Opera - L'elisir d'amore Gaetano Donizetti - Teatro Alighieri
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Fondazione Ravenna Manifestazioni Comune di Ravenna Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Regione Emilia Romagna Teatro di Tradizione Dante Alighieri Stagione d’Opera e Danza 2014-2015 L’elisir d’amore melodramma in due atti musica di Gaetano Donizetti Teatro Alighieri 28 febbraio, 1 marzo con il contributo di partner
Sommario La locandina................................................................. pag. 5 Il libretto ........................................................................ pag. 6 Il soggetto . ................................................................... pag. 27 Che c’è da ridere nell’“Elisir d’amore” di Francesco Izzo . .................................................... pag. 29 Antidoto ai veleni delle regine: il bordeaux di Dulcamara di Fulvio Stefano Lo Presti . ............................... pag. 35 La vocalità dell’Elisir d’amore di Rodolfo Celletti .................................................... pag. 41 L’Elisir d’amore ritrovato: conversazione con Leo Nucci, regista di Giancarlo Landini ............................................... pag. 45 Coordinamento editoriale Cristina Ghirardini Il profumo dell’erba tagliata. Grafica Ufficio Edizioni Conversazione con Stefano Ranzani Fondazione Ravenna Manifestazioni di Sara Dieci ................................................................. pag. 49 Si ringrazia il Teatro Municipale di Piacenza per aver concesso il materiale editoriale. I protagonisti .............................................................. pag. 52 Foto © Prospero Cravedi L’editore si rende disponibile per gli eventuali aventi diritto sul materiale utilizzato. Stampa Edizioni Moderna, Ravenna
L’elisir d’amore melodramma in due atti musica di Gaetano Donizetti libretto di Felice Romani Edizioni Casa Ricordi, Milano personaggi e interpreti Adina Maria Mudryak Nemorino Marco Ciaponi Belcore Andrea Vincenzo Bonsignore Il dottor Dulcamara Daniel Giulianini Giannetta Ludovica Gasparri Cantanti selezionati nell’ambito del Progetto “Opera Laboratorio 2014” direttore Stefano Ranzani regia Leo Nucci regista collaboratore Salvo Piro scene Carlo Centolavigna costumi Artemio Cabassi disegno luci Claudio Schmid Orchestra Giovanile Luigi Cherubini Coro del Teatro Municipale di Piacenza maestro del coro Corrado Casati assistente alla direzione d’orchestra Nicola Valentini direttore musicale di palcoscenico Fabrizio Cassi maestro al pianoforte Kayoko Ikeda direttore di scena Luigi Barilone maestro collaboratore di sala Kayoko Ikeda maestro collaboratore di palcoscenico Alberto Vannucci maestro alle luci Patrizia Bernelich responsabile allestimenti scenici Emanuele Grilli responsabile settore tecnico Teatro Municipale di Piacenza Michele Cremona scene realizzate da Keiko Shiraishi, Modena presso Teatro Comunale di Modena tele dipinte da Rinaldo Rinaldi attrezzi contadini Museo civiltà contadina Piacenza attrezzeria Fondazione Teatri di Piacenza, E. Rancati s.r.l. Cornaredo (MI) costumi, calzature e parrucche Artescenica, Reggio Emilia materiale elettrico Fondazione Teatri di Piacenza; Gemmiluci, Milano animali in scena addestrati da Vito Salvia, Verona Si ringrazia il Maestro Leo Nucci per l’utilizzo del Mosquito (telaio Bianchi, 1945) nuovo allestimento coproduzione Fondazione Teatri di Piacenza e Teatro Alighieri di Ravenna 5
L’elisir d’amore ATTO PRIMO Nemorino (A lei pian piano Scena prima vo’ accostarmi, entrar fra lor.) libretto di Felice Romani (da Le Philtre di Eugène Scribe) Il teatro rappresenta l’ingresso d’una fattoria. (Tutti attenti intorno di Adina.) musica di Gaetano Donizetti Campagna in fondo ove scorre un ruscello, sulla cui riva alcune lavandaie preparano il Adina bucato. In mezzo un grande albero, sotto il (legge) PERSONAGGI quale riposano Giannetta, i mietitori e le “Della crudele Isotta mietitrici. Adina siede in disparte leggendo. il bel Tristano ardea, Nemorino l’osserva da lontano. né fil di speme avea Adina, ricca e capricciosa fittaiuola soprano di possederla un dì. Nemorino, coltivatore, giovane semplice, Giannetta e Coro Quando si trasse al piede innamorato d’Adina tenore Bel conforto al mietitore, di saggio incantatore, Belcore, sargente di guarnigione nel Villaggio baritono quando il sol più ferve e bolle, che in un vasel gli diede Il Dottor Dulcamara, medico ambulante basso comico sotto un faggio, appiè d’un colle certo elisir d’amore, riposarsi e respirar! per cui la bella Isotta Giannetta, villanella soprano Del meriggio il vivo ardor da lui più non fuggì.” tempran l’ombre e il rio corrente; ma d’amor la vampa ardente Tutti Cori e Comparse ombra, o rio non può temprar. Elisir di sì perfetta, Villani e villanelle, soldati e suonatori del reggimento, un notaro, due Fortunato il mietitore di sì rara qualità, servitori, un moro. che da lui si può guardar! ne sapessi la ricetta, conoscessi chi ti fa! L’azione è in un villaggio nel paese de’ Baschi. Nemorino Il soggetto è imitato dal Filtro di Scribe. (guardando Adina che legge) Adina Quanto è bella, quanto è cara! “Appena ei bebbe un sorso Gli è uno scherzo; e come tale è presentato ai cortesi Lettori. Più la vedo, e più mi piace... del magico vasello, Felice Romani ma in quel cor non son capace che tosto il cor rubello lieve affetto d’ispirar. d’Isotta intenerì. Essa legge, studia, impara... Cambiata in un istante, non vi ha cosa ad essa ignota... quella beltà crudele io son sempre un idiota, fu di Tristano amante, io non so che sospirar... visse a Tristan fedele; Chi la mente mi rischiara? e quel primiero sorso chi m’insegna a farmi amar? per sempre ei benedì.” Adina Tutti (ridendo) Elisir di sì perfetta, Benedette queste carte! di sì rara qualità, È bizzarra l’avventura. ne sapessi la ricetta, conoscessi chi ti fa! Giannetta e Mietitori Di che ridi? fanne a parte di tua lepida lettura. Scena seconda (Suona il tamburo: tutti si alzano. Giunge Adina Belcore guidando un drappello di soldati che È la storia di Tristano, rimangono schierati nel fondo. Si appressa ad è una cronaca d’amor. Adina, la saluta e le presenta un mazzetto) Coro Belcore Leggi, leggi... Come Paride vezzoso porse il pomo alla più bella, 6 7
