FACOLTÀ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE

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Università degli Studi di Genova                       Facoltà di Scienze della Formazione

    FACOLTÀ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE

                                   CORSO DI LAUREA IN
                                      PSICOLOGIA

                           THE FOOL ON THE HILL
                        Le Geometrie di Menti Irregolari

                                                  Relatore: Prof.ssa Francesca Vitali

                                              Correlatore: Prof.ssa Mirella Zanobini

                                                            Candidato: Igor Mazzetti

                                     ANNO ACCADEMICO
                                         2010/2011
Ai miei Maestri
Indice

INTELLIGENZE.........................................................................................................1
Introduzione
LE MILLE VOCI.........................................................................................................6
Capitolo primo
  Origini......................................................................................................................7
  Approccio Psicometrico.........................................................................................8
  Approccio Unidimensionale...............................................................................12
  Approccio Multidimensionale............................................................................16
IL MONDO DENTRO............................................................................................26
Capitolo secondo
  Il Ritardo Mentale.................................................................................................27
  Diagnosi e Classificazione...................................................................................27
  Valutazione............................................................................................................33
  Semeiotica..............................................................................................................35
  Etiologia.................................................................................................................37
  Disabilità Intellettiva............................................................................................40
GEOMETRIE............................................................................................................45
Capitolo terzo
  La Scuola................................................................................................................47
  Il Lavoro.................................................................................................................58
PICCOLI E GRANDI MAESTRI..........................................................................67
Conclusione
BIBLIOGRAFIA.......................................................................................................77
INTELLIGENZE

       Introduzione

                          ...Day after day alone on the hill
                          the man with the foolish grin
                          is keeping perfectly still
                          but nobody wants to know him,
                          they can see that he's just a fool
                          and he never gives an answer...

     Ho conosciuto Filippo D. nel 2008. Ho lavorato con lui per tre anni. In qualità di

Educatore lo aiutavo a svolgere i compiti, andavamo a prendere il gelato, facevamo

passeggiate per la città. Il mio tentativo era quello di arginare i suoi comportamenti

inappropriati e, così, cercavamo di capire, insieme, il perché agisca come agisce,

talora in maniera incongrua e inadeguata col mondo. E con gli altri. Ormai è

diventato un fratello minore, ci intendiamo senza parole, e capisco cosa pensa anche

solo guardandolo.

     La diagnosi di Ritardo Mentale Moderato è stata effettuata dall'Istituto di Cura

a Carattere Scientifico Stella Maris di Pisa.

     Ogni fenomeno esistenziale si traduce in uno specifico fatto sociale quando

entra in contatto con il mondo, e gli atteggiamenti comuni che ne derivano

rappresentano senz'altro una sintesi tra cultura e individualità. In tal senso possono

coesistere differenti immagini della Disabilità, storicamente determinate, le cui

rappresentazioni non sono mai esplicite, ma “deducibili attraverso un processo di

ricostruzione, partendo da alcuni segnali che si intravedono nei discorsi”, limbo e passaggio

                                                   1
in quel sottosuolo antropologico fatto di paura, disperazione, precarietà ed etica

condivisa, motore dell'intervento a favore della Persona con Disabilità (Lepri, 2011).

     Nei miei studi universitari ho incontrato molti autori e molte discipline che

approfondivano il tema del Ritardo Mentale, dell’intelligenza, con molteplici e

articolate teorie che spiegano la natura di questa nostra abilità/disabilità. In genere,

devo dire di essermi accomodato alle informazioni apprese, in modo discretamente

cieco e acritico. Solo quando mi trovai con Filippo la prima volta per tre ore, da soli,

compresi davvero quello che avevo studiato meccanicamente per anni. Inizialmente

credevo di potermi accomodare a un ruolo predeterminato, essendo solamente un

tecnico, un “soldato che esegue gli ordini”, senza particolari idee, senza necessaria

volontà. Presto compresi che il mio lavoro sarebbe stato, al contrario, un insieme di

invenzione, senso critico, autocritica, intuizione, passione, arte: dovevo utilizzare

tutte le mie risorse e conoscenze, tutto ciò che ero e sono, per risolvere un problema.

Dovevo essere intelligente.

     Solo di fronte alla realtà mi interrogai sul senso, sull'origine di questa parola,

Intelligenza, per capire il significato della sua mancanza o della sua minore presenza,

situazione che avevo concretamente di fronte, e che dovevo affrontare, in un certo

senso, ricomponendola.

     Siccome ogni parola è sintesi di un significato, per la mia riflessione sono

partito dall'inizio. Il Vocabolario Etimologico Italiano, definisce intelligenza la facoltà

o l’attitudine d'intendere prontamente, l'atto del comprendere e del distinguere

(Pianigiani, 1907).

     Deriva dalla parola latina “intelligentia”, sostantivo, dal verbo "intelligere".

Quest’ultimo è composto da inter, tra, e legere, ovvero leggere, scegliere, cogliere,

legare; per cui il significato originario rimanda alla facoltà di saper scegliere, e

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quindi, in senso astratto, conoscere, distinguendo il falso dal vero con l'intelletto, e

quindi comprendere e capire.

     Si può affermare, dunque, che l’intelligentia appartiene a chi è intelligens, ovvero

a chi sa capire la realtà e intendere il mondo circostante, riuscendo a cogliere i nessi

fra i vari momenti dell’esperienza. Banalmente si potrebbe riassumerne il significato

nella locuzione "leggere tra le righe", e dunque stabilire nella propria mente delle

correlazioni, dei legami, tra gli elementi.

     La finalità del mio lavoro di Tesi, oltre quella di arricchimento personale con

l’accrescimento di riflessioni ed esperienze dirette sull'argomento, è sostanziata dalla

curiosità di capire che tipo di prospettive possa avere un giovane individuo che,

genericamente, possiede un grado di intelligenza minore rispetto alla media.

     A quali studi si potrebbe avviare? Come potrebbero essere da lui vissuti? Chi

potrebbero essere i compagni, i professori? Quali figure si potrebbero occupare di lui

lungo il cammino scolastico, già insidioso per tutti i ragazzi, e maggiormente per chi

non ha gli strumenti intellettivi adeguati per ordinare il disordine della vita?

