IL CURRICOLO NASCOSTO - Decostruire a scuola stereotipi e pregiudizi eterosessisti - Rete BESSA
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IL CURRICOLO NASCOSTO Decostruire a scuola stereotipi e pregiudizi eterosessisti 1 Cesp – Centro Studi per la Scuola Pubblica
Cesp – Centro Studi per la Scuola Pubblica IL CURRICOLO NASCOSTO Decostruire a scuola stereotipi e pregiudizi eterosessisti Con la collaborazione di Cobas della Scuola, Arcigay, Associazione LGBT italiana, circolo “Il Cassero” Bologna. 2
Il volume è curato dalla sede bolognese del Cesp. Il CESP, Centro Studi per la Scuola Pubblica, nasce nel 1999 per iniziativa di lavoratori della scuola di area Cobas. L’intento è quello di affiancare all’attività politica e sindacale uno spazio specificamente dedicato alla riflessione culturale e didattica sulla scuola, realizzata attraverso seminari, convegni, attività di aggiornamento e pubblicazioni. I principi di riferimento del CESP sono la difesa della scuola pubblica statale, l’opposizione alle diverse forme di privatizzazione, alle vecchie e nuove forme di mercificazione del sapere e ai processi di aziendalizzazione che stanno avanzando da alcuni anni a ritmi inediti e preoccupanti. L’associazione opera sia a livello locale che proponendo iniziative coordinate a livello nazionale. E’ riconosciuta dal 2006 dal Ministero della Pubblica Istruzione come “ente accreditato per la formazione”. La sede di Bologna è in via San Carlo, 42 cespbo@gmail.com www.cespbo.it Contributi cc postale n. 49062961 Cesp-Centro Studi per la Scuola Pubblica-Bologna La sede nazionale è a Roma, via Manzoni, 55 http://www.cobas-scuola.it/Cesp Stampato nel mese di gennaio 2015 Opera disponibile in modalità Copyleft per chiunque abbia interesse. E’ possibile estrarne copia parziale o totale a patto di citarne l’autore e la fonte. 3
Indice Luca Castrignanò Introduzione p. 5 Daphne Greco Un’esperienza p. 7 Margherita Bottino Orientamento sessuale e identità di genere: glossario di base. p. 9 Pina Caporaso Stereotipi e ruoli di genere nella scuola primaria p. 15 Davide Zotti Il dispositivo dell’esclusione: l’omofobia a p. 20 scuola Maurizio Betti Adolescenti e bullismo. Un profilo psicologico p. 24 Elisa Poli Il mio intervento al convegno p. 29 Teresa Rossano Educazione al genere e identità p. 30 Tiziano Tosarelli “Un nuovo look per la secchiona”. Un percorso sugli stereotipi di genere con alunni e alunne della scuola primaria p. 34 Valentina Millozzi Educare al genere, diseducare agli stereotipi: alcune riflessioni e strategie didattiche per la scuola media p. 37 Marco Reglia Omosessualità: repressione e uso politico p. 44 Appendici Davide Zotti Questa mattina... La mia scelta di disobbedienza civile p. 51 Barone/Bozzetta Il diritto e il rovescio. Una canzone contro l’omofobia p. 53 4
Introduzione Luca Castrignanò (insegnante, Cesp Bologna) Il Convegno Il curriculum nascosto co- tecipazione al convegno CESP non solo stituisce per il CESP una novità impor- al personale in servizio, ma anche alle/ tante; non per i temi affrontati, già da agli studenti interessate/i, con un nume- tempo oggetto di attenzione e impegno, ro complessivo limitato. Le richieste di quanto per la modalità organizzativa e i partecipazione, analogamente a quanto soggetti coinvolti. previsto per i docenti, sono state indivi- La disponibilità di Daphne Greco, stu- duali e volontarie ed hanno potuto essere dentessa delle scuole superiori, a svol- accolte solo in misura inferiore alle effet- gere un intervento centrato sulla propria tive richieste. Il criterio della scelta indi- esperienza vissuta ha rappresentato infat- viduale in alternativa alla partecipazione ti un’occasione per ripensare l’impianto di intere classi è stato posto in coeren- complessivo del convegno includendo le/ za con l’idea di preservare pienamente gli studenti sia come relatrici che come la motivazione e l’indipendenza di ogni pubblico. Non solo quindi una comuni- studente. cazione di adulti destinata ad insegnanti, Il mondo della scuola nella sua comples- ma anche di studenti che parlavano agli sità è stato quindi protagonista del conve- adulti e insieme ai loro coetanei. Il tema gno. Il CESP ha assunto consapevolmen- omofobia-eterosessismo è stato così po- te questo sfondo e questo orizzonte per sto al centro di una discussione polidire- rappresentare una domanda e un bisogno zionale in cui si sono intrecciati, anche che riguarda l’intera comunità scolastica nell’intenso dibattito, punti di vista, sa- e non solo le persone oggetto di discri- peri, esperienze e linguaggi differenti. minazione. Una situazione dunque insolita per un L’interesse per il tema dell’omofobia convegno di formazione rivolto al perso- si pone nell’alveo della discussione sul nale della scuola. razzismo presente da anni nelle proposte Con l’approvazione del Collegio dei do- del CESP. Il razzismo come dispositivo centi, una scuola secondaria di Bologna di costruzione di identità e di discrimi- ha accettato di aprire la possibilità di par- nazione ha assunto storicamente forme 5
diverse, tanto da rendere analiticamente contro gli omosessuali per molti adole- necessario parlare di razzismi al plurale. scenti costituisce un veicolo di accesso Tuttavia permane un medesimo schema alla comunità dei maschi, un modo per di fondo che agisce nei processi di defi- sentirsi normali. Proprio per questo ogni nizione e fissazione di identità sociali che gesto di sottrazione a questo universo si pretendono date in natura e che vengo- simbolico diventa significativo, anche il no classificate come inferiori o anorma- semplice porsi delle domande, il tirarsi li. L’adozione del termine eterosessismo in disparte dall’ammiccamento scontato, indica proprio questa internità dell’omo- la partecipazione a incontri come questo. fobia al discorso razzista. Ciò che coin- La partecipazione, il coinvolgimento e volge in modo diretto l’intera comunità gli apprezzamenti ricevuti dagli studen- scolastica non è dunque il tema dell’omo- ti e dagli insegnanti per questa insolita sessualità, ma piuttosto quello delle vie giornata di scuola sono un segnale inco- di discriminazione che la attraversano e raggiante e forse anche l’indicazione per che fanno di ognuno di noi il portatore di il CESP di un percorso da intraprendere. comportamenti che producono, riprodu- cono o contrastano il razzismo omofobi- co. In questo convegno parliamo dunque della libertà di essere omosessuali e in- sieme della libertà di essere eterosessuali senza essere eterosessisti. Proprio perchè ogni discorso razzista ha una sua specificità non possiamo non ri- cordare almeno un elemento peculiare dell’omofobia nel contesto scolastico. I muri e i banchi delle scuole sono co- perti di scritte omofobiche. Il ricorso al termine gay come insulto – anche nella modalità dello scherzo - è diffuso e utiliz- zato in modo generalizzato nei confronti di qualsiasi persona. Il bersaglio può non essere direttamente il singolo studente, attaccato e denigrato perché omosessua- le, ciò che conta è l’utilizzo dell’’omo- sessualità come criterio regolativo del- le relazioni sociali; l’effetto è quello di costruire un linguaggio comune che definisce chi è dentro e chi è fuori dal- la comunità e si fonda su meccanismi di complicità, in particolare nel mondo ma- schile. L’adozione di parole e comportamenti 6
