PINCHAS STEINBERG ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO REGIO - VENERDÌ 22 DICEMBRE 2017 - ORE 20.30 - Teatro Regio Torino
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I C O N C E R T I 2 0 1 7 - 2 0 1 8 PINCHAS STEINBERG DIRETTORE ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO REGIO VENERDÌ 22 DICEMBRE 2017 – ORE 20.30 TEATRO REGIO
Pinchas Steinberg direttore Anita Maiocco voce bianca Andrea Secchi maestro del coro Orchestra e Coro del Teatro Regio Leonard Bernstein (1918-1990) Overture da Candide (1956) Allegro molto con brio - Più mosso Chichester Psalms (1965) per coro misto, voce bianca e orchestra I. Salmo 108: Maestoso ma energico - Salmo 100: Allegro molto - Dolce, tranquillo II. Salmo 23: Andante con moto, ma tranquillo - Salmo 2: Allegro feroce - Salmo 23: L’istesso tempo - Meno, quasi adagio - Allegro come prima III. Prelude. Sostenuto molto - Salmo 131: Peacefully flowing - Salmo 133: [Più] lento possibile Solisti: Rita La Vecchia soprano, Roberta Garelli contralto, Alejandro Escobar tenore, Lorenzo Battagion baritono Antonín Dvořák (1841-1904) Sinfonia n. 9 in mi minore op. 95 “Dal Nuovo Mondo” (1893) I. Adagio - Allegro molto II. Largo III. Scherzo. Molto vivace IV. Allegro con fuoco Restate in contatto con il Teatro Regio: fTYp
Leonard Bernstein Overture da Candide e Chichester Psalms Con la sua espansa versatilità, Bernstein affiancò alla carriera di direttore, pianista, didatta e animatore musicale una disinvolta attività compositiva, per di più distesa su un vasto orizzonte di generi: le musiche per Candide e i Chichester Psalms ne sono un esempio. Candide infatti è una «comic operetta» apparsa nel 1956 (e in seguito più volte ritoccata); i Chichester Psalms sono invece un ciclo di genere comprensibil- mente religioso scritto nel 1965. Famoso per il suo eclettismo, Bernstein ha saputo immettere, pur all’interno dei suoi variegati lavori, una stretta coerenza di pensiero; come del resto ebbe egli stesso a spiegare in un’intervista: «Penso di stare componen- do sempre lo stesso pezzo, come fanno del resto tutti i compositori. Ma ogni volta si tratta di un nuovo tentativo di scrivere questo Pezzo, di fargli raggiungere una nuova dimensione e anche di acquisire un nuovo vocabolario». Candide si basa sul romanzo scritto da Voltaire nel 1759 in chiara opposizione all’ottimismo illuminista di Leibniz, secondo il quale la bontà divina sceglie sempre la migliore fra tutte le infinite combinazioni possibili di vita. Le molteplici, dramma- tiche vicende che investono il protagonista mettono infatti a dura prova la sua fiducia e lo convincono alla fine non più a ritenere che questo sia il migliore dei mondi pos- sibili, ma ad affrontare la vita con disincantato realismo, limitandosi a “far crescere il nostro giardino”. L’Overture vorrebbe essere espressione dell’iniziale “candore” esistenziale del pro- tagonista; ma nello stesso tempo ci fa capire che Bernstein, pur adeguandosi alla trama di Voltaire, per tutto il corso dell’operetta mai farà spazio a un amaro sarca- smo alla Šostakovič. Piuttosto, proprio questo esordio sembra un invito ad accettare subito la vita così com’è, con tutte e malgrado tutte le sue contraddizioni. Da qui il suo tono franco e spedito, che certo prelude anche al piacere con cui Bernstein, nel corso del lavoro, si divertirà a giocare con vari stili operistici, in una golosa e gioiosa appropriazione, tutta puramente musicale, della realtà contingente. I Chichester Psalms vennero a loro volta commissionati da Walter Hussey, Decano della Cattedrale di Chichester (nel West Sussex dell’Inghilterra) per il locale Sou- thern Cathedrals Festival, una manifestazione che, assieme alle cattedrali di Winche- ster e Salisbury, organizzava (e organizza) annualmente concerti di musiche corali e organistiche. La prima esecuzione ebbe tuttavia luogo presso la Philharmonic Hall di New York sotto la bacchetta dello stesso Bernstein il 15 luglio 1965; la presentazione a Chichester avrebbe avuto luogo il successivo 31 con la direzione di John Birch. Suddivisi in tre parti e destinati a una voce bianca, coro e orchestra, i Chichester Psalms si fondano su alcuni di quei Salmi (in gran parte attribuiti al re Davide), che costituiscono uno dei libri più “musicali” dell’intera Bibbia (il termine “salmo” del
