APERTA COMUNITÀ - Pederobba
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COMUNITÀAPERTA dicembre 2018 I 150 ANNI DEL MIO SACERDOZIO Pagina 4 Pagina 6 LE MATITE COLORATE Pagina 4 n° 476
sommario pg. 3 La lettera pg. 4 I 50 anni del mio sacerdozio Magnificate con me il pg. 5 I lavori dei ragazzi pg. 6 Le matite colorate pg. 8 Da un ergastolano … Signore! pg. 10 La cresima. Il 18 novembre pg. 11 Pederobba: d. Bruno e d. Oddo pg. 13 Il mestiere del genitore pg. 15 Ciao pg. 17 La pietà popolare pg. 17 Racconto: la candela riottosa pg. 18 Ufficiature pg. 19 Il sabato mattina … Parrocchia Sabato Domenica Il SITO DELLA PARROCCHIA ha questo indirizzo da cercare in Sera Mattina Sera GOOGLE www.ecclesia-pederobba.it CIANO 18.30 8.00 Aperto il sito, si clicca sul MENU e si scelgono i programmi. 10.30 CORNUDA 18.30 8.00 18.30 Cliccando sulle parole evidenziate in azzurro, si ottengono gli 10.30 AVVISI e COMUNITÀ APERTA di cui si scaricano i PDF. COVOLO 18.30 9.30 Visualizzato, il sito può essere opportunamente salvato. Il sito propone subito una pagina chiamata HOME dove si trovano gli ultimi inserimenti CROCETTA 18.30 9.15 c. di riposo di articoli o altro. Tuttavia posso scegliere la pagina AVVISI SETTIMANALI , o 10.30 quella di COMUNITÀ APERTA , oppure STORIA DELLA PARROCCHIA che NOGARÈ 18.30 10.00 dispone anche di due sottocartelle titolate POESIE O BRANI SPIRITUALI e VITE ONIGO 19.00 8.30 DI SANTI E ALTRI ; troverò nel menu anche COMUNICAZIONI , cioè brevi avvisi 10.30 o inviti, e una sottocartella con avvisi provenienti da LA COLLABORAZIONE . PEDEROBBA 19.00 10.00 18.00 Infine una pagina fissa così chiamata: ORARI MESSE E CATECHESI . A destra della videata appare sempre una banda con il titolo EVENTI PARROCCHIALI. MADONNA DI ROCCA 7.30 Cliccando sulle parole azzurre posso conoscere il contenuto degli eventi o 9.30 appuntamenti. In fondo c’è una FINESTRA SUL MONDO per poter osservare e-mail del parroco: vepaolobo@gmail.com collaboratori: chi offre articoli di propria mano su fatti, riflessioni, il mondo, soprattutto attraverso informazioni missionarie. Ogni riguardanti soprattutto la realtà cristiana del nostro paese. A settimana sarà proposto un articolo dall’OSSERVATORE ROMANO e uno da corredo: foto, disegni, meglio se in bianco e nero. Si consegni AVVENIRE; continuando oltre l’articolo posso sfogliare il quotidiano scelto, possibilmente in chiavetta o via e-mail. Far pervenire il materiale entro il 20 di ogni mese. pagina su pagina, che viene aggiornato ogni giorno automaticamente. Distribuzione: Edicola Peron di Bonetto Federico e incaricate. Abbiamo aggiunto anche LA VITA DEL POPOLO e un filmato su don Giuliano — STAMPATO IN PROPRIO PRO MANUSCRIPTO — Pederobba, p/za IV novembre, 14 — tel. 0423/69817 Vallotto. pg. 2
Pederobba, 1 dicembre 2018. Carissimi, Si avvicina il Natale: quanti Natali abbiamo ancora in questa vita terrena? Approfittarne! Il Natale è una grazia che il Signore concede a chi si rivolge a Lui per ottenere la gioia. La gioia di Dio si acquista in vari modi e questa gioia – da distinguere accuratamente dall’allegria, buona in sé ma transeunte – è segno sicuro di un paradiso che si sta formando nel cuore e che si rivelerà alla fine della nostra vita. Approfittare, per accumulare gioia per la vita eterna! E come allora? Invocarla dal Signore con frequenza e grande desiderio. Donare questa gioia al marito o alla moglie. Ai figli. Alle persone vicine. A chi si sente male. Agli ammalati. A chi soffre per una ferita “grande” ricevuta in famiglia. Chi dona si riempie sempre più di gioia e, donandola, questa non si divide, ma piuttosto si moltiplica. È come il fuoco: non si divide, ma si sviluppa. Dico ancora: la gioia più grande è prendere a braccetto il Signore e farsi condurre là dove potrò dare il perdono a chi mi ha offeso. Buon Natale! pg. 3
Caro don Paolo sei il parroco di questa comunità da molti anni. Hai una missione molto importante da svolgere: diffondere la Parola di Dio a noi che siamo la tua parrocchia. Grazie don Paolo per la tua presenza. I tuoi ragazzi. I 50 anni del mio sacerdozio U na festa con la mia comunità ci voleva, la più importante dopo altre tre celebrate: con gli Indiani del nostro territorio il 23 giugno, con i miei compagni di ordinazione il 1° settembre a Loreggia, con parenti e paesani a Carbonera il 16 di settembre. Ma il prete è fatto per il popolo — non vive solo da solo e per se stesso — e allora la festa di Pederobba è stata la più importante. Ne parlai allora al Consiglio Pastorale; tutti d‘accordo per il giorno del Seminario, il 25 di novembre. Se c‘è un parroco in paese è perché c‘è un Seminario, ma prima ancora del Seminario c‘è una famiglia, un papà e una mamma. Ecco allora l‘occasione per pregare e ottenere dal Signore tante vocazioni. Ore 10.00: chi immaginava tanto? Mi sono commosso — capiterebbe anche a voi! — e come posso ora ringraziare tutte le persone che in vario modo hanno fatto bella questa festa? Le alcune che hanno organizzato e diretto tutto con cura, le catechiste che hanno preparato i bambini a percepire il valore dell‘evento, i due cori riuniti a dare vigore e bellezza alla liturgia, le persone che hanno addobbano con arte la chiesa, la mia classe ‗44 con la loro generosa offerta, quanti hanno redatto e dato contenuti alla bellissima stampa straordinaria di Comunità Aperta, con tutti gli auguri e congratulazioni giunti anche dalle due comunità delle Opere Pie (gentilissimi!) e poi tutti quelli che hanno pensato i giorni avanti di offrirmi qualche cosa: innanzitutto per raggiungere una cifra addirittura di €11 00 con l‘invito a riprendere un secondo viaggio in Ecuador a trovare l‘amico don Giuliano. Ma qui ci devo pensare davanti a Dio e col vostro consiglio fraterno: rifare un viaggio, oppure offrire questa cifra alle necessità missionarie dell‘Ecuador? Oppure … E poi molte persone che da giorni mi offrivano oggetti, cibarie, frutta, telegrammi e pubblicazioni, cose per dire il loro affetto e la loro stima. Grazie! Non voglio dimenticare nessuno. Se succede imputatelo alla mia età che comincia a dare segni di debolezza, non al cuore, perché tutti siete importanti per me. A questo mi ha educato negli anni il Signore, ma anche la vostra presenza intelligente e saggia. Molti — e questo mi fa sommamente piacere — mi assicurano la loro preghiera addirittura giornaliera. Allora insieme preghiamo per le vocazioni al sacerdozio, affinché si rinnovi il Vangelo adatto alla modernità, ma sempre il Vangelo vivo di Gesù. Grazie allora … Quante grazie il Signore ci riserva per l‘avvenire! pg. 4
