IL VERDETTO MUTO FABIO MONGARDI - Test 20
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FABIO MONGARDI IL VERDETTO MUTO
A te amica ombra alla tua infinita pazienza alla tua discrezione e fedeltà. Che splenda sempre il sole.
Sdraiato in mezzo alle canne Janez vide l'uomo gettare il corpo a terra. La luna bassa nel cielo luccicava fra le foglie e da qualche parte un' usignolo cantò. Una folata leggera di vento caldo, fece muovere le canne come se una mano le avesse accarezzate. L'uomo si allontanò e Janez guardò le luci dell'auto che si accendevano. Teso come un animale sfiorato dal pericolo, le seguì con lo sguardo fino a quando non furono che un solo punto all'orizzonte. Le rane ripresero a cantare e i bisbigli indistinti della notte crebbero fino a riempire il silenzio. Si avvicinò al corpo steso a faccia in giù. Era morto. Lo capiva anche senza toccarlo, anche se la luce tenue della luna gli impediva di vedere ferite o altro. Di nuovo le canne si mossero. Janez guardò le stelle, poi le lunghe distese dei campi senza ombre. Frugò nelle tasche del morto e nei calzoni trovò il portafoglio; lo vuotò e lo gettò lontano. Poi rivoltò il corpo e la mano incontrò il freddo della pistola. Si rialzò e la tenne puntata nel buio, fino a quando il peso lo costrinse ad abbassarla; allora se la infilò nelle tasche. Si incamminò lungo l'argine che come una grossa ferita aperta, tagliava tutta la pianura. Il campo nomadi era oltre la curva del fiume.
Di quella mattina di luglio ricordava solo il caldo. La bassa Emilia è come il fondo di un paiolo, di quelli che in campagna agganciavano sul fuoco. Il calore sale dalla terra e ti cuoce lentamente, come spezzatino che sfrigola senza passione immerso nei suoi odori. Il caldo. E' strano che ricordi solo quello, perché oltre alla calura, c'era anche il morto quel giorno; e lui di morti a quei tempi non è che ne avesse ancora visti molti: il nonno quando lo seppellirono, o Alfredo che cadde dall'olivo e si ruppe l'osso del collo, ad esempio. Ma quelli erano morti diversi; stavano composti dentro al legno di cipresso invecchiato come lattanti che dormono nella culla; invece questo era sporco di sangue e contorto come un cencio buttato via. Si chiamava Giovanni Di Giuseppe ed era carabiniere semplice a S.Antònio da pochi giorni. Veniva dalla Calabria e presto sarebbe stato trasferito a Bologna. La stazione dei carabinieri di S.Antònio chiudeva e tutti gli occupanti se ne erano già andati; rimaneva solo il suo superiore, il brigadiere Antonio Marra. Il brigadiere stava in piedi sull'argine del fiume Idice con il toscano acceso fra le dita e guardava lontano, verso la pianura, come un vecchio capitano che scruti il mare in cerca di risposte. Vicino a lui c'era il contadino che aveva trovato il corpo. L'uomo, che ora si teneva un po' in disparte, aveva scoperto il morto alla mattina presto, quando era sceso al fiume per pulire il filtro della pompa che gli serviva per irrigare i campi.
Di Giuseppe scese lungo l'argine. L'acqua era a pochi passi da lui e scivolava silenziosa fra le canne. " Venga a vedere brigadiere " Marra pestò nervosamente il sigaro prima di scendere. " Che c'è ora? " " Sembra quasi che il...come ha detto che si chiama? " " D'Agostini. " " Che il D'Agostini non sia stato ucciso nel posto in cui si trova. " " Ah sì? E cosa te lo fa credere? " " Beh, in tanto c'è poco sangue a terra, e poi guardi, quello che c'è, è sparso attorno come se... " " Ho visto e allora? Non sarà morto subito e rotolando si sarà spostato verso destra, vedi la camicia, è sporca di terra anche davanti " Inginocchiato al suolo il giovane carabiniere sentiva il sudore scendergli lungo la schiena. Guardò l'acqua; non aveva un colore invitante, eppure gli diede un pizzico di refrigerio. " Potrebbe essere, però quando si viene feriti, il primo istinto è quello di afferrarsi a qualcosa; alla terra per risalire l'argine per esempio, e invece guardi le mani, non c'è traccia di polvere e anche le scarpe sono pulite " " Ehi! Chi ti credi di essere adesso, il tenente Colombo? " Gli occhi neri del carabiniere si spalancarono per la meraviglia. Si rialzò imbarazzato. Marra si era tolto il berretto e i radi capelli bianchi sembravano persi sulla testa luccicante di sudore. " Beh... l'ho imparato al corso di investigazione, di solito
succede così... " Certo il corso di investigazione..." Il corpo massiccio del brigadiere era teso dentro la camicia azzurra e gli occhi celesti erano stretti sotto le folte sopracciglia grigie. Poi Marra si rimise il berretto e la tensione si allentò. " L'unica cosa che sappiamo con certezza è che l'omicidio è avvenuto questa notte; il sangue è ancora umido " Senza una parola risalirono la riva. Il caldo sembrava avere bruciato anche l'aria e nei campi le barbabietole ingiallivano perdendo colore. " Quella cos'è? " chiese il carabiniere. Si girarono a guardare il grosso edificio posto in cima all'argine. " E' una vecchia chiusa, serviva per scaricare l'acqua delle piene e all'occorrenza ad irrigare i campi a nord del fiume " disse Marra, poi aggiunse: " Ho già avvisato il procuratore a Bologna. Il medico è in arrivo e accerterà la causa della morte " specificò guardandolo negli occhi. " Nel frattempo tu rimarrai qui a tenere lontani gli scocciatori come quelli " disse indicandogli alcune auto che si avvicinavano lungo la carreggiata. Non aggiunse altro, salì in auto e si allontanò. S. Antònio è schiacciata a terra come un serpente steso al sole. Costruita a metà strada fra Bologna e Ferrara, si è allungata in entrambe le direzioni e sembra vivere
spaccata, divisa in questo eterno e irrisolto conflitto. E' una città che non ha storia, perché nata sulla strada, che è diventata il cuore del paese; e l'asfalto attraversandola da parte a parte ne disperde l'anima, ne dissolve gli odori, i sapori e tutti gli effluvi che sedimentandosi giorno dopo giorno formano l'identità e costruiscono il carattere di un posto. Solo i vecchi, che siedono di pomeriggio davanti al bar Patrizia, sul bordo dell'asfalto viscoso, hanno qualcosa da raccontare. Ma la loro storia è calpestata, come la polvere che una volta si posava sulle scarpe e su tutto il paese, e che oggi a S.Antònio è ricoperta dal cemento o dalle tonnellate di acqua che i grossi rotoloni sparano nelle pianure coltivate a frumento. E come tutte le cose che non ci sono più, anche i loro ricordi sono stati dimenticati in fretta, seppelliti nella memoria di quegli occhi acquosi che siedono davanti all'asfalto e guardano le auto sfrecciare veloci senza che sulle loro scarpe si depositi nulla. La caserma dei carabinieri si trovava vicino alla piazza anche se questa, piuttosto, era uno slargo innaturale della strada, un ectoplasma di catrame usato prevalentemente come parcheggio per le auto. Col tempo avevano cercato di abbellirla, piantandovi attorno qualche albero e sistemandovi delle panchine, ma era stato come cercare di trasformare un pullman in una fuoriserie e a poco a poco era tornata ad essere un grande parcheggio, con al centro un curioso obelisco, sul quale sventolava il tricolore nei giorni di festa.