mia diletta villanella, Tutti Tutti or sul prato, or sul ruscel: io ti porgo questi fior. Belcore Andiam, andiam. ti dirà che è in lei natura Ma di lui più glorïoso, Più tempo invan non perdere: (Partono Belcore, Giannetta e il coro) l’esser mobile e infedel. più di lui felice io sono, volano i giorni e l’ore; poiché in premio del mio dono in guerra ed in amore Nemorino ne riporto il tuo bel cor. è fallo l’indugiar. Scena terza Dunque io deggio?... Al vincitore arrenditi; (Nemorino e Adina) Adina da me non puoi scappar. Adina (alle donne) Nemorino All’amor mio (È modesto il signorino!) Adina Una parola, o Adina. rinunziar, fuggir da me. Vedete di quest’uomini, Giannetta e Coro vedete un po’ la boria! Adina Nemorino (Sì davvero.) Già cantano vittoria L’usata seccatura! Cara Adina!... non poss’io. innanzi di pugnar. I soliti sospir! Faresti meglio Nemorino Non è, non è sì facile a recarti in città presso tuo zio Adina (Oh! mio dispetto!) Adina a conquistar. che si dice malato, e gravemente. Tu nol puoi? perché? Belcore Nemorino Nemorino Nemorino Veggo chiaro in quel visino (Un po’ del suo coraggio Il suo mal non è niente – appresso al mio. Perché! ch’io fo breccia nel tuo petto. Amor mi desse almeno! Partirmi non poss’io... Chiedi al rio perché gemente Non è cosa sorprendente; Direi siccome io peno, Mille volte il tentai... dalla balza ov’ebbe vita, son galante, son sergente; pietà potrei trovar. corre al mar che a sé l’invita, non v’ha bella che resista Ma sono troppo timido, Adina e nel mar sen va a morir: alla vista d’un cimiero; ma non poss’io parlar.) Ma s’egli more, ti dirà che lo trascina cede a Marte, Iddio guerriero, e lascia erede un altro?... un poter che non sa dir. fin la madre dell’Amor. Giannetta e Coro (Davver, saria da ridere Nemorino Adina Adina se Adina ci cascasse, E che m’importa?... Dunque vuoi?... (È modesto!) se tutti vendicasse codesto militar! Adina Nemorino Giannetta e Coro Sì, sì; ma è volpe vecchia; Morrai di fame, e senza appoggio alcuno... Morir com’esso, (Sì davvero.) e a lei non si può far.) ma morir seguendo te. Nemorino Nemorino Belcore O di fame o d’amor... per me è tutt’uno. Adina (Essa ride... oh! mio dolor!) Intanto, o mia ragazza, Ama altrove: è a te concesso. occuperò la piazza. Alcuni istanti Adina Belcore concedi a’ miei guerrieri Odimi. Tu sei buono, Nemorino Or se m’ami, com’io t’amo, al coperto posar. modesto sei, né al par di quel sergente Ah! possibile non è. che più tardi a render l’armi? ti credi certo d’ispirarmi affetto; Idol mio, capitoliamo: Adina così ti parlo schietto, A due in qual dì vuoi tu sposarmi? Ben volentieri. e ti dico che invano amor tu speri, Adina Mi chiamo fortunata che capricciosa io sono, e non v’ha brama Per guarir da tal pazzia, Adina di potervi offerir una bottiglia. che in me tosto non muoia appena è desta. ché è pazzia l’amor costante, Signorino, io non ho fretta: dèi seguir l’usanza mia, un tantin pensar ci vo’. Belcore Nemorino ogni dì cambiar d’amante. Obbligato. (Io son già della famiglia.) Oh! Adina!... e perché mai?... Come chiodo scaccia chiodo, Nemorino così amor discaccia amor. (Me infelice! s’ella accetta, Adina Adina In tal guisa io rido e godo, disperato io morirò.) Voi ripigliar potete Bella richiesta! in tal guisa ho sciolto il cor. gl’interrotti lavori. Il sol declina. Chiedi all’aura lusinghiera perché vola senza posa Nemorino or sul giglio, or sulla rosa, Ah! te sola io vedo, io sento, 8 9
giorno e notte, in ogni oggetto: che al par di me sappiate per poco io ve lo do. Dulcamara d’obbliarti invano io tento, ch’io sono quel gran medico, L’ho portato per la posta Sorprendenti. il tuo viso ho sculto in petto... dottore enciclopedico da lontano mille miglia. La mia saccoccia è di Pandora il vaso. Col cambiarsi qual tu fai, chiamato Dulcamara, Mi direte: quanto costa? può cambiarsi ogn’altro amor. la cui virtù preclara Quanto vale la bottiglia? Nemorino Ma non può, non può giammai e i portenti infiniti Cento scudi?... trenta?... venti? Avreste voi... per caso... il primiero uscir dal cor. son noti in tutto il mondo... e in altri siti. No... nessuno si sgomenti. la bevanda amorosa (Partono) Benefattor degli uomini, Per provarvi il mio contento della regina Isotta? riparator de’ mali, di sì amico accoglimento, in pochi giorni io sgombero, io vi voglio, o buona gente, Dulcamara Scena quarta io spazzo gli spedali, uno scudo regalar. Ah!... che?... che cosa? Piazza nel villaggio. Osteria della Pernice da un e la salute a vendere lato. per tutto il mondo io vo. Coro Nemorino (Paesani che vanno e che vengono occupati in Compratela, compratela, Uno scudo! veramente? Voglio dire... lo stupendo varie faccende. Odesi un suono di tromba: per poco io ve la do. Più brav’uom non si può dar. elisir che desta amore... escono dalle case le donne con curiosità: È questo l’odontalgico vengono quindi gli uomini, ecc., ecc.) mirabile liquore, Dulcamara Dulcamara dei topi e delle cimici Ecco qua: così stupendo, Ah! sì, sì, capisco, intendo. Donne possente distruttore, sì balsamico elisire Io ne son distillatore. Che vuol dire cotesta sonata? i cui certificati tutta Europa sa ch’io vendo autentici, bollati niente men di nove lire: Nemorino Uomini toccar, vedere e leggere ma siccome è pur palese E fia vero? La gran nuova! venite a vedere. a ciaschedun farò. ch’io son nato nel paese, Per questo mio specifico, per tre lire a voi lo cedo, Dulcamara Donne simpatico, prolifico, sol tre lire a voi richiedo; Se ne fa Cos’è stato? un uom, settuagenario così chiaro è come il sole, gran consumo in questa età. e valetudinario, che a ciascuno che lo vuole Uomini nonno di dieci bamboli uno scudo bello e netto Nemorino In carrozza dorata ancora diventò. in saccoccia io faccio entrar. Oh! fortuna!... e ne vendete? è arrivato un signor forestiere. Per questo Tocca e sana Ah! di patria il caldo affetto Se vedeste che nobil sembiante! in breve settimana gran miracoli può far. Dulcamara Che vestito! che treno brillante! più d’un afflitta vedova Ogni giorno, a tutto il mondo. di piangere cessò. Coro Tutti O voi, matrone rigide, È verissimo: porgete. Nemorino Certo, certo egli è un gran personaggio... ringiovanir bramate? Oh! il brav’uom, dottor, che siete! E qual prezzo ne volete? un barone, un marchese in vïaggio... Le vostre rughe incomode Noi ci abbiam del vostro arrivo qualche grande che corre la posta... con esso cancellate. lungamente a ricordar. Dulcamara forse un duca... fors’anche di più. Volete voi donzelle Poco... assai... cioè... secondo... Osservate... si avanza... si accosta: ben liscia aver la pelle? giù i berretti, i cappelli giù, giù. Voi giovani galanti Scena sesta Nemorino per sempre avere amanti? (Nemorino e detti) Un zecchin... null’altro ho qua... Comprate il mio specifico, Scena quinta per poco io ve lo do. Nemorino Dulcamara (Il dottore Dulcamara sopra un carro dorato, in Ei move i paralitici, (Ardir. Ha forse il cielo È la somma che ci va. piedi, avendo in mano delle carte e delle spedisce gli apopletici, mandato espressamente per mio bene bottiglie. Dietro ad esso un servitore che suona gli asmatici, gli asfitici, quest’uom miracoloso nel villaggio. Nemorino la tromba. Tutti i paesani lo circondano) gl’isterici, i diabetici, Della scïenza sua voglio far saggio.) Ah! prendetelo, dottore. guarisce timpanitidi, Dottore... perdonate... Dulcamara e scrofole e rachitidi, È ver che possediate Dulcamara Udite, udite, o rustici; e fino il mal di fegato, segreti portentosi?... Ecco il magico liquore. attenti, non fiatate. che in moda diventò. Io già suppongo e immagino Comprate il mio specifico, 10 11