resto deriva da “psallo”, che significa “pizzico le corde della cetra” e sottintende quindi un esplicito intervento del canto). Bernstein li fa intonare nell’originale ebraico, così come nella precedente Terza Sinfonia (“Kaddish”) aveva utilizzato per il testo ivi presente, assieme agli sfoghi della voce recitante, il linguaggio originale aramaico. Ciò tuttavia non significa che egli fosse animato da una inscalfibile intransigenza confessionale. Il fatto del resto che i Salmi facciano parte tanto dei riti ebraici quanto della liturgia cristiana è una chiara prova del suo ecumenismo religioso; come del resto ci confermano ugualmente le prime due sinfonie, anch’esse di argomento religioso, ma fondate una su testi ebraici, l’altra su versi del poeta Auden. Né si dimentichi che Bernstein scrisse anche una Messa (per il teatro) e una Missa brevis per coro e percussioni. Se nelle tre sinfonie Bernstein affrontava il problema della fede con accenti pervasi da dubbi e sconforto, i Chichester Psalms sono invece una convinta esaltazione di Dio. Rispetto alla più verbosa ed enfatica Terza Sinfonia, essi si dipanano con semplicità e scioltezza. La prima parte si apre con due versetti del Salmo 108 («Svegliatevi, arpa e cetra, / voglio svegliare l’aurora!») e continua intonando tutto il n. 100 («Acclamate al Signore, voi tutti della terra. / Servite il Signore nella gioia. / Presentatevi a lui con esultanza»). La seconda prende le mosse dall’intero Salmo 23 («Il Signore è il mio pastore: / non manco di nulla») e prosegue con alcuni versetti del 2, ove, con chiare funzioni di contrasto, il salmista fa esplicito riferimento alla stolta superbia degli uomini malvagi («Perché le genti sono in tumulto / e i popoli cospirano invano?»). La terza parte infine si fonda sul Salmo 131 («Signore, Signore, / non si esalta il mio cuore»), come atto di umiltà prima di giungere al conclusivo invito alla pace del salmo 133 («Ecco, com’è bello e com’è dolce / che i fratelli vivano insieme!»). L’apertura del lavoro, dopo la vigorosa perorazione iniziale del Salmo 100, vede il coro intervenire con accenti di danza gioiosa; Bernstein fa subito appello alla sua ben nota estroversione ritmica imponendo alle voci movenze di agile, quasi coreutica spigliatezza, fra l’altro con l’uso sghembo del ritmo di 7/4 e con il diffuso impiego di percussioni. L’atmosfera bucolica del secondo tempo chiama a sua volta in causa la voce bianca, presto affiancata dai soprani divisi; in sostanza il salmista indossa qui i panni di un innocente pastorello che si abbandona con fiducia alla serenità di Dio. Al centro si incunea un Allegro feroce ove il coro è chiamato a intonare, con un’inquietu- dine sovente sotterranea, le sempre latenti rivalità umane. Infine, la terza parte si apre con un discorso teso degli archi e con severi accenti di contrizione, utili a sottolineare l’attestazione di mitezza del Salmo 131. Prima che con il 133 ci si possa aprire de- finitivamente alla pace. Il lavoro infatti termina non con un tripudio celebrativo, ma con un lento schiudersi in una dimensione definitivamente contemplativa, con il coro (a cappella) che intona alcuni spunti tematici dell’inizio, ma ormai depurati di ogni umana euforia.
Antonín Dvořák Sinfonia n. 9 in mi minore op. 95 “Dal Nuovo Mondo” La scelta, nel 1892, di chiamare Dvořák alla direzione del neonato National Con- servatory of Music of America di New York fu della stessa fondatrice, Jeannette Meyers Thurber, moglie di un ricco commerciante statunitense di spezie e appas- sionata di musica (aveva studiato a Parigi); e fu una scelta quanto mai intelligente. Per quella nuova istituzione, infatti, ella non pensò di convocare qualche affermato compositore tedesco, in grado di garantire una severa formazione accademica, ma un musicista che, per quanto armato anch’egli di una solida preparazione scolastica, proveniva da una “giovane” nazione tutta aperta al futuro, esattamente come gli Stati Uniti. La migliore prova della felicità di questo connubio si trova nell’ultima sinfonia scritta da Dvořák proprio nel corso del suo soggiorno statunitense: soprannominata “Dal nuovo mondo” (la Thurber asserì di essere stata lei stessa a proporre questo ti- tolo) e presentata a New York il 16 dicembre 1893 sotto la direzione di Anton Seidl, essa respira a pieni polmoni lo spirito della nazione ospitante, senza per questo far leva su qualche scontato intento paesaggistico. Semmai, ad attribuire un vero profilo “statunitense” alla sinfonia è un pervasivo senso di quell’ariosità così tipica dei grandi spazi del continente nordamericano. Se per Čajkovskij il soggiorno negli Usa non aveva lasciato tracce e, anzi, era stato vis- suto con indifferenza e quasi con fastidio, per Dvořák invece esso accrebbe la sua inventiva portandolo a creare una sinfonia di ottimistico slancio. È infatti questo il significato del suo titolo: è lo spirito genuino del “nuovo mondo” ancora culturalmen- te legato alle atmosfere di Thoreau; del resto anche il Dodicesimo Quartetto (non a caso soprannominato “L’americano”), il Quintetto op. 97 e la Sonatina op. 100, tutti composti nella medesima epoca, avrebbero lasciato filtrare nei loro pentagrammi il soffio di quelle stesse vaste terre, tutte