No Shade in Paradise - peter buggenhout

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Paradise
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buggenhout
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                      Shade
Con testi di
peter buggenhout
eva kraus
                      in
                      Paradise
simone menegoi
romeo castellucci
claudia castellucci
selen ansen

                      peter
koenig books          buggenhout

		 Sommario                                           Ho una passione per i titoli, per l’atto di dare un nome alle cose; anche a quelle
                                                      più insignificanti, per rispetto. Tutto, ogni singolo oggetto, ogni essere vivente,
 3     [—]                                            ogni avvenimento ha diritto a un nome, un nome proprio, un nome specifico,
		     peter buggenhout                               piuttosto che una parola che li riunisca in un gruppo di ‘simili’: sedia, scarpa,
		     (Traduzione di Gabriella Nocentini)
                                                      guerra, cristianesimo. L’impossibilità di farlo (come potremmo comunicare se
 4 Non c’è ombra in Paradiso                          usassimo esclusivamente nomi propri? Chi capirebbe più gli altri?) mi porta a
		 Preludio                                           intitolare le mie opere con uno stato d’animo/#/numero. Così concedo loro piena,
		 eva kr aus                                         indescrivibile autonomia, piuttosto che ridurle; per quanto poetici possano essere
		     (Traduzione di Susanna Piccoli)
                                                      titoli come Rosy Fingered Dawn (Willem De Kooning), Impression, soleil
 14    Brancusi e la Gorgone                          levant (Claude Monet) o Nu descendant un escalier (Marcel Duchamp).
		     Peter Buggenhout, in teoria e in pratica           I titoli delle mie mostre, delle mie opere e dei miei libri precedenti hanno
		     simone menegoi                                 tutti questo stesso denominatore. Sono pensieri/perplessità/riflessioni che creano
                                                      aperture nello spettatore, aperture verso nuove idee che gli permettono di stabilire
 31    [—]
		     romeo castellucci                              i propri significati senza alcuna restrizione, piuttosto che essere indicazioni sul
                                                      modo in cui dovrebbe interpretare le mie opere. Il titolo di questo libro non fa
 32    Dialogo degli Indiani che imparano l’inglese   eccezione. No shade in paradise non spiega in alcun modo il mio lavoro. Sta
		     claudia castellucci
                                                      piuttosto a indicare che in un mondo senza parole tutto è in pieno sole, senza
 44    Sottosopra
                                                      ombre, senza surrogati illusori. Il mondo è brutalmente presente, senza le parole
		     selen ansen                                    consolatorie che ci danno l’illusione di comprendere ciò che ci circonda. Il mio
		     (Traduzione di Stefania Meazza)                lavoro è brutalmente presente, e io diffido delle parole. (Giocano con noi).

                                                         pb maggio 2017

                                                                                                                      3
Quando ho letto per la prima volta il misterioso testo di Romeo e Claudia
                                                                Castellucci pubblicato in questo catalogo era notte, e io ero in uno stato di
                                                                spossatezza. Suggestionata dalla singolarità delle creazioni verbali che si di-
                                                                panavano davanti a me e che in quel momento sembravano appartenere a una
Non c’è ombra in Paradiso                                       lingua segreta o inventata, mi sentivo sospesa tra sogno e realtà. Ciò che ve-
                                                                devo era una strana successione di lettere alfabetiche, le quali, attraverso un
                                                                curioso raddoppiamento delle vocali, cominciavano a danzare sulla pagina.
                                                                Inizialmente questi caratteri non sembravano avere un senso; solo la succes-
                                                                siva traduzione ha svelato il mistero. Ho capito che si trattava dell’incontro
                                                                tra due persone che conversano in lingue diverse (quella cheyenne e quella
Preludio                                                        shawnee). Ci viene detto che il loro intento è imparare la lingua inglese. Nella
                                                                conversazione i due nativi americani esprimono la loro perplessità di fronte al
                                                                fatto che per loro esistano così tanti oggetti per i quali non ci sono dei corri-
                                                                spettivi nell’inglese e viceversa (“they do not have the words for our things” /
                                                                “we do not have the words for their things”) 1 . Comprensibilmente.
                                                                     Questa impotenza verbale rispetto ad altre sfere culturali vale in senso
                                                                figurato anche per l’arte di Peter Buggenhout. Davanti ai nostri occhi si forma
                                                                qualcosa di indecifrabile, per esprimere il quale non troviamo, o non abbia-
                                                                mo, parole. Forse per farlo bisognerebbe sviluppare una nuova lingua, perché
                            eva kraus                           difficilmente le sue opere possono essere descritte con i mezzi espressivi tra-
                                                                dizionali a nostra disposizione: sono grossi agglomerati di materiali impre-
                                                                cisati e cosparsi di polvere, lunghe filacce che ricoprono ammassi informi,
                                                                interiora imbalsamate combinate con materiali indefinibili o avanzi prodotti
                                                                dagli esseri umani; accumuli di materiali residui abbandonati e scartati dalla
                                                                società, testimonianze scaturite dal ciclo di utilizzo di tutte le cose. Davanti
                                                                ai nostri occhi si presentano opere ermetiche e autonome, dotate di una per-
                                                                sonalità propria, alcune scure e malinconiche, altre più colorate e luminose.
                                                                In un primo momento – ma anche in seguito – ci si trova affannosamente alla
                                                                ricerca di parole di fronte a una tale presenza fisica che nel suo stato puro e
                                                                quasi arcaico deve fare a meno delle parole.

                                                                Nel 1989 Peter Buggenhout ha abbandonato la pittura in favore della scultura.
                                                                Da allora la sua opera scultorea è costituita da diverse serie prodotte in stretto
                                                                collegamento tra loro, reciprocamente condizionate e complementari. L’attri-
                                                                buzione di titoli enigmatici alle opere è un elemento importante ed esprime il
                                                                grande valore che l’artista dà a tutte le cose. Kein Schatten im Paradies [Non c’è
                                        1 Cfr. il testo di      ombra in Paradiso] si riferisce indirettamente al mito della caverna di Platone,
                                        Romeo e Claudia
                                        Castellucci in questa
                                                                in cui le ombre fungono da metafora per l’illusione della realtà. I prigionieri
                                        pubblicazione.          nella caverna, privi di ogni esperienza della vita, considerano reali le ombre,

