AMANDA AMARANDA - mtp concessionari associati

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“AMANDA AMARANDA” di Peter SHAFFER
MTP Concessionari Associati Srl – Via Palombarese km 15,100 – 00012 Guidonia Montecelio (RM)
                               www.mtpconcessionariassociati.it

          AMANDA AMARANDA
                               (LETTICE AND LOVAGE)
                                         di
                                  PETER SHAFFER

                                 Traduzione di
                         MTP CONCESSIONARI ASSOCIATI

                                Registrato presso la SIAE.

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“AMANDA AMARANDA” di Peter SHAFFER
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                                      PERSONAGGI

          MISS AMANDA DOUFFET

          MISS CHARLOTTE SCHOEN

          MR. BARDOLPH

          MISS FRAMER

          ALCUNI TURISTI

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“AMANDA AMARANDA” di Peter SHAFFER
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                                        LE SCENE

          I° ATTO - I° QUADRO
                      Il salone principale del castello Fustang, nel Wiltshire,
                      Inghilterra. In giorni diversi.

          I° ATTO - II° QUADRO
                      L'ufficio di Miss Schoen all'Associazione per la
                      Conservazione del Patrimonio Culturale – Architrave
                      Place - Londra
                      Il giorno dopo la scena precedente, alle tre del pome-
                      riggio.
          II° ATTO L'appartamento di Miss Douffet, un seminterrato a Earls
                      Court, Londra. Alcune settimane dopo. Verso sera
          III° ATTO Stesso appartamento. Sei mesi dopo. Pomeriggio. Sera

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“AMANDA AMARANDA” di Peter SHAFFER
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                                     PRIMO TEMPO

                                    PRIMO QUADRO

                             Musica Elisabettiana: tetra.
                             Il sipario si alza sul salone principale del castello
                             Fustang: ambiente seicentesco, buio. Alle pareti,
                             bui ritratti di famiglia.
                             L'aspetto più interessante dell'ambiente è costitui-
                             to da un'imponente scala in quercia stile Tudor
                             che scende fino al centro del salone. Un cordone
                             rosso steso orizzontalmente ai piedi della scala ne
                             vieta l'accesso al pubblico.
                             Accanto a questo cordone, vediamo Miss Amanda
                             Douffet, guida turistica autorizzata della "Asso-
                             ciazione per la conservazione del patrimonio
                             culturale". Ha l'incarico di far visitare ai turisti
                             l'antico deprimente castello. È una signora di
                             mezza età. Al momento sta lottando strenuamente
                             per domare la sua naturale esuberanza e per darsi
                             tutta, con abnegazione, al testo, memorizzato, che
                             s'è presa l'impegno di recitare.
                             Attorno a lei, un variopinto gruppo di turisti -
                             quanti se ne possono scritturare - quasi tutti con
                             l'occhio spento, vinti dalla noia. È una grigia
                             giornata di pioggia, il castello è gelido.

          AMANDA - Ed eccoci arrivati ora nel luogo più interessante del
                 castello Fustang. Il Grande Scalone, costruito nel 1560,
                 in stile Tudor. Consiste in quindici scalini, fatti con
                 quindici tavole di quercia tagliate nelle segherie del
                 paese. La balaustra propone motivi ogivali tipici
                 dell'epoca. Il soffitto di stucco, in alto, è ingentilito da
                 motivi a nodo d'amore, anch'essi tipici dell'epoca.
                        (Tutti guardano verso l'alto, senza interesse. Un
                        uomo sbadiglia. Una donna consulta l'orologio)
                 Signori, notare, prego, gli stemmi disposti a intervallo
                 attorno al cornicione. Essi recano il motto di famiglia in

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“AMANDA AMARANDA” di Peter SHAFFER
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                       latino: "Lapsu surgo", che vuol dire "Cadendo mi elevo".
                       Tale motto si riferisce a un incidente avvenuto in questo
                       salone il 2 febbraio del 1585. Era una notte di tempesta.
                       Quella sera la Regina Elisabetta I, la regina vergine,
                       aveva deciso di onorare con la sua presenza il mercante
                       di fustagno John Fustang. Per festeggiare l'avvenimento,
                       Fustang organizzò un banchetto in questo salone. Egli si
                       trovava in cima alla scala, accanto alla Regina, per scor-
                       tarla quando sarebbe discesa. Ma Sua Maestà, posando il
                       piede sul primo scalino, inciampò nell'orlo del suo raffi-
                       nato vestito, e sarebbe caduta a capofitto se il padrone di
                       casa non l'avesse presa per un braccio e salvata. Trovan-
                       dosi la Regina in ottima disposizione di spirito, chiese
                       subito una spada e proclamò Fustang Cavaliere del
                       Regno. E da allora lo scalone fu noto come lo "Scalone
                       dell'Investitura".
                              (L'uomo sbadiglia nuovamente, più forte, imitato
                              dagli altri)
                       E si conclude così il giro del Castello Fustang. A nome
                       dell’Associazione per la Conservazione del patrimonio
                       Culturale, auguro buon pomeriggio.
          TURISTI      - (aria assonnata) Buon pomeriggio...
                              (I turisti passano davanti ad Amanda con aria
                              sfatta; Amanda li osserva avvilita. Le luci si
                              abbassano. Torna la musica tetra. I turisti si
                              aggirano per il palcoscenico togliendosi i primi
                              indumenti, rivoltandoseli, o mettendone di nuovi)

                                  PRIMO QUADRO: B

                             (Le luci si rialzano. Qualche giorno dopo: tempo
                             un po' più luminoso. Amanda è nella posizione di
                             prima, con un nuovo gruppo di turisti - le stesse
                             persone con cappelli, sciarpe, occhiali diversi, ma
                             tutte ugualmente annoiate. Tra loro un marito e
                             una moglie, giovani; la moglie tiene un bambino
                             appeso al collo con un marsupio. Anche Amanda

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                        è annoiata e dice il suo testo con monotona
                        meccanicità, più rapidamente di prima.
          AMANDA - Ed eccoci arrivati ora nel luogo più interessante del
                 castello Fustang. Il Grande Scalone, costruito nel 1560,
                 in stile Tudor. Consiste in quindici scalini, fatti con
                 quindici tavole di quercia, tagliate nelle segherie del
                 paese. La balaustra propone motivi ogivali tipici del-
                 l'epoca. Il soffitto di stucco, in alto, è ingentilito da moti-
                 vi a nodo d'amore, anch'essi tipici dell'epoca.
                        (Tutti guardano in su, come prima, senza interes-
                        se. Un uomo si gratta. Una donna tossisce.
                        Amanda incalza disperatamente)
          AMANDA - Notare, prego, signori, gli stemmi disposti a intervalli
                 attorno al cornicione. Essi recano il motto di famiglia in
                 latino "Lapsu surgo", che vuol dire "Cadendo mi elevo".
                 Tale motto si riferisce a un incidente avvenuto il 2 feb-
                 braio 1585. Era una splendida notte stellata...
                        (D'improvviso il bambino scoppia a piangere, la
                        madre cerca di farlo star zitto. Tutti i turisti vanno
                        attorno al bambino, interessati. Amanda è lasciata
                        in disparte)
          AMANDA - (con decisione e calore improvvisi) Per favore! Atten-
                 zione! Voi forse non vi rendete conto che state visitando
                 un monumento unico nella storia d'Inghilterra! Dico,
                 unico. E fra i più romantici... Questo scalone che vedete
                 è noto come "Scalone dell'Arrampicata". Qualcuno lo sa
                 perché si chiama così?
                        (Tutti la guardano in silenzio. Uno o due scuotono
                        la testa mormorando: no)
                 Ve lo spiego io. Era il 2 febbraio 1585. John Fustang
                 diede una gran festa in questo salone in onore della Re-
                 gina Elisabetta. Non sappiamo esattamente cosa fu ser-
                 vito in quel banchetto, però è certo che non mancavano i
                 porcospini.
                        (L'uomo che si grattava sussulta)
          L'UOMO - Come?