Quasi tutta la mattinata l'aveva passata seduto alla sua scrivania; i cassetti erano pieni di pratiche da chiudere o da archiviare. Sfogliava distrattamente quei fascicoli pieni di ridicole beghe di paese leggendo qua e là: - ...In data 13 agosto un furioso incendio distrugge un deposito di paglia ...Mancini Pietro il proprietario dichiara di avere visto quella notte aggirarsi attorno al deposito una figura e di averla riconosciuta nella persona di Mercatale Luigi - Oppure: - Gianna Carnevale titolare della profumeria sita in via M. Cappelletti dichiara, di aver ricevuto pesanti apprezzamenti da parte di Bartolotti Luigi, pensionato e suo assiduo cliente - Per il giorno del trasferimento tutto doveva trovarsi in perfetto ordine, eppure continuava a sfogliare quelle polverose cartelle senza decidersi a cominciare seriamente. Nella stanza accanto la presenza del brigadiere Marra la si intuiva solo dall'odore del tabacco e dallo sporadico ticchettìo della Olivetti. Si affacciò all'improvviso e disse: " Giovanni, vieni un attimo che ti devo parlare " Seduto dietro alla scrivania Marra si mosse pesantemente sulla sedia facendola scricchiolare. Aveva le maniche della camicia arrotolate fino ai gomiti e prima di cominciare accese il grosso ventilatore che stava alla sua destra. Il flusso d'aria fece muovere la cordicella rossa del vecchio calendario appeso alle sue spalle. " Facciamo un attimo il punto della situazione. Il Comando ha affidato a noi le prime indagini, anche il procuratore sembra d'accordo. "
" Questo significa..." " Questo significa che il trasferimento è rimandato; non più di una decina di giorni però. Il tempo in ogni caso è poco e ... comunque noi faremo del nostro meglio, no? " Lo guardò dal basso con una espressione ostile che a lui sembrò solo mancanza di cortesia. Abbassò lo sguardo. " Siedi " disse. Prese una cartella che aveva di fronte e l'aprì. " Questa è la vittima: D'Agostini Giovanni di anni cinquanta. E' titolare, o meglio, era titolare della macelleria di via Molinella. Mai visto lavorare. Il negozio è gestito dalla moglie e dal cognato. Lui non si degnava neppure di metterci piede, se la passava invece nei night della zona; un puttaniere con manie di grandezza " " Precedenti penali? " " Nessuno. Un delinquente, comunque - aggiunse a bassa voce quasi ricordandolo a se stesso - il colpo che l'ha ucciso è stato sparato a distanza ravvicinata, sembra con una calibro 38. Altri particolari, se ci sono, ce li dirà l'autopsia. Questo è tutto " Si appoggiò allo schienale della sedia e si accinse ad accendere l'ennesimo sigaro. Soffiò il fumo guardando oltre la figura del carabiniere come stesse pensando ad altro. Gli sembrò che l'azzurro degli occhi gli si riempisse di tristezza: la malinconia liquida che precede il pianto. Ma fu solo un attimo, tornò sul collega e lo fece con un sorriso di sfida. " Allora Giovanni che dice il corso di investigazione a
questo punto? " Lui non raccolse la battuta ironica. " Credo dovremo cominciare da quello che abbiamo, cerchiamo di saperne di più su questo D'Agostini " " Bene, potresti pensarci tu se non hai nulla in contrario. " Di Giuseppe gettò attraverso la porta aperta un'occhiata alla pila di pratiche che lo aspettavano sulla scrivania. " Volentieri " disse. Finito l'orario d'ufficio Marra si ritirò nel suo appartamento. Di Giuseppe salì al secondo piano e si preparò qualcosa da mangiare nella stanza adibita a cucina. Mangiò in silenzio pensando a tutta quella situazione e valutando i perché della ostilità che il brigadiere mostrava nei suoi confronti. Forse era solo disturbato dall'imminente trasferimento, pensò. Suonarono al portone. Andò ad aprire e si trovò di fronte una donna non più giovane che con aria incerta gli disse di essere venuta per le pulizie. " E' vero, il brigadiere mi aveva avvisato, entri pure " disse. Le fece vedere i locali, poi la lasciò che si infilava un grembiule scolorito.