           4                                                                                                                  5
non avendo mai visto la fonte di quelle proiezioni. Anche in paradiso le ombre                                                             chiarificatrice dovette cedere alla consapevolezza che il divino si può trovare
non esistono, si è esposti senza protezione alla luce piena, al chiarore, all’ir-                                                          soltanto in sé stessi 5 . L’esperienza del girare attorno alle sculture di Peter
radiazione ininterrotta. Tutto, il vero e il falso, è rivelato, tutto è spietatamen-                                                       Buggenhout osservandole insistentemente appare come una passeggiata in un
te evidente. Il nesso con il lavoro dell’artista si trova nella rappresentazione                                                           paesaggio di cui non si riesca a saziarsi.
della realtà di cui le opere ritraggono la rivelazione implacabile. Il titolo della                                                             Le opere della serie the blind leading the blind, alle quali l’artista
mostra, poetico come tutti i titoli di Peter Buggenhout, non intende spiegare                                                              lavora dall’inizio del nuovo millennio, sono le sue forme più iconiche, ma al
alcunché; al massimo può essere considerato come una traccia per possibili                                                                 contempo più imperscrutabili. Emergono dalle profondità come relitti, cor-
interpretazioni. Tuttavia esso ribadisce ancora una volta l’interesse dell’arti-                                                           pi giganteschi ricoperti di strati spessi di polvere scura. Oggetti che danno
sta per la descrizione filosofica e mitologica del mondo.                                                                                  l’impressione di provenire da altri tempi, intrappolati in se stessi, preservati
                                                                                                                                           nel deperimento. Questa immagine si materializza nella polvere che funge da
Con un termine preso a prestito da Georges Bataille, l’artista definisce “abiet-                                                           incarnazione del tempo. La consistenza della superficie inghiotte la luce. Presi
ti” gli oggetti incomprensibili, estranei, disprezzati dagli esseri umani, che                                                             isolatamente questi corpi sembrano mondi ermetici, realizzati accumulando
provocano disgusto o repulsione 2 . La psicanalisi li classifica come fenomeni                                                             materiali alluvionali. Nella parabola biblica, la sorte che attende i ciechi è
che ci mettono di fronte ai nostri limiti e paure 3 . Essi visualizzano l’avversio-                                                        quella di inciampare e finire in una pozza melmosa, che nella serie riappare
ne umana per ogni forma di bruttura e parallelamente il fascino esercitato                                                                 in forma di metafora estetica – per lo meno nel colore, un grigio-bruno mo-
dalle creature ripugnanti. Secondo la mitologia greca le Gorgoni sono figure           2 Peter Buggenhout                                  nocromo e profondo. Pieter Breughel il Vecchio rappresenta questa scena nel
crudeli e immortali che con il loro aspetto terribile pietrificano chi le guarda.      si rifà più volte a                                 famoso dipinto della parabola dei ciechi (1568). I ciechi rappresentano allego-
                                                                                       Georges Bataille e ai
Medusa ne è la rappresentante più eminente; la vista della sua orribile bellezza       suoi testi, ad esempio                              ricamente i miscredenti, che non vedono dove vanno né sanno da dove ven-
si paga con la rovina. Nel titolo della serie Gorgo Peter Buggenhout cita questi       “Abjection et les                                   gono. Il riferimento nel titolo ai ciechi che avanzano incerti definisce in senso
                                                                                       formes misérables”
esseri fantastici, nefasti, estranei al nostro mondo. I crini di cavallo scuri, im-    (1934, ora in Georges                               figurato l’approccio intuitivo di Peter Buggenhout. “Da dove vengano questi
                                                                                       Bataille, Œuvres
pregnati di sangue di maiale, evocano visivamente i serpenti sulle teste delle                                                             oggetti e dove vadano” non è prevedibile da parte dell’artista mentre opera,
                                                                                       complètes, II, Écrits
Meduse. Queste sculture, votate al deperimento e alla decomposizione, si rive-         posthumes 1922–1940,                                tanto meno è stato pianificato preventivamente. Anche il visitatore è lasciato
                                                                                       Parigi, Gallimard,
lano all’occhio curioso come una tentazione allettante esercitata dal proibito                                                             in uno stato di dubbio e d’incertezza.
                                                                                       1972), e “Informe”,
e dal nefasto, capace di sedurre la nostra psiche recalcitante.                        in Georges Bataille,                                     Le opere nascono nel corso del processo e crescono costantemente. In
                                                                                       Documents, n. 7,
                                                                                       1929, p. 382; trad.
                                                                                                                                           una ripetizione perpetua [The Everchanging Repetition] l’artista continua a cre-
Nella serie mont ventoux sono le proliferazioni, gli eccessi, a essere rap-            it. “Informe” in                                    are opere simili, con leggere variazioni. Sono compiute soltanto quando fini-
                                                                                       Documents, Dedalo,
presentati e a manifestarsi 4 . Oggetti informi nascono da interiora o stomaci         Bari (1974) 2009,
                                                                                                                                           sce il dialogo tra artista e oggetto. Quando non c’è più niente da dire – come
bovini conciati le cui superfici sono percorse da venature che svelano dei mi-         p. 165.                    5 Cfr. http://www.       in una conversazione tra vecchi amici in cui a un certo punto si esauriscono
                                                                                                                  germanistik.hhu.de/
crocosmi individuali. Le ramificazioni e le strutture della pelle, conciata fino       3 Cfr. Julia               fileadmin/redaktion/     gli argomenti –, allora anche per l’artista si conclude il processo di incessan-
a renderla pallida e poi rivoltata, s’impongono allo sguardo dell’osservatore.         Kristeva, che a sua        Fakultaeten/             te modifica. Talvolta ciò si verifica solo dopo una rielaborazione pluriennale
                                                                                       volta fa riferimento       Philosophische_
Al di sotto di essa proliferano escrescenze che fagocitano come tumori gli ele-        a Sigmund Freud,           Fakultaet/               nello studio. Le opere assumono le sembianze di artefatti tramandati, relitti
menti confinanti. Queste conformazioni creano panorami affascinanti, pitto-            ad esempio in Poteri       Germanistik/             storici, rovine della nostra civiltà, cumuli di tracce umane viste da un futuro
                                                                                       dell’orrore. Saggio        Germanistische_
reschi, a cui è stato dato il nome di un monte che si affaccia su vasti orizzonti.     sull’abiezione, Spirali,   Mediaevistik/Dateien/    lontano. Si rivelano commenti mistici su un mondo digitale livellato dalla glo-
Sul Mont Ventoux, massiccio della Francia meridionale, salì nel XIV secolo             Milano 2006.               Francesco_Petrarca_      balizzazione. Nell’era della smaterializzazione la loro qualità analogica appare
                                                                                                                  Mont_Ventoux.pdf
il più celebre degli escursionisti, il poeta e filosofo Petrarca, per bearsi alla      4 La serie Mont            (Ultima consultazione:   anacronistica e perfino consolatoria.
                                                                                       Ventoux è in corso         1/7/2017)
vista del paesaggio che si stendeva sotto di lui. Nelle sue descrizioni roman-                                                                  La serie on hold è più colorata e sembra meno remota, più prossima al
                                                                                       dal 2006; dal 1996
tiche, scritte in forma di lettere amorose, non intendeva soltanto celebrare il        l’artista crea opere       6 On Hold è una serie    nostro tempo 6 . “Siamo tutti collezionisti”, afferma Peter Buggenhout, decli-
                                                                                       basate sull’utilizzo       di opere più recenti
divino, ma anche l’esperienza rinnovatrice e compiuta in sé stessa della per-                                     alla quale l’artista
                                                                                                                                           nando anche questi lavori in serie di variazioni costruite con ogni sorta di
                                                                                       di pelli e interiora di
cezione della natura. La sua illusione che dall’alto si potesse avere una visione      animali conciate.          lavora dal 2014.         reperti. Sono frammenti della nostra esistenza, oggetti prodotti da qualcuno