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          AMANDA - Sì. Porcospini. Il porcospino era considerato a quei
                  tempi una ghiottoneria. E veniva servito indorato. Sapete
                  che vuol dire "indorato"?
                         (Mormorio dei turisti: no...)
          AMANDA - Simile all'oro, tutto indorato. Sapete di che cosa? Di
                  rosso d'uovo mescolato col fiore di mimosa. Ricchi di
                  fantasia, i nostri antenati a tavola. Lo studio del loro
                  modo di cibarsi è una mia particolare passione. (A una
                  donna) Lo sa che si mangiavano anche i puffini!
          LA DONNA - Che cosa sono?
          AMANDA - Uccellini che mangiano solo pesce. Per cui li facevano
                  passare per pesci e se li potevano così pappare, anche di
                  venerdì in barba alla Chiesa. Furbi, eh, gli antenati? Lo
                  stesso dicasi per i pignetti. Sapete, no, cosa sono?
          LA DONNA - Piccole pigne di pino.
          AMANDA - No, erano una cosa prelibata. Scoiattolini strappati al
                  seno materno, addirittura estirpati dal suo grembo prima
                  di nascere.
          LA DONNA - Oh no!
          AMANDA - I Romani li chiamavano "làurices", un piatto delizioso.
          LA DONNA - Disgustoso!
          AMANDA - Non credo che noi oggi si abbia il diritto di definire
                  "disgustoso" ciò che appartiene al passato... Ma ripren-
                  diamo il racconto. Sua Maestà giunse dunque per il
                  festino di John Fustang. Emerse dalle sue stanze in cima
                  allo scalone. Indossava uno sfarzoso abito, sul cui orlo
                  erano state applicate cento perle, dragate nell'Oceano
                  Indiano, dono di un Sultano Turco!... Ahimé, tanto
                  pesante era quell'orlo, che la sovrana inciampò sul primo
                  scalino, e sarebbe certamente rotolata fin quaggiù a ca-
                  pofitto, se il padrone di casa, che si trovava a metà
                  scalinata, per la precisione sul settimo scalino dall'alto,
                  lo vedete? -
                         (Tutti guardano verso l'alto mormorando "Sì”.
                         Sembrano piuttosto interessati)
                  - non fosse accorso e non l'avesse sorretta, giusto in
                  tempo. Ecco spiegato il motto "Cadendo mi elevo". La
                  regina va giù, e io vado su. Per tal servigio la Regina

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                       subito pretese una spada e proclamò John Fustian suo
                       Cavaliere! Quindi strappò le sei perle più grandi dall'orlo
                       insidioso e le offrì al neo cavaliere perché le incasto-
                       nasse nell'impugnatura della spada che lo aveva testé
                       reso nobile. (Pausa) Oggi avremmo potuto ammirare la
                       famosa spada, una rara lama del più puro acciaio di
                       Toledo temprata nelle acque del fiume Tago, là in quella
                       teca, se non fosse stata rubata l'anno scorso. Interessante,
                       vero?
          I TURISTI    - (compiaciuti, annuendo) Oh sì!... Davvero! Davvero
                       interessante!
          AMANDA       - Grazie, grazie infinite.
          I TURISTI    - Grazie a lei!
          AMANDA       - E qui si conclude il giro del castello Fustang.
                       Buonasera a tutti.
          I TURISTI    - Buonasera, buonasera.
                              (Amanda sorride felice ai turisti. Le luci si abbas-
                              sano. Sale una vivace musica elisabettiana. E
                              ancora i turisti si aggirano sul palcoscenico cam-
                              biandosi d'abito)

                                  PRIMO QUADRO: C

                             (Tornano le luci: la musica cala. Giorni dopo:
                             giornata ancor più luminosa. Amanda, come
                             sopra: tiene il suo discorsino a un altro gruppo di
                             turisti, ma questa volta l'uditorio è visibilmente
                             preso, incantato. Anche Amanda è piena di fiducia
                             e felicemente intensa. Solo un uomo del gruppo
                             sta in disparte - tipo scontroso in impermeabile e
                             cappello - e si fa via via più sospettoso e distac-
                             cato, man mano che Amanda prosegue nel
                             racconto)

          AMANDA - Ed eccoci ora arrivati nel luogo più interessante del
                 castello Fustang. Lo scalone più famoso d'Inghilterra!
                 "Lo Scalone del Grande Balzo"... La notte del 2 febbraio
                 1585 - una ventosa notte di neve - John Fustang offrì al-

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                 la sua Sovrana, esattamente in questo salone, un monu-
                 mentale festino. I tavoli traboccavano di pile di porco-
                 spini, di puffini e di pignetti. E poi ancora aironi, pavoni,
                 cigni! Ognun d'essi aspettava di venir trinciato a suo mo-
                 do. (ai turisti) Perché, lo sapete, vero, che si usava una
                 parola diversa per ogni diverso modo di trinciare un
                 uccello?
                        (Mormorii di "no!")
                 Eh sì! Si "sfettolava" un pavone, ma si "sminuzzava un
                 cigno. Nulla superava in varietà e succulenza un festino
                 elisabettiano; e la sera di cui parliamo, proprio in questo
                 salone, un centinaio di cortigiani attendevano felici con
                 l'acquolina in bocca. (Vieppiù eccitata dal racconto)
                 Quand'ecco apparve lei, in persona, la Regina Vergine
                 d'Inghilterra! In uno sfavillio di brillanti e di perle
                 dragate nel fiume Volga, omaggio dello zar di tutte le
                 Russie, Ivan il Terribile. Sorridendo, ella posò un piede
                 sul primo gradino in alto, lassù! Ahimé, sì facendo, in
                 quel preciso istante, perse l'equilibrio e sarebbe
                 certamente precipitata a capofitto lungo tutti i quindici
                 scalini di quercia, tirati a cera, se il padrone di casa - che
                 si trovava esattamente dove mi trovo io ora, nel punto
                 più basso - d'un sol balzo non fosse asceso per l'intero
                 scalone, e non avesse salvato la sua Regina!
                        (Sospiri di stupore tra gli astanti)
          AMANDA - Immaginate la scena! Tempo come sospeso. Gli invitati
                 tutti in ghingheri, rigidi come temperini, al lume delle
                 torce, le braccia protese in un gesto impotente, gli occhi
                 spalancati dal terrore! Ma a un tratto Jhon Fustang scat-
                 ta! Balza in alto, si libra come un uccello, quale Mercu-
                 rio alato prende il volo e con un balzo irresistibile plana
                 lassù sul primo gradino giusto in tempo per accogliere la
                 Sovrana tra le sue braccia devote, sollevarla in alto sopra
                 di sé, e col viso dalle gote rosate per il trionfo, le grida:
                 "Adorata Maestà! Adorata e Indorata Maestà! Non
                 temete! siete salva! I porcospini dorati vi attendono!".
                        (Il racconto produce reazioni gioiose tra i pre-
                        senti. Alcuni applaudono. L'uomo scontroso non