     Nella percezione generale, le persone con Ritardo Mentale rimangono bambini,

eternamente incompiuti, senza crescere e senza evolvere mai. Il violento senso

comune non permette loro di trovare il proprio ruolo, il proprio spazio nel mondo,

quindi la propria Identità. Se è vero che il lavoro che facciamo concorre a far capire a noi

chi siamo, quale possibilità di esistenza, e quindi di costruzione dell’Identità, possono

avere queste persone? Quali programmi istituzionali si occupano del loro

inserimento scolastico e lavorativo? E questi, sono realmente efficaci nel loro scopo,

oppure rappresentano solo una chimera o una cattedrale nel deserto? Che gli

individui con Disabilità Intellettiva debbano essere solamente protetti, accuditi dalla

famiglia, dalla società? O forse la famiglia e la società devono essere protette da loro?

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Nel primo capitolo, che costituisce la parte squisitamente scientifica del mio

lavoro, affronto, in maniera introduttiva, alcuni capisaldi teorici legati agli studi

sull'intelligenza e alla sua misurazione. Successivamente la trattazione verterà sui

disordini intellettivi, analizzandone i sintomi, la classificazione, l'insorgenza e tutti

gli elementi che concorrono al riconoscimento della diagnosi e della Disabilità. Nel

terzo, tenterò di individuare i percorsi scolastici e lavorativi possibili e "pensabili" per

le persone che vivono questa condizione, presentando una ricerca accurata dei

diversi ambiti interessati, dalla legislazione scolastica a quella del lavoro, dall’analisi

dei contributi della pedagogia, a quelli della psicologia del lavoro e della didattica,

insieme alla riflessione riguardo le proposte riabilitative formulate dai professionisti

della mente e le testimonianze tecnico-operative degli esperti in materia quali

educatori, insegnanti e personale amministrativo.

     Al culmine di questo percorso universitario che volge al termine, sento che

questo lavoro, pur nella più rigorosa cornice tecnica e teorica implicita nella sua

natura, può, anzi deve darmi, nei suoi risvolti di meta-riflessione, la possibilità di

argomentare intorno al senso e significato profondo della professione che prima o

poi svolgerò.

     Lo devo a me stesso e a chi mi ha supportato e aiutato fin qui, rendendo

possibile tutto questo. E lo devo anche a Filippo, piccolo e grande Compagno di

pomeriggi normali e straordinari trascorsi insieme, in tre anni di vita, brevi e lunghi

ad un tempo, durante i quali ho imparato che andare oltre noi stessi è una risorsa e

insieme un dovere, in un mondo sordo e svogliato che frettolosamente non aspetta.

     In uno dei miei giorni con Lui, successe la cosa che accese il mio interesse per

quanto sin qui introdotto. Reduce da un esame universitario andato piuttosto male,

non ero certamente al massimo della forma: ero stanco e sconfortato. Appena entrato

dalla porta, Filippo mi chiese subito, senza filtri: "Sei arrabbiato?". Colpito ma non

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sorpreso gli risposi di no, così misi immediatamente la faccia da lavoro, cercando di

dimenticare la giornata, per svolgere al meglio il mio ruolo di educatore. Tuttavia, il

cattivo umore era presente in me, e strisciante, dipingeva lo sfondo dei miei sorrisi e

delle mie parole. Nonostante simulassi prontezza e lievità, il retrogusto amaro di una

giornata storta imprigionava il sole come la foschia in una stanca e umida mattina

d'inverno. Leggere attraverso: se questo è il significato vero e antico di “intelligenza”,

quel giorno mi trovai in presenza dell'Intelligenza più limpida, incontaminata e bella

mai incontrata prima.

      Per tutta la giornata, Filippo si è preso cura di me: ha capito, ha letto tra le mie

righe l'amarezza. Teneramente, al suo modo, che è particolarissimo, sconclusionato,

nelle parole, nei modi, nei gesti, con le sue stereotipie, i neologismi bizzarri, con le

sue concezioni sulla vita del tutto arbitrarie e fantasiose, sapendo dunque di essere

simpatico e commovente nell'essere come è Lui, è stato libero di farmi sentire il suo

affetto, perché sicuro di me, che mai sono stato canzonatorio o squalificante. Lui ha

cercato di farmi ridere per tutto il tempo, grazie a questa sua lucidità inconsapevole,

sgorgata dall'eternità della sua Anima, quella di un ragazzo meno intelligente degli

altri per il suo quoziente intellettivo, ma più Intelligente di me, nel saper leggere

l'oltre.

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LE MILLE VOCI

       Capitolo primo

                         ...head in a cloud,
                         the man of a thousand voices
                         talking perfectly loud
                         but nobody ever hears him
                         or the sound he appears to make
                         and he never seems to notice...

     Nel corso della storia dell'uomo, l'intelligenza è stata oggetto di ricerca e

riflessione proprio per il suo carattere fluido, impalpabile, multiforme, che

sicuramente non ne ha facilitato una definizione universalmente condivisa. Il

significato sottostante l'etichetta esiste già, perché descrive una delle funzioni

principali dell'essere umano, pertanto oggetto di indagine dei grandi uomini di

cultura del passato, che da sempre tentano di spiegare il processo di comprensione

della realtà, che parte da regole che guidano i nostri sensi fino alla capacità di

assemblare concetti e idee. L'uomo la conosce, la può chiamare, ma la scienza e la

psicologia la sfiorano soltanto, per l'esigenza di attenersi a quella onestà intellettuale

propria della dottrina empirica.

     Di seguito propongo, descritte brevemente, alcune delle più importanti teorie

che tentano di spiegare la natura e il funzionamento dell'intelligenza umana, le quali

ancora oggi definiscono le traiettorie di studio di questa nostra capacità complessa,

nella speranza di comprendere il comprendere la realtà.

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Origini

     I primi studi sull'intelligenza condotti con rigore scientifico risalgono alla fine

del XIX secolo. Sir Francis Galton nel suo laboratorio condusse esperimenti per

sondare la capacità di comprensione, che partirebbe dall'efficienza dell'elaborazione

sensoriale in termini di velocità e accuratezza. Cimentandosi nella misurazione delle

facoltà intellettive, lo scienziato utilizzò compiti di discriminazione sensoriale, perché

una più profonda e precisa qualità della percezione nel cogliere differenze tra gli

stimoli fornirebbe una più solida base d'azione e di giudizio, aumentando così il

livello intellettivo generale (Galton, 1883).

     Partendo da questi presupposti, nell'Anthropometric Laboratory da lui stesso

fondato, propose la somministrazione di una serie di prove psico-sensoriali che

permettessero di evidenziare la mappa delle capacità cognitive, in modo da predire

l'eventuale successo scolastico e accademico, indicatore di una maggiore o minore

qualità intellettiva. Questi studi non evidenziarono una correlazione tra i due

indicatori, ma la loro vera importanza consistette nell'impiego di scale di valutazione

e questionari nell'analisi delle differenze individuali.

