Fase 3: torna musica in discoteca ma no balli

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Fase 3: torna musica                                     in
discoteca ma no balli
Da oggi in Campania possono tornare ad accendersi gli impianti
audio delle discoteche, dove ci si potra’ intrattenere per
bere qualcosa al bar e al ristorante, ma resta escluso il
ballo, anche all’aperto. Riattivati anche i corsi di lingue,
di laboratori e di altre attivita’ formative o ricreative,
purche’ siano svolti presso gli enti autorizzati a farlo. Le
sale gioco, bingo e scommesse devono attendere il 15 giugno
per riaprire. In particolare, nelle sale scommesse, e’ vietato
assistere “alle competizioni sportive e/o alle comunicazioni
sui monitor”, ma sara’ possibile farlo “esternamente ai
locali, a condizione che si evitino assembramenti”. Dopo
averle anticipate nella consueta diretta social del venerdi’,
il ‘governatore’ campano, Vincenzo De Luca, mette nero su
bianco, nell’ordinanza numero 56, le nuove misure anti-
contagio per diverse attivita’. Tra le premesse del
provvedimento, i risultati incoraggianti degli ultimi sette
giorni circa i nuovi positivi: in media due al giorno, che
confermano “la curva epidemica via via decrescente”. L’uso
delle mascherine nella regione resta obbligatorio fino al 21
giugno, mentre e’ “raccomandato” all’aperto dopo quella data.
Sempre da lunedi’ prossimo e’ consentito lo svolgimento delle
attivita’ di cinema, teatri e spettacoli dal vivo. Dal 1
luglio, poi, possono svolgersi le attivita’ congressuali,
rispettando tutte le misure di sicurezza. La task force
regionale da’ mandato alle aziende sanitarie di regolamentare
l’accesso nei reparti di familiari, accompagnatori e
visitatori che potranno assistere da vicino i degenti, fermo
restando il divieto di assembramento. Intanto, dal prossimo
martedi’, le Asl dovranno effettuare, in raccordo con l’Unita’
di crisi, controlli a campione della temperatura corporea dei
viaggiatori e dovranno praticare test diagnostici in caso di
temperatura superiore a 37,5 ovvero in presenza di sintomi,
anche lievi, compatibili con il virus Covid-19.

Tenta   truffa   in  banca,
arrestato 64enne di Caserta
Gli agenti della Polizia di Stato dell’Ufficio Prevenzione
Generale – Sezione Volanti, hanno tratto in arresto un uomo,
F.C. di 64 anni, pregiudicato originario della provincia di
Caserta, per una tentata truffa ai danni di una filiale di un
istituto di credito, nella zona orientale a Salerno. L’uomo si
era presentato allo sportello bancario per effettuare un
prelievo di mille euro, attirando i sospetti dell’impiegata
addetta in merito ai documenti esibiti per effettuare
l’operazione. Infatti, la provenienza da altro luogo della
Campania, riportata sul documento di identità, appariva
all’operatrice abbastanza strana per l’importo richiesto e,
dopo ulteriori verifiche in banca dati dell’istituto,
sorgevano fondati sospetti che l’uomo stesse esibendo
documenti falsi. Pertanto, veniva richiesto l’intervento della
volante della Polizia di Stato che si portava prontamente sul
posto e sottoponeva a controllo l’uomo. Dagli accertamenti
effettuati, gli agenti appuravano che la carta d’identità e la
tessera sanitaria esibite risultavano essere state
contraffatte e che l’uomo stesse usando false generalità per
completare il raggiro ed ottenere la somma richiesta. Inoltre,
ascoltando anche altri addetti della banca in merito
all’episodio, emergeva che la stessa persona il giorno prima,
10 giugno, era riuscito con la medesima tecnica a trarre in
inganno un altro operatore della stessa filiale, facendosi
consegnare la somma di mille euro. Dal quadro inequivocabile
emerso, gli agenti accompagnavano l’uomo negli uffici della
Questura per le formalità di rito e successivamente lo
traevano in arresto in flagranza per tentata truffa,
sostituzione di persona ed uso di falsi documenti,
conducendolo al proprio domicilio in regime di arresti
domiciliari a disposizione dell’Autorità Giudiziaria in attesa
dell’udienza di convalida.

