La questione migratoria ai tempi del Coronavirus - 16 MAGGIO UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BERGAMO - Università ...
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La questione migratoria ai tempi del Coronavirus Corso di Estetica (a.a. 2019-2020) 16 MAGGIO UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BERGAMO Studente: Ajna Laville 1
Il settore agricolo in Italia e i lavoratori Caporalato Il caporalato è una forma illegale di reclutamento e organizzazione della mano d’opera attraverso intermediari, i cosiddetti caporali che assumono per breve periodo (giornaliero o al più settimanale) operai senza rispettare le regole di assunzione e i diritti dei lavoratori. Realtà sociale radicata sul territorio italiano già nel secolo scorso con retaggi che ricordano le condizioni feudali, il caporalato non ha mai smesso di esistere ma si è profondamente innovato, seguendo le modificazioni del sostrato sociale ed economico delle varie epoche storiche. Dal punto di vista empirico ciò che cambia non è la struttura fondamentale del reato, bensì le figure dei caporali e delle vittime. Nei primi anni del Novecento, si osservava un caporalato quasi unicamente nazionale: i braccianti occupati erano infatti italiani provenienti per lo più dalle regioni meridionali e ivi lavoranti – anche se non si deve dimenticare che esistono situazioni simili anche nelle campagne del Nord Italia. Ai giorni nostri, invece, moltissimi lavoratori stranieri si affiancano ai lavoratori italiani e ciò ha contribuito a qualificare il caporalato come “globale”. Il caporalato è diffuso su tutto il territorio italiano, in particolare nel settore ortofrutticolo del Mezzogiorno e nell'edilizia del Settentrione. Secondo la legge italiana attuale il caporale è un mediatore illegale di manodopera e gestore dei lavori secondo le richieste dell'imprenditore agricolo. Il caporale ingaggia, per conto del proprietario, i braccianti e stabilisce il loro compenso del quale tiene per sé una parte che gli viene corrisposta sia dal proprietario che dai braccianti reclutati. Dalla seconda metà del '900, con lo sviluppo del diritto del lavoro, la pratica del caporalato è progressivamente emersa come attività della criminalità organizzata (mafia) volta all'elusione della disciplina sul lavoro, mirante allo sfruttamento illegale e a basso costo di manodopera agricola. I salari elargiti ai lavoratori ('giornate') sono notevolmente inferiori rispetto a quelli del tariffario regolamentare e spesso privi di versamento dei contributi previdenziali. Il caporalato è spesso collegato ad organizzazioni malavitose. Esso generalmente trova grande riscontro nelle fasce più deboli e disagiate della popolazione, ad esempio tra i lavoratori immigrati (come gli extracomunitari). Il fenomeno del caporalato si è ancor più diffuso con i recenti movimenti migratori provenienti dall'Africa, dalla Penisola Balcanica, dall'Europa orientale e dall'Asia: infatti chi emigra clandestinamente nella speranza di migliorare la propria condizione finisce facilmente nelle mani di queste persone, che li riducono in condizioni di schiavitù e dipendenza. Inchieste giornalistiche del 20151 mostrano che il fenomeno continua ad aver diffusione anche nei confronti di donne italiane durante le campagne di raccolta dell'uva e delle fragole. I media hanno riportato, in un caso tragico che ha fatto scalpore che l'azienda pagava regolarmente l'agenzia di lavoro interinale, mentre alla lavoratrice arrivava una retribuzione enormemente inferiore. Nel gennaio 2010 i lavoratori extracomunitari di Rosarno2 in Calabria organizzarono una serie di manifestazioni contro i caporali, la tensione sfociò in una escalation di violenza tra braccianti e abitanti 1 “Morta nei campi per due euro l’ora: ”, articolo de La Repubblica del 18 agosto 2015: https://www.repubblica.it/cronaca/2015/08/18/news/morta_nei_campi_per_due_euro_l_ora_la_mia_paola_merita_giust izia_-121150267/ 2 “A Rosarno la rivolta degli immigrati”, articolo de Il Corriere del 08 gennaio 2010: https://www.corriere.it/cronache/10_gennaio_07/rosarno-rivolta-immigrati_4649d878-fbd4-11de-a955- 00144f02aabe.shtml 2
del piccolo centro calabrese. Il 26 aprile 2010 furono arrestati a Rosarno 30 caporali, i quali sfruttavano lavoratori extracomunitari costretti a lavorare in condizioni disumane nei campi, raccogliendo agrumi coltivati nel rosarnese, con turni di lavoro pari a 15 ore al giorno. L'inchiesta consentì inoltre di fare luce su un sistema di truffe perpetrate ai danni degli enti previdenziali. Sul piano patrimoniale, sono stati sequestrati duecento terreni e venti aziende agricole per un valore complessivo di 10 milioni di euro. Criminalità organizzata e corruzione in Italia: Oggi, gli interessi criminali gestiti da imprenditori collusi con la criminalità organizzata e legati al mondo dell’agricoltura sono diventati sempre più rilevanti e generalmente rientrano nel cosiddetto sistema dell’agromafia, che opera su più fronti. In primo luogo, vi è la gestione della manodopera e della tratta internazionale di esseri umani, in collaborazione con organizzazioni criminali straniere. In secondo luogo, e organizzazioni criminali, come è stato accertato, influenzano e controllano il flusso e il tipo di prodotti, oltre a determinarne prezzi e modalità di vendita. In terzo luogo, i magistrati italiani hanno diffuso i dettagli di indagini sui gruppi mafiosi che controllano i mercati ortofrutticoli, anche tramite attività criminali legate al settore dei trasporti e ai mercati all’ingrosso. In quarto luogo, le reti criminali sono coinvolte anche nella contraffazione dei prodotti con denominazione di origine protetta (DOP), indicazione geografica protetta (IGP) o altre certificazioni di qualità. Infine, si registra chiaramente un crescente coinvolgimento della criminalità organizzata nella gestione dei fondi della Politica Agricola Comune (PAC) dell’UE. In Italia, questo giro d’affari illegale ammonta a circa 6 miliardi di euro all’anno solamente per la PAC, a cui si aggiungono altre sovvenzioni pubbliche. Politiche di contrasto al caporalato: • La legge n. 199/2016 sul contrasto ai fenomeni del lavoro nero e dello sfruttamento del lavoro in agricoltura rappresenta un passo in avanti importante. La legge ha riformulato l’articolo 603bis del Codice penale e introdotto sanzioni sia per gli intermediari illeciti che per i datori di lavoro che sfruttano i lavoratori approfittando del loro stato di bisogno. La nuova disposizione prevede anche l’arresto obbligatorio in flagranza e la confisca obbligatoria del denaro, dei beni e di altre utilità di cui il condannato, anche per interposta persona, risulti titolare. Inoltre, il nuovo reato è inserito tra gli illeciti che prevedono la responsabilità amministrativa degli enti. La legge 199 prevede anche di assicurare alle vittime di sfruttamento del lavoro una protezione sociale (ex articolo 18 del Testo unico sull’immigrazione - decreto legislativo n. 286/98). In particolare, l’articolo 18 prevede il rilascio di uno speciale permesso di soggiorno per le persone straniere vittime di violenza o grave sfruttamento, non necessariamente subordinato alla loro collaborazione nel procedimento penale (attraverso il cosiddetto “percorso sociale”). La norma stabilisce inoltre che le vittime (non solo i cittadini di paesi terzi ma anche i cittadini europei) partecipino a un programma di assistenza e integrazione sociale. Negli ultimi anni, in diverse regioni italiane sono stati sviluppati sistemi di certificazione della qualità, a cui hanno contribuito sia una maggiore sensibilità da parte dei consumatori sia nuove forme di organizzazione dei lavoratori agricoli. I sistemi di certificazione della qualità sono stati promossi sulla base di tre modelli: strategie di responsabilità sociale delle imprese, commercio equo e solidale e reti agroalimentari alternative. 3
