"Nostra legge è la libertà" - Pollicino Gnus
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POLLICINO AL TEMPO DEL CORONAVIRUS #2 - “Nostra legge è la libertà” … ovvero: dagli all’untore! Dopo avervi proposto alcuni testi a tematica ambienta- dalla "positività" come saranno visti? … queste e altre le, che ci hanno dimostrato fin troppo bene, quantomeno domande ci passano per la mente in questi giorni. che “Nostra patria è il mondo intero”, logica voleva che Ne abbiamo parlato con alcuni amici e compagni e uno il tema successivo dovesse ruotare in qualche modo at- di loro, Mirco, ci ha mandato un suo percorso di lettura torno alla sua naturale conseguenza: “nostra legge è la che abbiamo pensato di pubblicare. libertà”. Non lo facciamo per intero perché sarebbe troppo lungo In quest’ottica abbiamo provato a cercare qualche con- ma con i riferimenti che inseriamo potete facilmente co- tributo sulla questione degli interventi delle autorità e struirvelo da soli in rete. sulla reazione delle persone ad essi e alla particolare situazione che stiamo attraversando. La Redazione di Pollicino Gnus Ci chiedono di esporre la bandiera, di cantare o suonare tutti alla stessa ora, ci dicono che #uniticelafaremo, ci mostrano gesti di solidarietà ecc. ecc. sembra tutto un tripudio di gente che si ama e che non vede l'ora di riab- riabbracciarsi. Tutte cose belle, certo… ma è davvero così? A volte la situazione e, ancora di più, la prospettiva fu- tura, sembrano un po’ diverse: gente che ti guarda in cagnesco, ogni vicino è un potenziale appestato, sui so- cial girano insulti su persone positive che magari hanno tentennato un po' a "rivelarsi", sono iniziate le delazio- ni dei vicini di casa quando vedono "movimenti sospet- ti", ecc. ecc. ... sembra che la cultura della paura e del padroni a casa nostra stia dando altri frutti velenosi. Il potenziale nemico diventa il nostro vicino di casa che, se poi per caso fosse pure positivo al Covid-19, sarebbe caricato di uno stigma non facilmente cancellabile. Insomma i rischi che la situazione non si metta al me- glio si intravedono, e non più solo nei rapporti tra na- zioni o tra gruppi sociali, ma anche in quelli interper- sonali: il dopo sarà più solidale o meno? la polarizza- zione della società si attenuerà o si accentuerà? i reduci
Cari amici di Pollicino Gnus Riguardo a quanto avete scritto sui possibili sviluppi di questa epidemia, anche io pen- so che tutta la sofferenza che la popolazione sta passando e l'indottrinamento che sta subendo possa avvelenare la convivenza civile. In questo mese non ho avuto praticamente contatti con il mondo reale, ma, pur non usando nessun social network, quello che ho saputo da radio e internet non mi lascia molto ottimismo per il futuro. Proprio alcuni giorni fa mi ha telefonato un amico di Novellara che, tra le altre cose, mi ha raccontato che mentre faceva una passeggiata con la sua compagna nelle campa- gne vicino al paese, è stato insultato da persone affacciate ai balconi e invitato a torna- re a casa. Dunque, mi diceva, io devo andare in fabbrica a stretto contatto con gli altri operai senza mascherina ne guanti, ma se faccio una passeggiata, lontano da tutti, con la persona con cui abito, divento oggetto di persecuzione. Nei giorni scorsi leggendo un articolo sulla rivolta nel carcere di Bologna sul sito di Wu Ming, ho trovato questo commento di Wu Ming 1: "E i giornali riportano notizie così come se fossero normali. È già passata una nuova normalità. Siamo già nello stato di polizia, anche col plauso di chi, se solo un mese fa gli avessi detto: «Tra un mese ti pia- cerà lo stato di polizia», ti avrebbe dato un cartone in piena faccia" Anche gli altri commenti, e l'articolo stesso, sono indicativi dell'aria pesante che si re- spira. Ve ne propongo qui uno stralcio. Lo potete leggere per intero sul sito dei Wu Ming Sagome nere sul tetto, urla: «BASTARDI!» DIARIO VIRALE / 3 Spari di candelotti, clangori, forse colpi di piccone, qualcuno sfasciava barricate. CONTRO CHI SMINUISCE A fare da bordone, il rombo perenne della tangenziale. L’EMERGENZA (1-10 MARZO 2020) (…) Di Wu Ming (i titoli dei paragrafi sono nostri – ndr). Te- – Non si vedeva una roba così da quarant’anni. Da Tra- sto integrale: ni, nell’80, e Fossombrone, nell’81… https://www.wumingfoundation.com/giap/2020/03/di – Sì, «dall’Ucciardone / all’Asinara, / un solo grido: / ario-virale-3/ compagno, spara!» Ai caduti di Modena, – Ma nemmeno negli anni ’70 ci sono mai state così nell’anniversario dell’uccisione tante rivolte in così tante carceri, in simultanea. di Francesco Lorusso – Qui comunque va a finire brutta brutta… Quelli che CARCERE IN FIAMME gli va bene li storpieranno di mazzate. A est la luna piena abbagliante, a ovest Venere risplen- dente, a sud-ovest l’elicottero ronzante, a nord la neb- Un’ora prima l’ennesimo decreto aveva trasformato il bia che s’alzava dallo Scolo Calamosco e a sud il carce- paese intero in zona «a contenimento rafforzato». Or- re della Dozza, con i colli e San Luca sullo sfondo. mai facevano un decreto al giorno, dopamina a balùs. Il carcere era in fiamme. Intossicati di brutto. Divieto assoluto di «assembra- Erano le undici di sera. mento», «#iostoacasa», «cambiamo abitudi- Avevamo aggirato i posti di blocco su via del Gomito, ni», «#iostoacasa», tutti serrati in casa, dicevano