Nemorino non ve n’è, non se ne dà.) Me l’annunzia la gioia e l’appetito pesar le sentirà.) Obbligato, ah sì, obbligato! Giovinotto! ehi! ehi! che in me si risvegliò tutto in un tratto. Son felice, son rinato. (Siede sulla panca dell’osteria: si cava di Nemorino Elisir di tal bontà, Nemorino saccoccia pane e frutti, e mangia cantando a La rà, la rà... benedetto chi ti fa! Signore! gola piena) La rà, la rà, la rà. Adina Dulcamara Dulcamara (avvicinandosi a lui) (Nel paese che ho girato Sovra ciò... silenzio... sai? Bravissimo! più d’un gonzo ho ritrovato, Oggidì spacciar l’amore Scena ottava La lezïon ti giova. ma un eguale in verità è un affar geloso assai: (Adina e detto) non ve n’è, non se ne dà.) impacciar se ne potria Nemorino un tantin l’Autorità. Adina È ver: la metto in opera Nemorino Chi è quel matto? così, per una prova. Ehi!... dottore... un momentino... Nemorino Traveggo, o è Nemorino? in qual modo usar si puote? Ve ne do la fede mia: Così allegro! e perché? Adina neanche un’anima il saprà. Dunque il soffrir primiero?... Dulcamara Nemorino Con riguardo, pian pianino A due (Diamine! è dessa... Nemorino la bottiglia un po’ si scote... Dulcamara (Si alza per correre a lei, ma si arresta e siede di Dimenticarlo io spero. Poi si stura... ma si bada... Va’, mortale avventurato; nuovo) che il vapor non se ne vada. un tesoro io t’ho donato: Ma no... non ci appressiam. De’ miei sospiri Adina Quindi al labbro lo avvicini, tutto il sesso femminino non si stanchi per or. Tant’è... domani Dunque l’antico foco?... e lo bevi a centellini, te doman sospirerà. adorar mi dovrà quel cor spietato.) e l’effetto sorprendente (Ma doman di buon mattino Nemorino non ne tardi a conseguir. ben lontan sarò di qua.) Adina Si estinguerà fra poco. (Non mi guarda neppur! com’è cambiato!) Ancora un giorno solo, Nemorino Nemorino e il core guarirà. Sul momento? Ah! dottor, vi do parola Nemorino ch’io berrò per una sola: La rà, la rà, la lera! Adina Dulcamara né per altra, e sia pur bella, La rà, la rà, la rà... Davver? me ne consolo... A dire il vero, né una stilla avanzerà. ma pure... si vedrà. necessario è un giorno intero. (Veramente amica stella Adina (Tanto tempo è sufficiente ha costui condotto qua.) (Non so se è finta o vera A due per cavarmela e fuggir.) (Dulcamara entra nell’osteria) la sua giocondità.) Nemorino (Esulti pur la barbara Nemorino Nemorino per poco alle mie pene! E il sapore?... Scena settima (Finora amor non sente.) domani avranno termine, domani mi amerà.) Dulcamara Nemorino Adina Egli è eccellente... (solo) (Vuol far l’indifferente.) Adina (È Bordò, non elisir.) Caro elisir! sei mio! Spezzar vorria lo stolido, Sì, tutto mio... Com’esser dee possente A due gettar le sue catene; Nemorino la tua virtù se, non bevuto ancora, Nemorino ma gravi più del solito Obbligato, ah sì, obbligato! di tanta gioia già mi colmi il petto! (Esulti pur la barbara pesar le sentirà.) Son felice, son rinato. Ma perché mai l’effetto per poco alle mie pene! Elisir di tal bontà, non ne poss’io vedere Domani avranno termine, benedetto chi ti fa! prima che un giorno inter non sia trascorso? domani mi amerà.) Scena nona Bevasi. – Oh! buono! – Oh! caro! – un altro sorso. (Belcore di dentro, indi in iscena, e detti) Dulcamara Oh, qual di vena in vena Adina (Nel paese che ho girato dolce calor mi scorre!... ah! forse anch’essa... (Spezzar vorria lo stolido, Belcore più d’un gonzo ho ritrovato, forse la fiamma istessa gettar le sue catene; (cantando) ma un eguale in verità incomincia a sentir... Certo la sente... ma gravi più del solito Tran tran, tran tran, tran tran. 12 13
In guerra ed in amore Adina Cori Adina l’assedio annoia e stanca. (guardando Nemorino) Partire!.. e quando? E perché no?.. Fra sei dì. Adina Belcore Nemorino (A tempo vien Belcore.) Belcore Doman mattina. Aspetta almeno fin domattina. Oh! gioia! son contento. Nemorino Cori Belcore (È qua quel seccator.) Nemorino O ciel, sì presto! E tu che c’entri? Vediamo un po’. (ridendo) Belcore Ah! ah! va ben così. Nemorino Tutti (uscendo) (Afflitta è Adina.) Nemorino Io vado all’arma bianca A tre Adina, credimi, te ne scongiuro in guerra ed in amor. Belcore Belcore Non puoi sposarlo... te ne assicuro... (Che cosa trova a ridere Espresso è l’ordine – che dir non so. aspetta ancora... un giorno appena... Adina cotesto scimunito? un breve giorno... io so perché. Ebben, gentil sergente, Or or lo piglio a scoppole Cori Domani, o cara, ne avresti pena, la piazza vi è piaciuta? se non va via di qua.) Maledettissima combinazione! te ne dorresti al par di me. Cambiar sì spesso di guarnigione! Belcore Adina Dover le/gli amanti abbandonar! Belcore Difesa è bravamente (E può si lieto ed ilare Il ciel ringrazia, o babbuino, e invano ell’è battuta. sentir che mi marito! Belcore che matto, o preso tu sei dal vino! Non posso più nascondere Espresso è l’ordine – non so che far. Ti avrei strozzato, ridotto in brani, Adina la rabbia che mi fa.) (Ad Adina) se in questo istante tu fossi in te. E non vi dice il core Carina, udisti? domani addio! In fin ch’io tengo a fren le mani, che presto cederà? Nemorino Almen ricordati dell’amor mio. va’ via, buffone, ti ascondi a me. (Gradasso! ei già s’immagina Belcore toccar il ciel col dito: Nemorino Adina Ah! lo volesse amore! ma tesa è già la trappola, (Sì, sì, domani ne udrai la nova.) Lo compatite, egli è un ragazzo: doman se ne avvedrà.) un malaccorto, un mezzo pazzo: Adina Adina si è fitto in capo ch’io debba amarlo, Vedrete che vorrà. Di mia costanza ti darò prova: perch’ei