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“AMANDA AMARANDA” di Peter SHAFFER
MTP Concessionari Associati Srl – Via Palombarese km 15,100 – 00012 Guidonia Montecelio (RM)
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AMANDA AMARANDA
(LETTICE AND LOVAGE)
di
PETER SHAFFER
Traduzione di
MTP CONCESSIONARI ASSOCIATI
Registrato presso la SIAE.
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PERSONAGGI
MISS AMANDA DOUFFET
MISS CHARLOTTE SCHOEN
MR. BARDOLPH
MISS FRAMER
ALCUNI TURISTI
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LE SCENE
I° ATTO - I° QUADRO
Il salone principale del castello Fustang, nel Wiltshire,
Inghilterra. In giorni diversi.
I° ATTO - II° QUADRO
L'ufficio di Miss Schoen all'Associazione per la
Conservazione del Patrimonio Culturale – Architrave
Place - Londra
Il giorno dopo la scena precedente, alle tre del pome-
riggio.
II° ATTO L'appartamento di Miss Douffet, un seminterrato a Earls
Court, Londra. Alcune settimane dopo. Verso sera
III° ATTO Stesso appartamento. Sei mesi dopo. Pomeriggio. Sera
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PRIMO TEMPO
PRIMO QUADRO
Musica Elisabettiana: tetra.
Il sipario si alza sul salone principale del castello
Fustang: ambiente seicentesco, buio. Alle pareti,
bui ritratti di famiglia.
L'aspetto più interessante dell'ambiente è costitui-
to da un'imponente scala in quercia stile Tudor
che scende fino al centro del salone. Un cordone
rosso steso orizzontalmente ai piedi della scala ne
vieta l'accesso al pubblico.
Accanto a questo cordone, vediamo Miss Amanda
Douffet, guida turistica autorizzata della "Asso-
ciazione per la conservazione del patrimonio
culturale". Ha l'incarico di far visitare ai turisti
l'antico deprimente castello. È una signora di
mezza età. Al momento sta lottando strenuamente
per domare la sua naturale esuberanza e per darsi
tutta, con abnegazione, al testo, memorizzato, che
s'è presa l'impegno di recitare.
Attorno a lei, un variopinto gruppo di turisti -
quanti se ne possono scritturare - quasi tutti con
l'occhio spento, vinti dalla noia. È una grigia
giornata di pioggia, il castello è gelido.
AMANDA - Ed eccoci arrivati ora nel luogo più interessante del
castello Fustang. Il Grande Scalone, costruito nel 1560,
in stile Tudor. Consiste in quindici scalini, fatti con
quindici tavole di quercia tagliate nelle segherie del
paese. La balaustra propone motivi ogivali tipici
dell'epoca. Il soffitto di stucco, in alto, è ingentilito da
motivi a nodo d'amore, anch'essi tipici dell'epoca.
(Tutti guardano verso l'alto, senza interesse. Un
uomo sbadiglia. Una donna consulta l'orologio)
Signori, notare, prego, gli stemmi disposti a intervallo
attorno al cornicione. Essi recano il motto di famiglia in
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latino: "Lapsu surgo", che vuol dire "Cadendo mi elevo".
Tale motto si riferisce a un incidente avvenuto in questo
salone il 2 febbraio del 1585. Era una notte di tempesta.
Quella sera la Regina Elisabetta I, la regina vergine,
aveva deciso di onorare con la sua presenza il mercante
di fustagno John Fustang. Per festeggiare l'avvenimento,
Fustang organizzò un banchetto in questo salone. Egli si
trovava in cima alla scala, accanto alla Regina, per scor-
tarla quando sarebbe discesa. Ma Sua Maestà, posando il
piede sul primo scalino, inciampò nell'orlo del suo raffi-
nato vestito, e sarebbe caduta a capofitto se il padrone di
casa non l'avesse presa per un braccio e salvata. Trovan-
dosi la Regina in ottima disposizione di spirito, chiese
subito una spada e proclamò Fustang Cavaliere del
Regno. E da allora lo scalone fu noto come lo "Scalone
dell'Investitura".
(L'uomo sbadiglia nuovamente, più forte, imitato
dagli altri)
E si conclude così il giro del Castello Fustang. A nome
dell’Associazione per la Conservazione del patrimonio
Culturale, auguro buon pomeriggio.
TURISTI - (aria assonnata) Buon pomeriggio...
(I turisti passano davanti ad Amanda con aria
sfatta; Amanda li osserva avvilita. Le luci si
abbassano. Torna la musica tetra. I turisti si
aggirano per il palcoscenico togliendosi i primi
indumenti, rivoltandoseli, o mettendone di nuovi)
PRIMO QUADRO: B
(Le luci si rialzano. Qualche giorno dopo: tempo
un po' più luminoso. Amanda è nella posizione di
prima, con un nuovo gruppo di turisti - le stesse
persone con cappelli, sciarpe, occhiali diversi, ma
tutte ugualmente annoiate. Tra loro un marito e
una moglie, giovani; la moglie tiene un bambino
appeso al collo con un marsupio. Anche Amanda
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è annoiata e dice il suo testo con monotona
meccanicità, più rapidamente di prima.
AMANDA - Ed eccoci arrivati ora nel luogo più interessante del
castello Fustang. Il Grande Scalone, costruito nel 1560,
in stile Tudor. Consiste in quindici scalini, fatti con
quindici tavole di quercia, tagliate nelle segherie del
paese. La balaustra propone motivi ogivali tipici del-
l'epoca. Il soffitto di stucco, in alto, è ingentilito da moti-
vi a nodo d'amore, anch'essi tipici dell'epoca.
(Tutti guardano in su, come prima, senza interes-
se. Un uomo si gratta. Una donna tossisce.
Amanda incalza disperatamente)
AMANDA - Notare, prego, signori, gli stemmi disposti a intervalli
attorno al cornicione. Essi recano il motto di famiglia in
latino "Lapsu surgo", che vuol dire "Cadendo mi elevo".
Tale motto si riferisce a un incidente avvenuto il 2 feb-
braio 1585. Era una splendida notte stellata...
(D'improvviso il bambino scoppia a piangere, la
madre cerca di farlo star zitto. Tutti i turisti vanno
attorno al bambino, interessati. Amanda è lasciata
in disparte)
AMANDA - (con decisione e calore improvvisi) Per favore! Atten-
zione! Voi forse non vi rendete conto che state visitando
un monumento unico nella storia d'Inghilterra! Dico,
unico. E fra i più romantici... Questo scalone che vedete
è noto come "Scalone dell'Arrampicata". Qualcuno lo sa
perché si chiama così?
(Tutti la guardano in silenzio. Uno o due scuotono
la testa mormorando: no)
Ve lo spiego io. Era il 2 febbraio 1585. John Fustang
diede una gran festa in questo salone in onore della Re-
gina Elisabetta. Non sappiamo esattamente cosa fu ser-
vito in quel banchetto, però è certo che non mancavano i
porcospini.
(L'uomo che si grattava sussulta)
L'UOMO - Come?
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AMANDA - Sì. Porcospini. Il porcospino era considerato a quei
tempi una ghiottoneria. E veniva servito indorato. Sapete
che vuol dire "indorato"?
(Mormorio dei turisti: no...)