Un’esperienza Daphne Greco (ex-studentessa Aldrovandi Rubbiani) Buongiorno a tutti, io sono Daphne e ero mi avrebbero accettato, me e la situazio- alle Rubbiani fino all’anno scorso. Sono ne così com’era e basta. Difatti, dopo qui per raccontare la mia esperienza che, aver parlato con i miei amici, la loro diciamo, è abbastanza positiva nel vive- reazione è stata subito positiva, non mi re il mio essere omosessuale. Ho avuto hanno assolutamente discriminata, anzi, la mia prima esperienza con una ragazza ho visto in loro il piacere che io avessi quando avevo quindici anni, e inizial- condiviso questa cosa anche con loro. mente, ovviamente, ero parecchio spa- Ho deciso poi di dirlo ai miei genitori ventata dalla cosa perché... nascono dei dopo cinque mesi circa che ero fidanzata. dubbi che ti mettono in discussione, non Per dirlo ai miei genitori ho chiesto una riesci più a capire chi sei. Poi però ho de- mano alla migliore amica di mia madre, ciso di accantonare l’argomento e di vi- però le avevo detto di introdurre solo l’ar- vermi la cosa così come veniva. gomento, mentre invece lei ha detto tutto Ho accettato definitivamente la mia omo- ai miei genitori; questo ha comportato sessualità quando ero in quarta superio- un’ora e mezza di “interrogatorio”, mia re, quando ho conosciuto quella che è mamma diciamo che non l’ha presa mol- attualmente la mia ragazza. Inizialmente to bene, mentre invece per fortuna mio ho condiviso questo fatto solo con i miei padre ha accettato subito la cosa e anzi è amici più stretti perché anche nel dirlo al sempre stato tranquillo sia nei miei con- resto delle persone che mi circondavano fronti che nei confronti della mia ragaz- avevo paura: delle volte, anche magari za; per fortuna lui - diciamo - mi ha sem- giocando, scherzando, uno non si ren- pre fatto sentire accettata in questo senso. de conto ma può fare dei commenti che Dopo averlo detto ai miei genitori ho de- sono negativi e che fanno magari senti- ciso di parlarne liberamente con chiun- re male una persona omosessuale; ciò ti que mi trovassi di fronte, senza preoccu- mette paura di confidarti perché non sai parmi né della sua età, né del suo ruolo se quelle cose la persona le sta dicendo nella mia vita, senza preoccuparmi di solo per fare il gradasso o se le sta dicen- nulla. E quindi ovviamente usciva l’argo- do perché le pensa davvero. Quindi c’è la mento anche a scuola, magari anche da- paura di non essere accettata. vanti ai prof o con i compagni. Diciamo Dopo qualche mese ho poi deciso di dire che nell’ambito scolastico la cosa che mi la cosa anche al resto dei miei amici per- ha dato sicurezza e fatto essere tranquil- ché ho sempre pensato che comunque, a la è il fatto che parecchi prof parlassero prescindere, se l’affetto e il bene era vero dell’argomento senza problemi, senza 7
far capire che stavano parlando di qual- problema dell’omofobia vada combattu- cosa di strano, qualcosa da nascondere, to come stiamo facendo oggi, partendo anzi, ci hanno fatto fare anche dei lavo- dalle scuole, perché i ragazzi... noi ragaz- ri grafici, c’erano dei professori che ne zi siamo il futuro di questo Paese e biso- parlavano, portavano documenti riguar- gnerebbe andare nelle scuole e appunto danti appunto i dati sull’omofobia e cose parlarne, magari anche con delle persone così. Di conseguenza io mi sono sentita esterne che riescano a presentare l’argo- sicura perché sapevo che delle persone mento e a far capire che l’omosessuale è adulte mi avrebbero comunque “difeso” una persona normale come tutti gli altri e tra virgolette, dal pensiero dei miei com- non c’è niente di diverso e niente per cui pagni che alcune volte appunto era nega- poterlo discriminare. tivo. Anche se, devo dire la verità, non mi sono mai sentita discriminata, non mi hanno mai insultata per questo, però sa- pevo che anche se non ne parlavano da- vanti a me, magari non erano d’accordo con l’argomento o avevano giudizi abba- stanza negativi. Ho trovato invece molto più difficile re- lazionarmi all’esterno della scuola. Lì mi sono trovata purtroppo più volte a rice- vere sguardi schifati, persone che si fa- cevano il segno della croce, o addirittura ho discusso con delle persone perché si sentivano in diritto di poter commenta- re la mia vita sentimentale. La cosa im- portante però, nell’avere a ché fare con le persone sia all’interno della scuola sia all’esterno, è l’essere sicuri di se stessi, cioè capire che non stai facendo niente di male, che puoi rapportarti con tutti. Se le persone hanno dei problemi, sono pro- blemi loro, non sono problemi tuoi, che dipendono da te; e quindi io sono sempre stata tranquilla anche nel ricevere sguardi schifati o cose del genere, non mi sono mai fatta ferire più di tanto, non è stato un motivo per me di depressione o di in- sicurezza. Ho sempre affrontato queste persone a testa alta senza avere paura di quello che sono. In ultimo, io credo che appunto il 8