     L'intuizione che alcune caratteristiche personali possano essere rappresentate

con una curva di distribuzione di probabilità simile a quella normale è tutt'ora

accreditata a Galton, mentre l'elaborazione del primitivo coefficiente di regressione,

poi ripreso, ampliato e perfezionato dall'amico e collega Carl Pearson, gli permise di

dichiarare che l'intelligenza, o genio, rappresenta una dimensione assolutamente

ereditaria dell'essere umano (Gangemi, Miceli e Sprini, 2003).

     Le conclusioni tratte da questi studi evidenziarono quanto il prestigio sociale

dei genitori, indice di un alto livello intellettivo espresso e coltivato grazie a percorsi

formativi e lavorativi di qualità superiore, venisse trasmesso ai figli. Alle porte del

                                                7
secolo scorso l'Eugenetica, come venne definita, tentò in questo modo di spiegare le

differenze individuali e sociali, dato che la sua estensione verso la pratica tese a

discriminare qualitativamente i diversi strati di popolazione, così come i vari gruppi

etnici.

      Il modello psicologico differenziale ormai è largamente superato dal punto di

vista metodologico, pratico ed etico. Tuttavia Galton risulta essere stato tra i pionieri

dell'applicazione dei metodi statistici all'analisi di caratteristiche antropologiche.

Proprio al seguito di questo fervore epistemologico, James McKeen Cattell, nel 1890,

incrementa il numero di strumenti utili di indagine, potenziandone la qualità,

divenendo così profondo assertore del Mental Testing. Egli presenta la prima batteria

di test volta a misurare l'intelligenza composta da dieci prove, alcune di tipo

psicofisico, altre di tipo mentale, prototipo delle successive scale di valutazione.

      Grazie a questi studiosi l'approccio psicometrico acquisisce una sostanziale

importanza nell'ambito degli studi sull'intelligenza, e con la ricognizione circa la sua

presenza, assenza, maggiore o minore rilevanza, scienziati, antropologi e psicologi

cercano di disegnarne i confini, attingendo dalla pratica idee significative ed efficaci

per meglio definire, immaginare e spiegare, grazie alla certezza del numero, la nostra

funzione più complessa.

Approccio Psicometrico

      Alfred Binet rimane tra i più brillanti e famosi studiosi dell'intelligenza. Egli

ebbe il grande merito di aver costruito uno strumento consacrato alla storia della

psicologia, base e ispirazione dei moderni test di intelligenza, benché la sua ricerca

non si limitò alla semplice misurazione di una abilità. Con il suo pensiero pose

numerosi quesiti sulla natura e definizione della funzione mentale per eccellenza

                                                8
mosso da spirito innovatore, ma al contempo legato alla tradizione della psicologia

francese (Gangemi e Cardaci, 1996).

     Si deve all'autorità scolastica francese dei primi anni del XX secolo la

costruzione de l'Echelle Métrique de l'Intelligence, commissionata a Binet, che redasse

insieme al suo collega Théodore Simon. La direttiva principale del governo che i due

studiosi dovettero seguire fu di trovare uno strumento che avesse la capacità chiara e

affidabile di individuare, tra gli studenti della scuola statale, coloro i quali

presentassero limiti o difficoltà di apprendimento, al fine di somministrare curricula

adeguati alla velocità e qualità mentale del singolo.

     Nella sua psicologia differenziale Galton eleggeva nel distinguere, dove chi ha

più intelligenza avrà maggior successo perché nato con il prestigio di una genetica

aurea, con le chiare conseguenze sociali trattate in precedenza, mentre Binet e Simon,

mossi certamente dall'interesse scientifico, agiscono sul senso comune in modo

diametralmente opposto. Per i due Autori la misura dell'intelligenza non deve servire

a incoronare i migliori, quanto a comprendere i meno dotati che necessitano di un

sostegno teso a colmare eventuali difficoltà. È importante, a mio avviso, notare

quanto sia stato forte il bisogno di definire il diverso per aiutarlo, dandogli un volto,

un nome, un fondamento tangibile, a promuovere l’elaborazione di uno metodo di

valutazione che vive ancora adesso nei suoi più moderni e avanzati eredi.

     La prima versione della scala metrica per la valutazione dell'intelligenza risale

al 1905. Essa permetteva l'indagine su soggetti di età compresa tra i tre e i dodici

anni, e i contenuti delle prove riguardavano diverse funzioni mentali, quali la

memoria, la comprensione di parole, di frasi e di immagini. I punteggi ottenuti dal

soggetto venivano confrontati col profilo scolastico della corrispondente fascia di età,

assumendo le proprietà di un valore di fatto, empirico. Questa versione era articolata

in trenta compiti in ordine di difficoltà crescente e organizzati secondo livelli

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prestabiliti, sebbene Binet non ne specificasse i limiti da un punto di vista

quantitativo.

     La seconda versione della scala, edita nel 1908, constava di cinquantasette prove

la cui applicabilità si riferiva alla stessa fascia di età della sua precedente

formulazione, così come l'ordine dei compiti collocati per difficoltà crescente, ma la

possibilità di classificare i soggetti in base a livelli di un anno costituiva l'importante

evoluzione dello strumento. Vengono aggiunti ulteriori domini, quali l'intelligenza

pura e semplice, le acquisizioni extrascolastiche possibili in anticipo, le acquisizioni

scolastiche, le acquisizioni relative al linguaggio e al vocabolario. Anche gli aspetti

statistici vennero migliorati, permettendo a Binet di rilevare una sensibile variabilità

nelle prestazioni tra soggetti contemporanei, dove, alcuni in anticipo, altri nella

norma, altri in ritardo, esprimevano il loro personale percorso evolutivo.

     Nella sua continua ricerca Binet intuì che il pensiero infantile non si differenzia

da quello adulto solo per quantità, ma anche per forma, consapevolezza che

condusse alla formulazione, nel 1911, dell'ultima versione della scala di valutazione

dell'intelligenza, che comprendeva lo stesso numero di prove, cinque per ogni livello,

includendo nell'indagine anche soggetti adulti, in piena armonia con le ultime

calibrazioni della teoria sopra citate.

     “Per l'intelligenza il termine di misura non è qui inteso in senso matematico: non

indica il numero di volte che una quantità è contenuta in un'altra. L'idea di misura si riduce

per noi a quella di classificazione gerarchica” (Binet e Simon, 1905). Infatti l'obiettivo

degli Autori non è di fissare una quantità che rappresenti la semplice somma delle

prove superate, ma di pervenire a un numero che sia simbolo di significato, di

qualità, utile per fornire una sintesi estrema del percorso evolutivo raggiunto al

momento della somministrazione, per praticità e semplicità comunicativa (Zazzo,

1962).