Nei piccoli paesi le notizie volano come le mosche e di mosche al bar Patrizia ce n'erano in abbondanza: sul bancone in acciaio come sui tavolini in formica verde e anche aggrappate alla tenda scolorita che avrebbe dovuto tenerle fuori. Davanti al locale alcuni vecchi sedevano sotto la tettoia in vetroresina. Lo guardarono passare senza dire nulla, come guardano di solito i nuovi arrivati nei paesi: con finta indifferenza, come se a loro non importi nulla della vostra presenza mentre già vi hanno soppesato, valutato e già hanno espresso il loro giudizio su di voi. Il barista era un ometto piccolo, con i capelli unti di brillantina. Gli lanciò diverse occhiate mentre preparava il caffè. Appeso al muro, di fianco ai liquori, un'orologio in metallo della Tuborg segnava le quindici e venti. " Lei è nuovo, non l'ho mai visto in paese " gli disse mentre gli avvicinava lo zucchero alla tazzina. " Sì, sono appena arrivato " " E' per via del... insomma, del fattaccio? " " No, quello non c'entra, devo aiutare il brigadiere per il trasferimento " L'uomo si appoggiò allo scaffale che aveva alle spalle. " Allora ve ne andate veramente, è stato proprio tutto inutile " " Inutile cosa? " " Non so se glielo hanno detto, ma abbiamo fatto il diavolo a quattro per non farvi chiudere la stazione, petizioni, raccolte di firme..." Si avvicinò al bancone. " Ma dio bono allora fanno apposta! Prima ci hanno
chiuso la scuola perché dicevano che c'erano pochi bambini, poi è stata la volta dell'ospedale; stessa storia eh! Pochi ammalati e alti costi di gestione hanno detto. Ma è una colpa non ammalarsi mi domando? Cristo santo adesso anche i carabinieri, cosa ci rimane? Il prete. Beh, per quello che fa se lo potrebbero prendere anche subito. Ma che lo dicano chiaramente allora, vogliono chiudere il paese! Perché è questo che stanno facendo " Piegò le braccia per avvicinarsi di più. " Io non li capisco mica questi che ci comandano, dovrebbero fare il bene della gente e invece? Se uno si ammala seriamente deve andare a Ferrara, i figli li deve mandare a scuola ad Argenta e i giovani se ne vanno, per forza, che ci stanno a fare qua. Va' là, poi succedono quelle cose, ha visto no? " Il carabiniere si appoggiò a sua volta al banco. " A proposito, conoscevate il D'Agostini, insomma che tipo era? " Lui si rialzò e finse di pulire qualcosa con uno straccio. " Quello... quello c'era se non c'era..." " Cioè? " " Lo vada a chiedere a quella poveretta, cosa ha passato.." " Mi hanno detto che amava la bella vita " " Sì, con i soldi degli altri " " Ma aveva una macelleria no? " " Quello non sapeva distinguere una bistecca di manzo da una di tacchino glielo dico io! Era capace solo di passare a riscuotere, quello sì che lo sapeva fare bene " " Ma la macelleria? "
" Con i soldi della moglie e del suocero, eh, è così che va il mondo caro mio " In cima al soffitto vi erano delle grosse macchie nere di umidità. Di Giuseppe guardò i videogiochi spenti in fondo al locale e scacciò una mosca che gli camminava sulla mano. Vicino all'uscita vi erano dei contenitori in legno per i giornali. Diede una occhiata alle riviste in esposizione, poi si girò di nuovo verso il barista. " Mi tolga una curiosità, da quanti anni il brigadiere Marra si trova in paese? " Lui continuò a rovistare in un cassetto per un po' di tempo come se non avesse sentito la domanda, poi disse: " Il brigadiere è arrivato in paese che era un carabiniere semplice, come lei " " Capisco, ma... ha sempre avuto così un caratteraccio? " Questa volta gli girò le spalle e rispose piano, prima di uscire dalla porta che dava sul retro: " Se è così, avrà i suoi problemi " disse. L'orologio della Tuborg segnava ancora le tre e venti quando Di Giuseppe uscì dal locale. L'aria si rovesciava sulle strade calda e pesante come piombo fuso. Calpestando la sua ombra, Di Giuseppe attraversò la piazza deserta. L'orologio del campanile batteva le due del pomeriggio. Era l'ora in cui nel paese la vita girava al minimo e la gente stava chiusa nelle case; ma più che al riparo dal caldo sembrava proteggersi dalle chiacchiere, da quel " in giro si dice " che avrebbe
portato a tutta una serie di domande e supposizioni da sviluppare ampiamente nel resto del pomeriggio. Le conclusioni erano rimandate alla sera sotto i tigli che costeggiano via Fabbri fino al cimitero. All'inizio della strada, proprio davanti alla chiesa c'era il caffè Pasticceria, il locale più scic di S. Antònio e luogo deputato a tale incombenza. I personaggi erano sempre gli stessi capitanati dal Giorgietti, un omino piccolo con gli occhiali da vista che lo facevano sembrare più un ragioniere da scantinato che l'autorevole direttore della Cassa Rurale. Era lui che teneva i conti del paese e che immancabilmente concludeva l'assise dell'Alta Corte di Giustizia, verso mezzanotte con un " io dico che " e quel io dico, diventava un verdetto senza appello, che serviva a chiudere la giornata e a dare certezze, perché si sa, senza certezze è difficile dormire bene, soprattutto d'estate quando il caldo ti insegue fin sotto le lenzuola. Nella piazza c'era il mercato e lui girovagò in mezzo alle bancarelle ricolme di vestiti dai colori sgargianti. Le massaie indaffarate, spingevano le biciclette cariche di sportine di plastica e i venditori gridando incitavano all'acquisto dei loro prodotti. Passò di fronte a una bancarella carica di formaggi, salumi e spezie di ogni genere e quell'odore si mescolò al sudore che usciva da tutti quei vestiti leggeri, provocandogli una leggera nausea. Allora si diresse verso un chiosco che vendeva bibite. Comprò una lattina di Coca Cola fresca e si allontanò verso le aiuole di erba rinsecchita che
costeggiavano la piazza. Passò di fronte ad un cancello in ferro battuto e un uomo in canottiera che vi era seduto davanti lo chiamò. " Salve " disse il carabiniere. " I giusti erediteranno la terra " disse l'uomo. " Come? " " Così è scritto " L'uomo che aveva gli occhi azzurri e li teneva spalancati, come vedesse per la prima volta il mondo, continuò: " La morte non ci sarà più, né ci sarà più cordoglio né grido né dolore e i morti torneranno in vita " Di Giuseppe guardò verso la casa e vide una donna uscire sulla soglia. " Mario vieni dentro! " disse. L'uomo non si mosse dalla sedia. " Tutti quelli che udranno la mia voce ne verranno fuori.." La donna si avvicinò, sembrava imbarazzata. " Dai Mario, vieni via " " Non si preoccupi, non stava facendo nulla " Lei sorrise. " Lo so, mio fratello è solo un po' … fissato, ecco tutto " " Ho visto, ma non mi disturbava " Guardarono l'uomo che sembrava non avesse nessuna intenzione di alzarsi. " Lei è nuovo? - chiese la donna - Voglio dire è arrivato in paese da poco? " " Sì, da pochi giorni " " Questo è un paese piccolo e non succede mai..."
Diventò improvvisamente rossa e abbassò la testa. " Mi sembra che qualcosa sia successo no? " disse lui. La donna si chinò e prese il fratello per un braccio. " Conosceva l'uomo che è stato ucciso? chiese il carabiniere " " Sì... ma solo di vista. Forza Mario andiamo, mi dispiace ma devo rientrare " L'uomo si alzò. " Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi, e la morte non ci sarà più..." Continuò a parlare fino a quando sulla porta non si girò e disse: " Ricorda! La terra stessa sarà trasformata in un paradiso! " Si incamminò verso la caserma, poi gli venne voglia di frutta fresca e si fermò in un piccolo negozio dove una donna grassoccia gli vendette delle grosse pesche dal colore rosso. La casa dei D'Agostini era in fila a tutte le altre poco dopo il semaforo della piazza. Di Giuseppe suonò il campanello e attese con un po' di apprensione. Quella era la parte dell'indagine che avrebbe evitato volentieri. Al corso aveva imparato che i parenti delle vittime sono quasi sempre di due tipi: o pieni di rancore o eccessivamente queruli, in ogni caso difficili da affrontare quando la tragedia è appena consumata. La ragazzina dallo sguardo triste che aprì la porta mostrò sorpresa di trovarsi di fronte a una divisa.