Falsa dichiarazione fiscale,
sequestro della Guardia di
Finanza a un imprenditore di
Battipaglia
La Guardia di Finanza di Salerno, su disposizione della locale
Procura della Repubblica, ha eseguito un decreto di sequestro
preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, nei
confronti di un imprenditore di Battipaglia, per il reato di
dichiarazione fiscale fraudolenta. Il provvedimento, emesso
dal GIP del Tribunale di Salerno, scaturisce da un controllo
dei Finanzieri della Tenenza di Battipaglia nei confronti di
un agricoltore, dedito alla produzione e commercializzazione
di agrumi, il quale, avvalendosi della qualifica di
imprenditore agricolo, in tre anni ha omesso di dichiarare al
Fisco ricavi per oltre 1,4 milioni di euro. Sosteneva infatti
di essere a tutti gli effetti un semplice contadino, in quanto
dichiarava di coltivare i terreni nella disponibilità per poi
rivendere i soli prodotti raccolti nei suoi campi. In questo
modo, beneficiava delle agevolazioni fiscali del regime
speciale dell’agricoltura, che consente la determinazione del
reddito sulla base della rendita catastale, in maniera
forfettaria, in questo caso pari a poche centinaia di euro
all’anno. I militari, partendo dalle ingenti quantità di
agrumi commercializzati (oltre 5.000 quintali nel triennio dal
2015 al 2017), a fronte dell’unico terreno effettivamente
destinato a questa coltivazione (con una superficie di appena
1,7 ettari), hanno ricostruito che la gran parte della frutta
veniva invece acquistata da altri agricoltori. Addirittura,
nel caso dei cedri, venivano venduti senza avere piantato
neanche un albero. Le incongruenze rilevate hanno portato le
Fiamme Gialle salernitane a riqualificare l’attività
dell’imprenditore, rideterminando in maniera analitica il
reddito imponibile e facendo emergere un’evasione fiscale di
circa 600.000 euro. Per garantire il pagamento del debito nei
confronti dell’Erario, sono stati così posti sotto sequestro
liquidità e titoli nella disponibilità dell’indagato per un
valore complessivo di pari importo.

Evade    dai                   domiciliari,
arrestato                     53enne    per
estorsione
Un uomo di 53enne, salernitano, è stato arrestato dai
Carabinieri per evasione dai domiciliari ed estorsione. Il
fatto è accaduto domenica scorsa. L’uomo era sottoposto agli
arresti domiciliari a Pellezzano in una abitazione assieme
alla madre.

Primario sospeso, i legali
contestano i fatti: “Erano
atti medici”
“Il nostro assistito si protesta innocente e totalmente
estraneo ai fatti. Egli contesta la ricostruzione svolta dalla
denunciante e rivendica che tutti gli atti da lui compiuti
erano finalizzati esclusivamente a ragioni di natura medica”.
Lo dichiarano Federico Conte e Laura Toriello, legali del
medico destinatario ieri di una misura di sospensione
dell’esercizio della professione emessa dal Gip del Tribunale
di Salerno. “Riteniamo necessari tempestivi approfondimenti
investigativi – dichiarano i due avvocati – per fare totale
chiarezza, e in modo rapido, sulla denuncia di una paziente.
Nessun abuso, nessuna violenza si sono compiuti ai danni della
signora, ma solo regolari manovre di natura diagnostica,
nell’ambito di una visita medica. Sconcerta che si calpesti in
modo così brutale la reputazione e l’onorabilità di uno
stimato professionista, che viene catapultato in una vicenda
dal duro impatto professionale ed esistenziale sulla base di
accuse generiche e non dimostrate. Per questo ci rivolgeremo
subito al Tribunale del Riesame“

Sindrome della capanna: non
solo è possibile ma anche
comprensibile
di Giulio Corrivetti

