Gennaio / Febbraio 2019 - Mombello - Limbiate
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A pagina 7 resoconto della visita pastorale che l’Arcivescovo Mons. Mario Delpini ha svolto nella nostra parrocchia sabato 19 gennaio 2019. con foto ricordo dell’evento Si ricorda che è possibile seguire la vita culturale, sociale e liturgica della parrocchia tramite il sito web https://parrocchia-mombello-limbiate.it/ SOMMARIO Segni di speranza 3 Presepe vivente 4 Te Deum 6 La visita Pastorale di Ms. Mario Delpini 7 Italiani cattivi e intolleranti? 10 Agli immigrati servono maestri autentici 12 Un monastero Wi.Fi 14 Il reddito di cittadinanza è elemosina 15 Anagrafe e relax 16 Ho scommesso sulla libertà (Angelo Scola) 18 Avvisi 20 Ciclostilato in proprio - Parrocchia S. Antonio da Padova, Via M.te Rosa 12, 20812 Mombello - LIMBIATE ABBONAMENTO ANNUALE: € 10,00 - Abbonamento sostenitore € 20,00 o più 2 Gen./Feb. 2019
SEGNI DI SPERANZA Un caro amico mi ha mandato questo testo che fa da editoriale al periodico della sua parrocchia. Mi è sembrato molto significativo anche per noi, perciò lo ripropongo all’attenzione e alla riflessione dei lettori de l’Orizzonte. Don Giovanni Facendo gli incontri in preparazione al Matrimonio cazione di cristiano accadono “miracoli”. Non intendo il mira- alcuni (so- colo sconvolgente dove avviene un cambiamento litamente strepitoso, ma un semplice avvenimento umano in sono gli cui puoi riconoscere che Dio ci ha messo la mano. altri). Abbiamo ricevuto un tempo la Cresima: il do- no della Spirito Santo ci ha reso testimoni di Cristo. Mi riferisco al nostro percorso prematrimoniale, do- Che ne abbiamo fatto? Intendiamoci, non è un pro- ve si stanno verificando nel cuore di alcuni dei cam- blema per gli altri, ma una perdita nostra. Se Cristo biamenti totalmente imprevisti, che accadono come abita la nostra vita, gli altri lo possono vedere anche dono. se non parliamo di lui. Il testimone non è uno che Cerco di fare qualche esempio riportando alcune dice soltanto, ma che fa vedere, cioè mostra in chi battute che i “fidanzati” ci hanno consegnato. “Noi ha fiducia, perché vive di quell‟amicizia. non immaginavamo che ci venissero dette le cose Un‟altra affermazione. “Che bello il rapporto tra voi che ci state trasmettendo. Anzi pensavamo a qualco- sacerdoti! Vi volete bene, sapete lavorare bene in- sa di noioso, mentre invece è tutto molto interessan- sieme”. A dir la verità noi sacerdoti non ci siamo te. Ci tocca profondamente”. granché impegnati a curare il nostro rapporto. Siamo Per diverse persone questo percorso si sta trasfor- così: magari non necessariamente amici, ma confra- mando in una riscoperta della Chiesa. Sono passati telli sì. Gli amici si scelgono, noi veniamo messi in- così tanti anni da quando la vivevano, o meglio sono sieme dal Vescovo. Però si può andare oltre il sem- accadute talmente tante avventure umane, che è plice essere colleghi perché l‟Opera comune che ci venuta meno una vera immagine della Chiesa e del- lega è qualcosa di grande a cui abbiamo dato tutti la la vita che in essa vive. nostra vita. Questa stessa vocazione ci fa essere cor- Dopo gli anni belli della fanciullezza le piccole scelte diali e collaborativi, volendoci bene in modo spic- della vita hanno portato questi giovani in un mondo ciolo, senza fronzoli, ma concretamente. Però ci estraneo, dove semplicemente è scomparsa la pre- stupisce che un legame di comunione come il nostro senza di Cristo. Nessuno di loro ha tradito o rinnega- tocchi questi giovani, diventi interessante per loro. to Cristo, ma hanno vissuto, come tanti, in una sorta Forse è proprio questo che stanno chiedendo ai cri- di distanza che lo ha reso estraneo alla loro vita. In stiani che incontrano. Si stanno preparando al Ma- fondo tutta la società si muove come se Dio non ci trimonio che è il modello divino della comunione. fosse. Hanno bisogno di vedere la comunione vissuta, spe- Incontrare questi giovani che si stupiscono della rimentata, rischiata in ogni condizione e vocazione. Chiesa, che ne restano toccati (poi questo viene affi- È una grande provocazione. Questi futuri coniugi dato alla loro libertà per il futuro!), mi fa nascere nel stanno chiedendo (con il cuore più che con le paro- cuore qualche domanda. Questi giovani non sono le) di vedere che vivere la comunione è possibile stati lontani dalla Chiesa: hanno colleghi di lavoro, anche oggi, in questa società frantumata, scheggiata, parenti, vicini di casa che vivono la fede in Gesù. dove tutto sembra friabile. Che risorsa formidabile Perché queste persone a loro vicine non hanno de- abbiamo tra le mani noi cristiani, sposati o consacra- stato un interesse, uno stupore? Tutti ci difendiamo ti: ci è stata donata la comunione attraverso i sacra- dichiarandoci cristiani mediocri, lontani dalla santi- menti. Se viviamo di questo dono, pur nella fatica tà… Ma è una difesa inutile. Se non siamo così affa- quotidiana, diventiamo proposta per chi si sta in- scinanti da far trasparire Cristo dalla nostra umanità, camminando sul sentiero impegnativo del “con te siamo noi che ci perdiamo e ci rassegniamo ad una per sempre”. Vivere il dono che ci è stato fatto nella vita in cui Cristo non vive ma resta sullo sfondo, co- consacrazione sacramentale della nostra vocazione è me un‟immagine un po‟ sbiadita. il modo più semplice per dichiarare che è possibile, Forse stiamo ancora pensando che tenere desta la per donare speranza a chi si mette in cammino die- vita della Chiesa sia un compito dei preti o una vo- tro di noi. Don P. T. Gen./Feb. 2019 3
