IL VERDETTO MUTO FABIO MONGARDI - Test 20

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FABIO MONGARDI

IL VERDETTO MUTO
A te
amica ombra
alla tua infinita pazienza
alla tua discrezione e fedeltà.
Che splenda sempre il sole.
Sdraiato in mezzo alle canne Janez vide l'uomo gettare il
corpo a terra. La luna bassa nel cielo luccicava fra le
foglie e da qualche parte un' usignolo cantò. Una folata
leggera di vento caldo, fece muovere le canne come se
una mano le avesse accarezzate.
L'uomo si allontanò e Janez guardò le luci dell'auto che si
accendevano.      Teso come un animale sfiorato dal
pericolo, le seguì con lo sguardo fino a quando non
furono che un solo punto all'orizzonte.
Le rane ripresero a cantare e i bisbigli indistinti della
notte crebbero fino a riempire il silenzio.
Si avvicinò al corpo steso a faccia in giù. Era morto. Lo
capiva anche senza toccarlo, anche se la luce tenue della
luna gli impediva di vedere ferite o altro.
Di nuovo le canne si mossero.
Janez guardò le stelle, poi le lunghe distese dei campi
senza ombre. Frugò nelle tasche del morto e nei calzoni
trovò il portafoglio; lo vuotò e lo gettò lontano. Poi
rivoltò il corpo e la mano incontrò il freddo della pistola.
Si rialzò e la tenne puntata nel buio, fino a quando il peso
lo costrinse ad abbassarla; allora se la infilò nelle tasche.
Si incamminò lungo l'argine che come una grossa ferita
aperta, tagliava tutta la pianura. Il campo nomadi era
oltre la curva del fiume.
Di quella mattina di luglio ricordava solo il caldo. La
bassa Emilia è come il fondo di un paiolo, di quelli che in
campagna agganciavano sul fuoco. Il calore sale dalla
terra e ti cuoce lentamente,       come     spezzatino che
sfrigola senza passione immerso nei suoi odori.
Il caldo. E' strano che ricordi solo quello, perché oltre
alla calura, c'era anche il morto quel giorno; e lui di morti
a quei tempi non è che ne avesse ancora visti molti: il
nonno quando lo seppellirono, o Alfredo che cadde
dall'olivo e si ruppe l'osso del collo, ad esempio. Ma
quelli erano morti diversi; stavano composti dentro al
legno di cipresso invecchiato come lattanti che dormono
nella culla; invece questo era sporco di sangue e contorto
come un cencio buttato via.

Si chiamava Giovanni Di Giuseppe ed era carabiniere
semplice a S.Antònio da pochi giorni.         Veniva dalla
Calabria e presto sarebbe stato trasferito a Bologna.
La stazione dei carabinieri di S.Antònio chiudeva e tutti
gli occupanti se ne erano già andati; rimaneva solo il suo
superiore, il brigadiere Antonio Marra.

Il brigadiere stava in piedi sull'argine del fiume Idice con
il toscano acceso fra le dita e guardava lontano, verso la
pianura, come un vecchio capitano che scruti il mare in
cerca di risposte. Vicino a lui c'era il contadino che aveva
trovato il corpo. L'uomo, che ora si teneva un po' in
disparte, aveva scoperto il morto alla mattina presto,
quando era sceso al fiume per pulire il filtro della pompa
che gli serviva per irrigare i campi.
Di Giuseppe scese lungo l'argine. L'acqua era a pochi
passi da lui e scivolava silenziosa fra le canne.
" Venga a vedere brigadiere "
Marra pestò nervosamente il sigaro prima di scendere.
" Che c'è ora? "
" Sembra quasi che il...come ha detto che si chiama? "
" D'Agostini. "
" Che il D'Agostini non sia stato ucciso nel posto in cui
si trova. "
" Ah sì? E cosa te lo fa credere? "
" Beh, in tanto c'è poco sangue a terra, e poi guardi,
quello che c'è, è sparso attorno come se... "
" Ho visto e allora? Non sarà morto subito e rotolando si
sarà spostato verso destra, vedi la camicia, è sporca di
terra anche davanti "
Inginocchiato al suolo il giovane carabiniere sentiva il
sudore scendergli lungo la schiena. Guardò l'acqua; non
aveva un colore invitante, eppure gli diede un pizzico di
refrigerio.
" Potrebbe essere, però quando si viene feriti, il primo
istinto è quello di afferrarsi a qualcosa; alla terra per
risalire l'argine per esempio, e invece guardi le mani, non
c'è traccia di polvere e anche le scarpe sono pulite "
" Ehi! Chi ti credi di essere adesso, il tenente Colombo?
"
Gli occhi neri del      carabiniere si spalancarono per la
meraviglia. Si rialzò imbarazzato.
Marra si era tolto il berretto e i radi capelli bianchi
sembravano persi sulla testa luccicante di sudore.
" Beh... l'ho imparato al corso di investigazione, di solito
succede così...
" Certo il corso di investigazione..."
Il corpo massiccio del brigadiere era teso dentro la
camicia azzurra e gli occhi celesti erano stretti sotto le
folte sopracciglia grigie. Poi Marra si rimise il berretto e
la tensione si allentò.
" L'unica cosa che         sappiamo con certezza è che
l'omicidio è avvenuto questa notte; il sangue è ancora
umido "
 Senza una parola risalirono la riva. Il caldo sembrava
avere bruciato anche l'aria e nei campi le barbabietole
ingiallivano perdendo colore.
" Quella cos'è? " chiese il carabiniere.
Si girarono a guardare il grosso edificio posto in cima
all'argine.
" E' una vecchia chiusa, serviva per scaricare l'acqua
delle piene e all'occorrenza ad irrigare i campi a nord del
fiume " disse Marra, poi aggiunse:
" Ho già avvisato il procuratore a Bologna. Il medico è
in arrivo e accerterà la causa della morte " specificò
guardandolo negli occhi.
" Nel frattempo tu rimarrai qui a tenere lontani gli
scocciatori come quelli " disse indicandogli alcune auto
che si avvicinavano lungo la carreggiata. Non aggiunse
altro, salì in auto e si allontanò.

S. Antònio è schiacciata a terra come un serpente steso
al sole. Costruita a metà strada fra Bologna e Ferrara, si è
allungata in entrambe le direzioni e sembra vivere
spaccata, divisa in questo eterno e irrisolto conflitto.
E' una città che non ha      storia, perché nata sulla strada,
che è diventata il cuore del paese; e l'asfalto
attraversandola da parte a parte ne disperde l'anima, ne
dissolve gli odori, i sapori e tutti gli          effluvi che
sedimentandosi giorno dopo giorno formano l'identità e
costruiscono il carattere di un posto. Solo i vecchi, che
siedono di pomeriggio davanti al bar Patrizia, sul bordo
dell'asfalto viscoso, hanno qualcosa da raccontare. Ma la
loro storia è calpestata, come      la polvere che una volta
si posava sulle scarpe e su tutto il paese, e che oggi a
S.Antònio è ricoperta dal cemento o dalle tonnellate di
acqua che i grossi rotoloni sparano nelle pianure coltivate
a frumento.
E come tutte le cose che non ci sono più, anche i loro
ricordi sono stati dimenticati in fretta, seppelliti nella
memoria di quegli occhi acquosi che siedono davanti
all'asfalto e guardano le auto sfrecciare veloci senza che
sulle loro scarpe si depositi nulla.