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                         sembra invece impressionato, anzi prende a
                         parlare con ostilità)
          LO SCONTROSO - Scusi.
          AMANDA - Sì, dica.
          LO SCONTROSO - Potrebbe favorirmi la fonte di questo aneddo-
                  to?
          AMANDA - La cosa?
          LO SCONTROSO - Fonte. Si dà il caso che io sia uno studioso del
                  periodo Elisabettiano. E le gesta riguardanti la Regina
                  Vergine sono il mio hobby. Apprendo ora la nuova che
                  Jhon Fustang sarebbe planato su quel gradino e avrebbe
                  sollevato la Regina in alto pronunciando quella frase.
          AMANDA - Anche se l'apprende ora, è così.
          LO SCONTROSO - Non vedo come.
          AMANDA - Come dice?
          LO SCONTROSO - È assolutamente impossibile farsi le scale con un
                  salto partendo da fermi. Sono quindici scalini.
          AMANDA - Lo racconta a me, quanti sono? L'ho detto io poco fa.
          LO SCONTROSO - E con ciò?
          AMANDA - Che vuoI dire "e con ciò"?
          LO SCONTROSO - E con ciò è impossibile. Francamente, la sua
                  storia non sta in piedi. (Pausa) Torno a chiederle, per
                  cortesia, la fonte (Pausa)
          AMANDA - Avverto dell'ostilità nella sua voce, quasi ad insinuare
                  che io avrei detto cose inesatte, che la storia manca di
                  veridicità.
          LO SCONTROSO - No, manca di possibilità. Non si può fare. Non si
                  può fare un salto da fermi e planare sul quindicesimo
                  scalino. Non ce la farebbe neppure un campione
                  olimpico.
          AMANDA - (un po' turbata) Be'... che ci possa essere dell'esage-
                  razione, glielo concedo. La "Historia" dice "con un sol
                  balzo", ma potrebbe trattarsi di licenza poetica. Lei,
                  come studioso del periodo elisabettiano, mi insegna che
                  si faceva grande uso di iperboli nel linguaggio di corte
                  del Sedicesimo secolo. "Un sol balzo", in effetti,
                  potrebbero essere stati due, tre, anche quattro balzi. Ma
                  l'eroismo dell'atto, l'esuberanza romantica del gesto,

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                  balza su delle pagine della "Historia" proprio come se
                  fosse lo stesso balzar su di John Fustang.
          LO SCONTROSO - (implacabile) Sì, ma cos'è, vorrei sapere. Cos'è,
                  scusi?
          AMANDA - Cos'è cosa?
          LO SCONTROSO - Quella "Historia" cui fa riferimento.
          AMANDA - La "Historia Fustangarum", la storia della famiglia
                  Fustang.
          LO SCONTROSO - E dove posso trovarla?
          AMANDA - Non può.
          LO SCONTROSO - Perché?
          AMANDA - Perché non è mai stata pubblicata. Giace nascosta in un
                  Archivio privato. Al riparo da occhi indiscreti che forse
                  la userebbero con propositi polemici.
                         (Il gruppo mormora approvando. Voci di "senti!
                         senti! giusto, ecc.". qualcuno guarda lo scontroso
                         con astio)
          AMANDA - La visita è terminata. Prego, l'uscita è da quella parte.
                  Noterete presso la porta, sopra un tavolino d'acero, un
                  piattino. Porcellana Wedgwood, primissimo periodo:
                  sorprendenti la delicatezza della forma e la nuance delle
                  tinte. La vocazione del piattino è collezionare (accento
                  affettato) pourboirs, nel caso voleste lasciarne. Se, come
                  temo, qualcuno fosse debole in francese, tradurrò
                  pourboirs in –
          LO SCONTROSO - Mance.
          AMANDA - Segni di apprezzamento.
          SORRIDE - Con dolcezza all'uomo che se ne va brusco. Gli altri
                  ringraziano Amanda con effusione, dandole la mano,
                  dicendole con calore grazie, mentre le luci si abbassano.

                                  PRIMO QUADRO: D

                             Musica vivace. Il solito gruppo di turisti, in abiti
                             decisamente più estivi. Su la luce. Giornata
                             luminosa.
                             (Stessa situazione di prima. Amanda parla, molto
                             controllata, i turisti ascoltano attenti e coinvolti.

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                        In disparte, con la guida in mano, Lotte Schoen:
                        signora sulla cinquantina, dallo sguardo aggressi-
                        vamente severo. Severi anche vestito e capelli)
          AMANDA - L'incidente che vi ho appena descritto, nel quale la
                 Regina Vergine Elisabetta fu salvata da morte sicura da
                 un'azione ardimentosa che sarebbe stata assolutamente
                 irrealizzabile ai nostri giorni persino dal massimo cam-
                 pione olimpico, non è che uno dei numerosi fatti di alta
                 drammaticità avvenuti sullo scenario di questo storico
                 scalone. (Pausa) E non tutti i fatti, ahimé, ebbero un
                 epilogo altrettanto felice. Il secolo seguente, il Millesei,
                 fu un secolo sotto ogni aspetto tenebroso, e i fatti che
                 accaddero su questo scalone in quell'epoca, furono al-
                 trettanto tenebrosi. Il più terribile di tutti gli eventi legati
                 a questa casa accadde un mattino di mezza estate del
                 1689.
                        (Tutti pendono dalle sue labbra. Amanda si infer-
                        vora raccontando la sua favola)
          AMANDA - Quel giorno si dovevano celebrare le nozze di Lady
                 Arabella Fustang con il giovane più bello e nobile della
                 regione. La sposa era una vezzosa, radiosa e facoltosa
                 fanciulla di diciotto anni, soprannominata "la preda della
                 Contea". La mattina delle nozze, suo padre, sir Nicholas,
                 si trovava esattamente dove mi trovo io ora, in attesa di
                 accompagnare la sua unica figliola all'altare. La porta
                 delle stanze si aprì là in alto (Indica: tutti guardano su) e
                 ne uscì una divina creatura avvolta in un alone di bianchi
                 sciàmiti - drappo vellutato in seta d'epoca - Non vi sarà
                 difficile immaginare il padre che la guarda, le lacrime
                 sgorganti dai suoi occhi vetusti. La figlia discendeva
                 quelle scale per l'ultima volta pulzella. Ma ahi! d'im-
                 provviso s'udì come un rullar di tamburi, un frenetico
                 trapestio lungo la galleria di quercia, e, galoppando a
                 gran velocità verso di lei, ecco apparve Poppy, il fedele
                 mastino di famiglia, pazzo di eccitazione, forse per
                 l'odore delle carni che stavano arrostendo nelle sotto-
                 stanti cucine. Nella sua frenetica follia, l'animale urta la
                 fanciulla di lato. Essa vacilla, annaspa nell'aria, allunga

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                 la mano verso la balaustra, che ahimé è da lei troppo
                 lungi - e rovina a testa in giù aggrovigliata all'animale! Il
                 suo corpo adorabile rotola quale una nube per i quindici
                 scalini di quercia che vedete, finché, con un ultimo spa-
                 ventoso rimbalzo, viene a posarsi ai piedi del padre!...
                 (Indica il punto, ai suoi piedi) Non era un alato Mercu-
                 rio lui, ma anziano e pieno di artrosi. Si china per
                 toccarla. Morta? No, non è morta, sia ringraziato il cielo!
                 L'osso del collo non s'è spezzato.
                        (Pausa)
                 Allora, quasi nell'eco dell'antico gesto per cui il suo an-
                 tenato aveva ottenuto il titolo nobiliare, prende la fan-
                 ciulla fra le braccia, la solleva sul capo, e, tra le sbirciate
                 del cane agonizzante, la porta su nella sua camera.
                 Camera dalla quale la sventurata non sarebbe uscita mai
                 più. Arabella riprese conoscenza, sì, ma le sue gambe -
                 che avevano ballato la gavotta e il coranto come nes-
                 sun'altra gamba li aveva ballati mai - erano ormai ine-
                 stricabilmente annodate sotto di lei quasi a parodia bef-
                 farda dei nodi d'amore che ornano il soffitto di stucco
                 che potete ammirare sopra di voi. Regardez, s'il vous
                 plaît.
                        (Tutti guardano all'insu')
          AMANDA - La fanciulla si murò viva in quella stanza per il resto
                 dei suoi giorni, non riceveva nessuno, ululando incessan-
                 temente l'inno nuziale composto appositamente per lei
                 da Henry Purcell! La "Historia Fustangarum" riporta
                 come, di poi, i suoi servitori fossero tutti in qualche mo-
                 do deformi. Citerò per voi dalla "Historia": "L'infelice
                 nobildonna non assumeva qual servidore se non chi
                 presentasse difformità agli arti, alle anche od altrove:
                 donne attorte, gobbi, storpiati, e quant'altri mai avessero
                 curvature o sgangheramento di membra". Stampelle di
                 ogni foggia zampettavano su e giù ogni giorno per que-
                 sto scalone, che da allora non fu più conosciuto come
                 "La Scala del Grande Balzo", bensì come "Lo Scalone
                 degli Sciancati e della Jattura". Tale nome è rimasto.

