L'asta sabato 29 giugno 2019 - GENOVA | GIARDINI LUZZATI - Liguria Pride

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L'asta sabato 29 giugno 2019 - GENOVA | GIARDINI LUZZATI - Liguria Pride
L’asta
sabato 29 giugno 2019
         ore 18.30
    GENOVA | GIARDINI LUZZATI
L'asta sabato 29 giugno 2019 - GENOVA | GIARDINI LUZZATI - Liguria Pride
Asta delle opere di
                                                 Due mostre sull’identità LGBT+         Informazioni sullo svolgimento dell’asta
                                                 nell’ARTE e nella STORIA               Il Coordinamento Liguria Rainbow, ente organizzatore del Liguria Pride, indice l’asta
                                                 di Genova e della Liguria              delle opere esposte in occasione della prima edizione del Progetto OMO.

                                                  GENOVA | GIARDINI LUZZATI             L’asta avrà luogo sabato 29 giugno a Genova presso i Giardini Luzzati, location
                                                                                        dell’appena concluso Liguria Pride Village, a partire dalle ore 18.30.
                                                 sabato 29 giugno 2019, ore 18.30
                                                                                        Ogni opera verrà venduta alla migliore offerta, partendo da una base d’asta
                                                                                        di euro 100. Il ricavato è devoluto alle iniziative culturali del Liguria Pride.
                                                 omoliguriapride.it
                                                                                        Le opere in oggetto verranno poi replicate in copia autorizzata per le edizioni
                                                                                        successive della mostra OMO story, in programma per gli anni a venire.
                                                                                        Il ritiro delle opere acquistate potrà essere effettuato in loco o accordandosi
                                                                                        direttamente con lo staff del Coordinamento Liguria Rainbow presente all’evento.

ORGANIZZATO DA:                                  IN COLLABORAZIONE CON:
                                                                                        Specifiche tecniche delle illustrazioni
                                                                                        Le illustrazioni sono stampate su plexiglass 3mm in formato 100x70cm
                                                                                        e vengono vendute complete di cornice e attacchi.
                                                                                        Per maggiori informazioni scrivere a:
                                                                                        info@omoliguriapride.it
                                                                                        info@liguriapride.it
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 U.S. CONSULATE                           UNIVERSITÀ DEGLI
GENERAL • MILAN                           STUDI DI GENOVA               INT RNAT
                                                                           E

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le opere

                 Estratto dal catalogo
“OMO – Due mostre sull’identità LGBT+
            nell’ARTE e nella STORIA
           di Genova e della Liguria”
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Lotto 1 | Iq-Arus
Coppia di Anonimi
del ’400
La prima edizione di questa mostra si apre con una coppia di Anoni-
mi: tante sono le storie di gente qualunque che non potremo mai cono-
scere e che ci aiuterebbero a comprendere meglio la nostra storia e il
nostro tempo. Eppure dagli studi e dalle ricerche archivistiche posso-
no emergere parti di queste storie che ancora riescono a sorprenderci.
La ricerca mai pubblicata (perché mai conclusa) condotta nel 2007
dall’Archivio di Stato di Genova ha permesso di trovare alcuni con-
tratti della seconda metà del ’400 nei quali alcune coppie di uomini,
presso diversi notai, creavano un vincolo familiare fra loro laddove non
sussisteva alcun legame di sangue. Questi contratti, chiamati frater-
nitas (nel senso di fratellanza) o comunio (da comunione), definivano
rapporti di reciproca assistenza, coabitazione (con una formula simile a
“stesso tetto, stessa mensa, stesso vino”). In uno di questi contratti viene
esplicitato il valore perpetuo di questo vincolo; in un altro si legge l’e-
stensione al figlio di uno dei due che viene coinvolto anche in veste di
erede di entrambi. Non possiamo risalire a quali di queste coppie fos-
sero omosessuali o meno: è possibile che alcuni uomini gay ne abbiano
usufruito; futuri studi potranno dimostrare forse un qualche vantaggio
fiscale o altre buone ragioni di convenienza per giustificare l’esistenza
di questi contratti. Quello che sappiamo è che l’idea che la famiglia sia
fondata da sempre e soltanto sul matrimonio eterosessuale è un’inven-
zione recente, nonostante quello che affermano alcune forze politiche.
Per questo il Liguria Pride auspica la continuazione di questi e altri
studi, cercando da ora in poi di favorirli il più possibile.
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Lotto 2 | ReB
Jacopo Bonfadio
(Gazzane, 1508 – Genova 1550)