AMANDA - Simile all'oro, tutto indorato. Sapete di che cosa? Di
rosso d'uovo mescolato col fiore di mimosa. Ricchi di
fantasia, i nostri antenati a tavola. Lo studio del loro
modo di cibarsi è una mia particolare passione. (A una
donna) Lo sa che si mangiavano anche i puffini!
LA DONNA - Che cosa sono?
AMANDA - Uccellini che mangiano solo pesce. Per cui li facevano
passare per pesci e se li potevano così pappare, anche di
venerdì in barba alla Chiesa. Furbi, eh, gli antenati? Lo
stesso dicasi per i pignetti. Sapete, no, cosa sono?
LA DONNA - Piccole pigne di pino.
AMANDA - No, erano una cosa prelibata. Scoiattolini strappati al
seno materno, addirittura estirpati dal suo grembo prima
di nascere.
LA DONNA - Oh no!
AMANDA - I Romani li chiamavano "làurices", un piatto delizioso.
LA DONNA - Disgustoso!
AMANDA - Non credo che noi oggi si abbia il diritto di definire
"disgustoso" ciò che appartiene al passato... Ma ripren-
diamo il racconto. Sua Maestà giunse dunque per il
festino di John Fustang. Emerse dalle sue stanze in cima
allo scalone. Indossava uno sfarzoso abito, sul cui orlo
erano state applicate cento perle, dragate nell'Oceano
Indiano, dono di un Sultano Turco!... Ahimé, tanto
pesante era quell'orlo, che la sovrana inciampò sul primo
scalino, e sarebbe certamente rotolata fin quaggiù a ca-
pofitto, se il padrone di casa, che si trovava a metà
scalinata, per la precisione sul settimo scalino dall'alto,
lo vedete? -
(Tutti guardano verso l'alto mormorando "Sì”.
Sembrano piuttosto interessati)
- non fosse accorso e non l'avesse sorretta, giusto in
tempo. Ecco spiegato il motto "Cadendo mi elevo". La
regina va giù, e io vado su. Per tal servigio la Regina
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subito pretese una spada e proclamò John Fustian suo
Cavaliere! Quindi strappò le sei perle più grandi dall'orlo
insidioso e le offrì al neo cavaliere perché le incasto-
nasse nell'impugnatura della spada che lo aveva testé
reso nobile. (Pausa) Oggi avremmo potuto ammirare la
famosa spada, una rara lama del più puro acciaio di
Toledo temprata nelle acque del fiume Tago, là in quella
teca, se non fosse stata rubata l'anno scorso. Interessante,
vero?
I TURISTI - (compiaciuti, annuendo) Oh sì!... Davvero! Davvero
interessante!
AMANDA - Grazie, grazie infinite.
I TURISTI - Grazie a lei!
AMANDA - E qui si conclude il giro del castello Fustang.
Buonasera a tutti.
I TURISTI - Buonasera, buonasera.
(Amanda sorride felice ai turisti. Le luci si abbas-
sano. Sale una vivace musica elisabettiana. E
ancora i turisti si aggirano sul palcoscenico cam-
biandosi d'abito)
PRIMO QUADRO: C
(Tornano le luci: la musica cala. Giorni dopo:
giornata ancor più luminosa. Amanda, come
sopra: tiene il suo discorsino a un altro gruppo di
turisti, ma questa volta l'uditorio è visibilmente
preso, incantato. Anche Amanda è piena di fiducia
e felicemente intensa. Solo un uomo del gruppo
sta in disparte - tipo scontroso in impermeabile e
cappello - e si fa via via più sospettoso e distac-
cato, man mano che Amanda prosegue nel
racconto)
AMANDA - Ed eccoci ora arrivati nel luogo più interessante del
castello Fustang. Lo scalone più famoso d'Inghilterra!
"Lo Scalone del Grande Balzo"... La notte del 2 febbraio
1585 - una ventosa notte di neve - John Fustang offrì al-
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la sua Sovrana, esattamente in questo salone, un monu-
mentale festino. I tavoli traboccavano di pile di porco-
spini, di puffini e di pignetti. E poi ancora aironi, pavoni,
cigni! Ognun d'essi aspettava di venir trinciato a suo mo-
do. (ai turisti) Perché, lo sapete, vero, che si usava una
parola diversa per ogni diverso modo di trinciare un
uccello?
(Mormorii di "no!")
Eh sì! Si "sfettolava" un pavone, ma si "sminuzzava un
cigno. Nulla superava in varietà e succulenza un festino
elisabettiano; e la sera di cui parliamo, proprio in questo
salone, un centinaio di cortigiani attendevano felici con
l'acquolina in bocca. (Vieppiù eccitata dal racconto)
Quand'ecco apparve lei, in persona, la Regina Vergine
d'Inghilterra! In uno sfavillio di brillanti e di perle
dragate nel fiume Volga, omaggio dello zar di tutte le
Russie, Ivan il Terribile. Sorridendo, ella posò un piede
sul primo gradino in alto, lassù! Ahimé, sì facendo, in
quel preciso istante, perse l'equilibrio e sarebbe
certamente precipitata a capofitto lungo tutti i quindici
scalini di quercia, tirati a cera, se il padrone di casa - che
si trovava esattamente dove mi trovo io ora, nel punto
più basso - d'un sol balzo non fosse asceso per l'intero
scalone, e non avesse salvato la sua Regina!
(Sospiri di stupore tra gli astanti)
AMANDA - Immaginate la scena! Tempo come sospeso. Gli invitati
tutti in ghingheri, rigidi come temperini, al lume delle
torce, le braccia protese in un gesto impotente, gli occhi
spalancati dal terrore! Ma a un tratto Jhon Fustang scat-
ta! Balza in alto, si libra come un uccello, quale Mercu-
rio alato prende il volo e con un balzo irresistibile plana
lassù sul primo gradino giusto in tempo per accogliere la
Sovrana tra le sue braccia devote, sollevarla in alto sopra
di sé, e col viso dalle gote rosate per il trionfo, le grida:
"Adorata Maestà! Adorata e Indorata Maestà! Non
temete! siete salva! I porcospini dorati vi attendono!".
(Il racconto produce reazioni gioiose tra i pre-
senti. Alcuni applaudono. L'uomo scontroso non
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sembra invece impressionato, anzi prende a
parlare con ostilità)
LO SCONTROSO - Scusi.
AMANDA - Sì, dica.
LO SCONTROSO - Potrebbe favorirmi la fonte di questo aneddo-
to?
AMANDA - La cosa?
LO SCONTROSO - Fonte. Si dà il caso che io sia uno studioso del
periodo Elisabettiano. E le gesta riguardanti la Regina
Vergine sono il mio hobby. Apprendo ora la nuova che
Jhon Fustang sarebbe planato su quel gradino e avrebbe
sollevato la Regina in alto pronunciando quella frase.
AMANDA - Anche se l'apprende ora, è così.
LO SCONTROSO - Non vedo come.
AMANDA - Come dice?
LO SCONTROSO - È assolutamente impossibile farsi le scale con un
salto partendo da fermi. Sono quindici scalini.
AMANDA - Lo racconta a me, quanti sono? L'ho detto io poco fa.
LO SCONTROSO - E con ciò?