La caserma dei carabinieri si trovava vicino alla piazza
anche se questa,        piuttosto, era uno slargo innaturale
della   strada,    un    ectoplasma     di     catrame     usato
prevalentemente come parcheggio per le auto. Col tempo
avevano cercato di abbellirla, piantandovi               attorno
qualche albero e sistemandovi delle panchine, ma era
stato come cercare di trasformare un pullman in una
fuoriserie e a poco a poco era tornata ad essere un grande
parcheggio, con al centro un curioso obelisco, sul quale
sventolava il tricolore nei giorni di festa.
Quasi tutta la mattinata l'aveva passata seduto alla sua
scrivania; i cassetti erano pieni di pratiche da chiudere o
da archiviare.   Sfogliava distrattamente quei fascicoli
pieni di ridicole beghe di paese leggendo qua e là: - ...In
data 13 agosto       un furioso incendio distrugge un
deposito di paglia      ...Mancini Pietro il proprietario
dichiara di avere visto quella notte aggirarsi attorno al
deposito una figura e di averla riconosciuta nella
persona di Mercatale Luigi -           Oppure: - Gianna
Carnevale titolare della profumeria sita in via M.
Cappelletti   dichiara,    di   aver    ricevuto    pesanti
apprezzamenti da parte di Bartolotti Luigi, pensionato e
suo assiduo cliente -
Per il giorno del trasferimento tutto doveva trovarsi in
perfetto ordine, eppure continuava a sfogliare quelle
polverose cartelle        senza decidersi a cominciare
seriamente. Nella stanza accanto la presenza del
brigadiere Marra la si intuiva solo dall'odore del tabacco
e dallo sporadico ticchettìo della Olivetti.
Si affacciò all'improvviso e disse:
" Giovanni, vieni un attimo che ti devo parlare "
Seduto dietro alla scrivania Marra si mosse pesantemente
sulla sedia facendola scricchiolare. Aveva le maniche
della camicia arrotolate fino ai gomiti e prima di
cominciare accese il grosso ventilatore che stava alla sua
destra. Il flusso d'aria fece muovere la cordicella rossa
del vecchio calendario appeso alle sue spalle.
" Facciamo un attimo il punto della situazione. Il
Comando ha affidato a noi le prime indagini, anche il
procuratore sembra d'accordo. "
" Questo significa..."
" Questo significa che il trasferimento è rimandato; non
più di una decina di giorni però. Il tempo in ogni caso è
poco e ... comunque noi faremo del nostro meglio, no? "
Lo guardò dal basso con una espressione ostile che a lui
sembrò solo mancanza di cortesia.
Abbassò lo sguardo.
" Siedi " disse.
Prese una cartella che aveva di fronte e l'aprì.
" Questa è la vittima: D'Agostini Giovanni di anni
cinquanta. E' titolare, o meglio, era titolare della
macelleria di via Molinella. Mai visto lavorare. Il
negozio è gestito dalla moglie e dal cognato. Lui non si
degnava neppure di metterci piede, se la passava invece
nei night della zona; un puttaniere con manie di
grandezza "
" Precedenti penali? "
" Nessuno. Un delinquente, comunque - aggiunse a bassa
voce quasi ricordandolo a se stesso - il colpo che l'ha
ucciso è stato sparato a distanza ravvicinata, sembra con
una calibro 38. Altri particolari, se ci sono, ce li dirà
l'autopsia. Questo è tutto "
Si appoggiò allo schienale della sedia e si accinse ad
accendere l'ennesimo sigaro. Soffiò il fumo guardando
oltre la figura del carabiniere come stesse pensando ad
altro.   Gli sembrò che l'azzurro degli occhi gli      si
riempisse di tristezza: la malinconia liquida che precede
il pianto. Ma fu solo un attimo, tornò sul collega e lo
fece con un sorriso di sfida.
" Allora Giovanni che dice il corso di investigazione a
questo punto? "
Lui non raccolse la battuta ironica.
" Credo dovremo cominciare da quello che abbiamo,
cerchiamo di saperne di più su questo D'Agostini "
" Bene, potresti pensarci tu        se        non hai nulla in
contrario. "
Di Giuseppe gettò attraverso la porta aperta un'occhiata
alla pila di pratiche che lo aspettavano sulla scrivania.
" Volentieri " disse.

Finito l'orario d'ufficio Marra          si     ritirò nel suo
appartamento. Di Giuseppe salì al secondo piano e si
preparò qualcosa da mangiare nella stanza adibita a
cucina. Mangiò in silenzio pensando              a tutta quella
situazione e valutando i perché della            ostilità che il
brigadiere mostrava nei suoi confronti. Forse era solo
disturbato dall'imminente trasferimento, pensò.
Suonarono al portone. Andò ad aprire e si trovò di fronte
una donna non più giovane che con aria incerta gli disse
di essere venuta per le pulizie.
" E' vero, il brigadiere mi aveva avvisato, entri pure "
disse.
Le fece vedere i locali, poi la lasciò che si infilava un
grembiule scolorito.
Nei piccoli paesi le notizie volano come le mosche e di
mosche al bar Patrizia ce n'erano in abbondanza: sul
bancone in acciaio come sui tavolini in formica verde e
anche aggrappate alla tenda scolorita che avrebbe dovuto
tenerle fuori. Davanti al locale alcuni vecchi sedevano
sotto la tettoia in vetroresina. Lo guardarono passare
senza dire nulla, come guardano di solito i nuovi arrivati
nei paesi: con finta indifferenza, come se a loro non
importi nulla della vostra presenza mentre già vi hanno
soppesato, valutato e già hanno espresso il loro giudizio
su di voi.
Il barista era un ometto piccolo, con i capelli unti di
brillantina. Gli lanciò diverse occhiate mentre preparava
il caffè. Appeso al muro, di fianco ai liquori, un'orologio
in metallo della Tuborg segnava le quindici e venti.
" Lei è nuovo, non l'ho mai visto in paese " gli disse
mentre gli avvicinava lo zucchero alla tazzina.
" Sì, sono appena arrivato "
" E' per via del... insomma, del fattaccio? "
" No, quello non c'entra, devo aiutare il brigadiere per il
trasferimento "
L'uomo si appoggiò allo scaffale che aveva alle spalle.
" Allora ve ne andate veramente, è stato proprio tutto
inutile "
" Inutile cosa? "
" Non so se glielo hanno detto, ma abbiamo fatto il
diavolo a quattro per non farvi chiudere la stazione,
petizioni, raccolte di firme..."
Si avvicinò al bancone.
" Ma dio bono allora fanno apposta! Prima ci hanno
chiuso la scuola perché dicevano che c'erano pochi
bambini, poi è stata la volta dell'ospedale; stessa storia
eh! Pochi ammalati e alti costi di gestione hanno detto.
Ma è una colpa non ammalarsi mi domando? Cristo santo
adesso anche i carabinieri, cosa ci rimane? Il prete. Beh,
per quello che fa se lo potrebbero prendere anche subito.
Ma che lo dicano chiaramente allora, vogliono chiudere
il paese! Perché è questo che stanno facendo "
Piegò le braccia per avvicinarsi di più.
" Io non li capisco mica questi che ci comandano,
dovrebbero fare il bene della gente e invece? Se uno si
ammala seriamente deve andare a Ferrara, i figli li deve
mandare a scuola ad Argenta e i giovani se ne vanno, per
forza, che ci stanno a fare qua. Va' là, poi succedono
quelle cose, ha visto no? "
Il carabiniere si appoggiò a sua volta al banco.
" A proposito, conoscevate il D'Agostini, insomma che
tipo era? "
Lui si rialzò e finse di pulire qualcosa con uno straccio.
" Quello... quello c'era se non c'era..."
" Cioè? "
" Lo vada a chiedere a quella poveretta, cosa ha
passato.."
" Mi hanno detto che amava la bella vita "
" Sì, con i soldi degli altri "
" Ma aveva una macelleria no? "
" Quello non sapeva distinguere una bistecca di manzo
da una di tacchino glielo dico io! Era capace solo di
passare a riscuotere, quello sì che lo sapeva fare bene "
" Ma la macelleria? "
" Con i soldi della moglie e del suocero, eh, è così che va
il mondo caro mio "
In cima al soffitto vi erano delle grosse macchie nere di
umidità. Di Giuseppe guardò i videogiochi spenti in
fondo al locale e scacciò una mosca che gli camminava
sulla mano.
Vicino all'uscita vi erano dei contenitori in legno per i
giornali. Diede una occhiata alle riviste in esposizione,
poi si girò di nuovo verso il barista.
" Mi tolga una curiosità, da quanti anni il brigadiere
Marra si trova in paese? "
Lui continuò a rovistare in un cassetto per un po' di
tempo come se non avesse sentito la domanda, poi disse:
" Il brigadiere è arrivato in paese che era un carabiniere
semplice, come lei "
" Capisco, ma... ha sempre avuto così un caratteraccio? "
Questa volta gli girò le spalle e rispose piano, prima di
uscire dalla porta che dava sul retro:
" Se è così, avrà i suoi problemi " disse.
L'orologio della Tuborg segnava ancora le tre e venti
quando Di Giuseppe uscì dal locale.