Orientamento sessuale e identità di genere: glossario di base Margherita Bottino (psicologa psicoterapeuta) Per affrontare il tema dell’orientamen- zioni specifiche per ogni materia su come to sessuale e dell’identità di genere è integrare i temi riguardanti l’orientamen- importante iniziare con alcuni concetti to sessuale e l’identità di genere nelle ma- fondamentali sui quali spesso regna una terie d’insegnamento curricolare. pericolosa confusione. La prima indicazione teorica di riferi- Il testo di riferimento da cui sono trat- mento riguarda le componenti dell’iden- te tali definizioni è il volume L’offesa tità sessuale, ovvero: peggiore di Luca Pietrantoni, psicologo 1) il sesso biologico: l’appartenenza bio- dell’Università degli Studi di Bologna, logica al sesso maschile o femminile de- tra i primi a studiare in Italia questi temi terminata dai cromosomi sessuali, dal punto di vista della psicologia socia- 2) l’orientamento sessuale: l’attrazione le. Con altri autori, Pietrantoni ha anche erotica ed affettiva per i membri del sesso pubblicato il volume Il bullismo omofo- opposto, dello stesso sesso o entrambi, bico. Manuale teorico-pratico per inse- 3) l’identità di genere: l’identificazione gnanti e operatori, con CD-ROM, in cui primaria della persona come maschio o sono presenti, oltre ad una fondamentale femmina, tratto permanente, solitamente cornice teorica, strumenti operativi mol- stabilito nella prima infanzia (0-3 anni), to efficaci da utilizzare in aula e indica- 4) il ruolo di genere: l’insieme di aspetta- tive e ruoli su come gli uomini e le donne si debbano comportare in una data cultura e in un dato periodo storico. Il ruolo di genere, quando si parla di omo- fobia/transfobia e bullismo omofobico/ transfobico, assume un ruolo fondamen- tale. Ogni cultura determina quali com- portamenti sono tipici del sesso maschile e di quello femminile; il ruolo di genere codifica ciò che è appropriato per l’uomo e per la donna; alcuni esempi sono la scel- ta dei giocattoli e gli stili di gioco, la cura della persona (trucco, depilazione, ecc.), 9
i manierismi, gli adornamenti, i tratti di personalità, l’espressione delle emozioni e dell’aggressività, gli interessi (calcio o danza), le abitudini, le scelte scolastiche e professionali. Ciò che viene discriminato e sanzionato con gli atteggiamenti omofobici e trans- fobici è proprio il violare questi codici, l’uscire dalle norme di genere, l’attraver- sare i confini che la società prescrive per il proprio genere di nascita. Giuseppe Burgio, nel suo testo Adole- scenza e violenza. Il bullismo omofobico come formazione alla maschilità, scrive: “L’omofobia serve agli adolescenti per del maschile – ciò viene colpito dalla sentirsi veri uomini”, “Il bullismo omofo- violenza del gruppo dei pari. bico è una tappa nel processo di costru- Esempi drammatici sono: il caso del ra- zione della virilità, uno specchio rove- gazzo di Roma che si è tolto la vita dopo sciato utile a definirsi”, “Avere accanto che i compagni l’avevano tormentato, un ragazzo gay è un`esperienza minac- con tanto di pagina Facebook dal titolo ciosa: a livello «fantastico» il contatto con “Il ragazzo dai pantaloni rosa”; la madre l`omosessuale «sporca» la virilità, il ra- inglese vittima di insulti perché ha per- gazzo gay viene degradato, associato allo messo al figlio di andare a scuola con le squallore, per sottolineare ancora di più la ballerine rosa che lui tanto ama; i due differenza rispetto al coetaneo etero con il bambini statunitensi di nove e di undici vantaggio di proclamarsi «veri maschi»”. anni vittime di pesanti aggressioni ver- Egli riscontra un ulteriore elemento co- bali e fisiche da parte dei compagni di stante in questo fenomeno: «il pettego- scuola per la loro passione per i giocattoli lezzo derogatorio» oltre all’insulto, «il della serie My little pony, di cui il secon- dirlo in giro». “L`omosessualità di un do ha perfino tentato il suicidio; il padre compagno va resa nota attraverso un brasiliano che ha ucciso a botte il figlio turbinio di voci e, peggio, va provata at- di otto anni perché lo considerava troppo traverso invasioni della privacy, come il effeminato, visto che non voleva tagliarsi furto di telefonini e diari, nonché vere e i capelli e amava lavare i piatti e passare proprie trappole.” il tempo con la propria madre. I terribili casi di cronaca ci conferma- L’omofobia normativa nei contesti ado- no che ancor prima dell’orientamento lescenziali si rivela quindi un mezzo per sessuale, che viene erroneamente e in sanzionare comportamenti specifici: modo stereotipico presunto dal grado di - modalità atipiche di presentarsi este- adesione alle norme di genere, è proprio riormente (es. abbigliamento); l’adeguarsi o meno a queste norme – in - approcci poco assertivi con l’altro ses- particolare quando si tratta del mondo so (es. un ragazzo che non ci prova, una 10
donna reticente con un ragazzo ) sono alcuni concetti di base fondamentali - atteggiamenti percepiti come inadegua- per una migliore comprensione delle di- ti (es. un ragazzo che fa apprezzamenti namiche che riguardano le persone, e in estetici su un attore uomo) particolare gli adolescenti, omosessuali. - comportamenti affettuosi tra maschi Il primo concetto è l’assunzione di etero- percepiti come troppo intimi (es. un con- sessualità, ovvero il dare per scontato che tatto fisico). il proprio interlocutore sia eterosessua- le. A causa di ciò può succedere che gli E i bersagli del bullismo a matrice omo- insegnanti, ma anche psicologi, medici, fobica possono essere: persone agli sportelli degli enti pubblici, - adolescenti che apertamente si defini- ecc., utilizzino un linguaggio non inclu- scono gay o lesbiche sivo della situazione personale e di vita - adolescenti gay o lesbiche che hanno della persona o del gruppo che si trova- optato per uno svelamento selettivo la no di fronte; o addirittura consentano o cui informazione è stata rivelata a terzi facciano in prima persona battute o rife- - adolescenti che “sembrano” omoses- rimenti negativi all’omosessualità, senza suali sulla base di una percezione stere- pensare che potrebbero ferire – anche otipica (ragazze dai capelli corti o poco profondamente – uno o più dei presenti, inclini al corteggiamento degli uomini, verso cui hanno magari un ruolo di adul- ragazzi con abbigliamento o manierismi to di riferimento o di modello. percepiti come atipici ed effeminati) Un secondo concetto è quello della pri- - adolescenti con familiari apertamente vatizzazione dell’omosessualità, ovvero omosessuali; la tendenza a non riconoscere i correlati - adolescenti che frequentano amici aper- sociali e pubblici dell’omosessualità pa- tamente omosessuali; rimenti alla percezione dell’eterosessua- - adolescenti che hanno idee od opinioni lità e a vederne esclusivamente la sfera favorevoli alla tutela dei diritti omoses- sessuale, per cui si pronunciano ad esem- suali. pio frasi come: “Non mi interessa cosa fanno due persone in camera da letto”, Per quanto riguarda l’orientamento ses- oppure “Ognuno è libero di dormire con suale è importante precisare che questo chi vuole”, ignorando tutta la parte di af- può variare nel corso della vita, ma non fettività e di condivisione di quotidianità può essere modificato né con terapie or- e di progetti di vita delle persone, coppie monali, né con psicoterapie (es. terapie e famiglie omosessuali. riparative) e la persona non può scegliere Come sosteneva Erving Goffman, l’omo- che orientamento avere. Non si sceglie di sessualità è un caso di stigma nascondi- essere omosessuali o eterosessuali, lo si bile, ovvero è la persona che decide se è, fa parte della propria identità. Si può rivelare il proprio orientamento sessuale, solo scegliere se viverlo o meno e se vi- al contrario ad esempio del colore della verlo alla luce del sole o nascondersi fin- pelle. Se ciò da un lato consente di deci- gendo di essere altro. dere che in determinate situazioni sia un Parlando di orientamento sessuale vi rischio eccessivo rivelarsi, proprio questa 11