AMANDA - Che vuoI dire "e con ciò"?
LO SCONTROSO - E con ciò è impossibile. Francamente, la sua
storia non sta in piedi. (Pausa) Torno a chiederle, per
cortesia, la fonte (Pausa)
AMANDA - Avverto dell'ostilità nella sua voce, quasi ad insinuare
che io avrei detto cose inesatte, che la storia manca di
veridicità.
LO SCONTROSO - No, manca di possibilità. Non si può fare. Non si
può fare un salto da fermi e planare sul quindicesimo
scalino. Non ce la farebbe neppure un campione
olimpico.
AMANDA - (un po' turbata) Be'... che ci possa essere dell'esage-
razione, glielo concedo. La "Historia" dice "con un sol
balzo", ma potrebbe trattarsi di licenza poetica. Lei,
come studioso del periodo elisabettiano, mi insegna che
si faceva grande uso di iperboli nel linguaggio di corte
del Sedicesimo secolo. "Un sol balzo", in effetti,
potrebbero essere stati due, tre, anche quattro balzi. Ma
l'eroismo dell'atto, l'esuberanza romantica del gesto,
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balza su delle pagine della "Historia" proprio come se
fosse lo stesso balzar su di John Fustang.
LO SCONTROSO - (implacabile) Sì, ma cos'è, vorrei sapere. Cos'è,
scusi?
AMANDA - Cos'è cosa?
LO SCONTROSO - Quella "Historia" cui fa riferimento.
AMANDA - La "Historia Fustangarum", la storia della famiglia
Fustang.
LO SCONTROSO - E dove posso trovarla?
AMANDA - Non può.
LO SCONTROSO - Perché?
AMANDA - Perché non è mai stata pubblicata. Giace nascosta in un
Archivio privato. Al riparo da occhi indiscreti che forse
la userebbero con propositi polemici.
(Il gruppo mormora approvando. Voci di "senti!
senti! giusto, ecc.". qualcuno guarda lo scontroso
con astio)
AMANDA - La visita è terminata. Prego, l'uscita è da quella parte.
Noterete presso la porta, sopra un tavolino d'acero, un
piattino. Porcellana Wedgwood, primissimo periodo:
sorprendenti la delicatezza della forma e la nuance delle
tinte. La vocazione del piattino è collezionare (accento
affettato) pourboirs, nel caso voleste lasciarne. Se, come
temo, qualcuno fosse debole in francese, tradurrò
pourboirs in –
LO SCONTROSO - Mance.
AMANDA - Segni di apprezzamento.
SORRIDE - Con dolcezza all'uomo che se ne va brusco. Gli altri
ringraziano Amanda con effusione, dandole la mano,
dicendole con calore grazie, mentre le luci si abbassano.
PRIMO QUADRO: D
Musica vivace. Il solito gruppo di turisti, in abiti
decisamente più estivi. Su la luce. Giornata
luminosa.
(Stessa situazione di prima. Amanda parla, molto
controllata, i turisti ascoltano attenti e coinvolti.
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In disparte, con la guida in mano, Lotte Schoen:
signora sulla cinquantina, dallo sguardo aggressi-
vamente severo. Severi anche vestito e capelli)
AMANDA - L'incidente che vi ho appena descritto, nel quale la
Regina Vergine Elisabetta fu salvata da morte sicura da
un'azione ardimentosa che sarebbe stata assolutamente
irrealizzabile ai nostri giorni persino dal massimo cam-
pione olimpico, non è che uno dei numerosi fatti di alta
drammaticità avvenuti sullo scenario di questo storico
scalone. (Pausa) E non tutti i fatti, ahimé, ebbero un
epilogo altrettanto felice. Il secolo seguente, il Millesei,
fu un secolo sotto ogni aspetto tenebroso, e i fatti che
accaddero su questo scalone in quell'epoca, furono al-
trettanto tenebrosi. Il più terribile di tutti gli eventi legati
a questa casa accadde un mattino di mezza estate del
1689.
(Tutti pendono dalle sue labbra. Amanda si infer-
vora raccontando la sua favola)
AMANDA - Quel giorno si dovevano celebrare le nozze di Lady
Arabella Fustang con il giovane più bello e nobile della
regione. La sposa era una vezzosa, radiosa e facoltosa
fanciulla di diciotto anni, soprannominata "la preda della
Contea". La mattina delle nozze, suo padre, sir Nicholas,
si trovava esattamente dove mi trovo io ora, in attesa di
accompagnare la sua unica figliola all'altare. La porta
delle stanze si aprì là in alto (Indica: tutti guardano su) e
ne uscì una divina creatura avvolta in un alone di bianchi
sciàmiti - drappo vellutato in seta d'epoca - Non vi sarà
difficile immaginare il padre che la guarda, le lacrime
sgorganti dai suoi occhi vetusti. La figlia discendeva
quelle scale per l'ultima volta pulzella. Ma ahi! d'im-
provviso s'udì come un rullar di tamburi, un frenetico
trapestio lungo la galleria di quercia, e, galoppando a
gran velocità verso di lei, ecco apparve Poppy, il fedele
mastino di famiglia, pazzo di eccitazione, forse per
l'odore delle carni che stavano arrostendo nelle sotto-
stanti cucine. Nella sua frenetica follia, l'animale urta la
fanciulla di lato. Essa vacilla, annaspa nell'aria, allunga
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la mano verso la balaustra, che ahimé è da lei troppo
lungi - e rovina a testa in giù aggrovigliata all'animale! Il
suo corpo adorabile rotola quale una nube per i quindici
scalini di quercia che vedete, finché, con un ultimo spa-
ventoso rimbalzo, viene a posarsi ai piedi del padre!...
(Indica il punto, ai suoi piedi) Non era un alato Mercu-
rio lui, ma anziano e pieno di artrosi. Si china per
toccarla. Morta? No, non è morta, sia ringraziato il cielo!
L'osso del collo non s'è spezzato.
(Pausa)
Allora, quasi nell'eco dell'antico gesto per cui il suo an-
tenato aveva ottenuto il titolo nobiliare, prende la fan-
ciulla fra le braccia, la solleva sul capo, e, tra le sbirciate
del cane agonizzante, la porta su nella sua camera.
Camera dalla quale la sventurata non sarebbe uscita mai
più. Arabella riprese conoscenza, sì, ma le sue gambe -
che avevano ballato la gavotta e il coranto come nes-
sun'altra gamba li aveva ballati mai - erano ormai ine-
stricabilmente annodate sotto di lei quasi a parodia bef-
farda dei nodi d'amore che ornano il soffitto di stucco
che potete ammirare sopra di voi. Regardez, s'il vous
plaît.
(Tutti guardano all'insu')
AMANDA - La fanciulla si murò viva in quella stanza per il resto
dei suoi giorni, non riceveva nessuno, ululando incessan-
temente l'inno nuziale composto appositamente per lei
da Henry Purcell! La "Historia Fustangarum" riporta
come, di poi, i suoi servitori fossero tutti in qualche mo-
do deformi. Citerò per voi dalla "Historia": "L'infelice
nobildonna non assumeva qual servidore se non chi
presentasse difformità agli arti, alle anche od altrove:
donne attorte, gobbi, storpiati, e quant'altri mai avessero
curvature o sgangheramento di membra". Stampelle di
ogni foggia zampettavano su e giù ogni giorno per que-
sto scalone, che da allora non fu più conosciuto come
"La Scala del Grande Balzo", bensì come "Lo Scalone
degli Sciancati e della Jattura". Tale nome è rimasto.