Due disegni raffigurano don Paolo che celebra la Veglia Pasquale e battezza (terza elementare) un altro disegno (prima media) rappresenta il fonte battesimale, da cui cadono gocce d’acqua che siamo noi, a portare refrigerio al mondo intero. Sulle foglie troviamo dei pensieri che si riferiscono al parroco. seguirlo, come ha chiamato gli Gesù chiama ancora giovani a apostoli. Caro don Paolo sei il parroco di questa comunità da molti anni. Hai una missione molto importante da svolgere: diffondere la Parola di Dio a noi che siamo la tua parrocchia. Grazie don Paolo per la tua presenza. pg. 5
(ANSA) - CITTA' DEL VATICANO, 6 NOV - Quest'anno la serie di francobolli di Natale che il Vaticano porrà in vendita il 9 novembre porta la firma di un detenuto del carcere di Milano-Opera. Lo riferisce l'Osservatore Romano. "Confesso che da bambino, appena un foglio bianco mi si presentava davanti, non mancavo mai di disegnarci sopra" scrive Marcello D'Agata, l'autore dei disegni dei francobolli vaticani, parlando della sua passione per matite e colori. Da qualche tempo la Direzione Marcello D'Agata dipinge della Casa di reclusione ha permesso a un gruppo di partecipare a un corso di disegno. L'iniziativa dei francobolli vaticani progettati nel penitenziario è nata nell'ambito del progetto Filatelia nelle carceri che il giornalista Danilo Bogoni sta seguendo da anni nel penitenziario milanese. I tagli - da 1,10 e 1,15 euro - sono stampati in un massimo di sessantamila pezzi; c'è anche la versione a libretto, comprendente due serie. Milano 12-11-2018 LE MATITE COLORATE NELLE MANI DI DIO D iceva di sé Madre Teresa di Calcutta che lei si considerava una ―matita‖ nelle mani di Dio. Una matita è una piccolissima cosa ma se si trova tra le mani di Dio, Lui fa miracoli! Dio si diverte a confonderci con la sua imprevedibile e meravigliosa fantasia onnipotente. Di questo siamo testimoni rispetto ai fatti che raccontiamo perché anche noi ci consideriamo ―matite‖, in questo caso colorate nelle mani di Dio. Tutto è partito con la volontà di aiutare i detenuti che desideravano passare il tempo vuoto del carcere facendo qualcosa di bello, con la competenza gratuita e appassionata della Professoressa Chiara Mantovani esperta in arte, la prima matita colorata! Il secondo passo è stato fatto dal nostro papa Francesco che ha voluto nell‘Anno Santo del 2016 che ci fosse nelle carceri la porta Santa per i carcerati. Ne ha fatto grande esperienza di Grazia anche Marcello D‘Agata, detenuto nel carcere di Opera per associazione a delinquere. Un passato tenebroso e negativo. Nel tempo la Grazia di Dio e l‘azione educativa di sacerdoti, catechisti, ecc… lo ha portato al pentimento e a cambiare mentalità e vita. Chiese perdono a Dio nella confessione, e attraversò la Porta Santa vivendo un secondo battesimo, una rinnovata identità di Figlio di Dio e di persona rinata nella sua Grazia. A questo punto terzo passaggio Marcello desidera ringraziare il Papa di questo dono, come? Regalandogli un dipinto fatto da lui, la seconda matita colorata nelle mani di Dio. Ma cosa fare? Io avevo appena iniziato a partecipare alla Santa Messa in carcere e a far catechesi, quindi mi chiese di aiutarlo a impostare un dipinto che toccasse il cuore del Papa. Facemmo ricerche sulle parole più usate da Lui e ne scegliemmo tre: odore delle pecore – misericordia – e periferie. pg. 6
Quarta matita colorata Fabrizio e Daniela: con il loro aiuto economico ho comprato le due grandi tele, ma chi le portava dal centro di Milano in carcere? Ecco la quinta matita una ditta di amici che fa trasporti… Ne venne fuori un quadro di più di due metri con un crocifisso che disintegrava le sbarre, con una pecora sulle spalle e il mondo ai piedi, il suo sangue dal costato arrivava sul mondo e bonificava dove passava… Marcello ne fece anche un altro con il Papa che apriva le porte ai detenuti, e quando la Prof. Mantovani gli portò l‘ingrandimento del suo crocifisso notammo che anche il suo portava una pecora sulle spalle e lì capimmo di aver capito il suo pensiero. A questo punto ecco la sesta matita colorata: Alfonso esperto falegname che fece le cornici dei quadri con competenza, maestria e gratuità. Ma come portarli a Roma? Ritorna la disponibilità di Fabrizio e Daniela che dal Veneto sono venuti al carcere di Opera di venerdì e poi, il martedì seguente, portarono i quadri a Roma, dove i contatti con il Vaticano erano stati realizzati dalla settima matita il Dott. Bogoni, presidente della numismatica, volontario al carcere di Opera e Bollate con laboratori su questo tema e sempre in contatto con il Dott. Olivieri Mauro della numismatica vaticana. E così le due figlie del detenuto ebbero la gioia di presentare al Papa il mercoledì 18 Aprile i quadri del loro papà come segno di conversione e di ringraziamento. A questo punto Papa Francesco attentissimo a mettere gli ultimi come primi, fece chiedere non ai grandi pittori di tutto il mondo — e ne avrebbe avuti molti a disposizione — ma al detenuto seppellito per una condanna senza fine, ma convertito, di fare due dipinti per i due francobolli che il Vaticano emette ogni Natale e non solo. Venerdì 9 Novembre il dott. Olivieri Mauro rappresentante del Vaticano venne al carcere di Opera per timbrare i primi francobolli con i dipinti di Marcello per questo Natale 2018. Insieme al Direttore del carcere Dott. Silvio di Gregorio, all‘Arcivescovo di Milano Delpini Mario, al rappresentante delle poste italiane e altre rappresentanze, ci fu la presentazione dei francobolli. Naturalmente come tutte le cose umane ci furono difficoltà varie nel seguire queste attività ma la Provvidenza di Dio non ha mai smesso di Il dottor Olivieri si intrattiene con Marcello D'Agata continuare attraverso le MATITE COLORATE a costruire il bene. Io penso di aver perso il conto sulle matite colorate, ma negli uffici del Paradiso i nostri angeli registrano tutto, a loro non sfugge niente, sempre tutto perfetto, e quindi insieme con loro e con voi cantiamo il nostro attuale Magnificat, perché ―grandi cose ha fatto Dio, con noi ―matite colorate‖, che ora ammiriamo il farsi e il realizzarsi del suo DISEGNO d‘amore per noi. Suor Maristella De Marchi Missionaria dell’Immacolata - catechista al carcere di Opera pg. 7