                                                 10
La scala metrica per la valutazione dell'intelligenza assunse il formato tipico del

test psicometrico con il nome di “Stanford-Binet Intelligence Scale” dal 1916, grazie

all'indispensabile contributo di Lewis Terman nel suo adattamento alla popolazione

americana. La nuova versione, sia per standardizzazione che numero di prove, si

differenziò da quella ultimata da Binet soprattutto per la sostituzione del concetto di

livello mentale con quello di quoziente di intelligenza, misura che sembrò rimuovere la

connotazione empirica della nozione precedente. Il Quoziente Intellettivo di

Rapporto inizialmente venne espresso su scala ordinale, e per tale motivo, insieme

all'incapacità di affrancarsi dallo strumento utilizzato, non ancora liberamente

riassuntivo del costrutto.

     Sarà Wechsler nel 1939 a superare questo limite metodologico con

l'elaborazione di un nuovo sistema esplicativo: il Quoziente di Deviazione. La prima

scala di intelligenza Wechsler-Bellevue utilizzò un quoziente trasformato in punti

standard riferiti a una distribuzione normale, con punteggio medio di cento e

deviazione standard di quindici, al fine di assicurare alla misura quella solidità

statistica manchevole nella precedente. Tale processo consentì non solo di

confrontare i punteggi appartenenti a soggetti di differente età, ma anche risultanti

da altri test, perché non necessariamente legati a essi.

     Così come per i suoi predecessori, l'obiettivo di Wechsler consisteva nel

misurare l'intelligenza degli adulti e degli infanti nelle sue molteplici componenti. A

tale proposito l'Autore combina in un unico test diverse batterie già elaborate e

garantite da altri psicologi, formulando una scala articolata in undici sub-test, di cui

sei concorrono all'individuazione di un Quoziente Intellettivo Verbale, mentre cinque

si riferiscono alla rilevazione del Quoziente Intellettivo di Performance o di

Esecuzione. Per il primo indicatore le prove indagano diverse aree della funzione

simbolica, quali Informazione, Comprensione, Aritmetica, Ripetizione di numeri,

                                               11
Somiglianze e Vocabolario, mentre le aree sottese al secondo investono Ordinamento

di figure, Completamento di figure, Composizione con cubetti, Assemblaggio di

pezzi e Simbolizzazione. Il percorso di assegnazione dei punteggi grezzi e la loro

conversione in ponderati consente la determinazione dei due quozienti, che nella loro

semisomma formano il Quoziente Intellettivo Globale, paragonabile al risultato

ottenuto dalla somministrazione della scala Stanford-Binet.

     La versione finale della scala per adulti, dai sedici anni di età in poi, venne

pubblicata nel 1981, con il nome di Wechsler Adult Intelligence Scale–Revisited, o

WAIS-R, mentre per i bambini si utilizzano la Wechsler Intelligence Scale for

Children–III, o WISC-III, tra i sei e i sedici anni, pubblicata nel 1949, poi nella

versione finale nel 1991 e la Wechsler Preschool and Primary Scale of Intelligence-

Revisited, o WPPSI-R, tra i quattro e i sei anni, edita nel 1966 nella sua prima

versione, in seguito nel 1989 (Gangemi, Miceli e Sprini, 2003).

Approccio Unidimensionale

     Se Binet, Simon e Wechsler concepiscono l'intelligenza come una funzione

complessa dedita alla comprensione della realtà, che viene attuata e potenziata da

diversi processi con specifici sistemi simbolici per la manipolazione mentale degli

stimoli esterni, non precisano se o quanto questi aspetti siano indipendenti tra loro,

tanto da rappresentare vere e proprie dimensioni o estremi di una capacità unica e

particolarmente versatile. Charles Spearman tentò di rispondere al quesito che

accompagna da sempre la ricerca sull'intelligenza.

     Secondo l'Autore una spiegazione plausibile consisterebbe nel concepire

l'intelligenza come una funzione unidimensionale, dove la creazione di contenuti

mentali sempre nuovi e originali è interpretabile secondo tre leggi, che egli chiama

                                              12
Neogenetiche, perché considerate dirette responsabili dello sviluppo di questa nostra

straordinaria funzione. La prima di queste è la Legge dell'Apprensione, e fa

riferimento all'abilità individuale di apprendere non solo la realtà esterna, ma anche

gli stati interiori della coscienza. La seconda legge, dell'Eduzione di Relazioni,

fornisce la capacità di individuare mentalmente i rapporti in cui due o più idee si

possono logicamente trovare. Infine la terza, la Legge dell'Eduzione dei Correlati, è

responsabile della capacità di elaborazione mentale di un'idea correlativa, ossia la

manipolazione di concetti già in relazione. L'impiego e il controllo di questi tre

processi consente all'individuo di comprendere la realtà, e rappresenta dunque

l'intelligenza in sé.

      Nel 1904 Spearman teorizza la presenza di una Intelligenza Generale, e

individua nella discriminazione sensoria generica il suo fondamento, similmente a

quanto supposto da Galton. Partendo da questo postulato l'Autore elabora la Legge

dell'Unità Universale della Funzione Intellettiva, radice della sua Teoria Bifattoriale

dell'Intelligenza, la quale prevede la concorrenza, in qualsiasi prestazione cognitiva,

di due fattori indipendenti tra loro: un fattore generale “g” che interessa tutte le più

diverse prestazioni cognitive e rappresenta una capacità mentale generale, e il fattore

specifico indicato come “s”, esclusivo di una attitudine mentale precisa. È opportuno

specificare che un fattore, secondo Spearman, sarebbe un costrutto ipotetico che si

assume come soggiacente a un determinato insieme di misure.

      Così come Spearman, anche R. B. Cattell ipotizza l'esistenza di due grandi

fattori che governano l'apparato intellettivo: l'Intelligenza Fluida e quella

Cristallizzata. La prima rappresenta la capacità biologica di base di un individuo,

una pura potenzialità cognitiva, che raggiunge l'apice di sviluppo a quattordici anni

e declina dopo i venti, mentre la seconda è influenzata dall'istruzione ricevuta come

dall'insieme delle conoscenze acquisite, e il suo sviluppo continua fino ai

                                              13
quarant'anni di età. Questi tipi di intelligenza non sono indipendenti, e tra loro può

esservi un rapporto di subordine; infatti l'Intelligenza Fluida condiziona

l'Intelligenza Cristallizzata, ma non accade il contrario. Inoltre Cattell sostiene che

alcuni test prediligano la misurazione di una delle due intelligenze, e logicamente i

risultati alle prove di tipo verbale sarebbero più rappresentativi della componente

Cristallizzata, mentre altri di natura percettiva più sensibili al livello di quella Fluida.