pop- imboccando stradelli che conosceva solo Wu Ming 2, star, rapper e trapolèr famosi e registi sorridenti con ed eccoci in piedi in mezzo a un campo arato, a cento case immense ai Parioli e servitù. «Mostriamo respon- metri dalla recinzione del carcere. Eravamo visibilis- sabilità», «siamo tutti sulla stessa barca», «ce la faremo simi, per via del plenilunio, ma le guardie avevano ben tutti insieme». altro da fare. «Tutti insieme», ma contro i detenuti «non escludiamo Le scarpe appesantite dal fango, le mani impruriginite di usare l’esercito». Loro mica sono sulla nostra barca. da qualche pianta urticante afferrata risalendo la ripa L’esercito. Vogliamo i colonnelli. Con Tognazzi. del canale. L’avevamo attraversato su una passerella di – Visto come succede? Zac, e da un’ora all’altra non fortuna, una scaletta d’alluminio gettata di traverso. puoi più lasciare il paese. Solo mezz’ora prima, nessuno di noi pensava di dover fare quel trekking notturno. Poi lo scatto: – Andiamo ESODO… OVVERO CHE CI RESTO A FARE IN ‘STA CITTÀ MORTA alla Dozza. Becchiamoci al volo in Bolognina. Non scrivevamo più nelle biblioteche. Ormai avevano Dal carcere saliva una tromba di fumo scuro, reso chiuso anche quelle. Non c’era più un posto dove met- bronzeo dalle luci dei fari. Qualche ora prima erano tersi, a casa c’erano i cinni e mille distrazioni, e così andate a fuoco due macchine della Penitenziaria. scrivevamo dove capitava: nei parchi dove c’era un po’
di wi-fi, sui gradini di San Petronio… Anche nella sala Ok, bisognava tener conto della crescita esponenziale, d’aspetto della stazione, quella con la breccia della nel giro di una settimana potevano diventare 250, ma bomba dell’80. Finché restava aperta. quello era il classico ragionamento di chi dà la colpa Ci passavamo spesso, alla stazione, e una sera avevamo «alla Natura» per le distruzioni di un sisma, senza te- visto transitare convogli pieni zeppi diretti a meridio- ner conto di come s’è costruito, di come s’è conciato il ne. «Folla sui treni per lasciare Milano», avrebbero ti- territorio. tolato i giornali. A forza di chiudere ospedali, una regione di quattro Da poche ore circolavano le bozze di un nuovo dpcm milioni di abitanti s’era ridotta ad avere poche decine (decreto della presidenza del consiglio dei ministri). di posti-letto e ventilatori per affrontare l’epidemia. Cos’era, il quarto in una settimana? L’annuncio repen- Meglio andare con ordine, però. Sulla sanità, dopo. tino che l’intera Lombardia e svariate province del re- sto dell’Alta Italia sarebbero diventate zone rosse – poi PARASUBORDINATI, DESINDACALIZZATI E.... ANSIOGENI virate in «arancione» – aveva scatenato il fuggi fuggi, Il mondo del lavoro era stato gettato nel caos. I decreti assembramenti ai binari, e in generale un rapido spar- governativi imponevano la distanza di un metro sui gugliarsi di migliaia di persone sul territorio nazionale. luoghi di lavoro e lo smart working per chi poteva la- (…) E chi mai, potendo ancora andarsene e avendo un vorare da casa. Questo creava una discriminazione posto dove andare, avrebbe voluto restare intrappola- evidente: c’era chi veniva messo in sicurezza e chi no. to in una specie di grande lazzaretto? La campagna comunicativa era ossessionante: «Resta- [Rispondere con sincerità, per favore: senza infingi- te a casa, non siate incoscienti!». Ma chi lavorava menti né pose da cittadini ligi o da forcaioli a misura di nei front office, chi mandava avanti gli uffici pubblici e i social.] servizi, o rimaneva alla catena di montaggio, iniziava a sentirsi quello a cui era toccata la pagliuzza corta, e (…) Ma l’esodo non era cominciato la sera prima: era in minacciava di mollare tutto. Cosa sarebbe successo se corso da settimane, semplicemente con meno intensità uffici e fabbriche non avessero più funzionato? e in modo meno visibile, perché ogni restrizione decisa Intanto, la chiusura di palestre, centri sportivi, scuole, in fretta e furia – e applicata senza la minima chiarezza cinema e teatri aveva messo a casa una miriade di la- – aveva aumentato la mobilità. voratori autonomi o parasubordinati, che per le carat- La fuga dal centro-nord era iniziata con le prime ordi- teristiche contrattuali faticavano ad avere accesso agli nanze regionali ed era proseguita senza interruzioni. ammortizzatori sociali. I sindacati di base chiedevano Molti precari, rimasti senza lavoro e non avendo am- il «reddito di quarantena», cioè misure di sostegno al mortizzatori di alcun genere, erano tornati dai genito- reddito di tutti i cittadini, fossero lavoratori dipenden- ri, al sud o comunque sotto la linea gotica, dove almeno ti, precari, autonomi, partite IVA, operatori sociali, la- un piatto di minestra sapevano di rimediarlo. voratori dello spettacolo ecc. – Non ho capito: dovevo fare la fame per accontentare Burioni? I lavoratori messi a casa scrivevano disorientati e di- Con gli atenei chiusi, anche molti studenti fuorisede sperati ai sindacati anche solo per sapere cosa fare: erano ripartiti. Tanto, senza luoghi di socialità e cultu- «Salve, ra, senza musica e senza cinema, in città non c’era un vi scrivo per segnalare la perdita del periodo lavorativo cazzo da fare. Qualcuno se n’era andato già dopo la corrispondente all’emergenza coronavirus. prima ordinanza, dopodiché, di restrizione in restri- Una delle società per cui sono responsabile di settore mi zione, la vita quotidiana si era fatta penosa e l’esodo corrisponde €250 al mese. L’altra – una scuola dove in- era aumentato: bar, osterie e ristoranti chiusi dopo le segno 15 ore a settimana – me ne corrisponde 300. 