" E' in casa la mamma? Dovrei farle alcune domande " Riaccostò la porta senza chiuderla. La donna che la riaprì non era come se la sarebbe aspettata: alta, di carnagione scura e dagli occhi neri, nulla a che fare con la moglie umiliata e sottomessa. Solo una certa pesantezza nello sguardo denotava tormento. " E' la signora D'Agostini? " Senza un cenno si scostò per farlo entrare. Lo fece accomodare in una stanza luminosa che aveva grandi piante verdi vicino alle finestre. Da una di queste, aperta, entrava lo stridìo lamentoso di una sega da falegname. Lo fece accomodare su di un divano a fiori. Lei e la figlia rimasero in piedi, vicino alla tavola. " Ecco, io dovrei farle qualche domanda..." Il carabiniere guardò imbarazzato la bambina, la donna intuì subito la richiesta silenziosa. " Sara, vai un attimo nella tua stanza che il signore ed io dobbiamo parlare " Aspettò che la bambina avesse chiuso la porta, poi disse: " Come le dicevo, avrei qualche domanda da farle, lei capisce.." La donna non si scompose. " Avanti, dica pure " " Vede, la prima cosa che vorrei sapere è se lei si sia fatta una sua idea su quanto è avvenuto " Prima di rispondere, prese una sedia e sedette composta di fianco al tavolo. " Se pensa che sappia chi è stato le dico subito che..." " No, non è questo, immagino che lei non sappia chi è stato, quello che mi interessa è sapere se è in grado di
darci qualche traccia, o magari anche solo una sua impressione su quanto è successo" Abbassò lo sguardo come per riflettere, poi lo guardò con un sorriso duro, sarcastico. " Lei è nuovo di queste parti vero? Però le avranno detto che mio marito non era proprio un padre modello " Di Giuseppe fece un cenno col capo. " Quello che è successo probabilmente non è altro che una... logica conseguenza di questo suo comportamento " " Logica? " Lei sembrò infastidita e lo sguardo divenne duro. " Non credo di poterle rispondere, perché io non so nulla di mio marito, cosa faceva e chi frequentava, nulla. Posso dirle di più, non mi interessa neppure sapere chi l'ha ucciso e perché sia morto, vorrei solo dimenticarlo e questo credo sia tutto " La sega aveva smesso di tagliare. Lui se ne accorse dal silenzio che era calato nella stanza. A quel punto rimaneva una domanda, la più imbarazzante e inutile di tutte, ma che alla fine va sempre fatta. " Le devo chiedere un'ultima cosa, lei dov'era la sera del delitto? " La risata le uscì spontanea e sembrò scaricarle le tensioni che aveva accumulato dentro. Però quando rispose era ridiventata seria e i muscoli della mascella le si erano contratti tanto da deformarle il viso. " Dove ero io la sera del delitto? A casa signor carabiniere, a casa con mia figlia come sempre " Quando si alzò si accorse che il sudore gli aveva bagnato la camicia fin quasi sotto i gomiti.
Di Giuseppe parcheggiò l'auto sotto l'argine del fiume. Quella notte c'era stata foschia, ma ora il sole che era uscito a fatica dalla nebbia, stava bruciando l'umidità lasciando nell'aria un odore marcio di terra bagnata. Del sangue laggiù, dove stava il corpo non rimaneva quasi nulla, solo i segni di tutte le persone che l'avevano calpestato. Scese fino all'acqua, poi risalì piano, camminando a semicerchio, calpestando rovi e piccoli cespugli. Il terreno era quello tipico di fiume: leggero misto a sabbia. Arrivò in cima all'argine, poi scese di nuovo compiendo un cerchio più ampio. Non trovò nulla, allora si riavvicinò all'acqua e cercò in mezzo ai cespugli sporchi di fango rinsecchito che uscivano dalla sabbia umida. Non pensava certo all'arma del delitto, quella se era stata gettata, si trovava probabilmente in fondo al fiume; si sarebbe accontentato di molto meno, una piccola traccia apparentemente insignificante, qualcosa che poteva essere caduta alla vittima o al suo assassino. Grondando sudore risalì la riva in mezzo alle canne, poi ridiscese lentamente dall'altra parte. D'un tratto sotto al ramo di un sambuco vide qualcosa; era un portafoglio in pelle marrone da uomo. Lo aprì e guardò in ogni sua parte, ma non conteneva nulla. La sabbia non era penetrata dentro. Deve essere stato buttato da poco, pensò. Continuò a cercare, poi salì in cima all'argine. Il sole ora rabbioso gli scavava con furore sulla testa. Si rammaricò di avere lasciato il berretto nella macchina. Proteggendosi gli occhi con una mano guardò in
lontananza verso levante. S. Antònio era là e sembrava galleggiare in mezzo alla pianura giallo verde. Camminò fino alla vecchia chiusa. Una profonda crepa tagliava a metà l'edificio e l'edera era salita fino in cima al tetto. La grossa saracinesca era ormai interamente divorata dalla ruggine, così come la struttura in ferro che sosteneva il ponticello di collegamento tra le due rive. Girò lo sguardo. Poco lontano dal posto in cui si trovava, l'Idice rallentava in una ampia svolta. Appena dopo la curva un filo di fumo grigio saliva verso l'alto. Sembrava uscire dai piedi di una grossa struttura in ferro che serviva da attraversamento al metanodotto. Di Giuseppe mantenendosi in cima all'argine si incamminò in quella direzione e quando ebbe superato la curva vide il campo dei nomadi. Tornando si fermò alla macelleria. La moglie del D'Agostini rigirò il portafoglio fra le mani e disse solo. " E' il suo " " E' per te " disse Marra passandogli la telefonata. " Pronto..." " Ciao Giovanni " Il suo respiro era nitido tanto che sembrava fosse lì accanto. Invece lei era molto più lontano dei chilometri che separano le regioni e questo pensiero lo fece restare in silenzio col telefono in mano, a guardare le mosche
che camminavano sui vetri della finestra. " Ci sei? " " Sì certo... come hai fatto a trovarmi? " chiese. " Ho telefonato ai tuoi, è stato facile " E' stato facile pensò, non è mica difficile trovare una persona. Ma lui non c'era più e lei questo lo sapeva, come sapeva che a causa sua si era arruolato e poi si era fatto trasferire al nord. E ora la sua voce. Deglutì sperando di ricacciare indietro il suo viso e i ricordi che facevano male. " Come vanno le cose laggiù " le disse solo. " Bene. E tu? " " Non c'è male " disse. " Beh... ci sentiamo no? " " Certo Sandra... ci sentiamo " La linea cadde, mentre le mosche continuavano a salire e scendere sui fili sottili della zanzariera. Lui rimase con la cornetta del telefono in mano e il suono pulsante della linea interrotta continuò anche quando l'ebbe posata. Quella sera l'Alta Corte di Giustizia decretò la superiorità della Fiat Uno rispetto alla Tipo. Ci aveva provato Sansoni il barbiere, uno spilungone lungo e secco con i capelli che cominciavano ad imbiancarsi sulla testa e l'abitudine ad accompagnare le parole con grandi movimenti di braccia, a sollevare qualche dubbio in merito alla stabilità dell'auto, argomentando sulle dimensioni, che a suo dire davano la Uno leggermente più stretta rispetto alla Tipo. Rincarò la dose il giovane
