Due poeti traduttori dal tedesco a confronto: Giuseppe Fossati e Francesco Soave - Schweizerische Gesellschaft ...

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Due poeti traduttori dal tedesco a confronto:
Giuseppe Fossati e Francesco Soave
Stefano Barelli (Università di Friborgo)

La letteratura tedesca nell’Italia dei Lumi

    Ieri l’altro ebbi una prolissa lettera del nostro comune amico [Alessandro] Zorzi. Egli
    mi stimola a far la traduzione di Klopstock, ma vorrebbe che io imparassi un po’ di
    tedesco. Santo Dio! come sarà egli ciò possibile? Se mi metto a studiare questa lingua
    aquilonare, alla pronunzia di quelle parole infernali tutte le immagini e i pensieri
    poetici si spaventeranno, e fuggiranno via dal mio capo per la paura, in quella guisa
    appunto che gli Americani si cacciavano in fuga in sentire lo scoppio dei cannoni di
    Colombo.

Così Vincenzo Monti nel 1778, scrivendo all’amico Clementino Vannetti riguardo a
una possibile traduzione italiana del Messia di Friedrich Gottlieb Klopstock;1 e la
sua non era certo una idiosincrasia individuale se (per citare un solo esempio tra
i molti), a detta di Giulio Perini, segretario in quegli stessi anni dell’Accademia
della Crusca, le spigolosità di quella «lingua aquilonare» erano tali «da far sbigot-
tire un cane», non che «le immagini e i pensieri poetici» del Monti.2 Eppure,
nonostante il deterrente imposto da pregiudizi destinati a prolungarsi ben oltre
il secolo dei Lumi, la letteratura tedesca irrompe quasi di prepotenza nell’Italia
del secondo Settecento sull’onda del successo internazionale di alcuni autori di
grido: quello, appunto, di Klopstock, ma anche (e in misura maggiore) quello di
due letterati elvetici i cui nomi compaiono assai sovente, anzi quasi topicamente

1   Vincenzo Monti: Epistolario, a cura di Alfonso Bertoldi (Firenze 1928-31) I 51-52 (lettera
    dell’8 luglio 1778). Il Monti (1754-1828), ammesso da poco in Arcadia (1775), era allora agli
    esordi della sua carriera letteraria, che troverà il suo apice nella celeberrima versione italiana
    dell’Iliade (ed. definitiva: 1825). Il roveretano Clementino Vannetti (1754-1795) è autore di
    una vasta produzione che comprende scritti di carattere erudito, poesie e novelle.
2   Ricavo la citazione da Giulia Cantarutti: Per una rilettura di Aurelio de’ Giorgi Bertola e
    Francesco Soave traduttori del «Teocrito d’Elvezia» in: Giulia Cantarutti, Stefano Ferrari, Paola
    Maria Filippi (a cura di): Traduzioni e traduttori del Neoclassicismo (Milano 2010) 123 e n.

xviii.ch, vol. 7/2016
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abbinati: il bernese Albrecht von Haller (1708-1777) e lo zurighese Salomon
Gessner (1730-1788).3 Che tra i più rilevanti traduttori italiani dell’uno e dell’al-
tro figurino due poeti originari della Lombardia elvetica quali Giuseppe Fossati
(1759-1811) e Francesco Soave (1743-1806) non pare casuale, e offre lo spunto
per qualche considerazione sulle rispettive modalità di trasposizione letteraria.

Albrecht von Haller e Giuseppe Fossati
Manca tuttora uno studio specificamente dedicato alla fortuna letteraria di Haller
in Italia: eppure è forse a lui, probabilmente anche in conseguenza del suo presti-
gio scientifico,4 che va assegnato il ruolo di apripista nel campo delle traduzioni
poetiche italiane dal tedesco. L’edizione delle sue Poesie curata dal poeta ed eru-
dito piemontese Pier Domenico Soresi (1711-1778) e pubblicata anonimamente
nel 1768 a Yverdon5 precede in effetti di qualche anno la copiosissima serie di
traduzioni degli idilli di Gessner.6 Alla stampa romanda seguirono nel 1781 (nel
momento quindi di maggiore successo della letteratura «alemanna» in Italia) due
versioni di quella che fu la più nota delle composizioni del medico e poeta ber-
nese, l’Unvollkommenes Gedicht über die Ewigkeit7 (più tarda, forse solo ottocente-
sca, sembra essere stata la diffusione del celebre poemetto Die Alpen), voltato nel