                   6                                                                                                                                                                                    7
e poi gettati via. Il loro “scheletro” è costituito da residui, legno e plastica                                                            Dovendo abbozzare un ritratto dell’artista, lo definirei uno scultore, più ar-
usati. All’inizio l’artista non dà particolare valore all’aspetto del materiale,                                                            chitetto che pittore, anche se come tale ha esordito. L’interesse per la “madre
dedicando maggiore attenzione al modo in cui le cose si relazionano tra loro.                                                               di tutte le arti” lo accompagna fin dall’adolescenza. Il fascino che esercita
Un ruolo centrale è svolto da gonfiabili parzialmente gonfi e tesi. Sono in-                                                                sull’artista è evidente dall’ambiente in cui vive e opera e che ha contribuito
trappolati nella struttura che al tempo stesso li tiene insieme. La loro forma                                                              a progettare: il palazzo nella Gent medievale dove abita con la famiglia, la
è determinata dai limiti dell’armatura; in questo modo struttura e forma si                                                                 scuola abbandonata adibita a studio, l’officina convertita in un gigantesco la-
condizionano reciprocamente, generando una compenetrazione indissolubile                                                                    boratorio. Sono luoghi magici, che hanno visto grandi cambiamenti nel corso
di forme e materiali. In un’asimmetria organizzata, le figure giostrano su una                                                              degli anni, dei decenni, perfino dei secoli. Nell’architettura contemporanea
gamba sola in cerca di equilibrio. Sono fermate in pose instabili, congelate e                                                              si parla di “energia grigia” 9 . Accanto alla sostenibilità e all’uso responsabile
trattenute in uno stato di sospensione.                                                                                                     delle risorse, è attraverso l’azione degli eventi che un oggetto accumula una
                                                                                                                                            carica positiva, anch’essa racchiusa nella materia. A mio parere, questi luoghi
L’artista lavora sulla trasformazione infinita del materiale. Improvvisazione,                                                              carichi di Storia lasciano un’impronta sui lavori di Peter Buggenhout. Anche
capitolazione, empatia e attenzione sono momenti generativi e correttivi che                                                                nelle pubblicazioni precedenti, riccamente illustrate, le sue opere vengono
descrivono la vita in sé. Buggenhout combina gli oggetti, decostruisce, ri-                                                                 accostate a esempi di contesti architettonici caratterizzati da una forte pre-
compone e ripete questi passi incessantemente. L’imprevedibile si inscrive                                                                  senza fisica. Queste immagini analizzano in particolare la relazione con il
automaticamente all’interno del processo. Come nell’écriture automatique – in-                                                              momento corporeo dell’atto creativo, così caratteristico per l’artista, ma anche
ventata dai surrealisti, influenzata dalla psicanalisi – le sue conformazioni na-                                                           per l’opera. Si veda ad esempio la famosa visione, mai realizzata, dell’Endless
scono in una fase di elaborazione istintiva. In proposito, l’artista afferma che                                                            House di Friedrich Kiesler – un manifesto degli anni 1950 sullo spazio sfe-
non siamo affatto creature così consapevoli come riteniamo di essere.                                                                       rico concepito come opera d’arte totale, che fu un punto di riferimento per
    I lavori di Peter Buggenhout sono ritratti della nostra realtà, appendici                                                               le generazioni successive 10 . Si consideri il Palais idéal (1879–1912) di Facteur
analoghe al nostro mondo. L’artista vorrebbe che fossero interpretati come                                                                  Cheval, un collezionista fanatico che per tutta la vita si dedicò, da autodidatta,
processi fatti di gioie e dolori, di tentativi e fallimenti, come riflessi dell’essere                                                      alla costruzione di un edificio fiabesco – un palazzo fantastico che Cheval, di
e non come semplici espressioni, esplicative e riduttive, di una realtà com-                                                                professione postino, edificò pietra su pietra con oggetti trovati e raccolti nei
plessa 7 . Dice a riguardo che «Quello che faccio è realtà, non la sua rappre-                                                              suoi innumerevoli itinerari. C’è il complesso dei templi di Angkor Wat (Siam
                                                                                                                   9 Cfr. Muck Petzet
sentazione simbolica». Considera in termini simbolici la pittura, che, proprio                                     sul dibattito relativo
                                                                                                                                            Reap, Cambogia), fagocitati dalla foresta vergine, o di Ranakpur in Rajasthan
per questo, ha abbandonato da tempo 8 . Non vuole più realizzare immagini                                          all’“energia grigia”,    (India). In più occasioni l’artista rimanda anche alla falesia di Bandiagara
                                                                                                                   ad es. in Q+A:
perché non intende semplificare, bensì rappresentare semplicemente la vita                                         www.qandapanels.
                                                                                                                                            (Dogon, Mali) con i suoi villaggi di roccia.
con i mezzi che essa mette a disposizione. Nell’astrazione cercava un modo per           7 Cfr. Zehra              org/?p=489. (Ultima           Accanto a questi riferimenti vengono in mente gli insediamenti arcaici, i
                                                                                         Jumabhoy                  consultazione:
esprimere la sua aspirazione – modo che forse avrebbe potuto trovare nell’in-            nell’intervista a         18/11/2017)              villaggi rupestri o le tende dei nomadi del deserto raccolti nel compendio di
formale, ma che ha trovato in particolare nella scultura – di rappresentare              Peter Buggenhout in                                Bernard Rudofsky intitolato Architecture Without Architects (1964) 11 , che sono
                                                                                         occasione della mostra    10 Cfr. Frederick
adeguatamente la nostra esistenza. «I miei lavori descrivono in ultima analisi           presso la Maskara         Kiesler: Inside the      costruiti tanto dalla natura quanto nella natura stessa. Nelle archi-sculture
come nascono, crescono, respirano, collassano e cambiano le situazioni e i si-           Gallery, Mumbai,          Endless House, Simon     amorfe di André Bloc si potrebbe trovare un altro riferimento per la ricerca
                                                                                         Artforum (luglio/agosto   and Schuster, New
stemi sociali, fisici, psicologici e storici, nella loro evoluzione priva di qualsiasi   2008). (Laddove non       York 1966.               di una creazione organica e in crescita, che nasce dalla sfiducia nei confronti
altro scopo che non sia il cambiamento fine a se stesso. Dovremmo guardarci              indicato diversamente,                             dello spazio euclideo, ovvero ortogonale. Nel contesto dei lavori di Peter Bug-
                                                                                         le traduzioni sono di     11 Trad. it: Bernard
intorno confidando in noi stessi e riconoscere che le cose si sviluppano molto           Susanna Piccoli).         Rudofsky, Architettura   genhout non è stato finora ancora menzionato il Merzbau di Kurt Schwitters,
                                                                                                                   senza architetti. Una
meglio in modo eterogeneo che non in modo omogeneo». «Le mie opere non                                                                      costruito a partire dalla metà degli anni Venti del secolo scorso. Una costru-
                                                                                         8 Dal 1989 Peter          breve introduzione
si possono classificare», prosegue l’artista; «bisogna prenderle come sono».             Buggenhout non            all’architettura “non    zione plastica in espansione che invadeva più spazi interni e piani, un envi-
                                                                                         dipinge più, anche        blasonata”, Editoriale
                                                                                                                   Scientifica, Napoli
                                                                                                                                            ronment ante litteram realizzato con un lavoro pluriennale, andato distrutto
                                                                                         se fino al 2003 ha
                                                                                         disegnato molto.          1977.                    ma ancor oggi ricordato come leggendario. I collegamenti di Buggenhout con

                   8                                                                                                                                                                                     9
l’architettura sono molteplici, e un saggio dettagliato su questo tema non è                                    lavori di polvere come se fossero epifanie. Il tempo si era fermato. On Hold:
stato ancora scritto.                                                                                           un istante che si dilata e genera il silenzio, come in uno stato di sospensione
                                                                                                                tra realtà e immaginazione. Dal mio punto di vista le sculture di Buggenhout
La contestualizzazione storico-artistica di Peter Buggenhout è un terreno                                       hanno qualcosa di sublime, sembrano dotate di un’anima. Nell’arte l’ine-
quasi altrettanto inesplorato, proprio per la grande autonomia della sua arte.                                  splicabile, ciò per cui dobbiamo ancora trovare le parole, si definisce come
Nel suo approccio l’astratto si contrappone al concreto, il materiale all’im-                                   “trascendenza”. L’astrazione, nel migliore dei casi, affronta ciò che si sottrae
materiale, l’intuizione all’analisi, l’irrazionale al razionale. Nel suo libro del                              alla nostra conoscenza. Andare oltre il comprensibile è sicuramente una delle
1911 Lo spirituale nell’arte, Vasilij Kandinskij mette in evidenza il lato misti-                               aspirazioni dell’artista; forse di ogni artista. Una volta (nel buddismo zen) si
co dell’allora nascente arte astratta. Ai miei occhi le sculture di Peter Bug-                                  pensava che le anime immortali vivessero nelle pietre. Peter Buggenhout non
genhout sembrano eredi tridimensionali di quegli esordi. L’artista si colloca                                   crede nell’animismo, si occupa della realtà. Afferma nichilisticamente che le
inoltre nella tradizione di concezioni artistiche del mondo innovative, come                                    sue opere sono mera materia. E ci rammenta che anche noi, incidentalmente,
Simone Menegoi dimostra con grande precisione nel suo saggio partendo da                                        siamo soltanto materia.
artisti storici come gli scultori Constantin Brancusi e Auguste Rodin. Alla          12 Vedi, nel testo di
                                                                                     Selen Ansen in questo
base della creazione artistica di questi scultori vi è la consapevolezza della       volume, il discorso
complessità del mondo che si sottrae alla nostra comprensione. Citando Ro-           sulle Metamorfosi di
                                                                                     Ovidio o la Teogonia
salind Krauss, Menegoi indica in Rodin uno dei grandi personaggi di svolta           di Esiodo. Ansen cita
nella storia della scultura del Ventesimo secolo. Anche Brancusi, non meno           inoltre il concetto
                                                                                     di «chaosmos» di
innovativo, è posto in relazione con Peter Buggenhout, ma non come esempio           Gilles Deleuze e
agli antipodi per la sua perfezione controllata. Entrambi hanno in comune de-        Félix Guattari: «La
                                                                                     poetica del chaosmos
gli atelier completamente sommersi dalla polvere del lavoro; solo che nel caso       teorizzata dai due
                                                                                     filosofi francesi aspira
del primo a diffondersi e depositarsi sull’opera d’arte è il bianco splendente
                                                                                     a smantellare il
prodotto dalla levigatura della pietra, mentre nel caso del secondo a dominare       pensiero platonistico
                                                                                     che oppone il caos
lo scenario mozzafiato è un colore scuro, quasi nero.
                                                                                     al cosmo (e quindi,
     Nel suo eccellente saggio “Downside Up”, Selen Ansen inserisce l’opera di       sottinteso, l’ordine
                                                                                     al disordine) e
Peter Buggenhout all’interno di un excursus filosofico, analizzando il suo la-       a decostruire le
voro dal punto di vista del divenire e dell’essere, nello specifico considerando     categorie oggettive
                                                                                     ereditate dal
il caos come elemento importante della storia della nascita del mondo 12 . L’au-     cartesianesimo. Il
trice, che vive a Istanbul, affronta questo tema avendo in mente, sullo sfondo,      termine chaosmos
                                                                                     è preso in prestito
i grandi tumulti di questo nostro giovane secolo.                                    da James Joyce che
                                                                                     lo assume come
                                                                                     poetica nel suo
Da parte loro, i lavori di Peter Buggenhout costituiscono una declinazione           romanzo Finnegan’s
infinita di creazione e trasformazione. Visualizzano il ciclo della nostra esi-      Wake, per farne il
                                                                                     principio di un’“opera
stenza terrena – l’ordine nel disordine, potremmo dire. Sono estremamente            aperta” che non ha
complessi tanto nell’interpretazione quanto nell’esistenza formale. La loro          né fine né inizio».
                                                                                     (Trad. di Stefania
immagine non si fissa nella mente: attraverso gli innumerevoli dettagli e la         Meazza). Pubblicato
                                                                                     originalmente in
forma, che continua a espandersi a seconda della prospettiva, le opere sfidano
                                                                                     inglese in: The
le capacità della nostra memoria. Non siamo in grado di ricrearle nella mente,       Everchanging
                                                                                     Repetition, Édition de
esistono soltanto nel fugace momento dell’incontro. Nel 2014, ad Art Berlin
                                                                                     l’Amateur, Parigi 2015,
Contemporary, in mezzo al frastuono della fiera, rimasi inchiodata davanti ai        p. 270.