Milano: creati da un ergastolano del carcere di Opera i francobolli per il Vaticano di Paolo Foschini Corriere della Sera, 6 novembre 2018 Lo Stato di San Pietro sceglie i dipinti di un condannato Marcello D’Agata, da 25 anni in carcere e convertito I soggetti? Una Natività e una Annunciazione La filatelia e i carcerati: gli ultimi a usare la posta “L’arte mi ha ridato la vita persa dietro falsi maestri”. E che effetto le fa? “Di grande gioia. Portare pace anche attraverso un francobollo è un modo di riscattare il mio passato oscuro. Che non sento più appartenermi, ma che non posso ignorare. E mi fa male”. Così ha risposto Marcello D’Agata a chi gli ha chiesto di commentare la notizia che diverrà ufficiale fra tre giorni: e cioè che due dei suoi quadri, una Natività e una Annunciazione, sono stati scelti dall’Ufficio filatelico del Governatorato della Città del Vaticano per illustrare i francobolli di Natale che verranno emessi il 9 novembre in presenza dell’arcivescovo di Milano Mario Delpini. Con una cerimonia che si terrà nel carcere di Opera, dove Marcello D’Agata da oltre un quarto di secolo sta scontando l’ergastolo per reati di mafia. Ergastolo ostativo, tecnicamente. Quello con la scritta ufficiale sul foglio: “Fine pena mai”. Eppure. C’è sempre da riscoprire qualcosa degli uomini e cioè di noi quando si scende, si fa per dire, tra i (con)dannati. Per esempio appunto i francobolli, partendo dal piccolo. Perché in questo tempo che parla (quasi) solo a chi è online, dice ti amo (quasi) solo in whatsapp e governa comunque i popoli con un tweet è rimasta un’unica classe sociale - collezionisti a parte - a sapere ancora che i francobolli esistono. Ed è la classe dei carcerati. Una città di poco meno di 60mila abitanti in Italia. Gli ultimi cittadini dell’Occidente che per chiedere a qualcuno “come stai” devono ancora prendere carta e penna, scrivere, imbustare. E affrancare, già. Sarà anche per questo che ha avuto un certo seguito tra diversi di loro, sparsi un po’ qua e là, un protocollo intitolato “Filatelia nelle carceri” siglato ancora nel 2013 tra Ministeri della Giustizia e dello Sviluppo economico con Poste italiane, Unione della stampa filatelica e Federazione delle Società filateliche italiane. A monte c’era già stato tre anni prima un progetto-pilota nel carcere di Bollate ad aver dimostrato l’efficacia - una volta di più - di programmi basati sulla cultura, l’arte e la bellezza ai fini del recupero personale e sociale di chi sta in galera. L’allora presidente della Federazione Danilo Bogoni - tra i firmatari del protocollo insieme con Luigi Pagano in quel periodo era vicecapo dell’Amministrazione penitenziaria in Italia - si impegnò personalmente a seguire il Gruppo filatelico che nel carcere di Opera riunisce oggi dodici detenuti dalla categoria “As1”, alta sicurezza. Riunione settimanale ogni lunedì. Da quattro anni. Il risultato sono state diverse collezioni, dalla prima realizzata in occasione di Expo 2015 a quell’altra inaugurata l’anno dopo dal cardinale Angelo Scola. E il disegno di un carcerato di lunga pena quale Matteo Boe, uscito da Opera l’anno scorso dopo avere scontato i 25 della sua condanna fino all’ultimo, era già stato trasformato in francobollo sempre nel 2015 dal Ministero dello Sviluppo economico. Ma con Marcello D’Agata è la prima volta che il Vaticano sceglie addirittura due dipinti di un ergastolano ostativo quali soggetti per altrettanti francobolli speciali da emettere per Natale come Stato di San Pietro: il cui simbolo con le famose chiavi (del Paradiso) stampato in alto a destra appare qui più significante di quanto non sarebbe una intera conferenza. Ovvio che la scelta di un carcerato come pittore del Natale ha inteso riconoscere da parte della Santa Sede, più dell’aspetto artistico pur non privo di una sua rilevanza, il compimento di un percorso. A prescindere dall’aspetto giudiziario, qui neppure toccato. Come dice Mauro Olivieri, direttore dell’Ufficio filatelico e numismatico del Governatorato del Vaticano: “Affidare la realizzazione dei francobolli di Natale a Marcello D’Agata è stato un segno di pg. 8
speranza, fiducia e fede nel prossimo e nella sua possibilità di comprendere il male fatto e di recuperare. Sono proprio gli ultimi degli ultimi quelli che, secondo l’insegnamento di Gesù, meritano la nostra attenzione”. Già lo scorso luglio D’Agata, attraverso le sue figlie, aveva fatto pervenire a papa Francesco due suoi dipinti tra cui un Crocifisso. L’ispettore generale dei cappellani dell’Amministrazione penitenziaria, don Raffaele Grimaldi, con una lettera da Roma gli fece sapere che il Papa non solo aveva “apprezzato il suo dono” ma sottolineava che “creare opere d’arte” può portare “attraverso il linguaggio della bellezza una scintilla di speranza e fiducia proprio lì dove le persone sembrano arrendersi all’indifferenza e alla bruttezza”. “Qualcosa è scattato in me - ha raccontato lui - in occasione del Giubileo della Misericordia, quando papa Francesco concesse ai detenuti la facoltà, per la prima volta, di attraversare la Porta Santa e ottenere con l’indulgenza plenaria la “certezza del perdono”. Da lì - dice - ho cominciato a prendere in mano i pennelli”. Nella lettera che le sue figlie avrebbero consegnato al Papa più avanti scrive tra le altre cose che “il passaggio della Porta Santa vissuto nella più totale solitudine, Santità, è stato un momento emozionantissimo, difficile da descrivere. Esso mi ha ridato quella vita e quella gioia perse quando, convinto da un falso maestro, avevo lasciato che il male si impadronisse di me”. Poi eccolo “ringraziare le due persone straordinarie, la professoressa Chiara Mantovani e suor Maria Stella De Marchi, che mi hanno accompagnato in questo percorso artistico di crescita personale e spirituale”: che “mai avrebbe avuto uno sbocco senza il sostegno dell’Amministrazione penitenziaria e della Direzione dell’Istituto di Opera”. Proprio all’Amministrazione ha regalato uno dei suoi quadri più grandi, un gigantesco Albero della conoscenza del bene e del male. Dice che della sua “precedente vita” gli sono rimasti quattro piccoli quadretti fatti da ragazzo: ora ce li hanno le figlie. C’è voluta una “altra vita” in carcere prima di ritrovare quella passione. “Quando mi trovo a dipingere - dice - è come se mi guardassi allo specchio. Nella pittura riverso tutte le mie emozioni, per permettere a ciò che ho imprigionato dentro