3   Emblematica in questo senso la lettera di Melchiorre Cesarotti a Michele van Goens, probabil-
    mente del 1768: «Voi mi toccate il cuore lodandomi i poeti tedeschi. Sapete voi ch’io me ne
    sono innamorato al par di voi stesso, benché non sia in grado di gustare gli originali […]. Le
    Poesie di Haller, gl’Idilli di Gessner e la Morte di Adamo di Klopstock sono le sole cose che mi
    giunsero alle mani e m’incantarono estremamente». Emilio Bigi (a cura di): Dal Muratori al
    Cesarotti. Critici e storici della poesia e delle arti nel secondo Settecento (Milano, Napoli
    1960) t. IV 499.
4   Di cui è eloquente testimonianza l’elogio In morte del grande Alberto di Haller di Francesco
    Albergati Capacelli (Padova 1780). Già nel 1755 era stato tradotto in italiano un celebre
    scritto scientifico di Haller, la Dissertazione intorno alle parti irritabili, e sensibili degli animali
    […] (Napoli 1755).
5   Poesie del Sig. Alberto Haller tradotte in versi italiani dal sig. A. S. (Yverdon 1768).
6   Per le quali cfr. l’insuperata ricerca di Rita Lüchinger: Salomon Gessner in Italien. Sein litera-
    rischer Erfolg im 18. Jahrhundert (Bern, Frankfurt a. M., Las Vegas 1981) 31. Vi sarebbe, a
    rigore, il caso precoce ed isolato della traduzione della gessneriana Morte di Abele pubblicata
    nella Gazzetta Veneta da Gaspare Gozzi nel 1760.
7   Albrecht von Haller: Die Alpen und andere Gedichte, Auswahl und Nachwort von Adalbert
    Elschenbroich (Stuttgart 1965) 75-79. Il poemetto, datato 1729, compare per la prima volta
    nel Versuch Schweizerischer Gedichten. … Stulta est clementia, cum tot ubique Vatibus occuras,
    perituræ Parcere Chartæ. Iuvenal (Bern 1732).
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nostro idioma in contemporanea dal bellunese Giuseppe Urbano Pagani Cesa
(1757-1835)8 e dal morcotese (veneziano d’adozione) Giuseppe Luigi Fossati.9
Diversamente da quella del Soave, fatto oggetto in anni recenti di numerosi studi
e anche di edizioni critiche e commentate, la produzione di Giuseppe Fossati è
rimasta fino ad oggi praticamente ignorata, nonostante l’elogiativa segnalazione
delle qualità del traduttore e del critico da parte di Giovanni Orelli («modesto
poeta in proprio, [Fossati] è invece eccellente traduttore […]. È probabilmente
il poeta – o il solo poeta – della Svizzera italiana che, prima della stagione
novecentesca di Francesco Chiesa e soprattutto di Giorgio Orelli, possegga la
consapevolezza critica che inerisce al fare poesia»).10 Il Saggio di libere versioni
poetiche, pubblicato a Padova presso Conzatti nel 1781 con dedica a Melchiorre
Cesarotti, che riunisce versioni già date alle stampe singolarmente, attesta della
sua attività di traduttore a tutto campo: la breve raccolta comprende infatti, oltre
al citato poemetto halleriano (intitolato L’eternità. Frammento poetico),11 le tra-
sposizioni dell’Inno al Creatore dell’inglese James Thomson, dell’Ode sopra il
Tempo di Antoine Léonard Thomas e del Filosofo delle Alpi di Jean-François de La
Harpe; si aggiunga che le competenze del Fossati si estendevano anche alle lin-
gue antiche, come dimostrano le sue versioni italiane di brani biblici (il capitolo
37 del Libro di Ezechiele e il Salmo 103) date alle stampe nel 1790.12

 8 La versione del Pagani Cesa (L’Eternità) è inclusa nelle sue Poesie, Tomo I: Versioni (Venezia
   1782). Dopo l’edizione del Soresi, la fama italiana di Haller sembra affidata in larga misura a
   traduzioni singole, spesso in pubblicazioni occasionali; la sola altra raccolta è la silloge
   ottocentesca Poesie scelte di Alberto Haller voltate in italiana favella da Lorenzo Martini
   (Torino 182[?]).
 9 Figlio del pittore Davide Antonio, trasferitosi a Venezia da Morcote, Giuseppe Fossati nacque
   nella città lagunare, dove esercitò l’avvocatura; discepolo del celebre letterato padovano
   Melchiorre Cesarotti, fu oratore di successo e autore, oltre che di traduzioni, di una propria
   produzione poetica di natura soprattutto occasionale. Per un suo dettagliato profilo biografico
   si vedano Carlo Gentile: Giuseppe Luigi Fossati nella cultura veneta del suo tempo. Ricerche
   critiche con testi inediti (Bari 1965) e Carlo Palumbo-Fossati: I Fossati di Morcote (Bellinzona
   1970) 71-77.
10 Giovanni Orelli: Svizzera italiana (Brescia 1986) 57.
11 Era stato precedentemente pubblicato nello stesso 1781 nel Giornale enciclopedico di Vicenza
   diretto da Elisabetta Caminer Turra. Cfr. C. Gentile: Giuseppe Luigi Fossati [nota 9] 210-211.
12 Imitazione del capitolo XXXVII di Ezechiello, e del salmo CIII di Davide (Venezia 1790). La
   prima versione, parzialmente antologizzata in G. Orelli: Svizzera italiana [nota 10], si trova
   anche in Poesie bibliche tradotte da celebri italiani ed illustrate con note (Milano 1834)
   403-406.
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Come noto, la diffusione della letteratura tedesca in Italia nel Settecento (e in
parte anche nel secolo successivo) avviene in massima parte per mediazione
francese; la grande maggioranza dei traduttori è infatti del tutto digiuna dell’i-
dioma germanico: significativamente, quel Giulio Perini poc’anzi ricordato per le
sue sprezzanti considerazioni sulla lingua tedesca è uno dei primi traduttori ita-
liani di Gessner, evidentemente letto esclusivamente in francese.13 Logico quindi
attendersi che il Fossati si rifaccia non all’originale tedesco bensì alla versione
transalpina curata da Vincenz Bernhard von Tscharner (1728-1778) e uscita nel
1752,14 alla quale, come si vedrà, aveva fatto riferimento il Soresi, primo tradut-
tore del poemetto. Per verificare la fondatezza dell’ipotesi, e soprattutto per
esaminare le modalità traduttorie del morcotese, si consideri la prima sezione del
testo mettendo a confronto l’originale tedesco, la versione francese e quella ita-
liana, in endecasillabi sciolti, del Fossati (v. p. 113: da notare come, secondo un
procedimento tutt’altro che inconsueto, il traduttore francese volga in prosa i
versi tedeschi: un’attitudine rovesciata rispetto a quella corrente in Italia, per la
quale, ad esempio, gli idilli in prosa di Gessner vengono, con rarissime eccezioni,
tradotti in versi).15
Appaiono subito evidenti le due principali linee direttive seguite dal Fossati: da
un lato il sistematico ricorso all’amplificatio, che porta quasi al raddoppio del
numero dei versi rispetto al testo di Haller (anche se va ovviamente tenuto conto
della diversità del metro e della natura «verticale» della traduzione),16 dall’altro
l’innalzamento «tragico» del registro linguistico. Si tratta di due tendenze tipiche
della traduzione letteraria italiana del Settecento, che tuttavia assumono qui una
particolare rilevanza.

