Post Covid Management idee, strumenti, scenari - a cura di - Contract Manager
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Indice pag 5 pag 37 Prefazione Le risorse umane Marco Gradenigo Lorenzo Ferrari pag 9 pag 41 Manager e management ai tempi Reinventare il commerciale del Post Covid-19 Paolo Fontana Federico Visconti pag 45 pag 13 La distribuzione italiana: Servono i talenti migliori per innovare e avere coraggio contrastare la crisi Danilo Maffini Angelo Vergani pag 49 pag 17 La sfida nel manufacturing Come affrontare il Post Covid-19 Renato Marelli Roberto Fortunato pag 55 pag 23 Imperativo incrementare le Velocità decisionale e competenze digitali implementazione rapida Dario Notarbartolo Marco Gradenigo pag 61 pag 27 La brusca frenata che ci ha La transizione allo smart working fatto riflettere Sergio Cordone Selena Magni pag 33 pag 65 Smart working: uno sguardo alla Crisi aziendale e Temporary normativa Management Giorgio Treglia Angelo Vergani
Prefazione Manager Post Covid-19 Il numero dei passeggeri trasportati da tutte le compagnie aeree del mondo dal 1948 al 2019 non è mai diminuito. Non volevamo crederci ma i dati lo dimostrano. Né la crisi del petrolio, né l’Isis o le campagne “desert storm”, né le Torri Gemelle o la crisi dei mutui subprime del 2018 hanno invertito questa tendenza e questo ha fatto nascere nuove compagnie aeree; si pensi solo a quelle low cost che han- no abbattuto i prezzi delle tratte. Nel 2020 non sarà così. Per la prima volta da 70 anni il numero, espressione di quel parametro, scenderà: meno persone si sposteranno in aereo. Ancora: per la prima volta da 70 anni non si è disputato il palio di Siena di luglio né quello di agosto, le olimpiadi sono state forse “solo” posticipate al 2021. I tre esempi citati, molto diversi tra loro ma per noi parimenti significativi indica- no quanto sia stata dirompente e violenta la discontinuità creata dalla pandemia. Abbiamo vissuto anni di prosperità, crescita, stabilità, seppur attraversata da cri- si, fino alla potente cesura del virus. Non sappiamo cosa cambierà, quanto cambierà né quando, ma alcuni elementi, forse, si intravedono nella foschia dell’incertezza generata dal CoVid-19. Quali visioni imprenditoriali e quali competenze e abilità manageriali emergeran- no? Quali invece spariranno o non serviranno più? Abbiamo provato a interpretare alcuni segnali e a immaginare elementi del mon- do nuovo, ammesso che sia davvero nuovo o solo modificato, e abbiamo pensato di proporre riflessioni sui possibili driver del cambiamento con particolare atten- zione al mondo manageriale. 5
Pensiamo che tra i doveri di un team di manager ci sia anche quello di contribu- ire allo sviluppo delle conoscenze. Non basta agire a livello gestionale, portando risultati nei tempi previsti; bisogna anche contribuire con nuove idee che favori- scano l’emergere di nuovi cambiamenti nelle aziende. In quei momenti drammatici tutti noi di Contract Manager ci siamo ingegnati per dare un contributo e a questa idea ha contribuito anche l’amico Federico Visconti, rettore dell’Università Carlo Cattaneo di Castellanza (LIUC), che “apre” la serie, illustrando i temi del cambiamento con lo sguardo pragmatico di un ac- cademico immerso nella realtà. Seguono gli scritti dei componenti del team di Contract Manager e di Dario No- tarbartolo, esperto di comunicazione digitale. Ognuno per la propria esperienza e area di competenza riflette sullo “tsunami” avvenuto e sulle possibili conseguenze e propone suggerimenti e spunti di ri- flessione, spaziando dai temi IT a quelli legati al mondo delle risorse umane, dal commerciale fino alle trasformazioni profonde del mondo del manufacturing. Chiude la raccolta l’intervento di Angelo Vergani su come gestire una crisi azien- dale. Alcuni interventi sono estesi e approfonditi, altri sono più succinti ma tutti i con- tributi in questa raccolta riflettono interamente il carattere e i valori di Contract Manager: competenza e passione in ciò che si fa, integrità, impegno e umiltà. Questa pubblicazione non ha nessuna pretesa di scientificità né propone verità assolute (e come sarebbe mai possibile in questo momento?) ma vuole offrire ai propri clienti, sostenitori, amici e partner alcuni semplici spunti per immaginare il futuro. Contract Manager vuole continuare a essere ciò che è sempre stata: uno stru- mento di supporto e una rete di sicurezza per le imprese. Marco Gradenigo Settembre 2020 Senior Manager - Contract Manager s.r.l. 6
Federico Visconti Rettore LIUC Università Cattaneo “Serviranno leader carismatici, allenati a stare con le persone, a toccare le corde motivazionali, a contrastare le resistenze al cambiamento” 8
Manager e management ai tempi del Post Covid-19 “Per fortuna, di tanto in tanto la professione manageriale, così incline a diventa- re supponente quando vince qualche battaglia, e i seriosi studi di management vengono scossi da qualche provocazione che ridimensiona le ambizioni, che co- stringe a pensare, che obbliga a fare i conti con la realtà che sfugge alla cataloga- zione, ai modelli, alla pretesa ‘scientifica’ di imbrigliarla o alla volontà autoritaria di dominarla”. Così scriveva, nel 1998, Claudio Demattè1. Tolto il “per fortuna”, il ragionamento non fa una grinza e la “provocazione Co- vid-19” impone di percorrere la strada saggiamente tracciata dal professore-ma- nager più di vent’anni or sono: fare i conti con la realtà. Sul ruolo dei manager nell’era del post Covid-19 si sta discutendo intensamente, ed è giusto così. Di buon management ce ne sarà bisogno (in verità, non è che in passato non ce ne fosse) e il confronto è una grande ricchezza. L’iconografia anglosassone ci mette del suo (la coronavirus-driven disruption che indurrà la sostituzione del just in time con il just in case, solo per fare un esempio!), ma quel che conta è la sostanza: attività della catena del valore da ristrutturare, risorse e competenze da sviluppare ex novo, value proposition da inventare, partnership da ripensare nei modi e nei luoghi… senza perdere di vista una dimensione fon- damentale del “mestiere di dirigere”: la leadership. 1 In Economia e Management, n. 1, 1998 9