Presepe vivente non solo sacra rappresentazione… Ho vissuto per anni un rapporto controverso con vedere i miei figli in una recita, uno spettacolino di l‟ultimo mese dell‟anno. A dicembre era nato mio certo commuovente -l‟atmosfera natalizia non lascia fratello, scomparso in tenera età, e a casa mia non è mai indifferenti- ma poi? Tornavo a casa con bei ri- più stato lo stesso. Schiacciati, ognuno a modo suo, cordi, divertita dalle prestazioni dei bambini, inte- da quel dolore così grande, senza sostegno per ca- nerita dal loro impegno, ma poi? Cosa lasciava nel pirlo né accettarlo, senza speranza, l‟avvicinarsi del mio cuore quel momento, a parte l‟orgoglio e Natale acuiva quel vuoto che avevamo intorno, e l‟amore di ogni genitore per il proprio artista in er- soprattutto dentro. Ricordi dolorosi stridevano con ba? Il nulla. l‟atmosfera natalizia, con le musiche sdolcinate, con Ci ho messo anni perché dicembre tornasse ad esse- gli slogan ipocriti che ci vogliono tutti più buoni. re quello che è: il mese dell‟attesa del Signore Gesù. Ma per chi? Perché? Ho visto i miei genitori cambia- Ed è con questo spirito che ho preso parte alla rea- re, ed io con loro. lizzazione del Presepe Vivente nella nostra parroc- chia. Un modo, un gesto per rendere tutti partecipi Diventata mamma, mi sono lasciata trascinare dalle dell‟avvenimento più grande e più importante della logiche del mondo, e allora Natale è tornato ad es- nostra vita: Dio si è fatto uomo ed è venuto ad abi- sere un momento quasi sereno, in cui scambiarsi i tare in mezzo a noi. Di più! Si è fatto bambino, e regali portava allegria e riunirsi per il pranzo non era nella sua fragilità ha voluto essere accudito, per più cosi triste. Quando poi i miei figli hanno iniziato prendersi Lui cura di noi. il catechismo, anzi, aspettavo con trepidazione di sapere cosa si sarebbe inventata la parrocchia per la Mettere in piedi il Presepe Vivente non è stato faci- festa di Natale, perché era sempre qualcosa di bel- le. Ha richiesto la collaborazione e l‟impegno di lo. tante persone, da chi ha cercato i testi a chi ha alle- stito le scene, da chi ha confezionato i costumi a chi Lontana dalla fede però era solo un‟occasione per 4 Gen./Feb. 2019
no qui non perché sono più brava di altri, non per- ché il mio “ruolo” me lo impone, ma perché anche ha impersonato i vari personaggi della vicenda, da solo con la mia presenza voglio testimoniare che chi ha collaborato con il servizio d‟ordine fino ai no- quel Gesù che si è fatto bambino è entrato nella stri bambini di catechismo. Ogni classe aveva un grotta buia del mio cuore e ha voluto rimanerci, così ruolo, i più piccoli splendidi angioletti, quelli un po‟ che nel prendermi cura di Lui, si è preso cura di me più grandicelli notte e stelline, altri pastori e popo- e delle mie ferite. Sono qui perché la mia vita è un lani. Tutti però con il compito di imparare i canti. continuo cammino verso il Signore, un cammino di Una impresa per me, che non sono dotata di voce conversione e di ricerca del suo volto, un cammino da usignolo! (per fortuna, provvidenziali registrazio- in cui non sono sola, ma accompagnata dalla mia ni mi hanno aiutato nel compito…). comunità, proprio come in questa fredda domenica di dicembre, in cui mi basta guardarmi intorno per Così, con l‟intento di fare alzare lo sguardo al popo- commuovermi, mi basta alzare lo sguardo verso lo di Mombello, si è arrivati a domenica 16 dicem- quella stella che rimanda veramente a una grande bre, partenza da via Monte Sabotino, facendo tappa gioia. all‟Antonini, al Cral, al quartiere Garbogera, nel piazzale della chiesa. Ogni fermata, una rappresen- Ecco, il segreto del Natale è tutto qui: alzare lo tazione: le Sibille e i Profeti; l‟Annunciazione; Giu- sguardo e lasciare che quella luce che stiamo se- seppe dormiente; La locanda di Betlemme; la grotta guendo rischiari il nostro cuore e la nostra vita. della Natività di Gesù, per concludersi in chiesa con Ci tengo quindi a ringraziare tutte quelle persone l‟adorazione dei Re Magi. Ogni fermata, una parte che a vario titolo, sacrificando tempo e impegni, si del viaggio della Sacra Famiglia verso la grotta della sono adoperate per portare tra le strade della nostra nascita di Gesù. Mombello l‟annuncio di questa gioia senza fine. Il Ho camminato vicino ai miei bambini del catechi- Presepe Vivente sia occasione per tutti noi per pre- smo, e davanti a me avevo la Stella Cometa. Dove- pararci degnamente al Natale del Signore. vo per forza alzare lo sguardo e negli spostamenti Elena G. tra un allestimento e l‟altro ho potuto riflettere. So- Gen./Feb. 2019 5
TE DEUM “Ti lodo Signore perché un giorno eri lontano da me, ora invece sei tornato e mi hai preso con te”, recitano i versi di una canzone che tanto spesso ho sentito in chiesa e nella mia vita è stato veramente così. La sera del 31 dicembre è tradizione antica terminare la S. Messa con il “Te Deum”, il canto di ringraziamento per l‟anno appena trascorso: non sempre mi è possibile parteci- parvi, ma so che di motivi per cui ringraziare ne avrei a bizzeffe. Te Deum laudo: Per il dono della fede, innanzitutto, per quella Grazia così grande che mi hai fatto e dalla quale deriva tutto, e che mi ha permesso di guardare alla vita con occhi nuovi. Per il dono dell‟Eucaristia, che alimenta la mia vita terrena e spirituale, a cui posso attingere anche ogni gior- no, peccato solo che gli impegni non me lo permettano così spesso come vorrei. Per l‟amore che non mi fai mancare, perché, anche se non sempre me ne accorgo, ho la certezza che Tu mi ami e non mi abbandoni mai. Lo so, ogni tanto vacillo, quando le difficoltà mi travolgono, i dispiaceri, le liti, le amarezze, tutti gli ostacoli che mi offuscano la vista. Ma mi basta tornare davanti alla Tua Presenza, possi- bilmente nel silenzio, sicuramente in ginocchio, per sentirti vicino e rimettere ordine nella mia vita. Per la preghiera, che così faticosamente ritaglio in tutti gli impegni della mia giornata, che quando li vivo mi sembrano sempre così urgenti, così importanti, ma che non sono niente in confronto all‟esigenza di mante- nere il contatto con Te. Perché tu non hai bisogno delle mie suppliche, ma io sì, perché cercandoTi ogni giorno mi sento in comunione con Te e a furia di supplicarti so che trasformerai il mio cuore di pietra e so che permetterai al tuo spirito di convertirlo. Per gli affetti di cui mi hai circondato, la famiglia, gli amici nella fede, la comunità parrocchiale, sono il mio piccolo esercito, la comunione dei santi e con loro so di non essere sola di fronte alle sfide della vita. Per tutti gli ostacoli che vorrai mettere nel mio cammino, perché so che mi darai anche la forza di affrontarli, perché sei un Padre buono e non lascerai che mi perda; perché attraverso essi mi possa sempre ricordare di essere una tua creatura che ha bisogno di abbandonarsi a Te per essere salvata. Te Deum laudo, per questo anno trascorso insieme e quando i miei peccati mi allontanano dal tuo amore, Tu continua a tendermi la mano, perché solo aggrappata a Te posso pensare la mia felicità. C. E. 6 Gen./Feb. 2019