Umanista e storico fra i più celebri del suo tempo, il Bonfadio fu ap-
prezzato per i suoi scritti, in particolare per le poesie e per le Lettere
famigliari, edite in parte nel 1543 da Aldo Manuzio e ristampate
molte volte. Questa fama gli valse l’offerta, nel 1544, d’insegnare
filosofia presso l’Università di Genova, dove ricevette anche l’inca-
rico dalla Repubblica di scrivere la storia ufficiale della città dal
1528 in poi. Lo scrupolo adottato nel ricercare la “verità” storica gli
fu però fatale: secondo la ricostruzione più attendibile degli avveni-
menti alcune potenti famiglie, che non avevano apprezzato il modo
in cui Bonfadio aveva parlato di loro, approfittarono del fatto che lo
storico era stato accusato d’aver sedotto un suo studente e lo fecero
condannare a morte per sodomia e decapitare il 9 luglio 1550.
Il cadavere fu poi bruciato sul rogo.
Fu così uno dei pochissimi umanisti processati per sodomia a subire
la condanna: le connivenze di personaggi potenti, che in casi simili
riuscirono sempre almeno a far fuggire in tempo l’accusato, nel suo
caso furono rese vane dall’odio delle famiglie nobili che si riteneva-
no offese da lui. Lo scandalo per la sua condanna a morte fu enorme
ed intellettuali di tutta Italia si mobilitarono, invano, per salvargli
la vita. La tesi che lo scandalo sia stato sfruttato, se non addirittura
montato, per ragioni politiche, sembra essere la più verosimile.
Ci ha lasciato due commoventi ultime lettere scritte in attesa dell’ar-
rivo del boia, dove non si professa innocente, ma dichiara che non
gli pare di meritare una pena così pesante.
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Lotto 3 | mOnyricO
Andrea Doria
(Oneglia, 1466 – Genova 1560)