possibilità in realtà crea una situazione in cui la propria visibilità viene negoziata continuamente in ogni interazione socia- le: “Lo dico? Non lo dico? A chi lo dico? Quanto dico? Cosa dico? Come lo dico? Come reagirà? Mi rifiuterà? Mi accette- rà?”, un turbinio di considerazioni che diventa velocissimo, quasi automatico, ogni qual volta si dice qualcosa di sé a qualcuno che ancora non è a conoscenza del proprio orientamento sessuale, cer- persona deve decidere se, cosa e quan- cando di immaginare e anticipare, spesso to rivelare di sé e della propria vita. Non con una certa sotterranea preoccupazio- sempre le persone vivono in una situa- ne, le conseguenze di ciò che si dirà. zione di visibilità totale, per cui alcune Il coming out, ovvero la decisione di volte rispondono parlando al singolare, dichiarare apertamente il proprio orien- oppure cambiando il genere del/la part- tamento sessuale o la propria identità di ner, oppure parlando del/la partner come genere (derivante dall’espressione ingle- di un amico/a o coinquilino/a, oppure se: coming out of the closet, mentre l’ou- evitando del tutto di parlare di sé. ting è l’esposizione dell’omosessualità di Questa negoziazione continua della pro- qualcuno da parte di terze persone sen- pria visibilità e della propria identità ge- za il consenso della persona interessata nera – come ha descritto Vittorio Lingiar- e deriva dal verbo inglese: to out some- di nel suo testo Citizen gay – un rumore body) è infatti un processo continuo, un bianco, uno stress, un’ansia anticipatoria, atto performativo che non avviene solo che fanno parte di ciò che viene chiamato una volta, ma è reiterato e non si può ri- stress da minoranza: “Il nascondimento durre ad una questione dicotomica tra in costante, la discriminazione e lo stigma e out. Ogni volta che ci si trova a rac- sociale sono alcuni fra gli elementi che contare a qualcuno, dai colleghi, agli provocano un certo tipo di ansia conti- alunni, ai compagni di classe, ai vicini di nuata e anticipatoria, una sorta di ‘rumore casa, all’idraulico, all’agente immobilia- bianco’. L’esperienza dell’occultamento re, in banca, in albergo, ecc., le proprie è lacerante. Costringersi a parlare al sin- vacanze o qualche sventura domestica, golare, o impostare i propri discorsi omet- o il motivo di un ritardo o per cui si va tendo le desinenze, implica un’attenzione via prima, o come si è trascorsa la sera costante ed esagerata, sempre rivolta a ciò prima o il week end, è molto probabile che può essere detto o chiesto”. che la persona si trovi a rivelare il pro- Poiché le persone omosessuali crescendo prio orientamento sessuale, nominando nella società ne apprendono e assimilano la persona con cui condivide questi spazi gli stereotipi e i pregiudizi, è frequen- o momenti. Anche solo un commento o te, in misure e gradi diversi, il fenomeno una risposta ad una domanda banale può dell’omofobia interiorizzata, ovvero l’ade- diventare un momento critico in cui la sione conscia o inconscia da parte di per- 12
sone lesbiche e gay a pregiudizi, etichette suali, ritirandosi dalla vita di relazione, negative e atteggiamenti discriminatori di cercando di compensare con altre carat- cui essi stessi sono vittime, ciò può com- teristiche personali, adoperandosi in ogni portare difficoltà ad accettare serenamente modo per tenere questo aspetto nascosto il proprio orientamento sessuale, con con- e segreto (doppia vita, falso sé). seguenze come vergogna, senso di colpa, Ciò è efficacemente descritto dalla frase scarsa accettazione di sé, scarsa autosti- di Herek: “In una fase in cui gli adolescen- ma, depressione e stati ansiosi. ti imparano a socializzare, gli adolescenti A differenza infatti di altri gruppi stig- omo/bisessuali apprendono a nasconder- matizzati, ad esempio le persone che si”; un isolamento che può essere di tipo appartengono ad altri gruppi etnici, che affettivo (si distanzia emotivamente dai crescono in una famiglia e una comuni- familiari per paura del rifiuto, è seletti- tà di riferimento, nella quale acquisisco- vo, si ritira dalle amicizie, evita di par- no risorse e riferimenti e si rinforzano, lare di sé, ha relazioni asimmetriche in le persone omosessuali crescono in un cui ascolta e aiuta), di tipo cognitivo (non mondo eteronormativo, in cui spesso ap- ha informazioni accurate, ha costruito la prendono che l’omosessualità è qualco- sua identità su descrizioni distorte, stere- sa di negativo e pericoloso, e scoprono otipiche o controstereotipiche, è eccessi- solo successivamente di far parte di quel vamente dipendente dal giudizio altrui), gruppo, che sanno essere stigmatizzato oppure di tipo sociale (si sente “l’unico al e connotato negativamente, senza ave- mondo” nel suo contesto di riferimento, re la rete di sicurezza di una famiglia e si autoisola per non essere scoperto, vive comunità di riferimento a cui rivolgersi in una zona senza luoghi di ritrovo e con quando si viene presi in giro o peggio, mezzi comunicativi limitati). anzi, con una famiglia di origine e una Un fattore di grande influenza positiva comunità che spesso rappresentano il pri- su questo tipo di stato ansioso è legato mo ostacolo per l’accettazione. La rete di al processo del coming out: più alto è sicurezza la si acquisirà col tempo, grazie il livello di visibilità, meno l’omofobia alle associazioni, alle altre persone omo- sessuali conosciute, alle relazioni amicali e amorose, per cui si arriva a parlare di family of choice, di famiglia elettiva, che sostituisce la famiglia di origine che non sempre è stata in grado di accogliere il familiare dopo il coming out. Quando l’omosessualità è vissuta come elemento disturbante o deficit personale (omofobia interiorizzata), l’adolescen- te può reagire negando e sopprimendo i suoi desideri, cercando di cambiare, sforzandosi di essere eterosessuale, pro- vando disgusto verso gli altri omoses- 13
