Una vita alla Commissione
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TRIMESTRALE TRANSARDENNESE DEI TRADUTTORI ITALIANI Numero 15 – Dicembre 2000 Servizio di traduzione – Commissione europea http://www.europa.eu.int/comm/translation/bulletins/tracce/index.html Editoriale Una vita alla Commissione Una piovosa giornata primaverile nel lontano 1960 a Bruxelles. Entro per la prima volta nella sede della neonata Commissione della Comunità economica europea dove mi attende la prova scritta di traduzione. Mi ritrovo in un ufficiolo stretto stretto che dà su un cortile interno molto squallido, kafkiano e penso: "non potrei mai lavorare in un posto così brutto". Ci sono rimasta per più di 40 anni. In cantina tengo ancora il baule che conteneva le poche cose del mio trasloco da Milano a Bruxelles. Per lo più libri: le opere dei miei scrittori preferiti negli anni universitari, Goethe e Heine, un'antologia di poesia universale, l'Orfeo, capolavori della letteratura russa dell'800. Ho sempre pensato che il baule in cantina fosse il simbolo, carico di grande forza emotiva, della mia avventura all'estero. "Un giorno - mi dicevo - tornerò alle m i e radici e vi rimetterò dentro le mie cose più care. Il soggiorno a Bruxelles è solo temporaneo". In questo scorcio d'anno in cui sto preparandomi al grande rientro mi rendo conto che il baule posso anche buttarlo via. Ed infatti, le cose importanti che dovrei metterci dentro sono "impalpabili", vivono in me. Quarant'anni: traccio il bilancio della mia vita. L'amore immenso per i miei due figli che hanno dato luce e senso alla mia - non facile - esistenza. L'impegno alla Commissione come traduttrice e - negli ultimi anni - coordinatrice linguistica; la fede incrollabile nell'ambizioso progetto federalista di Altiero Spinelli. La "svolta cinese" negli anni 80 che rispondeva ad un ancestrale richiamo verso le civiltà e culture orientali. Ed infine le relazioni umane, linfa vitale di qualsiasi ambiente di lavoro. Come mettere tutto questo in un baule? Parto con ben altro bagaglio umano e culturale che fa oramai parte della mia esperienza umana (l'Erlebnis goethiano) e mi accompagnerà sempre nel mio cammino verso nuove mete. Ringrazio la vita per tutto questo e voi, cari lettori e colleghi, per la vostra amicizia. Maria Grazia Ricci
2 MOSTRE La luce del vero La mostra, allestita a Bergamo presso la Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea fino al 17 dicembre e intitolata "La luce del vero", presenta opere del Caravaggio, di Rembrandt, di Zurbarán e di Georges de La Tour. Nel caso di Zurbarán e La Tour l’evento va segnalato in modo particolare, visto che si tratta di pittori le cui opere sono poco note al pubblico italiano. Per quanto riguarda il Caravaggio, invece, si ha la possibilità di ammirare la straordinaria "Deposizione nel sepolcro", prestito eccezionale del Vaticano. Le numerose incisioni di Rembrandt rendono l'insieme ancora più interessante. I quattro maestri sono pressoché contemporanei e hanno lasciato la loro impronta nel XVII secolo, secolo segnato da crisi profonde, eventi che hanno sconvolto la società europea, come il sacco di Roma ad opera dei Lanzichenecchi, ma anche momento in cui si fa strada lo spirito scientifico che porta allo studio dell'ottica e ad esperimenti con la camera oscura. I dipinti e le incisioni esposti ci dicono che per l'umanità è un periodo buio, dal quale è possibile emergere solo mediante la luce divina, la luce della Grazia. Le tenebre sono quasi la garanzia retrospettiva del "Fiat Lux", la prova "a contrario" dell'esistenza di Dio. Un esempio perfetto di questa impostazione è il "Sacrificio d'Isacco", del Caravaggio, dove la luce divina cade dall'alto per illuminare il volto dell'angelo, mentre Giacobbe rimane nell'ombra, poiché non