LA VISITA PASTORALE dell’arcivescovo Mario Delpini sabato 19 gennaio “Cresce lungo il cammino il suo vigore” è il titolo Per cominciare, lo abbiamo accolto in chiesetta in- della lettera pastorale che l‟arcivescovo di Milano, sieme ai bambini e ai genitori della iniziazione cri- monsignor Mario Delpini, ha scritto rivolgendosi alla stiana, a cui si è rivolto in modo particolare, esor- diocesi ambrosiana, e lui in cammino ci si è messo tandoli ad accompagnare i propri figli in questo per- veramente. Una ad una sta visitando tutte le realtà corso così decisivo, a pregare in famiglia, ad indica- parrocchiali delle sette zone pastorali, e questo me- re loro la via che porta a Gesù, fonte di ogni felicità. se è toccato alla nostra. Certo, la scuola è importante, l‟attività sportiva an- Cosi sabato 19 gennaio abbiamo avuto il piacere, che, ma non di meno il catechismo e ai bambini oserei dire la grazia, dell‟incontro con lui. presenti ha voluto lasciare una preghiera invitandoli a scegliere il giovedì come giorno per recitarla. Alle 18 ha presieduto la s. Messa solen- ne e la sua predica al Vangelo delle Nozze di Cana mi ha colpito in modo particolare, dove ha paragonato le sei giare ai desideri dei nostri tempi. Mi sono accorta di aver vissuto – di vi- vere…- anche io nel paese dei desideri piccoli, dove le anfore offrono abbon- danza di acqua quanta ne serve per i desideri piccoli. Infatti nel paese dei desideri piccoli, il bene più importante è la salute, che si ottiene dall‟anfora piena dell‟acqua che la soddisfa pienamente dai nomi di an- tidolorifici, ansiolitici, antidepressivi, in- tegratori, dove è vietato porsi la do- manda grande di cosa succede dopo aver vissuto tanti anni in piena salute, e soprattutto vietato coltivare il desiderio della vita eterna. Nel paese dei desideri piccoli si cerca di colmare la solitudine e per questo c‟è l‟anfora dell‟acqua abbondante di un po‟ di compagnia, fosse anche un animale domestico, un gattino, un ca- gnolino, ma dove è vietato desiderare un amore fatto di dedizione affidabile, di reciprocità promessa e mantenuta. Nel paese dei desideri piccoli abita il desiderio del lavoro che dà benessere ed allora ecco l‟anfora dell‟acqua che lo soddisfa, anche solo con un lavoret- to, ma abbastanza per divertirsi, dove è vietato coltivare il desiderio di una so- cietà giusta e laboriosa, che soccorra chi non basta a se stesso. Gen./Feb. 2019 7
Nel paese dei desideri piccoli si trova la necessità ma insegna ai bambini la via della gioia. della sicurezza, da garantire con inferriate, evitando Ecco, noi cristiani siamo chiamati ad essere quelli chi è straniero, e non da legami di buon vicinato e dei desideri grandi perché non costruiamo le nostre da una pratica ordinaria della solidarietà. aspettative sulle nostre necessità ma sulle promesse Nel paese dei desideri piccoli si desidera solo farsi del Signore, coltivando la felicità che non delude, la notare, anche a qualunque costo, perciò c‟è l‟anfora verità che fa risplendere la gloria di Dio, la società dell‟acqua che soddisfa l‟apparenza, dove è vietato giusta e solidale, l‟amore fedele, il buon vicinato; desiderare di essere conosciuti per la propria verità, non ci accontentiamo delle anfore piene di acqua per la stima data e ricevuta. ma cerchiamo la chiesa per ricevere il vino buono Nel paese dei desideri piccoli, i piccoli diventano della gioia dell‟incontro con Gesù, l‟unico salvatore; padroni e i genitori si piegano a soddisfare ogni loro chiamati a testimoniare che quelle anfore piene di capriccio, perciò c‟è l‟anfora dell‟accondiscendenza, dove soddi- sfare i desideri piccoli dei nostri pic- coli non servirà di certo a renderli felici, ma dove è proibito coltivare il desiderio grande di indicare la via della gioia attraverso l‟incontro con Gesù che è via, verità e vita. Nel paese dei desideri piccoli le sei anfore sono piene di acqua buona solo a soddisfare i tanti tanti desideri piccoli, per accontentare i nostri bi- sogni di salute, benessere, compa- gnia, sicurezza, apparenza, accondi- scendenza, ma dove non c‟è la ve- ra gioia. Ecco, come monsignor Delpini ci ha detto, con questa visita pastora- le è venuto a incoraggiarci, a dire alla nostra comunità di coltivare desideri grandi, di non aspettarsi la sovrabbondanza di acqua, ma la bontà del vino nuovo, quello che solo Gesù sa dare, perché sì, cer- chiamo di venire incontro a tutti i desideri ma qui, proprio qui in questa nostra chiesa, offriamo il vi- no nuovo, che non si accontenta di un po‟ di salute, ma spera nella vita eterna; che non si accontenta di un po‟ di compagnia ma costruisce l‟amore fedele; che non si accon- tenta di un po‟ di benessere ma co- struisce una società fraterna; che non si accontenta di farsi notare ma testimonia la verità del vangelo; che non si accontenta della sicu- rezza ma cerca la sicurezza del buon vicinato; che non si accon- tenta che i bambini non piangano 8 Gen./Feb. 2019
rò accendere un fuoco o illuminare la notte. Non servono gesti clamorosi o imprese titaniche, basta es- sere testimoni credibili di quell‟incontro che dura una vita, che la cambia, la completa, la realizza. Sono rimasta molto colpita dall‟incontro con il nostro vescovo. Persona semplice ma di parole profonde. Cosa ho portato a casa da questa opportunità? Una riflessione sulla mia vita: acqua, dei nostri desideri piccoli, sono in realtà il sintomo del bisogno grande di essere salvati. Il vescovo ci ha quindi esortati a raggiungere le nostre case, i luoghi di lavoro, della scuola, della sof- ferenza e della festa dicendo a tutti di avere il coraggio di desideri grandi per- ché c‟è chi li può soddisfare: il Signore Gesù. Quel segno delle nozze di Cana, quell‟acqua trasformata in vino, conti- nua ad essere un messaggio di speranza per tutti quelli che cercano la gioia vera. Al termine della messa, mons. Delpini ha incontrato il consiglio pastorale e do- po una cena veloce preparata dai favo- losi addetti della nostra cucina si è dedi- cato ai ragazzi del gruppo del sabato se- ra “Gli amici della roccia”. Anche a loro ha chiesto quante volte ho cercato di spegnere la sete alle an- di essere segno e testimonianza di fede e di amore fore sbagliate, piene di quell‟acqua che alla fine non per il Signore Gesù, in una maniera molto semplice: ti disseta mai; quanto a lungo ho abitato nel paese facendosi scintilla. Una piccola scintilla che può pe- dei desideri piccoli (con cui intrattengo ancora una discreta frequentazione); quanto desidero nutrirmi del vino nuovo, che dà tutto un altro sapore alla mia vita; quanto vorrei es- sere scintilla per ardere e far ardere di amore per Cristo. Quanto vorrei che la mia vita si svuotasse di tutti quegli inutili desideri piccoli per riempirsi del vino della comunione con il mio unico Salvatore. Grazie, mons. Delpini: la sua visita pasto- rale, semplice ma profonda, sia di inco- raggiamento a tutta la nostra comunità per essere testimone credibile di quella fede, speranza e carità che solo l‟incontro con Cristo sa dare. Elena G. Gen./Feb. 2019 9