che gli stessi omosessuali condividono (omofobia interiorizzata)! Bibliografia: Beppato Giuliana, Scarano Maria Tina, Il libro di Tommi – Manuale educativo e didattico su scuola e omogenitorialità, Il Dito e la Luna, 2010. Bottino Margherita, Genitori omoses- suali, omogenitorialità e nuclei omo- genitoriali, in Trappolin, Luca (a cura di), Omosapiens 3. Per una sociologia interiorizzata influisce sulla vita perso- dell’omosessualità, Carocci, Roma, nale e di relazione. Una persona che non 2008, pp. 194-208. nasconde la propria omosessualità potrà Burgio Giuseppe, Adolescenza e violen- contare su un’identità e un’affettività più za. Il bullismo omofobico come forma- strutturate e riconosciute nel proprio con- zione alla maschilità, Mimesis, 2012. testo affettivo e sociale. Ciò va chiara- Gigli Alessandra, Maestra, ma Sara ha mente di pari passo con l’ambiente socia- due mamme? Le famiglie omogenitoriali le circostante e l’auspicato cambiamento nella scuola e nei servizi educativi, Gue- culturale e giuridico, nella direzione del rini Scientifica, 2011. riconoscimento dei diritti delle persone Lingiardi Vittorio, Citizen gay. Famiglie, omosessuali e dei loro legami affettivi e diritti negati e salute mentale, Il Saggia- famigliari, che, secondo gli studi scienti- tore, 2007. fici, ha dimostrato di avere un grosso im- Pietrantoni Luca, Prati Gabriele, Gay e patto positivo sul benessere psicofisico lesbiche. Quando si è attratti da persone degli individui, delle coppie e delle fa- dello stesso sesso, Il Mulino, 2011. miglie formate da persone omosessuali. Pietrantoni Luca, L’offesa peggiore. L’atteggiamento verso l’omosessualità: Indicazioni utili: nuovi approcci psicologici ed educativi, - Non confondere orientamento sessuale Edizioni del Cerro, 1999. e identità di genere! Prati Gabriele, Pietrantoni Luca, Buc- - Attenzione a pensare e a parlare di scel- coliero Elena, Maggi Marco, Il bullismo ta! omofobico. Manuale teorico-pratico per - Identità di genere e orientamento ses- insegnanti e operatori, Franco Angeli suale sono componenti importanti della 2010. persona, ma non le uniche! - Attenzione alle etichette e alle defini- Si consigliano inoltre, per chi lavora con zioni che si usano, perché non è detto che i bambini e i ragazzi, i libri delle edizioni siano quelle che la persona riconosce per Lo stampatello e Settenove, sui temi dei se stessa e utilizza per definirsi! ruoli di genere, dell’orientamento ses- - Attenzione agli stereotipi e pregiudizi suale e dell’omogenitorialità. 14
Stereotipi e ruoli di genere nella scuola primaria Pina Caporaso (insegnante) Partirei dal definire l’identità, ovvero già dai reparti di maternità o dal momen- quel complesso sistema di significati che to ancora precedente in cui si scopre di mette in relazione la persona con l’uni- essere in attesa di un figlio. verso socio-culturale in cui è immersa Cosa c’entrano gli stereotipi con tutto ed è tutto ciò che dà senso e coerenza questo? alla propria biografia. Nella definizione Gli stereotipi sono modalità cognitive dell’identità entrano in gioco numero- fondamentali per orientarsi nella realtà si e complessi fattori, dall’intreccio tra categorizzandola; si tratta di conoscenze passato-presente-futuro fino ai proces- pregiudiziali che applichiamo ai conte- si di identificazione e differenziazione. sti per semplificare la mediazione con il Riflettere sulla propria identità non è un reale e, dovendo permetterci di velociz- esercizio di stile; dovrebbe infatti aiutare zare, non sempre sono sottoposti a ve- a sviluppare le proprie capacità e i propri rifica. Ovviamente tranquillizzano gli/le desideri. individui/e circa il loro ruolo e ciò che Soffermiamoci sull’identità di genere, la società si aspetta da loro ma, trattan- laddove per genere non intendiamo il fon- dosi di visioni riduttive e semplificate, damento biologico-anatomico dell’esse- bloccano la capacità critica e la visione re umano, bensì la costruzione sociale e globalmente complessa dell’altro/a. Gli culturale della differenza sessuale. stereotipi di genere sono quelli per cui ci Per noi che lavoriamo con bambini/e aspettiamo che una persona si comporti o ragazzi/e, è molto importante capi- come la società ha codificato essere giu- re come si forma questa identità e quali sto secondo il genere a cui appartiene. siano i fattori che influenzano il ricono- Se trasliamo questa fotografia al mondo scimento e l’accettazione sociale legati dell’infanzia, ecco che dai giochi al ve- all’appartenenza al genere. Non a caso si stiario, dai libri ai programmi televisivi, usa la definizione di “socializzazione al tutto ci dice come devono comportarsi genere” per indicare tutto ciò che indiriz- i maschi e come devono comportarsi le za bambini e bambine verso comporta- femmine. Molti gli esempi: un noto ovet- menti ritenuti adeguati al proprio genere to al cioccolato che propone la confezio- di appartenenza. Come raccontano molti ne celeste e quella rosa con relativa sor- manuali di sociologia (cito uno tra i più presa interna differenziata, i siti di giochi noti, quello curato da Antony Giddens), on line che presentano giochi per ragazze questo processo comincia prestissimo, legati ai lavori domestici e di cura ma, 15
anni Settanta Bruno Munari, che è stato anche un grandissimo educatore sui cui lavori si sono formate generazioni di in- segnanti della scuola dell’infanzia e del- la scuola primaria, proponeva proprio la pluralità, ovvero l’offerta di molti mo- delli che comportino più elementi di co- noscenza e, di conseguenza, generazioni che crescono in ricchezza. Invece ora c’è una drammatica restrizione di modelli. Chiaramente, la sfida che abbiamo da- vanti si gioca sia a livello famigliare che scolastico ed è quella di riaprire l’oriz- Lego girl zonte delle possibilità. 1980 Un altro caso pubblicitario emblematico forse, il caso più eclatante, anche perché è quello di uno yogurt molto venduto e circolato molto nel dibattito sulla gende- questo esempio permette di capire che il rizzazione delle proposte per l’infanzia, è problema non riguarda solo l’infanzia. quello della Lego. Negli anni ’80, infatti, Lo spot che pubblicizza questo prodot- la pubblicità che accompagnava le co- to in Europa ha come protagoniste per- struzioni presentava bambini e bambine, sone di varie età, maschi o femmine, di sia separati che insieme, vestiti con abiti varie classi sociali, di varie generazioni semplici e di tanti diversi colori, che or- che saltano e si divertono all’insegna di gogliosamente mostravano ciò che ave- questo marchio. In Italia, invece, lo stes- vano realizzato. Gli slogan spesso inco- so prodotto propone: “Fate l’amore con il raggiavano l’autostima con frasi del tipo: sapore” e, in particolar modo, una donna “Qualunque cosa sia, è bellissima”. nuda e accucciata con una grande bocca In quei mattoncini colorati c’era un’at- disegnata sul corpo. tività di ideazione, progettazione, rea- Torniamo alla scuola. Chi decide che lizzazione, tutte abilità complesse che cosa è maschile e che cosa è femminile (a venivano messe in moto da quel gioco. parte la Lego, naturalmente)? Lo decido- Oggi la Lego, attraverso la linea Lego friends, propone una cosa diversa: mo- delli da costruire differenziati per maschi e per femmine. Ciò che colpisce è che in questi nuovi giochi i pezzi sono contati e formano solo e unicamente il modello proposto, declinato secondo il genere di appartenenza (salone di bellezza per le bambine, ad esempio). Si verifica, quin- di, un doppio blocco dell’immaginazio- ne e un danno ad essa gravissimo. Negli Lego 2015 La camera reale di Aurora 16