L'aria si rovesciava sulle strade calda e pesante come
piombo fuso. Calpestando la sua ombra, Di Giuseppe
attraversò la piazza deserta. L'orologio del campanile
batteva le due del pomeriggio. Era l'ora in cui nel paese
la vita girava al minimo e la gente stava chiusa nelle
case; ma più che al riparo dal caldo sembrava proteggersi
dalle chiacchiere, da quel " in giro si dice " che avrebbe
portato a tutta una serie di domande e supposizioni da
sviluppare ampiamente nel resto del pomeriggio. Le
conclusioni erano rimandate alla sera sotto i tigli che
costeggiano via Fabbri fino al cimitero. All'inizio della
strada, proprio davanti alla chiesa c'era il caffè
Pasticceria, il locale più scic di S. Antònio e        luogo
deputato a tale incombenza. I personaggi erano sempre
gli stessi capitanati dal Giorgietti, un omino piccolo con
gli occhiali da vista che lo facevano sembrare più un
ragioniere da scantinato che l'autorevole direttore della
Cassa Rurale. Era lui che teneva i conti del paese e che
immancabilmente concludeva l'assise dell'Alta Corte di
Giustizia, verso mezzanotte con un " io dico che " e quel
io dico, diventava un verdetto senza appello, che serviva
a chiudere la giornata e a dare certezze, perché si sa,
senza certezze è difficile dormire bene, soprattutto
d'estate quando il caldo ti insegue fin sotto le lenzuola.

Nella piazza c'era il mercato e lui girovagò in mezzo
alle bancarelle ricolme di vestiti dai colori sgargianti.
Le massaie indaffarate, spingevano            le biciclette
cariche di sportine di plastica e i venditori gridando
incitavano all'acquisto dei loro prodotti. Passò di fronte a
una bancarella carica di formaggi, salumi e spezie di
ogni genere e quell'odore si mescolò al sudore che
usciva da tutti quei vestiti leggeri, provocandogli una
leggera nausea. Allora si diresse verso un chiosco che
vendeva bibite. Comprò una lattina di Coca Cola fresca e
si allontanò verso le aiuole di erba rinsecchita che
costeggiavano la piazza.
Passò di fronte ad un cancello in ferro battuto e un uomo
in canottiera che vi era seduto davanti lo chiamò.
" Salve " disse il carabiniere.
" I giusti erediteranno la terra " disse l'uomo.
" Come? "
" Così è scritto "
L'uomo         che aveva gli occhi azzurri e li teneva
spalancati, come vedesse per la prima volta il mondo,
continuò:
" La morte non ci sarà più, né ci sarà più cordoglio né
grido né dolore e i morti torneranno in vita "
Di Giuseppe guardò verso la casa e vide una donna
uscire sulla soglia.
" Mario vieni dentro! " disse.
L'uomo non si mosse dalla sedia.
" Tutti quelli che udranno la mia voce ne verranno
fuori.."
La donna si avvicinò, sembrava imbarazzata.
" Dai Mario, vieni via "
" Non si preoccupi, non stava facendo nulla "
Lei sorrise.
" Lo so, mio fratello è solo un po' … fissato, ecco tutto "
" Ho visto, ma non mi disturbava "
Guardarono l'uomo che sembrava non avesse nessuna
intenzione di alzarsi.
" Lei è nuovo? - chiese la donna - Voglio dire è arrivato
in paese da poco? "
" Sì, da pochi giorni "
" Questo è un paese piccolo e non succede mai..."
Diventò improvvisamente rossa e abbassò la testa.
" Mi sembra che qualcosa sia successo no? " disse lui.
La donna si chinò e prese il fratello per un braccio.
"   Conosceva l'uomo che è stato ucciso?          chiese il
carabiniere "
" Sì... ma solo di vista. Forza Mario andiamo, mi dispiace
ma devo rientrare "
L'uomo si alzò.
" Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi, e la morte
non ci sarà più..."
Continuò a parlare fino a quando sulla porta non si girò e
disse:
" Ricorda! La terra stessa sarà         trasformata in un
paradiso! "
Si incamminò verso la caserma, poi gli venne voglia di
frutta fresca e si fermò in un piccolo negozio dove una
donna grassoccia gli vendette delle grosse pesche dal
colore rosso.