ha ancora capito il disegno divino. Zurbarán affronta il tema del chiaroscuro in modo diverso e nell'oscurità dei suoi quadri si percepisce un mondo denso, corporeo, fatto di un contenuto potenziale, dal quale va emergendo la forma colpita dalla luce, in modo tale da sembrare che la luce stessa scaturisca dalle tenebre. Nell'oscurità che fa da sfondo alla "Madonna bambina dormiente" si distingue una moltitudine di angeli che incorniciano il volto della Vergine, che sembra emanare luce propria. Quanto a Georges de La Tour, anch'egli nei "notturni", che peraltro rappresentano soltanto una parte della sua produzione, introduce un elemento singolare. La fonte dell'illuminazione è del tutto terrena, spesso una candela o una lanterna. L'effetto ottenuto è straordinario: la luce è intensa, ma fragile, quasi vacillante e fa temere che da un momen- to all'altro le tenebre possano trionfare. Nel complesso la mostra risulta ben equilibrata e molto ben allestita, anche per la gradevole presentazione delle tele con un'illuminazione (!) perfetta. Una passeggiata nelle vie e nelle piazze di Bergamo alta non può che completare la giornata, senza stonature. Clara Breddy
3 BELLA O FEDELE CULTURALIA Storie di traduzioni Una vita per la traduzione Ai primi di luglio la British Library ha annunciato l'imminente ristampa (la prima in quasi cinquecento anni) della traduzione del Nuovo Testamento che costò la vita a William Tyndale nel 1536. Tyndale nacque in Inghilterra, vicino alla frontiera con il Galles; la data di nascita varia da un biografo all'altro, ma si situa comunque fra il 1484 e il 1494. Laureatosi in retorica e lingue classiche ad Oxford e Cambridge, annunciò un giorno ad un chierico scandalizzato la propria intenzione di tradurre in inglese la Bibbia: "If God spare my life, ere many years I will cause a boy that driveth a plough shall know more of the Scripture than you do". In quegli anni un'impresa simile non era soltanto provocatoria, ma anche estremamente rischiosa: la conoscenza dei testi sacri era monopolio delle autorità ecclesiastiche, e non solo la loro traduzione, ma addirittura il possesso o la lettura di una copia in lingua volgare era punibile con la morte. Sul trono d'Inghilterra si trovava all'epoca Enrico VIII, che però non aveva ancora attuato il famoso "strappo" con Roma. Nel 1524 Tyndale si recò dunque in Germania, dove due anni dopo diede alle stampe la prima versione integrale del Nuovo Testamento in inglese; costretto a cambiare città per sfuggire alle persecuzioni, visse prima a Colonia, poi a Worms. Stabilitosi infine ad Anversa, porto che per la sua vicinanza all'Inghilterra gli permetteva facilmente di tenersi in contatto con i suoi seguaci, iniziò a lavorare sull'Antico Testamento; in questa città, nel gennaio 1530, uscì la sua traduzione del Pentateuco. Quella di Tyndale non fu la prima traduzione in inglese di un testo scritturale: era stata infatti preceduta di una quarantina d'anni dalla versione della Vulgata di San Gerolamo ad opera di John Wycliffe (o Wyclif), filosofo e teologo la cui predicazione aveva prefigurato molti temi della Riforma e che, sebbene scomunicato da Gregorio XI, era riuscito a sfuggire alla condanna dei tribunali sia civili che ecclesiastici grazie alla protezione accordatagli dalla famiglia reale. Il Nuovo Testamento di Tyndale è però ben più solido e autorevole: egli scelse infatti di tradurre non più dal latino bensì dal greco e dall'ebraico, risalendo così alle fonti anziché accontentarsi della traduzione di una traduzione e, a differenza dello stile di Wycliffe, giudicato piuttosto pedestre, il suo si distingue per la forza espressiva oltreché per la fedeltà all'originale ("I call to God to record....that I never altered one syllable of God's Word against my conscience").