     L'evoluzione naturale è un processo inarrestabile che coinvolge l'uomo in tutte

le sue dimensioni. La sensibilità, la cultura, il sapere tecnologico e scientifico

subiscono l'influenza di questa tensione al cambiamento, forse miglioramento, legato

al pensiero umano. Così anche l'esigenza di definire e indagare quei fenomeni interni

all'individuo si modifica e raffina, perfezionandosi alla luce di una sempre maggiore

profondità e introspezione. Infatti Guilford, a differenza dei contemporanei, nelle sue

elaborazioni   teoriche    tenta   di   spiegare   il   fenomeno    della   comprensione,

abbandonando l'idea che sia solo un fattore generale dell'intelligenza a governare

questa nostra funzione. L'ausilio di una scrupolosa analisi fattoriale gli permette di

ipotizzare che la struttura dell'intelletto sia estremamente complessa, caratterizzata

da un ampio numero di abilità mentali, che inizialmente suppone siano centoventi

(Guilford, 1967).

     Secondo l'Autore la struttura intellettiva e tutte le attività intelligenti potrebbero

venire descritte come il prodotto dell'interazione di tre processi di base, che si

differenzierebbero secondo specifiche funzioni a loro esclusive. Le Operazioni fanno

parte di quel processo attivo che elabora i simboli grazie a funzioni specifiche. Tra

esse si trovano la Cognizione, ovvero l'effettiva comprensione dei dati ricavati da

stimoli, la Memoria, con la nota funzione di ritenzione e archiviazione di

informazioni, la Valutazione, che permetterebbe di soppesare gli eventi passati e

ricollocare i nuovi alla luce delle proprie conoscenze, la Produzione Convergente, che

                                                14
consente di trovare la soluzione migliore per un dato problema, mentre la

Produzione Divergente individuerebbe diverse soluzioni per il medesimo.

     Se il processo di Operazione consente di manipolare dei simboli, è importante

conoscere la loro modalità al fine di calibrarne in maniera ottimale l'elaborazione,

funzione assolta dal processo di Contenuto. Uno stimolo può essere codificato

attraverso un canale Figurale, per oggetti concreti, Semantico, per concetti verbali,

Simbolico, per concetti non verbali e infine Comportamentale, per le relazioni

interpersonali. Il processo di Contenuto definisce la natura dei simboli estratti dalla

realtà, una sua maggiore o minore efficienza determina l'accuratezza stessa del

processo di Operazione, e quindi del processo di Prodotto, ossia il risultato finale della

comprensione. Quest'ultimo processo è la sintesi dei due precedentemente trattati e

costituisce la cognizione finale, attuando la scomposizione e ricomposizione degli

oggetti ed eventi osservati, al fine di collocarli in un sistema di conoscenze, o per

risolvere un problema.

     I Prodotti possono essere singoli item di informazione, quindi Unità, oppure

Classi, ovvero unità multiple con elementi comuni, mentre le Relazioni pongono in

un rapporto di interdipendenza due unità, e i Sistemi, allo stesso modo, diverse

unità. Oltretutto il sottoprocesso di Trasformazione consente di cambiare la modalità

dei simboli, mentre valutarne l'effetto potenziale nell'economia cognitiva è compito

delle Implicazioni.

     Secondo Guilford, ogni abilità cognitiva sarebbe il risultato della combinazione

di questi diversi processi poiché, nella comprensione di uno stimolo o evento,

avvengono diverse Operazioni che utilizzano Contenuti determinando un certo

Prodotto. Per questa ragione le abilità mentali sarebbero potenzialmente centoventi:

cinque Operazioni per quattro Contenuti per sei Prodotti. Nel 1982 l'Autore considera

un nuovo Contenuto, quello Uditivo, per stimoli elaborati secondo modalità sonora,

                                               15
aumentando così il numero di abilità cognitive potenziali a centocinquanta.

Approccio Multidimensionale

     Sebbene Guilford supponga che la natura dell'intelletto non sia monolitica, non

riesce ad affrancarsi da una prospettiva tendenzialmente globalistica. Nel suo

modello, l'apparato intellettivo rimane una dimensione unica nell'individuo, benché

la specificazione dei diversi processi concorrenti alla cognizione sicuramente ne

ampli l'orizzonte teorico, arrivando quasi a varcare la soglia dell'approccio

multimensionale allo studio dell'intelligenza.

     È Sternberg, nel tentativo di trovare una mediazione tra l'approccio

psicometrico e quello informazionale, a concepire la mente e il suo apparato principe

come un insieme di funzioni diverse, indipendenti tra loro, allontanandosi così

totalmente dalle precedenti teorizzazioni. L'interesse primario della Teoria Tripolare

dell'Intelligenza consiste nella descrizione degli aspetti processuali del costrutto, e

per tale motivo l'Autore propone di analizzare l'impianto mentale in termini di

componenti, piuttosto che di fattori, poiché questi ultimi definiscono soltanto gli

aspetti strutturali, mentre le prime soddisfano l'esigenza scientifica proposta nel

modello. Esso si articola in tre sub-teorie, che spiegano il significato di quello che

viene interpretato come “comportamento intelligente” sia dagli scienziati che dalle

persone non avvezze alla pratica di ricerca, al fine di chiarirne le cause sottese,

collocandolo così in una precisa mappa esplicativa.

     La Sub-teoria Componenziale costituisce il modo per individuare e specificare

le strutture e i meccanismi che governano il comportamento intelligente. In essa

viene proposta, quale unità di analisi, la componente definita come processo

elementare di informazioni, la quale opera su rappresentazioni interne di oggetti o

                                             16
simboli (Sternberg, 1980).

     Le rappresentazioni prodotte attraverso processi cognitivi quali memoria o

percezione possono essere sottoposte a manipolazioni e trasformazioni di vario

genere, come le rotazioni mentali, e le differenze individuali sono precisate proprio a

partire dalla loro velocità e accuratezza. Ognuna di esse possiede tre proprietà

misurabili oggettivamente, che concorrono alla determinazione dell'efficienza globale

dei processi primari, la cui qualità rispecchia quella del pensiero stesso. Esse sono la

Durata, ovvero il tempo impiegato per l'esecuzione, la Difficoltà, che consiste nella

probabilità di commettere un errore durante l'esecuzione, e la Probabilità

d'Esecuzione, ossia l'applicabilità in una specifica situazione.