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                       Sconsigliabile salirvi o scendervi. Per questo c'è il
                       cordone.
                              (Pausa. Lotte, incapace di contenersi, interviene)
          LOTTE        - È intollerabile.
          AMANDA       - Prego?
          LOTTE        - Assolutamente intollerabile.
          AMANDA       - Non capisco, scusi.
          LOTTE        - Lei è Miss Douffet, vero?
          AMANDA       - Sì, mi chiamo così.
          LOTTE        - Bene, vorrei parlarle subito, in privato.
          AMANDA       - Parlarmi di che?
          LOTTE        - Ho detto in privato.
          AMANDA       - Richiesta molto singolare. Non sono abituata a vedere i
                       miei tours interrotti così bruscamente.
          LOTTE        - (ai turisti) Vogliate scusare. Devo parlare a questa
                       signora, da sola. Del resto penso che a questo punto la
                       visita sia conclusa.
          AMANDA       - Sì, ma di solito il saluto finale è un grazioso aurevoir,
                       un adieu, non un brutale congedo. E sono io a darlo.
          LOTTE        - Spiacente, sono costretta a insistere. (Ai turisti) È una
                       questione importante e urgente che riguarda la signora.
                       (Li squadra dura, sguardo intimidatorio) Prego.
                              (I turisti, a disagio, si avviano)
          AMANDA      - (ai turisti) Bene, pare proprio che dobbiamo lasciarci,
                       purtoppo senza tante cerimonie. Non riesco a immagi-
                       nare cosa vi possa essere di così urgente da far dimenti-
                       care le buone maniere. Spero di non avervi annoiati.
                              (Mormorii e assensi entusiastici: "Oh no!...
                              grazie!...")
                       L'uscita è di là. Troverete uscendo un piattino dove, se
                       credete, potrete lasciare un segno di apprezzamento,
                       come il vostro cuore vi suggerirà. Aurevoir, merci.
          TURISTI      - Merci, arrivederci, arrivederci... Grazie...
                              (I turisti escono, sorpresi, incuriositi. Si voltano a
                              guardare le due donne. Uscito l'ultimo turista, il
                              comportamento di Lotte diventa ancora più fred-
                              do)
          LOTTE        - Lei non è autorizzata a prendere mance.

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“AMANDA AMARANDA” di Peter SHAFFER
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          AMANDA - Non sono mance.
          LOTTE  - No? E cosa sono?
          AMANDA - Sono quello che ho appena detto. Segni di apprezza-
                 mento. A questo mondo esistono anche persone che
                 sanno apprezzare, sa. Che si entusiasmano agli aspetti
                 inquietanti e romantici della Storia.
          LOTTE  - E ne esistono altre invece che si appassionano alla
                 precisione storica, Miss Douffet. E altre ancora - poche -
                 che sono autorizzate ad accertare che quella precisione
                 venga rispettata.
          AMANDA - Non capisco.
          LOTTE  - Sono Miss Schoen e lavoro all'Associazione per la
                 Conservazione del Patrimonio Culturale. Direzione del
                 Personale.
                        (Pausa)
          AMANDA - Ah !
          LOTTE  - Da qualche tempo arrivano all'Associazione con rego-
                 larità rapporti circa singolari inesattezze che verrebbero
                 dette qui durante il giro turistico da lei guidato. Grotte-
                 sche divergenze tra fatti raccontati e verità storica. Oggi
                 ho udito con le mie orecchie un generoso saggio di
                 quello che lei racconta alla gente, e devo dire che i
                 rapporti sono di gran lunga al di sotto di quello che lei
                 dice in realtà. Temo proprio che oggi non abbia fornito
                 una sola informazione esatta.
          AMANDA - Tanto per cominciare, le informazioni gastronomiche:
                 tutte esatte. Devo farle notare che sono un'esperta di
                 cucina elisabettiana.
          LOTTE  - (accigliata) Non sto parlando delle informazioni ga-
                 stronomiche - che comunque non figurano sulla nostra
                 Guida. Oggi qui ho sentito un guazzabuglio di scioc-
                 chezze. Tutta la storia del salto dello scalone di John
                 Fustang, che si conclude con lui che con le sue dita infila
                 in bocca alla Regina porcospini fritti.
          AMANDA - No, dorati.
          LOTTE  - E così la storia di Arabella Fustang, praticamente
                 inventata da capo a fondo. La ragazza rimase zoppa per
                 una caduta, è vero, ma non si sa come sia caduta. Il

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                       fidanzamento si ruppe, è vero, ma non si sa perché né da
                       chi fu rotto. E benché sia rimasta chiusa per sempre nella
                       sua stanza cantando, visse molto rispettata dai vicini. Il
                       compositore Henry Purcell, per quello che ne so io, non
                       fu coinvolto nella sua vita in alcun modo. (lunga pausa)
                       Dunque? Cos'ha da dirmi?
          AMANDA       - Vede, prima di tutto, sono spiacente ma io non riesco a
                       giustificare il suo comportamento.
          LOTTE        - Il mio?
          AMANDA       - Sì, quello che ha fatto.
          LOTTE        - Non capisco.
          AMANDA       - Quello che ha fatto qui oggi, Miss Schoen. Non alludo
                       solo alla villania con cui mi ha interrotta mentre stavo
                       parlando: sgradevolissima. Voglio dire, venire qui come
                       ha fatto, infiltrarsi fra i turisti. Je trouve qu'il est mise-
                       rable.
          LOTTE        - Prego?
          AMANDA       - Miserabile. Disonesto e meschino. Comportamento da
                       spia.
          LOTTE        - È quello che sono. Ero venuta esattamente con questa
                       intenzione.
          AMANDA       - A spiare.
          LOTTE        - No. Fare il mio dovere, è la parola giusta.
          AMANDA       - Ah, il suo dovere è mettere in imbarazzo i suoi impie-
                       gati? Scandagliare il paese con la guida in mano, fingen-
                       do interesse, per poi piombare come un falco sulla preda.
                       Lei concepisce così il suo dovere, umiliare gli impie-
                       gati?
          LOTTE        - Lei sta cambiando le carte in tavola.
          AMANDA       - No.
          LOTTE        - Sì, e lo sa benissimo. Qui non è in discussione il mio
                       comportamento, ma il suo. È del suo che stiamo discu-
                       tendo. È il suo che ha bisogno di una spiegazione... Mi
                       relazionerà domani pomeriggio nel mio ufficio, a Lon-
                       dra. Penso conosca l'indirizzo. Alle tre, se non le spiace.
          AMANDA       - (allarmata) Relazionare? Ma che devo relazionare?
                       Cosa relaziono. Non capisco. Cosa mi vuol dire? (pausa)

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          LOTTE  - (fredda) Le suggerisco ora di occuparsi del nuovo
                 gruppo di turisti che la sta aspettando. E di attenersi
                 scrupolosamente alle informazioni storiche stampate sul-
                 la guida ufficiale. A domani, alle tre. Buonasera. (Esce)
          AMANDA - (È sgomenta. Con panico crescente, grida dietro a
                 Miss Schoen) Dovrò... dovrò essere processata? Giudi-
                 cata?.. Trascinata in catene al giudizio? Condotta ai
                 ferri? Gettata in una segreta?
                        (Miss Schoen è scomparsa. Pausa)
                 (accasciata) Oh, me misera!