Un senso di smarrimento mi pervade all’idea di
riappropriarsimi della libertà di movimento, all’idea di
uscire e di tornare alla mia vita di prima. Dottore, perché?
Per   spiegarcelo,     questo   senso   di   smarrimento   dobbiamo
innanzitutto capire a fondo che periodo abbiamo vissuto.
Quanto resterà in noi di questo fenomeno che ci ha
attraversati, interrotti come un’onda progressiva,
allargandosi a tutto il pianeta ed a tutto il genere umano?
Quante paure saranno rimosse da alcuni di noi e quante
limitazioni, invece, rimarranno nonostante il riemergere alla
libertà ed alla vita? Siamo stati coinvolti tutti in una
condizione insolita, imprevedibile ed assolutamente unica, che
la storia non ricorda. Siamo tutti stati sospesi nel vuoto e
nell’attesa che il pericolo si allontanasse. Non c’è memoria,
in coloro che hanno vissuto le ultime due guerre mondiali, di
una restrizione ed dell’isolamento come siamo stati costretti
a vivere in questi ultimi tre mesi: una perdita delle
relazioni, un impedimento a piangere insieme la perdita dei
nostri cari, lo sconvolgimento del contesto sociale. Anche
proteggersi dalle bombe era, in guerra, una azione collettiva.
A noi è toccata una perdita delle relazioni, totale ed a lungo
nel tempo. L’attuale sospensione dal mondo, indotta
dall’emergenza COVID-19, più di quanto sia accaduto nei
periodi di guerra, ha privato noi tutti del contatto umano.
L’uomo è apparso il maggior pericolo e la potenziale minaccia
per l’altro. Il paesaggio lunare assunto dalle strade e dai
contesti urbani rimarranno nei nostri occhi a lungo. Si stima
che in questi mesi successivi alla pandemia, circa 300.000
persone in più chiederanno aiuto alle strutture deputate alla
tutela ad alla cura del disagio psichico. E così, abbiamo
potuto riscontrare nelle immagini televisive, nelle strade dei
centri urbani e nei racconti delle persone due opposti
comportamenti reattivi alla lunga fase di deprivazione e di
riduzione dell’esistenza determinata dalla epidemia da SARS-
Cov2. Da un lato abbiamo assistito all’immediato affollamento
dei luoghi del maggiore riconoscimento sociale: la movida, le
piazze, il centro vitale delle nostre città, dall’altro il
desiderio di allungare il periodo di protezione nella tana, di
chiusura nella nicchia ecologica costituitasi nelle nostre
case. Quelle case divenute, a forza o a ragione, dei mondi
vividi di rituali protettivi e di rassicuranti, intime
abitudini, Niente di più rassicurante e di più terapeutico del
perimetro solido del contenitore domestico. la sindrome della
capanna da un lato, e la movida dall’altro, sono due aspetti
reattivi alla lunga immersione nell’atmosfera del rischio e
del pericolo. L’effetto esplosivo del pericolo vissuto e del
rumore delle nostre angosce più profonde. Oggi le scene della
movida sono l’immagine più disinvolta, con il suo prorompente
desiderio di libertà e di normalità, e rappresentano la
rimozione e la negazione del rischio e delle paure percepite
durante il distanziamento indotto dal coronavirus, mentre il
bisogno di sopravvivere nel silenzio e nella lentezza dei
ritmi domestici, rappresenta la espressione della
vulnerabilità e della estensione fobica della paura, quando
essa prescinde la reale sussistenza di un pericolo.E questa
ultima condizione, altrimenti definita come “la sindrome della
capanna”, ci riguarda un po’ di più e merita un maggiore
approfondimento, in quanto espone maggiormente alla sofferenza
e può determinare maggiori limitazioni e danni a chi ne sta
manifestando oggi i vissuti ed i comportamenti di difesa.
Questa definizione appare già all’inizio del secolo scorso e
la provavano i cercatori d’oro che negli Stati Uniti
trascorrevano interi mesi in una capanna e, sperimentavano il
rifiuto di tornare poi alla civiltà e la sfiducia nel
prossimo, stress ed ansia. Anche i guardiani dei fari,
sovente, manifestavano questi sintomi riprendendo la loro
normale vita in famiglia e nelle loro abitazioni. Oggi gli
psicologi hanno descritto questo quadro per descrivere ciò che
molti stanno vivendo nella ripresa dall’isolamento per
l’epidemia. “Non ho, poi, tanta voglia di uscire…”, “…resto a
casa ancora un pò, …d’altronde chi mi obbliga a riprendere il
mio vecchio ritmo..” ovvero frasi del tipo “comincio ad aver
paura sulla soglia di casa…. torno indietro e mi svesto di
nuovo…. tanto non è necessario che esca” eccetera eccetera.
Sono tantissime le testimonianze che sentiamo emblematiche di
comportamenti di evitamento sociale o di vere e proprie
estensione delle paure “al di là del COVID” Questa condizione
rappresenta una costruzione reattiva, di tipo fobico, a dei
rischi che in maniera sproporzionata vengono vissuti come
enormi, pericolosi, incontrollabili”. Ciò che è certo è che i