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Sconsigliabile salirvi o scendervi. Per questo c'è il
cordone.
(Pausa. Lotte, incapace di contenersi, interviene)
LOTTE - È intollerabile.
AMANDA - Prego?
LOTTE - Assolutamente intollerabile.
AMANDA - Non capisco, scusi.
LOTTE - Lei è Miss Douffet, vero?
AMANDA - Sì, mi chiamo così.
LOTTE - Bene, vorrei parlarle subito, in privato.
AMANDA - Parlarmi di che?
LOTTE - Ho detto in privato.
AMANDA - Richiesta molto singolare. Non sono abituata a vedere i
miei tours interrotti così bruscamente.
LOTTE - (ai turisti) Vogliate scusare. Devo parlare a questa
signora, da sola. Del resto penso che a questo punto la
visita sia conclusa.
AMANDA - Sì, ma di solito il saluto finale è un grazioso aurevoir,
un adieu, non un brutale congedo. E sono io a darlo.
LOTTE - Spiacente, sono costretta a insistere. (Ai turisti) È una
questione importante e urgente che riguarda la signora.
(Li squadra dura, sguardo intimidatorio) Prego.
(I turisti, a disagio, si avviano)
AMANDA - (ai turisti) Bene, pare proprio che dobbiamo lasciarci,
purtoppo senza tante cerimonie. Non riesco a immagi-
nare cosa vi possa essere di così urgente da far dimenti-
care le buone maniere. Spero di non avervi annoiati.
(Mormorii e assensi entusiastici: "Oh no!...
grazie!...")
L'uscita è di là. Troverete uscendo un piattino dove, se
credete, potrete lasciare un segno di apprezzamento,
come il vostro cuore vi suggerirà. Aurevoir, merci.
TURISTI - Merci, arrivederci, arrivederci... Grazie...
(I turisti escono, sorpresi, incuriositi. Si voltano a
guardare le due donne. Uscito l'ultimo turista, il
comportamento di Lotte diventa ancora più fred-
do)
LOTTE - Lei non è autorizzata a prendere mance.
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AMANDA - Non sono mance.
LOTTE - No? E cosa sono?
AMANDA - Sono quello che ho appena detto. Segni di apprezza-
mento. A questo mondo esistono anche persone che
sanno apprezzare, sa. Che si entusiasmano agli aspetti
inquietanti e romantici della Storia.
LOTTE - E ne esistono altre invece che si appassionano alla
precisione storica, Miss Douffet. E altre ancora - poche -
che sono autorizzate ad accertare che quella precisione
venga rispettata.
AMANDA - Non capisco.
LOTTE - Sono Miss Schoen e lavoro all'Associazione per la
Conservazione del Patrimonio Culturale. Direzione del
Personale.
(Pausa)
AMANDA - Ah !
LOTTE - Da qualche tempo arrivano all'Associazione con rego-
larità rapporti circa singolari inesattezze che verrebbero
dette qui durante il giro turistico da lei guidato. Grotte-
sche divergenze tra fatti raccontati e verità storica. Oggi
ho udito con le mie orecchie un generoso saggio di
quello che lei racconta alla gente, e devo dire che i
rapporti sono di gran lunga al di sotto di quello che lei
dice in realtà. Temo proprio che oggi non abbia fornito
una sola informazione esatta.
AMANDA - Tanto per cominciare, le informazioni gastronomiche:
tutte esatte. Devo farle notare che sono un'esperta di
cucina elisabettiana.
LOTTE - (accigliata) Non sto parlando delle informazioni ga-
stronomiche - che comunque non figurano sulla nostra
Guida. Oggi qui ho sentito un guazzabuglio di scioc-
chezze. Tutta la storia del salto dello scalone di John
Fustang, che si conclude con lui che con le sue dita infila
in bocca alla Regina porcospini fritti.
AMANDA - No, dorati.
LOTTE - E così la storia di Arabella Fustang, praticamente
inventata da capo a fondo. La ragazza rimase zoppa per
una caduta, è vero, ma non si sa come sia caduta. Il
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fidanzamento si ruppe, è vero, ma non si sa perché né da
chi fu rotto. E benché sia rimasta chiusa per sempre nella
sua stanza cantando, visse molto rispettata dai vicini. Il
compositore Henry Purcell, per quello che ne so io, non
fu coinvolto nella sua vita in alcun modo. (lunga pausa)
Dunque? Cos'ha da dirmi?
AMANDA - Vede, prima di tutto, sono spiacente ma io non riesco a
giustificare il suo comportamento.
LOTTE - Il mio?
AMANDA - Sì, quello che ha fatto.
LOTTE - Non capisco.
AMANDA - Quello che ha fatto qui oggi, Miss Schoen. Non alludo
solo alla villania con cui mi ha interrotta mentre stavo
parlando: sgradevolissima. Voglio dire, venire qui come
ha fatto, infiltrarsi fra i turisti. Je trouve qu'il est mise-
rable.
LOTTE - Prego?
AMANDA - Miserabile. Disonesto e meschino. Comportamento da
spia.
LOTTE - È quello che sono. Ero venuta esattamente con questa
intenzione.
AMANDA - A spiare.
LOTTE - No. Fare il mio dovere, è la parola giusta.
AMANDA - Ah, il suo dovere è mettere in imbarazzo i suoi impie-
gati? Scandagliare il paese con la guida in mano, fingen-
do interesse, per poi piombare come un falco sulla preda.
Lei concepisce così il suo dovere, umiliare gli impie-
gati?
LOTTE - Lei sta cambiando le carte in tavola.
AMANDA - No.
LOTTE - Sì, e lo sa benissimo. Qui non è in discussione il mio
comportamento, ma il suo. È del suo che stiamo discu-
tendo. È il suo che ha bisogno di una spiegazione... Mi
relazionerà domani pomeriggio nel mio ufficio, a Lon-
dra. Penso conosca l'indirizzo. Alle tre, se non le spiace.
AMANDA - (allarmata) Relazionare? Ma che devo relazionare?
Cosa relaziono. Non capisco. Cosa mi vuol dire? (pausa)
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LOTTE - (fredda) Le suggerisco ora di occuparsi del nuovo
gruppo di turisti che la sta aspettando. E di attenersi
scrupolosamente alle informazioni storiche stampate sul-
la guida ufficiale. A domani, alle tre. Buonasera. (Esce)
AMANDA - (È sgomenta. Con panico crescente, grida dietro a
Miss Schoen) Dovrò... dovrò essere processata? Giudi-
cata?.. Trascinata in catene al giudizio? Condotta ai
ferri? Gettata in una segreta?
(Miss Schoen è scomparsa. Pausa)
(accasciata) Oh, me misera!
MUSICA SINISTRA
LE LUCI SI ABBASSANO
ATTO PRIMO
SECONDO QUADRO
(L'ufficio di Miss Schoen alla Associazione per la
conservazione del patrimonio culturale a londra.
Il pomeriggio del giorno seguente.