13 Si veda al riguardo Mario Allegri: Gli italiani e il «Parnaso Alemanno»: traduzioni, traduttori e
   polemiche antifrancesi in: Giulia Cantarutti, Stefano Ferrari, Paola Maria Filippi (a cura di): Il
   Settecento tedesco in Italia. Gli italiani e l’immagine della cultura tedesca nel XVIII secolo
   (Bologna 2001) 119-161. Sulla traduzione del Perini cfr. R. Lüchinger: Salomon Gessner [nota
   6] 63-64 e 103-104.
14 Poésies de Monsieur de Haller traduites de l’Allemand (Zuric 1752).
15 Cfr. Introduzione a Francesco Soave: Nuovi idillii. Versioni da Salomon Gessner – Idillii, a cura
   di Stefano Barelli (Bellinzona 2011) XIII-XIV.
16 Ci si riferisce alla distinzione proposta da Folena (riferita all’ambito medievale ma applicabile
   anche a quello moderno) tra traduzioni «verticali», che riguardano lingue lontane tra loro, e
   «orizzontali», tra lingue affini per struttura e per tradizione culturale: Gianfranco Folena:
   Volgarizzare e tradurre (Torino 1991). A titolo di confronto tra versioni italiane, si consideri
   che la traduzione del Soresi conta in totale 153 versi contro i 215 del Fossati.
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   Haller, Unvollkommenes Gedicht über die                  Tscharner, Fragment d’une ode sur l’Eternité18
   Ewigkeit17
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   Ihr Wälder! wo kein Licht durch finstre Tannen strahlt   travers l’ombrage des Sapins, où chaque bocage nous
   und sich in jedem Busch die Nacht des Grabes malt;       peint la nuit du tombeau: Vieux rochers! où égarés
   ihr hohlen Felsen dort! wo im Gesträuch verirret         dans les buissons, les oiseaux solitaires font entendre
   ein trauriges Geschwärm einsamer Vögel schwirret;        leurs tristes concerts: Ruisseaux! qui coulez lentement
 5 ihr Bäche! die ihr matt in dürren Angern fliesst         per ces Côteaux arides, & versez vos ondes languis-
   und den verlornen Strom in öde Sümpfe giesst;            santes dans des marais sans culture: Plaines stériles;
   erstorbenes Gefild und grausenvolle Gründe,              Vallons pleins d’horreur! puissiez-vous me peindre les
   o dass ich doch bei euch des Todes Farben fünde!         couleurs de la mort! Entretenez ma douleur par une
   o nährt mir kaltem Schaur und schwarzem Gram mein        froide terreur, & par une noire mélancolie; que je trou-
                                                   [Leid!   ve en vous une image de l’éternité!
10 Seid mir ein Bild der Ewigkeit!                          Mon Ami est mort; son ombre vole encore autour de
   Mein Freund ist hin!                                     mon imagination égarée; je crois voir son image, je
   Sein Schatten schwebt mir noch vor dem verwirrten        crois entendre sa voix: Mais dans ces lieux effraïans,
                                                   [Sinn,   d’où le retour est fermé à jamais, l’Eternité le retient
   mich dünkt, ich seh sein Bild und höre seine Worte;      entre ses bras invincibles.
   ihn aber hält am ernsten Orte,
15 der nichts zu uns zurücke lässt,
   die Ewigkeit mit starken Armen fest.