La casa dei D'Agostini era in fila a tutte le altre poco
dopo il semaforo della piazza. Di Giuseppe suonò il
campanello e attese con un po' di apprensione. Quella era
la parte dell'indagine che avrebbe evitato volentieri. Al
corso aveva imparato che i       parenti delle vittime sono
quasi sempre di due tipi: o pieni di rancore o
eccessivamente queruli, in ogni caso difficili da
affrontare quando la tragedia è appena consumata.
La ragazzina dallo sguardo triste che aprì la porta mostrò
sorpresa di trovarsi di fronte a una divisa.
" E' in casa la mamma? Dovrei farle alcune domande "
Riaccostò la porta senza chiuderla. La donna che la
riaprì non era come se la sarebbe aspettata: alta, di
carnagione scura e dagli occhi neri, nulla a che fare con
la moglie umiliata e sottomessa. Solo una certa
pesantezza nello sguardo denotava tormento.
" E' la signora D'Agostini? "
Senza un cenno si scostò per farlo entrare. Lo fece
accomodare in una stanza luminosa che aveva grandi
piante verdi vicino alle finestre. Da una di queste, aperta,
entrava lo stridìo lamentoso di una sega da falegname.
Lo fece accomodare su di un divano a fiori. Lei e la
figlia rimasero in piedi, vicino alla tavola.
" Ecco, io dovrei farle qualche domanda..."
Il carabiniere guardò imbarazzato la bambina, la donna
intuì subito la richiesta silenziosa.
" Sara, vai un attimo nella tua stanza che il signore ed io
dobbiamo parlare "
Aspettò che la bambina avesse chiuso la porta, poi disse:
" Come le dicevo, avrei qualche domanda da farle, lei
capisce.."
La donna non si scompose.
" Avanti, dica pure "
" Vede, la prima cosa che vorrei sapere è se lei si sia fatta
una sua idea su quanto è avvenuto "
Prima di rispondere, prese una sedia e sedette composta
di fianco al tavolo.
" Se pensa che sappia chi è stato le dico subito che..."
" No, non è questo, immagino che lei non sappia chi è
stato, quello che mi interessa è sapere se è in grado di
darci qualche traccia, o magari anche solo una sua
impressione su quanto è successo"
Abbassò lo sguardo come per riflettere, poi lo guardò con
un sorriso duro, sarcastico.
" Lei è nuovo di queste parti vero? Però le avranno detto
che mio marito non era proprio un padre modello "
Di Giuseppe fece un cenno col capo.
" Quello che è successo probabilmente non è altro che
una... logica conseguenza di questo suo comportamento "
" Logica? "
Lei sembrò infastidita e lo sguardo divenne duro.
" Non credo di poterle rispondere, perché io non so nulla
di mio marito, cosa faceva e chi frequentava, nulla.
Posso dirle di più, non mi interessa neppure sapere chi
l'ha ucciso e perché sia morto, vorrei solo dimenticarlo e
questo credo sia tutto "
La sega aveva smesso di tagliare. Lui se ne accorse dal
silenzio che era calato nella stanza. A quel punto
rimaneva una domanda, la più imbarazzante e inutile di
tutte, ma che alla fine va sempre fatta.
" Le devo chiedere un'ultima cosa, lei dov'era la sera del
delitto? "
La risata le uscì spontanea e sembrò scaricarle le tensioni
che aveva accumulato dentro. Però quando rispose era
ridiventata seria e i muscoli della mascella le si erano
contratti tanto da deformarle il viso.
" Dove ero io la sera del delitto? A casa signor
carabiniere, a casa con mia figlia come sempre "
Quando si alzò si accorse che il sudore gli aveva bagnato
la camicia fin quasi sotto i gomiti.
Di Giuseppe parcheggiò l'auto sotto l'argine del fiume.
Quella notte c'era stata foschia, ma ora il sole che era
uscito a fatica dalla nebbia, stava bruciando l'umidità
lasciando nell'aria un odore marcio di terra bagnata.
Del sangue laggiù, dove stava il corpo non rimaneva
quasi nulla, solo i segni di tutte le persone che l'avevano
calpestato. Scese fino       all'acqua, poi risalì piano,
camminando a semicerchio, calpestando rovi e piccoli
cespugli. Il terreno era quello tipico di fiume: leggero
misto a sabbia. Arrivò in cima all'argine, poi scese di
nuovo compiendo un cerchio più ampio. Non trovò nulla,
allora si riavvicinò    all'acqua e cercò        in mezzo ai
cespugli sporchi di fango rinsecchito che uscivano dalla
sabbia umida.
Non pensava certo all'arma del delitto, quella se era stata
gettata, si trovava probabilmente in fondo al fiume; si
sarebbe accontentato di molto meno, una piccola traccia
apparentemente insignificante, qualcosa che poteva
essere caduta alla vittima o al suo assassino.
Grondando sudore risalì la riva in mezzo alle canne, poi
ridiscese lentamente dall'altra parte. D'un tratto sotto al
ramo di un sambuco vide qualcosa; era un portafoglio in
pelle marrone da uomo. Lo aprì e guardò in ogni sua
parte, ma non conteneva nulla.
La sabbia non era penetrata dentro. Deve essere stato
buttato da poco, pensò. Continuò a cercare, poi salì in
cima all'argine.
Il sole ora rabbioso gli scavava con furore sulla testa. Si
rammaricò di avere lasciato il berretto nella macchina.
Proteggendosi gli occhi con una mano guardò in
lontananza verso levante. S. Antònio era là e sembrava
galleggiare in mezzo alla pianura giallo verde. Camminò
fino alla vecchia chiusa. Una profonda crepa tagliava a
metà l'edificio e l'edera era salita fino in cima al tetto. La
grossa saracinesca era ormai interamente divorata dalla
ruggine, così come la struttura in ferro che sosteneva il
ponticello di collegamento tra le due rive.
Girò lo sguardo.
Poco lontano dal posto in cui si trovava, l'Idice rallentava
in una ampia svolta. Appena dopo la curva un filo di
fumo grigio saliva verso l'alto. Sembrava uscire dai piedi
di una grossa struttura in ferro           che serviva da
attraversamento      al    metanodotto.      Di    Giuseppe
mantenendosi in cima all'argine si incamminò in quella
direzione e quando ebbe superato la curva vide il campo
dei nomadi.

Tornando si fermò alla macelleria. La moglie del
D'Agostini rigirò il portafoglio fra le mani e disse solo.
" E' il suo "

" E' per te " disse Marra passandogli la telefonata.
" Pronto..."
" Ciao Giovanni "
Il suo respiro era nitido tanto che sembrava fosse lì
accanto. Invece lei era molto più lontano dei chilometri
che separano le regioni e questo pensiero lo fece restare
in silenzio col telefono in mano, a guardare le mosche
che camminavano sui vetri della finestra.
" Ci sei? "
" Sì certo... come hai fatto a trovarmi? " chiese.
" Ho telefonato ai tuoi, è stato facile "
E' stato facile pensò, non è mica difficile trovare una
persona. Ma lui non c'era più e lei questo lo sapeva,
come sapeva che a causa sua si era arruolato e poi si era
fatto trasferire al nord. E ora la sua voce. Deglutì
sperando di ricacciare indietro il suo viso e i ricordi che
facevano male.
" Come vanno le cose laggiù " le disse solo.
" Bene. E tu? "
" Non c'è male " disse.
" Beh... ci sentiamo no? "
" Certo Sandra... ci sentiamo "
La linea cadde, mentre le mosche continuavano a salire e
scendere sui fili sottili della zanzariera. Lui rimase con
la cornetta del telefono in mano e il suono pulsante della
linea interrotta continuò anche quando l'ebbe posata.