• Il 20 febbraio 2020 viene approvato a Roma il primo Piano triennale nazionale contro lo sfruttamento e il caporalato in agricoltura3. Partendo da una mappatura dei territori e dei fabbisogni di manodopera agricola, il Piano affianca interventi emergenziali e interventi di sistema o di lungo periodo, seguendo 4 assi strategici: prevenzione; vigilanza e contrasto; protezione e assistenza; reintegrazione socio-lavorativa. Questi assi saranno declinati in 10 azioni: 1. Un sistema informativo con calendario delle colture 2. Gli interventi strutturali 3. Il rafforzamento della Rete del lavoro agricolo di qualità 4. La pianificazione dei flussi di manodopera 5. Pianificazione e attuazione di soluzioni alloggiative dignitose per i lavoratori del settore agricolo in alternativa a insediamenti spontanei e altri alloggi degradanti. 6. Pianificazione e attuazione di soluzioni di trasporto 7. Campagna di comunicazione istituzionale e sociale 8. Rafforzamento delle attività di vigilanza e contrasto allo sfruttamento lavorativo 9. Pianificazione e attuazione di un sistema di servizi integrati (referral) 10. Realizzazione di un sistema nazionale per il reinserimento socio-lavorativo delle vittime di sfruttamento lavorativo in agricoltura. Bracciante Agricolo Un bracciante agricolo (o anche bracciante) indica un operaio che prestava le proprie braccia come forza-lavoro in agricoltura in cambio di una retribuzione in natura o in denaro, quindi a chi lavorava la terra alle dipendenze dirette di un proprietario terriero o di chi per esso ne faceva le veci (detto anche “massaio”). Viene chiamato bracciante perché offre le proprie braccia per lavorare nei latifondi, terreni di proprietà dei latifondisti. Questo mestiere, già riconosciuto dal catasto onciario del Regno di Napoli istituito nel XVIII secolo, può essere differenziato da quello del “campagnuolo” termine col quale si intendeva una persona che lavorava in proprio la terra di sua proprietà. Il bracciante è specificatamente considerato chi effettua qualsiasi tipo di lavori manuali per un periodo determinato di tempo, e che per questo sono detti “lavori stagionali”, ossia che richiedono un incremento del numero dei lavoratori per un breve periodo di tempo e che sono difatti retribuiti “a giornata” o “a settimana”, come la raccolta di frutta e cereali o per lavorazioni straordinarie da attuare in tempi ristretti. Erano molto diffusi nel XIX secolo e nella prima metà del XX, quando esisteva ancora il latifondo e non 3 Approvato il Piano nazionale contro lo sfruttamento e il caporalato in agricoltura, pubblicato il 20 febbraio 2020, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Governo Italiano-Presidenza del Consiglio dei Ministri: https://www.lavoro.gov.it/priorita/Pagine/Approvato-il-Piano-nazionale-contro-lo-sfruttamento-e-il-caporalato-in- agricoltura.aspx 4
erano diffuse le macchine agricole. Oggi è diffuso largamente solo per colture che richiedono elevata manodopera (es. olivicoltura, floricoltura ecc.). Il caso dell’agricoltura italiana: Nel 2015, quasi la metà dei lavoratori agricoli in Italia (circa il 48% o 405.000 su un totale di 843.000) era di origine straniera (sia cittadini comunitari che extracomunitari). Inoltre, più del 50% di tutti i lavoratori del settore agricolo italiano era impiegato senza un contratto regolare; di questi, la stragrande maggioranza (l’80%) era rappresentata da stranieri. Il fenomeno non è limitato all’Italia, in quanto l’agricoltura è, in tutta Europa, uno dei settori maggiormente caratterizzati da un elevato grado di irregolarità e da gravi forme di sfruttamento dei lavoratori. La domanda di manodopera a basso costo è particolarmente alta nei paesi del Mediterraneo, data la natura temporanea e precaria del lavoro agricolo, che spesso impone ai lavoratori di spostarsi da una regione all’altra in funzione delle operazioni di raccolta stagionali. La frutta e la verdura prodotte in questi paesi sono destinate agli scaffali dei supermercati di tutta Europa, ad esempio in Germania, Austria, Svizzera, Francia, Svezia e Regno Unito. Il caso dell’Italia meridionale è emblematico sia a causa dell’agricoltura stagionale e specializzata, in virtù di caratteristiche naturali e trasformazioni storiche, sia a causa delle peculiarità socio-economiche della regione. In Calabria, Sicilia, Campania, Puglia e Basilicata le produzioni stagionali di frutta e verdura, in serra o in pieno campo, sono realizzate principalmente da aziende agricole di piccole e medie dimensioni; i prodotti sono quindi destinati a essere consumati o trasformati freschi oppure alla grande distribuzione. Inoltre, nel settore agricolo e nell’economia in generale del Sud Italia, il mercato del lavoro è caratterizzato da un’elevata informalità dei rapporti contrattuali. Il sistema di intermediazione illegale, detto caporalato, contribuisce ad accentuare l’informalità e lo sfruttamento delle lavoratrici e dei lavoratori agricoli. Il caporalato prospera alla luce di fattori diversi, quali: la domanda elevata di manodopera a breve termine ed estremamente flessibile, l’agricoltura indiretta (attraverso l’esternalizzazione della manodopera, il subappalto e l’affitto di terreni e macchinari), luoghi di lavoro molto isolati o che presentano condizioni di impiego estremamente dure, l’incapacità da parte delle associazioni di categoria di tutelare efficacemente gli interessi dei produttori locali, la presenza di organizzazioni criminali e l’inadeguatezza dei servizi pubblici di collocamento al lavoro. Nelle seguenti pagine analizzeremo brevemente come ognuno di questi fattori contribuisce a determinare un sistema agricolo che si regge su condizioni di sfruttamento, a cui i lavoratori migranti sono soggetti, pur resistendo. La Ministra Bellanova: verso la regolarizzazione dei braccianti agricoli in Italia: Il 16 aprile 2020 la Ministra delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali lancia in campo l’iniziativa per l’agricoltura sull’emergenza COVID-194, in cui coglie l’opportunità di avanzare una causa che da molti anni attende di essere presa in considerazione: quella della regolarizzazione dei contratti dei lavoratori agricoli stagionali che emigrano in Italia da tutta Europa per prestare la loro preziosa manodopera. Ad oggi, il 4 Informativa alle camere della ministra Bellanova sulle iniziative in campo per l’agricoltura sull’emergenza COVID-19, Comunicato stampa del 16 aprile 2020, Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, Governo Italiano: https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/15357 5