Serviranno leader carismatici Ipotizziamo un deus ex machina che incorpori doti di decision making in condizio- ni di incertezza/instabilità, orientamento al rischio e all’apprendimento, abilità di manovra degli obiettivi, competenze up-to-date, capacità di data management, resistenza allo stress e alla fatica… e chi più ne ha, più ne metta. Quandanche esi- sta, il Faust del management non potrà prescindere da un contesto organizzativo da mobilitare e da un ambiente istituzionale con cui interagire. Marchionne diceva che “un grande leader è capace di guidare il cambiamento, indicare la direzione generale, fissare degli obiettivi, incredibilmente audaci, circondarsi delle persone migliori che si possano trovare, e farle lavorare” . Nei fatti, come si declinerà nei prossimi mesi il “si circonda? E il “farle lavorare?”2. Si tratterà di sostituire dei collaboratori? Di investire in formazione? Di metter mano ad assetti organizzativi, sistemi operativi, soluzioni di welfare, progetti di counseling ...? Le parole vanno pesate, tanto più in questa fase storica. Ciò premesso, gli scenari occupazionali in cui siamo immersi non sono rosei, quantomeno nel breve. Ser- viranno leader carismatici, allenati a stare con le persone, a toccare le corde mo- tivazionali, a contrastare le resistenze al cambiamento. A chiamare pane il pane e vino il vino, a generare fiducia e consenso attorno a ciò che veramente conta: il bene dell’azienda e dell’istituzione. Sfide di non poco conto, in un Paese in cui le posizioni di rendita e i meccanismi di difesa, i nepotismi e i poltronifici mettono all’angolo la meritocrazia non appena si presenta l’occasione. Cioè spesso. Il ruolo della burocrazia E poi c’è l’ambiente istituzionale, con una molteplicità di stakeholder con cui in- teragire. In primis, la proprietà, partendo dal presupposto che il gioco “contribu- ti attesi-ricompense offerte”, non potrà certo essere quello del passato. Subito dopo, l’ecosistema: banche, sindacati, rappresentanza, enti territoriali, policy maker … Un esempio su tutti: i rapporti con la pubblica amministrazione. Dario Di Vico, sul Corriere della Sera del 26 aprile 2020, titolava “Quei soldi in ritardo”, commen- tando: “È un’amara verità ma va detta: il trasferimento di liquidità dallo Stato alle imprese non sta funzionando come auspicato”. Max Weber, più di un secolo fa, scriveva che “ogni burocrazia si adopera per raf- forzare la superiorità della sua posizione mantenendo segrete le sue informazio- ni e le sue intenzioni”. 10
In Italia, ormai da decenni, imprenditori e manager disegnano i processi in fun- zione dei vincoli burocratici prima che delle opportunità di business, che è tutto dire. La speranza è l’ultima a morire ma temo che il manager del dopo Covid-19 dovrà fare i conti, ancor più che in passato, con la burocrazia. Cogliere la sfida della trasformazione In sintesi. La sfida che attende i manager è quella di una trasformazione profonda del “lavoro di gestione” e delle sue fondamenta, quelle fondamenta che Demattè identificava nella tecnica, nella progettualità e nell’arte politica. Competenze e strumenti tecnici, contenuti e modelli progettuali rimarranno fondamentali ma i processi interni ed esterni non saranno da meno, nella consapevolezza che nel management “una quantità infinita di scelte e di azioni devono essere prese sulla base di elementi che non si prestano a elaborazioni scientifiche. Richiedono piut- tosto valutazioni puntuali o d’insieme di natura altamente qualitativa per la quale ci vuole sensibilità, equilibrio, saggezza e capacità di soppesare azioni e reazioni complesse”3. La pandemia e la crisi che ne sta derivando sollecitano i manager a promuovere una new age che punti a superare le inerzie, a rimuovere la mediocrità e a premia- re il merito. A dare spazio ai giovani di valore. Ad esprimere quello che Marchion- ne chiamava “Il coraggio di cambiare”. A tema c’è una ineludibile assunzione di responsabilità nei confronti delle imprese, ma c’è anche un contributo dal gran- de valore simbolico per le istituzioni e per l’intera società civile. 2 “Sergio Marchionne. Il coraggio di cambiare. Tre lezioni sulla leadership e la crescita”, a cura di Alberto Grando, Egea Rizzoli, 2019 3 C. Demattè, “Il mestiere di dirigere - Ripensare compiti e responsabilità del Management”, Etas, 2004, p. 96 11
Angelo Vergani “Sarà fondamentale affidarsi a manager che abbiano già gestito situazioni di grave crisi, che sappiano infondere fiducia alle persone” 12
Servono i talenti migliori per contrastare la crisi Il colpo in arrivo sarà durissimo Ormai sono evidenti a tutti le implicazioni planetarie della pandemia da Corona- virus. Non si tratta più di disquisire se si tratti di un fenomeno cinese o italiano. È un accadimento globale, che ha già intaccato il sistema e lo intaccherà ancora di più nei prossimi mesi. Di certo avremo modo di riflettere e di adeguarci ai cambiamenti che le misure restrittive adottate dai governi di ogni nazione hanno indotto. Parliamo di cam- biamenti culturali, cambiamenti dei comportamenti e conseguenze sui consumi individuali e sulle decisioni dei vertici aziendali. Quanto durerà la crisi? Ciò che già tocchiamo con mano è il blocco di moltissime attività economiche, industriali, commerciali e dei servizi. Questo stop, che gradualmente si esten- derà a tutti i principali mercati mondiali, coinvolgerà tutti senza distinzione. Que- sto, come già emerso dai dati economici provenienti dalla Cina, avrà un impatto sui consumi e sugli investimenti delle aziende. I consumatori, spaventati e chiusi nelle case, non consumeranno, se non i beni e i servizi primari; le aziende non produrranno e non investiranno, non vedendo un chiaro orizzonte futuro. Il fermo sarà progressivamente totale e durerà molto probabilmente quattro/sei mesi. Le conseguenze si pagheranno per un periodo ben più lungo. 13