   Fossati, L’Eternità. Frammento poetico19
   Cupe foreste, ove dei neri pini                      15 di spavento, e d’orror, voi della morte
   non penetraron mai tra le folte ombre                   pingetemi l’immago; il gel che spira
   i vividi del dì raggi fecondi,                          tra quest’ombre romite, e al cor discende
   ove ogni bosco al cor rammenta, e al guardo             d’atra malinconia tutta mi pasca
 5 la notte della tomba; annose rupi                       l’anima afflitta, ond’io d’Eternitade
   fesse in antri, e di dumi ispidi avvolte             20 l’aspetto formidabile ravvisi!
   ove soltanto il solitario gufo                          L’amico più non è; la vagante ombra
   col carme lamentevole funesta                           volteggia innanzi al mio turbato spirto.
   i notturni silenzj, e voi ruscelli                      Parmi veder l’aerea forma, e parmi
10 la cui scarsa, e negletta onda serpeggia                il suono udir della sua fioca voce.
   fra quegli aridi massi, indi si versa                25 Ma m’inganna il pensiero. Ahi che de’ spenti
   con sordo mormorio tra incolti stagni;                  entro l’irremeabile soggiorno
   vasti deserti, meste valli, alberghi                    già l’infinita Eternità lo involve.

17 Poésies de Monsieur de Haller [nota 14] 219-20. Il metro impiegato è di tipo madrigalesco,
   con alternanza di alessandrini, dodecasillabi e quaternari e libero impiego delle rime (freie
   Reimverse), tutte baciate in questa prima sezione (ringrazio Francesca Binda e Giorgia Franzini
   per le informazioni).
18 A. von Haller: Die Alpen und andere Gedichte [nota 7] 75.
19 Saggio di libere versioni poetiche (Padova 1781) 27-28.
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Per il primo dei due fenomeni, che non è circoscritto, come era generalmente il
caso, all’ambito nominale ma comporta sovente la completa riformulazione sin-
tattica, si considerino pochi ma indicativi specimena (si riporta la lezione del
Fossati seguita dalle forme tedesche e francesi): v. 3 «i vividi del dì raggi fecondi»
(in luogo di «Licht» – «lumière»); vv. 4-5 «al cor rammenta, e al guardo / la notte
della tomba» («sich … die Nacht des Grabes malt» – «nous peint la nuit du
tombeau»: il Fossati aggiunge a quella sentimentale una notazione più esplicita-
mente visiva); vv. 7-9 «ove soltanto il solitario gufo / col carme lamentevole
funesta / i notturni silenzj» («wo im Gesträuch verirret / ein trauriges Geschwärm
einsamer Vögel schwirret» – «où égarés dans les buissons, les oiseaux solitaires
font entendre leurs tristes concerts», con suggestiva ipostatizzazione del gene-
rico «Vogel», riformulazione con differente collocazione degli elementi
– «Gesträuch»/«buissons» è restituito nel v. precedente con «ispidi dumi» – e
immissione della componente notturna); v. 24 «il suono … della sua fioca voce»
(«seine Worte» – «sa voix»); ecc. Sono dati che risultano anche più notevoli se
confrontati con la versione ben più letterale ma assai meno incisiva che ne dava
il Soresi, primo traduttore italiano del poemetto, di cui si riporta l’attacco:

    Foreste opache, ove tra’ rami ombrosi
    de’ folti abeti non penetra luce,
    ove ogni picciol bosco a noi la notte
    del sepolcro dipinge: antiche rupi,
    ove smarriti i solitarj augelli
    tra spesse fratte i mesti lor concenti
    udir ne fanno …20

L’esemplificazione appena fornita è indicativa anche del più alto grado di lettera-
rietà della lingua del Fossati rispetto a quella di Haller e della traduzione transal-
pina: una letterarietà decisamente più caratterizzata e più consapevole rispetto
al generico aulicismo «d’inerzia»21 della koiné poetica settecentesca su cui si
fondano quasi tutte le trasposizioni letterarie italiane coeve. Sintomatico a que-
sto riguardo è il trattamento del v. 11 del testo halleriano: «Mein Freund ist hin!»
(«Mon Ami est mort» nella versione francese): tradotto dal Soresi mediante