delira d’amor per me. Scena decima la mia promessa rammenterò. (Vo’ vendicarmi, vo’ tormentarlo, Belcore (Suono di tamburo: esce Giannetta con le vo’ che pentito mi cada al piè.) Quando? saria possibile! contadine, indi accorrono i soldati di Belcore) Nemorino (Sì, sì, domani te lo dirò.) Giannetta Nemorino Giannetta Vedete un poco quel semplicione! (A mio dispetto io tremo.) Signor sergente, signor sergente, Belcore di voi richiede la vostra gente. Se a mantenerla tu sei disposta, Cori Belcore ché non anticipi? che mai ti costa? Ha pur la strana presunzïone: Favella, o mio bell’angelo; Belcore Fin da quest’oggi non puoi sposarmi? ei pensa farla ad un sergente, quando ci sposeremo? Son qua: che è stato? perché tal fretta? a un uom di mondo, cui par non è. Nemorino Oh sì, perbacco, è veramente Adina Soldati (Fin da quest’oggi!) la bella Adina boccon per te! Prestissimo. Son due minuti che una staffetta non so qual ordine per voi recò. Adina Adina Nemorino (osservando Nemorino) (con risoluzione) (Che sento!) Belcore (Si turba, parmi.) Andiamo, Belcore, (leggendo) Ebben, quest’oggi... si avverta il notaro. Belcore Il capitano... ah! ah! va bene. Ma quando? Su, camerati: partir conviene. Nemorino Nemorino Quest’oggi! o Adina! (smanioso) Dottore! dottore... Quest’oggi, dici?... 14 15
soccorso! riparo! ATTO SECONDO La Nina gondoliera, e il senator Tredenti. Giannetta e Cori Scena prima Barcaruola a due voci. – Attenti. È matto davvero. Interno della fattoria d’Adina. (Da un lato tavola apparecchiata a cui sono Tutti Adina seduti Adina, Belcore, Dulcamara e Attenti. (Me l’hai da pagar.) Giannetta. Gli abitanti del villaggio in piedi A lieto convito, bevendo e cantando. Di contro i suonatori Strofa I amici, v’invito. del reggimento, montati sopra una specie d’orchestra, suonando le trombe) Dulcamara Belcore “Io son ricco, e tu sei bella, Giannetta, ragazze, Coro io ducati, e vezzi hai tu: vi aspetto a ballar. Cantiamo, facciam brindisi perché a me sarai rubella? a sposi così amabili. Nina mia, che vuoi di più?” Giannetta e Cori Per lor sian lunghi e stabili Un ballo! un banchetto! i giorni del piacer. Adina Chi può ricusar? “Quale onore! – Un senatore Belcore me d’amore – supplicar! Tutti Per me l’amore e il vino Ma, modesta gondoliera, Adina, Belcore, Giannetta e Cori due numi ognor saranno. un par mio mi vuo’ sposar.» Fra lieti concenti – gioconda brigata, Compensan d’ogni affanno vogliamo contenti – passar la giornata: la donna ed il bicchier. A due presente alla festa – amore verrà. Dulcamara (Ei perde la testa: Adina “Idol mio, non più rigor. da rider mi fa.) (Ci fosse Nemorino! Fa’ felice un senator.” Me lo vorrei goder.) Nemorino Adina Mi sprezza il sergente – mi burla l’ingrata, Coro “Eccellenza! troppo onor. zimbello alla gente – mi fa la spietata. Cantiamo, facciam brindisi Io non merto un senator.” L’oppresso mio core – più speme non ha. a sposi così amabili. Dottore! dottore! Per lor sian lunghi e stabili Strofa II soccorso! pietà. i giorni del piacer. Dulcamara (Adina dà la mano a Belcore e si avvia con esso. Dulcamara “Adorata barcaruola, Raddoppiano le smanie di Nemorino; gli Poiché cantar vi alletta, prendi l’oro e lascia amor. astanti lo dileggiano) uditemi, signori. Lieve è questo, – e lieve vola; Ho qua una canzonetta, pesa quello, e resta ognor.” di fresco data fuori, vivace, grazïosa, Adina che gusto vi può dar; “Quale onore! – Un senatore purché la bella sposa me d’amore – supplicar! mi voglia secondar. Ma Zanetto – è giovinetto; ei mi piace, e il vo’ sposar.” Tutti Sì, sì, l’avremo cara: A due dev’esser cosa rara, Dulcamara se il grande Dulcamara “Idol mio, non più rigor. è giunta a contentar. Fa’ felice un senator.” Dulcamara Adina (cava di saccoccia alcuni librettini, e ne dà uno “Eccellenza! troppo onor. ad Adina) Io non merto un senator.” 16 17
Tutti Scena seconda Dulcamara Belcore Bravo, bravo Dulcamara! (Dulcamara, indi Nemorino) Ben volentier. Mi piace E ben sonanti. La canzone è cosa rara. giovare a’ bisognosi. – Hai tu danaro? Sceglier meglio non può certo Dulcamara Nemorino il più esperto – cantator. Le feste nuzïali, Nemorino Quando? adesso? son piacevoli assai; ma quel che in esse Ah! non ne ho più. Dulcamara mi dà maggior diletto Belcore Il dottore Dulcamara è l’amabile vista del banchetto. Dulcamara Sul momento. in ogni arte è professor. Mio caro, (Si presenta un notaro) Nemorino la cosa cambia aspetto. A me verrai Nemorino (sopra pensiero) subito che ne avrai. – Vieni a trovarmi (Che far deggio?) Belcore Ho veduto il notaro: qui presso, alla Pernice. Silenzio! sì, l’ho veduto... non v’ha più speranza, Ci hai tempo un quarto d’ora. Belcore (Tutti si fermano) Nemorino, per te; spezzato ho il core. (Parte) E coi contanti, È qua il notaro, gloria e onore al reggimento. che viene a compier l’atto Dulcamara di mia felicità. (cantando fra i denti) Scena terza Nemorino “Idol mio, non più rigor; (Nemorino, indi Belcore) Ah! non è l’ambizïone, Tutti fa’ felice un senator.” che seduce questo cor. Sia il ben venuto! Nemorino Nemorino (si getta sopra una panca) Belcore Dulcamara Voi qui, dottore! Oh! me infelice! Se è l’amore, in guarnigione T’abbraccio e ti saluto, non ti può mancar l’amor. o medico d’amor, spezial d’Imene! Dulcamara Belcore Sì, m’han voluto a pranzo La donna è un’animale A due Adina questi amabili sposi, e mi diverto stravagante davvero. Adina m’ama, Nemorino (Giunto è il notaro, e Nemorin non viene!) con questi avanzi. di sposarmi è contenta, e differire (Ai perigli della guerra pur vuol fino a stasera! io so ben che esposto sono, Belcore Nemorino che doman la patria terra, Andiam, mia bella Venere... Ed io son disperato, Nemorino zio, congiunti, ahimè, abbandono... Ma in quelle luci tenere fuori di me son io. Dottore, ho d’uopo (Ecco il rivale! Ma so pur che, fuor di questa, qual veggo nuvoletto? d’essere amato... prima di domani... Mi spezzerei la testa di mia mano.) altra strada a me non resta adesso... su due piè. (Si straccia i capelli) per poter del cor d’Adina Adina un sol giorno trïonfar. Non è niente. Dulcamara Belcore Ah! chi un giorno ottiene Adina... (S’egli non è presente (s’alza) (Ebbene – che cos’ha questo baggiano?) fin la vita può lasciar.) compita non mi par la mia vendetta.) (Cospetto, è matto!) Ehi, ehi, quel giovinotto! Recipe l’elisir, e il colpo è fatto. Cos’hai che ti disperi? Belcore Belcore Del tamburo al suon vivace, Andiamo a segnar l’atto: il tempo affretta. Nemorino Nemorino tra le file e le bandiere, E veramente amato Io mi dispero... aggirarsi amor si piace Tutti sarò da lei?... perché non ho denaro... e non so come, con le vispe vivandiere: Cantiamo ancora un brindisi non so dove trovarne. sempre lieto, sempre gaio a sposi così amabili: Dulcamara ha di belle un centinaio, per lor sian lunghi e stabili Da tutte: io tel prometto. Belcore di costanza non s’annoia, i giorni del piacer. Se anticipar l’effetto Eh! scimunito! non si perde a sospirar. dell’elisir tu vuoi, bevine tosto Se danari non hai, Credi a me: la vera gioia (Partono tutti: Dulcamara ritorna indietro e si un’altra dose. (Io parto fra mezz’ora.) fatti soldato... e venti scudi avrai. accompagna il militar. rimette a tavola) Nemorino Nemorino Nemorino Caro dottor, una bottiglia ancora. Venti scudi! Venti scudi! 18 19