disagi psichici della Fase 2 e della Fase 3 di ripresa da
questa terribile epidemia già emergono prepotenti sia in
coloro che sono stati costretti a vivere in isolamento per
malattia o convalescenza, sia in chi ha una subito una
situazione di solitudine relazionale e, non in ultimo, nei
tanti operatori sanitari che sono stati esposti a massacranti
ed eroiche situazioni di stress e di “lavoro di trincea”. “E’
mai possibile che oggi che ci viene permesso tu non abbia più
voglia di uscire?”. Certo, non solo è possibile, ma
comprensibile e, tanto tanto, evidente. In realtà, per molti
può rappresentare il semplice desiderio di una vita dai ritmi
meno frenetici e più a misura d’uomo. Sì, per molti si
presenta semplicemente così, con il desiderio di non
modificare lo status quo e di restarsene tranquilli e protetti
in casa.Ma per tanti altri la “Sindrome della capanna” si
manifesta con ansia, malinconia, demotivazione e
demoralizzazione, fino a veri e proipri comportamenti da
stress al tentativo di uscire e di rimettersi in moto, alla
prospettiva di riattivare la propria vita in una prospettiva
più dinamica e rumorosa. Questa sindrome è generalmente
associata alla paura di abbandonare il perimetro dei propri
confini sicuri e, addirittura alle difese fobiche immaginate
dalla possibile esposizione al virus. Certamente l’epidemia ha
rappresentato il fattore di scatenamento, ma, in molte delle
persone che ne soffrono, l’evento traumatico ha svolto
semplicemente il ruolo di effetto scatenante e di fattore di
slatentizzazione di precedenti paure e di fobie che si erano
contenute in un equilibrio sottile, ma funzionale ad una vita
regolare.La paura all’idea di uscire nuovamente in strada,
l’ansia di dover riprendere i nostri impegni al di fuori delle
pareti domestiche, la sensazione che in casa abbiamo tutto
quello che ci serve e che, a questo punto, non cambi nulla
allungare la quarantena di qualche settimana è una quasi
naturale conseguenza del fatto di aver trascorso tante
settimane isolati. Il nostro cervello si è adattato a quella
sicurezza che troviamo solo tra le quattro pareti domestiche.
Consideriamo anche il fatto che il Coronavirus non è scomparso
e che Il rischio di contagio è ancora presente ed è
comprensibile che la paura di ammalarsi aumenti l’insicurezza
e il timore di uscire. La sindrome della capanna è definita in
inglese, Cabin Fever ed era stata descritta già all’inizio del
ventesimo secolo. Essa, generalmente è destinata ad attenuarsi
gradualmente fino a scomparire in maniera spontanea. In una
piccola percentuale di casi può diventare un sistema stabile
di funzionamento intriso di paure e di ritiri dal mondo da
diventare un danno ed una vera sindrome comportamentale di
difesa. Però, una riflessione dettata da questi casi appare
opportuna: i ritmi frenetici della vita moderna, quella prima
del Coronavirus, e che probabilmente riprenderemo da qui a
breve tutti, il turbinio di emozioni e di attività senza
sosta, che spesso ci ha allontanato dal tempo vissuto per sé
stessi e per il proprio ozio creativo, ci hanno profondamente
mutato, adattandoci ad una identità innaturale e distorta.
Tutti a ripetere “Non ho tempo… .adesso vado di fretta….la
prossima volta”. La mancanza di tempo è stato il leitmotiv dei
nostrri alibi. Poi la pandemia ci ha bloccati nella paura e,
come per incanto, abbiamo scoperto (almeno alcuni) una
dimensione preziosa, a lungo ignorata: la lentezza. Con il
lockdown abbiamo ritrovato il piacere di ritmi più umani.
Proprio questo può spiegare che, quando finalmente la
condizione di restrizione sociale è finita, l’idea di
ricominciare con la vita di prima non appare più come un
bisogno primario. Nostalgia della lentezza e del silenzio,
consapevolezza delle diverse possibilità di vite alternative.
Vista così, la sindrome della capanna può apparire come una
sana opportunità di cambiamento, piuttosto che come una
malattia da curare.Ciononostante, come comportarci in questi
casi, e soprattutto come si devono comportare i familiari: è
fondamentale darsi tempo e non drammatizzare. In fondo, nella
maggior parte dei casi la “Sindrome della Capanna” è una
manifestazione psicologica passeggera. Essa descrive una
reazione psicologica, emotiva, normale. Pertanto, è
prioritario non alimentare ansie e paure aggiuntive di
riflesso. Si rinasce alla vita a piccoli passi prendendosi
tutto il tempo necessario, magari iniziando ad arrivare al
portone, anche senza uscire, inizialmente, e poi, con la
dovuta calma, ed accompagnati, iniziare a muovere i primi
passi intorno al perimetro di casa.Non ci spaventiamo, mi
raccomando, per tutti, forse, speriamo, quanto ci è accaduto
potrà rappresentare l’alba di una nuove e diversa normalità.