Porta sul fondo al centro. Alle pareti, posters
incorniciati di alcuni grandi castelli dei quali la
associazione si occupa. Alcune sedie. Miss
Schoen, con aria cupa, è seduta al suo tavolo
davanti a una pila di lettere. C'è anche uno
schedario. Un flebile bussare alla porta)
LOTTE - (Brusca) Sì?... (Il flebile bussare continua: più brusca)
Sì?! C'è qualcuno? (I colpi si fanno più forti) Sì. Avanti!
(La porta si apre timidamente. Entra Miss Fra-
mer: è una nervosa, ansiosa segretaria, spaventa-
ta, angosciata, manierata)
FRAMER - (in un sussurro) Sono io, Miss Schoen.
LOTTE - Come?
FRAMER - (più forte) Sono io, Miss Schoen.
LOTTE - Miss Framer, quando imparerà a bussare alle porte
senza grattare, annaspando come un roditore?
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FRAMER - Mi scusi, Miss Schoen.
(Lotte batte quattro bruschi colpi sul tavolo)
LOTTE - Questo è bussare! Capito?
FRAMER - Sì, Miss Schoen.
LOTTE - Allora lo imiti. Me lo faccia capire che vuole entrare.
FRAMER - Sì, Miss Schoen.
LOTTE - Bene, allora, che c'è?
FRAMER - (Sussurra) C'è Miss Douffet di là che vuole -vederla.
LOTTE - Ah.
FRAMER - Le ho detto di aspettare.
LOTTE - Gesto intraprendente da parte sua.
FRAMER - Grazie...
LOTTE - Come le sembra?
FRAMER - Stravagante, direi.
LOTTE - Stravagante?
FRAMER - Sì, anche il suo abito è stravagante. Certo più strava-
gante del mio.
LOTTE - Non ne dubito. Ha preso in ufficio informazioni su di
lei?
FRAMER - Oh sì, certo.
LOTTE - Bene. Allora?
FRAMER - Quando si presentò per la prima volta questa primave-
ra, pensarono che potesse rappresentare un valido appor-
to al nostro staff di Guide. Sembrava pazza per la storia.
LOTTE - A giudicare da queste lettere, solo pazza.
FRAMER - Oh poveri noi...
LOTTE - Altre notizie?
FRAMER - Per qualche tempo ha lavorato alla Torre di Londra,
all'Armeria Reale. Reparto armi affilate.
LOTTE - Ma che diavolo di lavoro faceva?
FRAMER - La sentinella. Una specie di custode. Sa, quelli che de-
vono sempre tenere d'occhio le spade e le scuri. È venuta
via con delle scarse referenze.
LOTTE - E questo è tutto quello che sappiamo?
FRAMER - Ahimé, sì. Non è molto.
LOTTE - Non è niente. E questa scheda è meno che niente. Ci dà
solo l'indirizzo (consultandola). Ma poi, se abita a
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Londra, cos'è andata a fare la guida nel castello Fustang
a 80 chilometri da qui?
FRAMER - Era l'unico posto a disposizione. Quel castello non
interessa a nessuna delle nostre guide... E poi era solo
per il periodo estivo.
LOTTE - Ho capito... (Di colpo si prende la testa tra le mani) Oh
Dio...
FRAMER - (turbata) Che c'è? Cos'ha?
LOTTE - Niente.
FRAMER - Uno dei suoi mal di testa?
LOTTE - (secca) No.
FRAMER - Posso fare qualcosa?
LOTTE - No, grazie.
FRAMER - Un'aspirina? Vado a prenderle un'aspirina, Miss
Schoen?
LOTTE - Niente, grazie. La smetta di ronzarmi intorno come un
moscone! Se vuole essere utile, mi porti una tazza di tè.
Forte.
FRAMER - Sì, certo.
LOTTE - E ne porti una anche per la signora là fuori. Forte. Ne
avrà bisogno.
FRAMER - Sì, Miss Schoen.
LOTTE - La faccia entrare.
FRAMER - Sì... sì... Subito... Scusi.
(Miss Framer esce. Lotte versa da un flacone di
colonia alcune gocce su un fazzoletto che si preme
sulle tempie. Un momento - e si sentono quattro
forti colpi alla porta: Miss Framer introduce
Amanda Douffet. Amanda indossa un mantello
nero di teatro da abate medioevale e ha un basco
in testa. Ha una borsa di pelle. Sembra molto a
disagio)
LOTTE - Ah! Miss Douffet, buonasera. Prego, si accomodi.
(Amanda siede su una sedia di fronte a Lotte)
Spero che il suo rientro a Londra sia stato piacevole.
AMANDA - Domanda gentile ma inutile, visto che ero convocata a
giudizio.
LOTTE - Scusi?
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AMANDA - Non sono sul banco degli accusati?
LOTTE - In effetti dobbiamo rivedere la sua posizione. È
inevitabile. Purtroppo non ha altra scelta, mi dispiace.
AMANDA - Come il boia.
LOTTE - Scusi?
AMANDA - Il boia chiedeva sempre perdono a quelli che stava per
decapitare.
LOTTE - Le sarei grata se potessimo escludere analogie storiche
dalla conversazione.
AMANDA - Comme vous voulez.
LOTTE - Qui si tratta solo del suo lavoro e del modo come lei lo
svolge. Sappiamo tutt'e due benissimo di che cosa dob-
biamo parlare. Come responsabile del Servizio che le
offre questo lavoro non posso assolutamente ignorare ciò
di cui sono stata testimone ieri pomeriggio. Sono cose
che non capisco, sulle quali non posso passare sopra. Ha
qualcosa da dire a sua discolpa?
AMANDA - (dopo una pausa) Sì. Che la colpa non è mia.
LOTTE - E di chi sarebbe?
AMANDA - Io, illustrando la Storia, rispetto sempre la verità,
quando la storia è commovente, entusiasmante. In tali
casi non mi sogno di alterare il minimo particolare.
LOTTE - Gentile da parte sua.
AMANDA - Ma in altri casi, lo confesso, io sento il bisogno di dare
una mano, di prendere in pugno la situazione. Bisogno
che ho scoperto quest'estate, proprio al castello Fustang.
È colpa di quel castello se mi sono abbandonata alla
fantasia.
LOTTE - Ah, è colpa del castello, se...
AMANDA - Sì, esatto, proprio così. Sì, quel castello è un castello
stupido. Non ha rivali nella categoria. È impossibile ren-
derlo interessante. Vede, non è solo l'architettura depri-
mente; è che lì, per ben quattrocento anni, non è mai
accaduto nulla!... Una Regina, sì, quasi cadeva da una
scala, ma non ce l'ha fatta. Una fanciulla è caduta, però è
sopravvissuta rispettata dai vicini. Pensi che noia. Come
faccio, da tutto questo, a cavar fuori qualcosa?
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LOTTE - Ma lei non deve cavar fuori niente, Miss Douffet. Lei
deve semplicemente far da guida ai turisti.
AMANDA - Semplicemente da guida, no, io non sono d'accordo. Io
sono lì per illuminarli. Questo prima di tutto.
LOTTE - Illuminarli?
AMANDA - Sì, "Ispirarli, Inebriarli, Illuminarli!". Mia madre le
chiamava le tre grandi ''l''. Era una grande insegnante
mia madre.