settore agroalimentare soffre una forte carenza di manodopera per motivi di emergenza sanitaria in corso, senza lavoratori stagionali dai paesi comunitari, impossibilitati a venire in Italia a lavorare a causa del coronavirus, si rischia di pregiudicare le forniture di generi alimentari a negozi e supermercati mettendo a rischio il 25% dei raccolti. Per l’emergenza sanitaria in corso, infatti, saranno impossibilitati a entrare in Italia anche i lavoratori stagionali non comunitari e la campagna Ero Straniero5 avanza l’ipotesi: la regolarizzazione delle persone straniere che sono già in Italia . Nel nostro Paese si trovano più di 600mila immigrati irregolari costretti ai margini della vita sociale senza assistenza alcuna, con un altissimo livello di rischio di contrarre il virus Covid-19 e di aggravare i livelli di emergenza sanitaria dell’intera comunità. Solo un’immediata regolarizzazione e una degna accoglienza e integrazione delle persone immigrate presenti in Italia, permetterà, in modo serio e rispettoso delle norme, di rispondere al rischio di un oggettivo di blocco di raccolte e semine per i prossimi mesi, data la mancanza di manodopera. In questo modo si bloccherebbe il ricorso al lavoro sommerso e al caporalato. Le principali motivazioni a spingere la questione in questa fase di emergenza sono: • Mancanza di manodopera causata dalle restrizioni di viaggio tra il paese di provenienza del lavoratore e l’Italia. • Esitazione nel migrare verso l’Italia nel periodo dell’emergenza per paura del contagio. • Mancanza di un valido permesso di lavoro/contratto regolare che tutela l’accesso al servizio sanitario nazionale italiano in caso di malattia. • Mancanza delle condizioni di sicurezza. • Retribuzione molto bassa. I lavoratori impegnati nell’agricoltura secondo i dati statistici: Nel settore agricolo, secondo gli ultimi dati disponibili, trovano occupazione regolarmente oltre 346mila stranieri provenienti da ben 155 Paesi diversi, rappresentano ben il 26,2% del totale del lavoro necessario nelle campagne italiane. Sono molti i “distretti agricoli” dove i lavoratori immigrati sono una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale come nel caso della raccolta delle fragole nel Veronese, della 5 La campagna Ero straniero – L’umanità che fa bene per la regolarizzazione degli immigrati in Italia: https://erostraniero.radicali.it/ 6
preparazione delle barbatelle in Friuli, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia-Romagna, dell’uva in Piemonte fino agli allevamenti da latte in Lombardia, dove a svolgere l’attività di bergamini sono soprattutto gli indiani, mentre i macedoni sono coinvolti principalmente nella pastorizia. • Rumeni - 110.154 • Indiani – 32.370 (occupati nel settore dell’allevamento) • Marocchini – 32.826 • Albanesi – 30.799 • Polacchi – 13.532 • Bulgari – 12.439 • Tunisini – 12.881 • Slovacchi – 6.337 Quasi la metà degli stranieri occupati in agricoltura si concentra in 15 province, quelle che di fatto registrano i numeri più alti di lavoratori stranieri: Foggia (5,8%), Bolzano (5,4%), Verona (5,0%), Latina (4,1%), Cuneo (3,8%), Ragusa (3,7%), Salerno (2,6%), Ravenna (2,6%), Cosenza (2,4%), Trento (2,3%), Ferrara (2,2%), Forlì-Cesena (2,2%), Bari (2,1%), Matera (1,9%) e Reggio Calabria (1,9%). I lavoratori stranieri contribuiscono in modo strutturale e determinante all’economia agricola del Paese e rappresentano una componente indispensabile per garantire i primati del ‘Made in Italy’ nel mondo. Le condizioni di vita nei campi: Tendopoli, ghetti, accampamenti: Le condizioni di vitto e alloggio dei lavoratori sono da molto tempo insostenibili. Le destinazioni per il lavoro nei campi, come per esempio nella provincia di Reggio-Calabria - Rosarno, San Ferdinando, Gioia Tauro, Drosi- oppure nella provincia di Foggia – Foggia, San Severo, Cerignola- e molte altre zone d’Italia, sono note per le condizioni di alloggio degradanti. Per la mancanza di vere e proprie strutture per ospitare i braccianti, essi ricorrono al fabbricarsi delle tende spesso create con teli di plastica o con qualunque altro materiale. Alcune vicende di incendi hanno occupato le prime pagine dei giornali segnalando le condizioni precarie in cui queste persone sono costrette a vivere. Il problema del caporalato si somma a quello delle baraccopoli che dalla Campania alla Sicilia rischiano di diventare le nuove polveriere del Sud.6 • Calabria Piana di Gioia Tauro: La piana di Gioia Tauro (in provincia di Reggio-Calabria) è il punto “caldo” dell’immigrazione in Calabria. Vi lavorano, secondo stime della prefettura, 1.500 persone, tutte di provenienza dall’Africa, impegnate nelle aziende agricole della zona nella raccolta degli agrumi, delle olive o dei pomodori secondo la stagione, in cambio di pochi euro al giorno. Si tratta di una polveriera sempre pronta a deflagrare a causa delle condizioni in cui i lavoratori vivono, sebbene la situazione sia recentemente migliorata con l’allestimento, a San Ferdinando, di una nuova tendopoli in sostituzione della precedente, installata dopo la raccolta del 2010. 6 “Baraccopoli migranti, ben 4 in provincia di Foggia. Ecco la mappa”, articolo de L’Immediato del 16/02/2019: https://www.immediato.net/2019/02/16/baraccopoli-migranti-ben-4-in-provincia-di-foggia-ecco-la-mappa/ 7
Isola Capo Rizzuto: L’altro punto di aggregazione dell’immigrazione in Calabria è il Cara di Isola Capo Rizzuto (Crotone), capace di ospitare 1.000 persone. Sebbene sia sotto il controllo delle istituzioni, la struttura, di tanto in tanto, fa registrare proteste dovute al ritardo della corresponsione delle indennità riconosciute dallo Stato agli ospiti della struttura. In alcuni casi si sono verificati tafferugli con le forze dell’ordine o l’occupazione della vicina strada statale 106 ionica. Nel maggio del 2017, peraltro, la struttura, affidata in gestione alle “Misericordie”, fu al centro dell’operazione “Johnny” che portò all’arresto dei gestori per presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta. San Ferdinando (Rosarno): Il 45% dei braccianti dorme su un materasso a terra, il 18% direttamente sul pavimento in strutture prive di acqua, luce e servizi igienici. Sono già più di 300 i migranti che trovano rifugio nella fabbrica sita nella zona industriale di San Ferdinando, oggi sovraffollata e in condizioni igienico-sanitarie allarmanti. Stessa sorte per le centinaia di lavoratori che vivono nei casolari abbandonati nelle campagne dei Comuni di Rizziconi, Taurianova e Rosarno, edifici fatiscenti, privi di elettricità (nei casi più fortunati alcuni migranti dispongono di generatori a benzina), di servizi igienici e acqua. Per quanto concerne le strutture di accoglienza istituzionali, sono già più di mille i migranti che trovano alloggio nella tendopoli di San Ferdinando, a fronte dei 450 posti disponibili. In assenza di un piano di accoglienza chiaro e