industriale Ugo Bassi, un biondino che solitamente vestiva con abiti firmati e non si toglieva mai la cravatta. Bassi, che aveva una piccola officina dove si costruivano irrigatori a trazione, parlando appassionatamente del posteriore dell'auto chiaramente sbilanciato rispetto al resto della macchina. Ma quando il Giorgietti posò il suo bicchiere di frizzantino amabile sul tavolino e disse lapidario: " Io dico... che la perfezione tecnica della Uno è fuori discussione " Nessuno più se la sentì di obiettare qualcosa e anche il barbiere in cuor suo fu felice, perché anche quella sera era stato emesso un verdetto che faceva chiarezza, che spazzava via ogni dubbio e spianava la strada al sonno. A S. Antònio si parlava è vero. Anzi, come in un alveare sottovento il brusìo era continuo e lineare; cominciava sulla porta di casa e continuava dal fruttaverdure, dal bar alla messa della domenica mattina. Era tutta una ragnatela di sussurri e di mormorii indistinti, interrotti soltanto dal passaggio sulla strada di qualche marmitta troppo aperta; allora si sfruttava la pausa forzata magari per raccogliere le idee, per affinare i concetti e riprenderli poi, una volta allontanato il disturbo, con maggiore vigore. In tutti i paesi, gli argomenti dibattuti con tale foga sono perlopiù insignificanti. Anzi, più il paese è piccolo e più il chiacchiericcio si fa futile e minuto. S. Antònio rispettava questa norma scritta solo nel codice genetico
dei suoi abitanti, e l'omicidio dell'Agostini non era un argomento futile anzi, era grosso, enorme come la volta stellata, che la guardi e rimani senza parole dalla meraviglia. Così successe: Tutti ne sapevano ma nessuno ne diceva. Solo qualche sguardo, qualche battuta di sfuggita a labbra serrate - che disgrazia - poveretto, che brutta fine - e poi basta, perché le parole che prima volavano di bocca in bocca come soffioni al vento, ora pesavano più del piombo. Si comprava il Resto del Carlino e si leggeva la cronaca locale tenendo un occhio alle spalle, con vergogna, come se si trattasse di materiale pornografico. Anche quelli dell'Alta Corte non vennero meno alla regola; le sere successive all'omicidio, nessuno di loro si presentò alla pasticceria: il barbiere accusò imprecisati disturbi digestivi, il Giorgietti si trovò improvvisamente un sacco di lavoro arretrato da sbrigare in banca e il giovane imprenditore, fece sapere di essere alle prese con un progetto di irrigazione che richiedeva da parte sua anche l'impegno serale. Così l'omicidio era relegato nella mente del paese nello spazio dedicato ai grandi temi esistenziali della vita, quelli che di solito non si affrontano mai direttamente, perché troppo grandi, troppo difficili; ci si accontenta di sfiorarli con qualche considerazione obbligata del tipo: - cos'è la vita, tanto penare... - e poi subito si pensa ad altro, contenti di aver dato il nostro profondo contributo, rassicurati dal fatto che comunque non cambierà nulla e nulla di quello che facciamo sarà messo in discussione.
" E questo dici di averlo trovato al fiume? " " Già, a circa dieci metri da dove stava il corpo " Con le spalle rivolte al carabiniere, Marra sembrò riflettere. La luce del mattino entrava smorzata dai battenti accostati. Il brigadiere si mosse fermandosi di fronte alle stampe ingiallite dell'Arma che stavano allineate sulle pareti. " E la donna..." " Ha confermato, il portafoglio appartiene alla vittima " Marra si girò verso Di Giuseppe. " Tu cosa ne pensi? " " Non credo sia stato l'assassino a gettare via il portafoglio, non ne vedo la ragione " " Potrebbe aver voluto sviare le indagini, far pensare a una rapina " " E' abbastanza improbabile. Se vuoi far pensare ad una rapina, lasci il portafoglio bene in vista, non lo getti lontano col rischio che nessuno lo trovi. Io penso invece che qualcuno abbia rivoltato il corpo dopo, magari qualcuno che non c'entra con l'omicidio, si spiegherebbero così le tracce di sangue attorno al cadavere. Naturalmente queste sono solo supposizioni..." Marra si mosse verso la finestra e aprì gli scuri facendoli sbattere con forza contro il muro. " Cazzate! Chi vuoi che vada a spasso, di notte, sul fiume. Nemmeno fosse la stagione della pesca. No, sono solo supposizioni. Capisco che a voi giovani investigatori piacciano le trame complicate, ma questo è un delitto di provincia e probabilmente si tratta di balordi che di solito usano il cervello per fare ragionamenti molto
semplici. Hai sentito cosa ha detto la vedova no? E' lì che dobbiamo cercare, nel marcio che circondava il D'Agostini " Marra si avvicinò alla scrivania e prese un foglio di carta. " Questo è l'indirizzo di un locale che quell'individuo frequentava spesso, domani vai là e ti dai da fare, se c'è qualcosa salterà fuori " Il brigadiere sedette e si accese un sigaro, come a voler chiudere con quel gesto la discussione. Di Giuseppe prese il foglio e si alzò. " Avrei una richiesta da farle " disse. " E cioè? " " Beh il fatto è...insomma, fino a quando si trattava di indagare in paese, nessun problema, ma se vado fuori come in questo caso, ecco...la divisa comincia a diventare imbarazzante, capisce..." " Certo, certo, mettiti pure in borghese se vuoi " " Un'ultima cosa brigadiere, le avevo parlato di quel campo nomadi..." " Ah sì, gli zingari, beh che c'è di strano? L'Italia è piena di nomadi " " Un campo nomadi così distante dal paese..." " Sì, è vero, ma gli zingari di quel posto hanno una storia, praticamente sono lì da sempre, forse da prima che esistesse S. Antònio. E' stata fatta anche una mostra fotografica di quando si fermavano con i carri in legno trainati dai cavalli. Diciamo che veniva usata come base di appoggio per gli spostamenti che facevano fra Bologna e Argenta. Sono rimasti lì ecco tutto " Di Giuseppe fece qualche passo verso il brigadiere.