                  10                                                                                                                                                        11
12   13
I.
                                                                        1 Vedi ad esempio
                                                                        la testimonianza di        Nello studio di Brancusi il colore dominante era il bianco. Bianche le pareti;
                                                                        Margaret Anderson:         bianchi i mobili che lo scultore aveva costruito con le sue mani; bianchi i
                                                                        «Costantin Brancusi
                                                                                                   blocchi di marmo grezzi o sbozzati. Bianche le sculture in gesso, modelli per
Brancusi e la Gorgone
                                                                        vive in uno studio di
                                                                        pietra nell’impasse        fusioni in bronzo a venire oppure copie di opere vendute. Bianca, infine, la
                                                                        Ronsin, rue de
                                                                        Vaugirard. I suoi          polvere che ricopriva ogni cosa. Più d’uno, fra i molti visitatori dello studio,
                                                                        capelli e la sua barba
                                                                                                   ricorda questo particolare: negli stanzoni dell’Impasse Ronsin, dove Brancusi
                                                                        sono bianchi, la sua
                                                                        lunga veste da lavoro è    lavorò dal 1916 alla sua morte nel 1957, tutto era ricoperto da polvere bianca 1 .
Peter Buggenhout,                                                       bianca, le sue panche
                                                                        di pietra e la larga
                                                                                                   Polvere di marmo, prodotta dalla sega e dallo scalpello, e polvere di gesso che
                                                                        tavola rotonda sono        si accumulavano sulle superfici. Il sole che entrava dalle grandi vetrate dello
in teoria e in pratica                                                  bianchi, e la polvere
                                                                        dello scultore che copre
                                                                                                   studio portava tutto quel bianco all’incandescenza, tendeva a rendere sovrae-
                                                                        ogni cosa è bianca…».      sposte le fotografie a cui Brancusi consegnava le mutevoli configurazioni delle
                                                                        M. C. Anderson, My
                                                                        Thirty Years War.          opere nello spazio. Dalla luminosa caligine bianca, dal caos di blocchi di pie-
                                                                        The Autobiography:         tra e di legno, emergevano forme che Ezra Pound definì «libere dalla gravita-
                                                                        Beginnings and Battles
                                                                        to 1930, Horizon Press,    zione terrestre» e «tanto pure quanto quelle della geometria analitica»; forme
                                                                        New York 1970, pp. 251–    non inventate da Brancusi bensì da lui semplicemente «trovate», preesistenti,
                                                                        52. Laddove non
                                                                        indicato diversamente,     eterne 2.
                                                                        le traduzioni sono              Nello studio di Peter Buggenhout a Gent prevale il nero, o un grigio tanto
                                                                        dell’autore.
                                                                                                   scuro da confondersi con il nero. Sotto la luce dei neon, è nera la distesa di
                                                                        2 «Nel caso
                                                       simone menegoi   dell’ovoide, credo         materiali, lasciati a vista o coperti da teli: pezzi di plastica ondulata, rottami
                                                                        che Brancusi stia
                                                                                                   metallici, rotoli di moquette e di gommapiuma, travi di legno e tubi di ferro,
                                                                        meditando su una
                                                                        forma pura, libera dalla   pannelli di cartongesso, telai metallici arrugginiti – un elenco che non discri-
                                                                        gravitazione terrestre;
                                                                                                   mina fra nuovo e vecchio, fra intatto e degradato, fra prodotto e scarto. Tutto
                                                                        una forma tanto libera
                                                                        nella sua esistenza        è nero, perché tutto è ricoperto di polvere. Non bianca polvere di marmo o di
                                                                        quanto quelle della
                                                                        geometria analitica…»
                                                                                                   gesso, ma sporcizia, residuo finale dell’usura delle cose e degli esseri viventi,
                                                                        . E, in un passaggio       dal grigio tanto più prossimo al nero quanto più spesso è lo strato che forma.
                                                                        precedente a questo:
                                                                        «Non so con quale
                                                                                                   Non è una presenza accidentale, non è solo il sottoprodotto dell’attività dello
                                                                        perifrasi metaforica       studio: è il medium per eccellenza dell’artista. Le sculture ne sono ricoperte
                                                                        potrei far comprendere
                                                                        la relazione di questi     in modo permanente. Anche per questo non si stagliano in mezzo al caos di
                                                                        ovoidi con le altre        oggetti come forme discrete e compatte. Sembrano piuttosto addensamenti di
                                                                        sculture di Brancusi.
                                                                        A mo’ di etichetta         quel caos, agglomerati particolarmente fitti al suo interno; enormi escrescen-
                                                                        provvisoria, si            ze dello studio, cresciute inglobando lentamente ciò che le circondava, senza
                                                                        potrebbero considerare
                                                                        come dei passepartout      criterio nella scelta dei materiali, né legge a cui obbedire nella crescita, né
                                                                        per il mondo della         forma definita a cui tendere, sviluppandosi indifferentemente in verticale o in
                                                                        forma – non il “suo”
                                                                        mondo della forma, ma      orizzontale, appoggiandosi al pavimento o sostenendosi a una parete. L’uscita
                                                                        ciò che egli ha scoperto
                                                                                                   delle sculture dallo studio è meno una semplice questione di trasporti, che
                                                                        “del” mondo della
                                                                        forma» Ezra Pound,         l’asportazione chirurgica di una parte dello studio stesso.
                                                                        “Brancusi”, The Little
                                                                                                        Ordine contro caos, assoluto contro contingente, forma contro informe:
Veduta dello studio: le sculture per Dornbirn (2010)                    Review, Paris, Autumn
vengono ricoperte di polvere.                                           1921, pp. 3–7.             l’accostamento fra i due atelier, quello di Brancusi e quello di Buggenhout, si