di uscire fuori. E quando non posso dipingere amo sognare a occhi aperti. Il solo modo di arrivare in luoghi per me irraggiungibili”. Cita la frase di Maria all’angelo per descrivere non solo l’attimo ma l’atteggiamento di vita che ha inteso rappresentare in quella sua Annunciazione che da venerdì sarà un francobollo del Vaticano: Avvenga di me quello che hai detto. “Il mio augurio - conclude - è che il francobollo porti nel mondo un segno di pace. E ringrazio tutti coloro che hanno permesso anche a me di dare un messaggio finalmente positivo nei confronti della società civile”. E che effetto le fa? «Di grande gioia. Portare pace anche attraverso un francobollo è un modo di riscattare il mio passato oscuro. Che non sento più appartenermi, ma che non posso ignorare. E mi fa male». Così ha risposto Marcello D’Agata a chi gli ha chiesto di commentare la notizia. Poi eccolo «ringraziare le due persone straordinarie, la professoressa Chiara Mantovani e suor Maria Stella De Marchi, che mi hanno accompagnato in questo percorso artistico di crescita personale e spirituale»: che «mai avrebbe avuto uno sbocco senza il sostegno dell’Amministrazione penitenziaria e della Direzione dell’Istituto di Opera». A scuola — Pierino, cos’è una radice quadrata? Uno scherzo della natura! Colmo Qual è il colmo per un grillo? Spegnere le lucciole prima di andare a dormire! pg. 9
Caro Paolo , ieri sono stato a trovare le Guadalupanas per portar loro l’altra parte dei soldi che a suo tempo mi avevi dato. A Casco Valenzuela c’era solamente una. Tutte le altre si trovavano a Ambato per un corso. Le due aspiranti continuano bene. Grazie per quello che hai fatto per loro. Volevo dirti anche che il Rotary locale mi ha già consegnato altre 20 casette di legno e caña. 12 di queste le offriremo a 12 famiglie che vivono in tuguri nella periferia di Atacames. Preghiera in preparazione alla S. Cresima Non potrò farle sul modello delle altre. Ma mi Signore Gesù, assicurano che sono mio maestro e mia guida, sempre meglio di un i miei genitori hanno scelto per me il tugurio. Delle altre 8 una Battesimo andrà nella periferia di e io desidero confermarne gli impegni Esmeraldas per evitare che con la Cresima. una mamma di 8 figli senza casa si veda privare Sono giovane e mi affaccio alla vita. Inizio a fare scelte mie, dei figli da parte delle a farmi delle opinioni istituzioni. Una forse ma le difficoltà del mondo adulto mi andrà a una mamma a cui spaventano. domenica scorsa hanno Con il dono dello Spirito ammazzato due figli di 24 saprò essere fedele al tuo Vangelo. e di 26 anni (a loro volta Fammi brillare di trasparenza, con tre e con 4 figli), le fa’ della mia vita un canto di lode altre le passeremo nel alla tua bellezza. villaggio che abbiamo Sostienimi nella tentazione costruito. Ciao. e concedimi, mio Signore, di riconoscerti presente nella mia vita Un abbraccio bien e nella vita della comunità cristiana. latinoamericano. Giuliano. Sostienimi con la tua mano premurosa, accompagnami nella fedeltà agli impegni del LA CRESIMA Battesimo. IL 18 DI NOVEMBRE. Donaci guide innamorate di Te, che siano la memoria continua Qui a lato la bella preghiera della tua dolce ma esigente presenza. preparata dai catechisti (Bonetto Danillo e Fiorenza) Amen. per la festa della cresima dei pg. 10
loro ragazzi, quelli della seconda media. Li ringraziamo tantissimo per quanto hanno fatto e faranno ancora, collaborando con i loro genitori. I ragazzi siano veri amici di Gesù, capaci di crescere nella vera libertà di Cristo che dona gioia, rifuggendo dalla falsa libertà di satana che inocula tristezza. Sappiano sentirsi parte attiva della Chiesa nel diffondere il Vangelo negli ambienti di scuola e tra gli amici, con scelte di vera onestà. Forse non andranno tanto lontano nelle diverse parti del mondo, come lo è stato per il vescovo che li ha consacrati a Cristo: lui, nunzio apostolico, ha conosciuto popoli di Africa, Medio Oriente, Asia, America… O anche no. I giovani oggi viaggiano molto lungo le rotte aeree del mondo. Auguriamo loro di essere messaggeri di pace e di gioia cristiana, sempre. Ringraziamo Sergio Ramon — 2^ puntata e ultima I n un contesto di polemiche e di difficile ricostruzione don Fraccaro non riesce ad esercitare la rappresentanza e guida che aveva prima e durante la guerra. Di qui la stanchezza, forse l‘allontanamento. Già in agosto del 1920 in una predica aveva fatto capire di volersene andare, suscitando allarme e la solita lettera di supplica al vescovo con raccolta di firme. A dicembre 1922 Sabbione, a nome dei Pederobbesi, chiede a Mons. Longhin una visita al Cav. don Bruno Fraccaro e ai Pederobbesi, afflittissimi per la dipartita del parroco. É il momento di don Oddo Stocco. Inizia un nuovo periodo contrassegnato da raccoglimento e preparazione, svolto in ambito pastorale, alieno dallo scontro politico aperto, che tuttavia permane con le caratteristiche che saranno più evidenti a San Zenone. E‘ una fase, non solo del sacerdote Oddo Stocco, ma dell‘intero movimento cattolico, che si pg. 11
appresta a fare i conti con la nuova forza di governo, il fascismo. Nessuno scontro frontale, ma rivendicazione della propria autonomia in campo religioso ed educativo. Dirada anche la documentazione reperibile negli archivi e nella stessa Vita del popolo, così abbondante per don Fraccaro. Il 2 febbraio 1923 (le date spesso divergono) è nominato vicario spirituale di Pederobba don Stocco, professione di fede il 19 febbraio alla presenza di don Vitale Gallina vicario e del cappuccino P. Leone da Villafranca; nomina a parroco l‘8 ottobre. Vita del popolo non porta notizie del suo ingresso. Il 24 maggio 1924 Benito Mussolini è dichiarato cittadino onorario anche a Pederobba. Su 20 consiglieri 9 sono assenti. Sul finire del 1929 arriva in Comune una ispezione prefettizia che redige un rapporto molto negativo sul commissario Vincenzo Mazzoccato, originario di Crocetta. Gli si addebita una serie di dabbenaggini amministrative. Il 23 dicembre il prefetto gli consiglia di andarsene prima di essere destituito d‘ufficio. Il Rapporto ci interessa, perché afferma che il Mazzoccato è diretto dal parroco di Pederobba, che manda il proprio cappellano a scortare i ragazzi dalla scuola alla chiesa, impedendo loro di frequentare una diversa educazione, del resto impossibile, perché mancano a Pederobba le corrispondenti strutture fasciste di educazione, quali palestre