Per chi esercita un’attività economica tutto ciò si traduce in un sicuro e signi- ficativo calo del fatturato, un crollo che genererà perdite anche significative e in tempi rapidi. Come ben sappiamo i costi sono certi, i ricavi sono probabili. Il problema è nella dimensione e nella velocità del fenomeno: dirompente e con una velocità mai vista prima. Gli interventi messi in atto dai vari governi nazionali per aiutare i cittadini e le aziende saranno ben accetti ma non potranno durare a lungo. La Spirale del calo di fatturato Il crollo del fatturato porta con sé l’interruzione della generazione di cassa. Si in- ceppa la “cash pump” e quindi le aziende si infileranno velocemente nella spirale perversa del “calo di fatturato”- aumento perdite – minore generazione di cassa – aumento necessità finanziarie – aumento debiti e conseguente aumento per- dite con probabile aumento dei default. Moltissime saranno le aziende che entreranno in situazione di grave crisi econo- mico-finanziaria. Aziende di ogni dimensione, ma a soffrire di più probabilmente saranno le piccole aziende, che operano esclusivamente sul mercato nazionale. Si dovranno trovare nuove soluzioni e si dovrà ricorrere a risorse esterne in grado di affrontare la situazione di crisi. Si dovranno generare nuovi modelli di impre- sa, mettere in rete le competenze, condividere le innovazioni, unire più società. I processi di merger&acquisition subiranno una spinta consistente, direi quasi disperata. Sarà fondamentale ricorrere a specialisti di turnaround, a società specializza- te nella ristrutturazione di aziende in crisi. Il temporary management nella sua impostazione classica potrà essere di grande aiuto. Sarà fondamentale affidarsi a manager che abbiano già gestito situazioni di grave crisi, che sappiano agire sulle leve dell’impresa ma al tempo stesso siano in grado di infondere fiducia alle persone, tirando fuori da esse il meglio per il bene dell’impresa. Manager che sappiano fare sistema con la rete dei fornitori partner, con i clienti, i professioni- sti, l’università, i centri di ricerca, le banche e sindacati. Il compito che ci aspetta è immane. Un esempio di cosa significhi “fare rete” lo trovate già negli scritti che seguono. Esperti manager, consulenti e specialisti delle varie funzioni aziendali hanno elaborato idee e suggerimenti concreti per affrontare le conseguenze di questa crisi globale. 14
Roberto Fortunato “Come cambieranno i valori di riferimento nella cultura di impresa? Saremo in grado di fare di più, meglio e più rapidamente?” 16
Come affrontare il Post Covid-19 Non andrà tutto bene dopo il COVID-19. Dovremo fare di più, meglio e più velocemente! Dopo la fase acuta di sviluppo della pandemia, le aziende sono ancor più sotto pressione a causa dell’incertezza del futuro; l’emergenza si è manifestata su un sistema industriale già debole e con livelli di produttività stagnanti e tra i più bas- si d’Europa. Nei migliori casi si riscontreranno perdite di quote di mercato e di clienti a favore di imprese estere più efficienti e che non si sono fermate o che hanno ridotto, per minor tempo, le loro attività. Le imprese nostrane più avvedute si stanno da tempo preparando ad adottare specifiche strategie per contrastare gli effetti che l’epidemia sta producendo sul- le loro strutture e sulle attività di vendita di loro beni o servizi. L’evoluzione della risposta al Covid-19 Si è inizialmente parlato della protezione dei dipendenti, dell’opportunità di atti- vare il lavoro a distanza e migliorare il layout interno anche per incrementare l’ef- ficacia delle modalità operative e di movimentazione nelle varie fasi industriali. Tanti altri commenti sono emersi sui principali temi legati alla ripartenza in un’ot- tica di sviluppo ed in particolare sulle attività di razionalizzazione e riorganizza- zione. Ad esempio: •• valutazione fredda della propria organizzazione anche prevedendo l’impiego di temporary manager per fronteggiare in maniera rapida le eventuali carenze; 17
•• integrazione del processo produttivo per inserire verticalmente elementi della catena del valore che sono diventati più interessanti o necessari ad un andamento più autonomo; •• ricostruzione della propria rete di partner e collaborazioni esterne; creare aggregazione unendo le forze: da sole le PMI potrebbero non farcela; •• variazione della catena di approvvigionamento allo scopo di ridurre il rischio e contemporaneamente ripensare alla gestione delle scorte; •• gestione in maniera proattiva dell’offerta di prodotti e/o servizi come pure la relativa domanda; •• attivazione di acquisizioni o fusioni con aziende dello stesso settore, per cre- are sinergia, o con aziende caratterizzate da un più vasto impiego di tecnolo- gia allo scopo di ottenere tangibili vantaggi a medio termine. Bene, a questo punto ci si domanderà: •• Siamo pronti? •• Chi farà tutto questo? •• Saremo in grado di farlo? Smettiamola una volta per tutte di dire che tanto ce la faremo, che siamo italia- ni, che nei momenti di difficoltà riusciamo sempre a venirne fuori con la nostra fantasia, inventiva ed entusiasmo. La realtà è che dobbiamo fare di più, meglio e più rapidamente! Nuova cultura del lavoro per superare la crisi Serve quindi principalmente metodo ed una costante maggiore dedizione, è ne- cessaria una nuova cultura del lavoro; c’è bisogno di etica, del ritorno della meri- tocrazia e di tutte le necessarie competenze. Quanto sopra a partire dalle nostre istituzioni. L’incapacità diffusa, le indecisioni e gli errori dell’esecutivo, unite agli atavici pro- blemi italiani mettono le nostre imprese nelle peggiori condizioni per poter com- petere a livello mondiale, ancor più nell’immediato futuro. Non mancano brillanti esempi di aziende nostrane che operano a livello globale e dichiarano nei loro claim: etica, qualità, valorizzazione, proattività e apparte- nenza, vogliono continuare ad offrire il meglio per rispondere ai bisogni dei clien- ti con soluzioni innovative e con passione; vogliono offrire al mondo prodotti e servizi di qualità ed affidabili. La loro versatilità, reattività, dinamismo, resilienza e competenza sono solo momentaneamente messe a dura prova e i loro servizi 18
dedicati ai clienti sono all’avanguardia e meritano di essere adottati dal maggior numero di imprese e nel più breve tempo possibile. Una parte di aziende però non riesce ad esprimere un adeguato livello di succes- so a causa di mancanza di visione e di managerialità. Manca la ricerca dell’eccel- lenza e dell’innovazione per rendere sempre più unici, competitivi e fruibili, viste le nuove tendenze di distribuzione e diffusione, i propri prodotti o servizi. Ma le aziende sono fatte principalmente da uomini e bisogna capire perché ci si trova a gestire una perdurante difficoltà di generare cassa con conseguenti problematiche finanziarie. Il fattore della ricrescita dei fatturati Questa ulteriore crisi porterà inevitabilmente a chiusure, ad una drastica riduzio- ne di posti di lavoro ma anche alla ricerca di competenze e alte professionalità. Le aziende ridurranno la catena di comando e dovranno contare su un minor numero di addetti, ma più qualificati. Il comportamento degli imprenditori, dei manager e degli altri dipendenti è il principale fattore dell’andamento delle imprese. Bisogna smetterla di essere così individualisti, di essere sempre pronti a ricer- care i problemi negli altri, a