ancora da arare e da coltivare. Dvořák seppe cogliere pienamente questo spirito perché egli già lo possedeva nelle sue corde e non aveva certo dovuto aspettare di trovarsi negli Stati Uniti. Lo rinveniamo infatti già in precedenti lavori, come ad esempio nell’altrettanto pregevole Ottava Sinfonia. Ma esso si trova ora per così dire potenziato e pienamente realizzato. Il “nuovo mondo” emerge dunque da questa sinfonia solo come carattere generale. Il piglio eroico del tempo iniziale ben riassume la schietta esuberanza di una nazione di pionieri; è infatti dotato di uno squillante e aggressivo primo tema e poi di uno sviluppo in cui si mette in luce un’arieggiata epicità simile a quella della Grotta di Fingal di Mendelssohn, con le sue trombe in pianissimo e con i suoi richiami quasi stereofonici. Il respiro del discorso continua poi ad alitare sovrano nel secondo tempo (Largo) fin dai solenni accordi iniziali. In un’intervista rilasciata al «New York Herald» del 15 novembre 1893 (il giorno prima del concerto) Dvořák ebbe a precisare che questo tempo voleva essere una specie di studio preparatorio per una successiva sua opera
o cantata su Il canto di Hiawatha, il poema creato nel 1855 da Henry Wadsworth Longfellow in cui il Grande Spirito degli Indiani d’America, stanco delle continue guerre fra gli uomini, invia sulla terra una specie di profeta, appunto Hiawatha, con il compito di insegnare all’uomo a lavorare la terra e a operare la pace. Questo frutto di uno degli autori più rappresentativi della letteratura statunitense dell’epoca dove- va aver affascinato Dvořák proprio perché si trattava di un poema tutto concentrato sul mondo incontaminato dei Pellerossa, con relativa esaltazione della purezza della natura e della verginità delle origini. Una suggestione “rousseauiana” particolarmen- te avvertita in quell’epoca di tardo Ottocento che si sentiva avvolta da una secolare civiltà e che, come insegna anche il mito dei nibelunghi wagneriani, voleva evadere dalla “stanchezza dell’Europa” alla ricerca del “puramente umano”. In ambito america- no, già la Quarta Sinfonia di Federick Bristow, significativamente intitolata “Arcadica”, aveva aperto per così dire la strada a questa esaltazione di una primordiale genuinità. Proprio per il supposto legame con il Canto di Hiawatha, questo secondo mo- vimento in un primo tempo era intitolato Leggenda. Si è ipotizzato che il suo ca- rattere possa essere stato suggerito dall’episodio XVIII di quel poema, là dove si narra dell’uccisione di un amico di Hiawatha, Kwasind, «il più forte degli uomini». Un’ipotesi che, indipendentemente da ogni sua attendibilità, ci confermerebbe che questo movimento venne inteso da Dvořák come una specie di lamento funebre, di nobile e severo epicedio. Una simile dimensione luttuosa può essere confermata dal fatto che a intonare la melodia principale sia stato chiamato il corno inglese, uno degli strumenti più emblematici del Decadentismo. Invero tale strumento aveva già fatto la sua comparsa in sinfonie precedenti, segnatamente nella Prima e nella Terza, ma là aveva sostanzialmente goduto di poco spazio, mentre in questo tempo esso domi- na da protagonista. Tuttavia proprio questo movimento ci dimostra definitivamente che la malinconia di Dvořák è sempre una malinconia positiva, mai senza luce e mai scomposta. Per cui l’irreale accordo di chiusura dei contrabbassi soli suona come il quieto assopirsi di una persona comunque soddisfatta di sé. Il che spiega perché alla quieta atmosfera di questo tempo lento si sarebbe fra gli altri rifatto George W. Chadwick con il secondo brano (Natale) dei suoi Schizzi sinfonici (1895-1904). La melodia del corno inglese che si distende per tutto questo tempo è stata uno dei principali oggetti del contendere circa la presenza nella sinfonia di temi folcloristici “americani”. In effetti la sua natura pentatonica, cioè di soli cinque suoni, ha favorito non poche discussioni. Eppure risulta difficile chiamare in causa, come ha fatto gran parte della critica, lo spiritual Swing Low, Sweet Chariot, la cui melodia, per quanto dello stesso tipo pentatonico, ha un profilo melodico (e un ritmo) sostanzialmente diversi. Si sa che Dvořák, mentre era a dirigere il Conservatorio di New York, ebbe contatti con Harry Thacker Burleigh, baritono e compositore afroamericano che po- trebbe avergli fatto conoscere qualche autentico canto della popolazione di colore; ma è anche probabile che egli fosse venuto a conoscenza non tanto dei veri spiritual, ma di quelli adattati da bianchi come Stephen Foster e Benjamin Russell Hanby, e non molto diversi quindi dai minstrel songs, in particolare da quelli che, interpretati in