Un omaggio ad Andrea Doria in una mostra LGBT+ può sembrare
a prima vista inconsueto. Se Andrea sia stato o meno omosessuale è
un fatto a oggi non dimostrabile e che non ci può interessare in alcun
modo, in quanto non conferirebbe maggiore legittimità all’omosessua-
lità stessa più di quanta non ne abbia già. La figura di Andrea viene
qui celebrata principalmente per ragioni ascrivibili al suo ruolo di
committente: le opere commissionate per il suo Palazzo di Fassolo
sono figlie di un gusto romano che il Principe ha importato a Genova
svelando un’estetica nuova dove il primo michelangiolismo, filtrato
dal gusto della scuola di Raffaello, ha consentito agli artisti di indu-
giare sulla bellezza del corpo maschile, nell’ottica neoplatonica secon-
do cui la bellezza è uno dei principali strumenti di elevazione verso
l’Idea. Non solo un’introduzione di nuovi stili ma anche necessa-
riamente di soggetti che sono fra i temi ricorrenti del Rinascimen-
to, quindi della riscoperta dell’Antico con tutte le storie di Giove, di
Apollo, degli dei e delle dee che sono entrati a far parte della nostra
tradizione visiva, probabilmente senza cambiare il corso della storia
“abituandoci” all’omosessualità, ma probabilmente dando un riscon-
tro estetico a chi omosessuale lo era e questo, già da sé, è significativo.
Il mito della sua persona, costruito sulla figura di Nettuno, non fa
altro che rendere Andrea protagonista carismatico di allegorie che
lo vedono in una nudità spesso eroica, dove fra le varie opere che lo
ritraggono ha disegnato egli stesso una mitologia che ha influenzato
le generazioni a venire.
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Lotto 4 | Stefano Briganti
Vincenzo Arnaldi
e Giovanni Pietro Cavànego
(Genova, 1583 ca – Milano?)
Grazie alle ricerche pubblicate nel libro Tutta un’altra storia di Gio-
vanni Dall’Orto, giornalista e storico dell’omosessualità, veniamo a
conoscenza di uno dei tanti “signor nessuno” dei quali è rimasta trac-
cia per ragioni evidentemente giudiziarie, un raro caso di relazione fra
adulti consenzienti (molto più spesso prevalgono stupri e corruzione di
minori). Nel 1619 il genovese di crca 36 anni Vincenzo Arnaldi, già
condannato per sodomia a Milano “che fa pubblica professione di come-
ter il nefando vitio di sodomia”, viene denunciato a Brescia e processa-
to a Venezia con l’accusa di avere una relazione continua et ordinaria
col fratello di sua moglie Giovanni Pietro Cavànego, di circa 20 anni.
Quando i due imputati vengono separati in carcere fu osservato che:

“ E tanto è radicato in essi doi retenti [due arrestati] questo vizio così enorme, che non si sono potuti
schiffare di [trattenere dal] darne, et farne qualche apparente dimostrazione, poiché essendo stato d’or-
dine della Giustizia comandato che costoro fossero separati di prigione, nel dover esser condotto l’uno in
altro luogo diverso dove si trovava l’altro compagno, si abrasciorno [abbracciarono] insieme baciandosi
et stringendosi carissimamente, così che li ministri [le guardie carcerarie] che si trovarono presenti, sì
come restarono da tali atti stupiti e meravigliati, così fecero giudizio (certissimo) che non potesse essere
altrimenti se non che costoro fossero rei.”
Dall’Orto evidenzia quanto la colpevolezza certissima della pratica
della sodomia venga qui fornita da un gesto d’amore, che dai pre-
senti viene tradotto come manifestazione di una preferenza affettiva
e sessuale. Il sodomita dunque non è solo un semplice recidivo, anzi
è tale certissimamente proprio in virtù della sua relazione continua
et ordinaria, cioè della sua affettività.
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Lotto 5 | Stefano Briganti
Giovanni Mattia Striglioni
(Badalucco, 1628 – 1685)

Giovanni Mattia Striglioni era un prelato, pittore e incisore di Ba-
dalucco, borgo del ponente ligure.
A Genova fu allievo di Giulio Benso e frequentò le botteghe e gli
artisti più influenti dell’epoca, da Fiasella a Domenico Piola, Lu-
ciano Borzone e molti altri. Come incisore cominciò a riscuotere
una cera fama finché non si trovò ad abbandonare Genova di colpo
per tornare nel ponente, forse per difficoltà economiche o per mo-
tivi più gravi che non sono documentati. Nel 1666 diventa parroco
di Badalucco, dove segue la ristrutturazione della chiesa e pare
intervenga pure lui stesso in qualità di pittore.
A cinquantadue anni il parroco/artista viene accusato di sodomia
ma, essendo un religioso, doveva esser giudicato dal foro ecclesia-
stico e non dalla sola legge della Repubblica di Genova.
Venne interrogato, torturato, tenuto prigioniero in carceri oscure e
maleodoranti: il suo stesso nome, come accadeva in quei casi, non
si pronunciava più, quasi fosse un segreto da non svelare il fatto
d’averlo conosciuto e d’esserne stato amico.
Finché tutto finì, o così parve, nel 1682: l’accusa cadde quasi di
colpo, anche se lo Striglioni, sfinito ed innocente per la Repubbli-
ca e per la Chiesa, non venne mai giustificato dall’opinione popo-
lare. Infatti la sera del primo settembre del 1685 il parroco era a
Badalucco quando l’archibugiata di “nessuno” lo uccise nel silen-
zio del paese, dove forse molti erano al corrente ma in cui nessuno
mai parlò né denunciò l’assassino.
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Lotto 6 | mOnyricO
Yukio Mishima
(Tokyo, 1925 – 1970)