no principalmente tre agenti: la famiglia, ragazzi verso studi di carattere scienti- la scuola e la società. Vorrei concentrar- fico, soprattutto tecnologico, e quando mi con voi sulla scuola. La domanda è ci troviamo di fronte a percentuali così questa: la scuola è davvero un luogo di massicce vuol dire che non è il frutto solo parità? Perché il punto interrogativo? Ap- di una scelta o di una inclinazione indivi- parentemente noi abbiamo una situazione duale ma di un condizionamento che av- in cui le bambine vanno a scuola come i viene sia a livello familiare che a livello bambini, non siamo come in alcuni Paesi scolastico. Avviene, cioè, che il contesto in cui molte bambine non hanno anco- orienti verso una certa direzione, per cui ra accesso all’istruzione. Inoltre, non ci le ragazze e i ragazzi vengono indirizzati sono classi differenziate per maschi e per verso studi che si ritiene siano più adatti femmine, quindi c’è una compresenza al loro genere di appartenenza. dei due generi: allora dov’è la discrimi- Evelyn Fox Keller (Sul genere e la scien- nazione? Le donne sono l’81% del corpo za, 1987) afferma che il processo di for- docente, quindi non solo la scuola appare mazione dell’identità di genere ha pro- come un luogo di parità ma in cui, addi- dotto nelle nostre società “uomini che rittura, le donne sono più degli uomini. non sanno amare e donne che si tengono Pensate che il 71% delle ragazze si iscrive lontane dalla scienza”. Perché mette in all’università contro il 60% dei ragazzi. I relazione questi due aspetti? Perché, ov- tassi di ripetenza e di abbandono femmi- viamente, incoraggiando i bambini, i ra- nile sono inferiori; le ragazze hanno ef- gazzi e gli uomini adulti a tenersi lontani fettuato il cosiddetto “sorpasso” a metà dai luoghi di cura, si propone un modello degli anni Novanta, cioè hanno comin- molto machista; per cui chi diverge da un ciato a laurearsi di più e con voti più alti certo modello può essere facilmente og- rispetto ai colleghi maschi. Ad un primo getto di attacchi di bullismo omofobico. sguardo sarebbe tutto un mondo a favore A proposito della femminilizzazione del- della parità di genere. In realtà, invece, in la scuola: in quali segmenti del sistema ambito scolastico agiscono due tipi di se- di istruzione si colloca questo 81% di in- gregazione. La prima è una segregazione segnanti donne? Nella scuola dell’infan- formativa. Lo si vede dalla composizione zia (99% donne), nella primaria (95%), degli istituti superiori che frequentate e nella secondaria di primo grado (75%), conoscete: la maggior parte delle ragazze nella secondaria di secondo grado (60%). si indirizza verso studi di carattere uma- All’università, invece, le ricercatrici pre- nistico e letterario, la maggior parte dei carie sono il 43% mentre le associate diventano il 31% e le ordinarie il 16%. E’ chiaro che anche qui agisce un tipo di selezione. Gli ordini di scuola che sono ritenuti - erroneamente secondo me - di basso prestigio, che hanno a che fare con i bambini e le bambine, sono molto fem- minilizzati e gli uomini se ne tengono ben lontani. 2014 17
C’è un’altra questione: la pedagogia è ri- bine “più diligenti” nella loro materia e masta in silenzio verso questi fenomeni i bambini “più intuitivi”. Questa enor- oppure si è espressa? Rousseau, caposal- me differenza dà l’idea di come si stia do della formazione dei maestri e delle operando secondo un pregiudizio visto maestre, affermava nell’Emilio (1762) che, a livello neurologico, non esistono che “La ricerca delle verità astratte e spe- differenze tra maschi e femmine rispetto culative, dei principi, degli assiomi delle all’apprendimento della matematica. E il scienze, tutto quello che tende a genera- punto non è nascere intuitivi o diligenti; lizzare le idee non è affatto di competen- è che se da piccoli i maschi giocano con za delle donne: i loro studi devono essere le costruzioni e le bimbe hanno sempre volti alla pratica; a loro spetta applicare una bambola in braccio, probabilmente i principi che l’uomo ha scoperto”. Già svilupperanno anche competenze e abili- dalla fondazione della pedagogia, que- tà legate a quel tipo di attività... sta rigida separazione tra gli uomini che “Ci sono state solo due donne matema- debbono attenersi ad un ambito e le don- tiche nella storia, Sofja Kovalevskaja ed ne ad un altro era ben presente. Rita Levi Emmy Noether: la prima non era una ma- Montalcini racconta in molti scritti auto- tematica, la seconda non era una donna”, biografici la grandissima fatica che fece così recita una battuta di Hermann Weyll, per convincere suo padre a farla iscrivere matematico tedesco allievo di Hilbert, - dopo aver frequentato una facoltà uma- che declassa a non-matematiche una ma- nistica - ad una facoltà scientifica; e sap- tematica che era anche poeta (Sofja Ko- piamo poi chi è diventata. valevskaja) e una matematica non bella Cos’è che agisce in questa direzione a esteticamente (Emmy Noether). Tutto scuola? Spesso le insegnanti, pur non vo- questo ci rimanda al rapporto tra don- lendo, veicolano contenuti che tengono ne e scienza e a come vi sia stata spes- lontani i bambini dagli ambiti umanisti- so anche ostilità aperta nei confronti di ci e le bambine dagli ambiti scientifici. tale “frequentazione”. Qualche anno fa Questo convegno ha un titolo indovina- a Bologna si è tenuta un’importante mo- tissimo - “Il curricolo nascosto” - perché stra relativa ai Nobel negati alle donne di il curricolo (ciò che dovremmo trasmet- scienza, personaggi del calibro di Rosa- tere come insegnanti) è composto da una lind Franklyn o Lise Meitner. parte esplicita, che sono i contenuti del- Vorrei citare anche una ricerca interes- le materie, e da una parte implicita, che sante fatta in alcuni licei di Verona. E’ non viene ufficializzata né scritta ma che stato chiesto agli studenti e alle studen- veicola fortemente la socializzazione ed tesse di trovare degli aggettivi per defi- educazione al genere. nire la scienziata e lo scienziato. Per gli Per esempio, quando come insegnanti studenti maschi la scienziata è: “rigorosa, abbiamo cominciato a mettere a punto pignola, coraggiosa, zitella, non ha tem- questo sguardo critico rivolto al nostro po per altro, emozionale”. Per le studen- stesso lavoro, le colleghe che insegnano tesse è: “intraprendente, determinata, fa matematica mi hanno detto che loro si rinunce, curiosa, fortunata, intelligente, riconoscono nel fatto di definire le bam- intuitiva”. 18