Quella sera l'Alta Corte di Giustizia decretò la superiorità
della Fiat Uno rispetto alla Tipo. Ci aveva provato
Sansoni il barbiere, uno spilungone lungo e secco con i
capelli che cominciavano ad imbiancarsi sulla testa e
l'abitudine ad accompagnare le parole con grandi
movimenti di braccia,        a sollevare qualche dubbio in
merito alla stabilità dell'auto, argomentando sulle
dimensioni, che a suo dire davano la Uno leggermente
più stretta rispetto alla Tipo. Rincarò la dose il giovane
industriale Ugo Bassi, un biondino        che solitamente
vestiva con abiti firmati e non si toglieva mai la cravatta.
Bassi, che aveva una piccola officina dove si costruivano
irrigatori a trazione, parlando appassionatamente del
posteriore dell'auto chiaramente sbilanciato rispetto al
resto della macchina. Ma quando il Giorgietti posò il suo
bicchiere di frizzantino amabile sul tavolino e disse
lapidario:
" Io dico... che la perfezione tecnica della Uno è fuori
discussione "
Nessuno più se la sentì di obiettare qualcosa e anche il
barbiere in cuor suo fu felice, perché anche quella sera
era stato emesso un verdetto che faceva chiarezza, che
spazzava via ogni dubbio e spianava la strada al sonno.

A S. Antònio si parlava è vero. Anzi, come in un alveare
sottovento il brusìo era continuo e lineare; cominciava
sulla porta di casa e continuava dal fruttaverdure, dal bar
alla messa della domenica mattina. Era tutta una
ragnatela di sussurri e di mormorii indistinti, interrotti
soltanto dal passaggio sulla strada di qualche marmitta
troppo aperta; allora si sfruttava la pausa forzata magari
per raccogliere le idee, per affinare i concetti          e
riprenderli poi, una volta allontanato il disturbo, con
maggiore vigore.
In tutti i paesi, gli argomenti dibattuti con tale foga sono
perlopiù insignificanti. Anzi, più il paese è piccolo e più
il chiacchiericcio si fa     futile e minuto. S. Antònio
rispettava questa norma scritta solo nel codice genetico
dei suoi abitanti, e l'omicidio dell'Agostini non era un
argomento futile anzi, era grosso, enorme come la volta
stellata, che la guardi e rimani senza parole dalla
meraviglia. Così successe:
Tutti ne sapevano ma nessuno ne diceva.
Solo qualche sguardo, qualche battuta di sfuggita          a
labbra serrate - che disgrazia - poveretto, che brutta fine -
e poi basta, perché le parole che prima volavano di bocca
in bocca come soffioni al vento, ora pesavano più del
piombo. Si comprava il Resto del Carlino e si leggeva la
cronaca locale tenendo un occhio alle spalle, con
vergogna, come se si trattasse di materiale pornografico.
Anche quelli dell'Alta Corte non vennero meno alla
regola; le sere successive all'omicidio, nessuno di loro si
presentò alla pasticceria: il barbiere accusò imprecisati
disturbi digestivi, il Giorgietti si trovò improvvisamente
un sacco di lavoro arretrato da sbrigare in banca e il
giovane imprenditore, fece sapere di essere alle prese con
un progetto di irrigazione che richiedeva da parte sua
anche l'impegno serale.
Così l'omicidio era relegato nella mente del paese nello
spazio dedicato ai grandi temi esistenziali della vita,
quelli che di solito non si affrontano mai direttamente,
perché troppo grandi, troppo difficili; ci si accontenta di
sfiorarli con qualche considerazione obbligata del tipo: -
cos'è la vita, tanto penare... - e poi subito si pensa ad
altro, contenti di aver dato il nostro profondo contributo,
rassicurati dal fatto che comunque non cambierà nulla e
nulla di quello che facciamo sarà messo in discussione.
" E questo dici di averlo trovato al fiume? "
" Già, a circa dieci metri da dove stava il corpo "
Con le spalle rivolte al carabiniere, Marra sembrò
riflettere. La luce del mattino entrava smorzata dai
battenti accostati. Il brigadiere si mosse fermandosi di
fronte alle stampe ingiallite dell'Arma che stavano
allineate sulle pareti.
" E la donna..."
" Ha confermato, il portafoglio appartiene alla vittima "
Marra si girò verso Di Giuseppe.
" Tu cosa ne pensi? "
" Non credo sia stato l'assassino a gettare via il
portafoglio, non ne vedo la ragione "
" Potrebbe aver voluto sviare le indagini, far pensare a
una rapina "
" E' abbastanza improbabile. Se vuoi far pensare ad una
rapina, lasci il portafoglio bene in vista, non lo getti
lontano col rischio che nessuno lo trovi. Io penso invece
che qualcuno abbia rivoltato         il corpo dopo, magari
qualcuno       che   non   c'entra    con   l'omicidio,     si
spiegherebbero così le tracce di sangue attorno al
cadavere. Naturalmente queste sono solo supposizioni..."
Marra si mosse verso la finestra e aprì gli scuri facendoli
sbattere con forza contro il muro.
" Cazzate! Chi vuoi che vada a spasso, di notte, sul
fiume. Nemmeno fosse la stagione della pesca. No, sono
solo supposizioni. Capisco che a voi giovani investigatori
piacciano le trame complicate, ma questo è un delitto di
provincia e probabilmente si tratta di balordi che          di
solito usano il cervello per fare ragionamenti molto
semplici. Hai sentito cosa ha detto la vedova no? E' lì che
dobbiamo cercare, nel marcio che circondava il
D'Agostini "
Marra si avvicinò alla scrivania e prese un foglio di carta.
" Questo è l'indirizzo di un locale che quell'individuo
frequentava spesso, domani vai là e ti dai da fare, se c'è
qualcosa salterà fuori "
Il brigadiere sedette e si accese un sigaro, come a voler
chiudere con quel gesto la discussione. Di Giuseppe
prese il foglio e si alzò.
" Avrei una richiesta da farle " disse.
" E cioè? "
" Beh il fatto è...insomma, fino a quando si trattava di
indagare in paese, nessun problema, ma se vado fuori
come in questo caso, ecco...la divisa comincia a
diventare imbarazzante, capisce..."
" Certo, certo, mettiti pure in borghese se vuoi "
" Un'ultima cosa brigadiere, le avevo parlato di quel
campo nomadi..."
" Ah sì, gli zingari, beh che c'è di strano? L'Italia è piena
di nomadi "
" Un campo nomadi così distante dal paese..."
" Sì, è vero, ma gli zingari di quel posto hanno una storia,
praticamente sono lì da sempre, forse da prima che
esistesse S. Antònio. E' stata fatta anche una mostra
fotografica di quando si fermavano con i carri in legno
trainati dai cavalli. Diciamo che veniva usata come base
di appoggio per gli spostamenti che facevano fra
Bologna e Argenta. Sono rimasti lì ecco tutto "
Di Giuseppe fece qualche passo verso il brigadiere.
" Forse dovremmo interrogarli, potrebbero aver sentito lo
sparo o visto qualcosa no? "
Marra pulì accuratamente il toscano dalla cenere prima di
rispondere.
" Andiamo Giovanni, quelli alla sera sono sempre
ubriachi, e poi lo sai come sono gli zingari, non vedono e
non sentono niente, fa come vuoi, ma per me è tempo
perso "