strutturato sono sorte in questi mesi, accanto alle tende blu approntate dal Ministero dell’Interno, decine di baracche di plastica e cartone. Nel campo continua ad essere parziale l’erogazione di energia elettrica, nonostante la recente manutenzione dell’impianto d’illuminazione. Stessa sorte per i servizi igienici, sistemati quest’anno attraverso lo stanziamento di fondi regionali per 15mila euro, ma di numero insufficiente rispetto alle reali esigenze del campo ove continua peraltro a mancare l’acqua calda, a cui si provvede attraverso dei bidoni scaldati sul fuoco. In condizioni igienico-sanitarie precarie versa anche il campo container di Rosarno di contrada Testa dell’Acqua, quest’anno privo di un ente gestore. Il campo sorge in un’area di competenza regionale ma, in assenza di risorse, lo stesso appare sovraffollato e invaso da cumuli di spazzatura che il Comune ha dichiarato di non essere autorizzato a ritirare. Unico presidio di accoglienza pare essere il progetto promosso dalla Caritas di Drosi che, ogni anno e senza lo stanziamento di alcuna risorsa, riesce a fornire un alloggio dignitoso a prezzi calmierati a più di 100 lavoratori stranieri facendosi da garante con i proprietari delle abitazioni sfitte. • Sicilia Si smontano e si rimontano, come degradanti ‘teorie di Lego’, indegni ‘puzzle tridimensionali’ della povertà e dello sfruttamento. Baraccopoli e tendopoli che in Sicilia danno alloggio temporaneo e auto-organizzato a migranti utilizzati come manodopera a basso costo. Cassibile: Qui, in provincia di Siracusa, a esempio, le forze dell’ordine sono continuamente alle prese con queste ‘architetture’ fantasma, ma ben conosciute dai nuovi schiavisti italiani. Soltanto a maggio doppio blitz anti caporalato dei carabinieri. Dopo la tendopoli di fortuna, scoperta alcuni giorni prima con all’interno 37 migranti regolari, in località Stradicò, in un terreno privato, è stato individuato un altro insediamento abusivo: oltre 50 le baracche in legno e lamiera, in grado di alloggiare nel degrado assoluto 100-120 persone. Al momento del controllo erano presenti 79 persone, in maggioranza di origine africana, tutti di sesso maschile, maggiorenni e in regola sul territorio nazionale, segnalati alla procura per invasione di terreni. L’area, in un fondo agricolo vicino lo svincolo dell’autostrada Siracusa-Gela, in pessime condizioni igienico-sanitarie, era priva di acqua corrente ed energia elettrica. Gli ‘ospiti’ avevano realizzato degli ambienti comuni: un locale ricreativo attrezzato con un bancone e utilizzato per la mescita di alimenti e bevande, con tavolini, un televisore e un vano riservato alla preghiera, una piccola Moschea 8
improvvisata. Nella baraccopoli anche una discarica a cielo aperto in cui giornalmente venivano bruciati i rifiuti prodotti dagli occupanti. Vittoria: Altri invisibili si incontrano a Vittoria, grosso centro in provincia di Ragusa. Una distesa plastica di serre, uno dei più grandi poli ortofrutticoli europei, è il luogo di lavoro di uomini, ma soprattutto donne dell’Est, sfruttate lavorativamente e vessate e violentate dagli stessi proprietari delle serre. Anche qui un’area ghetto – quasi mimetizzata nel paesaggio – che appare come un grande buco nero. Campobello di Mazara: Una tendopoli-baraccopoli era diventata una presenza acquisita e mal digerita dai residenti di contrada Erbe Bianche a Campobello di Mazara, nel Trapanese. Nella zona da anni si radunano oltre un migliaio di migranti impegnati nelle raccolte agricole stagionali. Le ruspe a marzo sono intervenute sradicando una decina di tende e baracche adibite ad alloggio dai migranti che da ieri sera hanno abbandonato la zona. Per settimane un gruppo di associazioni (Contadinazioni, Libera, Forum Antirazzista di Palermo) ha lanciato un appello alla ricerca di abitazioni da concedere in affitto ai migranti che intendono rimanere in zona. “Abbiamo chiesto a chiunque – dice uno di loro – ma appena diciamo che si tratta di migranti, i proprietari delle case si dicono non più disponibili”. Lo sgombero del ghetto – costruito con legno di risulta, pannelli di eternit e teloni da campagna – era stato disposto dalla stessa amministrazione comunale. Nel 2013 in un incendio morì un ragazzo di originario del Senegal dal quale prese il nome “Ciao Ousmane”, un campo provvisorio organizzato e finanziato dal comune di Campobello di Mazara in un ex oleificio confiscato alla mafia. Caltanissetta: Analoga situazione a Caltanissetta, nei pressi del Cie di Pian del Lago. Anche qui recentemente è stata sgomberata la tendopoli di pakistani, richiedenti asilo, lungo la strada provinciale. Alcune decine erano accampate da diverse settimane sotto il cavalcavia. Paternò: In provincia di Catania, a Paternò, ha trovato spazio per lungo tempo una baraccopoli di circa 200 posti letto, in contrada Ciappe Bianche: baracche di fortuna costruite con teloni, pezzi di lamierini, con materiale di risulta; a bloccare le tende al suolo, per fermare vento e pioggia, grosse pietre e pezzi di gabinetti, prelevati dalla mega discarica abusiva. Rifugi miseri abitati soprattutto da nordafricani impegnati nella campagna agrumicola, tra ruspe e nuovi giacigli di (s)fortuna. Spazzati via. Almeno per ora. • Puglia Borgo Mezzanone Sono oltre mille i migranti ospiti dal Cara di Borgo Mezzanone a una decina di chilometri da Foggia. Altri mille quelli che vivono nelle baracche o nelle masserie abbandonate in quella che viene chiamata la ex pista che si trova a ridosso della struttura di accoglienza. Si tratta per la maggior parte di nordafricani, che lavorano come braccianti nelle campagne. Moltissimi di loro da qualche mese vivono in tende e roulotte sistemate a pochi chilometri dall’ex Gran Ghetto che si trovava nelle campagne tra San Severo e Rignano Garganico e che è stato sgomberato due estati fa. Il Gran Ghetto era stato sgomberato anche dopo l’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Bari su presunte infiltrazioni criminali nella gestione del caporalato nel campo. Un campo che ora sta tornando a rinascere a pochi metri dal vecchio. 9