e campi sportivi. Il particolare è interessante ed indica una costante. Il regime accuserà don Stocco anche a San Zenone di voler educare i ragazzi all‘interno del campi sportivi parrocchiali, non permettendo loro di frequentare i locali corrispondenti gestiti dalle organizzazioni fasciste. Don Stocco quindi interpreta bene la fase di raccoglimento del movimento cattolico che si chiude in se stesso, rivendica una propria separatezza rispetto al regime di cui però condivide gli obbiettivi generali, specie dopo il concordato del 1929. La sua attività si svolge soprattutto sul piano pastorale. Favorisce in Pederobba un seminario della Consolata. La sua opera è apprezzata da Mons. Perla Francesco, segretario generale degli Istituti Canossiani, che chiede il 20 giugno 1928 a Longhin di nominarlo monsignore, proposta rifiutata in quanto tanti sacerdoti e più anziani erano nelle condizione di don Oddo Stocco. Sono i tempi in cui nel nostro paese si dibatte sulla collocazione di un monumento ai caduti. Questione di non poco conto: la memoria dei caduti della guerra deve essere religiosa o civile? Don Oddo Stocco è accusato nella ispezione dell‘ispettore di Questura a fine 1928 di voler erigere il campanile come monumento a ricordo dei caduti, contro chi nel paese vorrebbe invece un monumento a San Bastian. La questione sarà risolta dal successore che erigerà il campanile. E‘ nella visita pastorale del 21 novembre 1928 che ritroviamo alcuni dati interessanti. La visita è stata preceduta da una missione. Sono fabbricieri Baratto Giosuè, Foggiato Arcangelo, Bresolin Beniamino. Gli abitanti sono 2.300, le famiglie 514, 80 nati, 30 morti. Annualmente si celebrano 10 matrimoni. Tra i giovani c‘è qualche caso difficile, alcuni sono incorreggibili da antica data, molto presente la pratica del rosario ma anche bestemmie e ubriachezza, ma non disonestà matrimoniale, rilassatezza nella frequenza alla chiesa nei giorni di lavoro, una unione illegittima, soppressi i balli e il teatro esistenti un tempo, esiste, all‘atto della visita pastorale, un cinema parrocchiale. Uno o due figli illegittimi. Non vi sono in parrocchia massoni, socialisti o spiritisti. A dire il vero non si capisce oggi che cosa significasse allora la parola spiritisti. Un terzo della popolazione è emigrata in America e Australia. Si fa il massimo possibile per combattere l‘emigrazione che ha fatto diminuire di 200 unità la popolazione rispetto alla visita pastorale del 1921, suscitando sorpresa del vescovo Longhin. L‘emigrazione è vista come fattore negativo. Vi è solo qualche giornale cattivo, cioè Corriere della sera e Gazzettino. Vita del popolo ha 20 copie, 200 il foglietto parrocchiale, 300 l‘Angelo della famiglia, Fiamma 26 copie e Aspirante 20. La Chiesa è aperta alle 4 del mattino e si chiude all‘Ave Maria. Si cerca di far cantare bene i ragazzi sotto la guida del pg. 12
maestro Giovan Battista Renosto. Ci sono buoni rapporti con il comune, il parroco ha come cooperatore Don Pasquale Roncato; Don Tancredi Rocca è direttore della Colonia, vi è un sacerdote mobile nel collegio Consolata. Il parroco ha in casa una sorella nubile, e Baratto Regina come domestica, di 39 anni. Vi sono due lasciti, la questua del granone. Esiste l‘organizzazione Uomini Cattolici, Missioni Consolata, Suore Cottolengo e Suore Canossiane (7), asilo opere pie. Non ci sono matrimoni o funerali laici, non si battezza oltre gli 8 giorni, si fa quanto è possibile perché i padrini siano degni, i fidanzamenti non eccessivamente lunghi, 100 comunioni al giorno, 300 nelle festività, un mese di preparazione alla cresima, tutti cresimati, due mesi per la comunione, parecchi però non fanno Pasqua. Con il Concordato non cessa la contrapposizione politica tra la Chiesa e il Fascismo. Il terreno di scontro rimane però l‘educazione dei ragazzi. Le violenze alle sedi cattoliche continuano anche se in misura ridotta rispetto agli anni del fascismo nascente. Le contrapposizioni cesseranno con la Guerra in Etiopia. Don Stocco a Pederobba rappresenta il momento di raccoglimento sul terreno propriamente pastorale con rare e silenziose incursioni nel terreno amministrativo locale. La sua è una interpretazione diversa del ruolo di sacerdote da quella che ne aveva dato il predecessore . Non si tratta però di semplici sfumature psicologiche personali bensì di due modi diversi di confrontarsi con la realtà sociale e politica assunti dai cattolici in due momenti differenti della storia provinciale e nazionale. FINE A CURA DELLA CARITAS Alcune riflessioni emerse dall’incontro svolto a Montebelluna — Centro Pastorale — il giorno 6 Ottobre sul tema: IL MESTIERE DEL GENITORE Padri, madri e figli nel tempo del “tutto è possibile” — 2^ puntata e ultima dott. Francesco Stoppa L’istituzione famiglia è un luogo in cui si gioca la partita della vita. Capita spesso di trovare figli che fanno fatica a pensare la propria autonomia, come se la costruzione della propria individualità, il seguire un proprio desiderio, fosse qualcosa che può produrre un danno nei genitori. Come se i figli fossero programmati per fare quello che soddisfa i genitori, come se la famiglia non fosse propedeutica a che il ragazzo diventi cittadino. La famiglia sembra oggi dover ricacciare il figlio all’interno delle proprie mura come se fosse problematico il distacco. “Questo tipo di genitori che faticano a pensare all’autonomia del figlio, non è vero che non amano i figli, ma hanno grosse difficoltà a concepire la vitalità dei propri figli. Odiano la vita che c’è nell’esistenza del figlio”. L’amore dei genitori non è amare il figlio come proiezione del proprio narcisismo. Amare il figlio significa amare la sua vita, dare alla sua vita una chance, una possibilità di costruirsi. Noi siamo una società che ha paura della vita, anche quella di figli. Il mondo di oggi, della tecnica e del mercato, non ha una grande simpatia per il conflitto: pg. 13