Belcore Giannetta Coro Dulcamara Su due piedi. Probabilissimo. (È ognor negletto ed umile: E il deggio credere! la cosa ancor non sa.) (Alle paesane) Nemorino Coro Vi piace? Ebben, vada. Li prepara. Ma come mai? – ma d’onde il sai? Nemorino Chi te lo disse? chi è? dov’è? Andiam. Giannetta e Coro Belcore (Per uscire) Oh sì, davvero. Ma la carta che tu vedi Giannetta È un giovane che merita pria di tutto dèi segnar. Non fate strepito: parlate piano: Giannetta e Coro da noi riguardo e onor! Qua una croce. non anco spargere si può l’arcano: (arrestandolo e inchinandolo) è noto solo – al merciaiuolo, Serva umilissima. Tutti Nemorino che in confidenza l’ha detto a me. Dulcamara (segna rapidamente e prende la borsa) Nemorino (Io cado dalle nuvole, (Dulcamara Coro Giannetta! il caso è strano e novo; volo tosto a ricercar.) Il merciaiuolo! l’ha detto a te! sarei d’un filtro magico Sarà verissimo... oh! bella affé! Coro davvero possessor!) A due (l’una dopo l’altra) Belcore Giannetta A voi m’inchino. Nemorino Qua la mano, giovinotto, Sappiate dunque che l’altro dì (Non ho parole a esprimere dell’acquisto mi consolo: di Nemorino lo zio morì, Nemorino il giubilo ch’io provo; in complesso, sopra e sotto che al giovinotto lasciato egli ha (fra sé, meravigliato) se tutte, tutte m’amano, tu mi sembri un buon figliuolo, cospicua, immensa eredità... (Cos’han coteste giovani?) dev’ella amarmi ancor.) sarai presto caporale, Ma zitte... piano... per carità. se me prendi ad esemplar. Non deve dirsi. Giannetta e Coro Adina (Ho ingaggiato il mio rivale: Caro quel Nemorino! (Credea trovarlo a piangere, anche questa è da contar.) Coro Davvero ch’egli è amabile; e in gioco e in feste il trovo; Non si dirà. ha l’aria da signor. ah! non saria possibile, Nemorino se a me pensasse ancor!) Ah! non sai chi m’ha ridotto Tutte Nemorino a tal passo, a tal partito: Or Nemorino è milionario... (Capisco: è questa l’opera Giannetta e Coro tu non sai qual cor sta sotto è l’Epulone del circondario... del magico liquor.) (Oh! il vago, il caro giovane! a quest’umile vestito; un uom di vaglia, un buon partito... Da lui più non mi movo: quel che a me tal somma vale Felice quella cui fia marito! vo’ fare l’impossibile non potresti immaginar. Ma zitte... piano... per carità Scena sesta per inspirargli amor.) (Ah! non v’ha tesoro eguale, non deve dirsi, non si dirà. (Adina e Dulcamara escono da varie parti e si se riesce a farmi amar.) fermano in disparte meravigliati a veder Giannetta (Veggono Nemorino che si avvicina, e si ritirano (Partono) Nemorino corteggiato dalle villanelle; e detti) (a Nemorino) in disparte curiosamente osservandolo) Qui presso all’ombra aperto è il ballo. Adina e Dulcamara Voi pur verrete? Scena quarta Che vedo? Scena quinta Rustico cortile aperto nel fondo. Nemorino (Nemorino e dette) (Giannetta e paesane) Nemorino Oh! senza fallo. (vedendo Dulcamara) Nemorino Coro Ah! ah! è bellissima! Giannetta e Coro Dell’elisir mirabile Saria possibile? Dottor, diceste il vero. E ballerete? bevuto ho in abbondanza, Già per virtù simpatica e mi promette il medico Giannetta toccato ho a tutte il cor. Giannetta cortese ogni beltà. Possibilissimo. Con me. In me maggior del solito Adina rinata è la speranza, Coro Che sento? Coro l’effetto di quel farmaco Non è probabile. Con me. già, già sentir si fa. 20 21
Giannetta Adina Dulcamara Dulcamara Io son la prima. Tu fai gran fallo. La lode è mia. (Essa pure è innamorata: Su tale oggetto parlar ti vo’. ha bisogno del liquor.) Coro Adina Son io, son io. Nemorino Vostra, o dottor? Adina Parlate, io v’odo. Dunque... adesso... è Nemorino Giannetta (Mentre vuol por mente ad Adina, odesi la Dulcamara in amor sì fortunato!... Io l’ho impegnato. musica del ballo; accorrono i paesani. Giannetta Sì, tutta. e le donne strascinano Nemorino) La gioia è al mio comando, Dulcamara Coro io distillo il piacer, l’amor lambicco Tutto il sesso femminino Anch’io, anch’io. Giannetta e Coro come l’acqua di rose; e ciò che adesso è pel giovine impazzato. Il ballo, il ballo!... vi fa meravigliar nel giovinotto, Giannetta e Coro tutto portento egli è del mio decotto. Adina Venite. Nemorino E qual donna è a lui gradita? (Strappandoselo l’una dall’altra) (al coro) Adina Qual fra tante è preferita? È vero, è vero. Pazzie! Nemorino (Ad Adina) Dulcamara Piano. Or or verrò. Dulcamara Egli è il gallo della Checca, Pazzie, voi dite? tutte segue; tutte becca. Coro Tutti Incredula! pazzie! Sapete voi Scegliete. Nemorino dell’alchimia il poter, il gran valore Adina (Io già m’immagino che cosa brami. dell’elisir d’amore (Ed io sola, sconsigliata, Nemorino Già senti il farmaco, di cor già m’ami. della regina Isotta? possedea quel nobil cor!) Adesso. Le smanie e i palpiti di core amante (A Giannetta) un solo istante – hai da provar.) Adina Dulcamara Te per la prima; Isotta! (Essa pure è innamorata: (Alle altre) Adina ha bisogno del liquor.) poi te, poi te. (Oh! come rapido fu il cambiamento! Dulcamara Bella Adina! qua un momento... Dispetto insolito in cor ne sento. Isotta. più dappresso... su la testa. Dulcamara O amor, ti vendichi di mia freddezza; Io n’ho d’ogni misura e d’ogni cotta. Tu sei cotta... io l’argomento Misericordia! con tutto il sesso! chi mi disprezza – mi è forza amar.) a quell’aria afflitta e mesta. Un danzatore – egual non v’è. Adina Se tu vuoi?... Dulcamara (Che ascolto?) E a Nemorino Adina (Sì, tutte l’amano, oh! meraviglia! voi deste l’elisir? Adina (avanzandosi) Cara, mirabile la mia bottiglia! S’io vo’? che cosa? Ehi, Nemorino. Già mille piovono zecchin di peso: Dulcamara comincio un Creso – a diventar.) Ei me lo chiese Dulcamara Nemorino per ottener l’affetto Su la testa, o schizzinosa! (Oh! cielo! anch’essa!) Giannetta e Coro di non so qual crudele... Se tu vuoi, ci ho la ricetta (Di tutti gli uomini del suo villaggio che il tuo mal guarir potrà. Dulcamara costei s’immagina aver l’omaggio: Adina (Ma tutte, tutte!) ma questo giovane sarà, lo giuro, Ei dunque amava? Adina un osso duro – da rosicchiar.) Ah! dottor, sarà perfetta, Adina (Nemorino parte con Giannetta e col coro) Dulcamara ma per me virtù non ha. A me t’appressa. Languiva, sospirava Belcor m’ha detto che, lusingato senz’ombra di speranza; e, per avere Dulcamara da pochi scudi, ti fai soldato. Scena settima una goccia di farmaco incantato, Vuoi vederti mille amanti (Adina e Dulcamara) vendé la libertà, si fe’ soldato. spasimar, languire al piede? Coro Soldato! oh! diamine! Adina Adina Adina Come sen va contento! (Quanto amore! ed io, spietata! Non saprei che far di tanti: tormentai sì nobil cor!) il mio core un sol ne chiede. 22 23