                        14                                                                                                                                      15
pone sotto il segno dell’antitesi totale. Il secondo come rovesciamento specu-
lare del primo; come suo negativo, nel senso in cui il negativo sta a una fotogra-
fia, dove al bianco dell’una corrisponde, necessariamente, il nero dell’altro.
Colpisce, tuttavia, la coincidenza della polvere. Niente sembra più estraneo
della polvere alle superfici di Brancusi, talmente lucidate da diventare riflet-
tenti. Si stenta a concepire che un granello di polvere, anche uno solo, possa
turbarne la perfezione. Eppure lo scultore lasciava che la polvere si accumu-
lasse sulle opere. Polvere, il più effimero dei fenomeni; il più volatile, insieme
alla luce. E polvere e luce sono le protagoniste delle centinaia di fotografie
scattate da Brancusi nel suo studio, che introducono nella sua opera ciò che
per altro verso sembra esserne escluso: il tempo, il divenire, la contingenza.
Paola Mola – interprete del lavoro di Brancusi di sottigliezza quasi esoterica
                                                                                      3 Paola Mola,
– ipotizza che la polvere di gesso fosse per lo scultore rumeno una sorta di          Brancusi. Indicazioni
medium ulteriore, capace di «unificare il visibile in una materia rarefatta e         sull’opera leggera ,
                                                                                      Scalpendi, Milano
transitabile alle forme» 3; e legge le piccole macchie bianche lasciate dagli acidi   2003, p. 22.
di sviluppo, che punteggiano la superficie di alcune delle sue stampe fotogra-        4   Ibid.
fiche, come una specie di trasposizione di quel pulviscolo – trasposizione del        5 «Sapevi che
tutto intenzionale, così come gli effetti di sfuocato o di sovraesposizione di cui    che nel XIX secolo
                                                                                      si lasciava che la
le stampe abbondano 4. “Unificare il visibile” è appunto uno dei compiti che          polvere volteggiasse
Buggenhout affida alla polvere, con la quale ricopre e uniforma i materiali           negli angoli delle
                                                                                      case? La polvere
e gli oggetti più disparati, nuovi e consunti, naturali e artificiali, interi e in    era considerata un
                                                                                                                                                            Veduta dello studio: preparazione delle opere
                                                                                      intermediario fra
frantumi, che formano le sue sculture della serie The Blind Leading The Blind.                                                                              per Barbara Gladstone (2014).
                                                                                      il mondo noto e
In un’intervista, ricorda il fatto che nel XIX secolo si lasciava che la polvere      l’ignoto». Michaël
                                                                                      Amy, “Seizing the
volteggiasse liberamente negli angoli delle case. La si considerava, dice, una        chaos of life: a
                                                                                                                                                Secondo Rosalind Krauss 6, il primo responsabile della rottura con l’Ot-
sorta di mediatore fra interno ed esterno, noto e ignoto 5.                           conversation with                                    tocento, il cuneo da cui essa si irradia, è un autore ancora pienamente otto-
                                                                                      Peter Buggenhout”,
                                                                                      Sculpture Magazine,
                                                                                                                                           centesco in senso anagrafico: Rodin. Tutto ciò che nella scultura precedente
    II.                                                                               vol 28, n. 5, giugno                                 a lui aspirava ad essere equilibrato, limpido, immediatamente comprensibile
                                                                                      2009, pp. 25–29.
La polvere non è l’unico elemento che lega Buggenhout a Brancusi, evidente            Ripreso in AA.V V.,                                  – il rapporto fra le parti di una composizione, fra le sue diverse vedute, fra
nell’uno, segreto e quasi iniziatico nell’altro. Entrambi, a livello profondo, ap-    Peter Buggenhout.                                    superficie e massa – in Rodin si intorbida, diventa deliberatamente opaco. Se
                                                                                      “It’s a strange,
partengono a un filone della scultura del XX secolo che si oppone a un’idea di        strange world, Sally”.                               la scultura ottocentesca consegnava il proprio senso narrativo e psicologico a
composizione razionale e analitica, ereditata dalla scultura del secolo prece-        Recent sculptures and                                un punto di vista privilegiato, in Rodin questo punto di vista è introvabile:
                                                                                      installations by Peter
dente. Non si tratta, in ultima analisi, di un’opposizione fra stili ed estetiche,    Buggenhout,                Constantin Brâncu˛si,     vedute successive, da angolazioni diverse, delle sue sculture ne forniscono im-
                                                                                                                 Stampa fotografica
ma del conflitto fra due diverse idee del mondo. Quasi tutta la scultura otto-        Lannoo, Tielt 2010.
                                                                                                                 senza titolo (veduta      magini contraddittorie, senza che una possa imporsi sulle altre. (Vista da una
                                                                                      La citazione è a p. V.
centesca (e parte di quella novecentesca) riposa ancora su un’idea di mondo                                      dello studio), 1924 ca.   certa angolazione, la figura maschile di Je suis belle sembra cedere sotto il peso
                                                                                      6 Rosalind Krauss,
come totalità intellegibile, e colloca l’uomo al suo interno come osservatore         Passages in Modern                                   di quella femminile; vista da un’altra, sembra scagliarla verso l’alto. A sua vol-
                                                                                      Sculpture, MIT Press,
distaccato; la scultura di cui ci occupiamo qui, avverte il mondo come un in-                                                              ta, la figura femminile sembra, a seconda dell’angolazione da cui la si guarda,
                                                                                      1981. Ed. it., Passaggi.
sieme di fenomeni la cui complessità sfida la comprensione, e l’uomo come un          Storia della scultura da                             contrarsi o espandersi 7 ). Se la scultura ottocentesca concepiva il rapporto fra
                                                                                      Rodin alla Land Art,
osservatore implicato in esso. Le caratteristiche formali dell’uno e dell’altro       Bruno Mondadori,
                                                                                                                                           le parti di una composizione come quello fra le parti di una frase di senso
fronte derivano dai loro differenti orizzonti di senso.                               Milano 1998.               7   Idem, pp. 32–35.      compiuto, Rodin ne ingarbuglia i nessi logici (come nella folla di figure della