20 Poesie del Sig. Alberto Haller [nota 5] 169.
21 La pertinente definizione è in Giuseppe Antonelli: Lingua e stile di Aurelio Bertola viaggiatore
   in: Andrea Battistini (a cura di): Un europeo del Settecento. Aurelio de’ Giorgi Bertola rimi-
   nese (Ravenna 2000) 367.
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inversione a conferire maggiore solennità («Morto è ‘l mio amico»), è invece reso
dal Fossati con una perifrasi ulteriormente nobilitante: «L’amico più non è». Non
quindi (o almeno non solo) la consueta e spesso meccanica opzione a favore degli
allotropi letterariamente più connotati tra quelli disponibili, ma ricerca di una
studiata ed autonoma «tragicità».
Il brano riportato attesta pure dei considerevoli esiti poetici di questa operazione
di riscrittura: basti la considerazione dei primi versi, dove l’insistito ricorso alle
sonorità gravi («cUpe fOreste … fOlte Ombre … Ove Ogni bOsco al cOr … la nOtte
della tOmba», ecc.) fa da cornice allo squillante v. 3 («I vIvIdI del dÌ raggI
fecondI»): l’antitesi fonica sottolinea con viva icasticità quanto in quella allocu-
zione paesaggistica – quasi un equivalente e contrario del petrarchesco «Chiare
fresche et dolci acque» – è totalmente assente (e si noti quanto più incisivo sia
l’attacco del Fossati, col primo ictus fortissimo su /u/, rispetto a quello banal-
mente dimesso del Soresi: «Foreste opache …»).
Diverso rispetto alle consuetudini vigenti è pure l’approccio al testo di partenza:
contrariamente alle aspettative, per la sua libera versione il Fossati considera
infatti, si direbbe in ugual misura, tanto la traduzione francese quanto l’originale
tedesco, servendosi dell’una o dell’altro a seconda delle occorrenze. Se l’attacco
pare infatti conformarsi alla versione di Tscharner per l’introduzione di un agget-
tivo non presente nel testo di Haller («cupe», che riprende «sombres»), le «rupi»
(«Felsen»/«rochers») del v. 5, oltre che «annose» («vieux»: manca un equivalente
tedesco), sono pure «fesse in antri» («hohlen»: attributo assente nella tradu-
zione francese): il confronto con quanto segue dà conferma di questo costante
duplice riferimento, benché le libertà che il Fossati si concede rendano il più delle
volte arduo stabilire su quale dei due testi di partenza si appunti con maggiore
frequenza l’attenzione del traduttore.22

22 Per contro, il Soresi rivela a più riprese la sua dipendenza dalla versione francese (peraltro
   assai letterale); qualche esempio: «ondes languissantes» – «languidi ruscelletti» (ted. «ver-
   lornen Strom»); «tra le invincibil sue braccia» – «entre ses bras invincibles» (ted. «mit star-
   ken Armen»), ecc. (analoghe considerazioni valgono per la più tarda traduzione del Pagani
   Cesa). Va notato che in qualche raro caso il Fossati si appoggia alla versione del Soresi: ad es.
   vv. 40-41 «Ah! son io forse / di più sublime sfera?», che riprende Soresi, v. 31: «Ma che? Son
   io di più sublime sfera?» (Haller, v. 25: «Und ich? bin ich von höherem Orden?»).
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                     Ill. 1 — Frontespizio del volumetto di Giuseppe Fossati
                    Saggio di libere versioni poetiche (Padova: Conzatti, 1781).

Salomon Gessner e Francesco Soave
Il solenne poemetto halleriano sembra avere ben poco in comune con le atmo-
sfere che una peraltro stereotipa tradizione attribuisce all’idillio (ne potrebbe
parere anzi il rovescio): tuttavia, come rileva la Cantarutti, l’Unvollkommenes
Gedicht über die Ewigkeit fu particolarmente apprezzato dagli estimatori di Gessner
(non a caso, come si ricordava in apertura, il nome del «Teocrito d’Elvezia» si
trova spessissimo abbinato a quello di Haller); Aurelio de’ Giorgi Bertola (1753-
1798), con il Soave il più importante traduttore italiano dello zurighese, lo con-
sidera addirittura «uno de’ più preziosi monumenti dello spirito umano».23
Accomuna infatti i due letterati svizzeri quella concezione «filosofica» della let-
teratura che costituisce una fondamentale chiave di lettura per la valutazione
delle fortune italiche della poesia «alemanna», e idillica in particolare.24 In

23 G. Cantarutti: Per una rilettura [nota 2] 131. La citazione dal Bertola è tratta da Idea della
   bella letteratura alemanna, 2 tomi (Lucca 1784) I 42, dove è anche la traduzione (in prosa) di
   alcuni estratti del poemetto di Haller. Sul letterato e viaggiatore riminese, autore tra l’altro di
   un Elogio di Gessner (Bassano 1789), cfr. Emilio Bigi, in: Dizionario Biografico degli Italiani
   (Roma [1967]) vol. 9 564-566.
24 Cfr. G. Cantarutti: Per una rilettura [nota 2] in particolare 131-134.
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questo senso i traduttori di Haller, la cui diffusione in Italia sembra avere avuto
caratteri tutto sommato elitari, potrebbero avere svolto un fondamentale ruolo di
tramite e quasi di preparazione di campo per la ben più vasta e straordinaria
fortuna che arrise a Gessner, di gran lunga maggiore a quella di ogni altro espo-
nente della letteratura tedesca.25 Opportuno, dunque, fornire qualche indicazione
sulle vicende editoriali delle sue Idyllen.
Lo scrittore, pittore ed editore zurighese pubblicò tra il 1765 e il 1772 tre rac-
colte di idilli, tutte uscite presso la propria tipografia (Orell, Gessner & Co; dal
1770, Orell, Gessner, Füssli & Co), per un totale di 52 testi, quasi tutti in prosa
ritmica. A una prima serie di Idyllen (24 composizioni) pubblicata anonima nel
1756 fece seguito la stampa di altri sei idilli inseriti in due raccolte complessive,
entrambe uscite nel 1762 (Schriften e Gedichte: sono riunite nell’edizione moderna
curata da E. Theodor Voss nella sezione Idyllen und Gedichte).26 La terza serie
venne pubblicata contemporaneamente in tre edizioni distinte, tutte datate
1772. Le prime due comprendono, oltre a 22 nuove composizioni, due racconti
morali (in tedesco) di Denis Diderot, e recano la stessa intestazione: Moralische
Erzählungen und Idyllen von Diderot und S. Gessner (delle due stampe, una com-
prende dieci incisioni dello stesso Gessner, l’altra è un’emissione economica,
senza incisioni). La terza emissione, pure senza incisioni, reca la denominazione
che successivamente designerà l’ultima collezione di composizioni pastorali:
Salomon Gessners Neue Idyllen.27
L’anno successivo compaiono, sempre per i tipi di Orell, Gessner & Füssli, due
volumi che raccolgono la traduzione francese dell’ultima produzione idillica del
letterato zurighese, ad opera di Michael Huber in collaborazione con Jakob
Heinrich Meister: un’edizione di lusso in quarto con incisioni e un’edizione eco-
nomica in ottavo. I dati bibliografici sono leggermente diversificati: Contes
moraux et Nouvelles idylles de D[iderot] et Salomon Gessner e Contes moraux et
Nouvelles idylles de Mrs. D[iderot] et Gessner. Seguono ben presto le traduzioni
francesi dell’intero corpus gessneriano: Oeuvres de Mr Gessner, del 1774 e Oeuvres
de Salomon Gessner traduites de l’allemand, del 1777, per i tipi dell’autore, e,