18; vietate persino le esibizioni degli artisti di strada… Per tutta la durata dell’emergenza non percepirò il – Non posso manco studiare, hanno chiuso le bibliote- compenso pattuito. che. Che ci resto a fare in ‘sta città morta? È una situazione che ci mette in ginocchio. Io ho fami- glia e figli. Non è possibile essere trattati così. ♫ Bulåggna che stai sotto la collina, Aiutateci. Grazie.» distesa come un vecchio addormentato, Erano decine e decine le mail e le telefonate di quel te- la noia, l’abbandono, il niente nore che riempivano le caselle postali e le linee delle sono la tua malattia. Camere del Lavoro. Bulåggna, ti lascio, io vado via. Dopo anni e anni di desindacalizzazione, emorragia di Per due giorni Bulåggna era rimasta una specie di iso- tesseramenti, disintermediazione, all’improvviso la ge- la, parte di un arcipelago che includeva Ferrara, Ra- stione delle conseguenze dei decreti statali ricadeva venna e Forlì-Cesena. A ovest la zona arancione comin- sui “mediatori” sociali. Questi si ritrovavano impegna- ciava dopo Anzola, a est Rimini era già dannata. La via ti all day long nell’attivazione delle casse integrazioni, Emilia interrotta da checkpoint e confini presidiati: anch’essi impreparati a reggere una valanga di quella non accadeva dal settembre del ’44. Poi, in capo a due portata, e a loro volta intralciati dalle ordinanze, che giorni, ci eravamo dannati anche noi, con tutto il Paese. imponevano la distanza e il contingentamento degli Nowhere to run anymore. ingressi. Anche loro rischiavano il collasso. In Emilla-Romagna c’erano 75 persone ricoverate in Lo stato emanava decreti draconiani – confusi e incoe- terapia intensiva. Settantacinque in tutta la regione, e renti – e il paese reale doveva interpretarli, tradurli, si diceva che la nostra sanità, fino a ieri «eccellenza», renderli sostenibili. «fiore all’occhiello» ecc., era sull’orlo del collasso. Ammesso che fosse possibile. E non lo era.
L’1 marzo il presidente dell’Istituto superiore di sani- l’infettivologo Massimo Andreoni dell’Università di Tor tà Brusaferro aveva dichiarato: Vergata, l’aveva detto chiaro: «Se entro i prossimi sette giorni i contagi scenderanno «gli anziani non devono restare confinati notte e giorno, vuol dire che le chiusure e le misure prese hanno funzio- è importante anche per loro uscire e svagarsi, magari nato.» non frequentando luoghi affollati, ma una bella passeg- Di giorni ne erano passati dieci e tutti erano d’accordo: giata non può fare che bene.» i contagi erano in rapido aumento. Rapidissimo. Tanto che «non c’è più tempo», aveva det- Nel frattempo, proprio lì a Bulåggna, un paziente pro- to Conte annunciando la chiusura dell’Italia intera. Sal- veniente dal piacentino, con la tosse, era stato ricove- vo poi lamentarsi, come sempre, che il popolo non ave- rato in Urologia per un intervento, senza problemi, va capito, perché s’era precipitato a fare scorte. Ma se nessuno gli aveva chiesto niente… e avevano dovuto mi dici «non c’è più tempo», che debbo capire io? chiudere l’intero reparto, perché solo dopo giorni Per la precisione, in aumento erano le diagnosi positi- s’erano accorti che aveva la febbre da Covid-19, non da ve: il numero reale di contagi – visto che la maggioran- decorso post-operatorio. E i pazienti di Urologia erano za si beccava il Covid-19 in forma asintomatica o lieve stati ricollocati altrove. e nemmeno si faceva il tampone – non lo conosceva L’episodio faceva capire bene su quale genere di pre- nessuno. Ad ogni modo, stando alla proposizione condizionale di Brusaferro, si poteva concludere questo: le misure non avevano funzionato. (…) Se l’obiettivo era «non far collassare la sanità», al- lora si sarebbe dovuto agire sui soggetti più a rischio, e intanto premunirsi aumentando i posti-letto in terapia intensiva, comprando nuovi ventilatori ecc. Invece tutti i provvedimenti – chiusura dei luoghi di studio e cultura, poi dei luoghi di lavoro, poi di intere province e infine, in un crescendo di panico, dell’intera nazione – erano stati massimalisti e generici, e aveva- no avvelenato la vita sociale, diffondendo la paura del prossimo, il sospetto verso i rapporti umani, il deside- rio di ulteriori misure securitarie. Per due settimane la regione Emilia-Romagna aveva tenuto chiuse le scuole ma non i centri anziani. E così, sedici dei nuovi ammalati s’erano passati il virus nella stessa bocciofila. Se era aperta, normale che qualcuno pensasse di poterci andare, no? Se non volevi che ci andassero, dovevi chiuderla, no? Ma le autorità, lungi dal fare autocritica, si erano mes- se a colpevolizzare gli anziani. Era partito il mantra: «Gli anziani a casa!». Mantra inutile, perché era una toppa ipocrita messa sul buco di prima, e perché era un’ingiunzione vuota, venzione/informazione si sarebbe dovuto puntare – come se negli anni di massima diffusione dell’Aids ci triage all’ingresso delle strutture sanitarie, procedure avessero detto tout court: – Non dovete chiavare! NON diagnostiche mirate, potenziamento delle strutture chiavate! ecc. – e su quale invece