Cerignola Ma quella dei migranti è una emergenza che investe tutto il territorio provinciale dove insistono numerosi ghetti e insediamenti abusivi di stranieri che vivono senza le minime condizioni igienico sanitarie. Oltre 800 quelli ospitati in diversi centri sparsi per la provincia di Foggia, per lo più donne e bambini. Ci sono i ghetti di Borgo Tressanti e Borgo Libertà nelle campagne di Cerignola, Cicerone a Orta Nova. Molti dei migranti sgomberati dal Gran Ghetto sono sparsi tra le varie baraccopoli della Capitanata, compresi alcuni rifugi che sarebbero stati ricostruiti proprio nelle zone dove sorgeva, come già detto, l’insediamento abusivo. Alcuni di questi sono ospiti a Casa Sankara e all’Arena, due strutture realizzate ad hoc. • Campania Storicamente il Casertano e il Salernitano sono i due territori ad alta concentrazione di immigrati clandestini sfruttati come braccianti nei campi, e nel litorale domitio e nella piana del Sele in passato si sono registrate situazioni di criticità, con sgomberi di campi abusivi, proteste tra gli extracomunitari e i residenti, e frizioni tra le due ‘parti’. Caserta Nonostante il territorio casertano continui a registrare una massiccia presenza di immigrati, non ci sono baraccopoli e neppure edifici occupati abusivamente. Uno di questi fabbricati è stato sequestrato e sgomberato dai carabinieri a Caserta lo scorso 15 maggio. Si tratta dell’ex Hotel Houston, una mega struttura all’uscita dell’autostrada di Caserta Nord, florida attività imprenditoriale fino agli anni ’80 e poi abbandonata e diventata un rifugio per immigrati senza tetto e piazza di spaccio. All’atto del sequestro, i militari dell’Arma trovarono all’interno decine di extracomunitari e due famiglie rom con minori. Castel Volturno Situazione migliorata anche a Castel Volturno per quanto riguarda l’occupazione abusiva di edifici, anche se sempre incandescente a causa della massiccia presenza di migliaia di extracomunitari clandestini. L’ultima struttura occupata abusivamente da immigrati è stata quella di un altro albergo, l’American Palace, sgomberato nel 2010. Oggi circa il 90 per cento degli immigrati in quelle zone paga un fitto, seppur a nero, a proprietari italiani. Mentre una piccola parte, insieme anche a diversi cittadini italiani in condizioni economiche disagiate, occupa abusivamente abitazioni abbandonate nel corso degli anni sul litorale a ridosso del mare, ma si tratta di nuclei familiari in singoli appartamenti. Eboli Allo stesso modo, baraccopoli che ‘ospitano’ migranti nel Salernitano non ce ne sono più. Un tempo Eboli, nella Piana del Sele, aveva una ‘microcittà’ completamente abusiva a ridosso dei campi di pomodoro. Era il 2009, quando 800 uomini in divisa con mezzi speciali sgomberarono a San Nicola Varco di Eboli, la baraccopoli abitata da 1.000 immigrati, per lo più clandestini. Sul litorale che va da Pontecagnano a Capaccio, però, segnalano i sindacati, insistono circa 3.000 migranti che occupano abusivamente case fatiscenti, un tempo abitate ai villeggianti stagionali. Secondo fonti dei sindacati, gran parte di loro paga regolarmente le tasse. Con l’arrivo della stagione estiva, che significa raccolto, la stragrande maggioranza dei braccianti impiegati, però, sono immigrati che negli anni scorsi si sono sistemati in ripari di fortuna al di sotto degli alberi della folta pineta che costeggia il lungomare, in condizioni di degrado e senza servizi. Nel Napoletano, così come in Irpinia e nel Sannio, nessuna baraccopoli. 10
Attivismo e movimenti per l’inclusione Aboubakar Soumahoro: È un dirigente sindacale italo-ivoriano della USB (Unione Sindacale di Base), da anni impegnato nella lotta per i diritti dei braccianti, è uno dei volti più noti del sindacalismo radicale. Nel 2019 pubblica il suo libro “Umanità in rivolta. La nostra lotta per il lavoro e il diritto alla felicità”, racconta la condizione dei braccianti, migranti ma anche italiani, che lavorano nella filiera produttiva agroalimentare e che sono sottoposti a trattamenti infimi, da un punto di vista lavorativo e umano. Aboubakar trascorre l’infanzia e l’adolescenza nel suo Paese (Costa d’Avorio), va a scuola e guadagna qualche soldo lucidando scarpe. È giovane ma e già consapevole che la formazione, la cultura e il lavoro sono gli unici strumenti per emanciparsi. A 19 anni arriva in Italia. Non conosce la lingua, non sa da dove cominciare. Inizia a lavorare saltuariamente a volte come bracciante. Sarà la sua esperienza in questo ambito che lo porterà a voler cambiare le cose per il meglio. Vedendo la situazione infime alla quale sono sottoposti i braccianti, decide di schierarsi dalla loro parte e diventa sindacalista per esigenza. Tutt’ora si batte per i diritti dei lavoratori nelle campagne del mezzogiorno, compare sulle trasmissioni televisive quali PropagandaLive, Che Tempo Che Fa, L’Aria Che Tira, e molti altri incontri sui diritti dei lavoratori. La proposta della campagna Ero Straniero: La campagna Ero straniero – L’umanità che fa bene7 è stata lanciata nell’aprile 2017, promossa da Radicali Italiani, Fondazione Casa della carità “Angelo Abriani”, ACLI, ARCI, ASGI, Centro Astalli, CNCA, A Buon Diritto, CILD, insieme a Oxfam, ActionAid, Legambiente, Scalabriniani, AOI, Federazione Chiese Evangeliche Italiane (Fcei), Comunità di Sant’Egidio, Fondazione Migrantes, Caritas italiana, CGIL, Altromercato, Emergency e decine di altre organizzazioni, con il sostegno di centinaia di sindaci. La campagna è nata dalla necessità di adottare un approccio pragmatico verso la questione migratoria nel nostro Paese: è stata così elaborata la proposta di legge di iniziativa popolare dal titolo “Nuove norme per la promozione del regolare permesso di soggiorno e dell’inclusione sociale e lavorativa di cittadini stranieri non comunitari”, depositata con oltre 90.000 firme alla Camera dei deputati il 27 ottobre 2017. Sintesi della proposta: • Permesso di soggiorno temporaneo per la ricerca di occupazione e attività d’intermediazione tra datori di lavoro italiani e lavoratori stranieri non comunitari S’introduce il permesso di soggiorno temporaneo (12 mesi) da rilasciare a lavoratori stranieri per facilitare l’incontro con i datori di lavoro italiani e per consentire a coloro che sono stati selezionati, anche attraverso intermediari sulla base delle richieste di figure professionali, di svolgere i colloqui di lavoro. L’attività d’intermediazione tra la domanda di lavoro delle imprese italiane e l’offerta da parte di lavoratori stranieri può essere esercitata da tutti i soggetti pubblici e privati già indicati nella legge Biagi e nel Jobs Act (centri per l’impiego, agenzie 7 La campagna Ero straniero – L’umanità che fa bene per la regolarizzazione degli immigrati in Italia: https://erostraniero.radicali.it/ 11
private per il lavoro, enti bilaterali, università, ecc.), ai quali sono aggiunti i fondi interprofessionali, le camere di commercio e le Onlus, oltre alle rappresentanze diplomatiche e consolari all’estero. • Reintroduzione del sistema dello sponsor (sistema a chiamata diretta) Si reintroduce il sistema dello sponsor, originariamente previsto dalla legge Turco Napolitano, anche da parte di singoli privati per l’inserimento nel mercato del lavoro del cittadino straniero con la garanzia di risorse finanziarie adeguate e disponibilità di un alloggio per il periodo di permanenza sul territorio nazionale, agevolando in primo luogo quanti abbiano già avuto precedenti esperienze lavorative in Italia o abbiano frequentato corsi di lingua italiana o di formazione professionale. • Regolarizzazione su base individuale degli stranieri “radicati” Si prevede la regolarizzazione su base individuale degli stranieri che si trovino in situazione di soggiorno irregolare allorché sia dimostrabile l’esistenza in Italia di un’attività lavorativa (trasformabile in attività regolare o denunciabile in caso di sfruttamento lavorativo) o di comprovati legami familiari o l’assenza di legami concreti con il paese di origine, sul modello della Spagna e della Germania. Tale permesso di soggiorno per comprovata integrazione dovrebbe essere rinnovabile anche in