non domandarsi se si è fatto il meglio possibile nel proprio lavoro o nel coadiuvare gli altri per uno sviluppo armonico. Facciamo autocritica, chiediamoci come migliorarci e come imparare dagli errori e soprattutto a sforzarci ad essere assertivi e a comportarci in maniera etica, corretta e rispettosa. Non basta, come di solito avviene, avere una bella raccolta di procedure di qualità senza però tenerne conto o applicarle occasionalmente. Basta con l’approssi- mazione: serve un nuovo senso di responsabilità e rigore. Cerchiamo inoltre di non essere più il tipico esempio in antitesi della teutonica efficienza: sappiamo essere molto meglio, basta volerlo veramente. Il lavoro dovrà essere sempre più di qualità, sarà più assimilabile ad un progetto fondato su competenza, efficienza, libertà, autonomia, fiducia e responsabilità. Per rimetterci in piedi dobbiamo correre, darci dentro, non perdere tempo, ci tocca rischiare, specialmente se abbiamo ormai capito che il maggior pericolo è arrendersi. E’ finito il solito lavoro d’ufficio o di fabbrica: dobbiamo entrare nell’ottica di una nuova flessibilità lavorativa. 19
Gli ingredienti della rinascita La rapidità nell’affrontare le problematiche sarà sempre più essenziale. Anche se siamo abituati a processi di verifiche trimestrali, o peggio con cadenze più lun- ghe, bisognerà operare con frequenti e successivi aggiustamenti essendo consci di dover minimizzare ed affrontare crescenti rischi. Le decisioni debbono essere tempestive. Per quanto riguarda la conduzione del personale le figure apicali debbono af- frontare la realtà in maniera positiva ed efficace gestendo inizialmente le proprie emozioni. Bisogna trattare le difficoltà efficacemente agendo in maniera equili- brata, lucida, razionale e promuovendo le priorità con flessibilità ed apportando continue e progressive semplificazioni. Atteggiamenti assertivi con ascolti attivi instaurando comunicazioni chiare, em- patiche e trasparenti possono ancora di più, in questo momento, aiutare a foca- lizzarsi sui risultati, ma anche a pensare “out of the box”, specialmente nei gruppi di lavoro. Importante è non sottovalutare le difficoltà della crisi post Covid-19 e non pro- mettere un pronto recupero specialmente in aziende in carenza di liquidità, e i manager dovranno coordinare i diversi tatticismi operati nelle varie funzioni aziendali per incanalarli in una opportuna strategia di ripartenza che necessaria- mente avrà un’applicazione a medio-lungo termine. Con lo smart working saranno ancora più importanti le comunicazioni non ver- bali: è compito del leader minimizzare gli impatti negativi delle connessioni a di- stanza senza dimenticare la continua necessità di creare coesione e motivazione nella squadra, con il giusto rigore. Il ruolo centrale della meritocrazia Una nuova gestione dei benefits, la pianificazione elastica delle carriere e l’aper- tura alle opportunità saranno sempre più subordinate al merito individuale. Qua- lità e non solo quantità. Il successo commerciale di un’azienda si confronterà sempre più spesso con le attività nell’ambito della responsabilità ambientale dei processi produttivi, della gestione delle relazioni con le comunità locali in cui opera, così come nell’ambito della sicurezza sul lavoro e della crescita del personale. L’efficienza produttiva con metodologie innovative e lo sviluppo sostenibile favoriranno la riduzione dell’effetto serra e della lotta al cambiamento climatico. Le sfide che le aziende si trovano ad affrontare nel periodo post Covid-19 dovran- no essere prontamente fronteggiate con le opportune competenze. 20
Marco Gradenigo “Quanto sarà importante saper decidere in condizioni di incertezza e saper apprendere rapidamente dagli errori per correggerli? Serviranno nuove metriche per misurare le performance aziendali?” 22
Velocità decisionale e implementazione rapida Dovremo decidere in fretta e imparare in fretta dagli errori, avere maggior intuito e rapidità nell’individuare le variabili chiave e interpretarne l’andamento. Facciamo qualche riflessione “aggiuntiva” provando a immaginare quali compe- tenze e attitudini, professionali e non, potranno rivelarsi importanti nel “dopo”. Fino a poco fa (marzo forse), molti erano quelli che pensavano che il “dopo” sarebbe stato come il “prima”. Passata la “buriana” (la tempesta), lentamente avremmo ripreso i comportamenti e i modelli sociali ed economici precedenti. Quindi anche i comportamenti e le qualità manageriali coerenti con quell’am- biente. Oggi sono sempre meno quelli che la pensano così. La sfida dei manager del post CoVid Certo è facile immaginare, ad esempio, una serie di cambiamenti come: •• L’utilizzo intensivo del telelavoro •• L’adozione del distanziamento sociale (sarebbe meglio dire distanziamento fisico), tanto nella vita quotidiana di relazione quanto in quella professionale •• La maggiore intensità di utilizzo della tecnologia •• L’emergere di modelli distributivi, e di fruizione di servizi, diversi (si pensi ai siti che già oggi “leggono” libri) Ma quali saranno i comportamenti manageriali e le attitudini personali rilevanti in un nuovo mondo? 23
1. Innanzitutto la capacità di operare/gestire/decidere in condizioni d’incertez- za e instabilità. Disporremo di meno informazioni dall’ambiente e dallo scenario competitivo. Le informazioni non saranno sempre omogenee, non sempre sin- crone né certe, ma tuttavia occorrerà comunque decidere e farlo con minori e più aleatorie variabili a disposizione. 2. L’instabilità e l’incertezza saranno, per lungo tempo, caratteristiche struttura- li di ogni impresa, di ogni iniziativa imprenditoriale e di ogni decisione manage- riale. Dovremo sviluppare capacità nuove di adattamento rapido ai cambiamenti e a mutate e imprevedibili condizioni. Tutto ciò cosa significa? Manager più rapidi e precisi. Esercizi e pratiche di analisi dei rischi dovranno essere molto più frequenti ed estese perché più elevato sarà il gradiente di rischio insito in ogni decisione. Tali analisi non condurranno necessariamente a intercettare in anticipo rischi esogeni e immani (come la pandemia attuale), ma saranno indispensabili per- ché stimoleranno meccanismi di flessibilità e di riflessione sulle alternative possibili, e sul peso da attribuire a ogni rischio per probabilità di accadimento e impatto dello stesso, quindi obbligheranno a valutare rapidamente le incerte alternative possibili. Tali analisi saranno più frequenti e dovranno condurre a una capacità di mitiga- zione o di valutazione quanto più possibile corretta delle conseguenze di ogni scelta imprenditoriale. Sbaglieremo, ovviamente, molto di più. Quindi dovremo essere estremamente più rapidi e molto più lucidi e sinceri nell’imparare dagli errori. L’apprendimento sarà giornaliero e continuo. Gli errori saranno inevitabili, e tanto prima saremo in grado di riconoscerli “am- metterli”, individuarne le cause che li hanno generati e correggerli, tanto prima e più sicuramente si potrà ricominciare a perseguire l’obiettivo, il percorso di scelta definito. Dovremo decidere in fretta e sbagliare in fretta. La capacità di appendere dall’errore dovrà diventare patrimonio intangibile delle imprese. Le strade che si deciderà di intraprendere siano esse investimenti, nuovi prodot- ti, progetti di sviluppo organizzativo o di contenimento dei costi, potranno non essere adeguate o non esserlo abbastanza e perseguirle sarà molto più compli- cato e incerto. 24