25 Si rinvia ancora a R. Lüchinger: Salomon Gessner in Italien [nota 6].
26 Salomon Gessner: Idyllen, hg. von E. Theodor Voss (Stuttgart 31988).
27 Cfr. per le tre edizioni, Thomas Bürger: Aufklärung in Zürich. Die Verlagsbuchandlung Orell,
   Gessner, Füssli & Comp. in der zweiten Hälfte des 18. Jahrhunderts. Mit einer Bibliographie
   der Verlagswerke 1761-1798 (Frankfurt a. M. 1997) 197, nn. 201, 202 e 205.
122                                                                                  Stefano Barelli

presso altro editore, la Collection complète des oeuvres de M. Gessner; traduit de
l’allemand par M. Huber, pubblicata a Neuchâtel dalla Société Typografique nel
1776. A queste versioni francesi è affidato principalmente il grande successo
italiano (ed europeo) dello zurighese.
Francesco Soave (1743-1806)28 fu il primo a proporre la traduzione integrale della
terza raccolta, le Neue Idyllen (di cui il Bertola aveva precedentemente fornito
alcuni assaggi), proprio nel momento in cui l’entusiasmo per Gessner era all’apice.29
L’operazione si rivelò un autentico e sorprendente best seller: alla princeps segui-
rono 23 altre edizioni complete, 11 delle quali pubblicate in vita del traduttore,
con regolari ristampe fino quasi alla metà dell’Ottocento. Sono cifre a cui gli altri
traspositori italiani di Gessner non si avvicinarono neanche lontanamente.30
Per esaminare le specificità delle versioni offerte dal somasco luganese, conviene
procedere analogamente a quanto fatto per l’Eternità del Fossati. Si consideri
come banco di prova la versione del Soave della più breve tra le Neue Idyllen, una
delle pochissime scritte in versi anziché in prosa poetica (e resa in settenari ed
endecasillabi liberamente rimati, anziché negli endecasillabi sciolti altrove
impiegati), e la si metta in parallelo con l’originale tedesco e con la traduzione
francese di Huber-Meister:

28 Somasco luganese, fu docente di poesia all’università di Parma e successivamente ottenne la
   cattedra di filosofia morale alle scuole milanesi di Brera e quella di analisi delle idee all’uni-
   versità di Pavia. La sua notorietà è legata soprattutto all’attività di pedagogista nel quadro
   della riforma dell’insegnamento promossa nella Lombardia austriaca da Giuseppe II secondo il
   metodo detto «normale», per la quale allestì i programmi di studio e compose tutti i testi
   scolastici; di notevole rilievo pure l’opera di divulgatore delle dottrine sensiste (di Locke in
   particolare). Per la sua produzione letteraria, oltre alle traduzioni gessneriane, ci si limita a
   ricordare le Novelle morali (su cui cfr. anche la nota 41), pure concepite per uso didattico, di
   cui si ebbero centinaia di edizioni fino al tardo Ottocento e traduzioni in numerose lingue. Per
   un suo profilo bio-bibliografico cfr. Introduzione a F. Soave: Nuovi idillii [nota 15] LXI-LXXI.
29 Salomon Gessner: I nuovi idillii (Vercelli 1778).
30 Per la storia editoriale delle versioni del Soave cfr. Introduzione e Nota al testo a F. Soave:
   Nuovi idillii [nota 15].
31 S. Gessner: Idyllen [nota 26] 110.
32 Salomon Gessner: Contes moraux et Nouvelles idylles de D[iderot] et Salomon Gessner (Zurich
   1773) 93.
33 F. Soave: Nuovi idillii [nota 15] 18 (è l’idillio III).
Due poeti traduttori dal tedesco a confronto                                                              123