4 BELLA O FEDELE CULTURALIA Storie di traduzioni Una vita per la traduzione Attualmente il testo standard della Bibbia in inglese è rappresentato dall'"Authorized Version" di re Giacomo I, uscita nel 1611 quando l'Inghilterra era ormai passata definitivamente nel campo della Riforma. Nei paesi protestanti la lettura praticamente quotidiana dei testi sacri in lingua nazionale ha rappresentato un fenomeno culturale di importanza incalcolabile: spesso, nei secoli passati, l'unico libro presente nelle case era la "family Bible", sul cui frontespizio venivano annotati nascite, matrimoni e morti e che, in assenza di obbligo scolastico, costituiva la prima fonte di alfabetizzazione nonché il principale, se non l'unico, modello linguistico attendibile. È risaputo che Shakespeare e l'Authorized Version sono i due grandi filoni lessicali cui ha attinto l'inglese moderno; meno noto è il fatto che il lavoro di Tyndale ha costituito la base imprescindibile di quest' ultima, definitiva versione, tanto che secondo stime recenti esso rappresenterebbe l'83% del testo del "King James New Testament". Molte espressioni coniate da Tyndale sono così passate nell'inglese di tutti i giorni: "Let there be light", "eat, drink and be merry" e "my brother's keeper" dall'Antico Testamento, "the powers that be", "the salt of the Earth", "a law unto themselves", "signs of the times", "the spirit is willing, but the flesh is weak" dal Nuovo. Inoltre egli rimise in auge termini derivati dall'ebraico che le versioni latine avevano trascurato, come "Jehovah", o "Passover", la Pasqua ebraica (da "Pesah"), e creò il neologismo "scapegoat". Più controversa, al tempo in cui apparve, fu la traduzione del greco "ekklesia" con congregation" anziché "church", sulla scia di Erasmo, di cui Tyndale aveva tradotto l'"Enchiridion Militis Christiani" (Manuale del soldato cristiano) e che aveva usato in questa accezione il termine "congregatio". Questa scelta terminologica, del resto, non era casuale, ma corrispondeva ad una sua ben precisa visione dell'organizzazione ecclesiale in cui il potere doveva essere appannaggio non più del clero, ma di tutti i credenti - "la stessa visione, cioè, che lo aveva spinto al lavoro
5 BELLA O FEDELE CULTURALIA Storie di traduzioni Una vita per la traduzione traduzione nonostante tutti i gravi pericoli che esso comportava: “"... I had perceived by experience, how that it was impossibile to establish the lay people in any truth, except the Scripture were plainly laid befo- re their eyes in their mother tongue, that they might see the process, order, and meaning of the text." L'arrivo e la diffusione (entrambi, ovviamente, clandestini) delle traduzioni di Tyndale in Inghilterra ebbero un profondo effetto sulla cultura teologica del paese e sulla futura espansione della Riforma; non a caso scatenarono successive ondate di persecuzioni. Ci si può fare un'idea dello zelo con il quale le autorità si accanivano a stanare libri e lettori dal fatto che, sebbene fossero state inviate nel paese migliaia di copie, ne sopravvive oggi una sola, più alcuni frammenti di una seconda. Anche dopo la rottura con Roma (marzo 1534) che avrebbe dato vita alla chiesa anglicana, la lettura della Bibbia in inglese continuò ad essere considerata attività sovversiva. Nel 1535 Tyndale, che viveva sempre ad Anversa, venne tradito da una spia cattoli- ca, Henry Phillips, arrestato dalle autorità di Carlo V e imprigionato per diciotto mesi nella fortezza che allora esisteva a Vilvoorde. A testimonianza della sua vita in questo periodo resta una lettera, rinvenuta in archivi belgi nell'Ottocento, in cui chiede di poter disporre di una lampada e di indumenti di lana, ma soprattutto di una copia della Bibbia in ebraico, di una grammatica e di un dizionario, così da po- ter continuare a studiare. Nell'agosto 1536 Tyndale fu dichiarato colpevole di eresia e condannato a morte. Il 6 ottobre, a Vilvoorde, fu legato al palo del rogo e strangolato; il suo corpo venne poi cremato. Le sue ultime parole furono: "Lord, open the king of England's eyes." Cristina Cona Fonti: The Life of William Tyndale; "No Tyndale, No Shakespeare"; Translating the Bi- ble, tutti in : http://www.hertford.ox.ac.uk/tyndale/index.htm; "Let There Be Light", in : http://lcweb.loc.gov/loc/lcib/9707/web/tyndale.html ; William Tyndale: The Father of Our English Bible, in : http://wayoflife.org/~dcloud/articles/williamtyndale.htm