un primo tempo solo da cantanti bianchi con il volto annerito per spettacoli di puro intento comico, si erano in seguito aperti anche al genere religioso. In ogni modo sta di fatto che questa splendida melodia ha colto così bene nel segno da essere stata adattata senza fatica, nel 1922, a canto “pseudo spiritual” da William Arms Fisher, un allievo dello stesso Dvořák che si interessò non poco ai canti di quel mondo pubblicando, nel 1926, una raccolta di Settanta Negro Spiritual (e pure una di Sessanta Canti Irlandesi). Tale testo, dal titolo Going home, ha fatto sì che il tema di Dvořák continui ancora oggi a essere utilizzato in veste vocale proprio come “pseudo negro spiritual” soprattutto in occasione di funerali e di meditazioni funebri. Dedurre che proprio in questo felice adattamento stia celata una prova in- diretta della paternità statunitense della melodia originale non è certo scorretto, ma non è suffragato da prove certe. Del resto Dvořák, come ci ha già mostrato in tutte le sinfonie precedenti, non amava la citazione di melodie esterne, per cui anche in tale frangente è quanto mai probabile che egli abbia continuato a sfruttare solo la sua inesauribile fantasia melodica. L’intrepida vigoria di questa sinfonia ritorna quindi nei due ultimi tempi. A detta della citata intervista, il terzo movimento (Molto vivace) sarebbe stato ispirato da una danza festiva di pellerossa sempre evocata dal poema di Longfellow. In realtà il primo tema dello Scherzo ha sì un tono sufficientemente robusto e selvatico, ma tuttavia vi si intravede in lontananza la Boemia con le sue tipiche danze furiant. E così, nel picchiettio dei legni e nella trina sottile degli archi si avverte l’eleganza leg- gera di Čajkovskij. Il secondo tema, di carattere diametralmente opposto, ha poi uno scorrevole andamento di carovana ben lontano da qualunque idea di danza festiva. Lo stesso si può dire dei due temi del Trio, il primo aperto da larghi richiami di una tranquilla galoppata, il secondo addirittura impreziosito da cerimoniosi trilli, non certo tipici dei pellerossa. A sua volta l’ultimo movimento (Allegro con fuoco) è di nuovo magniloquente ed eroico, battagliero e solenne come il primo. Ancora una volta dunque nel pieno spi- rito statunitense. È fra tutti il tempo più chiaramente “tagliato con l’accetta”, come se Dvořák avesse pensato a rudi boscaioli del Montana. Rispetto al tempo d’apertura, ha un piglio più festoso e celebrativo; malgrado ciò si spegne con una suggestiva eco in pianissimo: non per chiudere la pagina con un punto interrogativo, quanto per suggerire l’idea della sua progressiva dispersione proprio nell’infinito delle pianure e delle montagne americane, maestosamente distese a perdita d’occhio. Ferruccio Tammaro Ferruccio Tammaro (Torino, 1947) è stato docente di Storia della musica moderna e contemporanea presso l’Università degli Studi di Torino. Ha al suo attivo studi su Sibelius (del quale ha pubblicato una delle prime monografie al di fuori della Finlandia), Šostakovič, Vaughan Williams, Čajkovskij, Bach, Vivaldi. Fra le sue ultime pubblicazioni: Io, Don Giovanni. Mozart in maschera (Il capitello, Torino). È uno dei fondatori della Sibelius Society italiana.
Chichester Psalms Salmi di Chichester I. I. Psalm 108: 3 Salmo 108: 3 cHOIr cOrO Urah, hanevel, v’chinor, Svegliatevi, arpa e cetra, A-irah shahar! voglio svegliare l’aurora! Psalm 100 Salmo 100 BassEs and TENOrs BassI e TENOrI Hariu l’Adonai kol haarets. Acclamate al Signore, voi tutti della terra. Iv’du et Adonai b’simha. Servite il Signore nella gioia. Bo-u l’fanav bir’nanah. Presentatevi a lui con esultanza. cHOIr cOrO D’u ki Adonai Hu Elohim. Riconoscete che solo il Signore è Dio. Hu asanu, v’lo anahnu. Egli ci ha fatti e noi siamo suoi, Amo v’tson mar’ito. suo popolo e gregge del suo pascolo. Bo-u sh’arav b’todah, Varcate le sue porte con inni di grazie, Hatseirotav bit’hilah i suoi atri con canti di lode, Hodu lo, bar’chu sh’mo, lodatelo, benedite il suo nome; Hodulo. lodatelo. Hariu l’Adonai kol haarets. Acclamate al Signore, voi tutti della terra. Hariu l’Adonai. Acclamate al Signore. Iv’du et Adonai b’simha. Servite il Signore nella gioia. Bo-u l’fanav bir’nanah. Presentatevi a lui con esultanza. D’u ki Adonai Hu Elohim. Riconoscete che solo il Signore è Dio. Hu asanu, v’lo anahnu. Egli ci ha fatti e noi siamo suoi, Amo v’tson mar’ito. suo popolo e gregge del suo pascolo. Bo-u sh’arav b’todah, Varcate le sue porte con inni di grazie, Hatseirotav bit’hilah i suoi atri con canti di lode, Hodu lo, bar’chu sh’mo, lodatelo, benedite il suo nome; Hodulo. lodatelo. sOPraNO, aLTO, TENOr and Bass (soli) sOPraNO, cONTraLTO, TENOrE e BassO (soli) Ki tov Adonai, Poiché buono è il Signore, l’olam has’do, il suo amore è per sempre, V’ad dor vador emunato. la sua fedeltà di generazione in generazione. cHOIr cOrO Ki tov Adonai! Buono è il Signore!