La scelta di omaggiare Mishima in questa prima edizione del Pro-
getto OMO è dovuta al suo legame identitario con il San Sebastia-
no di Guido Reni conservato a Palazzo Rosso (cfr. scheda n. 6,
p. 32). Nel suo libro Confessioni di una maschera, scritto in forma
di diario, narra le vicende di Kochan, un giovane che cerca di
scoprire se stesso, la propria natura. Sin da bambino è attratto da
figure maschili e femminee, ma rinnega a se stesso e al mondo la
propria natura, respingendo le proprie pulsioni, negando il proprio
essere. Il brano che segue vede il protagonista alle prese con i pri-
mi approcci alla sessualità, in particolare all’autoerotismo: dopo i
primi tumulti provocati da un giovane operaio, il fascino del tra-
vestimento e le suggestioni provocate da immagini disegnate e da
scene di duelli e sangue, la violenza pervade il suo essere.

“     Un giorno, approfittando di un leggero raffreddore che mi aveva impedito di andare a scuola, pescai
alcuni volumi di riproduzioni d’opere d’arte che mio padre aveva riportato in patria come ricordo dei suoi
viaggi in terre straniere, e rifugiatomi in stanza da letto li esaminai con grande attenzione. Mi affascinaro-
no in special modo le fotoincisioni di sculture greche nelle guide dei vari musei italiani. Quando mi trovai
davanti alle rappresentazioni del nudo, fra le molteplici riproduzioni di capolavori furono queste tavole in
bianco e nero che appagarono la mia fantasia a preferenza d’ogni altra. Ciò era dovuto probabilmente al
semplice fatto che, anche riprodotta, la scultura mi pareva più vicina alla vita.