caso di perdita del posto di lavoro alle condizioni già previste per il “permesso attesa occupazione” e nel caso in cui lo straniero, in mancanza di un contratto di lavoro, dimostri di essersi registrato come disoccupato, aver reso la dichiarazione di immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il centro per l’impiego. Si prevede inoltre la possibilità di trasformare il permesso di soggiorno per richiesta asilo in permesso di soggiorno per comprovata integrazione anche nel caso del richiedente asilo diniegato in via definitiva che abbia svolto un percorso fruttuoso di formazione e di integrazione. • Misure per l’inclusione attraverso il lavoro dei richiedenti asilo Si prevede di ampliare il sistema Sprar puntando su un’accoglienza diffusa capillarmente nel territorio con piccoli numeri, rafforzando il legame territorio/accoglienza/inclusione attraverso tre azioni essenziali: apprendimento della lingua, formazione professionale, accesso al lavoro. Si introducono misure per aumentare, a beneficio di tutti, l’efficacia dei centri per l’impiego, da finanziare con i fondi europei Fami (Fondo asilo migrazione e integrazione), a partire dall’aumento del numero degli addetti e la creazione di sportelli con operatori e mediatori specializzati nei servizi rivolti a richiedenti asilo e rifugiati. • Godimento dei diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati Ai lavoratori extracomunitari che decidono di rimpatriare definitivamente – a prescindere da accordi di reciprocità tra l’Italia e il paese di origine – va garantito il diritto a conservare tutti i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati in modo che possa goderne, al verificarsi della maturazione dei requisiti previsti dalla normativa vigente, anche in deroga al requisito dell’anzianità contributiva minima di vent’anni. • Uguaglianza nelle prestazioni di sicurezza sociale Vengono eliminate tutte le disposizioni che richiedono, per l’accesso a molte prestazioni di sicurezza sociale (assegno di natalità, indennità di maternità di base, sostegno all’inclusione attiva ecc.), il requisito del permesso di lungo periodo, tornando al sistema originario previsto 12
dall’art. 41 del T.U. immigrazione che prevedeva la parità di trattamento nelle prestazioni per tutti gli stranieri titolari di un permesso di almeno un anno. • Garanzie per un reale diritto alla salute dei cittadini stranieri Sono previsti interventi legislativi a livello nazionale affinché tutte le Regioni diano completa e uniforme attuazione a quanto previsto dalla normativa vigente in materia di accesso alle cure per gli stranieri non iscrivibili al Sistema sanitario nazionale (SSN). In particolare, si chiede: piena equiparazione dei diritti assistenziali degli stranieri comunitari a quelli degli extracomunitari, coerentemente con i LEA, e inclusa la possibilità di iscrizione al medico di medicina generale, onde garantire la continuità delle cure, e il riconoscimento ai minori, figli di cittadini stranieri, indipendentemente dallo stato giuridico, degli stessi diritti sanitari dei minori italiani. • Effettiva partecipazione alla vita democratica Si prevede l’elettorato attivo e passivo per le elezioni amministrative a favore degli stranieri titolari del permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo. • Abolizione del reato di clandestinità Si abolisce il reato di clandestinità, abrogando l’articolo 10-bis del decreto legislativo 26 luglio 1998, n. 286. Decreti ministeriali pubblicati durante il periodo di emergenza da COVID-19 Nel corso del periodo in cui l’Italia vive il lockdown a causa del virus, Il governo italiano si impegna a pubblicare una serie di decreti legge per fronteggiare la situazione di anormalità causata dal coronavirus. Dal 23 febbraio 2020 in poi, i decreti legge pubblicati dal ministero durante l’emergenza da COVID-19 non presenta nessuna misura per migliorare la situazione dei migranti lavoratori, nè quella dei lavoratori domestici. In alcuni di questi decreti, ritroviamo menzionati i settori agricoli, e domestici ma solamente per escluderli dalle prestazioni sociali altrimenti riservati solo ai lavoratori regolari o cittadini. La realta in cui vivono i lavoratori nel settore agricolo e domestico (ambiti i cui vi troviamo un maggior numero di stranieri addetti a questi lavori) viene, per il momento, esclusa. Intanto, il settore agroslimentare soffre di grosse ripercussioni a livello economico e di manodopera: Manca la manodopera e la produzione rischia di perdere il 40% del raccolto. Le aziende agricole temono il fallimento e addirittura, gli esperti del settore, prevedono una crisi alimentare se non si agisce in tempo riportando la manodopera in campo8. Lista di articoli in cui in cui vengono menzionati i settori agricolo-domestici: 8 La 7 Attualità, L’aria che Tira, puntata del 06/04/2020: https://www.youtube.com/watch?v=bF3PEkOdDw8 13
• Art. 15 ; Art. 17 del 02/03/20209 • Art.1 del 11/03/202010 • Art. 22 del 17/03/202011 • Art. 30 ; Art. 32 del 17/03/202012 • Art. 34 del 02/05/202013 I muri e i confini nel mondo nell’emergenza COVID-19 Nel mondo di oggi, in tutti i continenti troviamo situazioni di conflitto religioso, politico e sociale. Questi conflitti hanno comportato la politicizzazione dei confini con conseguente costruzione di confini geografici “materiali” con vere e proprie strutture di recinti e muri di dimarcazione mirati a respingere i flussi migratori tra paesi. Come mostrato sulla mappa, molti paesi hanno delimitazioni murarie mentre altri mostrano demarcazioni pianificate. In questo capitolo, ci soffermeremo su i confini attualmente più trafficati in 3 continenti: Confine Pakistan-India-Bangladesh ; Confini sull’area Maditerranea ; Confine Stati Uniti d’America-Messico. I flussi migratori nel Mediterraneo L’emergenza coronavirus e la rapida diffusione del contagio in Europa ha comportato la chiusura dei confini con il mondo esterno. Le ONG, che fino al 9 marzo 2020 operavano regolarmente in mare per il soccorso dei migranti, sono state richiamate alla base per evitare la diffusione del COVID-19. L’unica nave a ritornare in mare, dopo un’assenza di 2 mesi, è la ONG tedesca della sea-eye Alan Kurdi. Nonostante le difficoltà nel reperire lo staff in questo difficile periodo di pandemia, la nave si reca in mare al soccorso dei migranti che nonostante la pandemia tentano di raggiungere i confini dell’UE. Secondo le fonti dell’UNHCR quasi 800 migranti hanno lasciato la Libia nel mese di marzo. Solo 43 di 9 Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, Decreto legge del 02 marzo 2020, n.9, Art.15; Art.17, Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/02/20G00026/sg 10 Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020 n.6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull’intero territorio nazionale., Decreto del presidente del consiglio dei ministri 11 marzo 2020; Art.1 comma 4, Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/11/20A01605/sg 11 12; 13 ; Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, Decreto-legge 17 marzo 2020, n.18 ; Art.22 comma 1 e 2; Art.30 comma 1; Art.32, Art. 34, Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/17/20G00034/sg 14