II. II. Psalm 23: 1-4 Salmo 23: 1-4 BOY (or cOUNTErTENOr) VOcE BIaNca (o cONTrOTENOrE) Adonai ro-i, ehsar. Il Signore è il mio pastore: Bin’ot deshe yarbitseini, non manco di nulla. Al mei m’nuhot y’nahaleini, Su pascoli erbosi mi fa riposare, Naf ’shi y’shovev, ad acque tranquille mi conduce, Yan’heini b’ma’aglei tsedek, rinfranca l’anima mia, mi guida per il giusto cammino L’ma’an sh’mo. a motivo del suo nome. sOPraNOs (divided) sOPraNI (divisi) Gam ki eilech Anche se vado B’gei tsalmavet, per una valle oscura, Lo ira ra, non temo alcun male, Ki atah imadi. perché tu sei con me. sOPraNOs and aLTOs sOPraNI e cONTraLTI Shiv’t’cha umishan’techa Il tuo bastone e il tuo vincastro Hemah y’nahamuni. mi danno sicurezza. BOY VOcE BIaNca Adonai ro-i, ehsar. Il Signore è il mio pastore. Psalm 2: 1-4 Salmo 2: 1-4 TENOrs and BassEs TENOrI e BassI Lamah rag’shu goyim Perché le genti sono in tumulto Ul’umin yeh’gu rik? e i popoli cospirano invano? Yit’yats’vu malchei erets, Insorgono i re della terra V’roznim nos’du yahad e i prìncipi congiurano insieme Al Adonai v’al m’shiho. contro il Signore e il suo consacrato: N’natkah et mos’roteimo, «Spezziamo le loro catene, V’nashlichah mimenu avoteimo. gettiamo via da noi il loro giogo». Yoshev bashamayim Ride colui che sta nei cieli, Yis’hak, Adonai yil’ag lamo! il Signore si fa beffe di loro! Yis’hak, Adonai yil’ag lamo... Il Signore si fa beffe di loro... Psalm 23: 5 Salmo 23: 5 sOPraNOs and aLTOs sOPraNI e cONTraLTI Ta’aroch l’fanai shulchan Davanti a me tu prepari una mensa Neged tsor’rai sotto gli occhi dei miei nemici. Dishanta vashemen roshi Ungi di olio il mio capo; Cosi r’vayah. il mio calice trabocca.
Psalm 2: 4 Salmo 2: 4 TENOrs and BassEs TENOrI e BassI ... Yoshev bashamayim Ride colui che sta nei cieli, Yis’hak, Adonai yil’ag lamo! il Signore si fa beffe di loro! Psalm 23: 6 Salmo 23: 6 BOY VOcE BIaNca Ach tov vahased Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne Yird’funi kol y’mei hayai, tutti i giorni della mia vita, V’shav’ti b’veit Adonai abiterò ancora nella casa del Signore L’orech yamim. per lunghi giorni. III. III. Psalm 131 Salmo 131 TENOrs and BassEs TENOrI e BassI Adonai, Adonai, Signore, Signore, Lo gavah libi, non si esalta il mio cuore V’lo ramu einai, né i miei occhi guardano in alto; V’lo hilachti, non vado cercando cose grandi Big’dolot uv’niflaot né meraviglie Mimeni. più alte di me. cHOIr cOrO Im lo shiviti Io invece resto quieto e sereno: V’domam’ti, come un bimbo svezzato Naf ’shi k’gamul alei imo, in braccio a sua madre, Kagamul alai naf ’shi. come un bimbo svezzato è in me l’anima mia. sOPraNO, aLTO, TENOr and Bass (soli) sOPraNO, cONTraLTO, TENOrE e BassO (soli) Yahel Yis’rael el Adonai Israele attenda il Signore, Me’atah v’ad olam. da ora e per sempre. Psalm 133: 1 Salmo 133: 1 cHOIr cOrO Hineh mah tov, umah nayim, Ecco, com’è bello e com’è dolce Shevet ahim gam yahad! che i fratelli vivano insieme! Traduzione italiana tratta dall’edizione CEI 2008 della Bibbia
Pinchas Steinberg è uno dei più importanti Salome di Strauss e nel 2012-2013 è tornato trion- direttori d’orchestra del mondo, apprezzato per le falmente alla Wiener Staatsoper con Andrea Chénier sue intense interpretazioni del repertorio operistico e Aida. All’Opera di Stato Ungherese ha diretto Sa- e sinfonico. Da molti anni riscuote enorme successo lome ed Elektra, poi uno dopo l’altro Cavalleria ru- nei teatri di maggior prestigio e nelle sale da concer- sticana/Pagliacci, il Requiem di Verdi e Tannhäuser, to d’Europa e Usa. Nato in Israele, ha studiato vio- seguiti nel 2015-16 da Otello e Andrea Chénier. In lino con Joseph Gingold e Jascha Heifetz negli Usa questa stagione è coinvolto in concerti e produzioni e composizione con Boris Blacher a Berlino. operistiche a Parigi, Tokyo, Sydney, Madrid, Buda- Nel 1974 ha debuttato come direttore con la pest, Berlino, Barcellona, Berlino, Helsinki e Mona- Deutsches Symphonie Orchester di Berlino, dando co. così inizio a una lunga serie di successi con le mag- La felice frequentazione del maestro Steinberg giori orchestre del mondo: Berliner Philharmoniker, con