     Oltre a ciò possono essere ulteriormente individuate in base alla particolare

funzione che assolvono e per il loro livello di generalizzabilità. Nello specifico,

funzionalmente possono essere qualificate come Metacomponenti, dove divengono

processi esecutivi di ordine superiore impiegati nella progettazione, controllo e nel

giudizio di azione, Componenti di Esecuzione, usate nell'esecuzione effettiva di un

compito,   e   Componenti     di Acquisizione       della   Conoscenza,   che   regolano

l'apprendimento di nuove informazioni e il loro immagazzinamento in memoria. In

base alla generalizzabilità possono essere Componenti Generali, quando vengono

usate con grande frequenza e per molti compiti di una certa classe, Componenti di

Classe, nel caso in cui siano indispensabili per l'esecuzione di sottocategorie, e

Componenti Specifiche, se necessarie per l'esecuzione di singole prestazioni

appartenenti a una data classe di compiti.

     L'Autore considera la tipologia del rapporto che intercorre tra le varie

componenti per interpretare la fertilità cognitiva del singolo; più precisamente,

un'Attivazione Diretta interessa soltanto le Metacomponenti e tende a sottolinearne il

reciproco innesco, mentre un'Attivazione Indiretta avviene tra Componenti di

                                               17
Acquisizione delle Conoscenze e di Esecuzione. Sono possibili anche rapporti di

Feedback Diretto, con il quale le Componenti di Esecuzione e Acquisizione entrano

in   contatto   con   le   Metacomponenti       e   Feedback     Indiretto,   riservato   alla

comunicazione tra Componenti di Acquisizione e quelle di Esecuzione. Anche in

questo caso la velocità, la precisione e la parsimonia di connessione tra le componenti

influenzano direttamente la produzione ideativa.

      Se, come deducibile secondo questa Sub-teoria, un comportamento è tanto più

intelligente quanto più le Metacomponenti svolgono con efficacia il loro compito di

organizzazione e controllo, si può affermare che l'acquisizione lessicale sia

determinata dal livello intellettivo generale, giacché in questo tipo di apprendimento

le Componenti di Acquisizione sono influenzate massicciamente dal processo di

monitoraggio. Per tale motivo, aumentando il bagaglio conoscitivo e la progressiva

maturazione delle Metacomponenti che gestiscono in maniera sempre più efficace

l'acquisizione e il recupero di conoscenze, un individuo mostra un'intelligenza

sempre maggiore, che si manifesta con il progressivo perfezionamento del lessico.

      La seconda Sub-teoria, quella Contestuale, interpreta il comportamento

intelligente secondo l'influenza del contesto socioculturale in cui ha luogo.

“L'intelligenza è un'attività mentale diretta alla realizzazione di un adattamento, di una

reazione e di una modellizzazione all'ambiente esterno reale che ha importanza per la vita del

soggetto” (Sternberg, 1985). Qual'è il rapporto tra intelligenza e adattamento? Avviene

una selezione dell'ambiente o una modificazione dello stesso, dalla quale l'individuo

viene a sua volta modificato? Queste domande accompagnano la psicologia dalla

nascita, pertanto è necessario considerare il contesto di sviluppo dell'intelligenza, in

quanto ogni cultura favorisce un certo tipo di comportamento adattivo o vi

attribuisce un peso differente. Sternberg propone l'indagine delle teorie implicite

dell'intelligenza per risolvere la questione, perché da esse vengono costruire quelle

                                                 18
esplicite, scientifiche, oggettive, universali.

     Infine la Sub-teoria Esperienziale studia l'intelligenza come capacità di

affrontare situazioni sconosciute ricorrendo a risposte nuove, poi convertite in

processi automatici. Perciò “il compito da sottoporre al soggetto deve essere sconosciuto ma

non del tutto fuori dalla sua esperienza passata; se il compito è troppo nuovo, non potrà

applicarvi alcuna precedente struttura cognitiva e come risultato il compito sarà

semplicemente al di fuori delle sue possibilità di comprensione” (Sternberg, 1985).

L'esecuzione di una prova al di fuori della propria conoscenza o schema cognitivo,

richiama un modello di elaborazione delle informazioni basato sull'Insight (Köhler,

1927), che, secondo Sternberg, si avvarrebbe di tre processi cognitivi al contempo

correlati, quali la Codificazione Selettiva, che consente di selezionare le informazioni

in funzione alla loro pertinenza, la Combinazione Selettiva, per aggregarle in

strutture complesse, e il Confronto Selettivo, che pone in relazione quelle acquisite e

le possedute (Sternberg e Davidson, 1982; 1983).

     La condizione essenziale affinché i processi di elaborazione agiscano in

automatico è quella di delegare ai sistemi locali di elaborazione il processamento di

specifiche informazioni. Si potrebbe affermare che la competenza si sviluppi grazie

all'assimilazione di un numero sempre maggiore di informazioni elaborate da sistemi

locali, e quando un buon numero di essi entra in funzione diventa possibile

l'elaborazione parallela di più compiti di tipo diverso.

     Più recentemente (2005) l'Autore ha esteso la Teoria Tripolare allo studio della

Successful Intelligence, ossia l'insieme di abilità che consentono di raggiungere il

successo nella vita. Secondo Sternberg, un individuo è Successful Intelligent non solo

quando è in grado di adattarsi al contesto ambientale, ma anche quando modifica e

seleziona opportunamente l'ambiente in funzione dei propri scopi, processo attuabile

nel riconoscimento delle proprie capacità e limiti. L'aspetto interessante di tale

                                                  19
concetto, che verrà approfondito in seguito, riguarda la sua applicazione diretta nella

pratica educativa.

     Così come la teoria Tripolare, anche la teoria delle Intelligenze Multiple di

Gardner si discosta totalmente dai precedenti sistemi globalistici, sostenendo che

l'intelligenza umana si compone di un certo numero di facoltà mentali relativamente

autonome tra loro, ciascuna localizzata in una specifica area cerebrale (Gardner,

1983).

     Questo modello coniuga aspetti psicologici, neurologici, artistici, teoretici e

scientifici, nella concezione di competenza intellettiva, al fine di interpretare l'enigma

dell'essere umano oltre il mero studio della sua abilità cardine. Infatti, se nell'uomo

esistono diverse capacità in molteplici ambiti, la facoltà intellettiva, intesa

convenzionalmente, non riesce a spiegarne le peculiarità. L’Autore propone così di

tendere l'orecchio alle voci dell'esistenza, per impararne i codici, per scorgerne i

limiti e le potenzialità, nella contemplazione dei paesaggi interiori. Le Mille Voci

parlano una lingua sola, perché, muovendosi sul fondo del mare, i raggi del sole

brillano allo stesso modo, qualunque sia l'occhio che li coglie.