                  16                                                                                                                                                                                        17
Porta dell’Inferno) oppure lo riduce a un’ottusa paratassi (come nelle Tre ombre
alla sommità della Porta, che consistono in realtà nella stessa, identica figura
maschile ripetuta tre volte). Là dove la scultura ottocentesca tendeva a occul-
tare il processo produttivo, Rodin lo mette in primo piano (le tracce di spa-
tola, o coltello, che sfregiano la schiena di Figura volante); là dove essa legava
superficie e massa in un rapporto di causa ed effetto, Rodin le dissocia deci-
samente (la vestaglia che racchiude il Balzac in una massa compatta occulta la
postura del corpo dello scrittore) 8. Negli stessi anni Medardo Rosso, autore di
un’opera più limitata di quella di Rodin nei temi e nei formati, ma non meno
radicale e innovativa, trasforma il punto di vista privilegiato in una sorta di
fragile zattera gettata nel mare della materia, sempre sul punto di naufragare.
C’è una sola angolazione dalla quale le sculture di Rosso fanno balenare un
miraggio di figura (il volto di un neonato, una madre con il bambino al seno,
un gruppo di figure all’aperto): da ogni altro punto di vista, anche divergente
di pochi gradi, la scultura ritorna ad essere un magma informe di bronzo o
di cera, la cui materialità è esibita in modo ancora più brutale che in Rodin.
     Oltre la soglia del XX secolo, la scultura non potrà ignorare l’esempio di
questi due maestri, se non rischiando di consegnarsi al passato e all’insigni-
ficanza. Ogni grande scultore trarrà però da loro la lezione che gli conviene;
ed è a questo punto che le vie divergono. Brancusi – che conosceva Rosso, e
che declinò l’invito di Rodin a diventare suo assistente 9 – metterà in scacco le                                                                            The Blind Leading the Blind viene installato
nozioni stesse di composizione e di punto di vista, contraendo e semplificando                                                                               al Palais de Tokyo, Parigi (2012).
                                                                                     Auguste Rodin,
                                                                                     Figura volante, 1890–91
                                                                                                                                            la forma fino a un estremo in cui essa non più passibile di alcuna analisi; fino
                                                                                     8 Idem. Vedi in                                        all’ovoide, al cilindro, al modulo geometrico, ripetuto senza variazioni, della
                                                                                     particolare le pagine su
                                                                                     Rodin, pp. 15–42.
                                                                                                                                            Colonna infinita. (Una lezione a cui si rifaranno, mezzo secolo dopo, i Minima-
                                                                                     9 «Quando degli
                                                                                                                                            listi). Altri sceglieranno invece di riprendere la disgiunzione dei punti di vista
                                                                                     amici rumeni lo                                        iniziata da Rodin, e portarla alle estreme conseguenze. È il filo conduttore
                                                                                     presentarono a Rodin,
                                                                                     il grande scultore gli                                 che lega il Picasso dei rilievi cubisti a Tatlin, David Smith ad Anthony Caro.
                                                                                     suggerì di lavorare con    Mark di Suvero, Tom, 1959   Dal punto di vista della storia della scultura, Buggenhout appartiene di diritto
                                                                                     lui. “Non cresce nulla
                                                                                     all’ombra dei giganti                                  a questa seconda genealogia; si può dire anzi che ne sia il punto terminale, il
                                                                                     della foresta”, fu la                                  non plus ultra. La forma delle sue sculture, soprattutto quelle su scala architet-
                                                                                     risposta. Il patriarca
                                                                                     apprezzò». Pierre                                      tonica, è talmente irregolare, tormentata e complessa da rendere impossibile
                                                                                     Cabanne, Brancusi,                                     allo spettatore assimilarla: le vedute che offrono a chi le esplora con lo sguar-
                                                                                     Finest S.A. / Éditions
                                                                                     Pierre Terrail, Parigi                                 do girando loro intorno, o passando sotto di esse, sono così radicalmente
                                                                                     2003. Ed. it. Brancusi.
                                                                                                                                            divergenti da non saldarsi mai, nella percezione e nella memoria, in un tutto
                                                                                     Forme pure e astratte,
                                                                                     trad. di Mario Barboni,                                coerente e compatto.
                                                                                     Key Book / Rusconi
                                                                                                                                                 Altri tratti confermano l’appartenenza di Buggenhout a questo ambito
                                                                                     Libri, Santarcangelo di
    Veduta dello studio: un’opera in costruzione (2015).                             Romagna 2003, p. 14.                                   di ricerca, definito dall’opposizione a un’idea di forma razionale e analitica.

                      18                                                                                                                                                                                    19
ad alcun nucleo o struttura portante interna che dia loro senso 13 ). Buggenhout
                                                                                                                                            ha adottato entrambe le strategie. Se le sculture della serie Gorgo, e molte di
                                                                                                                                            quelle di polvere, si presentano come masse compatte e insondabili, la cui re-
                                                                                                                                            gola strutturale resta incomprensibile, le più grandi fra le opere di The Blind
                                                                                                                                            Leading The Blind prendono spesso l’aspetto di carcasse sventrate, le cui parti
                                                                                                                                            si tengono l’una all’altra precariamente. Talvolta le opere sfruttano entrambe
                                                                                                                                            queste modalità allo stesso tempo: The Blind Leading The Blind #65 associa una
                                                                                                                                            massa centrale, troppo caotica per suggerire qualunque associazione con un
                                                                                                                                            nocciolo, a una serie di elementi satelliti, la cui presenza ai lati dell’ammasso
                                                                                                                                            centrale appare puramente fortuita.
                                                                                                                                                 L’ultimo aspetto fondamentale che contrappone gli scultori dediti a un’i-
                                                                                                                                            dea razionale della forma, a quelli per cui essa, per essere adeguata alla realtà,
                                                                                                                                            non può che essere irrazionale, è il diverso statuto accordato alla scultura
                                                                                                                                            stessa. Per i primi, l’opera plastica si pone implicitamente su un piano di re-
                                                                                                                                            altà diverso da quello quotidiano: essa è un oggetto ideale, tanto trasparente
                                                                                                                                            al senso quanto gli oggetti ordinari sono opachi, capace di ordinare e rendere
                                                                                                                 13   Idem, p. 186.         istantaneo ciò che nell’esperienza comune è disperso nello spazio e nel tempo.
                                                                                                                 14   Idem, pp. 53–58.      (L’esempio canonico proposto da Krauss è quello dello Sviluppo di una bottiglia
                                                                                                                 15   Idem, pp. 63–66.      nello spazio di Umberto Boccioni, 1912 14). L’approccio anti-razionale è invece
                                                                                                                 16 «…affermare che         quasi sempre, giocoforza, anti-idealista. Non accorda in via di principio all’og-
                                                                                                                 l’universo non somigli
                                                                                                                                            getto scultoreo uno statuto percettivo e ontologico diverso da quello di qua-
                                                                                                                 a niente e non sia altro
                 Veduta dello studio: un’opera in costruzione (2017).
                                                                                                                 che informe equivale       lunque altro oggetto; non lo proietta su un piano di realtà staccato da quello
                                                                                                                 a dire che l’universo
                                                                                                                 è qualcosa come un
                                                                                                                                            ordinario. (L’esempio di scuola è quello dello straordinario Rilievo d’angolo di
Come ha notato Krauss, questa opposizione non coincide affatto con quella                                        ragno o uno sputo».        Tatlin, 1915 15 ). Molte delle più celebri innovazioni della scultura del XX secolo,
                                                                                                                 Georges Bataille,
fra figurazione e astrazione; fatto salvo il valore degli artisti, un’idea analitica                             voce “Informe” del
                                                                                                                                            dall’abolizione del piedistallo all’abbraccio senza riserve di materiali ordinari
della composizione è all’opera tanto nella statuaria accademica precedente a                                     Dictionnaire Critique,     ed effimeri, vanno appunto in questa direzione; strappare la scultura a una
                                                                                                                 Documents, n. 7,
Rodin, quanto nelle composizioni astratte di Anton Pevsner 10. Uno dei modi                                      1929, p. 382. Trad. it.
                                                                                                                                            regione fintamente separata dell’esperienza per calarla nella realtà fenome-
in cui la concezione razionale si è manifestata nella scultura astratta, è sot-                                  Documents, a cura di       nica. Di questa tendenza, di nuovo, Buggenhout è l’approdo estremo. I suoi
                                                                                                                 S. Finzi, Dedalo, Bari
to forma della figura ricorrente di un nucleo che raccorda e ordina le facce                                     (1974) 2009, p. 165. Il    materiali – polvere, sangue, interiora di animali – non si limitano a resistere
della scultura; un nucleo dal quale quelle facce sembrano emanare, secondo                                       concetto batailliano       all’idealizzazione: ne confutano la possibilità perfino in linea di principio.
                                                                                                                 di “informe” è un
uno svolgimento logico o un processo di crescita organica. È un tratto che                                       luogo ormai comune         Le sue sculture non si limitano ad abbandonare il piedistallo: proliferano in
                                                                                       John Chamberlain,
si ritrova in artisti tanto diversi quanto Naum Gabo, Henry Moore, Jacques             WETSTA R ESCORT, 2011
                                                                                                                 della letteratura su       modo parassitario sulle pareti, strisciano sul pavimento, penzolano a brandel-
                                                                                                                 Buggenhout. Vedi
Lipchitz 11. Gli scultori che nel XX secolo hanno optato per una concezione an-                                  Sofie Van Loo, “The        li dal soffitto. Oppure, al contrario, si rinchiudono in teche asettiche, esaspe-
ti-razionalista della forma, hanno lavorato contro quel nucleo: o spaccandolo          10 Krauss,                language(s) of Silent      razioni e parodie del piedistallo, forti della certezza che nessuna vetrina potrà
                                                                                       Passaggi, op. cit.,       ‘Borderlinking’ and
e disgregandolo (come Mark Di Suvero, le cui opere più caratteristiche sono            cap. II, “Lo spazio       Analogue Abstraction       renderle alcunché di diverso da «un ragno o uno sputo» 16.
                                                                                       analitico: Futurismo      beyond the Narrative
un insieme di elementi periferici privi di un centro 12), oppure trasformando
                                                                                       e Costruttivismo”,        in the Work of Peter
la scultura in un volume compatto e inarticolato, che resiste all’analisi (come        pp. 51–77.                Buggenhout”, in “It’s          III.
                                                                                                                 a strange, strange
Brancusi, appunto; oppure, all’estremo opposto per estetica e sensibilità, come        11   Idem, pp. 144–203.
                                                                                                                 world, Sally”, op. cit.,
                                                                                                                                            Il mio primo incontro con l’opera di Buggenhout risale a dieci anni fa. Avven-
John Chamberlain, le cui superfici di lamiera accartocciata non rimandano              12   Idem, p. 181.        p. 19.                     ne nel contesto di una grande mostra che, come una wunderkammer contem-