Il tenore Daniele Lettieri
ricomincia dal San Carlo
Nell’opera inaugurale del 4 dicembre, Bohème, sarà il
giocattolaio Parpignol, ma giugno lo vedrà a Parma per il
festival Verdiano, nei panni di Borsa.

Di OLGA CHIEFFI

Cos’è la gioia? Da dove deriva? In primo luogo dalla sua
perdita. L’uomo segnato da una mancanza, in questo periodo
tutti, siamo stati sospinti da una speranza, ad un continuo
operare, al laboratorio della creazione, allo studio. Così è
stato anche per il tenore Daniele Lettieri, splendida e
giovane voce, di scuola salernitana, con tanta voglia di
crescere, che proprio nella stagione, in cui aveva in carnet
diversi ruoli e impegni, ha vissuto la zona rossa del Vallo di
Diano, nella sua Sala Consilina. Giornate, da “arresti
domiciliari” che gli hanno fatto ricordare il suo ultimo
spettacolo operistico la “Lucrezia Borgia”, allestimento del
Donizetti Opera Festival     di Bergamo che ha replicato al
Teatro Valli di Reggio Emilia e avrebbe dovuto replicare al
Municipale di Piacenza e al Teatro Alighieri di Ravenna ma è
stato impossibile continuare la tournée, il concerto in
Russia, il dispiacere per non aver potuto calcare le tavole
del palcoscenico del massimo partenopeo ne’ “L’amour des trois
oranges”. Ma questa lunga e claustrofobica quarantena, lo ha
portato a studiare, con maggiore concentrazione e dedizione di
quanto mai avesse fatto prima, sempre con la valigia pronta
per cercare di concretizzare sempre a più alti livelli, questo
inizio pur brillante di carriera, che ha avuto anche la
“benedizione” di Josè Carreras. Non solo l’approfondimento del
dettaglio e della caratterizzazione di ogni pur “minore”
personaggio ma anche la riscoperta della natura, della cultura
della coltivazione, che Daniele associa alle quattro fasi del
ciclo umano. Ed ecco la giusta ricostruzione etimologica della
parola gioia, joie, che è in connessione con gaudium, e che
viene da getheo (gioisco), e si compone in ogni caso del ghe
della terra e del theo di brillare, ma anche potrebbe essere
il theo del muoversi di corsa, e se consideriamo che la radice
della terra è anche quella del verbo conoscere, imparare,
comprendiamo che a Daniele Lettieri, la quarantena è servita
per acquisire gioia. La notizia è certo di qualche giorno fa,
ovvero dell’annuncio del nuovo cartellone del teatro San
Carlo, che il 4 dicembre inaugurerà con La Bohème. Daniele
inizierà lì da Parpignol quello strano ed estroso personaggio
del giocattolaio che, nel corso dell’opera, con un carro pieno
di giochi, idee, divertimenti, irrompe in piazza, scatenando i
bambini e le bambine che vogliono assolutamente avere qualcosa
da lui, ovvero da quel portatore del gioco laddove il gioco
non c’era. Il gioco, il ludus della musica e del teatro è
stato, ed è, in forse, anche a Parma dove, però, si è decisi a
voler celebrare il ventennale del Festival verdiano, con una
anteprima en plein air del Rigoletto, seppure in forma
ridotta, con repliche fino a metà, in cui Daniele Lettieri
interpreterà il ruolo di Borsa, il braccio destro del Duca di
Mantova, che ordisce il rapimento di Gilda. La cosa più
irraggiungibile nel momento della quarantena, lo spettacolo
dal vivo, assente, fantasma di un periodo senza gioia, ci
balza, finalmente, meno esangue davanti assumendo ora per
Daniele Lettieri, il suo senso positivo di inizio fecondo e di
“resto” , di stare di esserci, con tenacia, nelle più
prestigiose produzioni, augurandogli di alzare sempre più
l’altezza dell’asticella.