     In questo senso, allo scopo di fornire una descrizione dettagliata dei differenti

tipi di intelligenza, l'Autore individua una serie di criteri preliminari che

un'Intelligenza deve possedere per essere considerata tale, definita come “un

potenziale psicobiologico volto a risolvere problemi o dar forma a prodotti che hanno valore in

almeno un contesto culturale” (Gardner, 1998).

     I criteri obiettivi per stabilire se una competenza ha le caratteristiche opportune

sono otto:

   1. Potenziale isolamento di una facoltà in conseguenza di un danno cerebrale.

                                                  20
2. Esistenza di idiots savants, enfants prodiges, geni e altri individui con capacità

      straordinarie.

   3. Presenza di un'operazione centrale (o insieme di esse) identificabile.

   4. Possibile identificazione di un percorso di sviluppo in una prestazione esperta

      individuale di natura specifica.

   5. Possibile identificazione di una storia evolutiva.

   6. Esistenza di dati di sostegno dalla psicologia sperimentale.

   7. Esistenza di dati di sostegno dalla psicometria.

   8. Possibile codifica di un sistema simbolico.

     Diversi studi hanno portato l'autore, nel 1998, a formulare l'ipotesi della

presenza di nove distinte Intelligenze che soddisfano pienamente gli otto criteri

sopraelencati. Esse sono dimensioni indipendenti, distinte nella mente dell'individuo

che permettono, eventualmente, l'eccellenza in una determinata area di conoscenza o

perizia, così come una totale inettitudine, oppure un grande livello di adattabilità

poliedrica alle situazioni, perché ogni essere umano le possiede tutte in misura

differente, e non necessariamente le manifesta in maniera evidente.

     L'Intelligenza Linguistica consiste nell'abilità di cogliere il significato dei

vocaboli e nell'interesse per il linguaggio in generale, oltre che nel provare piacere

nell'ascolto, nella produzione, nel suono e nella ricerca dell'origine dei lemmi.

Padroneggiare con naturale maestria le regole semantiche, sintattiche e pragmatiche

per svelare il miracolo della parola: questa è l'arte dei poeti, dei letterati e degli

scrittori. Tale intelligenza, seppur con diversi livelli di profondità, compare in fasi

assai precoci dello sviluppo, e la sua particolare raffinatezza risulta immediatamente

                                              21
chiara per attitudine e interesse individuale.

     La particolare eccellenza nella composizione e nell'ascolto dei modelli musicali,

così come una spiccata sensibilità per la melodia e per il ritmo sono gli elementi che

caratterizzano l'Intelligenza Musicale, straordinariamente sviluppata nei grandi

compositori e musicisti. Nella nostra cultura, sostiene Gardner, l'abilità musicale non

viene considerata come un'espressione di intelligenza, proprio perché, per chi non si

interroga, essa appartiene esclusivamente a chi si destreggia nel mondo dei numeri,

della matematica, della fisica o della logica, elementi comunque presenti nella

composizione musicale. Così anche l'Intelligenza Corporeo-Cinestesica, che si

riferisce alla capacità di eseguire movimenti corporei estremamente fini e aggraziati e

di manipolare con disinvoltura gli oggetti, non è mai stata considerata tale, poiché

volgare rispetto alle facoltà mentali vere e proprie. Danzatori, mimi, atleti, artigiani e

strumentisti che governano con prodigiosa grazia materiali e corpi possiedono in

grande misura questo tipo di facoltà, perché il loro inequivocabile talento di tradurre

l'idea in fenomeno ne è l'esempio più tangibile.

     Quanto argomentato poc'anzi trova corpo nel senso comune, che assimila la

figura del genio a colui che astrattamente comprende i fenomeni della realtà. Un alto

livello di intelligenza generica è impersonato dallo scienziato, che, grazie a

procedimenti complessi, tenta di predire le regole dei fenomeni naturali e dell’uomo.

Chi si eleva in questo tipo di attività solitamente possiede una sviluppata Intelligenza

Logico-Matematica, che riguarda la capacità di confrontare oggetti e concetti,

ragionare in modo scientifico sui fatti, coglierne le relazioni e i principi sottesi.

Sembra una funzione particolarmente complessa, dall'oscura localizzazione

cerebrale, dove le aree deputate all'elaborazione matematica sarebbero diverse, in

particolare una coglierebbe le qualità numeriche secondo un codice visivo e spaziale,

svolgendo un ruolo importante nella rappresentazione della realtà, mentre l'altra

                                                 22
consentirebbe di percepire numeri e simboli in modo linguistico, per facilitarne una

manipolazione secondo regole sintattiche. L'attitudine che giustifica la buona pratica

di tali materie è propria di fisici, chimici, matematici ma anche di filosofi e linguisti.

     Eseguire trasformazioni e modifiche sulle proprie impressioni sensoriali e

riuscire a ricreare aspetti della propria esperienza percettiva anche in assenza di

stimoli fisici sono le funzioni assolte dall'Intelligenza Spaziale. Essa non è relegata

meramente alla modalità visiva, ma un alto livello di essa permetterebbe la

rappresentazione precisa e puntuale dello spazio grazie a informazioni raccolte da

altri canali sensoriali. Ingegneri e architetti sono avvezzi a pensare concretamente,

dunque una grande presenza di questa Intelligenza potrebbe rendere il loro valore

professionale qualitativamente migliore.

     Capire i fatti e le persone, questo è lo scopo effettivo, forse, dell'intelletto.

Gardner sostiene che vi sia una facoltà specifica che consente di interpretare il

comportamento: l'Intelligenza Personale. Essa può muoversi in due direzioni

differenti, una è detta Intrapersonale, l'altra Interpersonale. La prima suscita

l'attitudine   all'introspezione,   e   permette     l'accesso   alla   propria   affettività,

individuando e classificando i sentimenti al fine di ottenere una guida per il

comportamento. La seconda è relativa alla capacità di distinguere, negli altri

individui, differenti stati d'animo, temperamenti, motivazioni, intenzioni e identità.