ci si era incaponiti a insistere: – NO interazioni sociali! State A CASA! #IOSTOACASA!!! Mantra controproducente, perché inibiva anche con- Ma quando politici e influencer intimavano «a casa!», dotte che invece sarebbero state salutari. Come quali case avevano in mente? nell’apologo raccontato su Giap dall’utente Vecio Le loro, a quanto pareva. Baeordo: «Ieri mia madre, che è ampiamente nell’età a rischio, mi A leggere le disposizioni sulle misure di contenimento, ha detto: “Sarei uscita volentieri, sto bene, non faceva sembrava che ciascun italiano avesse una stanza tutta freddo e come sai ho tanto bisogno di camminare, ma per sé dentro una casa spaziosissima, e ovviamente dicono di stare chiusi in casa e ci sono rimasta”. Non sa- ciascuno avesse un bagno separato. Nel decreto del 7 rebbe andata in birreria, e nemmeno al supermercato marzo, per esempio, c’era scritto che chi aveva i sinto- (ci vado io per lei), sarebbe andata a prendere una boc- mi doveva «rimanere nella propria stanza con la porta cata d’aria, a muovere i muscoli e a far circolare un po’ chiusa garantendo un’adeguata ventilazione naturale». il sangue. Zero contatti. Zero aumento rischio contagio Ammalato o meno, chi restava in casa passava il tempo […] Siamo partiti da un virus e siamo arrivati a un Ge- davanti alla tv, ad alimentare il proprio terrore, o sui nerico Babau che sta “là fuori”. Un nemico invisibile ed social, dove ci si aizzava e impauriva e caricava la mol- esterno. Tecnicamente una paranoia.» la a vicenda, commentando gli annunci sempre più an- Finalmente, al TG1 delle 20 dell’8 marzo, uno scienzia- to senza aspirazioni sbirresche,
siosi e ansiogeni, facendo reload per aggiornare la Chi, ogni volta che si parlava di tutto ciò, voleva subito “partita doppia” dei morti e dei guariti. tornare a parlare sempre e solo del virus in sé, della Numeri sciorinati minuto per minuto come fosse una sua eziologia, della sua letalità, delle sue differenze con partita a basket Italiani contro Coronavirus. l’influenza ecc., a nostro parere sottovalutava la situa- Numeri decontestualizzati e perciò inutili a farsi zione. un’idea sensata della situazione, come nel 2011 con Qualcuno, poi, accusava a vanvera di «negazionismo». l’aumento del misterioso «Spread». Noi stessi, pur non avendo mai negato la pericolosità Whatsapp era l’arma che aveva fatto più danni, di gran del virus e l’esistenza dell’epidemia, ci eravamo beccati lunga il più potente amplificatore di paranoia. Messag- l’epiteto «negazionisti epidemiologici». gi vocali proliferanti parlavano di «ventenni intubati», Beh, c’eravamo abituati. (…) uno era attribuito a sanitari del Niguarda di Milano. L’ospedale aveva smentito. Una bufalazza, giusto per In mezzo al campo arato osservavamo il fumo salire alimentare il terrore. «Una menzogna e una porcheria denso dal carcere e perdersi nella notte. Sentivamo le inqualificabile», aveva detto il primario del San Raffae- urla, gli scoppi dei lacrimogeni, le sirene. Tutto intorno le, aggiungendo: a noi un paesaggio da horror rurale; in lontananza la «Noi abbiamo 27 persone in terapia intensiva, sei sono basilica di San Luca, sempre illuminata; e più vicino, le guariti e ce n’è uno di 18. Ma uno. E capita anche in pe- luci del quartiere fieristico. riodi normali che un giovane possa ammalarsi di pol- Quel lembo di terra era ancora Bulåggna, ma non lo era monite. L’età media dei pazienti è 70 anni.» già più. Da quella spianata rischiarata dalla luna guar- Ma c’era poco da smentire, perché i social giocavano di davamo l’immagine mostruosa del paese riflettersi nel- rimessa. Il problema era il circolo vizioso tra politica e le fiamme. Non sapevamo cosa ci aspettava, ma pote- informazione mainstream. vamo immaginarlo. Ci sentivamo grati di essere lì, l’uno per l’altro. Urticati, infangati e forse perfino fuori (…) Sui social circolava la solita memetica e “satira” tempo massimo per saltare canali, ma c’eravamo. Non fascistoide, in cui si dava la colpa dell’epidemia a vari da soli. capri espiatori: gli «italiani che se ne fottono delle re- Saremmo andati a cercare chiunque non avesse ancora gole», la fauna della «movida», un pingue e sudicio at- ceduto all’insensatezza. Questo ci avrebbe dato la forza tivista con la bandiera della pace… Ma anche in questo nei tempi a venire. Come sempre. caso, a fomentare erano i media mainstream, con gli E avremmo scommesso ancora sull’intelligenza contro articoli contro i presunti «furbetti della quarantena». l’idiozia di stato, la paranoia collettiva, la politica C’era un chiaro desiderio di «maniere spicce», di uno emergenziale. Una volta di più. Un minuto di più. stato autoritario che facesse «pulizia». In fondo, non c’era mai stato un motivo più valido per Tanti dicevano che la Cina ce l’aveva fatta perché lì fare ciò che andava fatto. c’era un regime, una dittatura. Altri blateravano di responsabilità collettiva e di «pro- teggere i più deboli», quando fino al giorno prima ave- vano incensato la meritocrazia, il darwinismo sociale e chissenefotte delle persone più fragili. Più sottile, l’accusa di «sminuire l’emergenza». A noi sembrava che quell’accusa andasse rovesciata. Sminuiva l’emergenza chi accusava gli altri di sminuire l’epidemia. Sminuiva l’emergenza chi la confonde- va con l’epidemia. Sminuiva l’emergenza chi voleva parlare solo del