LOTTE - In quale istituto?
AMANDA - Il più antico e il più nobile. Il Teatro.
(A Miss Schoen si rizzano i capelli in testa)
Mia madre dirigeva una compagnia di attori girovaghi ai
quali aveva insegnato a recitare in modo eccitante
Shakespeare in francese.
LOTTE - In francese?
AMANDA - Sì. Dopo la guerra andò in Francia perché qui nel suo
paese non trovava una scrittura degna del suo talento.
Siamo andate a vivere in un paesino di contadini nella
Loira. I quali per la verità non apprezzavano molto
Shakespeare.
LOTTE - S'è mai sentito dire infatti che i contadini francesi fos-
sero degli accaniti shakespeariani.
AMANDA . Se è per questo neanche gli intellettuali. Sa che Voltaire
definiva Shakespeare "barbare", barbaro. Lo sa?
LOTTE - No, ma non mi sorprende. I francesi pensano sempre di
aver inventato loro la civiltà.
AMANDA - Mia madre cercò di mitigare quell'illusione. A sfida,
battezzò la sua compagnia "Les Barbares". Le barbare.
Le ragazze venivano tutte addestrate a recitare senza
errori di lingua.
LOTTE - Perché, gli uomini no?
AMANDA - Non c'erano uomini.
LOTTE - Era una compagnia di sole donne?
AMANDA - Sole donne. Mia madre aveva sposato qui a Londra un
francese che si chiamava Douffet e che l'abbandonò
dopo tre mesi di matrimonio. Da allora non volle più
sentir parlare di uomini francesi. "Tutti incostanti",
diceva. "Incostanti, impostori, subdoli e volubili".
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LOTTE - Direi che è il modo esatto per definire la razza.
AMANDA - Mi allevò lei. Eravamo quasi empre in giro. Recita-
vamo per tutta la Loira, in fattorie, granai, dove ci
volevano. Si recitava Shakespeare, soltanto i drammi
storici, perché la storia era la passione di mia madre.
Appena fui grandicella, anch'io comincia a recitare. E
quando non recitavo, facevo di tutto, disegnavo costumi,
costruivo oggetti per la scena: ma soprattutto organizza-
vo le battaglie. Lei non ha idea di quanto fossero feroci
quelle battaglie combattute da un'orda di ragazze galli-
che chiuse nelle loro armature, quando si inferocivano a
morte! Mia madre era famosa per la sua interpretazione
di Riccardo III. Per simulare la gobba si infilava un
cuscino dietro la schiena. L'effetto era superbo. Chi la
sentì in quella tragedia mai dimenticò l'intensità della
sua interpretazione, quel grido infinitamente disperato
che lanciava sul campo di battaglia: "Un cheval! Un
cheval! Mon royaume pour un cheval!"...
(Lotte la guarda sbalordita)
Un cavallo, un cavallo, il mio regno per un cavallo.
Anche le traduzioni erano sue.
LOTTE - (secca) Una bella faticata.
AMANDA - Non per lei. Le lingue erano l'altra sua passione. Man
mano che crescevo dovevo leggere solo i grandi della
prosa. E lei recitava per me tutte le sere fatti storici, im-
prese sconvolgenti, avvenimenti terribili, che si inci-
devano nella mia mente bambina come il segno del
diamante sul vetro... Ecco, vede, allora, per me, i miei
turisti, casuali signori in vacanza, che per venti minuti
mi affidano la loro vita, per me sono come dei figli. Mio
dovere è ispirarli. Ispirarli, Inebriarli, Illuminarli. Quan-
do cominciai il lavoro al castello Fustang, mi attenevo ai
fatti. Dicevo esattamente quello che era stampato sulla
vostra guida nella sua prosa scintillante. Risultato? Alla
fine tutti erano sfiniti dalla noia. E anch'io piombavo
ogni giorno di più nella noia. Lo avevo capito subito che
quel castello era infestato dai fantasmi. I Fantasmi del
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Niente. Perché non è mai successo un accidente di
niente, là dentro. Perciò ho dovuto difendermi.
LOTTE - Con la menzogna.
AMANDA - Con qualsiasi cosa...
LOTTE - Con fantasie...
AMANDA - La fantasia riempie ciò che i fatti lasciano vuoto.
LOTTE - Altra massima di sua madre?
AMANDA - No, questa è mia. (altera) Io sono la figlia di Alice
Evans Douffet, che dedicò la sua vita a illuminare il
mondo, non a coprirlo di polvere! La mia lingua non ce
la faceva più a dire quella roba!... Sì, forse ho ecceduto.
Non lo nego, mi sono lasciata trascinare sempre più in
là, lontano dalla riva dei fatti, in là, in là, fino a scivolar
via sul fiume della fantasia. Ma la colpa è del castello,
non della fantasia che l'ha sfidato.
LOTTE - Questa è la sua difesa?
AMANDA - La gente che una volta usciva sbadigliando, ora esce
meravigliata: uso la parola nel suo vecchio stretto senso,
che significa "in stato di meraviglia". E non mi sembra
sia una cattiva difesa.
LOTTE - No, è solo irrilevante.
AMANDA - Il mese scorso misi un piattino accanto all'uscita, non
per cupidigia, anche se per la paga che mi date potrei
essere giustificata. È che volevo una prova. In tutto il
mondo la gente esprime gratitudine nello stesso modo:
col danaro. (fiera) E il mio piattino è sempre colmo fino
all'orlo. Ogni sera è traboccante di monete. Come i miei
turisti, che, quando li guardo allontanarsi verso il par-
cheggio, sono letteralmente traboccanti.
LOTTE - (aspra) Davvero? Se dà un'occhiata a queste lettere,
scoprirà che molti sono traboccanti sì, ma d'indigna-
zione.
(Amanda si avvicina al tavolo, esamina una
lettera. Lotte è furiosa)
Ventidue lettere! Ho ventidue lettere che la riguardano,
Miss Douffet, e nessuna scritta in stato di meraviglia.
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AMANDA - (altera) Ventidue lettere, che cosa sono? Ventidue? Io
ne ho cinquanta!... Sessanta!... Guardi, qui, tenga,
guardi!
(Vuota la sua borsa sul tavolo. Una piccola
valanga di buste)
Vox populi! Voce di popolo! Avevo messo il mio indi-
rizzo accanto al piattino, e questo è il risultato!
LOTTE - (protestando) La prego, Miss Douffet!... È la mia
scrivania...
AMANDA - (scaldandosi) Legga! Legga. Ecco la mia difesa. Vox
populi! Legga!
LOTTE - (esplodendo) Non lo farò! Non lo farò! È un nonsen-
so... Non hanno senso! Niente di questa storia ha senso.
Sua madre, la sua infanzia, il parcheggio macchine. A
me non interessa niente! (Pausa, cercando di riprendere
il controllo) Io non sono nel mondo dello spettacolo, e
nemmeno lei. Questo è il punto. Noi siamo custodi di
una eredità. Non organizziamo un teatro. E questo è il
punto.
(Guarda negli occhi Amanda. Quattro violenti
colpi alla porta)
Sì?!... Che c'è?
(Miss Framer entra nervosa, con un vassoio di te',
biscotti, burro e miele)
FRAMER - Il tè, Miss Schoen.