                  20                                                                                                                                                                                       21
poranea, spaziava dai minerali alla pittura del XVI secolo, dai manufatti tri-                                                            motivo, non riuscivo a distoglierne lo sguardo. Si intitolava Gorgo, il nome la-
bali alla videoarte 17. In una delle sale mi trovai di fronte a un oggetto nerastro                                                       tino della Gorgone: un riferimento – del tutto appropriato – a Medusa 21.
alto un metro e mezzo, dalla forma estremamente irregolare. Impossibile dire                                                                   L’occasione di collaborare per la prima volta con Buggenhout mi fu offer-
di cosa fosse fatto: era interamente coperto da uno spesso strato di polvere e                                                            ta da una mostra collettiva che curai nel 2012 22. Invitai l’artista a esporre una
sporcizia 18. Perfino in una mostra come quella, affollata di opere e manufatti                                                           delle sue sculture di polvere 23. Per trasportarla nella sala a cui era destinata
fuori dal comune, l’oggetto calamitò il mio sguardo. Non aveva l’aria di essere                                                           senza toccarne la superficie, gli installatori, seguendo le istruzioni dell’assi-
stato prodotto da una mano umana, ma dal caso e dall’entropia; non fabbri-                                                                stente di Buggenhout, fecero passare due sbarre di ferro attraverso dei fori
cato, ma semplicemente trovato, rinvenuto dopo decenni (o forse secoli) di                                                                poco visibili creati a questo scopo, che passavano l’opera da parte a parte.
abbandono. Mi sembrò che mettesse alla prova il regime asettico (sia in senso                                                             Presi consapevolezza di quello che, in fondo, sapevo già: dietro a quell’og-
letterale che metaforico) degli spazi espositivi a cui siamo abituati, più di qua-                                                        getto, apparentemente estraneo a qualunque logica costruttiva, c’erano un
lunque cosa io avessi mai visto fino ad allora.                                                                                           pensiero e una prassi d’artista, processi di fabbricazione ed espedienti tecnici.
     Tre anni dopo visitai una grande mostra personale di Buggenhout in una                                                               L’abilità di Buggenhout era stata quella di renderli invisibili, di far dimenti-
fondazione privata a Parigi 19. Anche qui, le opere erano coperte da un denso                                                             care allo spettatore la loro presenza. Da allora, e fino a poco tempo fa, la mia
strato di polvere. Una di esse mi lasciò di nuovo sconcertato: era una specie di                                                          comprensione dell’opera di Buggenhout ha cercato di conciliare due aspet-
guscio sventrato, grande come la fusoliera di un piccolo aereo 20. Non riuscivo                                                           ti apparentemente divergenti: da un lato, il suo aspetto di oggetto trovato;
a capire come fosse stato costruito (giacché costruito, ovviamente, doveva pur                                                            dall’altro, l’artificio che presiede a questo aspetto.
esserlo) e collocato nelle sale della fondazione. In realtà, credo di non essermi                                                              L’esperienza di collaborare con l’artista e i suoi assistenti all’allestimento
nemmeno posto il problema. L’opera tendeva a imporsi come un dato di fatto,                                                               di una mostra personale 24 fece pendere momentaneamente la bilancia a favo-
qualcosa che è sempre stato lì. Accanto alle sculture di polvere era esposto                                                              re del secondo versante, quello dell’artificio. Nell’arco di quattro giorni vidi
un lavoro differente: una specie di fagotto coperto di filacce, o crini, intrisi                                                          sorgere un’opera lunga quasi dieci metri e alta più di sei (The Blind Leading
di un liquido scuro. (Avrei scoperto in seguito che si trattava di sangue). Era                                                           The Blind # 65, 2014) a partire da decine di parti distinte, abbastanza piccole da
realmente ripugnante. La sola idea di toccarlo mi dava la nausea; per lo stesso                                                           poter essere sollevate e trasportate con relativa facilità all’interno dello spazio
                                                                                      Umberto Boccioni,                                   espositivo attraverso una finestra. Su una grande griglia di travi metalliche, le
                                                                                      Sviluppo di una bottiglia
                                                                                      nello spazio, 1913                                  parti trovarono posto l’una accanto all’altra con una precisione millimetrica.
                                                                                                                                          Grazie a un promemoria di appunti e fotografie di oltre trenta pagine, e a una
                                                                                      17 Artempo. When
                                                                                                                                          serie di riferimenti – linee, lettere, numeri – tracciati a spray sulle parti della
                                                                                      Time Becomes Art, da        21   Gorgo#18, 2009.    scultura, ogni dettaglio, anche il più piccolo, il più apparentemente casuale e
                                                                                      un’idea di A. Vervoordt
                                                                                      e M. Visser, a cura di
                                                                                                                  22 LE SILENCE.          irripetibile, fu collocato esattamente nella posizione che occupava negli alle-
                                                                                                                  Une fiction, a cura
                                                                                      D. Ferretti, J-H. Martin,
                                                                                                                  di S. Menegoi e         stimenti precedenti: un brandello di stoffa attaccato a una trave, un fil di ferro
                                                                                      G. Romanelli, M. Visser,
                                                                                      Palazzo Fortuny,
                                                                                                                  C. Raimondi, Nouveau    legato a un’asse di legno, un sudicio fagotto di stoffa ficcato nell’interstizio fra
                                                                                                                  Musée National de
                                                                                      Venezia, 9 giugno –
                                                                                                                  Monaco,                 un pannello di plastica e una sbarra di ferro.
                                                                                      7 ottobre 2007.
                                                                                                                  2 febbraio – 3 aprile        Lo sconcerto che avevo provato inizialmente per l’opera di Buggenhout
                                                                                      18 L’opera è The Blind      2012.
                                                                                      Leading The Blind # 11.                             aveva ormai lasciato il posto all’ammirazione per le capacità costruttive e ar-
                                                                                                                  23 The Blind Leading
                                                                                      19 “It’s a Strange,         the Blind #36, 2010     tigianali dell’artista e dei suoi assistenti. Mi sentivo come chi, dopo aver visto
                                                                                      Strange World, Sally”,                              un film di fantascienza particolarmente impressionante, ne visiti il set, e sco-
                                                                                                                  24 Peter Buggenhout.
                                                                                      La Maison Rouge,
                                                                                                                  The Blind Leading The
                                                                                      Paris, 12 giugno –                                  pra gli artifici messi in campo dal regista e dallo scenografo per far sembrare
                                                                                                                  Blind, a cura di S.
                                                                                      26 settembre 2010
                                                                                                                  Menegoi, Palazzo De’    la finzione perfettamente verosimile (anzi, per farla dimenticare del tutto).
                                                                                      20 L’opera è What the       Toschi, Bologna,
                                                                                                                                          Qualcuno che, vedendo il retro delle scenografie lasciato grezzo e i binari
                                                                                      fuck… (Maison Rouge         28 gennaio –
    Scarico delle opere alla galleria Gladstone, New York (2014)                      piece), 2010.               19 febbraio 2017.       delle cineprese, si liberi del brivido suscitato dall’incontro sullo schermo con