                                 MUSICA SINISTRA
                               LE LUCI SI ABBASSANO

                                      ATTO PRIMO

                                  SECONDO QUADRO

                             (L'ufficio di Miss Schoen alla Associazione per la
                             conservazione del patrimonio culturale a londra.
                             Il pomeriggio del giorno seguente.
                             Porta sul fondo al centro. Alle pareti, posters
                             incorniciati di alcuni grandi castelli dei quali la
                             associazione si occupa. Alcune sedie. Miss
                             Schoen, con aria cupa, è seduta al suo tavolo
                             davanti a una pila di lettere. C'è anche uno
                             schedario. Un flebile bussare alla porta)

          LOTTE  - (Brusca) Sì?... (Il flebile bussare continua: più brusca)
                 Sì?! C'è qualcuno? (I colpi si fanno più forti) Sì. Avanti!
                        (La porta si apre timidamente. Entra Miss Fra-
                        mer: è una nervosa, ansiosa segretaria, spaventa-
                        ta, angosciata, manierata)
          FRAMER - (in un sussurro) Sono io, Miss Schoen.
          LOTTE  - Come?
          FRAMER - (più forte) Sono io, Miss Schoen.
          LOTTE  - Miss Framer, quando imparerà a bussare alle porte
                 senza grattare, annaspando come un roditore?

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          FRAMER - Mi scusi, Miss Schoen.
                        (Lotte batte quattro bruschi colpi sul tavolo)
          LOTTE  - Questo è bussare! Capito?
          FRAMER - Sì, Miss Schoen.
          LOTTE  - Allora lo imiti. Me lo faccia capire che vuole entrare.
          FRAMER - Sì, Miss Schoen.
          LOTTE  - Bene, allora, che c'è?
          FRAMER - (Sussurra) C'è Miss Douffet di là che vuole -vederla.
          LOTTE  - Ah.
          FRAMER - Le ho detto di aspettare.
          LOTTE  - Gesto intraprendente da parte sua.
          FRAMER - Grazie...
          LOTTE  - Come le sembra?
          FRAMER - Stravagante, direi.
          LOTTE  - Stravagante?
          FRAMER - Sì, anche il suo abito è stravagante. Certo più strava-
                 gante del mio.
          LOTTE  - Non ne dubito. Ha preso in ufficio informazioni su di
                 lei?
          FRAMER - Oh sì, certo.
          LOTTE  - Bene. Allora?
          FRAMER - Quando si presentò per la prima volta questa primave-
                 ra, pensarono che potesse rappresentare un valido appor-
                 to al nostro staff di Guide. Sembrava pazza per la storia.
          LOTTE  - A giudicare da queste lettere, solo pazza.
          FRAMER - Oh poveri noi...
          LOTTE  - Altre notizie?
          FRAMER - Per qualche tempo ha lavorato alla Torre di Londra,
                 all'Armeria Reale. Reparto armi affilate.
          LOTTE  - Ma che diavolo di lavoro faceva?
          FRAMER - La sentinella. Una specie di custode. Sa, quelli che de-
                 vono sempre tenere d'occhio le spade e le scuri. È venuta
                 via con delle scarse referenze.
          LOTTE  - E questo è tutto quello che sappiamo?
          FRAMER - Ahimé, sì. Non è molto.
          LOTTE  - Non è niente. E questa scheda è meno che niente. Ci dà
                 solo l'indirizzo (consultandola). Ma poi, se abita a

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                       Londra, cos'è andata a fare la guida nel castello Fustang
                       a 80 chilometri da qui?
          FRAMER       - Era l'unico posto a disposizione. Quel castello non
                       interessa a nessuna delle nostre guide... E poi era solo
                       per il periodo estivo.
          LOTTE        - Ho capito... (Di colpo si prende la testa tra le mani) Oh
                       Dio...
          FRAMER       - (turbata) Che c'è? Cos'ha?
          LOTTE        - Niente.
          FRAMER       - Uno dei suoi mal di testa?
          LOTTE        - (secca) No.
          FRAMER       - Posso fare qualcosa?
          LOTTE        - No, grazie.
          FRAMER       - Un'aspirina? Vado a prenderle un'aspirina, Miss
                       Schoen?
          LOTTE        - Niente, grazie. La smetta di ronzarmi intorno come un
                       moscone! Se vuole essere utile, mi porti una tazza di tè.
                       Forte.
          FRAMER       - Sì, certo.
          LOTTE        - E ne porti una anche per la signora là fuori. Forte. Ne
                       avrà bisogno.
          FRAMER       - Sì, Miss Schoen.
          LOTTE        - La faccia entrare.
          FRAMER       - Sì... sì... Subito... Scusi.
                               (Miss Framer esce. Lotte versa da un flacone di
                               colonia alcune gocce su un fazzoletto che si preme
                               sulle tempie. Un momento - e si sentono quattro
                               forti colpi alla porta: Miss Framer introduce
                               Amanda Douffet. Amanda indossa un mantello
                               nero di teatro da abate medioevale e ha un basco
                               in testa. Ha una borsa di pelle. Sembra molto a
                               disagio)
          LOTTE        - Ah! Miss Douffet, buonasera. Prego, si accomodi.
                               (Amanda siede su una sedia di fronte a Lotte)
                       Spero che il suo rientro a Londra sia stato piacevole.
          AMANDA       - Domanda gentile ma inutile, visto che ero convocata a
                       giudizio.
          LOTTE        - Scusi?

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          AMANDA - Non sono sul banco degli accusati?
          LOTTE  - In effetti dobbiamo rivedere la sua posizione. È
                 inevitabile. Purtroppo non ha altra scelta, mi dispiace.
          AMANDA - Come il boia.
          LOTTE  - Scusi?
          AMANDA - Il boia chiedeva sempre perdono a quelli che stava per
                 decapitare.
          LOTTE  - Le sarei grata se potessimo escludere analogie storiche
                 dalla conversazione.
          AMANDA - Comme vous voulez.
          LOTTE  - Qui si tratta solo del suo lavoro e del modo come lei lo
                 svolge. Sappiamo tutt'e due benissimo di che cosa dob-
                 biamo parlare. Come responsabile del Servizio che le
                 offre questo lavoro non posso assolutamente ignorare ciò
                 di cui sono stata testimone ieri pomeriggio. Sono cose
                 che non capisco, sulle quali non posso passare sopra. Ha
                 qualcosa da dire a sua discolpa?
          AMANDA - (dopo una pausa) Sì. Che la colpa non è mia.
          LOTTE  - E di chi sarebbe?
          AMANDA - Io, illustrando la Storia, rispetto sempre la verità,
                 quando la storia è commovente, entusiasmante. In tali
                 casi non mi sogno di alterare il minimo particolare.
          LOTTE  - Gentile da parte sua.
          AMANDA - Ma in altri casi, lo confesso, io sento il bisogno di dare
                 una mano, di prendere in pugno la situazione. Bisogno
                 che ho scoperto quest'estate, proprio al castello Fustang.
                 È colpa di quel castello se mi sono abbandonata alla
                 fantasia.
          LOTTE  - Ah, è colpa del castello, se...
          AMANDA - Sì, esatto, proprio così. Sì, quel castello è un castello
                 stupido. Non ha rivali nella categoria. È impossibile ren-
                 derlo interessante. Vede, non è solo l'architettura depri-
                 mente; è che lì, per ben quattrocento anni, non è mai
                 accaduto nulla!... Una Regina, sì, quasi cadeva da una
                 scala, ma non ce l'ha fatta. Una fanciulla è caduta, però è
                 sopravvissuta rispettata dai vicini. Pensi che noia. Come
                 faccio, da tutto questo, a cavar fuori qualcosa?