LOTTE - (più calma) Vuole una tazza di tè?
AMANDA - Molto gentile.
LOTTE - Per me più forte che può, per favore, Miss Framer.
FRAMER - Bene, Miss Schoen.
AMANDA - (allegra, alla Framer) Così denso da poter far trottare
sopra un topo, diceva mia madre.
FRAMER - Ah, buona! Molto buona! "Far trottare sopra un topo!"
Oh!... Ha sentito, Miss Schoen? Fantastico, divertente...
(Lei e Amanda ridono insieme con aria compli-
ce, fino a che Lotte lancia a Miss Framer
un'occiata di ghiaccio)
LOTTE - Miss Framer, per favore!
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(La risata si spegne. Lotte prende una busta di
Amanda e ne legge la lettera)
FRAMER - (ad Amanda) Ci sono dei biscotti e del miele, se
gradisce.
AMANDA - Non ha della marmellata?
FRAMER - No, mi spiace.
AMANDA - Dovreste tenerne, in questo ufficio. La marmellata è
una conserva molto storica, sa. Conosce l'origine della
parola marmellata?
FRAMER - Marmellata? Non mi pare.
AMANDA - Lei la conosce di sicuro, Miss Schoen.
LOTTE - Che cosa?
AMANDA - L'origine della parola marmellata.
LOTTE - Sfortunatamente, no. (ritorna a leggere)
AMANDA - (alla Framer, senza scoraggiarsi) Maria Stuarda, Regi-
na di Scozia, soffriva di mal di testa…
(La Framer lancia un'occhiata a Lotte)
e la si poteva capire, povera donna imprigionata da anni.
Ogni volta che le veniva il mal di testa, chiedeva una
speciale conserva di frutta. Le sue cameriere sussurra-
vano fra loro in francese: “Porta la conserva! Maria è
malata!” Marie est malade! Capito? Marie est malade -
Marie est malade - marmalade - marmellata!
FRAMER - Ahhh! Divertente! Forse dovrebbe prenderla anche lei,
quando ha mal di testa, Miss Schoen.
LOTTE - Grazie, Miss Framer: è tutto per ora.
FRAMER - Sì, Miss Schoen (Esce in fretta dalla stanza)
AMANDA - (bevendo il tè) Soffre il mal di testa?
LOTTE - (leggendo) Ogni tanto.
AMANDA - Mi spiace.
LOTTE - Tutti abbiamo i nostri guai.
AMANDA - Forse la sua segretaria ha ragione. Ciò che ha giovato a
Maria Stuarda potrebbe giovare anche a lei.
LOTTE - Forse.
AMANDA - Che lettera è? Quella che dice che io illumino i mean-
dri del passato come una torcia fiammeggiante?
LOTTE - No, questa è la signora col maglione verde.
AMANDA - Ah sì!
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LOTTE - (legge a voce alta) "Gentile signorina, io sono la signo-
ra col maglione verde, quella cui lei mercoledì pome-
riggio ha illustrato il ritratto del ragazzo che aveva delle
foglie tra i capelli. Da lei ho saputo la verità su quel qua-
dro, una storia davvero affascinante. Se non glielo avessi
chiesto, mai avrei saputo la terribile avventura corsa da
quel giovane ereditiero, assassinato dallo zio con una
ghirlanda di erbe velenose. Mai avrei supposto che si
potesse uccidere qualcuno attraverso il cuoio capelluto.
È molto brillante da parte sua avermi ricordato l'incre-
dibile morte, nell"'Amleto", del vecchio re avvelenato
attraverso le orecchie. Il che poi dimostra che
Shakespeare aveva già inventato tutto".
(Pausa. Guarda Amanda).
AMANDA - Anche sulla guida c'è scritto che la morte dell'ereditiero
fu misteriosa.
LOTTE - È inutile andare avanti, così non va, non va. Una guida
turistica non è una fantasista scritturata. Quindi il suo
comportamento è banalmente disonesto.
AMANDA - Non accetto "banalmente". Io non faccio nulla banal-
mente.
LOTTE - La menzogna è menzogna. E non trova avalli in questo
ufficio. E ora facciamola finita.
AMANDA - Legga un'altra lettera. Quella con la busta blu. È del
direttore della Compagnia del Royal Shakespeare. Dice
che ogni volta che io apro bocca, l'avventura è nell'aria.
LOTTE - È questo il problema.
AMANDA - Perché problema?
LOTTE - La prego, la cosa è già abbastanza sgradevole.
AMANDA - Ah, certo, capisco. Viviamo in un paese che chiede
cose banali, piatte. Guide turistiche piatte. Gente piatta.
Fatti banali, piatti. Ho capito benissimo.
LOTTE - Miss Douffet, concludendo: non vedo come potrei
giustificare il fatto che lei continui a lavorare da noi.
(Lunga pausa)
AMANDA - Cioè, sono condannata.
LOTTE - No, lei è solo giudicata non idonea.
AMANDA - Quando devo abbandonare?
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LOTTE - Subito, penso sia meglio.
AMANDA - Potrei - finire l'estate, ce n'è rimasta poca.
LOTTE - Preferirei di no.
AMANDA - Capisco. Bene. Benissimo. Certo, è il modo meno
penoso, d'accordo con lei. Oblìo immediato.
LOTTE - Per favore, Miss Douffet!
AMANDA - No, no, lei è molto umana, pur nel suo brutale modo di
comportarsi. Lei non lascia, come fanno i tiranni, langui-
re la vittima nelle segrete, illudendola con false speran-
ze. Ma, via subito, verso una morte certa e immediata.
La ringrazio.
LOTTE - (esasperata) Per l'amor del cielo! Possiamo fare a me-
no di far teatro, per un momento? E poi troverà un altro
lavoro.
AMANDA - (ad un tratto dura) Crede? Alla mia età non è più così
facile.
(Lunga pausa)
LOTTE - Cercherò di fare in modo di rilasciarle qualche refe-
renza.
AMANDA - Per favore, no. Non voglio che lei menta in mio favore.
LOTTE - Non mentirò, Miss Douffet. Ma qualcosa posso inven-
tare.
AMANDA - Inventare cose non è il suo forte, Miss Schoen. In
questo campo lei trasuda grigia integrità. Non rischi di
contaminarla con del colore.
LOTTE - (a denti stretti) Lei non è riconoscente! Non è per nulla
riconoscente.
AMANDA - (alzandosi) Sto già facendo la coda con i disoccupati e
la riconoscenza non è la nostra prima qualità.
(Lotte preme un cicalino. Suona)
La voglio lasciare con una storia vera, riguardante il co-
lore. Controlli sui libri, se crede, se ne accerti. Lei sa co-
me Maria Stuarda si comportò al momento dell'esecu-
zione?
LOTTE - Senza colpi di teatro, spero.
AMANDA - Quando salivano sul patibolo, si usava togliere alle
vittime i vestiti perché non si insozzassero di sangue.
(Miss Framer entra. Amanda la coinvolge nella
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storia)
AMANDA - Maria apparve in una veste di intensissimo nero. Ma
quando le sue ancelle gliela levarono, cosa immagina
avesse sotto?
LOTTE - Non imagino.
AMANDA - (a Miss Framer) E lei?