Le ipotesi sottostanti a ogni scelta dovranno essere rapidamente rivisitate. Infine dovremo inventare nuove metriche per misurare i processi industriali ed economici. Sarà necessario maggior intuito e rapidità nell’individuare le variabili chiave e interpretarne l’andamento, in molti casi rinunciare alle abitudini consolidate di misurazione e controllo. Il budget sarà ancora uno strumento utile? Non solo il budget ma anche il piano a tre/cinque anni, l’analisi degli scostamen- ti e tutte le buone pratiche manageriali avranno lo stesso peso di prima? Forse sì, forse no. Sarà premiata non più soltanto la qualità del prodotto, ma sempre più la qualità del processo e della relazione con l’ambiente, l’ecologia complessiva d’impresa. Il principe di Salina ne “Il gattopardo” diceva: “Occorre che tutto cambi perché nulla cambi”. Ma qui è diverso: tutto è cambiato e niente sarà più come prima. 25
Sergio Cordone “La pandemia ha “sdoganato” e diffuso lo smart working. Accanto agli smart worker ci saranno anche gli smart manager. Avranno le stesse competenze e attitudini di oggi? Quali le qualità di un manager “in rete”?” 26
La transizione allo smart working È necessario modificare i comportamenti manageriali Lo sviluppo di nuove pratiche nell’organizzazione del lavoro, legate da un lato alla diffusione del digitale e dall’altro alle nuove esigenze delle persone e della società nel suo complesso, è un trend consolidato da diversi anni. Un effetto di queste ultime si è riscontrato nella crescente possibilità del lavoro da remoto. L’adozione del telelavoro è un processo organizzativo complesso che richiede un approccio multifunzione da parte delle aziende, le quali a volte ne relegano al solo IT la gestione e l’implementazione. Nello specifico, non basta una buona piattaforma di collaborazione e la possibilità di lavorare da casa per un tempo predefinito, occorre anche un’attenta revisione dei processi aziendali e soprat- tutto un convinto supporto a tutti i livelli manageriali. Come tutti i processi di innovazione, l’adozione dello smartworking nelle diverse organizzazioni è proceduta per gradi tra entusiasmi e diffidenze, sino a quando la tragedia del Covid-19 ci ha travolto, cambiando improvvisamente il nostro modo di vivere, interagire e lavorare. Tutti i grandi cambiamenti hanno bisogno di una forte spinta dall’alto e in genere si realizzano in momenti di crisi. La drammaticità degli eventi legati alla pandemia ha fatto sì che il lavoro da remoto, ove possibi- le, sia diventato una esigenza improrogabile alla quale aziende e organizzazioni hanno dovuto conformarsi in tempi strettissimi. 27
La crisi da Covid-19 ci ha spinto al cambiamento. La risposta a questa esigenza è caratterizzata da una prima fase di urgenza, an- che nelle aziende in cui i processi di smartworking erano già sperimentati. A que- sta deve ora seguire un percorso di trasformazione dell’organizzazione e delle modalità di vivere il lavoro da parte delle persone. Un progetto di smartworking sostenibile nel tempo ed efficiente in termini di costi, produttività e soddisfazione personale deve cogliere e integrare diver- si elementi quali architetture e tipologie di comunicazione, spazi fisici, attività, processi aziendali ma soprattutto persone. Esemplificativa è la definizione di smartworking data dall’osservatorio del Politecnico di Milano: “ nuovo modello di organizzazione del lavoro fondato sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati”. Il manager diventa un attore fondamentale Assumendo la persona al centro del progetto di innovazione basato sullo smar- tworking viene da sé considerare il ruolo fondamentale di chi le persone deve coordinare, incentivare, valorizzare e misurare: il Manager. Il Manager è al tem- po stesso fruitore della nuova modalità di interazione e promotore responsabile della realizzazione e successo del progetto. Questo vuol dire che da un lato il Manager deve imparare a usare nella maniera più efficiente le piattaforme digitali di collaborazione e superare le barriere di comunicazione che inevitabilmente la distanza pone, dall’altro deve accompagnare i propri collaboratori nell’adozione di un modo di lavorare basato sulla fiducia e collaborazione. In pratica “il Manager” deve saper adattare il proprio comportamento e le proprie abitudini nella pratica quotidiana del classico modello delega/controllo. Col la- voro remoto il Manager non ha altra alternativa che accelerare sulla strada della responsabilizzazione e autonomia delle proprie persone, anche cambiando radi- calmente i parametri classici di valutazione e misurazione dei risultati. Il percorso virtuoso che si dovrebbe intraprendere passa dalla gestione di di- pendenti valutati in base al tempo e al completamento delle varie task, alla tra- sformazione degli stessi in professionisti valutati in base alla qualità dei risultati ottenuti. Uno step ulteriore si realizzerebbe nel lavorare sull’attitudine dei propri collaboratori aumentando il loro livello di coinvolgimento nella visione e strategia aziendale, sensibilizzandoli sui risultati del Team e della azienda stessa e age- volando la loro ulteriore trasformazione da professionisti responsabili a impren- ditori di sé stessi, con un attitudine all’innovazione e creatività a supporto delle mansioni e responsabilita che il loro ruolo comporta. Più facile a dirsi che a farsi… 28