Dulcamara La ricetta è il mio visino, Nemorino Nemorino Render vuoi gelose, pazze in quest’occhi è l’elisir. A verun partito Null’altro a dirmi avete? donne, vedove, ragazze? appigliarmi non posso: attendo ancora... Dulcamara la mia felicità... (che è pur vicina.) Adina Adina Sì, lo vedo, o bricconcella, Null’altro. Non mi alletta, non mi piace, ne sai più dell’arte mia: Adina di turbar altrui la pace. questa bocca così bella Odimi. Nemorino è d’amor la spezieria: Ebben, tenete. Dulcamara hai lambicco ed hai fornello Nemorino (Le rende il contratto) Conquistar vorresti un ricco? caldo più d’un Mongibello (allegro) Poiché non sono amato, per filtrar l’amor che vuoi, (Ah! ah! ci siamo.) Io v’odo, Adina. voglio morir soldato: Adina per bruciare e incenerir. non v’ha per me più pace Di ricchezze io non mi picco. Ah! vorrei cambiar coi tuoi Adina se m’ingannò il dottor. i miei vasi d’elisir. Dimmi: perché partire, Dulcamara (Partono) perché farti soldato hai risoluto? Adina Un contino? Un marchesino? Ah! fu con te verace, Nemorino se presti fede al cor. Adina Scena ottava Perché?... perché ho voluto Sappilo alfine, ah! sappilo, Io non vo’ che Nemorino. tentar se con tal mezzo il mio destino tu mi sei caro, e t’amo; Nemorino io potea migliorar. quanto ti fei già misero, Dulcamara solo farti felice or bramo: Prendi su la mia ricetta, Una furtiva lagrima Adina il mio rigor dimentica; che l’effetto ti farà. negli occhi suoi spuntò... La tua persona... ti giuro eterno amor. quelle festose giovani la tua vita ci è cara... Io ricomprai Adina invidïar sembrò... il fatale contratto da Belcore. Nemorino Ah! dottor, sarà perfetta, Che più cercando io vo? Oh! gioia inesprimibile! ma per me virtù non ha. M’ama, lo vedo. Nemorino Non m’ingannò il dottor. Un solo istante i palpiti Voi stessa!!... (È naturale: opra è d’amore.) (Nemorino si getta ai piedi di Adina) Dulcamara del suo bel cor sentir!... Sconsigliata! e avresti ardire Co’ suoi sospir confondere Adina di negare il suo valore? per poco i miei sospir!.. Prendi: per me sei libero: Scena ultima Cielo, si può morir; resta nel suol natio, (Belcore con soldati, e detti; indi Dulcamara con Adina di più non chiedo. non v’ha destin sì rio tutto il villaggio) Io rispetto l’elisire, che non si cangi un dì. Eccola... Oh! qual le accresce ma per me ve n’ha un maggiore: (Gli porge il contratto) Belcore beltà l’amor nascente! Nemorin, lasciata ogni altra, Qui, dove tutti t’amano, Alto!... fronte!... – Che vedo? al mio rivale A far l’indifferente tutto mio, sol mio sarà. saggio, amoroso, onesto, l’armi presento! si seguiti così, finché non viene sempre scontento e mesto ella a spiegarsi. Dulcamara no, non sarai così. Adina (Ahi! dottore! è troppo scaltra: Ella è così, Belcore; più di te costei ne sa.) Nemorino e convien darsi pace ad ogni patto. Scena nona (Or, or si spiega.) Egli è mio sposo: quel che è fatto... (Adina e Nemorino) A due Adina Adina Belcore Adina Una tenera occhiatina, Addio. È fatto. Nemorino!... ebbene? un sorriso, una carezza, Tientelo pur, briccona. vincer può chi più si ostina, Nemorino Peggio per te. Pieno di donne è il mondo; Nemorino ammollir chi più ci sprezza. Che! mi lasciate? e mille e mille ne otterrà Belcore. Non so più dove io sia: giovani e vecchie, Ne ho veduti tanti e tanti, belle e brutte mi voglion per marito. presi, cotti, spasimanti, Adina Dulcamara che nemmanco Nemorino Io... sì. Ve le darà questo elisir d’amore. Adina non potrà da me fuggir. E tu? 24 25
Il soggetto Nemorino svegliarino è per l’amore Caro dottor, felice più potente del caffè. io son per voi. Coro Tutti Qua, dottore, a me, dottore... Per lui!! Un vasetto... due... tre. (In questo mentre è giunta in iscena la carrozza Dulcamara di Dulcamara. Egli vi sale: tutti lo Per me. – Sappiate circondano) che Nemorino è divenuto a un tratto il più ricco castaldo del villaggio... Dulcamara poiché morto è lo zio... Prediletti dalle stelle, io vi lascio un gran tesoro: Adina e Nemorino tutto è in lui; salute e belle, Morto lo zio! allegria, fortuna ed oro. Rinverdite, rifiorite, Giannetta e Donne impinguate ed arricchite: Io lo sapeva. dell’amico Dulcamara Atto primo ei vi faccia ricordar. Dulcamara In una fattoria, mentre un gruppo di mietitori e mietitrici si concede un po’ di riposo, Lo sapeva anch’io. Coro Adina, ricca fittavola, è impegnata nella lettura della storia di Tristano e Isotta. In Ma quel che non sapete, Viva il grande Dulcamara, disparte, il povero contadino Nemorino la osserva invaghito, dolendosi della propria né potreste saper, egli è che questo dei dottori la fenice! incapacità di conquistarla (“Quanto è bella, quanto è cara”). I contadini esortano Adina sovrumano elisir può in un momento, a leggere ad alta voce e lei riferisce la storia di Tristano che, innamorato della regina non solo rimediare al mal d’amore, Nemorino Isotta, ricorre a un filtro magico per attirare il suo affetto (“Della crudele Isotta”). ma arricchir gli spiantati. Io gli debbo la mia cara. Nemorino capisce di trovarsi in una situazione simile e vorrebbe procurarsi un filtro tanto portentoso. L’attenzione dei contadini è quindi richiamata dall’arrivo in paese Coro Adina del sergente Belcore, uomo di bell’aspetto, che tenta di sedurre Adina domandandole di Oh! il gran liquore! Per lui solo io son felice! sposarlo (“Come Paride vezzoso”); ma la bella risponde di volerci pensare un po’. Dulcamara Adina e Nemorino Intanto fa il suo ingresso in piazza, al suono di una tromba su un carro dorato, il dottor Ei corregge