(La segretaria scuote il capo disarmata: "Non
so!". Amanda comincia a sciogliersi il mantello)
Apparve una camicia lunga fino ai piedi. Del colore in
uso tra le puttane, perché di questo era stata accusata!
Ma era anche il colore del martirio e della sfida! Rosso
sangue!
AMANDA - (Emerge dal mantello mettendo in mostra una camicia
da notte rosso fiamma lunga fino ai piedi, punteggata di
piccole corone dorate. Miss Framer resta a bocca
aperta) Sì, rimasero tutti a bocca aperta - per lo choc!
Tutti guardarono in stato di meraviglia la fragile
condannata, curva per la lunga prigionia, uscire dal buio
di umiliazioni durate diciannove anni, e incamminarsi
verso l'eternità, come una donna interamente redenta!...
(A Lotte) Questa è storia, Miss Schoen, vera e documen-
tata. A lei un addio. Senza fine. Adieu.
(Raccoglie il mantello dal pavimento e si avvia
trionfalmente fuori dall'ufficio. Lotte Schoen la
guarda allontanarsi, stupita, affascinata. Miss
Framer straluna gli occhi)
SIPARIO
FINE DEL PRIMO TEMPO
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SECONDO TEMPO
PRIMO QUADRO
(L'abitazione di Amanda Douffet a Londra, un
seminterrato in Earl Court, Alcune settimane
dopo. Come in molte case vittoriane, l'ingresso è
costituito da un portone comune a livello stradale,
dal quale si scende, mediante una scala, nelle
abitazioni del seminterrato. Quando la porta di
Amanda è aperta, si intravvede questa scala,
ricoperta di linoleum)
(Attraverso una finestra che si allarga nella
parete, appare un'inquadratura piuttosto ango-
sciosa: un tratto di marciapiede, un lampione, i
gradini che salgono al portone della casa, e le
gambe - solo le gambe - della gente che cammina
e che entra. Quando il sipario si alza, per meglio
e subito precisare la situazione scenografica,
attraverso la finestra si vedono le gambe di un
uomo che passa all'esterno)
(La stanza è arredata poveramente. Vi figurano
però curiosi cimeli teatrali, una spada, due troni,
uno di legno grezzo, l'altro dorato. Sopra un
vecchio carrello di legno, dotato di vecchie rotelle
di legno, è collocato un curioso tubo da stufa di
bronzo nero con quattro alette di metallo intorno
all'imboccatura e una piccola apertura all'altra
estremità, da cui esce una corda. Evidentemente
l'aggeggio deve aver avuto un tempo altra funzio-
ne; attualmente funge da portafiori. Alla parete un
vistoso poster annuncia: "La compagnie
étonnante les barbares dans le drame le plus
horrifique de Shakespeare: Richard III. avec le
grande vedette anglaise Alice Evans Douffet dans
le role prodigieux du roi assassin!".
Tre porte. Una dà nella camera da letto, una nella
cucina, e la principale, che si apre a rivelare gli
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ultimi scalini che arrivano al seminterrato, di cui
già si è detto. Accanto a questa porta un citofono.
È il tardo pomeriggio. Amanda è seduta sul trono
dorato, ha in grembo un gatto siamese)
AMANDA - (parlando al gatto) Il mio nome è Nefertiti, Regina dei
Lamenti. Ho concesso a questa umile ancella di tenermi
in modo così confidenziale soltanto perché ella possa
meglio ammirarmi. I miei occhi hanno il colore dell'ac-
quamarina languente. Per amore dei miei occhi, prodi
micioni si sono suicidati nel vecchio Nilo! Il mio fato è
tragedia. Scaraventata fuori dal mio palazzo che sorgeva
accanto alle travolgenti cateratte del fiume, venni
brutalmente condotta in questa prigione sotterranea. Io,
avvezza a nutrirmi di crostacei e mitili della Numidia,
sono ora costretta a nutrirmi di squallidi preparati in
scatola quali Frishes, Gourmet, Wiskas, Pussy Pussy,
KiteKat e l'avvilente Miaooo Miaooo!...
(Attraverso la finestra, si vedono in alto arrivare
le gambe di Lotte Schoen, e salire i gradini del
portone di casa)
Non importa, sopporterò. ma quando i tempi saranno
maturi, il mondo intero assisterà al mio trionfale ritorno
sul trono. E allora, tutti quelli che mi avranno fatto dl
male, morranno, e i loro occhi verranno sgraffiati fuori
dalle loro orbite traditrici.
(Forte ronzio di citofono. Amanda si blocca,
allarmata)
Chi sarà?
(Di scatto si alza, sempre tenendo in braccio il
gatto, e va a scrutare furtivamente le gambe che
all'esterno salgono i gradini)
(al gatto) Che ne dici? Gambe nervose, eh? Severe, di
quelle che dànno pedate ai gatti. Io non mi fiderei, e tu?
(Il citofono ronza ancora più, Amanda sussulta)
Oh Dio!
(Agitata si dirige verso il citofono, solleva la
cornetta)
30“AMANDA AMARANDA” di Peter SHAFFER
MTP Concessionari Associati Srl – Via Palombarese km 15,100 – 00012 Guidonia Montecelio (RM)
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(al citofono) Sì...? Chi è?
(in teatro, mediante un amplificatore, si sentirà
quello che Amanda sente al citofono)
LOTTE - (vivace) Miss Douffet?
AMANDA - (spenta) Sì...
LOTTE - Sono Miss Schoen.
AMANDA - Chi?
LOTTE - Miss Schoen. Si ricorda? (Amanda è sconcertata)
Pronto? Miss Douffett?.. È lì?
AMANDA - (in un sussurro) Sì...
LOTTE - Mi sente? (insistente) Miss Douffet, mi sente?
AMANDA - (al gatto) È lei. Il Boia.
(Il citofono ronza ancora più imperioso)
(Al citofono, un po' più forte) Pronto?
LOTTE - Mi apra, per favore. Devo parlarle.
AMANDA - No...! (quasi sottovoce) Non voglio... non mi va...
LOTTE - Come dice? Non la sento.
AMANDA - (più forte) La prego, se ne vada.
LOTTE - Ho assoluto bisogno di parlarle, Miss Douffet. Mi
faccia entrare. (pausa) Mi sente? (Lotte si china e cerca
di guardare giù attraverso la finestra. Con l'ombrello
batte forte contro l'inferriata; Amanda si appiatta contro
la parete. Scompare la faccia di Lotte, e il citofono
riprende a ronzare, a ronzare, a ronzare)
(dura, alzando il tono di voce) Miss Douffet! Mi apra,
insomma! (lunghissimo ronzio del citofono) Miss
Douffet, insisto!
AMANDA - (vinta) Mi arrendo ai suoi voleri!
(Preme un pulsante che apre la porta dell'appar-
tamento)
(gridando su per le scale) Se proprio ci tiene, scenda.
Giù, nei sotterranei!
(Amanda è in piedi, rigida. Si ode un rumore di
passi che scendono, e appare Lotte)
LOTTE - Buonasera. Molto gentile a volermi ricevere.
(Vede il gatto in braccio ad Amanda)
Ahhh! (terrorizzata scappa indietro, richiudendo a metà
la porta)
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