tutto deve appianarsi, deve passare attraverso la logica dell’appagamento, della soddisfazione, della deresponsabilizzazione dei cittadini. Anche questo è un attacco che viene fatto alla famiglia. La famiglia invece è un luogo di confronto, di conflitto e di ricomposizione, non del “Vogliamoci bene perché bisogna volersi bene”. Il percorso dell’amore deve contemplare al proprio interno anche l’odio, che non è il contrario dell’amore. Contrario dell’amore è l’indifferenza. L’amore è sempre qualcosa di vitalizzante. In una famiglia è necessario che il genitore rappresenti un salto antropologico, non un andamento naturale, automatico. Per passare dalla natura alla cultura ci deve essere qualcosa che richiede un attivarsi dei soggetti in modo che la situazione diventi critica, reale, vita. Oggi invece si vuol credere che tutto possa avvenire naturalmente senza alcun dramma, traumi, senza conflitti. I traumi sono quelli che ci insegnano a vivere, ci risvegliano a noi stessi, ci fanno interrogare, ci lasciano sorprendere dal mondo, dalle cose, dagli altri, che ci fanno vedere gli altri come dei soggetti non come dei beni che devono servirci per completare il nostro narcisismo. Non usiamo solo le merci per bastare a noi stessi, per costruirci forme di godimento autistico, ma usiamo anche gli altri oggi. Siamo una società che cerca di evitare le complicazioni, società della sicurezza . Etimologia della parola sicurezza = sine-cura senza cura, ci pensa qualcun altro, non preoccupatevi. È come se i figli, in questa mentalità moderna, potessero crescere solo con la devozione dei genitori, attenti che nessuno si faccia male all’interno dello scambio della trasmissione generazionale. Mentre invece è importante per i bambini ritrovare le cicatrici di quella volta che si son fatti male: sono le medaglie della vita che si è incisa nel corpo. Il rischio della famiglia oggi è che cada nella privatizzazione del figlio che non diventa cittadino ma rimane sempre figlio, bambino. In questo modo la famiglia cessa di essere quella istituzione fondamentale perché si producano dei cittadini responsabili. Oggi la famiglia è oggetto di attacco, dovrebbe uscire fuori, ritrovare l’orgoglio di essere, in una società come la nostra, un punto di resistenza civile e umana. Figure genitoriali Buona madre, buon padre, sono soggetti che riescono a contenere il loro amore, sanno dare un limite al proprio amore perché il figlio possa trovare il proprio spazio. Il bambino deve attraversare la sua solitudine, vivere momenti di attesa, saper aspettare. Oggi tanti giovani soffrono dell’incapacità di attendere, devono riempire subito il vuoto. Sembra che non abbiano incontrato una madre che abbia saputo rivelarsi nella sua umanità, non sempre disponibile, non perfetta. C’è sempre un limite, qualcosa che sfugge al tutto, che completa la relazione. È molto importante che la madre contenga questo eccesso di devozione al figlio. Non è tutto per il figlio perché in qualche modo ha una sua soggettività, non si rovescia tutta sul figlio. E il bambino dovrà accettare il fatto che la madre non è tutto. Spesso i figli diventano la ragione di vita dei genitori soprattutto oggi che ci sono tanti figli unici. Si sente spesso dire dai genitori “è lui che dà un senso alla nostra vita”: è tremendo per un bambino pensare di essere venuto al mondo per dare un senso alla vita dei genitori. Dovrebbe essere il contrario. Questo figlio non è mai come l’abbiamo immaginato, è sempre qualcosa di misterioso, pg. 14
che costringe i genitori a rivedere il loro desiderio, a pensare. L’arrivo di un bambino scompagina. Un buon genitore è qualcuno che non si sottrae a questa inquietudine: deve incontrare un mistero vivente, questo bambino che viene da chissà dove. La genitorialità deve essere sempre qualcosa che sorprende, non ci lascia come prima, ci chiede di rimodellare la nostra umanità. Nel Vangelo troviamo una figura paterna straordinaria nella Parabola del figliol prodigo . È un padre che abita il conflitto e tollera la libertà del figlio. Il degno erede ai suoi occhi è quello che ha sperperato tutto, ha creato un buco nella catena delle generazioni, non è l’altro che era disposto ad ereditare senza uscire di casa. Il figlio che va, che ha la capacità di toccare il fondo, che non si accontenta di ricevere automaticamente, consentirà al padre di sperare in un futuro di sé stesso e delle sue opere. Il figlio ci ha messo del suo, ha rotto le briglie ed è quello che deve accadere nel momento del passaggio generazionale. Ogni generazione è chiamata a creare un punto di discontinuità per poter costruire poi una continuità, perché in questa discontinuità il figlio rinnova, rilancia, rivitalizza l’eredità. Non la riceve passivamente. È quello che fanno tutte le generazioni dei giovani: tentano sempre una reinvenzione della lingua, dei costumi, che è l’unico modo per rivitalizzare una società, una civiltà. Ciao T itolo non proprio originale, lo ammetto. Ciao è un saluto facile, immediato, familiare, informale, perfino un po‘ trasandato e quasi universale. Nelle sue variazioni è diventato un saluto internazionale che si trova bene nelle bocche di giovani e adulti in Francia e in Russia, in Vietnam come in Brasile e in tanti altri paesi del mondo, anche dove si parla inglese. Usato originalmente nel Veneto, nell‘Ottocento ha conquistato la Lombardia e poi anche la Toscana, diventando il saluto informale comune di tutta l‘Italia del Novecento. Ma se i Veneti di un tempo (forse) ne conoscevano bene il significato, abituati com‘erano a togliersi il cappello di fronte ai signori quando li salutavano, dubito che i giovani e meno giovani che lo usano con disinvoltura in ogni angolo del mondo siano preoccupati di saperne il significato etimologico. Se questo saluto fosse davvero capito e messo in pratica alla lettera, potrebbe innescare la più grande rivoluzione pacifica del pianeta e cambiare le relazioni tra persone e popoli. Sì, proprio il semplice ―ciao‖. Ma andiamo con ordine. Ciao «deriva infatti dal termine veneto (più specificatamente veneziano) s’ciao, proveniente dal tardolatino sclavus, traducibile come ―[sono suo] schiavo‖. Si trattava di un saluto assolutamente reverenziale». Così su Wikipedia e, similmente, su la Treccani, su Focus e su altri dizionari facilmente consultabili online. Ovvio che in origine era il saluto dei servi ai padroni, soprattutto i grandi proprietari terrieri e latifondisti che controllavano gran parte delle terre di tutta Europa fin dai tempi dei Romani. Retaggio di tempi in cui il fattore, longa manus del padrone, poteva entrare nelle case dei contadini e controllare quello che mangiavano per verificare che non ci fossero cibi non autorizzati e riservati soltanto ai signori. Era il saluto da servo a padrone, ma il tempo e l‘uso l‘hanno modificato e reso patrimonio comune. Nessuno oggi ne ricorda la dimensione servile, ma solo la familiarità, la gioiosità e l‘uguaglianza tra persone che esso esprime. Eppure il significato che questo saluto nasconde è davvero rivoluzionario. Immaginate solo per un pg. 15