Tale concetto è sovrapponibile a ciò che viene definito Intelligenza Sociale, quella

funzione atta alla comunicazione efficace in base alla sintonizzazione dei propri stati

d'animo con quelli degli altri, nello sviluppo di una definitiva condotta empatica

(Goleman, 2006). Gli specialisti delle Scienze Umane devono conoscere l'alfabeto

dell'Intelligenza Personale e parlarne la lingua agevolmente, per entrare nell'altro e

farlo entrare dentro sé.

     I recenti sviluppi della teoria hanno introdotto la presenza di nuove forme di

                                                23
intelligenza molto interessati, ma al contempo controverse. L'esistenza di una

Intelligenza Naturalistica è corroborata da dati empirici sulla localizzazione

cerebrale, e indica la capacità di distinguere gli esseri viventi fra tutti gli altri oggetti,

propensione di chi lavora con la terra e con la vita, come gli agricoltori, le guardie

forestali, i veterinari e i biologi. È la sensibilità di sentire e rispettare il flusso della

vita e cogliere quegli aspetti di esistenza inconsapevole intrinseca in tutti gli esseri

viventi.

     Il desiderio di trascendere l'esistenza umana, riflettere sul fine ultimo della

nostra condizione attraverso l'analisi di ciò che la vita e la morte rappresentano per

l'uomo, è l'attitudine principale di chi possiede un alto livello di Intelligenza

Esistenziale. Filosofi, teologi, sacerdoti si interrogano sul significato della nostra

condizione vivente e sulla dimensione metafisica, che cerchiamo di sentire in questo

nostro mondo, ma che, limitati dai sensi e dall'intelletto, sentiamo sfuggente.

     Concepire la mente umana in questi termini stravolge il concetto di capacità

intellettiva, disgregando le certezze ottenute dagli strumenti standardizzati, perché

essi divengono non più utili al fine di misurarla. Per assolvere a tale compito sono

necessarie delle prove ecologicamente valide, costruite secondo l'osservazione

accurata di ogni sfumatura dell'essere umano al fine di coglierne la valenza, per poter

formulare prove che inneschino il comportamento intelligente sotteso alla funzione

specifica. Se “i punteggi ottenuti mediante la misurazione del QI contano al massimo per il

20% nel conseguimento del successo” (Gardner, 1998) allora è necessario, se fedeli al

pensiero dell'Autore, riorganizzare il costrutto di intelligenza, giacché la sua

espressione principe ha un peso minore nella definizione stessa.

     Le implicazioni pratiche della teoria sono molto attuali. La pedagogia che se ne

può evincere investe direttamente sulle capacità del singolo, che va promosso in

quanto individuo unico, potenzialmente teso a coltivare le molteplici dimensioni del

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suo esistere, perché ogni tipo di intelligenza è presente nell'essere umano, se

stimolata opportunamente e rafforzata con materiale didattico specifico. E’ pertanto

essenziale rispettare, valutare, comprendere e collocare ogni azione nel Loro mondo

individuale, così come ogni limite o virtù, per decifrare i sottili ingranaggi della vita,

che a volte logorano l'anima, a volte ne cantano la poesia, rumore e rimbombo

sconclusionato per la superficie distratta. Solo ascoltandole insieme, quelle Mille Voci

portano piccole verità, affinché il pennello possa tratteggiarne quell'idea così

complessa che ha bisogno di tutte quelle parole.

     Le stesse che ascolto io, le stesse che ascoltano Loro.

                                               25
IL MONDO DENTRO

       Capitolo secondo

                         ...but nobody wants to know him,
                         they can see that he's just a fool
                         and he never gives an answer...

     Il Ritardo Mentale è una condizione di irregolarità cognitiva che assume

molteplici aspetti. Il suo ampio spettro sintomatico non consente la visione

immediata di un percorso educativo ed evolutivo adeguato, poiché è necessario

considerare, nella valutazione del disturbo, sia l'unicità del singolo che gli elementi

condivisi dalle persone con la medesima diagnosi. L'uso comune del termine

vitupera il significato intimo del disordine intellettivo, plasmandolo a sinonimo di

povertà umana, basso livello culturale, o scarsa attitudine al ragionamento, quando

in realtà, come osservato nel capitolo precedente, il concetto di intelligenza non

risulta semplicemente essere facoltà di mero esercizio raziocinante. Di conseguenza i

disturbi ad esso correlati acquisiscono un grado di complessità tutt'altro che limitato

ai singoli aspetti immediatamente disfunzionali.

     Nel seguente capitolo illustrerò le caratteristiche principali di questo quadro

clinico, dalla sua diagnosi di Ritardo Mentale, al riconoscimento universale come

Disabilità Intellettiva, al fine di ottenere elementi minimi di riflessione su un

problema che varca la soglia della singola disciplina psicologica, psichiatrica, medica

o assistenziale, e si manifesta con comportamenti permeanti ogni aspetto della vita

del singolo, sostenuti da “minore intelligenza”, o forse meno intellegibili per noi.

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Il Ritardo Mentale

     Secondo Pfanner e Marcheschi (2005) il Ritardo Mentale consiste in una grave

alterazione della mente, che si realizza in una sindrome psichiatrica globale legata a

difetti nello sviluppo delle funzioni astrattive e di adattamento, di cui sia i sintomi

nucleari che concomitanti possono essere causati da fattori genetici, lesionali,

congeniti o acquisiti. Il disturbo consiste in un funzionamento anomalo della mente,

che determina una compromissione dei processi di interiorizzazione dell'esperienza,

fenomeno cardine del ragionamento per induzione. Il pensiero resta pertanto

ancorato alla specificità di ogni singolo evento, senza codificarsi generalizzato,

alterando così anche altri aspetti fondamentali della personalità, della condotta, del

linguaggio, della percezione e della coordinazione motoria.

     La comprensione, la critica, l'autonomia vengono irrimediabilmente ostacolate

da processi di pensiero inefficaci, ma la compresenza di attitudini nobili e raffinate

garantisce sempre un universo soggettivo capace di autocoscienza e di vita affettiva

indubbiamente singolari. Difficoltà, capacità residuali e compensative determinano

una struttura psicologica disomogenea, disorganizzata, imprevedibile e complessa:

un Mondo Dentro confuso, ma vivo.

Diagnosi e Classificazione

     Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, nella forma abbreviata

DSM, è uno strumento redatto dall'Associazione Americana degli Psichiatri e

consiste in una classificazione nosografica, ateoretica e multiassiale dei disturbi

mentali. Esso rappresenta uno dei principali sistemi diagnostici nella pratica clinica

medica, psichiatrica e psicologica, in quanto non contiene informazioni utili

all'interpretazione dei quadri patologici secondo una teoria che ne spieghi il

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