6 MOSTRE La " scoperta " del Mediterraneo al Grand Palais A chi prova di tanto in tanto il bisogno di evadere, sia pure virtualmente, dal grigiore del nostro lungo inverno, non possiamo che raccomandare di affrettarsi a visitare la mostra " Méditerranée – De Courbet à Matisse " aperta fino al 15 gennaio 2001 a Parigi, al Grand Palais (tutti i giorni, tranne il martedì, dalle 10 alle 20, il mercoledì dal- le 10 alle 22; consigliabile prenotare: www.rmn.fr). Potremmo vedere compendiato il senso di questa bella esposizione in una piccola tela di Gustave Courbet (Le Bord de mer à Palavas, 1854), in cui il pittore raffigura se stesso su una spiaggia, estasiato di fronte all’immensità del mare, cui sembra rendere omaggio con un ampio gesto di saluto. Con teatrale intensità, l’immagine esprime tutta l’emozione della scoperta di questo nuovo orizzonte. Nella seconda metà dell’Ottocento molti altri pittori scenderanno a sud, irresistibilmente attratti e soggiogati dal fascino del paesaggio della costa mediterranea. Chi per pochi giorni, come Vin- cent Van Gogh, che dal colore del mare resta però fortemente impressionato (" La Méditerranée a une couleur comme les maquereaux, c’est-à-dire changeante, on ne sait pas toujours si c’est vert ou violet, on ne sait pas toujours si c’est bleu… "), chi per viaggi o soggiorni più lunghi o per stabilirvisi definitivamente. Completata da qualche anno la costruzione della linea ferroviaria Parigi-Lione-Marsiglia-Ventimiglia, i viaggi si fanno più agevoli. Nel 1883 Auguste Renoir e Claude Monet intraprendono un primo viaggio da Marsiglia a Genova. La reazione è di sorpresa e di entusiasmo; scrive Renoir: " Tout est superbe. Des horizons dont on n’a aucune idée. Ce soir les montagnes étaient roses ".
7 MOSTRE La " scoperta " del Mediterraneo al Grand Palais Monet, affascinato dai luoghi, decide di soggiornare qualche tempo a Bordighera (" Je suis installé dans un pays féerique. Je ne sais où donner de la tête, tout est superbe et je voudrais tout faire… ") e vi trova l’ispirazione per alcuni dei suoi dipinti più famosi (Palmiers à Bordighera, Villas à Bordighera). Ma alla luce e ai colori del Mediterraneo, al fascino dei paesaggi e delle atmosfere del Midi sono molti a soggiacere: da Cézanne a Signac, da Matisse a Bonnard, a Derain, a Munch (di cui si può vedere un sorprendente Paysage à Nice), a Picasso. La mostra del Grand Palais, organizzata per temi (" Rivages ", " Rochers ", "A travers les arbres ", ecc.), raccoglie, accanto a celebri capolavori, opere di autori meno noti, ma talora di singolare fascino, come Un cimetière en Provence di Frédéric Montenard o Les Îles d’or di Henri-Edouard Cross. Solo italiano Telemaco Signorini, di cui sono esposte due stupende " marine ", Viareggio e Riomaggiore. Si è detto, per riassumere le ragioni dell’attrazione esercitata da questo " paradiso dei pittori ", che i paesaggi della costa mediterranea, in fondo, erano (e purtroppo, dobbiamo aggiungere, in gran parte non sono più) un quadro, un quadro vivente che aspettava solo i pittori. Alda Muratore
8 Note terminologiche I SENSI DELLA LEGGE L'espressione "ai sensi della legge" mi provoca un marcato malessere ogni volta che l'incontro. So benissimo che è una formula più che consacrata dall'uso, ma non sarebbe giusto farle imboccare una volta per tutte il cammino dell'oblio per svecchiare un pò la lingua? Tanto più che vi sono alternative più chiare, eleganti e gagliarde. Effettivamente, se è ovvio che la legge debba (almeno in teoria) avere un senso, non è affatto evidente che gliene si debbano riconoscere un numero imprecisato. Sembra si voglia prevedere l'ipotesi che, in guisa di esangue damigella di anni ormai lontani, possa perderli