Abusi su una paziente, nei
guai primario di Radiologia
del Ruggi
La Squadra Mobile della Questura di Salerno, unitamente alla
Sezione di PG in sede – Aliquota Polizia di Stato, coordinati
dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Salerno,
questa mattina ha dato esecuzione all’Ordinanza Applicativa di
Misura della sospensione dell’esercizio della professione
medica, con interdizione di tutte le attività ad esso
inerenti, per la durata di un anno, emessa dal GIP del
Tribunale di Salerno, nei confronti di medico, primario f.f.
dell’U.O.C. di Radiologia presso l’Ospedale San Giovanni di
Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno. L’indagine scaturita da
un’attività avviata in seguito alla denuncia di una donna, ha
permesso di ricostruire le dinamiche con le quali l’indagato,
il medico Mattia Carbone 1971, aveva costretto la stessa a
subire atti sessuale. Gli approfondimenti investigativi
effettuati infatti, hanno consentito di acclarare che
l’odierno indagato, abusando della sua qualità di medico, nel
corso di una visita medica in un ambulatorio del citato
Ospedale, poneva la vittima, una donna quarantenne in una
condizione di soggezione psicologica costringendola a subire
atti sessuali, facendo passare subdolamente tali manovre, per
atto medico.
Il prefetto Russo sospende Di
Martino   dalla   carica   di
sindaco
Il prefetto Russo sospende dalla carica di sindaco di
Praiano Giovanni Di Martino, ai sensi del decreto legislativo
31 dicembre 2012 n. 235 (c.d. legge Severino). Verificata
quindi “la sussistenza della causa di sospensione dalla carica
di sindaco del sig. Giovanni Di Martino – che riveste anche la
carica di Presidente della Conferenza dei Sindaci della Costa
d’Amalfi- nei cui confronti il Giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Salerno ha applicato in data 8
giugno scorso la misura cautelare del divieto di dimora. Il
provvedimento è stato notificato al Consiglio Comunale, ai
fini della conseguente presa d’atto. Le funzioni del primo
cittadino restano in capo al vicesindaco.

Il blitz all’alba incastra
Ciro Persico, ecco tutti i
nomi
Sono 38 gli indagati (16 in carcere e 22 agli arresti
domiciliari), gravemente indiziati, a vario titolo, di
“Associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze
stupefacenti”, “Detenzione e spaccio di sostanze
stupefacenti”, “Detenzione e Porto abusivo di arma da guerra”,
“Lesioni”, “Danneggiamento seguito da incendio” ed
“Estorsione”. L’indagine era scattata nel 2017 ed è stata
condotta con metodi tradizionali con il supporto di attività
tecniche e mirati servizi di osservazione, controllo e
pedinamento, resi ancor più difficili dal contesto urbanistico
dell’area d’intervento (in particolare, del centro storico
della    città   e   nella    zona   orientale     nell’area
denominata Villaggio dei Puffi).