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          LOTTE        - Ma lei non deve cavar fuori niente, Miss Douffet. Lei
                       deve semplicemente far da guida ai turisti.
          AMANDA       - Semplicemente da guida, no, io non sono d'accordo. Io
                       sono lì per illuminarli. Questo prima di tutto.
          LOTTE        - Illuminarli?
          AMANDA       - Sì, "Ispirarli, Inebriarli, Illuminarli!". Mia madre le
                       chiamava le tre grandi ''l''. Era una grande insegnante
                       mia madre.
          LOTTE        - In quale istituto?
          AMANDA       - Il più antico e il più nobile. Il Teatro.
                               (A Miss Schoen si rizzano i capelli in testa)
                       Mia madre dirigeva una compagnia di attori girovaghi ai
                       quali aveva insegnato a recitare in modo eccitante
                       Shakespeare in francese.
          LOTTE        - In francese?
          AMANDA       - Sì. Dopo la guerra andò in Francia perché qui nel suo
                       paese non trovava una scrittura degna del suo talento.
                       Siamo andate a vivere in un paesino di contadini nella
                       Loira. I quali per la verità non apprezzavano molto
                       Shakespeare.
          LOTTE        - S'è mai sentito dire infatti che i contadini francesi fos-
                       sero degli accaniti shakespeariani.
          AMANDA       . Se è per questo neanche gli intellettuali. Sa che Voltaire
                       definiva Shakespeare "barbare", barbaro. Lo sa?
          LOTTE        - No, ma non mi sorprende. I francesi pensano sempre di
                       aver inventato loro la civiltà.
          AMANDA       - Mia madre cercò di mitigare quell'illusione. A sfida,
                       battezzò la sua compagnia "Les Barbares". Le barbare.
                       Le ragazze venivano tutte addestrate a recitare senza
                       errori di lingua.
          LOTTE        - Perché, gli uomini no?
          AMANDA       - Non c'erano uomini.
          LOTTE        - Era una compagnia di sole donne?
          AMANDA       - Sole donne. Mia madre aveva sposato qui a Londra un
                       francese che si chiamava Douffet e che l'abbandonò
                       dopo tre mesi di matrimonio. Da allora non volle più
                       sentir parlare di uomini francesi. "Tutti incostanti",
                       diceva. "Incostanti, impostori, subdoli e volubili".

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          LOTTE  - Direi che è il modo esatto per definire la razza.
          AMANDA - Mi allevò lei. Eravamo quasi empre in giro. Recita-
                 vamo per tutta la Loira, in fattorie, granai, dove ci
                 volevano. Si recitava Shakespeare, soltanto i drammi
                 storici, perché la storia era la passione di mia madre.
                 Appena fui grandicella, anch'io comincia a recitare. E
                 quando non recitavo, facevo di tutto, disegnavo costumi,
                 costruivo oggetti per la scena: ma soprattutto organizza-
                 vo le battaglie. Lei non ha idea di quanto fossero feroci
                 quelle battaglie combattute da un'orda di ragazze galli-
                 che chiuse nelle loro armature, quando si inferocivano a
                 morte! Mia madre era famosa per la sua interpretazione
                 di Riccardo III. Per simulare la gobba si infilava un
                 cuscino dietro la schiena. L'effetto era superbo. Chi la
                 sentì in quella tragedia mai dimenticò l'intensità della
                 sua interpretazione, quel grido infinitamente disperato
                 che lanciava sul campo di battaglia: "Un cheval! Un
                 cheval! Mon royaume pour un cheval!"...
                         (Lotte la guarda sbalordita)
                 Un cavallo, un cavallo, il mio regno per un cavallo.
                 Anche le traduzioni erano sue.
          LOTTE  - (secca) Una bella faticata.
          AMANDA - Non per lei. Le lingue erano l'altra sua passione. Man
                 mano che crescevo dovevo leggere solo i grandi della
                 prosa. E lei recitava per me tutte le sere fatti storici, im-
                 prese sconvolgenti, avvenimenti terribili, che si inci-
                 devano nella mia mente bambina come il segno del
                 diamante sul vetro... Ecco, vede, allora, per me, i miei
                 turisti, casuali signori in vacanza, che per venti minuti
                 mi affidano la loro vita, per me sono come dei figli. Mio
                 dovere è ispirarli. Ispirarli, Inebriarli, Illuminarli. Quan-
                 do cominciai il lavoro al castello Fustang, mi attenevo ai
                 fatti. Dicevo esattamente quello che era stampato sulla
                 vostra guida nella sua prosa scintillante. Risultato? Alla
                 fine tutti erano sfiniti dalla noia. E anch'io piombavo
                 ogni giorno di più nella noia. Lo avevo capito subito che
                 quel castello era infestato dai fantasmi. I Fantasmi del

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                       Niente. Perché non è mai successo un accidente di
                       niente, là dentro. Perciò ho dovuto difendermi.
          LOTTE        - Con la menzogna.
          AMANDA       - Con qualsiasi cosa...
          LOTTE        - Con fantasie...
          AMANDA       - La fantasia riempie ciò che i fatti lasciano vuoto.
          LOTTE        - Altra massima di sua madre?
          AMANDA       - No, questa è mia. (altera) Io sono la figlia di Alice
                       Evans Douffet, che dedicò la sua vita a illuminare il
                       mondo, non a coprirlo di polvere! La mia lingua non ce
                       la faceva più a dire quella roba!... Sì, forse ho ecceduto.
                       Non lo nego, mi sono lasciata trascinare sempre più in
                       là, lontano dalla riva dei fatti, in là, in là, fino a scivolar
                       via sul fiume della fantasia. Ma la colpa è del castello,
                       non della fantasia che l'ha sfidato.
          LOTTE        - Questa è la sua difesa?
          AMANDA       - La gente che una volta usciva sbadigliando, ora esce
                       meravigliata: uso la parola nel suo vecchio stretto senso,
                       che significa "in stato di meraviglia". E non mi sembra
                       sia una cattiva difesa.
          LOTTE        - No, è solo irrilevante.
          AMANDA       - Il mese scorso misi un piattino accanto all'uscita, non
                       per cupidigia, anche se per la paga che mi date potrei
                       essere giustificata. È che volevo una prova. In tutto il
                       mondo la gente esprime gratitudine nello stesso modo:
                       col danaro. (fiera) E il mio piattino è sempre colmo fino
                       all'orlo. Ogni sera è traboccante di monete. Come i miei
                       turisti, che, quando li guardo allontanarsi verso il par-
                       cheggio, sono letteralmente traboccanti.
          LOTTE        - (aspra) Davvero? Se dà un'occhiata a queste lettere,
                       scoprirà che molti sono traboccanti sì, ma d'indigna-
                       zione.
                               (Amanda si avvicina al tavolo, esamina una
                               lettera. Lotte è furiosa)
                       Ventidue lettere! Ho ventidue lettere che la riguardano,
                       Miss Douffet, e nessuna scritta in stato di meraviglia.

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          AMANDA - (altera) Ventidue lettere, che cosa sono? Ventidue? Io
                 ne ho cinquanta!... Sessanta!... Guardi, qui, tenga,
                 guardi!
                         (Vuota la sua borsa sul tavolo. Una piccola
                         valanga di buste)
                 Vox populi! Voce di popolo! Avevo messo il mio indi-
                 rizzo accanto al piattino, e questo è il risultato!
          LOTTE  - (protestando) La prego, Miss Douffet!... È la mia
                 scrivania...
          AMANDA - (scaldandosi) Legga! Legga. Ecco la mia difesa. Vox
                 populi! Legga!
          LOTTE  - (esplodendo) Non lo farò! Non lo farò! È un nonsen-
                 so... Non hanno senso! Niente di questa storia ha senso.
                 Sua madre, la sua infanzia, il parcheggio macchine. A
                 me non interessa niente! (Pausa, cercando di riprendere
                 il controllo) Io non sono nel mondo dello spettacolo, e
                 nemmeno lei. Questo è il punto. Noi siamo custodi di
                 una eredità. Non organizziamo un teatro. E questo è il
                 punto.
                         (Guarda negli occhi Amanda. Quattro violenti
                         colpi alla porta)
                 Sì?!... Che c'è?
                         (Miss Framer entra nervosa, con un vassoio di te',
                         biscotti, burro e miele)
          FRAMER - Il tè, Miss Schoen.
          LOTTE  - (più calma) Vuole una tazza di tè?
          AMANDA - Molto gentile.
          LOTTE  - Per me più forte che può, per favore, Miss Framer.
          FRAMER - Bene, Miss Schoen.
          AMANDA - (allegra, alla Framer) Così denso da poter far trottare
                 sopra un topo, diceva mia madre.
          FRAMER - Ah, buona! Molto buona! "Far trottare sopra un topo!"
                 Oh!... Ha sentito, Miss Schoen? Fantastico, divertente...
                         (Lei e Amanda ridono insieme con aria compli-
                         ce, fino a che Lotte lancia a Miss Framer
                         un'occiata di ghiaccio)
          LOTTE  - Miss Framer, per favore!