" Forse dovremmo interrogarli, potrebbero aver sentito lo sparo o visto qualcosa no? " Marra pulì accuratamente il toscano dalla cenere prima di rispondere. " Andiamo Giovanni, quelli alla sera sono sempre ubriachi, e poi lo sai come sono gli zingari, non vedono e non sentono niente, fa come vuoi, ma per me è tempo perso " A pranzo mangiò da solo nella cucina della caserma e lo fece in maniera svogliata, con la testa altrove: alla telefonata di Sandra ad esempio. Eppure fra loro era tutto finito. Come una indigestione che ti lascia dentro la nausea per il cibo, la sua voce gli aveva evocato ricordi che avrebbe voluto cancellare per sempre. Un periodo della sua vita che aveva buttato alle spalle e che ora riaffiorava provocandogli dolore e tormento. " Siamo fatti l'uno per l'altro " Quante volte glielo aveva detto? Tante, troppe volte, e sempre lei aveva risposto con quella sua risata canzonatoria che lui aveva interpretato come segno di intesa, mentre era solo vanità, stupida vanità femminile. E ora che lui non c'era più, che il gioco si era spezzato, lei cercava di rimettere assieme i pezzi, forse per ricominciare a giocare, o forse per continuare a fare male a se stessa. Per il caffè decise di tornare al bar Patrizia, un po' per comodità, doveva solo attraversare la strada e la piazza, un po' perché si era fatto l'idea che il barista sapesse vita e miracoli di quello che succedeva in città, e inoltre lo
incuriosiva il fatto che quando aveva accennato al brigadiere l'uomo si era fatto improvvisamente reticente. Perché questa improvvisa soggezione? Che rapporto c'era fra il brigadiere e la città? Da quando era arrivato a S. Antònio, non aveva quasi mai visto Marra uscire dalla caserma; dall'ufficio passava direttamente al suo appartamento e viceversa. Altra cosa inusuale, durante l'orario in cui la stazione rimane aperta al pubblico, non si era mai presentato nessuno, nemmeno per denunciare la sparizione di un gatto o per il furto di una bicicletta. A tutto questo pensava, mentre tenendosi sotto l'ombra dei tigli attraversava la piazza. " Un caffè " disse. Tutto era rimasto come l'ultima volta: l'orologio della Tuborg segnava sempre le quindici e venti e le mosche scorrazzavano indisturbate sul banco in acciaio. Anche il barista lo guardò con curiosità come l'ultima volta. Di diverso c'era la presenza di un vecchio seduto ai tavoli che leggeva il giornale. Di Giuseppe si tolse il berretto e lo posò sul banco. " Questa estate sembra non finire mai " disse. Il barista posò la tazzina e sorrise. " Noi ormai ci siamo abituati, però se non sbaglio lei..." Giovanni intuì quello che voleva dire. " Sì, vengo dalla Calabria e anche laggiù il caldo non scherza, ma qui è diverso, ti toglie il respiro " Poi il barista disse una frase che sembrava buttata lì a caso, tanto per mandare avanti il discorso: " E' un caldo che certe volte dà alla testa " " In che senso? "
" Beh, lo vede anche lei no? Tutti quei fatti che si vedono in televisione " " Anche a S. Antònio mi sembra " Il barista abbassò lo sguardo. " S. Antònio è un paese tranquillo.." Di Giuseppe bevve dalla tazzina. Alle sue spalle il vecchio sfogliò il giornale poi disse: " Ormai tutto il mondo è paese; non è mica il caldo che dà alla testa, nossignori, il caldo c'è sempre stato, glielo dico io che di stagioni ne ho passate parecchie. Mi ricordo certe estati che si zappava le barbabietole col manico della zappa che scottava. Il manico di legno capisce? " Giovanni si girò verso l'uomo che fece un gesto con le dita. " Sono questi che danno alla testa " " Il denaro " " Si capisce! I baiòcc come li chiamiamo noi. Adesso tutti vogliono la macchina nuova, bella vita e faticare poco. Eh, quando ero giovane io..." Giovanni smise di ascoltarlo e si avvicinò alla porta a vetri che guardava verso la piazza. La luce brillava tanto da costringerlo a stringere gli occhi. Un camion che passò a forte velocità sulla strada fece vibrare la vetrina. Lentamente la mente gli scivolò nei ricordi, nelle estati passate in campagna dal nonno o giù in paese con lo stesso odore appiccicoso di catrame fuso che saliva dalle strade. Se chiudeva gli occhi era di nuovo Giovannino che usciva tenendo per mano il padre vestito da ufficiale di marina, o che sedeva al caffè Delle Rose sorseggiando
la limonata fredda, mentre la madre gli diceva - bevi piano che è ghiacciata - no, il vecchio aveva ragione, il caldo non c'entra nulla, è solo caldo e basta, come i sapori o gli odori. Basta chiudere gli occhi e li ritrovi ovunque siano, intatti nel tempo. " ...si mangiava solo patate quando andava bene e..." Il vecchio smise all'improvviso di parlare. Di Giuseppe si girò e vide Marra sulla porta. Il brigadiere gettò un'occhiata verso di loro e si diresse verso il banco. " Dammi i toscani " disse. Salutò e uscì senza aggiungere altro. In tutto quel tempo Di Giuseppe rimase immobile vicino alla vetrina. Avrebbe dovuto avvicinarsi a Marra, salutarlo e scambiare qualche parola con lui. Cosa c'era di strano se il brigadiere entrava in un bar a comprarsi dei sigari? Eppure ebbe l'impressione che tutti fossero turbati dalla sua presenza. La sera si muoveva pigra. Perfino le rondini che in cielo andavano su e giù sembravano non avere fretta. Era tornato al fiume ed ora stava ripercorrendo la carreggiata che portava sulla strada. Alcuni campi verso levante erano coltivati a girasole e un vecchio con una falce stava tagliando l'erba che cresceva sui bordi dei fossi. Distante alcune centinaia di metri si vedeva una vecchia casa di campagna. Fermò la Fiat Panda vicino all'uomo e scese. Lui lo guardò, ma non smise di tagliare l'erba.