momento che quello che si dice con la bocca (ciao = «sono suo/tuo schiavo») esprima davvero quello che si porta nel cuore, che davvero voglia dire: «Mi metto al tuo servizio» e, quindi, non penso ai miei interessi ma faccio tutto quello che è necessario per la tua felicità, il tuo benessere, la tua pace e la tua gioia. E che chi risponde al saluto con il suo «ciao» abbia gli stessi sentimenti e sia pronto ad aiutare, sostenere, accogliere, «servire» la persona che lo ha salutato. Immaginate un «ciao (= sono tuo servo)» che non sia di maniera né di opportunità, libero da timore e dipendenza, non corrotto da relazioni di tipo mafioso. Un «ciao» che esprima rapporti nuovi tra le persone, nei quali ognuno metta il benessere e la felicità dell‘altro al centro. Un «ciao» che faccia sentire benvenuta, accolta, rispettata e, perché no?, servita la persona che è salutata. Ve la vedete la scena di un qualsiasi ufficio pubblico dove l‘impiegato/funzionario di turno ti dice «ciao» e veramente ti guarda e ti serve come una persona e non un numero o un rompiscatole? Un avvocato che dicendoti «ciao» pensa «come posso aiutare questa persona?» e non «quanto ci posso guadagnare?». Un prete che ti vede con gli occhi di Gesù e non con quelli del diritto canonico? I vicini di casa che non aumentano i divieti e i cancelli, ma dicano veramente «ciao» ai vivaci figli del vicino che hanno voglia di giocare in cortile e sappiano gioire della loro vitalità sbarazzina senza appellarsi ai regolamenti condominiali? Che succederebbe se i politici italiani incontrando la gente dicessero «ciao» perché vogliono fare un reale servizio al bene comune, con speciale attenzione a chi è più debole della società? E un G20 del «ciao», nel quale i vari Trump, Putin, Xi, Merkel, May e tutti gli altri non pensino ciascuno a portare a casa il massimo vantaggio per la propria popolarità e il proprio paese, ma vogliano essere servi dell‘umanità, della pace e della giustizia? Una pazzia? Qualcuno, quasi duemila anni fa, ha osato sognare un mondo così. Nella cena in cui ha salutato per l‘ultima volta i suoi amici, si è tolto il vestito della festa, ha indossato un grembiule da servo e si è messo a lavare i loro piedi. Alle loro reazioni scandalizzate ha detto che quello che lui faceva non era un‘eccezione, ma mostrava quello che doveva essere il loro comportamento normale, quotidiano: «Lavarsi i piedi a vicenda» (Gv 13,14), «diventare servi gli uni degli altri» (cfr. Mc 9,35), come ha fatto lui che «non è venuto per essere servito, ma per servire» (Mt 20,28). Facendosi servo Gesù ha rivelato quello che è il vero volto di Dio, il volto dell‘Amore. E ha anche mostrato agli uomini cosa significa essere davvero uomini, figli di quel Dio che è Amore, che è Misericordia Un sogno? A tutti un buon Natale ricco di ciao! — A cura di Antonio Bresolin — Approfitto per augurare ogni bene al caro Maestro Antonio Bresolin, persona tanto stimata da me e da tutta la parrocchia per il bel servizio svolto come maestro di coro nella liturgia da molti decenni, e ancor oggi nel suo prestarsi a guidare il canto nelle domeniche. Abbiamo inoltre in lui un raro esempio di coerenza cristiana che torna a vantaggio di tutti. Tra cani Due cani si incontrano. Il primo dice: — Ciao, come ti chiami? E l’altro: — Lessie, e tu? — Scrissi! pg. 16
LA PIETÀ POPOLARE È IL SISTEMA IMMUNITARIO DELLA CHIESA Racconta il Papa R icordo quando ero maestro dei novizi: andavo tutti gli anni - come provinciale anche con i novizi - al Santuario di Salta, al nord dell‘Argentina, alle feste del Señor del Milagro. Uscendo dalla Messa - io confessavo, durante la Messa - c‘era tanta gente, e una signora del popolo si avvicinò a un altro prete con alcuni santini: ―Padre, li benedice?‖, e quel prete, un teologo molto in gamba, dice: ―Ma signora, lei è stata alla Messa?‖ - ―Sì‖ - ―E lei sa che alla Messa c‘è il sacrificio del calvario, Gesù Cristo è presente?‖- ―Sì, padrecito, sì‖ - ―E lei sa che tutte queste cose sono più che benedette?‖ –―Sì, padrecito‖ - ―E lei sa che nella benedizione finale si benedice tutto?‖ - ―Sì, padrecito‖. E in quel momento, usciva un altro prete, e la signora: ―Padre, me li benedice?‖. E lui li ha toccati e li ha benedetti. Ha ottenuto quello che voleva: che li toccasse. Il senso religioso del tatto. La gente tocca le immagini, ―tocca Dio‖. Questo non si era mai visto: una candela che rifiuta di accendersi. Tutte le candele dell'armadio inorridirono. Una candela che non voleva accendersi era una cosa inaudita! Mancavano pochi giorni a Natale e tutte le candele erano eccitate all'idea di essere le protagoniste della festa, con la luce, il profumo, la bellezza che irradiavano e comunicavano a tutti. Eccetto quella giovane candela rossa e dorata, che ripeteva ostinatamente: «No e poi no! Io non voglio bruciare. Quando veniamo accesi, in un attimo ci consumiamo. Io voglio rimanere così come sono: elegante, bella, e soprattutto intera!». «Se non bruci è come se fossi già morta senza essere vissuta» replicò un grosso cero, che aveva già visto due Natali. «Tu sei fatta di cera e stoppino, ma questo è niente. Quando bruci sei veramente tu e sei completamente felice». «No, grazie tante» rispose la candela rossa. «Ammetto che il buio, il freddo e la solitudine sono orribili, ma è sempre meglio che soffrire per una fiamma che ti brucia». «La vita non è fatta di parole e non si può capire con le parole, bisogna passarci dentro» continuò il cero. «Solo chi impegna il proprio essere cambia il mondo e nello stesso tempo cambia se stesso. Se lasci che solitudine, buio e freddo avanzino, avvolgeranno il mondo». «Vuoi dire che noi serviamo a combattere il freddo, le tenebre e la solitudine?» pg. 17