loro hanno raggiunto il porto di Lampedusa in Sicilia, e altri 155 raggiunsero Malta. Il resto furono catturati in mare dalla guardia costiera libica e riportati in Libia. In Italia, il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti conferma >. È quanto stabilito nel decreto interministeriale firmato ieri anche dal ministro Paola De Micheli che aveva già assunto decisioni analoghe per le navi da crociera e le navi passeggeri battenti bandiera straniera. Al governo tedesco, in qualità di stato di bandiera, è stato chiesto di assumere la responsabilità di ogni attività in mare, compreso il porto di sbarco, della Alan Kurdi. L'UNHCR invita il governo italiano a garantire le richieste di asilo per i migranti che fuggono dalle guerre. Carlotta Sami, portavoce dell'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati per il sud Europa, risponde a una domanda sulla bozza di decreto che definisce non sicuri i porti italiani nel caso di sbarchi di migranti da navi di ONG. . , ma queste e . Le persone continuano a fuggire dalla guerra in Libia, che l'epidemia da coronavirus non ha fermato, la capacità di salvataggio nel Mediterraneo è ridotta, e la Alan Kurdi rimane l'unica nave Ong nell'area. Inoltre, le condizioni meteo favorevoli spingono all'attraversamento del mare. Dallo scoppio della pandemia in Europa, le autorità e i media spostano i riflettori sulla questione COVID-19. La Libia registra pochissimi casi di infetti da coronavirus anche se non si sa di certo se nei centri di detenzione vi sono migranti affetti. Non vi è modo di esaminare i pazienti. Molti sono a rischio di contrarre la TB, rendendoli vulnerabili al coronavirus. In questo periodo di distrazione, la Libia intensifica i conflitti armati guidati dal Gen. Khalifa Haftar che ritiene di aver preso il controllo su una fila di paesini sul fronte nord-occidentale. Il 29 febbraio 2020, la Turchia apre i confini ai migranti in fuga dalla guerra in Siria. I profughi sono oltre 18mila sul confine Grecia-Turchia. Vi sono scontri fra i migranti lasciati liberi di partire dal governo di Ankara e le guardie di frontiera greche che non vogliono farli entrare, vengono respinti con i lacrimogeni. Per tutta la notte almeno 4 mila migranti, famiglie con vecchi e bambini, sono rimasti lungo il confine con la Grecia, in attesa di un segnale per varcare l'ingresso che porta nell'Unione Europea. Nelle prime ore del mattino, di fronte alla decisione delle autorità di Atene di impedire ogni sfondamento, sono partiti prima insulti, poi lanci di pietre, infine colluttazioni sono avvenute con lancio di gas lacrimogeni contro i migranti, per lo più siriani, contenuti dalle forze dell'ordine. Ci sono stati anche un numero imprecisato di arresti dei rifugiati. Dopo ore, verso sera i migranti accorsi al confine greco-turco erano 13mila. La decisione del presidente turco Recep Tayyip Erdogan di aprire il confine europeo ai siriani in fuga da Idlib dopo l'escalation della guerra in Siria (36 i militari di Ankara rimasti uccisi giovedì, la peggior strage di soldati dal 2016), fa ricadere sulla UE le accuse turche di non sostenere il Paese nella crisi siriana e di bloccare i finanziamenti per contenere il numero di profughi sempre 15
maggiore. Al punto che il leader turco sta ventilando l'ipotesi di lasciare libera la frontiera anche a sud, dove quasi un milione di rifugiati cerca di sfuggire ai bombardamenti in Siria. A nord, nella zona di confine tra Grecia e Turchia, centinaia di persone sono ora intrappolate tra le due frontiere. I greci non li fanno passare. I turchi non permettono loro di tornare indietro. Ad Atene il governo del premier conservatore Kyriakos Mitsotakis ha convocato un gabinetto di emergenza. Il ministro della Difesa, Nikos Panayotopulos, afferma che il governo rafforzerà il confine perché la Grecia vuole evitare l'ingresso sia nel Paese sia nell'Unione Europea. Più complicato il controllo della situazione marittima. Qui i migranti non sono riusciti a passare solo per le avverse condizioni meteorologiche. Tensione che si è riversata anche nei campi profughi, a Moria e Vial, sulle isole di Lesbo e Chios, dove nella notte ci sono stati diversi scontri tra rifugiati e polizia. Fra i richiedenti asilo era corsa voce che i confini europei fossero stati aperti e che una nave fosse in attesa di trasferirli. Così centinaia di persone, stremate dal freddo e stipate nelle tende, sono corse per raggiungere i mezzi verso le città. Le forze dell'ordine sulle isole li hanno però bloccati. Anche qui, nuovi scontri e alcuni incendi. Ad aprile, il numero di migranti ai confini sale a oltre 18.000. INDIA: esodo biblico dei lavoratori giornalieri L’India è tra i paesi politicamente più complessi dell’Asia per la sua diversificazione sociale e ineguaglianza economica, possiede la forza-lavoro più numerosa al mondo, che deve però supportare un numero ancora maggiore di persone (tra ragazzini e vecchi). Creare occupazione ogni giorno, anche in tempi normali, è un’impresa da far tremare le vene dei polsi. La maggiorparte della manodopera edilizia, agricola, artigianale viene svolta da parte della popolazione più povera che si sposta nel grande paese alla ricerca di lavoro, di solito con contratti (verbali) su base stagionale, che tipicamente durano alcuni mesi. Durante i quali ci si accampa in tende (che spesso nelle città diventano slums) vicino ai luoghi di lavoro. Il tasso di dipendenza di una popolazione, spiegano i demografi, è il rapporto numerico tra le persone che non possono guadagnarsi da vivere in modo indipendente (i “dipendenti”), e coloro sulle cui spalle grava il peso della sopravvivenza per tutti (la forza-lavoro produttiva). "Dipendenti" sono chi ha meno di 15 anni e chi ne ha più di 65, produttivi tutti gli altri. In India questo tasso è del 54.1 %, cioè bambini e anziani costituiscono il 54.1%, più della metà del totale. Ciò implica una pressione piuttosto alta sulla componente produttiva della società. Questa fetta di popolazione (oltre 70 milioni) vive in base al salario mensile che spesso mantiene una famiglia di minimo 4 persone. Il sistema sociale dell’India non è in grado di garantire servizi e prestazioni sociali a tutti i suoi cittadini, come nei paesi sviluppati, e quindi l’attuale situazione di quarantena ha causato la sospensione del ciclo di vita quotidiano. Per loro il problema principale non è esattamente il coronavirus, il problema principale è la povertà. Si tratta di quelle persone che garantiscono tutti i lavori più umili, dal muratore al bracciante agricolo, originarie spesso di un altro stato, distante da casa anche migliaia 16