ITALIANI CATTIVI E INTOLLERANTI? NO. UNA PICCOLA STORIA DI VITA QUOTIDIANA NELL’ITALIA DEL 2019 MOSTRA LA REALTA’. APOLOGIA DI UN POPOLO BUONO “Metrò, i furti e l‟impunità”. Questo era il titolo di una pagina che il “Corriere della sera”, giorni fa, ha dedicato a un allarmante fenomeno. L‟occhiello recitava: “Le bor- seggiatrici seriali nelle città italiane. Sono gruppi di de- cine di ragazze che evitano il carcere grazie alle gravidan- ze”. Il primo caso illustrato era quello di una “borseggiatrice bosniaca”, che già “in deci- ne di processi ha accumula- UNA STORIA to pene per 14 anni, 11 mesi e 17 giorni”: ogni vol- ta che viene fermata da un poliziotto o un carabi- Dunque da una città del Sud, viaggiando di notte, niere mostra un certificato di gravidanza così da ot- una madre, con una giovane figlia, raggiunge Roma tenere sempre “decreti di differimento della pena”. in autobus: deve portarla all‟ospedale Bambin Gesù per una visita molto delicata. Accade questo per l‟articolo 146 del Codice penale che sospende la pena nel caso in cui si tratti di una Arrivate alla Stazione Tiburtina, alle 6,30 del matti- donna incinta o madre di un bambino che ha meno no, prendono la metropolitana. C‟è ressa, la bambi- di un anno di età. E‟ una norma sacrosanta. na si trova schiacciata e la mamma, per farla respira- re, strattonandola via, sposta per un attimo la sua “Ma - spiega Gianni Santucci in quella pagina del borsa di lato. E‟ bastato quell‟attimo a qualche la- „Corriere‟ - esistono decine di ragazze rom (con i lo- druncolo (sempre lì in agguato) per frugarle nella ro sfruttatori) che soprattutto tra Milano, Roma, Ve- borsa e sfilarle il portafogli. nezia e Firenze applicano una distorsione sistemati- ca e drammatica di quel principio di umanità della Poco dopo la donna se ne accorge e si rende conto giustizia”. angosciata di trovarsi a Roma, una grande città, sen- za più né soldi né documenti. E‟ disperata, ma non Fin qui è la descrizione di una situazione triste, vuole piangere perché c‟è la figlia e non vuole al- preoccupante e più volte raccontata sui media. Pe- larmarla, oltretutto perché al pomeriggio hanno raltro ci sono anche altri tipi di borseggiatori, magari quella visita importante e sono già in tensione per maschi, isolati o raggruppati in bande. Tutti insieme tal motivo. Cerca di tranquillizzarla, ma non sa dove contribuiscono a farci vivere nell‟inquietudine e sbattere la testa. alimentano il nostro senso di insicurezza. Fin qui è una storia di borseggio come tante altre Ciò che in genere non si racconta è, appunto, l‟altro simili. Storie che talora diventano notizie di cronaca lato della medaglia. Quello di chi subisce il borseg- in televisione e sui giornali e che ci danno un senso gio. Mi ci sono imbattuto proprio in questi giorni, di desolazione, di insicurezza e di preoccupazione. ascoltando il racconto dalla viva voce di chi ha vis- suto il fatto. E‟ un piccolo esempio di vita quotidia- C‟è però un seguito, altrettanto normale, che vale la na italiana. pena riferire perché parla di un Paese che di solito non vediamo e non raccontiamo più. 10 Gen./Feb. 2019
parroco di Roma che conosce e la parrocchia romana si è detta subito disponibile ad ospita- re la donna e la figlia, che però avevano già il posto letto. Le hanno comunque ospitate per i pasti. Al Bambin Gesù i medici, dispiaciuti per l‟accaduto, dicono alla madre di non preoc- cuparsi per la visita, che avrebbe potuto paga- re una volta tornata a casa. Poi, per dei pro- blemi burocratici con il Cup, è stato comun- que necessario pagare subito, ma anche lì la donna ha trovato massima comprensione e FRATERNITÀ‟ disponibilità. Tanto che commenta, con commozio- Arrivate alla fermata della metro della Stazione ne: “c‟è tanta brava gente nascosta, lo ho trovato Termini la madre si rivolge ai militari di servizio che decine di angeli custodi”. le indicano la stazione di polizia più vicina, dentro L‟ITALIA VERA la Stazione stessa. E‟ una piccola storia di vita quotidiana che mostra il Si reca dunque alla polizia a fare la denuncia del volto bello della nostra gente. L‟Italia vera è così. furto, che si rende necessaria soprattutto perché le Quella rappresentata sui media no. Spesso i soloni sono stati rubati i documenti. dei giornali e dei salotti intellettuali descrivono il no- Ma il poliziotto non si limita a fare il suo dovere bu- stro Paese come volgare, violento e cattivo. Amano rocratico, si preoccupa per l‟ansia della madre, le deridere la nota espressione “Italiani, brava gen- domanda di cosa soffre la bambina e le chiede se te”che giudicano uno stereotipo falso e ipocrita. Ma ha un modo per farsi mandare dei soldi (anche per il nostro popolo è migliore delle sue élite. Ed è fatto pagare la visita). In ogni caso le lascia il suo numero davvero di brava gente. di telefono dicendole:“se non trova nessuno la aiuto Se chiede più sicurezza per sé e per i propri figli, se io”. chiede di non essere alla mercé della criminalità Intanto la mamma telefona al “bed and breakfast” e (piccola o grande), se chiede di non sentirsi invaso il giovane proprietario, comprendendo la situazio- da una migrazione di massa fuori controllo, non è ne, va addirittura alla fermata San Pietro perché è intollerante, razzista o violento. Ma solo dell‟autobus 64 a prendere la mamma e la bambi- perché non ce la fa più. na. Tanto che siamo stati comunque disponibilissimi ad Il posto per dormire era già stato pagato dalla don- aiutare tutti, anche in questi anni. Sono milioni gli na, da casa, al momento della prenotazione, ma c‟è italiani che donano il loro tempoin realtà di volonta- da risolvere il problema dei soldi per la visita e per riato e in opere di carità e di assistenza, Inoltre da soggiornare a Roma. questa Italia sono partiti (e partono) tantissimi mis- Il proprietario del “bed and breakfast” le anticipa sionari che davvero, con le loro opere e la loro te- 150 euro (ancor prima di aver ricevuto il bonifico stimonianza, sono una benedizione per le popola- che la donna ha fatto con il telefono), nel frattempo zioni del Terzo Mondo. dal paese della madre diversi amici, che hanno pa- Secoli di storia cristiana hanno lasciato, nel fondo renti a Roma, le fanno sapere che possono farle re- del cuore della nostra gente, un‟istintiva propensio- capitare dei contanti, ma lei ringrazia e li rifiuta per- ne al bene, alla comprensione, all‟umanità, come ché nel frattempo si è accorta che un suo “fratello di dimostra anche la piccola vicenda della madre e comunità” consacrato (la donna fa parte di un mo- della figlia che ho appena raccontato. vimento ecclesiale) alla partenza le ha messo in bor- Finché non verrà sradicata del tutto da questa terra sa una busta con dei contanti “per tutte le necessi- la sua anima cristiana, che agisce anche in chi non è tà”. I ladri non se ne sono accorti e per lei è stato praticante o si dice non credente, c‟è speranza. provvidenziale. Antonio Socci - 8 febbraio 2019 Inoltre il parroco del suo paese ha telefonato a un Gen./Feb. 2019 11