L’organizzazione ruotava attorno alla figura di Ciro Persico.
Questi, originariamente legato al Clan d’Agostino con ruolo di
rilievo, è non a caso definito il “boss del centro storico” di
Salerno, poiché, in seguito all’arresto dei vertici del clan,
ha continuato a mantenere il controllo dello spaccio nel cuore
della città, rappresentando l’autorevole figura di riferimento
necessaria al gruppo criminale investigato per imporre
nuovamente un cartello nelle piazze di spaccio del capoluogo e
non solo. Ciro Persico è il padre di Vincenzo (conosciuto
anche come “coca-cola”), ucciso a Montecorvino Rovella nel
2014 sempre per questioni legate a contrasti per il controllo
dello spaccio di stupefacenti. Il nome dell’operazione ruota
proprio intorno al Persico poiché, nel corso di una
intercettazione telefonica, uno dei sodali asseriva come il
suo principale obiettivo non fosse l’affermazione economica,
bensì il prestigio, l’ascendente, e, quindi, il riconoscimento
unanime di capo indiscusso dell’organizzazione, come
confermato dai suoi gregari, i quali, in una circostanza, per
formalizzare l’ingresso di alcuni di essi nel suo gruppo,
vollero donargli un fucile a canne mozze, sequestrato però dai
Carabinieri poco prima della consegna.             Nel corso
dell’attività investigativa, che ha rivelato un fatturato
illecito giornaliero di € 4.000 circa, sono stati arrestati 11
indagati in flagranza di reato e sequestrati complessivamente
70 Kg circa di stupefacente, nonché 4 pistole ed 1 fucile.
Salerno 09 giugno 2020.

Gli arrestati

1. Persico Ciro cl. 1960, pluripregiudicato; 2. Iannone Luigi
cl. 1989, pregiudicato; 3. Caracciolo Gennaro cl. 1981,
pregiudicato; 4. Cerrito Patrizio cl. 1989, pregiudicato; 5.
Galasso Federico cl. 1995, pregiudicato; 6. Siniscalchi
Eugenio cl. 1991, pregiudicato; 7. Persico Antonio cl. 1963;
8. Iavarone Raffaele cl. 1982, pregiudicato; 9. Noschese
Antonio cl. 1944, pregiudicato; 10. Natella Mauro 1992, cl.
pregiudicato; 11. Fruncillo Alfonso cl. 1987, pregiudicato;
12. Amato Salvatore cl. 1994, pregiudicato; 13. Sica Michele
cl. 1994, pregiudicato; 14. Frasca Roberto cl. 1991,
pregiudicato; 15. Grimaldi Fabio cl. 1985, pregiudicato; 16.
De Sio Maurizio cl. 1990, pregiudicato.

Ai domiciliari
7. Calonico Matteo cl. 1976, pregiudicato; 18. Rispoli Gerardo
cl. 1985, pregiudicato; 19. Pumpo Vittorio cl. 1966,
pregiudicato; 20. Vinciguerra Salvatore cl. 1976,
pregiudicato; 21. Ventre Ugo cl. 1964; 22. Vassallo Antonio
cl. 1959, pregiudicato; 23. Molinaro Alessio cl. 1998; 24.
Casaburi Fabio cl. 1998; 25. Spisso Angelo cl. 1973,
pregiudicato; 26. Galluzzo Serena cl. 1996; 27. Landi Maria
Rosaria cl. 1983; 28. Avallone Luca cl. 1975, pregiudicato;
29. Sasso Franco cl. 1963, pregiudicato; 30. Maisto Stefano
cl. 1988, pregiudicato; 31. Vicinanza Bruno cl. 1992,
pregiudicato; 32. Ragosta Salvatore cl. 1986, pregiudicato;
33. Mariano Vittorio cl. 1971, pregiudicato; 34. Mainolfi
Luigi cl. 1987, pregiudicato; 35. Nuvoli Francesco cl. 1983,
pregiudicato; 36. De Sio Mariano cl. 1998, pregiudicato; 37.
De Sio Fabio cl. 1997, pregiudicato; 38. Attanasio Raffaella
cl. 1996
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