Era la prima volta che vedevo dei libri di quella specie. Quel taccagno di mio padre, insofferente dell’idea
che mani infantili avessero a toccare e a insudiciare quelle figure, e temendo per giunta – come a tor-
to! – ch’io potessi venir attratto dalle donne ignude dei capolavori, aveva riposto i volumi nei più profondi
recessi di uno stipo. Quanto a me, non mi ero mai sognato fino a quel giorno che potessero essere più
interessanti delle vignette dei giornalini dei ragazzi.
L'asta sabato 29 giugno 2019 - GENOVA | GIARDINI LUZZATI - Liguria Pride
Stavo sfogliando una delle ultime pagine d’un volume. Tutt’a un tratto, dall’angolo della pagina succes-           prossima a esplodere attendeva ch’io ne usassi con un ardore senza precedenti, rinfacciandomi la mia
siva, baluginò davanti ai miei occhi un’immagine che dovetti ritenere si fosse appostata laggiù per me             ignoranza, ansimando per lo sdegno. Le mani, affatto inconsciamente, cominciarono un movimento che
solo, a mio beneficio.                                                                                             non avevo imparato mai. Sentii un che di segreto, un che di radioso, lanciarsi ratto all’assalto dal didentro.
                                                                                                                   Eruppe all’improvviso, portando con sé un’ebbrezza accecante...
Era una riproduzione del San Sebastiano di Guido Reni, che figura nella raccolta di Palazzo Rosso a
Genova.                                                                                                            Trascorse un certo tempo e poi, con animo desolato, guardai in giro per lo scrittoio a cui stavo di fronte.
                                                                                                                   Fuori dalla finestra un acero proiettava dovunque un vivido riverbero – sulla boccetta d’inchiostro, su libri
Il tronco dell’albero del supplizio, nero e leggermente obliquo, campeggiava sullo sfondo tizianesco d’una         e quaderni di scuola, sul dizionario, sull’immagine di San Sebastiano. Apparivano qua e là degli schizzi
tenebrosa foresta e d’un cielo serotino, fosco e distante. Un giovane di singolare avvenenza stava legato          d’un biancore fioccoso – sul titolo a caratteri dorati d’un libro di testo, sul margine del calamaio, su uno
nudo al tronco dell’albero, con le braccia tirate in alto, e le cinghie che gli stringevano i polsi incrociati     spigolo del dizionario. Alcuni oggetti gocciolavano pigramente, altri lucevano di un fioco barlume come gli
erano fermate all’albero stesso. Non si scorgevano legami d’altra sorta, e l’unico rivestimento della nudità       occhi d’un pesce morto. Per fortuna un movimento riflesso della mia mano per proteggere la figura aveva
del giovane consisteva in un ruvido panno bianco che gli fasciava mollemente i lombi.                              impedito che il volume s’insudiciasse.
Immaginai che fosse la descrizione di un martirio cristiano. Ma siccome era dovuta a un pittore della scuola       Fu quella la mia prima eiaculazione.
eclettica derivata dal Rinascimento, anche da questo dipinto che raffigurava la morte di un santo cristiano        E fu anche l’inizio, maldestro e assolutamente impremeditato, della mia “brutta abitudine”.     ”
emanava un forte aroma di paganesimo. Il corpo del giovane – lo si potrebbe perfino paragonare a quello
di Antinoo, il favorito di Adriano, la cui bellezza fu così spesso immortalata nella scultura – non reca alcuna                                                                      [da Confessioni di una maschera, 1949]
traccia degli stenti o dello sfinimento derivati dalla vita missionaria, che improntano l’effigie d’altri santi:
questo palesa invece unicamente la primavera della gioventù, unicamente luce e piacere e leggiadria.
                                                                                                                   Anni dopo la pubblicazione del romanzo, poco prima del suicidio
Quella sua bianca e incomparabile nudità scintilla contro uno sfondo di crepuscolo. Le braccia nerborute,          rituale, lo scrittore si fa fotografare nella stessa posa di Sebastiano,
braccia d’un pretoriano solito a flettere l’arco e a brandire la spada, sono levate in una curva armoniosa,        ma con un realismo che ne acuisce le differenze: se Guido Reni
e i polsi s’incrociano immediatamente al disopra del capo. Il viso è rivolto leggermente in alto e gli occhi
sono spalancati, a contemplare la gloria del paradiso con profonda tranquillità. Non è la sofferenza che           ritrae il giovane in uno stato di estasi, dove le frecce trafiggono
aleggia sul petto dilatato, sull’addome teso, sulle labbra appena contorte, ma un tremolio di piacere              le carni senza macchiarle di sangue (solo qualche goccia sgorga
malinconico come una musica. Non fosse per le frecce con le punte conficcate nell’ascella sinistra e nel           direttamente sui dardi), Mishima ci offre l’immagine del suo corpo
fianco destro, egli sembrerebbe piuttosto un atleta romano che allevia la stanchezza in un giardino,
appoggiato contro un albero scuro.                                                                                 muscoloso coperto di peli, nel sudore della finzione masochista,
                                                                                                                   dove le ferite lasciano rivoli ben visibili di sangue sul corpo.
Le frecce si sono addentrate nel vivo della giovane carne polposa e fragrante, e stanno per consumare
                                                                                                                   L’illustratore mOnyricO ha scelto di rappresentare Mishima pro-
il corpo dall’interno con fiamme di strazio e d’estasi suprema. Ma il sangue non sgorga, non ha ancora
infuriato il nugolo di frecce che si vedono in altri dipinti del martirio di San Sebastiano. Qui invece, due       prio partendo da queste fotografie.
frecce solitarie mandano le loro ombre quiete e delicate sopra la levigatezza della pelle, simili alle ombre
d’un ramo che cadono su una scala di marmo.