Agli immigrati servono maestri autentici Nelle nostre sale d'essai è arrivato da poco il film francese Nelle tue mani, una bella storia sul disagio giovani- le e il riscatto sociale. Pellicola che si mette nella scia di altri due film transalpini degli ultimi anni, il simpati- cissimo Quasi amici e il più recente Quasi nemici, in cui veri maestri-educatori offrono una possibilità a chi vive nelle banlieue parigine. Immigrati in Italia ne approdano sempre meno e c'è chi non ne vorrebbe più neppure uno: di questo non vogliamo discutere ora. Invece è urgente parlare di coloro che sono già arrivati in Europa da tempo, o addirittura sono nati qui, figli o nipoti di immigrati. Non si può infatti ignorarli, far finta di nulla, è questo il terreno su cui impegnarsi. Ma sulle mo- dalità e le prospettive di una reale integrazione il silenzio è quasi assordante, davvero col- pevole e pericoloso per noi ita- liani come per tutti gli europei, perché impedisce la possibilità di costruire insieme una convi- venza pacifica e costruttiva. Da dove prendere un suggerimento, un’ipotesi positiva che abbatta le nostre paure e ci richiami alla possibi- lità di costruire un mondo nuovo, anche nella difficoltà di linguaggi e culture tanto diversi dal nostro ormai confuso modello europeo? Il Paese più in difficoltà, dove le periferie multietniche sembrano ormai sfuggire quasi del tutto al controllo dell'ordine pubblico, è sicuramente la Francia. Tuttavia è proprio da lì che arriva qualche valida idea per il presente e per il futuro, che potrebbe essere decisiva anche per noi in Italia. Tre film, ma anche un romanzo e un saggio, tutti francesi, ci offrono preziosi spunti di riflessione. Il cinema francese ha presentato nelle sale, qualche anno fa, con enorme successo Quasi amici di Olivier Nakache e Éric Toledano. Philippe, ricco e colto parigino dai gusti aristocratici ma purtroppo tetraplegico a causa di un incidente in pa- rapendio, assume come badante, quasi per sfida, Driss, un rozzo, trasgressivo ma vitale ragazzone di colore. L‟incontro tra mondi apparentemente inconciliabili, nella loro totale diversità, arricchisce in modo inaspettato entrambi, tra risate e commozione, fino a trasformarsi in una autentica amicizia tra il tetraplegico, che ha pe- rò molto da insegnare malgrado il grave handicap, e lo scavezzacollo sbruffone che sa trasmettere la gioia di vivere. È una storia vera e vuole mostrare che la personalità raffinata ma ferita di Philippe e la baldanza, ac- compagnata da errori e abbandoni, di Driss (ha avuto problemi con la giustizia e difficoltà di lavoro) possono trovare una possibilità di condivisione. In fondo il bisogno esistenziale dell‟uomo, nella malattia come nell‟emarginazione, è sempre quello di essere amato, di avere un amico e aprirsi alla speranza, in un fecondo scambio reciproco. Più recente, ma sempre illuminante per il rapporto con il diverso, proveniente dalle periferie francesi, è il film Quasi nemici di Yvan Attal, che si concentra sul divario culturale tra la borghesia intellettuale parigina e la gioventù inquieta e irriverente delle banlieue. Interpretato magistralmente da Daniel Auteuil, il protagonista Pierre Mazard, brusco, antipatico e reazionario professore universitario di un prestigioso ateneo di Parigi, sembra inizialmente mostrare l‟impossibilità di un 12 Gen./Feb. 2019
dialogo tra lui, così intransigente e cinico, e l‟alunna magrebina Neïla Salah, insofferente alle regole, ma de- terminata a diventare avvocato. Travolto dalle proteste seguite ai suoi atteggiamenti di apparente razzismo nei confronti degli alunni di origine straniera, l‟esperto docente di retorica si trova costretto, su richiesta della direzione dell‟università, a dare lezioni alla studentessa araba. Deve infatti prepararla a un concorso di elo- quenza, smentendo nello stesso tempo la propria consolidata fama di docente intollerante e pieno di pregiu- dizi. Scopre così con stupore l‟insospettato talento di Neïla e diventa per lei un vero maestro, tanto da tirare fuori il meglio della ragazza e assicurarle il riscatto sociale: la giovane diventerà un bravo avvocato proprio grazie agli insegnamenti di quel ruvido ma appassionato educatore. Anche Neïla aveva pregiudizi da supera- re, così come Pierre ha dovuto imparare a trasmettere la sua cultura proprio a lei, di origini e mentalità tanto lontane dalle sue. L’ultima storia francese sulla possibilità di un futuro per gli emarginati delle banlieue è raccontata nel film Nelle tue mani, di Ludovic Bernard. Mathieu Malinski, un giovane della periferia parigina probabilmente di origini polacche, ha la passione segre- ta della musica: appena può suona il pianoforte collocato in una stazione di Parigi a disposizione di chi pas- sa. Qui incontra il direttore del Conservatorio Pierre Geithner, che lo ascolta per caso, ne rimane affascinato e vorrebbe aiutarlo a valorizzare il suo talento. Il rapporto tra i due è inizialmente difficile, perché il giovane rifiuta la proposta e preferisce frequentare una piccola banda di quartiere che vive di furti. Solo quando Pier- re gli propone di fare le pulizie nel Conservatorio come attività socialmente utile in alternativa al carcere, che deve scontare per essere stato sorpreso a rubare, Mathieu accetta di entrare in quel tempio della musica da cui si sente emarginato e insieme fortemente attratto. Lo scopo del direttore è prepararlo a un concorso che dia lustro al Conservatorio, grazie alle sue capacità fuori del comune, ma alla fine Pierre si appassiona davve- ro al destino di Mathieu, che diventa un pianista di fama internazionale. Anche qui, come negli altri due film, il riscatto e il successo, dopo tanti contrasti e diffidenze, sono pienamente raggiunti grazie a maestri veri, che riescono a valorizzare la