" Quella laggiù è la sua casa? " chiese. Il vecchio smise di lavorare, si girò a guardare la casa che colorata dalla luce rossa della sera sembrava una brace posata sui campi: " Sì, è la mia " " Lei sa che è stato ucciso un uomo giù al fiume? " Il vecchio passò lentamente un dito sulla lama come per saggiarne il taglio. " Ne ho sentito parlare " " Conosceva la vittima? " Sorrise e si sistemò il capello di paglia sulla testa. " No, non la conoscevo, ma le dirò una cosa: ho smesso da tempo a interessarmi a quello che fanno gli uomini. Alla mia età le persone che incontri sono come quelle rondini lassù, una vale l'altra; le vedi passare e sai che a volte ritornano, altre volte no; se ritornano le saluti, come saluteresti una persona che incontri per strada; se non le vedi più, dici pazienza e tiri diritto pensando che le vedrai un'altra volta. Per i giovani è diverso, loro si interrogano sulle cose e fanno bene. Ma c'è un momento in cui si smette di interrogarsi, forse perché le domande sul mondo sono troppe o forse è solo che ad un certo momento non si riesce più a dare risposte”. Si girò verso i campi. “ Come quei girasoli vede, una volta seguivano il sole dal levare fino al tramonto e lo facevano sempre, tutti assieme, fino a quando non venivano tagliati; oggi questo non succede più, si muovono come un ubriaco che cerchi la porta di casa. Perché? Cosa è cambiato che li ha resi così ciechi e pigri? Una risposta ci sarà, perché ci sono risposte su tutto, ma non sta a noi vecchi trovarle,
noi possiamo solo ricordare le cose com' erano " Dalla stanza accanto gli giungevano alle orecchie i fischi e le scariche via etere dell'interfono rimasto acceso. Di Giuseppe stava sdraiato sulla branda ad occhi chiusi, ma non aveva sonno. Quando lui le chiese di sposarlo era inverno e c'era un sole bianco che sembrava lavato di fresco. Dal mare veniva un vento freddo che portava la sabbia sulle strade. Lei girò la faccia contro il mare e disse " Sei uno stupido, amo Michele lo sai " Sui capelli neri sciolti sulle spalle i granelli di sabbia brillavano come sale. Allora egli fece una cosa che non aveva fatto mai, si ubriacò fino a stare male, fino a quando il proprietario del locale non lo buttò fuori, perché aveva cominciato a piangere e a gridare che non era possibile, che non poteva essere stato così stupido. Si alzò e andò alla finestra. La luna tonda e rossa sembrava una palla posata sui tetti delle case. Lo stradone pulsava al passaggio regolare delle auto, come una arteria che si dilata per fare fluire il sangue. C'era gente in giro per la piazza e anche seduta davanti al bar. La casa del popolo era illuminata. Lui si sporse dalla finestra, ma non vide nessuno, forse giocavano a carte
all'interno. Ognuna di quelle persone sembrava fare le cose normali che aveva fatto sempre, che faceva ad ogni estate, con tranquillità. Ma non era apatia o indifferenza; erano semplicemente in attesa. Non avrebbero fatto nulla per cambiare. Gli venne in mente la parola equilibrio. Ecco, quello che era successo li aveva messi in una situazione di equilibrio, che nessuno voleva rompere. Una condizione - pensò - che aveva sistemato le cose, che andava bene a tutti. Quando tornò a sdraiarsi la luna era salita oltre i tetti delle case e aveva perso colore. " La costa adriatica è pulita, ci sono le analisi chimiche e batteriologiche che lo dimostrano. I dati sono dati e con la scienza non si può barare cari miei " Il barbiere si dimenava nervosamente sulla sedia. Fra quindici giorni sarebbe partito come ogni anno per Cesenatico dove contava di trascorrere le ferie. " Se è così pulito perché allora ci sono tutte quelle alghe " disse non senza ironia Balducci Stefano fattorino della Cassa Rurale. L'uomo, che aveva una gran cura del proprio pizzo argentato, amava inserirsi nelle discussioni dell'Alta Corte soprattutto per far leva sulla antica rivalità che contrapponeva il barbiere al Giorgietti. Naturalmente con lo scopo di spalleggiare sempre e comunque quest'ultimo, che ricambiava il favore ogni mattina in banca salutandolo prima del cassiere. Il barbiere in preda all'ira inforcò gli occhiali che metteva
solo quando la tensione interna raggiungeva livelli di guardia e, giornale alla mano, sciorinò una miriade di dati che dimostravano a suo dire l'incontestabile - e sottolineò - l'incontestabile buona salute del mare in questione. Il Balducci guardò sottecchi Giorgietti il quale, come si conviene ad un giudice imparziale, aspettava per esprimersi di avere in mano tutti i dati necessari. " Va bene - disse il Balducci - il mare è sano, però non hai mica risposto alla mia domanda, perché tutte quelle alghe? " La domanda frantumò le ultime barriere, che consentivano al barbiere di far parte ancora, della specie cosi detta, civile. Sbiancando in volto si alzò. " Però dicono che le alghe siano commestibili " La frase buttata senza molta convinzione dal giovane imprenditore Giorgio Bassi, fece sul Sansoni lo stesso effetto che il grido - terra! terra! - avrebbe fatto su di un naufrago sperduto nell'oceano. Immediatamente si ricompose. " E' vero! - gridò - sembra che non solo siano commestibili, ma addirittura ricchissime di elementi nutritivi e che saranno una risorsa alimentare importantissima per il futuro dell'umanità! " Il campanile della chiesa suonò la mezzanotte. Ormai tutti guardavano con impazienza il Giorgietti, ma lui invece di emettere la sentenza si mosse solo per prendere il bicchiere di frizzantino amabile. Costernato il Balducci si grattò il pizzo. " Sai cosa ti dico, può darsi che siano commestibili, ma
puzzano. E' come fare il bagno nella buca del letame " E finalmente il Giorgietti si alzò, con movimenti lenti si abbottonò la giacca e dall'alto del suo metro e sessanta portato con dignitosa fierezza, recitò il fatidico: " Io dico... in riviera ligure dove vado io il mare è pulito e si mangia benissimo anche senza alghe " Balducci sorrise soddisfatto. Il Pamela si trovava a pochi chilometri da Medicina, posato nel centro di un grande piazzale che serviva da parcheggio per le auto. Dalla strada poteva essere facilmente scambiato per un capannone industriale o per un grosso deposito alimentare, tipo magazzino per la lavorazione della frutta. Era un incrocio fra una discoteca e una vecchia balera, di cui portava ancora il nome. Un'automobile grigia di grossa cilindrata era parcheggiata vicino all'ingresso. Di Giuseppe fermò la sua Fiat Panda accanto all'auto. Una persona uscì dal locale e gli si fece incontro. " Sono Benedetti, il padrone della discoteca, è lei che mi ha telefonato? " Era un uomo alto, non più giovane, con pochi capelli tinti perfettamente pettinati all'indietro. La bocca larga che tendeva verso l'alto gli stampava un falso sorriso sulle labbra. " Sì, sono io " disse Di Giuseppe. " Andiamo " L'arredamento del locale, escluso le poltroncine in velluto blu sistemate tre a tre, era composto da strutture
in tubo innocenti argentato che brillavano alla luce bianca dei proiettori. Di Giuseppe si guardò attorno. " Le piace? Mi è costato un capitale cambiare arredamento " " Assomiglia molto ad un cantiere, ma è bello " L'uomo sorrise. " Bisogna adeguarsi ai tempi non c'è niente da fare. Oggi i giovani si muovono da una discoteca all'altra e se non si è competitivi è finita " Sedettero vicino al bar. L'uomo andò dietro al banco e disse: " Posso offrirle qualcosa? " " No, grazie non prendo nulla " " Beh, io un bicchierino me lo faccio " Tornò col bicchiere pieno di un liquido giallo che posò sul vetro del tavolino. Sedette e fece un cenno col braccio. " Siamo soli, cosa vuole sapere da me? " Di Giuseppe sfogliò il taccuino che aveva nelle mani. " Come le avevo accennato per telefono, vorrei che lei mi parlasse un po' del signor D'Agostini. Doveva conoscerlo bene, perché se non leggo male in questi appunti eravate soci in affari " L'uomo sorseggiò il liquido giallo. " No, non proprio soci, mi aveva solo prestato un po' di denaro in un momento di bisogno " " Inoltre, sempre che non legga male, avevate fatto assieme anche delle trattazioni immobiliari " " Oh, solo piccole mediazioni, null'altro che piccole mediazioni "
Di Giuseppe chiuse il taccuino. " Signor Benedetti, non sono venuto qui a perdere tempo. Anzi, le voglio dire una cosa: potrei continuare a leggere questo taccuino e dentro ci sono scritte diverse cose poco piacevoli sul suo conto: ad esempio i guai che lei ha avuto con la giustizia o i problemi che le ha dato questo locale, ma non lo faccio, come vede ho chiuso il taccuino. Non mi interessano. A questo punto però, ricominciamo seriamente e quando mi avrà risposto me ne andrò e lei non avrà patito nessuna conseguenza. Oppure dovrò tenere conto di quello che è scritto e allora i guai per lei possono solo cominciare. Cosa ne dice signor Benedetti? " " Mi sta minacciando? " " Le ho appena detto che non voglio perdere tempo " L'uomo fece una smorfia che gli deformò la bocca. Posò il bicchiere. " Cosa vuole sapere, forza! " " Mi parli del suo amico " " Io non c'entro nulla con quanto è successo " " Allora mi dica, chi c'entra? " " Non lo so! Di questa storia non so assolutamente nulla " Si passò una mano sulla testa e respirò profondamente. " Mi diceva... che se gli fosse andata bene una certa cosa avrebbe fatto un po' di soldi " " Che genere di cosa? " " Le dico che non lo so! A me non l'ha mai detto. " " A chi l'ha detto? " L'uomo prese il bicchiere e bevve un lungo sorso.