Riflessioni di un manager, smartworker della prima ora Si potrebbero spendere pagine e pagine nel descrivere mezzi, modalità, proto- colli e vantaggi dello smartworking nelle diverse industry e realtà aziendali, ma la letteratura sul tema è molto ricca e in continua evoluzione a partire da università, associazioni professionali e studi di aziende, e a tutti questi si rimanda. Avendo avuto il privilegio di lavorare in un’azienda pioniere, che ha incorporato da tempo nella sua filosofia aziendale molti dei concetti sopra esposti, ritengo più utile con- cludere con una serie di riflessioni frutto della mia esperienza personale e anche di tanti, tanti errori che ho dovuto correggere. -- Primo: lavorare su sé stessi. Sfido ogni Manager a dichiare di essere sem- pre a proprio agio nella gestione dei propri collaboratori interagendo solo o principalmente in videochiamata. C’è sempre quella sottile sensazione di non avere tutto sotto controllo. Lavorare su sé stessi per migliorare la propria at- titudine alla delega e alla fiducia. Per il resto, aiuta il vecchio adagio “se hai la sensazione di avere tutto sotto controllo... vuol dire che stai andando troppo piano”. -- Role modelling. Dare il buon esempio è sempre importante nel comporta- mento di un Manager e lo diventa ancora di più in tempi di cambiamenti orga- nizzativi. È più difficile comunicare in remoto e quindi non pretenderlo dai tuoi collaboratori quando poi organizzi viaggi e meeting di persona. Fai in modo di usare la piattaforma digitale nel modo più intensivo possibile per interagire con le altre funzioni aziendali. -- “Overcomunicare” non è mai sbagliato. In generale, se i tuoi non ti capiscono non è colpa loro, è colpa tua. Il telelavoro accentua la difficoltà di comunica- zione e la possibilità di misunderstanding. Spendere qualche energia in più per comunicare meglio e più frequentemente è un buon investimento. -- Non trascurare il senso di appartenenza. Il telelavoro, oltre a presentare indi- scutibili vantaggi come per esempio la flessibilità oraria, ha il difetto di ren- dere il dipendente più isolato dalla realtà aziendale. Comunicare in maniera strutturata i risultati dei Team aziendali, news e best practice aiuta. -- Teamworking. Il concetto di Teamworking in organizzazioni remote deve es- sere rivisto e rivalutato. Il marine in guerra risponde alla domanda “per chi fai tutto questo? Per il mio compagno”. Con le debite proporzioni e adattamenti, questo concetto di fondo è valido in ogni organizzazione complessa. È diffi- cile, ma bisogna fare in modo che anche da remoto si mantenga uno spirito “vero” di teamwork valorizzando i risultati di Team sopra quelli individuali, promuovendo le best practice che aiutano tutti, non solo chi le inventa e in 29
generale rinforzando il concetto che si vince tutti assieme anche se distanti fisicamente. -- Rispetta la privacy. A volte si dà per scontato che il collaboratore in remoto sia sempre connesso e disponibile a tutte le ore. Per questo, anche a fronte di urgenze varie, ricordati che dall’altra parte del video c’è una vita privata e una famiglia da rispettare. -- Rispetta anche la tua privacy personale. Il discorso di cui sopra vale, per quanto possibile, anche per te. Imponiti ritmi di lavoro gestibili e non entrare nel loop di moltiplicare all’inverosimile le ore lavorative solo perché sei con- nesso. L’inciso “per quanto possibile” è perché alla fine il Manager sei tu e che ti piaccia o no… sei tu che devi gestire lo stress per il tuo gruppo. -- Il dipendente impreditore di sé stesso. Arrivare a questo risultato è un pro- cesso lungo, faticoso e non sempre vittorioso. Investire tempo ed energie e lavorare con i propri collaboratori per sviluppare questa attitudine paga nel medio periodo… ma paga. È sorprendente constatare quanto l’innovazione e il miglioramento di attività e processi possano partire dal basso e guarda caso da chi ha le mani in pasta. -- Il marketing virtuale delle tue persone. Ogni manager ha il dovere di promuo- vere le proprie persone in ambito aziendale, esporle al giudizio di Manager di altre funzioni e facilitare percorsi di carriera. Questo diventa un compito improbo col telelavoro quando manca la possibilità di interazione personale in azienda. Nel caso, bisogna ricorrere alla massima creatività usando ogni occasione utile come presentazioni, team virtuali cross funzionali, promozio- ne di best practice, etc. così che i tuoi non restino in ambito aziendale dei perfetti sconosciuti. -- Ascolta. Tutti sappiamo che il primo dovere di un Manager nei confronti dei collaboratori è ascoltare. Il telelavoro su questo certo non aiuta, manca la pausa caffè o il colloquio vis a vis durante il quale ci si studia, ci si confronta e anche ci si sfoga. Non è lo stesso, ma io mi ero imposto un virtual morning coffee, una video chiamata a scadenze prefissate con ognuno dei miei senza agenda preordinata, per parlare di qualsiasi cosa passi loro per la mente. È servito. Per finire, il processo di transizione verso un’organizzazione del lavoro flessibile e remota, è diventato vitale per garantire continuità con l’avvento della tragedia pandemica. Detto processo è irreversibile con tutti i suoi vantaggi e difficoltà, e vedrà in futuro aziende vincenti e altre che non riusciranno a fare tesoro dell’e- 30
sperienza. La complessità della transizione e delle diverse realtà socio economi- che fa sì che non ci sia una ricetta buona per tutti. Per questo motivo, a maggior ragione sarà essenziale il ruolo del Manager che a ogni livello della scala gerar- chica dovrà facilitare, implementare e talvolta personalizzare il processo con il criterio del buon senso. 31
Giorgio Treglia “L’obbligo di distanziamento sociale ci ha fatto riscoprire il lavoro agile, altrimenti definito “smart working”. Conosciamo le disposizioni di legge che lo regolano? E quali sono gli impatti sulla “socialità” del lavoro?” 32