diversità di chi è lontano anni luce dai canoni della benpensante borghesia parigina, che mai si sarebbe aspettata qualcosa di eccezionale da chi non appartiene al suo mondo. Insomma, sembra quasi che stia emergendo un vero e proprio filone nel cinema francese, secondo cui il ri- scatto dal contesto svantaggiato della banlieue è possibile, a patto che ci siano educatori che guardano con occhi nuovi chi ha un‟altra origine e identità, ma non è meno ricco di possibilità, o persino di talento vero. Purché sia disposto a un cammino serio e impegnativo. Del resto, una riflessione approfondita su una reale integrazione e un pieno sviluppo di ogni personalità, anche di etnia diversa, ha impegnato pure la letteratura e la filosofia francesi, con autori di tutto rispetto. Ci riferiamo a Daniel Pennac che ha scritto, tra tanti diver- tenti e acuti romanzi, un illuminante Diario di scuola dal punto di vista degli alunni difficili, come quelli che frequentano oggi le scuole di periferia. Ha voluto mostrare come uno sguardo amorevole ma fermo dell‟insegnante possa salvare un allievo poco brillante - per i motivi più diversi - e che ha paura che i suoi er- rori segnino il suo definitivo fallimento anche per il futuro. Ma l’analisi più coraggiosa e illuminante, che può diventare un vero faro per insegnanti ed educatori anche in realtà di emarginazione, è quella del giovane filosofo François-Xavier Bellamy. Il suo saggio I disereda- ti, che merita di essere ampiamente diffuso e conosciuto, mette a nudo le nostre colpe e ci fa capire l'urgen- za di trasmettere con passione la cultura a tutti. In particolare a coloro che ne hanno una diversa, opponen- dosi con forza a chi squalifica la «trasmissione della tradizione e dell‟educazione», rifiuto che segna dramma- ticamente il mondo occidentale. «L’emergenza assoluta oggi consiste nel rifondare la trasmissione del sapere (l’educazione insomma), per offrire alle generazioni future le conoscenze e i saperi che nessuno crea da sé», afferma Bellamy. Questo compito deve coinvolgere da subito tutti, noi occidentali assediati dal vuoto, indiffe- renti e irriconoscenti rispetto alla nostra eredità culturale, e chi ci vive accanto ma ha una identità diversa, proviene da mondi lontani e ha bisogno di una accoglienza autentica. Grazie a maestri appassionati la nostra cultura non morirà né per noi né per loro, e il patrimonio trasmesso con sguardo amoroso e attento all‟altro, chiunque esso sia, «costituirà in futuro l‟unità del nostro Paese [la Francia, ma vale anche per noi, ndr] insieme alla libertà di quelli che ci vivranno». ) Gen./Feb. 2019 13
Un monastero wi-fi per cercare Dio Sabato 19 gennaio 1.600 fedeli si sono ritrovati a Roma al primo Capitolo generale del «Monastero wi-fi». Il copyright del titolo è di Costanza Miriano, che con un gruppo di tena- cissime amiche ha organizzato l’evento per «aiutarci a non mollare la presa, cercare Dio, abbracciarci e poi tornare alla nostra vita quotidiana», contando sui pilastri della vita di fe- de: catechesi, Messa, adorazione eucaristica, Rosario. «Le chiese sono sempre più vuote» è un concetto che si sente ripetere spesso, declinato in forme diverse. In effetti non servono particolari ricerche sociologiche per rendersi conto dell‟età media dei fedeli sempre più alta, del calo delle vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa che non si arresta, del fatto che i ragazzi più di prima abbandonano il campo immediatamente dopo la Cresima (a poco servono stratagemmi pastorali come posticipare il Sacramento di un anno o più nella speranza di guadagnare qualche presenza all‟oratorio) e an- che i “movimenti” sembrano vivere una fase di stanca. In questo panorama doloroso e desolante non può che essere guardato con stupore e meraviglia il popolo che si è mosso da tutta Italia per partecipare a Roma al primo Capitolo generale del “Monastero wi-fi”. Il co- pyright del titolo dell‟evento è della padrona di casa della giornata, la giornalista e scrittrice Costanza Miria- no, che nel suo penultimo libro, Si salvi chi vuole (Sonzogno), tratteggia la figura di un laico che vive nel mon- do senza voler essere del mondo, che preso tra famiglia, lavoro, amici, progetti vari, ha fisso nel cuore il desi- derio di raggiungere Dio. Quaerere Deum. Un monaco in borghese, metropolitano, multitasking ma unitario, che attraverso la rete - e in questo il blog di Costanza Miriano è stato punto d‟incontro fondamentale e fecondo - vive in una sorta di monastero vir- tuale, pregando e cercando il Signore insieme ad altri monaci 2.0 dell‟anno Domini 2019. L‟obiettivo dell‟iniziativa, spiega la stessa Costanza Miriano nel suo blog, «è quello di far incontrare tanti cer- catori di Dio, ognuno proveniente dal suo cammino. Non vuole fondare niente, già c‟è tutto nella fedeltà alla Chiesa e al Papa, non vuole inventare niente. Desideriamo solo incoraggiarci e aiutarci a non mollare la pre- sa, cercare Dio, abbracciarci e poi tornare alla nostra vita quotidiana, e alla nostra appartenenza ecclesiale, con una carica di roba buona, una scorta da farci bastare per un po‟». La “scorta”, “la roba buona”, insomma il menù della giornata, è senz’altro l’altra notizia. Perché se in tante diocesi e parrocchie, interrogandosi su come attirare i giovani, come coinvolgere le famiglie, quali strumenti pastorali mettere in atto per tamponare l‟emorragia di forze, ci si ingegna alla ricerca di iniziative originali, che strizzano l‟occhio al mondo, ecco, il programma del primo Capitolo del Monastero wi-fi - realizzato gra- zie a un gruppo di tenacissime amiche della Miriano stessa, desiderose di restituire quanto ricevuto attraverso i suoi libri - riporta ai pilastri della nostra vita di fede, alle cose più semplici, alle pratiche che hanno nutrito generazioni di santi: catechesi, Messa, adorazione eucaristica, Rosario. Niente effetti speciali - musica, spet- tacoli, testimonial - solo i grandi classici di sempre. Canto alla Comunione “Chi ci separerà”, canto finale “Come Maria”: insomma, più classico di così si muore. Eppure ben 1.600 fedeli si sono organizzati per an- dare a Roma. L’appuntamento è alla Basilica di San Giovanni in Laterano. In tanti si ritroveranno nella basilica più impor- tante della capitale senza l‟input di alcuna associazione, senza la spinta di alcuna autorità, a costo di qualche sacrificio, mossi dalla sete di Cristo e dal desiderio di condividerla con altri “monaci”. Verrebbe da chiedersi perché queste cose non le trovano nella propria parrocchia, nella propria realtà ecclesiale, nei sacerdoti che incontrano e frequentano, ma per oggi facciamo come san Paolo, tratteniamo e ci soffermiamo sul buono. E su quanto sia grande questo buono portato avanti dai piccoli che camminano contro corrente. Il Signore non farà mancare di far piovere grazie abbondanti, perché “dove due o tre sono riuniti nel Mio nome, io sarò con loro”. 14 Gen./Feb. 2019