A pranzo mangiò da solo nella cucina della caserma e lo
fece in maniera svogliata, con la testa altrove: alla
telefonata di Sandra ad esempio. Eppure fra loro era tutto
finito. Come una indigestione che ti lascia dentro la
nausea per il cibo, la sua voce gli aveva evocato ricordi
che avrebbe voluto cancellare per sempre. Un periodo
della sua vita che aveva buttato alle spalle e che ora
riaffiorava provocandogli dolore e tormento.
" Siamo fatti l'uno per l'altro " Quante volte glielo aveva
detto? Tante, troppe volte, e sempre lei aveva risposto
con quella sua risata canzonatoria che lui aveva
interpretato come segno di intesa, mentre era solo vanità,
stupida vanità femminile. E ora che lui non c'era più, che
il gioco si era spezzato, lei cercava di rimettere assieme i
pezzi, forse per ricominciare a giocare, o forse per
continuare a fare male a se stessa.
Per il caffè decise di tornare al bar Patrizia, un po' per
comodità, doveva solo attraversare la strada e la piazza,
un po' perché si era fatto l'idea che il barista sapesse vita
e miracoli di quello che succedeva in città, e inoltre lo
incuriosiva il fatto che quando aveva accennato al
brigadiere l'uomo si era fatto improvvisamente reticente.
Perché questa improvvisa soggezione? Che rapporto c'era
fra il brigadiere e la città? Da quando era arrivato a S.
Antònio, non aveva quasi mai visto Marra uscire dalla
caserma; dall'ufficio passava direttamente al suo
appartamento e viceversa. Altra cosa inusuale, durante
l'orario in cui la stazione rimane aperta al pubblico, non
si era mai presentato nessuno, nemmeno per denunciare
la sparizione di un gatto o per il furto di una bicicletta. A
tutto questo pensava, mentre tenendosi sotto l'ombra dei
tigli attraversava la piazza.
" Un caffè " disse.
Tutto era rimasto come l'ultima volta: l'orologio della
Tuborg segnava sempre le quindici e venti e le mosche
scorrazzavano indisturbate sul banco in acciaio. Anche il
barista lo guardò con curiosità come l'ultima volta. Di
diverso c'era la presenza di un vecchio seduto ai tavoli
che leggeva il giornale. Di Giuseppe si tolse il berretto e
lo posò sul banco.
" Questa estate sembra non finire mai " disse.
Il barista posò la tazzina e sorrise.
" Noi ormai ci siamo abituati, però se non sbaglio lei..."
Giovanni intuì quello che voleva dire.
" Sì, vengo dalla Calabria e anche laggiù il caldo non
scherza, ma qui è diverso, ti toglie il respiro "
Poi il barista disse una frase che sembrava buttata lì a
caso, tanto per mandare avanti il discorso:
" E' un caldo che certe volte dà alla testa "
" In che senso? "
" Beh, lo vede anche lei no? Tutti quei fatti che si vedono
in televisione "
" Anche a S. Antònio mi sembra "
Il barista abbassò lo sguardo.
" S. Antònio è un paese tranquillo.."
Di Giuseppe bevve dalla tazzina. Alle sue spalle il
vecchio sfogliò il giornale poi disse:
" Ormai tutto il mondo è paese; non è mica il caldo che
dà alla testa, nossignori, il caldo c'è sempre stato, glielo
dico io che di stagioni ne ho passate parecchie. Mi
ricordo certe estati che si zappava le barbabietole col
manico della zappa che scottava. Il manico di legno
capisce? "
Giovanni si girò verso l'uomo che fece un gesto con le
dita.
" Sono questi che danno alla testa "
" Il denaro "
" Si capisce! I baiòcc come li chiamiamo noi. Adesso
tutti vogliono la macchina nuova, bella vita e faticare
poco. Eh, quando ero giovane io..."
Giovanni smise di ascoltarlo e si avvicinò alla porta a
vetri che guardava verso la piazza. La luce brillava tanto
da costringerlo a stringere gli occhi. Un camion che
passò a forte velocità sulla strada fece vibrare la vetrina.
Lentamente la mente gli scivolò nei ricordi, nelle estati
passate in campagna dal nonno o giù in paese con lo
stesso odore appiccicoso di catrame fuso che saliva dalle
strade. Se chiudeva gli occhi era di nuovo Giovannino
che usciva tenendo per mano il padre vestito da ufficiale
di marina, o che sedeva al caffè Delle Rose sorseggiando
la limonata fredda, mentre la madre gli diceva - bevi
piano che è ghiacciata - no, il vecchio aveva ragione, il
caldo non c'entra nulla, è solo caldo e basta, come i
sapori o gli odori. Basta chiudere gli occhi e li ritrovi
ovunque siano, intatti nel tempo.
" ...si mangiava solo patate quando andava bene e..."
Il vecchio smise all'improvviso di parlare. Di Giuseppe si
girò e vide Marra sulla porta.
Il brigadiere gettò un'occhiata verso di loro e si diresse
verso il banco.
" Dammi i toscani " disse.
Salutò e uscì senza aggiungere altro.
In tutto quel tempo Di Giuseppe rimase immobile vicino
alla vetrina. Avrebbe dovuto        avvicinarsi a Marra,
salutarlo e scambiare qualche parola con lui. Cosa c'era
di strano se il brigadiere entrava in un bar a comprarsi dei
sigari? Eppure ebbe l'impressione che tutti         fossero
turbati dalla sua presenza.

La sera si muoveva pigra. Perfino le rondini che in cielo
andavano su e giù sembravano non avere fretta. Era
tornato al fiume ed ora stava ripercorrendo la carreggiata
che portava sulla strada. Alcuni campi verso levante
erano coltivati a girasole e un vecchio con una falce stava
tagliando l'erba che cresceva sui bordi dei fossi. Distante
alcune centinaia di metri si vedeva una vecchia casa di
campagna.
Fermò la Fiat Panda vicino all'uomo e scese.
Lui lo guardò, ma non smise di tagliare l'erba.
" Quella laggiù è la sua casa? " chiese.
Il vecchio smise di lavorare, si girò a guardare la casa
che colorata dalla luce rossa della sera sembrava una
brace posata sui campi:
" Sì, è la mia "
" Lei sa che è stato ucciso un uomo giù al fiume? "
Il vecchio passò lentamente un dito sulla lama come per
saggiarne il taglio.
" Ne ho sentito parlare "
" Conosceva la vittima? "
Sorrise e si sistemò il capello di paglia sulla testa.
" No, non la conoscevo, ma le dirò una cosa: ho smesso
da tempo a interessarmi a quello che fanno gli uomini.
Alla mia età le persone che incontri sono come quelle
rondini lassù, una vale l'altra; le vedi passare e sai che a
volte ritornano, altre volte no; se ritornano le saluti, come
saluteresti una persona che incontri per strada; se non le
vedi più, dici pazienza e tiri diritto pensando che le
vedrai un'altra volta. Per i giovani è diverso, loro si
interrogano sulle cose e fanno bene. Ma c'è un momento
in cui si smette di interrogarsi, forse perché le domande
sul mondo sono troppe o forse è solo che ad un certo
momento non si riesce più a dare risposte”. Si girò verso
i campi. “ Come quei girasoli vede, una volta seguivano
il sole dal levare fino al tramonto e lo facevano sempre,
tutti assieme, fino a quando non venivano tagliati; oggi
questo non succede più, si muovono come un ubriaco che
cerchi la porta di casa. Perché? Cosa è cambiato che li
ha resi così ciechi e pigri? Una risposta ci sarà, perché ci
sono risposte su tutto, ma non sta a noi vecchi trovarle,
noi possiamo solo ricordare le cose com' erano "

Dalla stanza accanto gli giungevano alle orecchie i fischi
e le scariche via etere dell'interfono rimasto acceso. Di
Giuseppe stava sdraiato sulla branda ad occhi chiusi, ma
non aveva sonno.