di km; gente che guadagna dalle 300 alle 500 rupie al giorno (dai 3,5 euro a 6 euro); gente priva di contratti e di un posto decente dove vivere nel luogo dove lavora/lavorava; e che ciononostante è stata perlopiù licenziata in tronco. Nel giro di pochi giorni, Il 24 marzo 2020, Il Primo ministro dell’India Narendra Modi annuncia (con un preavviso di sole 4 ore) il maxi lockdown del secondo paese più popoloso al mondo, rischiando di trasformare la situazione in una crisi umanitaria e sociale mai vista dai tempi della divisione fra India e Pakistan nel 194714. La chiusura, annunciata per una durata di 21 giorni, riguarda il paese intero. Lo scopo, ovviamente, arginare il contagio da coronavirus. Molti lavoratori si ritrovarono bloccati nei luoghi di lavoro. Non potendo fare affidamento sui mezzi di trasporto pubblico- servizio dimezzato a causa della sospensione di collegamenti di linee tra regioni, treni e autobus intasati per colpa dell’improvviso afflusso di passeggeri, l’accrescere dei costi di trasporto- i meno fortunati si misero in cammino in quello che è stato descritto come “un esodo senza paragoni nella storia dell’India contemporanea”. Centinaia di migliaia di lavoratori giornalieri si sono messi in viaggio dai centri urbani, dove non possono più permettersi di vivere senza stipendio, verso i villaggi di origine, alcuni percorrendo a piedi centinaia di chilometri, in preda al caldo afoso tipico della stagione estiva (Marzo-Aprile) di quelle zone, come l’uomo morto d’infarto dopo aver camminato 200 chilometri. Solo da Ghaziabad, fuori Delhi, sono circa 90 mila le persone che sono state trasportate in bus. Col timore che il massiccio esodo possa portare a una capillare diffusione del coronavirus nel Paese, soprattutto nelle zone rurali, il governo del premier Narendra Modi, scusandosi per le difficoltà create alla popolazione, ha però chiesto ai singoli Stati di sbarrare i confini, mettere in quarantena per 14 giorni i lavoratori rientrati e studiare multe per chi viola le misure di contenimento. Ha fatto discutere la decisione dello Stato di Uttar Pradesh di lasciare aperte le frontiere stipando migliaia di migranti su autobus messi a disposizione per il rientro. La maggiorparte dei lavoratori provengono dalle zone dell’estremo est dell’India e migrano in cerca di impiego anche fino a sud. In un Paese come l’India dove il distanziamento sociale è un privilegio per chi ha una casa, come pure il sapone per lavare le mani, il nuovo coronavirus rischia, più che altrove, di trasformarsi in una crisi sociale e umanitaria. Hanno fatto il giro del web e creato un’ondata di indignazione le foto di alcuni vigili del fuoco in tuta protettiva, addetti alla sanificazione della città di Bareilly, che hanno spruzzato una lozione chimica disinfettante su un gruppo di migranti appena arrivati, tra cui anche donne e bambini. Le autorità si sono poi dovute scusare anche perché la lozione era nociva per gli esseri umani. Pochi giorni dopo, la folla di migranti in partenza sembrava scomparsa dai sobborghi di Delhi, dove le autorità cittadine si mossero a distribuire cibo a 400 mila persone e hanno attrezzato oltre 550 scuole per ospitare chi è rimasto senza casa. Alla periferia della capitale, il circuito che ha ospitato la Formula 1 nel 2011 è stato usato per sistemare 5 mila lavoratori migranti, secondo quanto riporta il Times of India, 14 “Coronavirus: in India esodo biblico dei lavoratori giornalieri, si rischia una crisi umanitaria”, articolo di AGI- Agenzia Italia del 30 marzo 2020: https://www.agi.it/estero/news/2020-03-30/coronavirus-india-esodo-8014989/ 17
mentre alcune persone si sono contagiate durante un assembramento religioso che si è tenuto nei giorni scorsi violando i divieti. Con una popolazione di 1,3 miliardi di persone l’India ha superato i mille casi accertati di Covid-19, mentre i decessi sono 29. Molti esperti, però, ritengono che i numeri reali siano ben superiori, perché si stanno facendo pochi tamponi. . Nonostante gli sforzi fatti da parte delle autorità per alloggiare i migranti, a Nuova Delhi una grande maggioranza si è ritrovata a doversi arrangiare ad accamparsi per strada, sotto ai ponti, nelle stazioni ferroviarie o lungo i binari per riuscire a trovare rifugio. Di recente, 16 operai sono rimasti uccisi all'alba del 8 maggio vicino ad Aurangabad, nello Stato del Maharashtra, dopo essere stati investiti da un treno merci mentre dormivano 15, esausti, sui binari. Secondo la Polizia, che ha raccolto le testimonianze di tre sopravvissuti, due dei quali sono gravemente feriti, il gruppo era in cammino da giorni per raggiungere lo Stato del Madhya Pradesh dopo che erano rimasti per 40 giorni senza lavoro. Il trasferimento però si è trasformato in tragedia: il gruppo, dopo aver camminato decine di ore con dei pesanti zaini sulle spalle, ha deciso di addormentarsi sui binari per poi ripartire l'indomani mattina. Un treno in transito alle 5 tuttavia li ha investiti e uccisi. Su indicazione del governo centrale, vari Stati hanno organizzato treni e autobus per consentire questa migrazione interna verso le zone d'origine, ma una serie di decisioni contrastanti – ad esempio sulle modalità e sui costi dei viaggi – hanno spinto migliaia di lavoratori a intraprendere il viaggio a piedi. Il Kerala: l’esempio per il Paese nella lotta al COVID-19: Nell’India del sud, nello Stato del Kerala, conosciuto per il suo governo comunista (ad inclinazione socialista-capitalista) le autorità fecero tutto il possibile per garantire ai lavoratori migranti rimasti bloccati, ogni necessità. Il Centro per il servizio sociale ha reagito prontamente alla necessità della gente durante i giorni di Covid. Dal 1996, la società è impegnata per lo sviluppo socio-economico delle popolazioni rurali attraverso l'organizzazione della comunità e attività di welfare. La Società ha debitamente risposto alle misure precauzionali del governo del Kerala e ha esteso il suo sostegno ai più bisognosi confinati nelle loro abitazioni a causa del lockdown in India. Il Kerala ospita 2,5 milioni di migranti interni, la maggior parte dei quali proviene da Bengala Occidentale, Assam, Odisha, Jharkhand, Uttar Pradesh e Bihar. Attualmente, il governo ha organizzato 4.400 campi di soccorso per oltre 150.000 migranti rimasti nel Kerala a causa del lockdown . Nel mese scorso, l'attenzione è stata rivolta alla distribuzione di riso, generi alimentari e verdure ai lavoratori migranti che vivono nel territorio della diocesi (nella foto). È stato svolto in collaborazione con il programma alimentare del governo del Kerala. Il lockdown ha messo in crisi il settore agricolo del Kerala. Il riso e la gomma sono le principali coltivazioni del Kerala. Esistono alcune zone nelle quali le colture di mango e ananas maturano tra marzo e aprile. Il lockdown ha comportato il fermo del commercio interstatale dei principali prodotti del Kerala. Gli agricoltori che coltivano in terre in affitto, hanno avuto difficoltà a vendere i loro raccolti. Il governo li sostiene con regolari forniture di cibo e anche l'arcidiocesi partecipa alle attività di soccorso. Un'altra importante area di crisi economica riguarda la crisi del lavoro per i nostri migranti 15 “Coronavirus India. Operai tornavano a casa dopo lockdown, travolti dal treno: dormivano sui binari”, articolo di Fanpage.it del 08/05/2020: https://www.fanpage.it/esteri/coronavirus-india-operai-tornavano-a-casa-dopo-lockdown- travolti-dal-treno-dormivano-sui-binari/ 18
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