virus, del numero dei contagiati, del «bollettino di guerra» strettamente sanitario ecc. La fallacia era parlare di provvedimenti politici drastici e senza precedenti, di misure di governance con rica- dute sociali a cascata, come se fossero procedu- re cliniche. Lo spettacolo di una «medicalizzazione del- la politica» era messo in scena giorno e notte, tramite l’insistenza su mascherine e ingressi di ospedali. E se non ti adeguavi a quel modo di parlare dell’emergenza, ti accusavano di «sottovalutare la situazione». Colpa di un equivoco di fondo, un malinteso concettua- le che ci vedeva reciprocamente lost in translation. C’era chi per «emergenza» intendeva il pericolo da cui l’emergenza prendeva le mosse, cioè l’epidemia. Invece, noi e pochi altri – in nettissima minoranza ma in continuità con un dibattito almeno quarantennale – chiamavamo «emergenza» quel che veniva costruito sul pericolo: il clima che si instaurava, la legislazione spe- ciale, le deroghe a diritti altrimenti ritenuti intoccabili, la riconfigurazione dei poteri…
Su "il manifesto" di ieri ho letto di come anche il tifoso di calcio possa diventare il capro espiatorio su cui sfogare tutta la rabbia accumulata in queste settimane: libertà personale e collettiva gestite direttamente dalle ULTRAS questure senza bisogno dell’autorizzazione del magi- strato, tutti provvedimenti al limite della costituziona- OVVERO L’UNTORE lità, o anche oltre, che però, essendo inizialmente pre- visti solo per questa marmaglia non hanno disturbato nessuno. PERFETTO L’ultras fa schifo, a destra come a sinistra. Poi que- di Luca Pisapia, Il Manifesto 26 marzo 2020, da: ste norme sono state estesi a tutti, ma era troppo tardi. https://ilmanifesto.it/ E così anche oggi i padroni hanno deciso, e i giornalisti hanno eseguito: trovato l’untore, trovato l’ultras. La Dagli all’untore, dagli all’ultras. Nel ventitreesimo capi- causa di tutto è stata la partita tra Atalanta e Valencia. tolo dei Promessi Sposi, raccontando delle unzio- E via con ricordi, interviste, considerazioni, accuse, ni, Alessandro Manzoni scriveva che «il buon senso confessioni, delazioni. Certo, sarebbe stato meglio gio- c’era ma se ne stava nascosto per paura del senso co- carla a porte chiuse quella partita, o non giocarla affat- mune». to. Oggi la situazione è peggiorata, se possibile. Nel tardo Certo fanno davvero impressione le immagini di Parigi, capitalismo il senso comune ci è imposto dall’alto, e con lo stadio vuoto e i tifosi assiepati fuori a migliaia noi abbiamo talmente introiettato il sistema di valori per la partita tra Paris Saint-Germain e Borussia Dort- dominante che non riusciamo più a mettere in discus- mund; o dello stadio di Anfield strapieno per la partita sione il sistema stesso: i tagli alla sanità, al welfare, la tra Liverpool e Atletico Madrid, l’ultima partita di pal- distruzione di ogni tutela sul lavoro. La colpa è di chi lone di cui si abbia ricordo. Ma queste due partite si trasgredisce. sono giocate l’11 marzo, quando noi eravamo già in La responsabilità della diffusione del virus è degli un- lockdown, e le abbiamo guardate con occhi diversi: che tori. È partita la caccia ai runner, ai passeggiatori. Co- fanno quei pazzi? Ma era metà marzo, appunto. Atalan- me cecchini, i cittadini si appostano ai balconi con i te- ta Valencia si è giocata il 19 febbraio. lefonini per riprendere il nemico, sui gruppi di quar- tiere che infestano i social network e le chat si invita al E allora vediamo un po’ di date. Quasi dieci giorni riconoscimento, alla delazione. dopo la partita che per ordine dall’alto deve assumere su di sé il peccato originale del contagio, il 27 febbraio, L’ennesimo decreto di emergenza prevede l’utilizzo il sindaco Beppe Sala ancora si bulla sui social con il dei droni per stanare questi pericolosi criminali. Ma i terribile video #milanononsiferma. runner non bastano. Il giorno dopo, 28 febbraio, è il sindaco di Bergamo Quelli sono arrivati dopo la quarantena, a cose fatte. Giorgio Gori a lanciare #bergamoisrunning. Confindu- C’è bisogno di trovare un colpevole da situare prima stria rilancia entrambi i video ed entrambi gli hashtag. che tutto ebbe inizio: l’untore zero. E a leggere i gior- C’è da lavorare, c’è da fatturare. nali, guardare la televisione e ascoltare la radio in que- Le fabbriche non possono chiudere. Tutti minimiz- sti giorni, lo abbiamo trovato, mission accomplished. zano, presidenti di Regione e segretari di Partito. Fon- Il capro espiatorio perfetto è stato individuato, è il tifo- tana, Conte, Salvini, Zingaretti, a destra e a sinistra tut- so. Tutto è cominciato per colpa della partita di Cham- ti invitano a continuare a lavorare, a produrre, per la pions tra Atalanta e Valencia giocata a Milano il 19 gloria del plusvalore. Ancora a inizio marzo in Val Se- febbraio, dove quarantamila persone si sono riunite riana non ci sono zone rosse, come invece già hanno insieme creando la scintilla che ha fatto esplodere il predisposto nel lodigiano. contagio nel resto del paese. Eccolo l’untore assoluto: è La gente continua ad andare a lavorare, torna a casa, si l’ultras. contagia. Muore. La cosa non stupisce, da sempre lo stadio è stato con- Quando a metà marzo arriva il lockdown per il re- siderato un laboratorio politico dove sperimentare la sto del paese, nelle province di Milano, Bergamo