Smart working: uno sguardo alla normativa I recenti sistemi di chiusura della vita sociale, adottati in occasione del diffonder- si della nota pandemia, hanno indotto i nostri governanti ad adottare un profluvio di norme che hanno creato non poche difficoltà di interpretazione e di attuazio- ne. E continuano a crearne. In particolare, in nome della protezione dei lavoratori dipendenti, agganciata al più generale obbligo di distanziamento sociale, è stato riscoperto il lavoro agile, altrimenti definito “smart working”. Questa modalità di svolgimento della prestazione di lavoro è regolata dalla legge 22 maggio 2017, n. 81 agli artt. 18 e seguenti. Lavoro agile: è davvero sempre la soluzione giusta? Se si guardano i vari decreti attuati in regime di pandemia, si nota che il legisla- tore ha operato una sorta di rinvio totale alla normativa predetta, senza alcuna specificazione, restrizione o ampliamento di sorta. Orbene, nel comune sentire, è passato un messaggio del seguente tenore: lavo- riamo tutti da casa. E se non si riesce a lavorare, come molti hanno riferito con riguardo al lavoro nella pubblica amministrazione, poco importa! In verità, la legge 81/2017 contiene una serie di regole che vanno interpretate ed attuate. Innanzitutto, è previsto un sistema alternativo allo schema di lavoro classico. Sia- mo stati tutti abituati a pensare che la prestazione lavorativa si svolga in azienda, al proprio posto di lavoro, per un orario specificato, nell’ambito di precise e reite- rate direttive indicate da un superiore gerarchico. 33
Con il lavoro agile, invece, il lavoratore “esce” dall’azienda e lavora a casa sua, o dove ritiene, in modo da poter meglio organizzare il “tempo”, fra “tempo libero” e “tempo da dedicare all’azienda”. E ciò deve avvenire all’interno di un accordo ben specificato, come vedremo fra poco. L’idea contenuta nella norma di legge è quella dell’alternanza “lavoro da casa/ lavoro in azienda” proprio perché non è pensabile eliminare il rapporto umano. Ognuno di noi vive una realtà fatta di scambi di opinioni, di promovimento delle altrui e delle proprie idee, di collaborazione per la realizzazione di un progetto, addirittura per la gestione di eventuali contrasti. Cosa dice la normativa? E in tale ottica, appunto, la normativa prevede, innanzitutto, un accordo scritto fra le parti “anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa” (art. 18 comma 1). Si pensi che non è consentito né modificare la posizione per il lavoratore, né le sue mansioni e neppure la sua retribuzione. Anzi capita di sovente che, alcune aziende, incentivino questa modalità di lavoro, riconoscendo un plus in termini di retribuzione, o di elemento variabile della stessa, o altro ancora. Deve poi essere esplicitata la durata della prestazione: se a tempo determinato o indeterminato, l’orario e i riposi, gli strumenti di utilizzo per lo svolgimento della prestazione, le forme di direzione e controllo, il potere disciplinare, gli strumenti che il lavoratore deve utilizzare e che il datore può mettergli eventualmente a disposizione. Ecco: questa semplice, e certamente incompleta, elencazione dei contenuti che devono essere rinvenibili nei criteri di organizzazione del lavoro agile, consente di comprendere come il rinvio operato dal legislatore dell’emergenza involga que- stioni tutt’altro che semplici. Invece, è passata l’opinione che lavorare da casa sia la soluzione di tutti i problemi. Ma non è così! Lavoro agile: approfondimento Una ulteriore tematica, che conferma quanto appena detto, è quella relativa alla sicurezza. Sempre l’art. 18 della mentovata normativa recita: “Il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecno- logici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa”. Quindi non basta che il datore fornisca al dipendente un supporto idoneo allo 34
svolgimento della prestazione di lavoro - un computer, uno smartphone o altro ancora - ma è necessario che questi strumenti siano ben funzionanti e sicuri. Si provi a pensare se uno di questi strumenti, mentre è in uso al lavoratore che opera da remoto, venga attaccato da un virus (siamo senz’altro in tema!). In que- sto caso chi risponde, ad esempio, per il caso di divulgazione di dati sensibili, o segreti industriali o altro, è sempre l’azienda datrice. Fra l’altro, nell’ultimo provvedimento legislativo (art. 90 comma 2 del d.l. 19 mag- gio 2020, n. 34), è permesso l’uso degli strumenti informatici che siano “nella disponibilità del dipendente qualora non siano forniti dal datore di lavoro”: nulla però è detto in tema di sicurezza, con la conseguenza che continua ad applicarsi in toto la legge 81/2017, con tutte le questioni appena accennate. Ancora: la legge sul lavoro agile è applicabile anche al rapporto di lavoro con l’en- te pubblico. Ora, è noto che, nel regime di chiusura proclamato di recente, molti dipendenti pubblici hanno dichiarato di non poter lavorare da casa in quanto non erano in possesso degli strumenti idonei per svolgere l’attività di lavoro. E siamo rimasti in questa situazione per oltre tre mesi. Ecco anche spiegato il motivo per il quale, a titolo di esempio, molti tribunali erano chiusi e la giustizia si è fermata. Lavoro agile: la necessità dello scambio di idee continuo Un ultimo tema, a mio sommesso avviso, è quello dell’etica intrinseca del rap- porto di lavoro. Il nostro legislatore, nel nome della tutela della salute, ha spezzato il sinallagma tipico del contratto di lavoro: sempre prestazione di attività lavorativa contro re- tribuzione, ma senza più scambio di opinioni, di pensieri, di vera interlocuzione. Ricordo che l’art. 2094 c.c. dice chiaramente che il prestatore di lavoro collabora nell’impresa, alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore. Questo vuole dire che entrambi i soggetti del contratto dovrebbero almeno parlarsi per realiz- zare appieno i contenuti del contratto di lavoro. Conclusioni Orbene: lo smart working, come contenuto nella legge 81/2017 è uno strumento importante che può far risparmiare denari e può consentire una migliore orga- nizzazione del lavoro, a patto però che siano salvaguardati quei principi che per- mettano almeno una parziale interazione fra gli uomini. Non possiamo abdicare al colloquio, allo scambio di opinioni, alle discussioni … non possiamo sostituire un sorriso con una emoticon. 35
Lorenzo Ferrari “Come evolveranno i sistemi organizzativi aziendali? Quale ruolo e quali saranno le competenze dei “nuovi” HR manager in un contesto in cui le imprese dovranno interagire sempre più con l’ambiente sociale di riferimento?” 36