il Teatro Regio è iniziata nel 1993 con Il caso Gewandhaus di Lipsia, London Symphony, Israel Makropulos di Leóš Janáček per la regia di Luca Philharmonic, Orchestre National de France, Fi- Ronconi, binomio rinnovato nell’aprile 2001 con larmonica Ceca, Orchestra dell’Accademia di Santa Lohengrin di Wagner. Invitato più volte a dirigere Cecilia, Münchner Philharmoniker, Boston Sym- concerti sinfonici, ha inaugurato la stagione 2005- phony, Royal Stockholm Philharmonic, Orchestre 2006 con Aida di Verdi. Negli ultimi anni ha poi di- de Paris e molte altre. Dirige inoltre in numerosi fe- retto Madama Butterfly, Turandot, Hänsel und Gretel stival, tra i quali Salisburgo, Berlino, Praga, Vienna, e Samson et Dalila. Monaco, Tanglewood, Blossom, Orange e, infine, il Festival delle Fiandre e il Richard Strauss Festival Anita Maiocco (1999) fa parte del Coro di voci di Garmisch. bianche del Teatro Regio e del Conservatorio “G. Dal 1988 al 1993 è stato Direttore ospite prin- Verdi” dal 2008. Nell’ultimo quinquennio ha pre- cipale alla Staatsoper di Vienna. Ha diretto nei te- so parte come solista a diverse produzioni: Il picco- atri d’opera più importanti del mondo, da Londra lo spazzacamino e L’arca di Noè di Britten, Tosca e a Parigi, da Monaco a San Francisco, da Berlino a Gianni Schicchi di Puccini, Brundibár di Hans Krása, Roma. Tra il 1989 e il 1996 è stato inoltre Diret- La piccola volpe astuta di Janáček, Pollicino di Hen- tore principale dell’Orchestra Sinfonica della Radio ze, Il flauto magico raccontato ai ragazzi di Mozart, Orf di Vienna e dal 2002 al 2005 Direttore musi- Macbeth di Verdi. Nel 2014 ha inoltre cantato l’Inno cale dell’Orchestre de la Suisse Romande a Ginevra. d’Italia all’inaugurazione della Turin Marathon. Dal 2001 collabora stabilmente con la Cleveland Orchestra, mentre dal 2014 è Direttore musicale e Nato a Colle Val d’Elsa (Siena), Andrea Secchi Presidente della Budapest Philharmonic, l’orchestra ha iniziato gli studi musicali all’età di cinque anni. dell’Opera di Stato Ungherese, sul cui podio han- Dopo aver conseguito la maturità classica si è di- no avuto un ruolo fondamentale alcuni grandi del plomato a pieni voti in Pianoforte presso il Con- Novecento come Mahler, Klemperer e Furtwängler. servatorio “L. Cherubini” di Firenze sotto la guida Tra le sue incisioni di maggior successo si ricor- di Giorgio Sacchetti. Ha frequentato corsi di perfe- dano L’Olandese volante, La Wally di Catalani, La zionamento tenuti da Paul Badura-Skoda, Joaquín donna silenziosa di Strauss e La clemenza di Tito di Achúcarro e Maurizio Pollini presso l’Accademia Mozart, registrata dal vivo con l’Orchestra della Ra- Musicale Chigiana di Siena ed è stato allievo di dio di Monaco. Con Chérubin di Massenet ha vinto Andrea Lucchesini all’Accademia Internazionale di il Grand Prix du Disque, il Diapason d’Or, il Premio Musica di Pinerolo e, per la Direzione d’orchestra, della Critica tedesca e il Prix Cæcilia a Bruxelles. di Piero Bellugi. Negli ultimi anni ha diretto le nuove produ- Si è esibito in Italia e all’estero, prendendo parte a zioni di Turandot e Tristan und Isolde presso la numerosi cicli concertistici, in particolare a Torino, Deutsche Oper di Berlino e Die tote Stadt di Korn- Siena, Roma, Palermo e Firenze, nella Beethoven gold all’Opéra Bastille di Parigi, riproposta anche al Haus di Bonn, nel Museo Chopin di Varsavia, a Teatro Real di Madrid nel giugno 2010. Nello stes- Dublino, Londra, Monaco di Baviera, Kiel, Craco- so anno ha debuttato al Teatro alla Scala di Milano via, Pechino, Pretoria e Tokyo, riscuotendo ovunque dirigendo la Filarmonica nelle Szenen aus Goethes unanimi e calorosi consensi per la sua personalità e Faust di Schumann e nel 2011 ha diretto la prima passione interpretativa. Ha vinto oltre venti concor- rappresentazione assoluta dell’opera Senso di Marco si nazionali e internazionali ottenendo inoltre premi Tutino al Teatro Massimo di Palermo. Ha inaugu- speciali per la migliore interpretazione di musiche di rato la stagione 2011-2012 dell’Opéra Bastille con Bach, Mozart, Schubert, Schoenberg e Beethoven.
