-
sumo. L’agricoltura biologica è in grado di promuovere una dieta legata alla stagio-
nalità dei prodotti locali e al consumo di prodotti meno trasformati e confezionati
permettendo di limitare le emissioni lungo tutta la filiera. Lo stile alimentare corrente
per certi aspetti è ancora ricco di proteine animali, mentre per stile alimentare corretto
l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) intende una dieta con aumento di cereali,
frutta, verdura e proteine vegetali, con diminuzione di carne e altri prodotti animali. Con-
siderando che in media un uomo che si nutre con cibo da agricoltura convenzionale,
senza seguire i consigli dell’OMS, consuma 644 chili all’anno di prodotti freschi, si calcola
che l’emissione sia di 1.230 chili di CO2 equivalenti annui; passando al consumo di pro-
dotti bio risparmierebbe il 30% di emissioni. Mangiare biologico, oltre ad assicurare uno
stile alimentare corretto a basso impatto sull’ambiente consente dunque un risparmio,
per il già sofferente clima, del 39,7% di emissioni procapite.
La capacità di produrre eccellenze
                        Per le aziende agricole l’utilizzo delle fonti rinnovabili è un’oppor-
tunità concreta per potenziare le loro attività, diversificare le opportunità di reddito, va-
lorizzare le risorse del fondo e sviluppare un’azienda multifunzionale che non produca
più solo materie prime ma fornisca servizi al territorio. Dal nord al sud del Paese nu-
merose aziende si aprono alle comunità territoriali e agli enti locali che progettano im-
pianti con la partecipazione dei cittadini e creano opportunità per gli agricoltori del
territorio.
Si tratta di aziende che hanno avviato la produzione di energia non per cambiare me-
stiere, ma per potenziare il valore delle loro produzioni tradizionali utilizzando residui
che fino a poco tempo prima costituivano un rifiuto problematico, riducendo così i con-
sumi di energie fossili per riscaldare le loro serre o i loro essiccatoi o per spandere sui
campi digestato e ammendanti naturali in sostituzione dei fertilizzanti chimici.
L’interesse di molte aziende convenzionali e biologiche verso l’innovazione e la gestione
sostenibile delle produzioni ha generato collaborazioni con il mondo della ricerca. Si ri-
portano di seguito tre casi aziendali premiati da Legambiente e dall’Associazione Na-
zionale Comuni Italiani (Anci) alla manifestazione BioEnergy 2012 di Cremona e divenuti
luoghi di sperimentazione per soluzioni tecnologicamente sostenibili.

La Fattoria della Piana di Candidoni (RC) ha un allevamento di 900 capi bovini nella
Piana di Gioia Tauro con un caseificio cooperativo che trasforma 20.000 litri al giorno di
latte bovino, ovino e bufalino e con terreni a seminativi e agrumeti. L’impianto a biogas,
in funzione dal dicembre 2008, consente di utilizzare gli scarti del caseificio e dell’agroin-
dustria locale tra cui siero di latte, pastazzo d’agrumi, sansa di olive, vinacce, scarti di
ortofrutta al fine di produrre elettricità e calore per i diversi fabbisogni aziendali. L’im-
pianto di digestione anaerobica in cogenerazione permette di usare il 60% del calore
per i processi produttivi del caseificio, il 20% per l’agriturismo e foresteria e il restante
20% per la regolazione dell’umidità nelle celle di stagionatura dei formaggi.
I vantaggi sono notevoli perché il digestato è usato come concime organico biologico
sui 250 ettari di terreno in carico ai soci della cooperativa; i terreni sono destinati in mag-
gior parte a colture foraggere e agrumeti. Inoltre l’impianto di digestione anaerobica, gli
impianti fotovoltaici e tutto il sistema aziendale della Fattoria della Piana fanno parte del
percorso didattico che si svolge lungo l’anno in collaborazione con le scuole e le uni-
versità locali e prevede visite di diverso livello insieme alla degustazione di prodotti tipici
dell’azienda.

La Cantina Salcheto di Montepulciano (SI) ha ricevuto il primo premio per la filiera
“legno combustione ed efficienza energetica”. Su un versante che domina il lago Trasi-
meno, nell’area del Nobile di Montepulciano, una cantina completamente rinnovata se-
condo la logica “off grid” (massima autonomia energetica e minimi consumi) con
l’integrazione di diverse fonti rinnovabili e con innovativi interventi di efficienza energe-
tica. Il vino della Cantina, il “Salco”, è imballato con biopannolini della WIP interamente
compostabili, in modo che tutto dopo l’uso torni alla terra. Per i fabbisogni termici della
cantina e delle strutture ricettive l’azienda usa i sarmenti dei suoi vigneti e le potature
arboree degli interfilari. L’impianto a caldaia a cippato (120 KWt) utilizza il 70% dei sar-
menti di potature di vite e il 30% di residui legnosi da tagli e potature di siepi di filari.
L’origine della materia prima è interamente aziendale perchè proviene dai terreni coltivati
dall’azienda. Il 58% del calore viene convogliato al riscaldamento dei locali di lavora-
zione e agli uffici della Cantina, il 20% al riscaldamento dei vini in lavorazione e il 22%
al riscaldamento e alla produzione di acqua calda sanitaria dell’agriturismo a 20 posti
letto. Nella logica “off grid” della massima autonomia energetica e dei minimi consumi,
l’azienda ha sviluppato anche un sistema integrato di impianto geotermico a bassa en-
talpia con un piccolo impianto fotovoltaico. Tra gli ulteriori benefici ambientali le acque
di lavaggio sono recuperate con fito-depurazione e rimesse in circuito. L’azienda è sem-
pre aperta al pubblico, organizza degustazioni guidate e promuove seminari e incontri
per la diffusione del proprio modello di lavoro.

Tra le aziende premiate non mancano neanche quelle che producono cosmetici da sot-
toprodotti alimentari. La Frescosmesi srl è una giovane azienda, nata come progetto
spinner dell’Università di Bologna, che si occupa dello studio e della produzione di pro-
dotti cosmetici a partire da sottoprodotti dell’industria agroalimentare locale: bucce e
noccioli di frutta derivanti dalla produzione di confetture, vinacce derivanti dal processo
di vinificazione delle uve, acque di vegetazione derivanti dalla spremitura delle olive,
crusca di grano. Sono questi gli ingredienti base dei prodotti venduti dall’azienda dai
quali sono estratti principi attivi cosmetici attraverso una tecnologia brevettata. I principi
attivi sono poi inseriti all’interno di formulazioni cosmetiche naturali costituite da materie
prime accuratamente selezionate, di qualità e prevalentemente di tipo alimentare. Oggi
l’azienda vende i cosmetici col proprio marchio e ottiene così il duplice vantaggio di di-
minuire i costi di smaltimento e di veicolare attraverso ilbiocosmetico un’immagine di
qualità della filiera agricola.
Queste sono solo alcune delle esperienze eccellenti di aziende agricole nell’uso della
bioenergia, della chimica verde e del rispetto del paesaggio. È evidente che le attività
agricole mirate alla produzione di energia vanno sviluppate innanzitutto nella pro-
spettiva di una crescente multifunzionalità dell’azienda agricola, come reale op-
portunità per diversificare le produzioni e mantenere i redditi più stabili anche in
presenza delle imprevedibili oscillazioni dei prezzi provocate dalla globalizzazione dei
mercati.
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