ogni difetto, Del suo farmaco l’effetto Dulcamara, un ciarlatano che si fa passare per taumaturgo. Con parole tronfie che fanno ogni vizio di natura. non potrò giammai scordar. subito presa sugli abitanti del villaggio, Dulcamara vanta i suoi grandiosi successi come Ei fornisce di belletto guaritore e convince i paesani di saper sconfiggere non solo i malanni fisici ma anche la più brutta creatura: Belcore quelli dell’anima (“Udite, udite, o rustici”). Nemorino pensa che questo mago faccia camminar ei fa le rozze, Ciarlatano maledetto, proprio al caso suo e vuole approfittare dell’occasione. Chiede quindi al dottor Dulcamara schiaccia gobbe, appiana bozze, che tu possa ribaltar! se possiede anche “la bevanda amorosa della regina Isotta”. L’astuto medicastro vende ogni incomodo tumore (Il servo di Dulcamara suona la tromba. La così al candido semplicione una bottiglia di bordeaux in cambio di uno zecchino, il suo copre sì, che più non è... carrozza si move. Tutti scuotono i loro cappelli intero patrimonio. In tutta serietà, il medico spiega che l’effetto si farà sentire dopo un e lo salutano) giorno (ossia, quando egli sarà già lontano dal villaggio). Coro Nemorino, convinto di possedere finalmente l’onnipotente elisir, comincia a berne bei Qua, dottore, a me, dottore... Coro Un vasetto... due... tre. Viva il grande Dulcamara, sorsi e si ubriaca: quel tanto che basta per sentirsi disinibito e mostrarsi indifferente nei la fenice dei dottori! confronti di Adina, che subito ne rimane infastidita. La ragazza per vendicarsi si lascia Dulcamara Con salute, con tesori convincere da Belcore a concedere la sua mano (“In guerra ed in amor”). Belcore riceve Egli è un’offa seducente possa presto a noi tornar. un dispaccio con l’ordine di mettersi in marcia con il suo drappello la mattina seguente pei guardiani scrupolosi; e dunque propone che le nozze siano celebrate in giornata. Nemorino, ricordando che è un sonnifero eccellente l’elisir farà effetto solo dopo 24 ore, prega invano Adina di attendere ancora un giorno per le vecchie e pei gelosi; prima di sposare il sergente. dà coraggio alle figliuole che han paura a dormir sole; 26 27
Atto secondo Nella fattoria di Adina si preparano le nozze. Quando giunge il notaio, Adina dice di voler rimandare la firma del contratto di matrimonio alla sera perché vuole sposarsi in presenza di Nemorino. Giunge Nemorino disperato e Dulcamara gli consiglia di prendere una seconda bottiglia di elisir per anticiparne l’effetto. Ovviamente richiede un compenso in contanti, ma l’innamorato è a corto di soldi e lo confida proprio al suo rivale. Belcore ha subito una soluzione pronta: Nemorino dovrà arruolarsi nel suo esercito così potrà guadagnare prontamente venti scudi. Con questa mossa Belcore pensa di togliere di mezzo lo scomodo concorrente mentre Nemorino può comprarsi un’altra bottiglia di elisir per conquistare il cuore di Adina prima di partir soldato. Intanto la contadina Giannetta sparge in paese la notizia che Nemorino ha ottenuto una grande eredità da uno zio deceduto da poco (“Saria possibile”), notizia che però non arriva alle orecchie né di Nemorino, né di Adina, né di Dulcamara. La novità fa sì che le belle del paese circondino di attenzioni il giovane, che rimane sbalordito, e cerchino di ottenerne il favore. Sembra proprio che l’elisir cominci a mostrare gli attesi effetti. Adina Che c’è da ridere nell’“Elisir osserva le premure delle ragazze verso Nemorino (“Dell’elisir mirabile”) prendendo coscienza dei suoi veri sentimenti verso il giovane. Dulcamara, che intanto comincia a credere anch’egli alla forza prodigiosa del suo prodotto, le racconta che Nemorino ha comprato da lui una pozione magica e che per procurarsi il denaro si è fatto arruolare da Belcore. d’amore” Nemorino gioisce quando si accorge di una lacrima spuntata negli occhi di Adina di Francesco Izzo mentre le ragazze lo corteggiavano: ha ormai la certezza di essere corrisposto (“Una furtiva lagrima”). Adina ha intanto riacquistato da Belcore il contratto di arruolamento Nel Finale ii di Don Pasquale (1843), ultimo capolavoro buffo di Gaetano Donizetti, di Nemorino, restituendogli così la libertà; finalmente vince la sua ritrosia e confessa a il protagonista si rivolge stizzito al nipote, Ernesto, e gli chiede: “Che c’è da ridere, Nemorino, al colmo della felicità, tutto il suo amore. impertinente?”. La domanda, di per sé, è insensata, e pertanto comica, così come comica è la situazione: la bella Sofronia (in realtà Norina in incognito), che Don Pasquale crede di avere appena sposato, si sta rivelando una bisbetica scostante e aggressiva, e ha appena negato un bacio al goffo vecchietto. Al di là del contesto specifico, tuttavia, è curioso che un personaggio di un’opera buffa di metà Ottocento chieda: “Che c’è da ridere?”. Nel melodramma dell’Ottocento il genere comico cede terreno all’avanzata del melodramma tragico. Spesso si fa riferimento proprio ai capolavori comici di Donizetti – Don Pasquale, e prima di esso, naturalmente, L’elisir d’amore – come alle ultime espressioni importanti della tradizione buffa, ormai in declino inesorabile. In realtà, le cose non stanno proprio così: gli anni Trenta e Quaranta dell’Ottocento sono pieni di opera buffa; mentre il “canone” rossiniano si va progressivamente consolidando, altri compositori (i fratelli Luigi e Federico Ricci, per esempio) coltivano la commedia con passione e successo, con la collaborazione di librettisti importanti (Felice Romani, Jacopo Ferretti), cantanti, impresari e naturalmente del pubblico. Sulle scene italiane dell’epoca, dunque, si continua a ridere. Si tratta però di un riso diverso. È generalmente accettato che commedie come quelle di Gaetano Donizetti siano – rispetto, per esempio, ai capolavori rossiniani che le precedono – venate di pathos e sentimentalismo, e forse, alla domanda “che c’è da ridere?” si può essere tentati di rispondere “ben poco”. Ciò è evidente nell’Elisir d’amore, in cui molti episodi, in particolare quelli in cui i sentimenti e la sofferenza di Nemorino vengono alla ribalta, hanno ben poco a spartire con la comicità. Una cosa che colpisce già nelle prime scene dell’opera è come Nemorino sia non solo profondamente innamorato di Adina, ma pronto a morire per lei. L’idea della morte emerge di frequente e, anche 28 29