Ma tutte queste interpretazioni e scoperte vennero in un secondo tempo.

Quel giorno, nell’attimo in cui scorsi il dipinto, tutto il mio essere fremette d’una gioia pagana. Il sangue
mi tumultuò nelle vene, i lombi si gonfiarono quasi in un empito di rabbia. La parte mostruosa di me ch’era
Lotto 7 | Erika Barabino
Lina Poletti
(Ravenna, 1885 – Sanremo, 1971)

Lina Poletti, nome d’arte di Cordula Poletti, è stata una scrittrice
italiana, nonchè celebre attivista per l’emancipazione delle donne.
Dall’indole passionaria e ribelle, Lina è una delle personalità fem-
minili più colte ed emancipate del diciannovesimo secolo. Una
pionera della libertà sessuale, che afferma in prima persona ve-
stendosi con abiti maschili e attraverso le relazioni amorose con
Sibilla Aleramo, prima, ed Eleonora Duse dopo.
La storia d’amore con Sibilla Aleramo inizia durante il Congresso
Nazionale delle Donne Italiane che si svolge a Roma nel 1908.
All’epoca Sibilla Aleramo è legata sentimentalmente al poeta to-
rinese Giovanni Cena e l’incontro con Lina Poletti rappresenta la
nascita di un rapporto sentimentale nuovo e libero da ogni forma
di stereotipo sessuale e sociale. La loro relazione dura circa un
anno come testimoniano le Lettere d’amore a Lina di Sibilla Ale-
ramo e termina quando Lina Poletti incontra Eleonora Duse.Ne
scaturisce una relazione a tratti tormentata e una collaborazione
artistica altalenante che vede Lina Poletti in veste di autrice per la
Duse con il preciso obiettivo di riportare l’attrice all’apice del suc-
cesso. Ma neanche dopo due anni la relazione amorosa si conclude
dando vita ad una serie di conseguenze sul piano legale in merito
alla restituzione dei manoscritti. Successivamente Lina Poletti si
dedica alla sua attività letteraria, iniziando una nuova relazione
sentimentale più stabile e duratura con Eugenia Rasponi e impe-
gnandosi nella sua attività di emancipazione delle donne.
Lotto 8 | Nadia Baghino
Mario Soldati
(Torino, 1906 – Tellaro, 1999)

A vent’anni dalla sua scomparsa, Mario Soldati è scrittore prolifico
e regista di successo, fra gli autori che hanno rappresentato in vari
modi l’insofferenza per una normalità imposta.
L’omosessualità non è quasi mai il tema dominante dei suoi roman-
zi, ma è disseminata nelle varie storie in qualche personaggio, in
qualche situazione, spesso come una delle varianti possibili dei
comportamenti umani: senza scandalo e spesso con una forte carica
liberatoria. Soldati non si rivolge a un pubblico omosessuale, ma co-
stringe invece i suoi lettori “normali” a confrontarsi con personaggi
e situazioni diverse, a mettere in discussione le proprie certezze e i
propri pregiudizi. Fin dal suo esordio letterario con Salmace, dei sei
racconti di questo libro uno narra una storia di transessualità e un
altro un episodio di omosessualità. Si rimproverò all’autore di esse-
re moralmente “indifferente”, di non esprimere alcuna condanna
dell’inferno nel quale si muovono i suoi personaggi: critici autorevo-
li come Giuseppe Antonio Borgese ed Eugenio Montale tesero a cir-
coscrivere il talento del giovane scrittore agli altri racconti, mentre
stroncarono i due di argomento omosessuale. Soldati non prese in
considerazione critiche così illustri e continuò a riversare in alcune
delle sue pagine più belle una forte sensualità omoerotica.
Non senza critiche verso il movimento LGBT+, che cominciarono a
farsi sentire negli ultimi vent’anni della sua vita, forse perché nato
troppo presto, quindi legato a doppia mandata a quella normalità
che ha sempre osteggiato ma che alla fine faceva parte di lui.
Lotto 9 | Laila Hassan Hassanein
Umberto Bindi
(Bogliasco, 1932 – Roma, 2002)