Il reddito di cittadinanza è elemosina (non francescana) Abbiamo conosciuto il prof. Stefano Zamagni sul numero precedente de l‟Orizzonte, a partire da una sua sugge- stione (il racconto degli undici cammelli dedicato al dono e alla giustizia benevo- lente. Ora, intervistato sul reddito di cittadi- nanza, il professore Stefano Zamagni riesce ancora una volta a dare una chia- ve interpretativa nuova e un punto di vista originale sulla misura assistenziali- sta dei grillini. «San Francesco avrebbe bocciato il reddito di cittadinanza», di- ce. Assistenzialismo paternalista Che in Italia esistano i poveri, è sicuro. Che il modo per aiutarli a uscire dalla loro situazione di indigenza sia- no i sussidi, è opinabile. Non che un aiuto economico, in certi casi, non sia necessario, ma di certo la misura grillina – così come è stata pensata – si configura come una semplice mancia a scopi elettorali. Beppe Grillo, sin dagli albori del suo Movimento, ha indicato in san Francesco l‟ispiratore ideale della sua po- litica. Ma, spiega oggi Zamagni, non l‟ha capito. «Il francescanesimo – dice il professore – non ha mai favorito l‟assistenzialismo nella sua forma paternalistica, sostenendo che l‟elemosina aiuta a sopravvivere, ma non a vivere, perché vivere è produrre». Bambini da viziare «Mi sta dicendo che san Francesco era un capitalista?», chiede il giornalista. Risposta: «Fu l‟errore di Marx confondere capitalismo ed economia di mercato che, nella sua forma civile, dev‟essere inclusiva, consentire la massima occupazione sia pure in forme differenziate, e tenere conto della libertà di esercitare l‟umana spiritualità e relazionalità. A queste condizioni il mercato è un più potente ed ef- ficace strumento per liberare gli uomini dalla miseria. Una libertà che per i francescani è salvezza». Il reddito grillino è elemosina?, chiede ancora l‟intervistatore. «Certo, perché non aiuta le persone bisognose a sottrarsi alla loro condizione, a diventare produttive. I francescani userebbero quei soldi, che non sono po- chi, per intervenire sul lato della produzione anziché su quella del consumo. Con il sussidio si tengono alti i consumi di chi ha bisogno, ma trascorso qualche anno, quando non si potrà più finanziarlo, quelle persone scenderanno in piazza disperate, perché trattate come bambini da viziare». Riconvertire il lavoro «Eppure Grillo dice che il reddito serve anche perché il lavoro sparisce con la tecnolo- gia», osserva ancora il giornalista. «Quando Gutenberg inventò la stampa tutti gli amanuensi rimasero disoccupati. Ma subito dopo nacquero i librai. Una metafora per dire che il vero investimento è capire finalmente la quarta rivoluzione industriale, cambiare il modo di insegnare e riconvertire il lavoro. E combattere le rendite come la burocrazia. Per David Ricardo il 15-16% del Pil era la quota massima di ren- dite sopportabili. In Italia siamo al 32%». Gen./Feb. 2019 15
Tornati al Signore Entrate Rizzo Roberto anni 61 Messe Dicembre 2631 Brignani Vittorio anni 72 Messe Gennaio 2019 1855 Santoro Giuseppa ved. Granato anni 92 Offerta cera 235 Calanchi M.Verginia ved. Cataldo anni 89 Off. Funerali 0 Carvelli Giuseppe anni 83 Off. Funerali 50 Papotti Carla Maria in Casella anni 63 Off. Funerali 100 Off. Funerali 80 Pileri Vincenzo anni 53 Off. Funerali 0 Virgilio Michele anni 80 Off. Funerali 20 Off. Funerali 150 Off. Funerali 30 USCITE Telefono 80 Metano 2352 RELAX RELAX RELAX RELAX …… Enel Acqua A Mons Mario Delpini 668 131 350 Manutenzioni varie e Cancelleria 495 Consigli utili (da Gina Calzavacca) Per togliere le incrostazioni di calcare dal water, la sera prima di andare a dormire ver- sate una bottiglia di aceto rosso caldo nel water e lasciatelo agire per tutta la notte, al mattino dopo aver fatto scorrere a lungo l'acqua, potrete constatare il risultato. SUGO ASPRO: Per evitare che il sugo assuma un sapore aspro è necessario non mettere il sale durante la cottura ma quasi alla fine. FORMICHE: se siete invasi dalle formiche spargete sulla loro strada del borotalco. 16 Gen./Feb. 2019
Scuola di ballo Telefono: Miki: 338.995.7602 Gen./Feb. 2019 17
«Ho scommesso sulla libertà. E voi?»: incontro con il Card. Angelo Scola L’infanzia felice in provincia con una mamma «acuta e rigida» e un padre «buonissimo e fisicamente simile a me». Gli incontri de- cisivi con don Giussani e don Bernareggi. La malattia e la psicana- lisi. Wojtyla, Ratzinger e Bergoglio... l’ex patriarca di Venezia si racconta a cuore aperto Settantasette anni e 48 di sacerdozio, Angelo Scola, arcivescovo emerito di Milano, ha sempre puntato sulla libertà come ben racconta lui stesso nell‟autobiografia scritta con il giornalista Luigi Geninazzi. Una scommessa riuscita, ci confida il Cardinale, «co- me può riuscire a un uomo con tante defaillance». Una grande ambizione per chi si è votato all‟obbedienza: «Eppure libertà e obbedienza si conciliano a partire dal fatto che non c‟è libertà senza rischio; una persona per correre il rischio ha bisogno di compagnia. L‟obbedienza è la modalità liberante, quando è au- tentica, con cui l‟autorità fa compagnia a un uomo». Ancor più sfidante nella logica dell‟appartenenza: «Appartenenza è una parola fondamentale; Gesù la dice a Pietro in tono quasi minaccioso: “Se non ti fai lavare i piedi non avrai parte con me”. Purtroppo nella mentalità oggi dominante, appartenenza ha as- sunto un valore negativo, è quasi un sinonimo di ghetto. Ma chi pensa di non appartenere a nessuno, appartiene ai poteri dominanti». Lo incontriamo nella canonica di Imberido di Oggiono (Lecco), dove si è ritirato lo scorso anno una volta in pensione e da dove è partito, essendo nato nel 1941 a Malgrate. Lì ci apre la porta di casa e del cuore, leggendo alcune delle pagine più Il Card. Angelo Scola presenta private della sua vita. i contenuti della sua autobio- Come quella di Angelo bambino: «Quando penso alla mia infanzia in una grafia "Ho scommesso sulla famiglia in cui l‟amore e l‟educazione passavano per osmosi senza sman- libertà" presso la sala della cerie, la vedo all‟interno del mio paese, del lago, dei monti; penso a un tempo straordinario e assai felice, indipendentemente dalla pochezza dei parrocchia S. Cuore: all'incon- mezzi». O dei suoi genitori: «La mamma era una donna acuta, di grande tro sono particolarmente tutti fede. Aveva uno stile educativo piuttosto rigido e non mi risparmiava le coloro che desiderano dialoga- botte, ma io ero sufficientemente abile e furbo per contenerle. Mio padre re con l'Arcivescovo emerito di era un uomo buonissimo, fisicamente dicono che fosse molto simile a Milano sulla vita della chiesa e me; era un socialista massimalista convinto, non molto amante dei preti, della società in questo nostro però li rispettava e alla fine mia madre è riuscita negli ultimi anni della sua vita a riportarlo in chiesa. A lui devo la possibilità di studiare. Era un tempo. uomo semplice, ma giusto. E io sono venuto su miscelando fede e giusti- zia». Ven. 29 marzo ore 21 Scola, che ha incontrato la fede “per forza” («Nascevi e nel paese eri im- 18 Gen./Feb. 2019