Invece lo scienziato per gli studenti ma- ci, non vengono quasi mai utilizzate. Di schi è: “logico, pratico, sposato, bello, recente l’Accademia della Crusca ha af- più consueto rispetto alla scienziata, spi- fermato: “Usatele, noi le usiamo”. Se c’è rito libero, guadagna”. Per le studentesse un sindaco donna si può dire “sindaca” è: “cinico, geniale, squattrinato, intuiti- perché in italiano i nomi che finiscono in vo”. “o” formano il femminile in “a”. Perché Possiamo quindi considerarci immuni, se io dico “maestro”, non ho difficoltà a come insegnanti, da questa esclusione? dire “maestra”? Stessa cosa con “segre- O forse dovremmo anche noi fare i con- tario” e “segretaria”: perché sono parole ti con la riproposizione - inconsapevole, che conosco, che fanno parte delle nostre involontaria, eppure presente - di questi abitudini. Ma se dico “sindaca” o “av- (pre)giudizi? vocata”, si tratta della stessa formazio- Un ultimo tema: il linguaggio, questione ne grammaticale. Allora perché non uso fondamentale perché veicola moltissimi queste declinazioni femminili? Perché contenuti dei quali non ci rendiamo con- siamo molto meno abituati a vedere le to. Intanto occorre ricordare che il lin- donne occupare queste posizioni sociali guaggio ha una storia, viene da una tradi- e lavorative, è unicamente per questo. zione culturale. Per esempio, se io dico: Un’altra raccomandazione che si fa è per “l’uomo della strada” oppure “la donna i nomi che finiscono in “ente” (“dirigen- di strada”, non sto comunicando la stes- te”, “presidente”): è sufficiente mettere sa cosa. Dicendo “l’uomo della strada” l’articolo (“il presidente” o “la presiden- mi riferisco al senso comune; se dico “la te”, “il dirigente” o “la dirigente”: perché donna della strada” indico una prostituta. non li devo nominare correttamente?). Ma il punto non è (solo) questo. Il sessi- “Infermiere” al femminile fa “infermie- smo viene fuori, ad esempio, quando sce- ra”, quindi il femminile di “ingegnere” è gliamo di nominare sempre e solo al ma- “ingegnera”; però perché in un caso que- schile. Quando si insegna storia e si dice sta forma è consueta e nell’altro caso no? “la storia dell’uomo”, dobbiamo essere Non è una questione di cavilli, se usassi- consapevoli che stiamo dicendo “dell’uo- mo “infermiere” anche per le donne che mo” e non “degli uomini e delle donne”; svolgono questo lavoro, allora lo potrei si potrebbe dire “la storia dell’umanità”. capire; ma siccome per quella professio- Quando usiamo “uomo” come universale ne usiamo il femminile e per quell’altra neutro sappiamo che si potrebbe utilizza- no, allora c’è un problema culturale. re la parola “persona”, che include sia uo- mini che donne ed è quindi il termine più rappresentativo. Queste osservazioni fu- rono avanzate per la prima volta in forma sistematica da Alma Sabatini nel 1987. Si tratta delle Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana e, pur essendo state adottate dalla Pubbli- ca Amministrazione per l’uso negli uffi- 19
Il dispositivo dell’esclusione: l’omofobia a scuola Davide Zotti (docente scuola superiore e responsabile nazionale scuola Arcigay) … la problematizzazione di un tipo le condizioni affinché a scuola le ragaz- di desiderio presuppone che possano ze e i ragazzi omosessuali e transessuali essere considerate «normali» solo le vivano il più possibile con equilibrio e persone che amano quelle del sesso serenità la scoperta e la costruzione delle opposto, per di più dello stesso co- loro identità, incontrando modelli positi- lore di pelle, della stessa età, dello vi e relazionandosi autenticamente con stesso ambiente sociale, della stessa religione e appartenenti alla stessa coetanei e docenti. cultura. In realtà questo presupposto Come andrà a finire? Perché accade an- non ha alcun fondamento razionale. cora che progetti come quello del caso Si fonda su un postulato arbitrario riportato vengano bocciati dai colle- che consiste nel credere alla supe- gi docenti, dai consigli di istituto o ad- riorità della tendenza eterosessuale dirittura rimangano chiusi nei cassetti e alla doxa etnocentrica per cui è delle scrivanie dei dirigenti scolastici? meglio restare a casa propria piutto- Per alcuni docenti e dirigenti scolastici sto che esporsi alle differenze, ses- questi temi sono letteralmente scomodi, suali, culturali, sociali generazionali forse i più scomodi: non si può parlare e/o politiche. D. Borrillo, L’homophobie, 2001 di omosessualità e transessualità a scuo- la, sono argomenti che vanno affrontati Inizio anno scolastico, mese di ottobre. eventualmente in famiglia, non in uno Si sta svolgendo un collegio docenti in spazio pubblico come la scuola. E poi c’è cui si discutono e, nella maggior parte il timore che le famiglie scrivano lette- dei casi, si approvano i progetti rivol- re di protesta, non mandino i propri figli ti agli studenti. Il tutto avviene con una a scuola nei giorni in cui si svolgeranno certa regolarità: si elencano i contenuti, quelle attività. È meglio rinviare, aspetta- le classi coinvolte; c’è di tanto in tanto re che i tempi maturino, e comunque alla un po’ di discussione sui costi di alcuni fine «problemi di questo tipo nella nostra progetti. Ma tutto procede più o meno scuola non esistono». nella norma. Non parlarne, evitare l’argomento, sot- Eppure questa volta il ritmo si arresta e tacere, ignorare, escludere dal discorso. inizia un’accesa discussione: ma su che Il silenzio più o meno esplicitamente cosa si discute? Alcuni docenti stanno imposto è uno dei principali fattori che presentando un progetto per affrontare alimentano il dispositivo dell’esclusione: il problema dell’omofobia e per favorire prima dell’insulto, prima della violenza fisica e dell’isolamento dal gruppo dei 20