Non dovremmo mai smettere di celebrare Umberto Bindi, cantau-
tore genovese la cui carriera fu stroncata perché omosessuale.
Gay dichiarato (fatto più unico che raro), ebbe un successo mirabi-
le nel 1960 con Il Nostro Concerto, brano che trattava della morte
del suo compagno. A causa del tema universale, il brano non è
esplicito ma a conti fatti è un inno omosessuale.
Ma dopo il grande exploit, Bindi sarà emarginato nel settore fin
quasi a essere perseguitato: già nel 1961, sul palco di Sanremo
con Non mi dire chi sei, la stampa parlava solo dell’anello che
portava nella mano destra più che della sua musica: è l’epoca dei
paparazzi e delle riviste di cronaca mondana e tutta l’attenzione dei
giornalisti, della critica e del pubblico viene catalizzata dal gioiello,
tanto che “parlavano so­lo del mio anello al dito mignolo e, dunque,
solo pettegolezzi e malignità, cattiverie e infamie”, racconterà Bindi
molti anni dopo. E ancora: “Della mia canzone non fregava niente a
nessuno. Volevano solo sapere se ero finocchio”.
Inizia così la parabola discendente di Umberto Bindi. Nonostante le
collaborazioni di pregio (un disco con Bill Conti, Chet Baker che fa
una cover di Arrivederci, un disco interamente prodotto da Renato
Zero negli anni novanta) Bindi avrà una vita difficile con infiniti pro-
blemi di salute morendo in povertà. Ci lascia però delle canzoni ec-
cezionali, una raccolta che trascende i generi sessuali. Pioniere della
visibilità omosessuale che non ha accettato compromessi, va ricordato
anche per restituirgli qualcosa di quello che la società gli ha tolto.
Lotto 10 | Mattia Surroz
Fabrizio De André
(Genova, 1940 – Milano, 1999)

“Questa canzone la dedichiamo a quelli che Platone chiamava,
in modo addirittura poetico, i figli della luna: quelle persone che
noi continuiamo a chiamare gay oppure, per una strana forma di
compiacimento, diversi se non addirittura culi. Ecco, mi fa piacere
cantare questa canzone, che per altro è stata scritta per loro una
dozzina di anni fa, così a luci accese anche a dimostrare che oggi,
almeno in Europa, si può essere semplicemente se stessi senza più
bisogno di vergognarsene.”
Andrea è la canzone annunciata da questo discorso di Fabrizio nel
1992, un amore omosessuale ai tempi della Prima Guerra Mon-
diale; il mondo LGBT+ ritorna nelle sue canzoni con le graziose
di Via del Campo e la transessuale Fernanda, nata Fernando, in
Prinçesa. Vent’anni fa moriva Fabrizio De André e il suo ricordo
qui in mostra è celebrato con l’illustrazione di Mattia Surroz che
lo raffigura idealmente insieme a Prinçesa nel cuore del centro
storico genovese.
Di questa canzone Fabrizio diceva: “Il meglio della cultura viene
sollecitato da persone che si trovano in minoranza e che proprio per
i loro doni vengono emarginate e all’occorrenza perseguitate. Un
esempio classico sono gli individui che nascono con caratteristiche
esteriori appartenenti a un sesso che non corrisponde alla loro iden-
tità più profonda. Ne parlo nella canzone Prinçesa, che ho tratto
da uno splendido libro di Maurizio Janelli e Fernanda Farias, in
effetti una biografia.”
Lotto 11 | Nadia Baghino
La Morena
(Genova, 1940? – 2001)