Nel 2003 si è distinto come miglior italiano nella zionali nel 2016: i complessi artistici del Teatro sono prestigiosa Leeds International Piano Competition, stati ospiti d’onore al 44° Hong Kong Arts Festival, raggiungendo la semifinale, ottenendo un notevole poi a Parigi e a Essen, infine allo storico Savonlinna apprezzamento da parte di pubblico e critica, debut- Opera Festival. La scorsa stagione, dopo le tappe a tando dunque alla Salle Cortot di Parigi. Ginevra e a Lugano, ha visto l’Orchestra impegnata Da sempre si interessa al repertorio cameristico, e in un concerto a Buenos Aires e il Regio ospite per dal 2002 al 2006 ha fatto parte del Quartetto Acca- la seconda volta al Festival di Edimburgo con quat- demia. Vasta è la sua esperienza anche nel repertorio tro recite di Bohème, tre di Macbeth (riproposto in lirico come maestro collaboratore. Dal 2005 al 2013 forma di concerto a Parigi) e la Messa da Requiem di è stato Altro maestro del coro del Maggio Musicale Verdi. Nel settembre 2017 si è infine tenuta la prima Fiorentino, incarico che gli ha permesso di collabo- tournée in Medioriente, con tre rappresentazioni di rare con alcuni dei più grandi direttori d’orchestra, Aida alla Royal Opera House di Muscat, in Oman. fra i quali Zubin Mehta, Riccardo Muti, Seiji Oza- L’Orchestra e il Coro del Teatro hanno una in- wa, Lorin Maazel, Kurt Masur, Riccardo Chailly, tensa attività discografica, nell’ambito della quale si Daniel Oren, Semyon Bychkov e Gianandrea Nose- segnalano diverse produzioni video di particolare da. Ha lavorato inoltre al Teatro dell’Opera di Vien- interesse: Medea, Edgar, Thaïs, Adriana Lecouvreur, na e alla Den Norske Opera & Ballett di Oslo. Dopo Boris Godunov, Un ballo in maschera, I Vespri si- una prima collaborazione con il Regio nella stagio- ciliani, Don Carlo, Faust, Aida e La bohème. Tra le ne 2012-2013, debutta ora come Altro maestro del incisioni discografiche più recenti, tutte dirette da coro di questo Teatro. Gianandrea Noseda, figurano la Seconda Sinfonia di Mahler (Fonè), il cd Fiamma del Belcanto con Dia- L’Orchestra del Teatro Regio è l’erede del na Damrau (Warner-Classics/Erato), recensito dal complesso fondato alla fine dell’Ottocento da Artu- «New York Times» come uno dei 25 migliori dischi ro Toscanini, sotto la cui direzione vennero eseguiti di musica classica del 2015, due cd verdiani con Ro- numerosissimi concerti e molte storiche produzioni lando Villazón e Anna Netrebko e uno mozartiano operistiche, quali la prima italiana del Crepuscolo de- con Ildebrando D’Arcangelo (Deutsche Grammo- gli dèi di Wagner e della Salome di Strauss, nonché phon); Chandos ha pubblicato Quattro pezzi sacri di le prime assolute di Manon Lescaut e La bohème di Verdi e, nell’ambito della collana «Musica Italiana», Puccini. Nel corso della sua lunga storia ha dimo- due album dedicati a composizioni sinfonico-corali strato una spiccata duttilità nell’affrontare il grande di Petrassi. repertorio così come molti titoli del Novecento, an- che in prima assoluta, come Gargantua di Corghi e Fondato alla fine dell’Ottocento e ricostituito nel Leggenda di Solbiati. 1945 dopo il secondo conflitto mondiale, il Coro del L’Orchestra si è esibita con i solisti più celebri Teatro Regio e uno dei maggiori cori teatrali europei. e alla guida del complesso si sono alternati diret- Sotto la guida di Bruno Casoni (1994-2002) ha rag- tori di fama internazionale come Roberto Abba- giunto un alto livello internazionale, dimostrato an- do, Ahronovič, Bartoletti, Bychkov, Campanella, che dall’esecuzione dell’Otello di Verdi sotto la guida Dantone, Gelmetti, Gergiev, Hogwood, Luisi, di Claudio Abbado e dalla stima di Semyon Bychkov Luisotti, Oren, Pidò, Sado, Steinberg, Tate e infine che, dopo averlo diretto al Regio nel 2002 per la Mes- Gianandrea Noseda, che dal 2007 ricopre il ruolo sa in si minore di Bach, lo ha invitato a Colonia per di Direttore musicale del Teatro Regio. Ha inoltre l’incisione della Messa da Requiem di Verdi ed è torna- accompagnato grandi compagnie di balletto come to a coinvolgerlo nel 2012 in un concerto brahmsiano quelle del Bol’šoj di Mosca e del Mariinskij di San con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai. Pietroburgo. Il Coro è stato successivamente diretto da Claudio Numerosi gli inviti in festival e teatri stranieri; ne- Marino Moretti e Roberto Gabbiani, raggiungendo gli ultimi anni è stata ospite, sempre con la direzione ulteriori vette artistiche; dal novembre 2010 l’incarico del maestro Noseda, in Germania, Spagna, Austria, è stato assegnato a Claudio Fenoglio. Francia e Svizzera. Nell’estate del 2010 ha tenuto Oltre alla Stagione d’Opera, il Coro svolge una si- una trionfale tournée in Giappone e in Cina con La gnificativa attività concertistica e, insieme all’Orche- traviata e La bohème, un successo ampiamente bis- stra del Teatro Regio, figura oggi nei video di alcune sato nel 2013 con il “Regio Japan Tour”. Nel 2014, delle più interessanti produzioni delle ultime Stagio- dopo le tournée a San Pietroburgo ed Edimburgo, si ni, nonché in diverse registrazioni discografiche, quali, è tenuto a dicembre il primo tour negli Stati Uniti e in particolare, i Quattro pezzi sacri di Verdi e i due cd in Canada. Tre gli importanti appuntamenti interna- dedicati a Petrassi sotto la direzione di Noseda.