                      22                                                                                                                                                                                23
l’Altro – l’alieno e la sua tecnologia incomprensibile, l’infinito spazio buio –                                cità di accamparsi in una zona grigia fra i due estremi, un punto in cui queste
per tornare a una logica interamente umana, quella dell’ispirazione artistica                                   categorie stentano ad applicarsi (o cessano affatto di avere senso). Il caso non
e dell’abilità tecnica. Il volto di Medusa che mi aveva inchiodato le prime volte                               è mai assente dal processo di creazione delle sculture, così come non lo è
che avevo visto un’opera di Buggenhout – il volto del caos, della sporcizia,                                    l’intento dell’artista; l’uno e l’altro si intrecciano in nodi troppo fitti per po-
dell’abietto – assumeva tratti familiari, perfino rassicuranti.                                                 terli sciogliere. I materiali impiegati, in larga parte di recupero, logori o rotti,
     Mi resi ben presto conto che la nuova prospettiva, e la rassicurazione che                                 recano segni vistosi che l’artista non ha scelto e di cui non conosce l’origine.
ne derivava, erano largamente infondate. In una pausa del lavoro chiesi a Bug-                                  La polvere e la sporcizia, che portano con sé quando Buggenhout li incorpora
genhout se si servisse della collaborazione di un ingegnere per progettare la                                   nelle sculture, si confondono con quelle che l’artista applica di proposito sulle
parte strutturale delle sue opere più grandi. Mi rispose che una parte struttu-                                 superfici, strato dopo strato, con l’aiuto di un fissativo; queste, a loro volta, sa-
rale vera e propria non esisteva neppure. La forma delle sculture non veniva                                    ranno ricoperte da altra polvere che si depositerà sulla scultura nel momento
decisa in anticipo, tanto da poterle dotare di uno scheletro. (La griglia me-                                   della sua esposizione, modificandola poco a poco. Il taglio che Buggenhout
tallica che avevo visto montare era un’eccezione, non la regola; non era stata                                  infligge a un elemento della scultura è virtualmente indistinguibile dall’ac-
scelta per ragioni strutturali, ma estetiche. Non a caso, era stata lasciata in                                 cidente che lo ha ammaccato prima che l’artista lo scegliesse. (Forse perfino
gran parte a vista). Di fatto, l’idea stessa di “scheletro”, di una parte di soste-                             l’artista stesso, dopo qualche anno, stenterà a riconoscere la differenza) 25. Le
gno destinata ad essere ricoperta da una “pelle” di altri materiali, era comple-                                linee e i numeri che Buggenhout e i suoi assistenti tracciano sui pezzi delle
tamente estranea al suo modo di lavorare. Quest’ultimo si svolgeva in modo                                      sculture come riferimenti per il montaggio (e che spesso lasciano a vista) non
largamente intuitivo, per addizioni e stratificazioni successive, influenzato in                                sono che segni che si aggiungono a un fitto palinsesto di tracce già esistenti,
modo determinante dai materiali ammassati in quel momento nello studio;                                         lasciate da altre mani, da accidenti casuali, dal lento logorio della materia.
                                                                                      25 Durante
veniva abbandonato e ripreso più volte, talvolta protratto per molto tempo.           montaggio della                Non è un problema di stile o di tecnica, ma di senso. Buggenhout, nelle
La parte essenziale, il nocciolo del processo, consisteva nel creare una massa        mostra a Palazzo De’      sue interviste, è del tutto esplicito a riguardo. Per lui, la zona grigia, l’area
                                                                                      Toschi, dopo aver
di oggetti e materiali per aggiunte successive, svilupparne una parte a scapito       tolto The Blind Leading   di indecidibilità fra intenzione e caso, non investe solo l’opera, ma si colloca
                                                                                      The Blind # 25 (2008)
delle altre, tagliare e incidere in un punto per ricominciare ad aggiungere in                                  molto più a monte, nel cuore del nostro rapporto stesso con la realtà:
                                                                                      dal suo imballo,
un altro, e così via, fino a quando la forma non fosse diventata così complessa       Buggenhout si accorse
                                                                                      che lo strato polvere
e intricata che lui stesso non riusciva a comprenderla o a memorizzarla. La           su uno dei lati non
                                                                                                                    I am convinced that we’re not conscious beings, that we don’t decide
parte di progettazione a cui mi riferivo interveniva quando il processo era           era più uniforme:             everything the way we believe we do. This was proved in a recent
                                                                                      erano chiaramente
ormai prossimo a concludersi, o addirittura quando era terminato del tutto,           visibili delle tracce,
                                                                                                                    experiment with rats, which had to decide whether to turn left or right
e lui e i suoi assistenti si ponevano il problema di smontare l’opera per farla       probabilmente                 at the end of a passage. Using electrodes, the researchers proved that the
                                                                                      lasciate dalla mano
uscire dallo studio. Cominciava allora un paziente lavoro di dissezione della         di un installatore            rat’s brain decided which direction to take the instant its eyes registered
scultura in parti di forme e dimensioni diverse, pezzi di un gigantesco puzzle        maldestro. Dopo una           the fork. But the rat is not aware at that moment that its brain has
                                                                                      breve riflessione,
da ricomporre con precisione minuziosa.                                               l’artista decise di non       decided already. It thinks it’s choosing when it gets to the fork. What I’m
     La conversazione rimise completamente in discussione la mia idea dell’o-         restaurare l’opera,           trying to get across is that we don’t decide everything the way we believe
                                                                                      includendo questo
pera di Buggenhout. La conciliazione fra quelli che mi erano apparsi come i           intervento accidentale        we do. We’re the performers of something unknown and indeterminable.
due versanti del suo lavoro – l’apparenza di oggetto trovato, la realtà della sua     nella forma dell’opera.       Although we have no free will, we still feel as though we’re capable of
fabbricazione intenzionale – doveva essere ripensata; la distinzione stessa, for-     26 “We are all                making choices. That feeling gives me an immense freedom when I’m
                                                                                      passers-by. Peter
se, doveva essere abbandonata in favore di un’ipotesi più complessa.                  Buggenhout in                 making my sculptures. Nothing is wrong 26.
                                                                                      conversation with Eva
     Ora, nel momento in cui scrivo, non penso più alle sculture di Buggenhout
                                                                                      Wittocx”, in The Ever-
in termini di “casualità” né di “intenzionalità”; e meno ancora penso che il          changing Repetition,      Secondo Buggenhout la distinzione fra intento e caso è un falso problema,
                                                                                      Editions de L’amateur,
primo termine sia l’apparenza, e il secondo la realtà (o, detto altrimenti, l’ar-                               perché per lui non esiste atto intenzionale: o almeno non nel senso pieno, senza
                                                                                      Parigi 2015, p. 160.
tificio). La qualità unica di queste opere mi sembra consistere nella loro capa-      Il corsivo è mio.         ombre, che gli attribuisce il senso comune, ancora impregnato di umanesimo

                  24                                                                                                                                                           25
e antropocentrismo. (Quanto Buggenhout sia lontano da entrambi, lo dimo-
stra eloquentemente il fatto che, per parlare della condotta umana, scelga
un esperimento su topi da laboratorio). Buggenhout riporta il problema della
scelta nella creazione a quello più ampio (e ontologico) della scelta tout court,
del libero arbitrio; e risolve entrambi in una professione di scetticismo, di
decisa sfiducia nella capacità dell’uomo di auto-determinarsi, e perfino di es-
sere consapevole di ciò che limita questa capacità. «We’re the performers of
something unknown and indeterminable».
     Perché il mio ingenuo paragone con la visita al set di un film di fanta-
scienza abbia ancora un senso, dovrei allora completarlo con un finale diver-
so. Conoscere il backstage delle sculture di Buggenhout – in senso ampio: un
senso che include anche il metodo di lavoro dell’artista, le sue premesse nella
storia dell’arte, le sue implicazioni filosofiche – è come abbandonare il brivi-
do della finzione cinematografica per la prosaica realtà del set, ma solo per
scoprire, in seconda battuta, che quest’ultima è ancora più perturbante della
finzione stessa. Come venire a sapere, ad esempio, che l’esperto di effetti spe-
ciali che ha creato gli alieni del film è un fanatico degli UFO, assolutamente
persuaso che gli alieni esistano realmente. Oppure, meglio ancora, che, sotto
la sua apparenza bonaria, lui stesso è un alieno.

Pp. 27–29: The Blind Leading the Blind#65 at Palazzo De’ Toschi, Bologna (2017)

                     26                                                             27
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