e repressione. I tifosi sono i folk devils: la teppa, la feccia, Brescia si continua ad andare a lavorare. i cattivi a tutto tondo la cui salvezza e redenzione non Secondo la Regione Lombardia ancora settimana scor- interessa a nessuno come scriveva Valerio Marchi. Su sa le cellule dei telefonini dicono il 40% dei lombardi di loro si collaudarono i manganelli tonfa prima di (4mln) ancora si muove. Nessuno aggiunge che proba- usarli a Genova. bilmente la maggior parte è costretta a farlo per anda- A loro misura è stata costruita la misura del Da- re a lavorare. Le fabbriche non chiudono, i padroni e i spo (ora è entrato nel linguaggio comune e si usa dap- politici spiegano che la locomotiva non si può fermare, pertutto, anche in parlamento, ma l’acronimo parla bisogna fatturare. chiaro: divieto di accedere alle manifestazioni sporti- Secondo le stime di Radio Popolare e di Radio Onda ve) l’arresto in differita, le misure di limitazione alla d’Urto, che stanno facendo un lavoro egregio sul cam-
po, solo nelle province di Milano, Bergamo e Brescia, Le pressioni di Confindustria, dei politici, dei padroni, fino a sabato scorso circa due milioni di persone conti- amplificate dai media: il fatturato della Lombardia è nuavano ad andare a lavorare ogni giorno, oltre la me- essenziale. Produci, consuma, crepa. Questa volta per tà di loro nelle filiere non essenziali. Quelle che non colpa del virus. Le aziende restano aperte. Mentre per- servono al paese, ma solo al fatturato dei padroni. E in sone come Sala e Gori cominciano timidamente a chie- queste stime manca ovviamente il lavoro nero, dere scusa, personaggi come Michele Boldrin scrivono nell’agricoltura, nei capannoni, nelle costruzioni, nelle sui loro profili frasi come: «L’infezione non sta nelle piccole fabbriche. fabbriche, delinquenti parassiti di merda». Eccoli, i parassiti, la feccia, la teppa. Eccoli gli ultras. È Numeri che diventano atroci, altro che i quarantamila colpa loro. La responsabilità non è dei padroni, dei po- di Atalanta-Valencia del mese prima. Per oltre un mese litici, dei sindaci, dei governatori, degli amministratori. la gente andava a lavorare, tonava a casa, contagiava. La responsabilità del disastro immane in cui ci trovia- Moriva. Mentre facevano il giro del mondo le immagini mo tutti quanti è di una categoria ben precisa: i tifosi, i delle terapie intensive sovraccariche, dei camion quarantamila che il 19 febbraio si sono recati a San Si- dell’esercito che si muovevano la notte stracolmi di ro per la partita di Champions tra Atalanta e Valencia. bare e di cadaveri, cominciava a diffondersi la strategia Sono loro gli untori. diversiva cui tutti obbedivano. Tanto a questo sistema Ce lo racconta chiunque: giornali, radio, televisioni. di valori non c’è alternativa, come ci ha raccontato Dimenticatevi il Manzoni, il senso comune ha oramai Mark Fisher. annientato ogni briciolo di buon senso. C’è bisogno di Cerchiamo il colpevole, il capro espiatorio cui addossa- un nemico che non siamo noi, che non rispetta i valori re i peccati del mondo. La violenza e il sacro. Oggi è il e le idee che noi abbiamo introiettato nel profondo e runner, ieri era l’ultras: l’untore zero. E ancora sabato senza le quali ci sentiremmo persi nel nulla. Il nemico sera, con l’ultimo decreto del Presidente del Consiglio esterno, quello buono per ogni occasione, cui addossa- dei ministri, quello che avrebbe dovuto chiudere le fi- re la colpa di ogni nefandezza. Il tifoso. liere non essenziali, forse, non si sa, aspettiamo qual- Dagli all’untore, dagli all’ultras: il nemico perfetto. che giorno. Su "il manifesto sardo" del 25 Marzo 2020 si parla degli squallidi manifesti, tipo "pub- blicità della paura", fatti esporre dal sindaco a Cagliari: “quando hanno portato in ospedale mia madre ho capi- IL CORONAVIRUS to che dovevo rinunciare alla corsa” e “quando hanno intubato mio padre ho ripensato a quella passeggiata NON SI SCONFIGGE che dovevo fare” sono alcune delle scritte sui manife- sti. Un messaggio inaccettabile e ingiusto che colpevolizza CON CAMPAGNE la cittadinanza, che si sta comportando più che egre- giamente per la sua maggioranza e in una situazione TERRORISTICHE che chiede dei sacrifici inimmaginabili sino a due mesi fa. Questo è un modo di creare un clima di terrore, irri- spettoso anche delle vittime e dei loro familiari. Sur- Da: https://www.manifestosardo.org/ - 25 Marzo 2020 reale in una regione dove finora la metà dei contagi è avvenuta negli ospedali. I cittadini non sono delin- quenti, in questo momento vanno aiutati e protetti Una nota dei consiglieri e delle consigliere di opposi- prima di essere controllati. zione al Consiglio comunale di Cagliari sui vergognosi Chiediamo che il sindaco faccia rimuovere immedia- manifesti apparsi oggi a Cagliari: tamente i manifesti e si faccia promotore di una cam- pagna informativa istituzionale semplice e diretta. I Sono apparsi oggi in città alcuni grandi manifesti fir- cittadini hanno bisogno di una comunicazione seria e mati dal sindaco di Cagliari sull’emergenza Coronavi- trasparente, non di terrorismo. rus. Immaginiamo che l’intenzione sia quella di sco- La cittadinanza di Cagliari non se lo merita. raggiare i cittadini dall’uscire di casa in giorni in cui si chiede alle persone di limitare il più possibile i contatti con l’esterno.