È a Morena che è dedicata la prima strofa del brano Via del Campo
di De André. Di giorno aveva un banco al mercato come Mario
Dorè, di notte diventava donna e vendeva “a tutti la stessa rosa”.
Morena è fra le graziose fotografate nel ’65 da Lisetta Carmi che
pubblicherà il suo libro iconico I Travestiti in mille copie: all’ini-
zio non lo comprerà quasi nessuno per poi diventare un oggetto di
culto dopo che Barbara Alberti una decina di anni dopo si accorge
della bellezza degli scatti e salva dal macero le copie rimaste.
Lisetta vive in quel piccolo mondo a stretto contatto con loro e ne
racconta i drammi, le difficoltà, gli arresti, gli amori tormentati: tutto
nel suo obiettivo. C’è la Gitana, “capo” del gruppo di Via del Campo.
Elena, che nella vita di tutti i giorni manovra una gru all’Italsider
e di notte diventa una bionda femme fatale. Pasquale, il gentleman
napoletano che da uomo mette solo giacca e cravatta, ma quando si
traveste non indossa altro che “straccetti”. A distanza di anni, Lisetta
scrive di Morena: “Era una madre. Avrebbe voluto fare la suora. Casa
sua era piena di immagini religiose. Oltre ad un bellissimo ritratto di
lei vestita da suora. Mi ha chiamata prima di morire, dopo trent’anni.
Ci siamo abbracciate.” Morena soffriva di diabete. Il suo corpo era
diventato enorme, tanto che il funerale nella basilica di San Siro
è stato celebrato in ritardo perché non si riusciva a farla passare
attraverso la porta di casa, a pochi metri di distanza da via del
Campo. Un mondo che può sembrarci lontano, a tratti felliniano,
ma che trova la sua dignità nelle storie di chi l’ha vissuto.
Lotto 12 | Laila Hassan Hassanein
Jole Baldaro Verde
(Napoli, 1925 – Genova, 2012)

Jole Baldaro Verde è stata una psicoterapeuta e sessuologa, ma so-
prattutto una donna libera, coraggiosa e a suo modo rivoluzionaria.
Napoletana di nascita e genovese di adozione, si laurea in medicina
(traguardo già di per sé difficile per una donna della sua generazione)
e si affaccia al mondo della nascente sessuologia incidendo in modo
rilevante sullo sviluppo di questa disciplina. Il tema centrale dei
suoi studi, a partire dagli ultimi trent’anni, è stato quello dell’identità
sessuale, che ha sviluppato in una chiave interdisciplinare sfidando
apertamente le convenzioni e i perbenismi della società.
In un ambiente misogino e conservatore come la facoltà di medicina
di allora dove insegnava, affrontava temi innominati e innominabili
quali l’omosessualità e il transgenderismo, molti anni prima che en-
trassero nel dibattito pubblico. Esempio della sua libertà di pensiero
e della sua volontà di favorire un cambiamento di rottura rispetto alla
tradizione e ai tabù, la sua scelta di seguire in qualità di psicoterapeu-
ta le persone transessuali. Ricordiamo che alla fine degli anni settanta
fu probabilmente la prima docente in un’università italiana a orga-
nizzare un ciclo di seminari sull’omosessualità, inserendo pergiunta
in bibliografia l’appena pubblicato Elementi di critica omosessuale di
Mario Mieli, il saggio che sta alla base di tutti i successivi studi di
genere in Italia. I documenti non ci aiutano al momento sulla rico-
struzione di questo possibile “primato” genovese, ma che sia stato il
primo o il secondo momento in cui l’omosessualità è entrata in univer-
sità importa meno della libertà della donna che lo ha reso possibile.
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