Teatro Regio Walter Vergnano, Sovrintendente Gastón Fournier-Facio, Direttore artistico Gianandrea Noseda, Direttore musicale Orchestra Violini primi Viole Ottavino Trombe Stefano Vagnarelli * Enrico Carraro * Roberto Baiocco Ivano Buat * Marina Bertolo Gustavo Fioravanti Flauti Enrico Negro Claudia Zanzotto Martina Anselmo Federico Giarbella * Marco Rigoletti Monica Tasinato Carlotta Aramu Maria Siracusa Tromboni Elio Lercara Andrea Arcelli (anche ottavino) Benjamin Vuadens * Carmen Lupoli Rita Bracci Enrico Avico Igor Codeluppi Oboi Enrico Luxardo Domenico Toteda Alma Mandolesi Luigi Finetto * Miriam Maltagliati Stefano Simondi Tuba Franco Mori Vladimir Lynn Mari Rudy Colusso Roberto Musso Corno inglese Alessio Murgia Stefania Pisanu Alessandro Cammilli Timpani Leila Negro Enzo Salzano Ranieri Paluselli * Ivana Nicoletta Clarinetto piccolo Giuseppe Tripodi Violoncelli Luciano Meola Percussioni Roberto Zoppi Amedeo Cicchese * Andrea Carattino Giulio Arpinati Clarinetti Luigi Presta Alessandro Dorella * Lavinio Carminati Olga Zakharova Giacomo Cardelli Massimiliano Francese Amedeo Fenoglio Andrea Albano Sergio Meola Violini secondi Alfredo Giarbella Clarinetto basso Matias Mucchi Cecilia Bacci * Armando Matacena Edmondo Tedesco Fabrizio Traversa Tomoka Osakabe Marco Mosca Andrea Vigliocco Fagotti Silvana Balocco Paola Perardi Nicolò Pallanch * Arpa Paola Bettella Davide Pettigiani Marco Bottet Alessia Luise * Andrea Del Moro Sara Anne Spirito Anna Rita Ercolini Controfagotto Maria Elena Bovio Contrabbassi Valentina Favotto Bruno Giudice Davide Ghio * Silvio Gasparella Atos Canestrelli Corni Roberto Lirelli Alessandra Avico Ugo Favaro * Anselma Martellono Fulvio Caccialupi Evandro Merisio Paola Pradotto Andrea Cocco Pierluigi Filagna Valentina Rauseo Michele Lipani Eros Tondella Francesco Gilardi Marko Lenza Marta Tortia Chiara Molent * Prime parti Si ringrazia la Fondazione Pro Canale di Milano per aver messo i propri strumenti a disposizione dei professori Stefano Vagnarelli (violino Francesco Ruggeri, Cremona 1686), Cecilia Bacci (violino Santo Serafino, Venezia 1725), Enrico Carraro (viola Giovanni Paolo Maggini, Brescia 1600 ca.), Marina Bertolo (violino Carlo Ferdi- nando Landolfi, Milano 1751), Amedeo Cicchese (violoncello Giovanni Grancino, Milano 1712) e Bartolomeo Angelillo (violino Bernardo Calcanius, Genova 1756). organico modificato.indd 2 20/12/2017 10:47:59
Coro Soprani Mezzosoprani / Tenori Baritoni / Bassi Sabrina Amè Contralti Pierangelo Aimé Leonardo Baldi Nicoletta Baù Angelica Buzzolan Janos Buhalla Mauro Barra Chiara Bongiovanni Shiow-hwa Chang Marino Capettini Lorenzo Battagion Anna Maria Borri Liudmila Chepurnaya Gian Luigi Cara Enrico Bava Caterina Borruso Ivana Cravero Antonio Coretti Giuseppe Capoferri Sabrina Boscarato Corallina Demaria Luigi Della Monica Umberto Ginanni Eugenia Braynova Claudia De Pian Luis Odilon Dos Santos Vladimir Jurlin Serafina Cannillo Roberta Garelli Alejandro Escobar Desaret Lika Cristina Cogno Rossana Gariboldi Giancarlo Fabbri Riccardo Mattiotto Cristiana Cordero Elena Induni Sabino Gaita Davide Motta Fré Eugenia Degregori Antonella Martin Mauro Ginestrone Gheorghe Valentin Nistor Manuela Giacomini Raffaella Riello Roberto Guenno Franco Rizzo Federica Giansanti Marina Sandberg Leopoldo Lo Sciuto Enrico Speroni Rita La Vecchia Teresa Uda Vito Martino Marco Sportelli Laura Lanfranchi Daniela Valdenassi Matteo Mugavero Marco Tognozzi Paola Isabella Lopopolo Tiziana Valvo Francesco Santoli Emanuele Vignola M. Lourdes Rodrigues Barbara Vivian Gualberto Silvestri Martins Sandro Tonino Pierina Trivero Franco Traverso Giovanna Zerilli Valerio Varetto AVVISO AGLI ABBONATI Si comunica che il 7° appuntamento della Stagione “I Concerti 2017-2018”, con l’Orchestra del Teatro Regio diretta da Gianandrea Noseda, si terrà sabato 24 febbraio 2018 alle ore 20.30 (anziché venerdì 23) presso le OGR - Officine Grandi Riparazioni in Corso Castelfidardo 22 a Torino. Per informazioni sull’assegnazione del posto: Biglietteria del Teatro Regio - Tel. 011.8815.241/242 © Fondazione Teatro Regio di Torino Prezzo: € 1
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