Anche l'intervista a Wolf Bukowski su "globalproject" non lascia presagire niente di buono: che l’Occidente aveva – fortunatamente – accanto- POPULISMO VIRALE E nato da tempo. In che modo si nutre questo tipo di narrazione e di simbologia e come possiamo met- POLITICHE DEL terla in crisi? La militarizzazione precede il virus; le camionette sulle strade le abbiamo ormai da decenni, e dopo gli attenta- “DECORO” ti del 2015 ci siamo abituati a ben di peggio. Il ruolo dei militari era diventato via via quello di sequestrare bastoni da selfie o inseguire chi prendeva la metro L’ONDA LUNGA PRIMA DELLA PANDEMIA senza biglietto. Quindi niente di nuovo: se i problemi sociali (la povertà, la microillegalità) diventano pro- Intervista a Wolf Bokowski, scrittore e guest blogger del blemi militari è quasi ineludibile che lo diventi un pro- sito dei Wu Ming, Giap, e autore per Edizioni Alegre del blema sanitario delle dimensioni del Coronavirus. libro La buona educazione degli oppressi. Piccola storia Quali strumenti darci non lo so, sicuramente rimettere del decoro (2019). Tratto da: in prospettiva storica questa militarizzazione, non far- https://www.globalproject.info/it/ ci abbagliare dal presentismo. E anche riconoscere la «voglia di guerra» sottostante ed escrescente rispetto Nel primo dei tuoi recenti articoli scritti per Giap, a ogni esigenza di «contenimento del contagio». hai chiarito come la spoliticizzazione dello spazio pubblico e l’adesione, anche di una buona parte del “pensiero critico”, all’ordine del discorso go- vernativo sulla crisi sanitaria aprano la strada a una sorta di “populismo virale”. Quali sono i feno- meni che maggiormente lo contraddistinguono nel “divenire” di questa emergenza? Ho coniato quell'espressione su quella di «populismo penale», ovvero l'uso ipersemplificato e distorto dei dati sul crimine nel discorso politico e mediatico. Tre categorie importanti del populismo penale sono la spettacolarizzazione (tramite programmi televisivi su crimini con plastici, ricostruzioni finzionali di crimini etc...), la destasticalizzazione (l’irrilevanza dei dati sta- tistici raccolti sui fenomeni criminali ndr) e, terza, l'abbandono dell'elemento «rieducativo» della pena. Ebbene: le stesse trasmissioni televisive si sono occu- pate del virus con le consuete modalità, spesso, come mi è stato scritto in un messaggio, «iniettando dosi di paura direttamente in vena agli spettatori»; i dati sta- tistici sul virus sono trattati con lo stesso cinismo, pri- vati di ogni sfondo e proporzione e contesto; e infine si presenta anche il paradigma della «neutralizzazione» (usato in modo esplicito da Vincenzo De Luca) nei con- fronti di chi ha comportamenti assolutamente non pe- ricolosi, come il passeggiare rispettando le distanze. La «neutralizzazione», nel discorso penale, è l'esatto opposto del dovere costituzionale della «rieducazio- Andando a ritroso, c’è una continuità evidente tra ne». Una comunicazione sull'epidemia fatta in questo l’attuale “governo della pandemia” e l’ideologia se- modo è tossica, proprio come lo è stata, per decenni, curitaria che è stata tra i capisaldi della governa- quella sul crimine. Con una comunicazione del genere mentalità neoliberale, in particolare nell’ultimo è davvero difficile immaginare un dopo che non sia fat- decennio. Credi sia possibile che si determini – to dell'eternarsi dell'emergenza. proprio in una situazione inedita come questa – un punto di saturazione e rottura di questo trend? Un altro fenomeno al quale stiamo assistendo è la Troppo presto per fare previsioni! Certo c'è un avvi- militarizzazione della narrazione mediatica e isti- tarsi su sé stessa dell'ideologia securitaria, evidente tuzionale. L’esempio del video delle salme traspor- per esempio nel gioco al rilancio sui provvedimenti tate con mezzi militari di notte a Bergamo ricorda del lockdown. Il governo dice «non uscite salvo questo quel legame quasi ineluttabile tra morte e guerra e questo caso», e allora il tal governatore o sindaco
emette ordinanze per ridurre ancora di più il margine la delle libertà individuali. Una dicotomia che è di libertà, e questo senza alcuna ratio sanitaria, ma so- forse figlia di una compartimentazione del pensie- lo per fare institutional pissing, per marcare il terreno ro che, negli ultimi anni, non ha risparmiato nep- politico. In modo da poter dire, dopo, «ehi, anche io vi pure i movimenti. Come possiamo trovare una dia- ho salvato!», magari col divieto, che so, di fare legna lettica tra questi due temi, che sia in grado di per autoconsumo. orientare in questa fase il “pensiero critico” verso Questo mette in crisi i rapporti istituzionali, ovviamen- un’analisi, e quindi un’azione, di ampio respiro? te, ma fino a quando questa crisi viene assorbita dal Non ridurrei la cosa alle «libertà individuali», perché corpo sociale, fino ad allora, la classe politica può igno- sono in gioco forse ancor di più le «libertà collettive» rare il problema. Poi il punto di saturazione arriverà, (la distinzione è più formale che sostanziale, in realtà). ma non vedo soggetti politici radicali capaci di coglier- Non ho una soluzione, per questo ho parlato di un «pa- la e governarla, al momento; è possibile la saturazione radosso virale» per cui, se accettiamo tutto ciò che diventi visibile e prenda parola ai margini della socie- viene fatto passare per «contenimento del virus», non tà, magari nel sottoproletariato meridionale o migran- potremo agire collettivamente per ottenere i servizi te, in realtà rurali o altro che non immagino. I lavora- sanitari adeguati alla cura di questa e della prossima tori informali, per esempio, ampiamente criminalizzati epidemia, e tantomeno la fine dell'ecocidio che genera già nella (criminale, questa sì) politica del «decoro», epidemie - perché questa non sarà certo l'ultima. sono schiantati da questa crisi, e sono inesistenti nel L'uscita dal paradosso implica una parte di rischio. discorso pubblico. Quanto rischio è pensabile affrontare? Questo è preci- samente lo spazio della riflessione morale e politica. Nei giorni scorsi sembra essere emerso un corto- circuito tra la difesa del “diritto alla salute” e quel-