   Gessner, An den Amor31                                 Huber-Meister, A l’Amour32
   Ach Amor, lieber Amor!                                 Aimable Dieu de Cypris, ce fut le premier jour de Mai
   Schon an dem ersten May                                que j’elevai pour toi cet autel au fonds du jardin, je
   Baut in des Gartens Ecke                               le couvris d’un berceau de Mirthes et de roses. Amour!
   Ich den Altar für dich,                                sur cet autel ne t’ai-je pàs offert tous les matins une
 5 Und pflanzte Rosenhecken                               guirlande de fleurs toute humide encore des pleurs
   Und Myrthen drüber her:                                de l’aurore? mais helas! tu te ris de mes voeux. Déjà
   Und lag nicht jeden Morgen                             les aquilons fanent la verdure des arbres et des prés,
   Thauvoll ein Blumenkranz                               Phyillis – Phyllis est toujours cruelle comme le pre-
   Auf deines Altars Mitte?                               mier jour de Mai
10 Ach alles war umsonst!
   Schon streifen Winterwinde
   Das Laub von Baum und Strauch,
   Und Phillis ist noch spröde,
   Spröd wie am ersten May.

                                    Soave, Il lamento33
                                  Amor, tenero Amore!
                                  Il primo dì di maggio io nel giardino
                                  a te quest’ara alzai,
                                  che pur di rose e di bei mirti ombrai.
                                5 Amor, ogni mattino
                                  serti di fiori io su quest’ara istessa
                                  t’offersi, umidi ancora
                                  del pianto dell’Aurora.
                                  Ma lasso! i voti miei tu prendi a scherno.
                               10 Già i crudi venti del nemico verno
                                  spoglian del verde gli arboscelli e i prati:
                                  e Fille è ancor, qual’era
                                  al primo dì di maggio, acerba e fiera.

Se la modifica più appariscente, quella riguardante il cambiamento del titolo, si
giustifica con l’intento soaviano di annunciare fin dal paratesto gli intenti morali
e civili della raccolta (in questa direzione «filosofica» si spiega anche la dispo-
sizione dei componimenti, diversa da quella stabilita da Gessner),34 il confronto
con i testi di partenza conduce a constatazioni in parte analoghe a quelle fatte
in merito alla versione halleriana del Fossati. In effetti, anche il Soave ha evi-
dentemente tenuto sul suo scrittoio entrambe le versioni dell’idillio, tedesca e
francese. Ricrea l’avvio ex abrupto ed esclamativo dell’originale, di cui mantiene
pure la replicazione enfatica, ignorando l’ampia e perifrastica allocuzione che
apre la versione francese, e anche nei versi seguenti il testo di riferimento
sembra essere quello tedesco. Tuttavia, verso la metà della composizione, le

34 Cfr. Introduzione a Ibid. XXII-XXIII.
124                                                                                  Stefano Barelli

parti si invertono: i serti di fiori «umidi ancora / del pianto dell’aurora» ricalcano
la ghirlanda «toute humide encore des pleurs de l’aurore» (Gessner sintetizzava
il tutto con «Thauvoll»); analogamente, il v. 9 traduce quasi alla lettera il testo
francese («mais helas! tu te ris de mes voeux»: nell’originale il verso corrispon-
dente è il decimo).
Diverso è invece il grado di libertà rispetto alle fonti che si assume il traduttore:
all’estesa riformulazione lessicale e in parte sintattica del Fossati si oppone la
sostanziale fedeltà del Soave alla versione scelta per un determinato brano; le
sue licenze traduttorie non vanno oltre modeste amplificationes, come quella
del v. 10, che dilata (e nobilita) tanto «Winterwinde» quanto «aquilons», o
come la dittologia aggettivale della chiusa, che raddoppia «spröd(e)»/«cruelle»,
istituendo altresì, mediante un trasparente rimando petrarchesco, un aggancio
con la tradizione lirica italiana. Come nel caso del Fossati, anche sul luganese
agisce la tendenza all’aulicismo (v. 3 «ara», che traduce «Altar»/«Autel»; v. 6
«serti» per «-kranz»/«guirlande», ecc.): tuttavia nelle versioni del Soave l’in-
nalzamento di registro non va oltre i limiti canonici della koiné poetica sette-
centesca; anzi, è proprio nella congiunzione tra una classica, «teocritea» ele-
ganza e la piana limpidezza dell’espressione che va individuato il motivo
principale del duraturo successo dei suoi Nuovi idillii.35 Assai diversa, e impron-
tata a un’operazione di riscrittura ben più radicale (che presenta qualche affi-
nità con il trattamento di Haller da parte del Fossati), sarà l’attitudine dell’altro
fortunatissimo traduttore di Gessner, Andrea Maffei (1798-1885): ma siamo
ormai in pieno Ottocento.36

35 Componenti che non escludono l’occasionale ricorso a sonorità che echeggiano quelle impie-
   gate dal Fossati, come in XVIII, vv. 81-82: mentre a’ tormenti delle Furie ultrici / abbandonata
   è l’anima fremente; XX, vv. 22-24: Già di sordo rumor l’aere rimbomba. / Tale da lunge a un
   subito disastro / del terrore e del duol l’urlo s’ascolta; XXII, vv. 1-2: Sul monte, onde di Rauti
   rumoroso / nella valle precipita il torrente (Ibid., 85, 96, 107).
36 Cfr. Paola Maria Filippi: Andrea Maffei e la sua idea del tradurre. Gli Idillj di Gessner fra «il
   parlar dei moderni e il sermon prisco», in: Traduzioni e traduttori del Neoclassicismo [nota 2]
   175-192.
Due poeti traduttori dal tedesco a confronto                                               125

           Ill. 2 — Frontespizio della prima edizione dei Nuovi idillii di Gessner nella
                 traduzione di Francesco Soave (Vercelli: Stamperia Patria, 1778).