Quando lui le chiese di sposarlo era inverno e c'era un
sole bianco che sembrava lavato di fresco. Dal mare
veniva un vento freddo che portava         la sabbia    sulle
strade. Lei girò la faccia contro il mare e disse " Sei uno
stupido, amo Michele lo sai "
Sui capelli neri sciolti sulle spalle i granelli di sabbia
brillavano come sale. Allora egli fece una cosa che non
aveva fatto mai, si ubriacò fino a stare male, fino a
quando il proprietario del locale non lo buttò fuori,
perché aveva cominciato a piangere e a gridare che non
era possibile, che non poteva essere stato così stupido.

Si alzò e andò alla finestra.
La luna tonda e rossa sembrava una palla posata sui tetti
delle case. Lo stradone pulsava al passaggio regolare
delle auto, come una arteria che si dilata per fare fluire il
sangue. C'era gente in giro per la piazza e anche seduta
davanti al bar.
La casa del popolo era illuminata. Lui si sporse dalla
finestra, ma non vide nessuno, forse giocavano a carte
all'interno. Ognuna di quelle persone sembrava fare le
cose normali che aveva fatto sempre, che faceva ad ogni
estate, con tranquillità. Ma non era apatia o indifferenza;
erano semplicemente in attesa. Non avrebbero fatto nulla
per cambiare. Gli venne in mente la parola equilibrio.
Ecco, quello che era successo li aveva messi in una
situazione di equilibrio, che nessuno voleva rompere.
Una condizione - pensò - che aveva sistemato le cose,
che andava bene a tutti.
Quando tornò a sdraiarsi la luna era salita oltre i tetti
delle case e aveva perso colore.

" La costa adriatica è pulita, ci sono le analisi chimiche e
batteriologiche che lo dimostrano. I dati sono dati e con
la scienza non si può barare cari miei "
Il barbiere si dimenava nervosamente sulla sedia. Fra
quindici giorni sarebbe partito come ogni anno per
Cesenatico dove contava di trascorrere le ferie.
" Se è così pulito perché allora ci sono tutte quelle
alghe " disse non senza            ironia Balducci Stefano
fattorino della Cassa Rurale. L'uomo, che aveva una gran
cura del proprio pizzo argentato, amava inserirsi nelle
discussioni dell'Alta Corte soprattutto per far leva sulla
antica rivalità che contrapponeva il barbiere al Giorgietti.
Naturalmente con lo scopo di spalleggiare sempre e
comunque quest'ultimo, che ricambiava il favore ogni
mattina in banca salutandolo prima del cassiere.
Il barbiere in preda all'ira inforcò gli occhiali che metteva
solo quando la tensione interna raggiungeva livelli di
guardia e, giornale alla mano, sciorinò una miriade di
dati che dimostravano a suo dire              l'incontestabile - e
sottolineò - l'incontestabile buona salute del mare in
questione.       Il Balducci guardò sottecchi           Giorgietti il
quale, come si conviene ad un giudice imparziale,
aspettava per esprimersi di avere in mano tutti i dati
necessari.
" Va bene - disse il Balducci - il mare è sano, però non
hai mica risposto alla mia domanda, perché tutte quelle
alghe? "
La    domanda         frantumò     le     ultime   barriere,     che
consentivano al barbiere di far parte ancora, della specie
cosi detta, civile. Sbiancando in volto si alzò.
" Però dicono che le alghe siano commestibili "
La frase buttata senza molta convinzione dal giovane
imprenditore Giorgio Bassi, fece sul Sansoni lo stesso
effetto che il grido - terra! terra! - avrebbe fatto su di un
naufrago sperduto nell'oceano. Immediatamente si
ricompose.
" E' vero! - gridò - sembra che non solo siano
commestibili, ma addirittura ricchissime di elementi
nutritivi    e    che    saranno        una   risorsa    alimentare
importantissima per il futuro dell'umanità! "
Il campanile della chiesa suonò la mezzanotte. Ormai
tutti guardavano con impazienza il Giorgietti, ma lui
invece di emettere la sentenza si mosse solo per prendere
il bicchiere di frizzantino amabile. Costernato il Balducci
si grattò il pizzo.
" Sai cosa ti dico, può darsi che siano commestibili, ma
puzzano. E' come fare il bagno nella buca del letame "
E finalmente il Giorgietti si alzò, con movimenti lenti si
abbottonò la giacca e dall'alto del suo metro e sessanta
portato con dignitosa fierezza, recitò il fatidico:
" Io dico... in riviera ligure dove vado io il mare è pulito
e si mangia benissimo anche senza alghe "
Balducci sorrise soddisfatto.

Il Pamela si trovava a pochi chilometri da Medicina,
posato nel centro di un grande piazzale che serviva da
parcheggio per le auto.          Dalla strada poteva essere
facilmente scambiato per un capannone industriale o per
un grosso deposito alimentare, tipo magazzino per la
lavorazione della frutta. Era un incrocio fra una discoteca
e una vecchia balera, di cui portava ancora il nome.
Un'automobile        grigia      di   grossa   cilindrata   era
parcheggiata vicino all'ingresso. Di Giuseppe fermò la
sua Fiat Panda accanto all'auto. Una persona uscì dal
locale e gli si fece incontro.
" Sono Benedetti, il padrone della discoteca, è lei che mi
ha telefonato? "
Era un uomo alto, non più giovane, con pochi capelli tinti
perfettamente pettinati all'indietro. La bocca larga che
tendeva verso l'alto gli stampava un falso sorriso sulle
labbra.
" Sì, sono io " disse Di Giuseppe.
" Andiamo "
L'arredamento del locale, escluso le poltroncine in
velluto blu sistemate tre a tre, era composto da strutture
in tubo innocenti argentato che brillavano alla luce
bianca dei proiettori. Di Giuseppe si guardò attorno.
" Le piace? Mi è costato           un capitale cambiare
arredamento "
" Assomiglia molto ad un cantiere, ma è bello "
L'uomo sorrise.
" Bisogna adeguarsi ai tempi non c'è niente da fare. Oggi
i giovani si muovono da una discoteca all'altra e se non si
è competitivi è finita "
Sedettero vicino al bar. L'uomo andò dietro al banco e
disse:
" Posso offrirle qualcosa? "
" No, grazie non prendo nulla "
" Beh, io un bicchierino me lo faccio "
Tornò col bicchiere pieno di un liquido giallo che posò
sul vetro del tavolino. Sedette e fece un cenno col
braccio.
" Siamo soli, cosa vuole sapere da me? "
Di Giuseppe sfogliò il taccuino che aveva nelle mani.
" Come le avevo accennato per telefono, vorrei che lei mi
parlasse un po' del signor            D'Agostini. Doveva
conoscerlo bene, perché se non leggo male in questi
appunti eravate soci in affari "
L'uomo sorseggiò il liquido giallo.
" No, non proprio soci, mi aveva solo prestato un po' di
denaro in un momento di bisogno "
" Inoltre, sempre che non legga male, avevate fatto
assieme anche delle trattazioni immobiliari "
" Oh, solo piccole mediazioni, null'altro che piccole
mediazioni "
Di Giuseppe chiuse il taccuino.
"   Signor Benedetti, non sono venuto qui a perdere
tempo. Anzi, le voglio dire una cosa: potrei continuare a
leggere questo taccuino e dentro ci sono scritte diverse
cose poco piacevoli sul suo conto: ad esempio         i guai
che lei ha avuto con la giustizia o i problemi che le ha
dato questo locale, ma non lo faccio,      come vede ho
chiuso il taccuino. Non mi interessano.
A questo punto però, ricominciamo seriamente e quando
mi avrà risposto        me ne andrò e lei non avrà patito
nessuna conseguenza. Oppure dovrò tenere conto di
quello che è scritto e allora i guai per lei possono solo
cominciare. Cosa ne dice signor Benedetti? "
" Mi sta minacciando? "
" Le ho appena detto che non voglio perdere tempo "
L'uomo fece una smorfia che gli deformò la bocca. Posò
il bicchiere.
" Cosa vuole sapere, forza! "
" Mi parli del suo amico "
" Io non c'entro nulla con quanto è successo "
" Allora mi dica, chi c'entra? "
" Non lo so! Di questa storia non so assolutamente
nulla "
Si passò una mano sulla testa e respirò profondamente.
" Mi diceva... che se gli fosse andata bene una certa cosa
avrebbe fatto un po' di soldi "
" Che genere di cosa? "
" Le dico che non lo so! A me non l'ha mai detto. "
" A chi l'ha detto? "
L'uomo prese il bicchiere e bevve un lungo sorso.
" Senta, io so soltanto che stava cercando di farsi dare dei
soldi da una certa persona di S. Antònio "
" Soldi in cambio di cosa? "
" In cambio...aveva delle notizie, sì, insomma sapeva
certe cose che... "
" Un ricatto è così? "
" Probabilmente sì, ma         non so di quale persona si
trattava e nemmeno quali informazioni aveva in mano,
deve credermi! Ho il mio locale, non faccio queste cose,
ora sono a posto! "
Riprese il bicchiere e bevve tutto fino in fondo.
" Se viene questa sera le farò incontrare una persona che
lo conosceva bene " disse.