pari è il silenzio che cancella, che taglia avvallano con il loro silenzio, con una fuori le identità omosessuali e transes- battuta o minimizzando il problema, la suali, in quanto non assimilabili a mo- sofferenza della vittima, la situazione di delli predominanti, soprattutto quello crisi, i vissuti di sconfitta esistenziale e maschile eterosessuale. E forse a partire sociale. da questa prospettiva possiamo provare a Invece è la scuola che per prima è impe- comprendere come l’omofobia in ambito gnata a costruire ambienti in cui il conflit- scolastico riceva dal più ampio e artico- to tra differenze possa diventare intera- lato contesto sociale quella caratteristica zione e confronto, affinché la costruzione che la fa essere espressione di un’ideolo- dell’identità di ciascuno studente si rea- gia fondata sull’eterosessismo che nega, lizzi attraverso il riconoscimento dell’al- denigra e stigmatizza ogni comporta- tro e non attraverso il suo annullamento. mento, identità e relazione non eteroses- Perché se per ogni adolescente la posta suale. Un’ideologia autoreferenziale, che in gioco forse più importante è il “chi non tiene conto della realtà, dei dati em- sono”, per l’adolescente omosessuale in pirici, delle critiche ma che tende invece molti casi questa posta può trasformarsi ad affermarsi per la sua operatività, per il in una sfida impossibile, o possibile solo fatto che risponde a bisogni individuali e a costi personali troppo elevati. Il bambi- sociali, a scapito però di una categoria di no, prima ancora di aver compreso il pro- persone, di una minoranza. prio orientamento sessuale, non solo non Come sostiene Giuseppe Burgio nel suo trova modelli positivi per rappresentarsi bel libro Adolescenza e violenza. Il bul- la condizione omosessuale (nell’imma- lismo omofobico come formazione alla ginario collettivo, nei contesti sociali di maschilità, pubblicato da Mimesis nel vita, nelle narrazioni scolastiche e fami- 2012, l’omofobia contribuisce alla co- liari, nei mass media) ma apprende di so- struzione sociale dell’identità maschile, lito lo stigma sociale che pesa sulla vita una costruzione che implica la distruzio- delle persone omosessuali e transessuali. ne dell’altro (l’omosessuale o il transes- L’uso di epiteti volgari (“frocio”, “cu- suale), la sua marginalizzazione, la sua lattone”, “lesbicona”, “ricchione”) o di esclusione, anche attraverso la derisione, termini che addirittura escludono l’omo- l’insulto, la violenza. Un dispositivo che, come si può facilmente intuire, lavora al meglio quando gli attori del contesto (personale scolastico, coetanei, genitori) non vogliono vedere, non intervengono, non riconoscono le dinamiche che por- tano il fisiologico conflitto tra differen- ze, così numerose nelle nostre scuole, a trasformarsi in violenza verbale, fisica e psicologica. O addirittura quando questi attori, che hanno responsabilità educati- ve, mi riferisco ovviamente agli adulti, 21
sessuale dall’orizzonte “naturale” (“con- faticosa, il più delle volte portata avanti tronatura”, “anormale”, “scherzo della in solitudine o con l’aiuto di pochi per natura”)1 contribuisce sostanzialmente a destrutturare l’immagine negativa in- definire l’identità omosessuale e transes- troiettata (“sono sbagliato, cosa non va suale come qualcosa di profondamente in me?”, “perché non sono come gli al- indesiderabile, non solo ignorata social- tri?”, “sono malato e devo curarmi”). Poi mente ma denigrata e discriminata. La deve provare a definirsi, a raccontarsi, stessa parola gay, entrata oramai nel vo- agli altri e a se stesso, come omosessua- cabolario italiano, viene usata come un le o transessuale, a concepirsi e ad agire insulto generico, sinonimo di incapace, come soggettività piena, in una quasi to- codardo, inetto, senza fare riferimento tale assenza di modelli e di rappresenta- all’orientamento sessuale della persona zioni sociali positive. Definire la propria a cui è rivolto. Una condizione esisten- identità attraverso la rivendicazione della ziale, l’omosessualità, ridotta al rango di legittimità e dignità dei propri desideri ingiuria. Se a questo si aggiunge, proprio affettivi e sessuali è passaggio obbligato nel nostro Paese, la pericolosità per un per ogni donna e per ogni uomo, un pas- omosessuale di esprimere liberamente la saggio culturale, in senso antropologico, propria affettività in pubblico o la totale che ha bisogno di socialità e di condivi- mancanza di diritti individuali e sociali, sione. L’omosessuale raramente afferma ad esempio quello di formare una fami- fin dall’inizio la propria identità con gli glia, non possiamo sorprenderci se un altri (la famiglia, gli amici, i compagni di adolescente omosessuale, che si affaccia classe, ….). Nella maggior parte dei casi al mondo degli affetti, della sessualità e si autodefinisce per sottrazione rispetto delle relazioni amicali, debba iniziare a agli altri, non sono come, non desidero compiere un percorso il più delle volte come, non amo come gli altri. Pensiamo tutto in salita e doloroso per affermare se quanto sia frequente nei contesti adole- stesso, nonostante gli altri e la società. scenziali, sia femminili che maschili, Prima di tutto egli deve provare a disim- condividere con i coetanei le prime cotte, parare tutto quello che di negativo ha le prime delusioni, le prime conquiste. appreso dalla società stessa, quello che Per l’omosessuale questa esperienza non gli psicologi chiamano omofobia interio- solo non viene quasi mai condivisa ma rizzata, operazione quanto mai difficile e di solito viene autocensurata, vissuta con senso di colpa, nascosta come una vergo- 1 Ad esempio nell’ultimo periodo si è intensi- gna. Solo dopo un certo periodo di tem- ficato l’uso scorretto e ossessivo dell’aggettivo po può essere presa in considerazione la “naturale” accanto a famiglia per ribadire che strategia del coming out, vale a dire rac- una famiglia è formata esclusivamente da un uomo e una donna, escludendo in questo modo contare/svelare ad una persona la propria tutte le famiglie formate da persone dello stesso omosessualità. Il coming out non è una sesso con o senza figli. A titolo di esempio si semplice comunicazione di un aspetto di rimanda alla Deliberazione della Giunta regio- sé, è un raccontarsi, è provare ad affer- nale del Veneto n. 2268 del 27 novembre 2014 mare la dignità dei propri desideri, la pro- per l’istituzione della Festa della famiglia na- pria posizione esistenziale rispetto e in turale.. 22
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