Di fronte a imposizioni così drastiche, molte persone arrivano a pensare che il male comune deve essere accettato da tutti senza fare obiezioni e questo è pericoloso. Comunque speriamo che tutto questo finisca il prima possibile e che i cittadini ricordi- no che la causa principale dell'epidemia, oltre all'inettitudine dei nostri politici, è stata lo smantellamento della sanità pubblica e pretendano che si ripristini un SSN decente, come scrive Robecchi: vanno, le miserabili riflessioni ultraliberiste (memora- IL “DOPO” NON bile un articolo su Il Foglio) che ci spiegavano perché è giusto che le mascherine seguano la “naturale” dinami- POTRÀ PIÙ ESSERE ca dei prezzi, perché il mercato sistema tutto, che ver- gogna. COME IL “PRIMA” E anche i conti finalmente chiariti su chi, come, quan- do, in che misura ha martoriato la Sanità pubblica in questi anni, nomi e cognomi. Chi lo diceva prima, al COSÌ INGIUSTO E DISEGUALE momento dei tagli, era dipinto come un nemico, un sovversivo (le mille varianti mettetele voi, comunista, di Alessandro Robecchi, 25 marzo 2020, da: gufo, disfattista, costruttore di debito pubblico…), ora http://www.alessandrorobecchi.it troviamo quelle cifre – i tagli di Silvio, di Monti, di Ren- zi – messe in fila con dovizia di dettagli. Le retoriche del “dopo” fanno bene al cuore. “Dopo” Scappati i buoi si guarda con desolazione alle porte torneremo ad abbracciarci, a tornare là fuori, “dopo” della stalla, e lo fanno anche giornali, e media, e forze riavremo le nostre vite sequestrate, “dopo” torneremo politiche che prima non facevano un fiato, che ad ogni al gusto del caffè del bar, delle chiacchiere a distanza sforbiciata esultavano per la coerenza di bilancio: ce lo ravvicinata, del contatto fisico, delle strade piene. E’ chiede l’Europa, ce lo chiedono i mercati, e giù ticket, e giusto che sia così, giusto che ci sia un orizzonte, un riduzioni di prestazioni, e limiti agli esami, e meno po- tendere al futuro, un desiderio forte di passare la not- sti letto, e meno terapie intensive, e meno ospedali lo- tata, domani è un altro giorno. Dai, coraggio, avanti. cali, e numeri chiusi a medicina, che qui vogliono fare Dopo, dopo, dopo. tutti il dottore, signora mia. Ma siamo sicuri che il “dopo” – quando arriverà – deb- Saranno anche categorie antiche, novecentesche, ma ba essere uguale al “prima”? Che questa piaga biblica siccome ci scopriamo disarmati a non averne di mi- non ci stia disegnando, con precisione quasi millime- gliori, ecco che tocca constatare: anche il virus è di trica, storture, furbizie, ingiustizie strutturali, disegua- classe, e lo si vede ogni giorno nei piccoli dettagli glianze sociali accettate come naturali e immutabili? La dell’infamia corrente, quasi un campionario. Le case catastrofe amplifica, precisa i contorni, rende tutto più piccole in cui convivere, i soldi che mancano perché visibile, cristallino. A metterle in fila, le inadeguatezze, arrivano dal cottimo, il poderoso esercito dei lavorato- le furbizie, i calcoli cinici, c’è da riempirci un volume, si ri in nero (moltitudine) che non avranno ammortizza- oscilla tra un senso di comunità in pericolo (ora che la tori, i lavoratori spaventati sia dalla costrizione a lavo- comunità è chiusa in casa) e la voglia di ghigliottina, di rare sia dal fermarsi. segnarsi i nomi, i comportamenti, le dichiarazioni, a “Dopo”, nell’ubriacatura dell’essere di nuovo vivi, do- futura memoria. Per “dopo”. vremo ricordarci che quel “prima” che oggi ci manca non andava bene, era fragile e ingiusto, era troppo di- Così, con lo stesso inquieto pendolarismo che ci fa fare seguale, schiacciava i deboli e premiava i forti. Nel migliaia di volte il tragitto camera-cucina, presi “dopo” ci dovremo mettere anche tutto questo, un ridi- dall’horror vacui della giornata che ci si apre davanti, segnare complessivo del sistema, delle protezioni so- mettiamo confusamente in fila la lista delle ingiustizie. ciali, e sarà importante quanto lo è la voglia di tornare Il tampone agli asintomatici che è ormai uno status là fuori, di riabbracciarci, di bere il caffè al bar. Il “do- symbol come la Porsche in garage (sì ai calciatori, sì ai po” non arriverà soltanto, lo si dovrà costruire con le vip, no ai medici in trincea, possibile?). nostre mani finalmente senza guanti, dopo. Le speculazioni politiche di bassa lega (Lega), come il vergognoso Salvini travestito da sanitario, gli indu- striali che resistono alle chiusure ma in fabbrica non ci A presto Mirco PS: allego alcune vignette di Hurricane trovate su "il manifesto" di queste settimane.
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