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                               (La risata si spegne. Lotte prende una busta di
                               Amanda e ne legge la lettera)
          FRAMER       - (ad Amanda) Ci sono dei biscotti e del miele, se
                       gradisce.
          AMANDA       - Non ha della marmellata?
          FRAMER       - No, mi spiace.
          AMANDA       - Dovreste tenerne, in questo ufficio. La marmellata è
                       una conserva molto storica, sa. Conosce l'origine della
                       parola marmellata?
          FRAMER       - Marmellata? Non mi pare.
          AMANDA       - Lei la conosce di sicuro, Miss Schoen.
          LOTTE        - Che cosa?
          AMANDA       - L'origine della parola marmellata.
          LOTTE        - Sfortunatamente, no. (ritorna a leggere)
          AMANDA       - (alla Framer, senza scoraggiarsi) Maria Stuarda, Regi-
                       na di Scozia, soffriva di mal di testa…
                               (La Framer lancia un'occhiata a Lotte)
                       e la si poteva capire, povera donna imprigionata da anni.
                       Ogni volta che le veniva il mal di testa, chiedeva una
                       speciale conserva di frutta. Le sue cameriere sussurra-
                       vano fra loro in francese: “Porta la conserva! Maria è
                       malata!” Marie est malade! Capito? Marie est malade -
                       Marie est malade - marmalade - marmellata!
          FRAMER       - Ahhh! Divertente! Forse dovrebbe prenderla anche lei,
                       quando ha mal di testa, Miss Schoen.
          LOTTE        - Grazie, Miss Framer: è tutto per ora.
          FRAMER       - Sì, Miss Schoen (Esce in fretta dalla stanza)
          AMANDA       - (bevendo il tè) Soffre il mal di testa?
          LOTTE        - (leggendo) Ogni tanto.
          AMANDA       - Mi spiace.
          LOTTE        - Tutti abbiamo i nostri guai.
          AMANDA       - Forse la sua segretaria ha ragione. Ciò che ha giovato a
                       Maria Stuarda potrebbe giovare anche a lei.
          LOTTE        - Forse.
          AMANDA       - Che lettera è? Quella che dice che io illumino i mean-
                       dri del passato come una torcia fiammeggiante?
          LOTTE        - No, questa è la signora col maglione verde.
          AMANDA       - Ah sì!

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          LOTTE        - (legge a voce alta) "Gentile signorina, io sono la signo-
                       ra col maglione verde, quella cui lei mercoledì pome-
                       riggio ha illustrato il ritratto del ragazzo che aveva delle
                       foglie tra i capelli. Da lei ho saputo la verità su quel qua-
                       dro, una storia davvero affascinante. Se non glielo avessi
                       chiesto, mai avrei saputo la terribile avventura corsa da
                       quel giovane ereditiero, assassinato dallo zio con una
                       ghirlanda di erbe velenose. Mai avrei supposto che si
                       potesse uccidere qualcuno attraverso il cuoio capelluto.
                       È molto brillante da parte sua avermi ricordato l'incre-
                       dibile morte, nell"'Amleto", del vecchio re avvelenato
                       attraverso le orecchie. Il che poi dimostra che
                       Shakespeare aveva già inventato tutto".
                              (Pausa. Guarda Amanda).
          AMANDA       - Anche sulla guida c'è scritto che la morte dell'ereditiero
                       fu misteriosa.
          LOTTE        - È inutile andare avanti, così non va, non va. Una guida
                       turistica non è una fantasista scritturata. Quindi il suo
                       comportamento è banalmente disonesto.
          AMANDA       - Non accetto "banalmente". Io non faccio nulla banal-
                       mente.
          LOTTE        - La menzogna è menzogna. E non trova avalli in questo
                       ufficio. E ora facciamola finita.
          AMANDA       - Legga un'altra lettera. Quella con la busta blu. È del
                       direttore della Compagnia del Royal Shakespeare. Dice
                       che ogni volta che io apro bocca, l'avventura è nell'aria.
          LOTTE        - È questo il problema.
          AMANDA       - Perché problema?
          LOTTE        - La prego, la cosa è già abbastanza sgradevole.
          AMANDA       - Ah, certo, capisco. Viviamo in un paese che chiede
                       cose banali, piatte. Guide turistiche piatte. Gente piatta.
                       Fatti banali, piatti. Ho capito benissimo.
          LOTTE        - Miss Douffet, concludendo: non vedo come potrei
                       giustificare il fatto che lei continui a lavorare da noi.
                              (Lunga pausa)
          AMANDA       - Cioè, sono condannata.
          LOTTE        - No, lei è solo giudicata non idonea.
          AMANDA       - Quando devo abbandonare?

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          LOTTE        - Subito, penso sia meglio.
          AMANDA       - Potrei - finire l'estate, ce n'è rimasta poca.
          LOTTE        - Preferirei di no.
          AMANDA       - Capisco. Bene. Benissimo. Certo, è il modo meno
                       penoso, d'accordo con lei. Oblìo immediato.
          LOTTE        - Per favore, Miss Douffet!
          AMANDA       - No, no, lei è molto umana, pur nel suo brutale modo di
                       comportarsi. Lei non lascia, come fanno i tiranni, langui-
                       re la vittima nelle segrete, illudendola con false speran-
                       ze. Ma, via subito, verso una morte certa e immediata.
                       La ringrazio.
          LOTTE        - (esasperata) Per l'amor del cielo! Possiamo fare a me-
                       no di far teatro, per un momento? E poi troverà un altro
                       lavoro.
          AMANDA       - (ad un tratto dura) Crede? Alla mia età non è più così
                       facile.
                               (Lunga pausa)
          LOTTE        - Cercherò di fare in modo di rilasciarle qualche refe-
                       renza.
          AMANDA       - Per favore, no. Non voglio che lei menta in mio favore.
          LOTTE        - Non mentirò, Miss Douffet. Ma qualcosa posso inven-
                       tare.
          AMANDA       - Inventare cose non è il suo forte, Miss Schoen. In
                       questo campo lei trasuda grigia integrità. Non rischi di
                       contaminarla con del colore.
          LOTTE        - (a denti stretti) Lei non è riconoscente! Non è per nulla
                       riconoscente.
          AMANDA      - (alzandosi) Sto già facendo la coda con i disoccupati e
                       la riconoscenza non è la nostra prima qualità.
                               (Lotte preme un cicalino. Suona)
                       La voglio lasciare con una storia vera, riguardante il co-
                       lore. Controlli sui libri, se crede, se ne accerti. Lei sa co-
                       me Maria Stuarda si comportò al momento dell'esecu-
                       zione?
          LOTTE        - Senza colpi di teatro, spero.
          AMANDA       - Quando salivano sul patibolo, si usava togliere alle
                       vittime i vestiti perché non si insozzassero di sangue.
                               (Miss Framer entra. Amanda la coinvolge nella