afflosciandosi con languida eleganza su quello che in quei tempi veniva chiamato un canapé, suscitan- do negli astanti il riflesso pavloviano d'invocare il ricorso ai sali odorosi, to- sto apportati con provvida sollecitudine dalla fedele fantesca. Scherzi a parte, non mi pare si possa considerare l'espressione in quanto tale un termine tecnico. Occorre quindi esaminare il contesto d'impiego. In tale ambito l'uso in questione della parola senso sembra costituire un caso a sé stante, che si colloca in una nicchia tutta sua, priva d'agganci con l'italiano corrente, così da rappresentare apparentemente un unicum. Per quanto mi riguarda non sono riuscito a trovare l'origine della locuzione; in particolare non ho trovato conferme al mio sospetto che esso ci giunga d'oltralpe, complici varie generazioni di anonimi travets dell'amministrazione sabauda, dato che in francese si fa solo un impiego moderato di au sens de. L'unico uso in qualche modo affine si riscontra nell'espressione "[voglia gradire/le esprimo/béccate mo'] i sensi della mia più [devota dedizione/alta stima/abietta servilità/totale indifferenza]", decisamente esiziale, ovvero nella sua consorella a mala pena più dignitosa "una persona di alti/nobili sensi", nelle quali "sensi" sta chiaramente per il più corretto "sentimenti". Entrambi gli usi sembrano comunque emanare u n a soffocante puzza di naftalina, quale si sprigiona quando si tirano fuori dall'armadio i vestiti ancora buoni, ma non più usati perché passati di moda o di misura. Per guardare al futuro rinunciando a formule avulse dal contesto linguistico generale giudicherei quindi preferibile l'impiego delle seguenti alternative:
9 Note terminologiche I SENSI DELLA LEGGE - a termini di - mai ai termini di ! - quando si vuole fare riferimento alle precise parole utilizzate per formulare una disposizione (ingl. within the meaning); - in forza di per esprimere l'esistenza di un legame causale stretto ed immediato tra una disposizione ed un determinato atto; - in applicazione di per dare particolare risalto all'elemento prescrittivo delle disposizioni (ingl. pursuant to, quale utilizzato dalla Commissione nel titolo e talvolta nel corpo di strumenti giuridici in cui si concreta u n ' a z i o n e specifica di un'istituzione comunitaria); - a norma di quando il legame causale, ammesso che ci sia, è più fluido e/o indeterminato ovvero quando si parla di una generica rispondenza a prescrizioni di legge (si può utilizzare in alcuni casi per tradurre il francese conformément e l'inglese under, che equivale a pursuant to e tende ormai a sostituirlo, fatto salvo però il caso di cui sopra); - in ottemperanza a/osservanza di /ossequio a quando più che al legame causale si vuole dar risalto alla rispondenza ai dettami della legge (anche questo può servire per tradurre conformément e talvolta anche under/ pursuant to). L'Enciclopedia Europea - Grande dizionario della lingua italiana moderna della Garzanti, arrivato recentemente nella nostra biblioteca, alla voce senso recita: "14. Burocr. Disposto di norme giuridiche o di contratti; scopo che attraverso esse, così come sono enunciate e commesse, l'estensore intende raggiungere; clausola contrattuale. - A senso di, ai sensi di, ai sensi e per gli effetti di: per indicare un riferimento preciso. Ai sensi di legge: in osservanza al disposto legislativo in merito. Verbali del Consiglio d'Amministrazione FIAT: Ai sensi di recenti disposizioni emanate dal ministero delle finanze, occorre provvedere alla iscrizione delle azioni Fiat nel listino delle borse di Roma e di Napoli." Come si vede, 1. si riconduce questo uso di senso ad un contesto burocratico isolato; 2. viene proposta la forma a senso di, che risulta tutto sommato più giustificabile (e sarebbe quindi semmai da preferire) per l'uso del singolare e la costruzione identica a quella di a termini di; 3. l'uso della locuzione viene limitato ai casi in cui significa in forza ovvero in osservanza di, cosicché l'uso a tappeto che se ne fa in certa prosa ministeriale non va preso ad esempio in quanto potrebbe considerarsi erroneo in alcuni casi e genera comunque maggiori possibilità di confusio- ne. Cristiano Gambari