" Senta, io so soltanto che stava cercando di farsi dare dei soldi da una certa persona di S. Antònio " " Soldi in cambio di cosa? " " In cambio...aveva delle notizie, sì, insomma sapeva certe cose che... " " Un ricatto è così? " " Probabilmente sì, ma non so di quale persona si trattava e nemmeno quali informazioni aveva in mano, deve credermi! Ho il mio locale, non faccio queste cose, ora sono a posto! " Riprese il bicchiere e bevve tutto fino in fondo. " Se viene questa sera le farò incontrare una persona che lo conosceva bene " disse. Lei si accese una sigaretta e fumò nervosamente tirando brevi boccate di fumo che subito soffiava via lontano. Aveva i capelli biondi, raccolti in cima alla testa, e teneva la borsa posata sulle ginocchia, anche se le poltroncine attorno a loro erano vuote. Il locale aveva appena aperto e poche persone si aggiravano nella penombra della sala. " Senta maresciallo... " " Non sono maresciallo " " Va bene, non è maresciallo, però io non voglio finire sui giornali per questa storia, io non ho fatto niente " " Se non ha fatto niente non ha nulla da preoccuparsi " " Conoscevo Gio...il D'agostini è vero " " Era la sua amante? " " Ero un'amica, una delle tante, cosa crede..."
" Non l'ho mai dubitato " " Come?..." " Dicevo, che non ho mai dubitato che il D'Agostini avesse molte amiche, però mi risulta che lei fosse quella che diciamo vedeva spesso, giusto? " " Se lo dice lei è giusto " " Sapeva che il D'Agostini era sposato? " " Sì, lo sapevo, e con ciò? " " Niente, le ho solo fatto una domanda " " L'avrebbe lasciata... " " Come dice? " " Dico che aveva intenzione di divorziare " " Per sposare lei? " " Sì " " Allora non era una semplice amica? " " Glielo avevo detto prima no? " " Le conviene dire la verità " " Io sto dicendo la verità! E lei che mi fa dire cose che non ho detto! " Spense la sigaretta e subito ne accese un'altra. " Se stava per sposarlo, sapeva tutto di lui, del suo lavoro, della sua vita privata " " Io sapevo solo che aveva una macelleria e...che faceva affari con le case " " Era un agente immobiliare? " " Non lo so se era un agente come dice lei, so che le vendeva e le comprava " " Per comprare ci vogliono soldi " " Aveva la macelleria " " Le ha mai parlato di un affare recente, di soldi che
avrebbe potuto avere? " " Le ho già detto, faceva affari...sì, aveva accennato a soldi che doveva avere da qualcuno, ma a me non aveva detto altro, deve credermi! Io non so nulla di quello che faceva lui " L'orchestra cominciò a suonare un lento e una ventina di coppie si strinsero sulla pista. I bagliori del tramonto si aprivano in cielo come lunghi petali rosa e il sole rosso e tondo era coperto per metà dalle nuvole, tanto da farlo sembrare un grosso vassoio posato sulla linea piatta dell'orizzonte. Di Giuseppe guidava piano attraverso la pianura che perdeva calore e sbiadiva lentamente. La penombra pareva ridare a quelle lunghe distese di campi la libertà e la leggerezza che la luce negava. Il buio che scendeva su quelle terre come una spessa coperta, metteva a riposo ostilità e passioni. La notte le avrebbe liberate dai fantasmi. Le auto cominciarono ad accendere i fanali, Di Giuseppe accese meccanicamente le luci della sua Fiat e guardò i grandi tralicci di ferro che posati sui campi trasportavano migliaia di volt da una parte all'altra della regione. La strada seguiva una linea diritta e pareva non finire mai. Quelle terre sembravano non avere inizio, né finire mai e per un momento gli parve di essere immerso in un lungo sogno, un viaggio della mente, come quando ci si addormenta verso il tramonto, con i rumori e le cose che a poco a poco svaniscono e perdono i contorni.
" ...e così ora sappiamo che il D'Agostini probabilmente stava ricattando qualcuno di S. Antònio " Di Giuseppe finì di parlare e guardò il brigadiere. Marra, seduto dietro alla sua scrivania, tagliò con movimenti lenti il sigaro a metà, ne ripose una parte nella scatola e accese l'altro. Soffiò il fumo sulle carte che aveva davanti e disse: " Bene. Hai fatto un buon lavoro. Domani scrivo il rapporto per il procuratore e poi... possiamo prepararci per il trasloco " " Ma... non ha sentito quello che ho detto? C'è di mezzo un ricatto! Qui a S. Antònio. Perché non cerchiamo di scoprire di chi si trattava? " " Un ricatto eh, quello era il genere di persona che si nutriva di ricatti, capito! Uno qui, uno a Ferrara, uno a Bologna e così via, e noi dovremo metterci a seguirli tutti vero? Ah certo, questo è quello che ti hanno insegnato al corso. Giustissimo, è così che si deve fare, certamente; ma noi non abbiamo più tempo, possiamo solo sistemare queste due scartoffie e passare la palla. Se vorranno farlo loro che si accomodino pure " Marra si alzò e si avvicinò all'armadio che stava sotto la finestra. L'aprì e si girò con un bicchiere e una bottiglia di cognac nelle mani. " Dai, facciamoci un goccio di questo, ci tirerà su il morale " " No..grazie ma..." " Oh, lo so che siamo in servizio, ma non ci vede nessuno " " No, è che non bevo alcoolici "
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