«Certo» ribadì il cero. «Ci consumiamo e perdiamo eleganza e colori, ma diventiamo utili e stimati. Siamo i cavalieri della luce.» «Ma ci consumiamo e perdiamo forma e colore.» «Sì, ma solo così possiamo vincere il buio della notte e il gelo del mondo» concluse il cero. Così anche la candela rossa e dorata si lasciò accendere. Brillò nella notte con tutto il suo cuore e trasformò in luce la sua bellezza, come dovesse sconfiggere da sola tutto il freddo e il buio del mondo. La cera e lo stoppino si consumarono piano piano, ma la luce della candela continuò a splendere a lungo negli occhi e nel cuore degli uomini per i quali era bruciata. La più bella preghiera che conosco: «Signore, fa’ di me una lampada: brucerò me stesso, ma avrò dato luce agli altri». data ora nome ANNIVERSARIO, ADA, MARIA E mese di dicembre 2018 Pederobba FERNANDA 01/12/18 19.00 BORTOLETTO GIORDANO E SARTOR MIRCO E GENITORI FAMILIARI ANTONIO FRAGOSA ANNIVERSARIO FASTRO ALDO GEMIN ARTURO MARCHESE PIETRO SECONDO UN'INTENZIONE DI N. 02/12/18 10.00 CONIUGI GALILEO E GIUSEPPINA UCCELLA SECONDO Vicini di casa BAZZACO E LORO FAMILIARI BRESOLIN NAZZARENO ZANINI EUGENIO 3° ANNIVERSARIO COMPLEANNO DEFUNTI DELLA CLASSE 1936, IN SUMAN MARIA, BORTOLO PARTICOLARE SECONDO PIAZZETTA E FAMILIARI UCCELLA E ELEONORA VIVIANI SMANIOTTO CLELIA E FAMILIARI MARTINA CARLO Coscritti classe 1946 E BOF MARIA 18.00 BRESOLIN SEBASTIANO 15° 18.00 ANTONIA E ROMANO; IDA E ANNIVERSARIO ORLANDO LUBAN ANGELINA, PANNO ERMENEGILDO E SUSANNA 09/12/18 10.00 PALAZZO PASQUALE E FRANCESCO 03/12/18 10.00 ESEQUIE DI DE FRANCESCHI GILBERTO BARATTO COMPLEANNO FRANCESCO E RENATA 04/12/18 8.30 SOTTANA MARIA 18.00 PIAZZETTA VITTORIO La borgata FRANCESCO MARCHESIN. LEDA E ELVIRA COMPLEANNO, QUINTO E ANGELO FRANCO DE MARTIN ANTONIO SARTORELLO E LENA BERNARDELLI, ROMANO 10/12/18 19.00 DEFUNTI SEMENZATO VENDRASCO E PAROLIN ANTONIA 11/12/18 8.30 PAPÀ ATTILIO COMPLEANNO 05/12/18 FASTRO NARCISO, ANNA E 12/12/18 9.30 FASTRO NARCISO, ANNA E 9.30 ROMANO ROMANO 06/12/18 19.00 BARDIN ROCCO E BAZZACO 13/12/18 19.00 PUTTON RAFFAELE E GINO MARIA 15/12/18 19.00 BUSNELLO LUCIA DEFUNTI CARNIELLO E BRESOLIN GIOVANNI E MARANGON GIUSEPPINA RICHIEDEI DANTE COMARON ALBERICO E ASSUNTA; 07/12/18 CHARLY, NONNI, IMELDA E ZANESCO DOMENICO E DE 10.00 BRUNO LUNARDO IRMA 08/12/18 ANTONIETTA E FAMILIARI GUADAGNIN GUIDO E MARIA 10.00 COMAZZETTO SIMONE, FRATELLI VENDRAMIN E GIOVANNI, MARIO E PIVA ELVIRA GENITORI DAL BUSCO TARCISIO 3° MICHIELON MARIO E GENITORI 16/12/18 10.00 FOGGIATO ARCANGELO E pg. 18
DORETTA 23/12/18 10.00 BARDIN MARIA COMPLEANNO E ANGELICA E LE PERSONE PANNO GIACOMO DERELITTE COSCRITTI VIVI E DEFUNTI CHINAZZO ELIO, EMILIO, SAVINA, CLASSE 1944 LUIGINA E RITA E DEF. FACCHIN LUIGI, GUADAGNIN BATTOCCHIO FERNANDA, DOTTOR COMAZZETTO VERCELLINO E SARTORELLO E LENA SANTA 18.00 ANTONIO COMPLEANNO E FRANCO CHARLY E CECI DE MARTIN 17/12/18 19.00 DEFUNTI SCATTOLIN E NASATO 24/12/18 8.30 GIACOMO BRESOLIN FOGGIATO GIOVANNI E BARDIN ELISABETTA E FAMILIARI VITTORIA MARIA, RICCARDO E FAMILIARI 18/12/18 19.00 BOTTARO SANTE 26/12/18 10.00 STEVEN E FAMILIARI BUSNELLO GIOVANNI, PIEROTTO BRESOLIN STEFANO, GIOVANNA, GIOVANNI E FAMILIARI GUIDO E MARIA 19/12/18 9.30 ANTONIO SARTORELLO 27/12/18 19.00 ZIA LINA 20/12/18 19.00 RINO, AMALIA, TECLA E PAPÀ ATTILIO TERESINA 29/12/18 19.00 MAMMA EMILIA 22/12/18 19.00 SACCHET MIRO ANTONIA E ROMANO; IDA E DE MARTIN GIANCARLO E ORLANDO FAMIGLIA AZZANO 30/12/18 10.00 ANIME DIMENTICATE ANTONIO, CECILIA, LINO, IVO E 18.00 RITA GUADAGNIN PAPÀ SANDRO 31/12/18 19.00 COMAZZETTO SIMONE 10° ANNIVERSARIO calendario pastorale del mese di dicembre 2018 Nel tempo di avvento e di natale: colletta diocesana ―Un posto a tavola‖ per le missioni della diocesi Sb. 1 2^ e 3^ media in seminario, per una confessione che aiuti a vivere l‘avvento / partenza ore 14.30 Ore 20.30 in san Nicolò a Treviso: veglia diocesana dei giovani. Dm. 2 Messa delle ore 10.00 animata dal gruppo caritas Ln. 20.30 Consiglio dell‘oratorio Gv. 6 Adorazione eucaristica (dalle 15.00 alle 21.00). preghiera per le vocazioni al matrimonio Sb. 8 Ore 15.00 omaggio dei bambini dell‘asilo a Gesù, Giuseppe e Maria: preparazione al natale. In chiesa. Santa messa della sera alle ore 18.00 Dm. 9 Facciamo festa per i 90° compleanno del m° Antonio Bresolin (messa delle 10.00) Santa messa delle 10.00 animata da un gruppo parrocchiale Ln. 10 Consiglio Pastorale Parrocchiale Mc. 12 Ore 15.00 presso le opere parrocchiali: riunione generale delle persone che si dedicano alla pulizia e al decoro della nostra chiesa. Sono invitati/e anche altri/e che volessero dedicare un po‘ del loro tempo alla casa di Dio. Gv. 13 Congrega dei sacerdoti del vicariato a Pederobba (ore 9.00). pg. 19
Dm. 16 Santa messa delle 10.00 animata da un gruppo parrocchiale Inizia la Novena di Natale, che sarà animata via via da diverse classi di catechismo. Mt. 18 Giornata del migrante Gv. 20 Arriva p. Giorgio per le confessioni Vn. 21 Ore 20.00: in chiesa preparazione alla confessione natalizia per GIOVANI E ADULTI Sb. 22 Ore 10.00: confessioni delle classi elementari Ora 15.00: confessioni delle classi medie Dm. 23 Possibilità di confessioni individuali tra le messe (con la presenza anche del sacerdote indiano) Ln. 24 Santa messa alle ore 8.30 — confessioni individuali durante il giorno (9.00/12.00-15.00- 19.00) Santa messa della notte di natale: inizio ore 23.00 con una veglia. Segue la messa. Mt. 25 S. NATALE Mc. 26 S. Stefano: messa in chiesa (ore 10.00) e presso il centro servizi (ore 9.30) Dm. 30 Festa della S. Famiglia di Gesù. Ln. 31 Ore 19.00 santa messa vigiliare della solennità di Maria Madre di Dio. Canto del Te Deum a rigraziamento per i benefici ricevuti nell‘anno che si chiude. Una festa alla settimana, quella delle ore 9.30 sul cortile delle opere parrocchiali. Aspettiamo davanti alla porta, vediamo giungere i bambini che, scaricati dalle auto delle mamme, si precipitano a giocare e poi entrare con irruenza nelle stanze del loro catechismo. Quest’anno abbiamo raggiunto quota tre classi per il sabato mattina, dalla 1^ elementare alla terza. I bambini, propiziati dalla vacanza scolastica del sabato, possono finalmente partecipare alla catechesi con animo sgombro da preoccupazioni e non gravato da sonnolenza o stanchezza. Dico la verità: fermarmi in mezzo a loro è per me come entrare nella stagione primaverile, quando nel mattino di buon’ora si possono ascoltare con sommo piacere i cinguettii degli uccelli. I nostri bambini sono felici della vita, come e più degli uccelli. Siano benedetti dal Signore, il quale, con tanta sapienza li ha forniti di brave mamme catechiste. Sanno fare, per un’ora sono i «loro bambini». Se entriamo nelle aule comprendiamo perché i bambini vengano tanto volentieri a catechismo: le lezioni si svolgono con la manualità del disegno, dei ritagli, dei giochi didattici, con uscite alla chiesa per salutare Gesù. pg. 20
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