Le risorse umane Quale sarà la strategia operativa da adottare? Il Contesto Cosa chiederà l’azienda al Temporary Manager dotato di una spiccata sensibilità nella gestione delle risorse umane? Di quali leve manageriali si avvarrà il Temporary HR Manager nel motivare e svi- luppare le persone? A queste domande, credo, dovremo dare una risposta tanto rapida quanto incisiva. Provo quindi a prospettare qualche prima soluzione, anche sulla scorta di quanto sta emergendo dal fervido dibattito di questi ultimi giorni, ponendo l’accento, in ordine di importanza, all’organizzazione del lavoro, alla produttività, all’ottimiz- zazione dei costi, alle relazioni sindacali, alla formazione e al welfare. Questi infatti saranno gli ambiti in cui potremo e dovremo cimentarci. L’Organizzazione del Lavoro Naturalmente il Temporary HR Manager presterà, innanzitutto, attenzione alla sicurezza e alla salute di tutti i colleghi, valutando le modalità operative da adot- tare e ipotizzando una prima stima di costi. Ciò comporta necessariamente la piena padronanza non solo di tutto l’assetto normativo e amministrativo che disciplina e introduce tali modalità, ma anche dei processi aziendali su cui plasmare i singoli e specifici protocolli che l’azienda andrà ad adottare. L’impatto poi dell’implementazione della strumentazione informatica e tecno- logica sulla quotidianità e sulle attività di ciascun collega costituirà la seconda attività posta in capo al Temporary HR Manager, che porrà quindi attenzione alle implicazioni organizzative e di processo che il nuovo assetto tecnologico porta con sé. Alla luce di ciò, il Temporary HR Manager appronterà un progetto dedica- to, valutando la valorizzazione della digitalizzazione, insieme alla funzione IT, in quello specifico contesto organizzativo e/o produttivo. Effettuata tale valutazione sarà infatti più agevole al TM prospettare all’azienda una sorta di “return of investment”, non tanto in termini economici quanto in ter- mini di mantenimento dell’efficienza della struttura aziendale. 37
Tutto questo ha un senso solo se il TM potrà mantenere e, auspicabilmente, in- crementare il grado di coinvolgimento di tutti collaboratori. Dovrà quindi chie- dersi sempre: quale tipo di ritorno mi immagino di conseguire sotto il profilo del coinvolgimento delle risorse umane? Ad esempio “l’employer branding” dell’a- zienda ne risulterà potenziato? Impostati così questi tre primi ambiti di attività, sorge infine spontanea la do- manda: come comunico queste novità alle persone? Con quale scansione tem- porale? Tramite quali canali di comunicazione? Il TM avrà modo, ad esempio, di partecipare alla costruzione di eventi aziendali dedicati non appena la situazione lo consentirà, nel quadro di un più articolato piano di comunicazione attento a tutti gli stakeholder. La Produttività Il Temporary HR Manager, nello strutturare i progetti dedicati alla nuova organiz- zazione del lavoro, non potrà non considerare il livello di compatibilità dei proget- ti stessi con i processi ed i flussi aziendali , considerati sia nella loro specificità che nella loro interezza. In tale contesto la previsione e il monitoraggio dei costi diretti e mediati risulterà cruciale al fine del raggiungimento degli obiettivi che i progetti stessi si prefiggono. Il Temporary HR Manager potrà quindi essere ingaggiato anche ai fini di intro- durre nuove modalità di lavoro perché la produttività di ciascuno, intesa come apporto alla creazione di valore, possa incrementare. Anche in questo ambito, infatti, il disegno complessivo del perimetro dell’inter- vento, la coerenza con la nuova organizzazione aziendale, l’utilizzo di più stru- menti (dalla formazione fino a un piano di MBO), la definizione e la trasparenza degli obiettivi del progetto in esame rappresentano le premesse del successo del lavoro affidato al TM. Il TM non potrà pertanto limitarsi a effettuare singole operazioni di valutazione dei carichi di lavoro, di pesatura dei ruoli o di valorizzazione di responsabilità manageriali che dovessero emergere nel nuovo modello organizzativo, ma dovrà necessariamente incastonare tali operazioni nel più ampio disegno sopra accen- nato che l’azienda si prefigge di realizzare. L’ottimizzazione dei costi È evidente poi che sia l’introduzione di nuove e diverse matrici organizzative sia la realizzazione di progetti dedicati alla produttività possano indurre o addirittura imporre alle aziende il delinearsi di progetti di ristrutturazione aziendale finaliz- zati a razionalizzare i processi aziendali e a ottimizzare i costi, diretti e indiretti, 38
che giocoforza lo tsunami che stiamo vivendo genera e genererà. In tale ambito il Temporary HR Manager, nel mettere in campo tutto il proprio bagaglio di esperienza professionale e di patrimonio tecnico, avrà anche la sen- sibilità di supportare l’azienda nell’individuare e salvaguardare tutte quelle pro- fessionalità di cui l’azienda si avvarrà per riproporsi sempre più competitiva nel proprio mercato di riferimento. Le relazioni industriali Non ha senso, credo, porre in essere nuovi modelli organizzativi senza il coinvolgi- mento delle persone. Ecco allora che il confronto con le Organizzazioni sindacali potrà costituire una modalità, non obsoleta, di gestione delle novità che verranno introdotte in azienda, questo a prescindere dall’assetto normativo e giuslavoristi- co che sta emergendo dalla copiosa produzione legislativa di queste settimane. In tale ottica le relazioni industriali costituiranno un canale di cui avvalerci e non ulteriore vincolo a cui dover soggiacere. La Formazione La formazione costituirà un’ulteriore modalità per mantenere ancorate le perso- ne alla struttura aziendale. Non solo perché il Temporary HR Manager si farà promotore dell’e –learning, ma anche perché la diffusione sempre più capillare dello smart-working e dei relativi applicativi imporranno un training mirato all’utilizzo di tale strumentazione. Infine il Temporary HR Manager dovrà necessariamente dedicare le proprie ener- gie a far sì che tutti i collaboratori possano efficacemente adeguarsi ai nuovi ruoli e responsabilità che il cambiamento organizzativo porta inevitabilmente con sé. In considerazione di ciò credo che un piano formativo dedicato, capillare e di am- pio respiro possa supportare l’azienda nel catalizzare tale cambiamento. Il Welfare Da ultimo il Temporary HR Manager sarà chiamato a cogliere le nuove esigenze per- sonali e familiari che i cambiamenti in atto determineranno in capo ai singoli colleghi. Ciò comporterà, gioco-forza, una conseguente ideazione e concretizzazione di un nuovo piano di welfare finalizzato a soddisfare tali esigenze attraverso un no- vero di servizi a ciò mirati. Indipendentemente dall’attuale normativa fiscale e contrattuale, ritengo infatti che introdurre o estendere le coperture sanitarie, ad esempio, o rimodulare i rimborsi per gli asili nidi possano rappresentare dei benefici apprezzati da tutti indistintamente. Benefici che, va da sé, si andranno a riflettere sull’intero clima aziendale. 39
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