Fossati e Soave poeti «svizzeri»?
Una più ampia ricognizione della sua raccolta idillica dimostra invero che, nella
maggior parte dei casi, il Soave assume come principale testo di riferimento
quello francese (senza che quello tedesco venga comunque mai perso di vista);37
ma, ed è quello che qui più importa, l’analogia con il modus operandi del Fossati
è indubbia e piuttosto sorprendente, considerata la già rilevata e generalizzata
tendenza dei traduttori italiani a servirsi unicamente delle versioni francesi (una
constatazione, questa, peraltro forse fin troppo insistentemente ripetuta e che
alla luce di recenti acquisizioni meriterebbe di essere sottoposta a qualche revi-
sione).38 Ci si può pertanto chiedere se la comune origine svizzero-italiana sia da
mettere in relazione con delle competenze linguistiche certamente assai poco
comuni, e soprattutto quanto peso essa abbia avuto nella scelta di autori elveti
da proporre al pubblico italiano: una scelta, almeno da parte del Fossati,

37 Cfr. Introduzione a F. Soave: Nuovi idillii [nota 15] XVII-XVIII.
38 Ad esempio, contrariamente all’opinione corrente, tra i traduttori di Gessner avevano solide
   conoscenze di tedesco non solo il Soave e il Bertola ma almeno un paio di altri nomi assai
   meno noti quali Luigi Maria Buchetti e Matteo Procopio: cfr. Ibid., XIV-XXIX. Per il Fossati
   sarebbe poi da verificare una possibile conoscenza anche dell’inglese esaminando la sua ver-
   sione dell’Inno al Creatore di Thomson.
126                                                                                 Stefano Barelli

pioneristica, e che al Soave assicurò, come già ricordato, un successo di dimen-
sioni sorprendenti e di lunga durata.39
Si tratta di interrogativi tanto più legittimi se si considera che la distinzione tra
l’ambito culturale svizzero e quello germanico era certamente chiara nell’Italia
dei Lumi: è indicativa a questo riguardo una lettera di un profondo conoscitore
della realtà d’oltralpe quale lo storico e giurista trentino Carlo Antonio Pilati
(1733-1802) che, dopo avere elencato alcuni tra i più rappresentativi letterati
nordici a lui contemporanei, chiosa: «io ho messo qui fra il numero dei Tedeschi
tre Svizzeri [Gessner, Haller e Johann Georg von Zimmermann], benché gli uni
siano per molti riguardi differenti dagli altri, non avendo quasi altra cosa di
comune, che la lingua».40
Pur mantenendo contatti con i rispettivi luoghi d’origine, Fossati e Soave vissero
quasi sempre separati dal contesto culturale e politico dei baliaggi svizzeri: una
loro ascrizione, anche solo parziale, all’ambito elvetico risulta pertanto problema-
tica e probabilmente forzata. Anche la presenza di Guglielmo Tell in una delle
celebri Novelle morali soaviane (pubblicate per la prima volta nel 1782)41 non deve
essere letta in chiave «patriottica», bensì come attestazione della crescente for-
tuna e diffusione anche in Italia della leggenda (va semmai rilevato come la figura
di Tell non sia affatto scevra di connotazioni «illuministiche»).42 Nondimeno, le
concordanze rilevate in queste pagine sono forse rivelatrici di un’affinità di intenti
e di una comune sensibilità che non sono riferibili solo a uno Zeitgeist condiviso.
Il confronto con l’attività di altri letterati-traduttori pure provenienti da ambiti
«di frontiera» potrebbe in questo senso fornire inedite indicazioni circa la rice-
zione e la diffusione di nuove istanze culturali nell’Italia del Settecento.

39 Cfr. Introduzione a F. Soave: Nuovi idillii [nota 15] XL-XLVII e, per gli altri traduttori di
   Gessner, XXIV-XXX.
40 Carlo Antonio Pilati: Lettere di un viaggiatore filosofo. Germania Austria Svizzera: 1774, a
   cura di Giovanni Pagliero (Bergamo 1990) 53.
41 Novelle morali (Milano, Gaetano Motta 1782); la seconda edizione ampliata, oggetto di nume-
   rosissime ristampe, uscì, sempre presso Motta, nel 1786. Per le relazioni tra gli idilli gessne-
   riani e le Novelle morali cfr. Introduzione a F. Soave: Nuovi idillii [nota 15] XXX.
42 Cfr. Stefano Barelli: Francesco Soave tra Italia e Svizzera. Un incontro editoriale mancato,
   Archivio Storico Ticinese 143 (2008) 123-130.
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