10 Note terminologiche STATO DELL'ARTE Nell'originale francese di alcuni documenti, in genere riguardanti tematiche connesse alla proprietà industriale, si trova l'espressione "état de la technique". Mi sembra si possa argomentare che la traduzione "stato della tecnica", per quanto non intrinsecamente erronea, sia solo a prima vista più calzante e risulti in realtà da sconsigliare. Cominciamo con un attacco proditorio sui lati osservando che "état de la technique" equivale per i colleghi inglesi a "state of the art". Si tratta quindi di stabilire se anche nella nostra lingua non sia preferibile parlare di stato dell'arte, un'espressione a proposito della quale v'è luogo di rilevare che: ♦ in primo luogo, è ormai ampiamente invalsa nell'uso (il che ha senz'altro la sua importanza, ma non è di per sé determinante); ♦ per quanto innegabilmente mutuata dall'inglese, nella sua struttura essa è solo apparentemente un anglicismo in quanto rispetta le radici profonde e, ciò che più conta, le valenze semantiche della nostra lingua. La seconda affermazione va chiarita. Effettivamente in italiano per vecchia tradizione ed affinità col latino il termine arte ha un significato più ampio che il francese art: nel Medio Evo le arti di arti e mestieri comprendevano infatti anche molte delle tecniche di una realtà economica preindustriale, come testimoniano l'esistenza e l'uso nella nostra lingua di parole come artiere, artefice, artefatto (soprattutto qua sostantivo) ed artificio in alcune sue accezioni (ad esempio artifici d'illuminazione - ingl. light effects, fr. jeux de lumières), alle quali corrispondono in francese termini che non contengono la radice art, ed artificiere, per la quale esiste artificier. L'unico legame vestigiale del francese con il latino si può forse osservare nel termine beaux arts, nel cui ambito sembra manifestarsi la necessità di specificare di quali arti si tratti; il cambiamento di genere però la dice di per sé lunga sull'allontanamento dalle radici latine, senza voler entrare nel merito delle accuse di maschilismo linguistico mosse da alcuni alla lingua d'oltralpe in rapporto alla scelta dei generi. Del resto nel campo degli appalti in italiano si parla correntemente di opere d'arte per indicare le opere d'ingegneria civile (ouvrages). Se invece che a Vinci Leonardo fosse nato a Vincennes forse anche i francesi vedrebbero le cose diversamente; sic stantibus rebus però la distinzione tra technique ed art sarà magari giusta, quando non addirittura doverosa, in francese (lingua la cui natura cartesiana ed esagonale comporta forse spigoli e rigidità di cui altre lingue riescono a fare brillantemente a meno), ma ciò non costituisce un valido motivo per recepirla in italiano. Utilizzando stato della tecnica per voler essere più precisi si rischia infatti piuttosto di generare confusione, inducendo chi legge a presumere che si tratti di qualcosa di diverso dallo stato dell'arte ormai consolidato nella prassi. Cristiano Gambari
11 CIBERSPAZIO CIBERSFIZIO Se obbligassimo mille persone a provare ciascuna tutti i giorni, a pranzo e a cena, una ricetta apparsa su Internet, molto probabilmente dopo dieci anni sarebbero ancora tutte a tavola. Il numero di siti gastronomici è infatti sterminato e continua oltretutto ad aumentare a ritmo pressoché quotidiano: inutile pretendere di offrire una panoramica esauriente, si può tutt'al più formulare qualche suggerimento per chi ha voglia di preparare qualcosa di nuovo, soprattutto in vista del fine anno. Cominciamo dai siti italiani, fonti inesauribili di idee anche per chi si è portato quassù il ricettario della mamma. C'è innanzitutto l'immancabile Gambero Rosso (www. gamberorosso.it) con i suoi numerosissimi suggerimenti, compresa la rubrica di gastronomia stagionale "Dodici mesi nel piatto". Un altro sito pregevole (a prescindere dal gioco di parole) è www.cookkiaio.com, dove si trovano (fra l'altro) un glossario e r i c e t t e classificate non solo