se espressioni idiomatiche che coinvolgono la morte sono spesso presenti in libretti buffi precedenti (“È innamorato morto”, dice Figaro del Conte d’Almaviva nel Barbiere rossiniano), la loro presenza nell’Elisir è particolarmente insistente. La celebre Romanza di Nemorino si chiude con le parole “Si può morir d’amor!” , messe in evidenza da Donizetti con varie ripetizioni nella cadenza conclusiva. Ma vi sono altri esempi, come quando Nemorino, reagendo all’arrivo inaspettato di Belcore e alla sua baldanzosa proposta di matrimonio, esclama: (Me infelice, s’ella accetta! Disperato io morirò.) Sono parole che Donizetti mette in rilievo con improvvisi accordi orchestrali e armonie che si fanno improvvisamente tormentate, spostando l’attenzione dalla generale gaiezza della situazione alla tragedia interiore di Nemorino. Nel successivo Duetto con Adina, l’idea che Nemorino possa morire per amore si esprime ancora più intensamente: Nemorino Chiedi al rio perché gemente dalla balza ov’ebbe vita, corre al mar, che a sé l’invita, e nel mar sen va a morir: ti dirà che lo strascina un poter che non sa dir. Adina Dunque vuoi?... Nemorino Morir com’esso, ma morir seguendo te. Anche qui Donizetti pone un’enfasi su queste parole, ripetendo “morir” più volte. Subito prima della ripetizione della Cabaletta, poi, egli fa cantare ad Adina le parole “Morir per me?”, che non appaiono nel libretto ma che esprimono lo stupore della fanciulla davanti a un sentimento così profondo. Qui e altrove, l’idea della morte nell’Elisir d’amore è ben più di una semplice iperbole. Nemorino, in realtà, soppesa le sue parole attentamente; che egli sia pronto a dare la vita per Adina non è solo un aspetto fondamentale della sua personalità, ma anche un’indicazione di come l’idea dell’amore romantico si stava infiltrando nella rappresentazione spesso scettica e distaccata dei sentimenti umani tipica di molte commedie precedenti. Al di là dei riferimenti alla morte, vi sono altri momenti in cui Nemorino assume connotazioni non solo sentimentali, ma addirittura tragiche. Nel concertato alla fine del primo atto, il suo accorato appello al buon senso di Adina (“Adina credimi, te ne scongiuro”) è talmente potente che la stessa fanciulla, inconsapevolmente, ne è conquistata, tanto da adottare la stessa melodia, con la quale contrasta l’accesso d’ira di Belcore. In quel momento, la furia di quest’ultimo verso Nemorino si spiega forse perché egli comprende che Adina, nel momento stesso in cui la conduce a nozze, è in realtà già lontana e perduta. E infine c’è il Duetto Nemorino-Belcore nel secondo atto, in cui, alle rossiniane terzine del baritono, compiaciuto per avere ingaggiato il proprio rivale, Nemorino risponde con un’esplosione di sofferenza in modo minore alle parole “Ah non sai chi m’ha ridotto”. La melodia di Nemorino verrà ripresa da Donizetti e affidata a Edgardo (“Maledetto sia l’istante”) nel Finale ii di Lucia di Lammermoor (1835): è in quel 30 31
qui l’ebbrezza, come ogni cosa in Nemorino, è del tutto autentica, e Donizetti, con un delizioso motivetto e altri semplici gesti musicali, lascia spazio all’azione scenica, descritta minuziosamente da Romani nel libretto. Quanto a Belcore, anch’egli, come Dulcamara, deriva da tradizioni comiche di antica memoria (il Miles gloriosus). La melodia con cui pomposamente entra in scena, preannunciato da una marcia militare, appare indebitata alla sortita di un altro personaggio buffo, Dandini nella Cenerentola di Rossini, anch’egli comicamente compiaciuto e apparentemente alla ricerca di una sposa. Vi sono, in aggiunta, momenti brillanti a non finire, dalla curiosa Barcarola all’inizio del ii Atto allo splendido Duetto tra Adina e Dulcamara. In quest’ultimo, finalmente, sentimentalismo e comicità sono non solo giustapposti, ma addirittura si fondono come in nessun altro passaggio della partitura: la giovane donna, conquistata dall’ennesima prova d’amore di Nemorino, canta una delle melodie più accorate di tutta l’opera (“Quanto amor! Ed io, spietata”), mentre Dulcamara, fedele alla propria vocazione di intrattenitore, fa da contrappunto alla sua effusione lirica comunicandole che “tutto il sesso femminino è pel giovine impazzato”. Secondo le soluzioni musicali e sceniche adottate nell’interpretare questo Duetto, lo spettatore può sentirsi in sintonia con le burle di Dulcamara, e ridere di cuore, o con l’amore nascente di Adina, e commuoversi, magari chiedendo al vicino di posto: “Che c’è da ridere?”. Entrambi gli spettatori, mi sento di dire, hanno le loro ragioni e, se posso permettermi una nota personale, io stesso sono stato l’uno e l’altro in diverse occasioni. È questa, infine, una commedia in cui c’è sicuramente assai da ridere, ma c’è anche da interrogarsi sulla natura stessa della comicità, e su come essa scaturisca da un contrasto acceso e da una convivenza forse improbabile, ma tuttavia riuscitissima, con il sentimento. momento straordinariamente drammatico, forse, che la statura di Nemorino viene definitivamente sancita. Che c’è da ridere, dunque, nell’Elisir d’amore? La cosa forse più mirabile di questa opera è come Donizetti (con l’aiuto di Romani, s’intende) riesca a conciliare i tratti sentimentali descritti sopra con una vena comica copiosa e genuina, che rende omaggio in giusta misura alla lunga tradizione dell’opera buffa. Non serve guardare oltre l’entrata di Dulcamara, il ciarlatano logorroico, per comprendere che le opportunità per ridere non mancano: la sua Aria, “Udite, udite, o rustici”, giustamente celebrata, è un capolavoro di verbosità comica, in cui la tecnica del parlante (frasi declamate rapidamente sulla base di un motivo orchestrale) diviene esilarante grazie alle allitterazioni e assonanze predisposte dal testo di Romani. Tirate di questo tipo s’incontrano anche in precedenza nell’opera buffa, dal “catalogo” di Leporello nel Don Giovanni di Mozart (1787) all’Aria di Don Profondo nel Viaggio a Reims rossiniano (1825). Ma per ricchezza di vocabolario, scioltezza, e carisma, nessun esempio supera quello di Dulcamara. La seconda parte dell’Aria, poi, è una sorta di valzer, una danza che nell’opera buffa di quel periodo si associa spesso alla falsità, e che qui sembra segnalare che l’uomo in questione è indubbiamente un ciarlatano. Un altro tradizionale espediente comico è l’ubriachezza di Nemorino sotto l’effetto del presunto elisir (nient’altro che un generoso vino francese). Diversamente dall’episodio celeberrimo del Barbiere di Siviglia di Rossini in cui il conte d’Almaviva si finge ubriaco, 32 33
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