Lei si accese una sigaretta e fumò nervosamente tirando
brevi boccate di fumo che subito soffiava via lontano.
Aveva i capelli biondi, raccolti in cima alla testa, e
teneva la borsa posata sulle ginocchia,         anche se le
poltroncine attorno a loro erano vuote. Il locale aveva
appena aperto e poche persone si aggiravano nella
penombra della sala.
" Senta maresciallo... "
" Non sono maresciallo "
" Va bene, non è maresciallo, però io non voglio finire
sui giornali per questa storia, io non ho fatto niente "
" Se non ha fatto niente non ha nulla da preoccuparsi "
" Conoscevo Gio...il D'agostini è vero "
" Era la sua amante? "
" Ero un'amica, una delle tante, cosa crede..."
" Non l'ho mai dubitato "
" Come?..."
" Dicevo, che non ho mai dubitato che il D'Agostini
avesse molte amiche, però mi risulta che lei fosse quella
che diciamo vedeva spesso, giusto? "
" Se lo dice lei è giusto "
" Sapeva che il D'Agostini era sposato? "
" Sì, lo sapevo, e con ciò? "
" Niente, le ho solo fatto una domanda "
" L'avrebbe lasciata... "
" Come dice? "
" Dico che aveva intenzione di divorziare "
" Per sposare lei? "
" Sì "
" Allora non era una semplice amica? "
" Glielo avevo detto prima no? "
" Le conviene dire la verità "
" Io sto dicendo la verità! E lei che mi fa dire cose che
non ho detto! "
Spense la sigaretta e subito ne accese un'altra.
" Se stava per sposarlo, sapeva tutto di lui, del suo
lavoro, della sua vita privata "
" Io sapevo solo che aveva una macelleria e...che faceva
affari con le case "
" Era un agente immobiliare? "
" Non lo so se era un agente come dice lei, so che le
vendeva e le comprava "
" Per comprare ci vogliono soldi "
" Aveva la macelleria "
" Le ha mai parlato di un affare recente, di soldi che
avrebbe potuto avere? "
" Le ho già detto, faceva affari...sì, aveva accennato a
soldi che doveva avere da qualcuno, ma a me non aveva
detto altro, deve credermi! Io non so nulla di quello che
faceva lui "
L'orchestra cominciò a suonare un lento e una ventina di
coppie si strinsero sulla pista.

I bagliori del tramonto si aprivano in cielo come lunghi
petali rosa e il sole rosso e tondo era coperto per metà
dalle nuvole, tanto da farlo sembrare un grosso vassoio
posato sulla linea piatta dell'orizzonte.
Di Giuseppe guidava piano attraverso la pianura che
perdeva calore e sbiadiva lentamente.        La penombra
pareva ridare a quelle lunghe distese di campi la libertà e
la leggerezza che la luce negava. Il buio che scendeva
su quelle terre come una spessa coperta,         metteva a
riposo ostilità e passioni. La notte le avrebbe liberate
dai fantasmi.
Le auto cominciarono ad accendere i fanali, Di Giuseppe
accese meccanicamente le luci della sua Fiat e guardò i
grandi tralicci di ferro che posati sui campi trasportavano
migliaia di volt da una parte all'altra della regione. La
strada seguiva una linea diritta e   pareva non finire mai.
Quelle terre sembravano non avere inizio, né finire mai
e per un momento gli parve di essere immerso in un
lungo sogno, un viaggio della mente, come quando ci si
addormenta verso il tramonto, con i rumori e le cose
che a poco a poco svaniscono e perdono i contorni.
" ...e così ora sappiamo che il D'Agostini probabilmente
stava ricattando qualcuno di S. Antònio "
Di Giuseppe finì di parlare e guardò il brigadiere. Marra,
seduto dietro alla sua scrivania, tagliò con movimenti
lenti il sigaro a metà, ne ripose una parte nella scatola e
accese l'altro.     Soffiò il fumo sulle carte che aveva
davanti e disse:
" Bene. Hai fatto un buon lavoro. Domani scrivo il
rapporto per il procuratore e poi... possiamo prepararci
per il trasloco "
" Ma... non ha sentito quello che ho detto? C'è di mezzo
un ricatto! Qui a S. Antònio. Perché non cerchiamo di
scoprire di chi si trattava? "
" Un ricatto eh, quello era il genere di persona che si
nutriva di ricatti, capito! Uno qui, uno a Ferrara, uno a
Bologna e così via, e noi dovremo metterci a seguirli tutti
vero? Ah certo, questo è quello che ti hanno insegnato al
corso. Giustissimo, è così che si deve fare, certamente;
ma noi non abbiamo più tempo, possiamo solo sistemare
queste due scartoffie e passare la palla. Se vorranno farlo
loro che si accomodino pure "
Marra si alzò e si avvicinò all'armadio che stava sotto la
finestra. L'aprì e si girò con un bicchiere e una bottiglia
di cognac nelle mani.
" Dai, facciamoci un goccio di questo, ci tirerà su il
morale "
" No..grazie ma..."
" Oh, lo so che siamo in servizio, ma non ci          vede
nessuno "
" No, è che non bevo alcoolici "
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