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“AMANDA AMARANDA” di Peter SHAFFER
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                        storia)
          AMANDA - Maria apparve in una veste di intensissimo nero. Ma
                 quando le sue ancelle gliela levarono, cosa immagina
                 avesse sotto?
          LOTTE  - Non imagino.
          AMANDA - (a Miss Framer) E lei?
                        (La segretaria scuote il capo disarmata: "Non
                        so!". Amanda comincia a sciogliersi il mantello)
                 Apparve una camicia lunga fino ai piedi. Del colore in
                 uso tra le puttane, perché di questo era stata accusata!
                 Ma era anche il colore del martirio e della sfida! Rosso
                 sangue!
          AMANDA - (Emerge dal mantello mettendo in mostra una camicia
                 da notte rosso fiamma lunga fino ai piedi, punteggata di
                 piccole corone dorate. Miss Framer resta a bocca
                 aperta) Sì, rimasero tutti a bocca aperta - per lo choc!
                 Tutti guardarono in stato di meraviglia la fragile
                 condannata, curva per la lunga prigionia, uscire dal buio
                 di umiliazioni durate diciannove anni, e incamminarsi
                 verso l'eternità, come una donna interamente redenta!...
                 (A Lotte) Questa è storia, Miss Schoen, vera e documen-
                 tata. A lei un addio. Senza fine. Adieu.
                        (Raccoglie il mantello dal pavimento e si avvia
                        trionfalmente fuori dall'ufficio. Lotte Schoen la
                        guarda allontanarsi, stupita, affascinata. Miss
                        Framer straluna gli occhi)

                                         SIPARIO

                               FINE DEL PRIMO TEMPO

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                                   SECONDO TEMPO

                                    PRIMO QUADRO

                             (L'abitazione di Amanda Douffet a Londra, un
                             seminterrato in Earl Court, Alcune settimane
                             dopo. Come in molte case vittoriane, l'ingresso è
                             costituito da un portone comune a livello stradale,
                             dal quale si scende, mediante una scala, nelle
                             abitazioni del seminterrato. Quando la porta di
                             Amanda è aperta, si intravvede questa scala,
                             ricoperta di linoleum)
                             (Attraverso una finestra che si allarga nella
                             parete, appare un'inquadratura piuttosto ango-
                             sciosa: un tratto di marciapiede, un lampione, i
                             gradini che salgono al portone della casa, e le
                             gambe - solo le gambe - della gente che cammina
                             e che entra. Quando il sipario si alza, per meglio
                             e subito precisare la situazione scenografica,
                             attraverso la finestra si vedono le gambe di un
                             uomo che passa all'esterno)
                             (La stanza è arredata poveramente. Vi figurano
                             però curiosi cimeli teatrali, una spada, due troni,
                             uno di legno grezzo, l'altro dorato. Sopra un
                             vecchio carrello di legno, dotato di vecchie rotelle
                             di legno, è collocato un curioso tubo da stufa di
                             bronzo nero con quattro alette di metallo intorno
                             all'imboccatura e una piccola apertura all'altra
                             estremità, da cui esce una corda. Evidentemente
                             l'aggeggio deve aver avuto un tempo altra funzio-
                             ne; attualmente funge da portafiori. Alla parete un
                             vistoso poster annuncia: "La compagnie
                             étonnante les barbares dans le drame le plus
                             horrifique de Shakespeare: Richard III. avec le
                             grande vedette anglaise Alice Evans Douffet dans
                             le role prodigieux du roi assassin!".
                             Tre porte. Una dà nella camera da letto, una nella
                             cucina, e la principale, che si apre a rivelare gli

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                             ultimi scalini che arrivano al seminterrato, di cui
                             già si è detto. Accanto a questa porta un citofono.
                             È il tardo pomeriggio. Amanda è seduta sul trono
                             dorato, ha in grembo un gatto siamese)

          AMANDA - (parlando al gatto) Il mio nome è Nefertiti, Regina dei
                 Lamenti. Ho concesso a questa umile ancella di tenermi
                 in modo così confidenziale soltanto perché ella possa
                 meglio ammirarmi. I miei occhi hanno il colore dell'ac-
                 quamarina languente. Per amore dei miei occhi, prodi
                 micioni si sono suicidati nel vecchio Nilo! Il mio fato è
                 tragedia. Scaraventata fuori dal mio palazzo che sorgeva
                 accanto alle travolgenti cateratte del fiume, venni
                 brutalmente condotta in questa prigione sotterranea. Io,
                 avvezza a nutrirmi di crostacei e mitili della Numidia,
                 sono ora costretta a nutrirmi di squallidi preparati in
                 scatola quali Frishes, Gourmet, Wiskas, Pussy Pussy,
                 KiteKat e l'avvilente Miaooo Miaooo!...
                        (Attraverso la finestra, si vedono in alto arrivare
                        le gambe di Lotte Schoen, e salire i gradini del
                        portone di casa)
                 Non importa, sopporterò. ma quando i tempi saranno
                 maturi, il mondo intero assisterà al mio trionfale ritorno
                 sul trono. E allora, tutti quelli che mi avranno fatto dl
                 male, morranno, e i loro occhi verranno sgraffiati fuori
                 dalle loro orbite traditrici.
                        (Forte ronzio di citofono. Amanda si blocca,
                        allarmata)
                 Chi sarà?
                        (Di scatto si alza, sempre tenendo in braccio il
                        gatto, e va a scrutare furtivamente le gambe che
                        all'esterno salgono i gradini)
                 (al gatto) Che ne dici? Gambe nervose, eh? Severe, di
                 quelle che dànno pedate ai gatti. Io non mi fiderei, e tu?
                        (Il citofono ronza ancora più, Amanda sussulta)
                 Oh Dio!
                        (Agitata si dirige verso il citofono, solleva la
                        cornetta)

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                       (al citofono) Sì...? Chi è?
                              (in teatro, mediante un amplificatore, si sentirà
                              quello che Amanda sente al citofono)
          LOTTE        - (vivace) Miss Douffet?
          AMANDA       - (spenta) Sì...
          LOTTE        - Sono Miss Schoen.
          AMANDA       - Chi?
          LOTTE        - Miss Schoen. Si ricorda? (Amanda è sconcertata)
                       Pronto? Miss Douffett?.. È lì?
          AMANDA       - (in un sussurro) Sì...
          LOTTE        - Mi sente? (insistente) Miss Douffet, mi sente?
          AMANDA       - (al gatto) È lei. Il Boia.
                              (Il citofono ronza ancora più imperioso)
                       (Al citofono, un po' più forte) Pronto?
          LOTTE        - Mi apra, per favore. Devo parlarle.
          AMANDA       - No...! (quasi sottovoce) Non voglio... non mi va...
          LOTTE        - Come dice? Non la sento.
          AMANDA       - (più forte) La prego, se ne vada.
          LOTTE        - Ho assoluto bisogno di parlarle, Miss Douffet. Mi
                       faccia entrare. (pausa) Mi sente? (Lotte si china e cerca
                       di guardare giù attraverso la finestra. Con l'ombrello
                       batte forte contro l'inferriata; Amanda si appiatta contro
                       la parete. Scompare la faccia di Lotte, e il citofono
                       riprende a ronzare, a ronzare, a ronzare)
                       (dura, alzando il tono di voce) Miss Douffet! Mi apra,
                       insomma! (lunghissimo ronzio del citofono) Miss
                       Douffet, insisto!
          AMANDA       - (vinta) Mi arrendo ai suoi voleri!
                              (Preme un pulsante che apre la porta dell'appar-
                              tamento)
                       (gridando su per le scale) Se proprio ci tiene, scenda.
                       Giù, nei sotterranei!
                              (Amanda è in piedi, rigida. Si ode un rumore di
                              passi che scendono, e appare Lotte)
          LOTTE        - Buonasera. Molto gentile a volermi ricevere.
                              (Vede il gatto in braccio ad Amanda)
                       Ahhh! (terrorizzata scappa indietro, richiudendo a metà
                       la porta)

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