merso nella fede»), solo negli anni del liceo l‟ha fatta sua e nel tempo l‟ha maturata come una scelta di vita: «L‟incontro decisivo è avvenuto in due tappe; c’è stato un momento in cui ho messo tra parentesi la fede, anche se non ho mai saltato una Messa la domenica. Però aveva perso pungolo, spessore, preso com‟ero dall‟interesse politico, dal gusto per la letteratura americana e russa conosciute al ginnasio». Nel 1957 l‟incontro casuale con Giussani, «un genio educativo che in una relazione pubblica affrontò il tema attualissimo della “gioventù come tensione”. Quel discorso mi restò dentro come un tarlo». E poi la conferma, un anno dopo, quando a una settimana dei giovani di Azione cattolica «intervenne don Pigi Bernareggi, che da 50 anni è prete nelle favelas del Brasile. Lo ricordo come fosse oggi; in un salone tut- to sberciato, in una casa della gioventù del littorio passata poi ad Ac, in cui pendevano delle lampadine senza porta-lampade con dei fili tutti attorcigliati a delle strisce gialle piene di mosche, iniziò il suo discorso dicen- do: “Se Gesù non avesse un rapporto con quelle lampadine io non sarei un cristiano”. Per la prima volta mi fece intuire che Cristo era un avvenimento, non un discorso o un‟idea, che c‟entrava con tutta la vita. Due momenti che portarono a galla fino in fondo il discorso sul desiderio e sulla felicità che Giussani fece quella volta e che determinarono una mobilitazione. Da quel momento con alcuni amici lec- chesi cominciammo a raccontare ai compagni di scuola che cosa volesse dire il rapporto con Gesù, come cambiava la vita, cosa c‟entrasse con gli affetti incipienti, con lo studio». Una “contemporaneità di Cristo” che ha segnato tutto il percorso; anni ricchi di soddisfazioni a partire dalla nomina a vescovo di Grosseto a soli 49 anni, poi a rettore della Lateranense, a patriarca di Venezia e, infine, nel 2011 ad arcivescovo di Milano. «A Grosseto sono tornato a stare in mezzo al popolo da adulto; il Laterano è stata l‟occasione di conoscere la Chiesa internazionale; Venezia, marcata dal cristianesimo, è la città dell’umanità, di una bellezza a cui non ti abitui mai; Milano è stato il ritorno a casa. Sapevo di avere poco tempo e ho cercato di fare una prima semi- nagione: tornando ai fondamentali del Cristianesimo, insistendo sulla necessità di avere la stessa mentalità e gli stessi sentimenti di Gesù». In mezzo, anche l‟esperienza della malattia e della psicanalisi: «Nel ‟74 sono stato così male da finire in co- ma; cercando la diagnosi di morbo di Addison che sarebbe arrivata solo sei anni dopo, ho tentato anche la strada feconda della psicanalisi». E qualche amarezza. Come quando il cardinale Bertone, nel 2007, non lo volle presidente della Cei: «Così mi hanno riferito. Forse perché faccio discorsi difficili da capire. Un mito che circola da sempre, ma è vero solo in parte, perché la gente trova facile solo quello che sa già». O quando, a detta della stampa, è uscito sconfitto dal Conclave del 2013. «Ero convinto, e l‟avevo detto an- che prima del Conclave, che la Chiesa europea, debole e stanca, quasi al tracollo, non fosse in grado di esprimere un Papa, perché non comunicava più l‟evento di Cristo che ci dà la gioia e il gusto di vivere. Non mi turba aver fatto la figura dello sconfitto, ma le montature su Francesco che non mi voleva ricevere mi hanno fatto dispiacere». Scola, che ha conosciuto Giovanni Paolo II («un uomo completo, pensatore straordi- nario con una capacità unica di rapporto fondata su una lettura dell‟intimo del suo interlocutore») ed è legato a Benedetto XVI da un’amicizia duratura («Unisce un vertice di umiltà a un vertice di intelligenza europea»), di Francesco dice: «È il Papa che ha introdotto un diverso stile di Magistero, perché ha realizzato una fusione di gesti, esempi, cultura di popolo e insegnamento. Un Pontefice molto amato che risponde a un bisogno profondo della gente». Tuttora presidente del Centro studi internazionale Oasis, da lui fondato negli anni ve- neziani, guarda al fenomeno delle migrazioni con preoccupazione: «Già nel 2002 sostenevo la necessità di un piano Marshall europeo, perché non possiamo non essere accoglienti, ma per esserlo in maniera seria e costruttiva dobbiamo avere una proposta, fare un progetto insieme». Oggi, che è tornato a fare il prete, prega la Madonna domandando «la grazia di desiderare di scivolare nelle braccia di Dio con la morte, piuttosto che diventare uggioso per la preoccupazione di morire». Libero davve- ro fino alla fine. Gen./Feb. 2019 19
Per accedervi digitare il seguente indirizzo: https://parrocchia-mombello-limbiate.it/ VIA CRUCIS DELLA ZONA PASTORALE VII a Cusano Milanino (vedi informazioni dettagliate su volantino dedicato) Dialogo con il Cardinale sulla sua autobiografia: Ho scommesso sulla libertà presso salone oratorio S. Cuore – via Tito Speri (vedi volantino dedicato) LA CROCE nel pensiero e nella spiritualita’ russo-ortodossa. Relatore padre Francesco Braschi dottore della Biblioteca Ambrosiana e presi- dente della Fondazione Russia Cristiana RINNOVO ABBONAMENTO A L’ ORIZZONTE Abbonamento a l’Orizzonte Di …………………………………………..……………………………………………………………………………… via …………………………………………..……………………………………………………………………………… contributo alle spese di stampa di € …………………………………………………… (NB La stampa a colori ha costi decisamente superiori alla versione precedente, in BN. No- nostante questo, teniamo come offerta minima € 10. Chi gradisce e può offra di più. Gra- zie!) 20 Gen./Feb. 2019
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