per portate, ma anche per ingredienti (si possono ad esempio cercare piatti che contengano solo certi ingredienti e non altri, o da preparare a seconda di quello che è rimasto nel frigo). Per trovare altri ricettari ben forniti si possono consultare www. mangiarebene.com, www.eateathurrah.com, www.cucinait.com e www.cucina.italynet. com. Mi sia infine consentito di spezzare una lancia a favore della gastronomia della mia regione: venticinque ricette, in italiano e piemontese, si trovano su www.edera-rg.com/ Valsangone/Cucina/Piem_ricette.htm; ben più ricco è il repertorio del sito www.cucina. piemonte.net, con le "Ricette di Pierre" che però - attenzione - non sono certo tutte piemontesi (per dire, mia nonna lo tzaziki non l'ha mai fatto). Per la preparazione di una "virtual bagna cauda" si cerchi sul sito www.regione.piemonte.it/agri/ita/piemontedoc/ index.htm. Piemontese d'adozione è l'egiziano Chef Kumalé, che dirige un'associazione gastronomica denominata (scusate, ci risiamo con i giochi di parole) The Couscous Clan, è consulente dello Slow Food e tiene una rubrica di ricette sulla Stampa. Il suo sito www.kumale.net propone ricette del mondo intero, suddivise per aree geografiche; una ricerca analoga si può effettuare anche su www.abm.fr/pratique/cuisine.html (FR/EN) e - limitandosi stavolta alle cucine europee - sul sito anglofono www.ibmpcug.co.uk/~owls/ european_cuisines_text.html. Cucina francese: piatti, consigli, collegamenti su www.gourmetseeker.com/cuisine e www.oncook.com; una quantità davvero enorme di ricette su www.chez.com/ric/recettes. htm. In cucina come in tante altre cose sono comunque i siti anglofoni a fare la parte del leone, anche perché questi ultimi vent'anni hanno visto un boom senza precedenti dell'interesse per la gastronomia in paesi come la Gran Bretagna, dove ormai i grandi chef sono personaggi di primo piano, chiacchierati e stizzosi quanto le stelle del cin- ema,
CIBERSPAZIO CIBERSFIZIO e i reparti "Cookery Books" delle librerie non sono costituiti da scaffali, ma da stanze intere. Un sito particolarmente raffinato è www.foodoo.com, dove alcuni di questi grandi chef presentano le loro ricette; abbastanza simile, con numerosi collegamenti e ricerche interattive, www.simplyfood.com. Diversi siti nordamericani, sia pure con un taglio più sbrigativo (fra gli ingredienti: "1 cup frozen french fries"), sono comunque interessanti se non altro per la varietà e il numero di piatti presentati e l'impostazione molto pratica: www.allrecipes.com, www.epicurious.com, www.ichef.com, e soprattutto il canadese www.inquisitivecook.com, che nell'utilissima rubrica "You Asked Us" risponde ad ogni sorta di quesiti, dal modo migliore di arrostire le castagne a quanto tempo si possono lasciare in frigo le uova sode. Per i vegetariani, infine, il sito www.veg.org/veg (EN) contiene indirizzi (soprattutto americani) e collegamenti oltre a numerose ricette. Al di là di queste indicazioni pratiche, chi voglia saperne di più sulle iniziative attualmente in corso per difendere i prodotti tradizionali e il patrimonio gastronomico proprio di ciascun paese consulterà il sito della Slowfood (www.slowfood.it). Quest'organizzazione, che da tempo si batte per il diritto ad un cibo sano e di qualità, ha ormai ampiamente travalicato i confini nazionali e si sta imponendo come lobby a livello anche europeo ed internazionale. Cristina Cona SOMMARIO PAG. EDITORIALE: Una vita alla Commissione (Maria Grazia Ricci) 1 MOSTRE: La luce del vero (Clara Breddy) 2 CULTURALIA: Bella o fedele: Una vita per la traduzione (Cristina Cona) 3 MOSTRE: La « scoperta » del Mediterraneo al Grand Palais (Alda Muratore) 6 NOTE TERMINOLOGICHE: I sensi della legge (Cristiano Gambari) 8 Stato dell’arte (Cristiano Gambari) 10 CIBERSPAZIO: Cibersfizio (Cristina Cona) 11 Comitato di redazione: C. Breddy, C. Cona, R. Gallus, G. Gigante, D. Murillo, F. Nassi, M. G. Ricci Collaboratori: C. Gambari , Alda Muratore, Grafica: A. A. Beaufay-D’Amico (Anna Angela Beaufay D'Amico@cec.eu.int)
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