TREKKING URBANO A L'AQUILA - Arcoiris - 3 aprile 2011
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a) Il Trekk: il percorso 1 - Le mura nei pressi di Porta Rivera b) Introduzione 2 - La Fontana delle 99 cannelle e Chiesa di San Vito alla Rivera c) Lettura sugli alpini nella campagna di russia da Marco Paolini??? d) Intervento di Claudio su Corrado IV 3 - Il Forte Spagnolo 4 - L’Aquila e il rugby e) Lettura sul rugby da Paolini ??? 5 - La Fontana luminosa 6- La chiesa di San Silvestro 7 - Il Teatro comunale 8 - Basilica dedicata a S. Bernardino 9- La Storia della Città de L’Aquila 10 - Piazza Palazzo f) Intervento di Claudio su Margherita d’Austria 11 - Piazza del Duomo - Cattedrale dei Santi Giorgio e Massimo – Le Cancelle – Il palazzo delle Poste 12 – I moti del 1971 13 - Il terremoto del 6 aprile 2009 14 - Chiesa di Santa Giusta – Palazzo Centi g) Lettura: Quanto era bella la mia Onna 15 - La basilica procattedrale Santa Maria di Collemaggio 3
Si parte dal piazzale della stazione. A) INTERVENTO DI LUCIANO La descrizione del trekking 1 - Le mura nei pressi di Porta Rivera Le mura seguono la morfologia del territorio ed in particolare del colle su cui sorge la città. L'area recintata è di circa 157 ettari e manifesta una pianificazione architettonica e storica lungimirante, se si pensa che venne occupata completamente solo nel XX secolo. La lunghezza attuale è di oltre 5 chilometri e mezzo. Lo spessore e l'altezza delle mura, quest'ultima ridottasi drasticamente nel tempo soprattutto in seguito ai frequenti terremoti, non sono particolarmente rilevanti se confrontati con altri esempi; la principale difesa della città era costituita difatti dal suo aspetto morfologico e dalla compattezza del suo edificato intra moenia. Di particolare interesse è invece la forma, che alcuni storici tendono a paragonare a quella della città di Gerusalemme, come per la verità già ipotizzato dallo storico Crispomonti nel XVII secolo, e di conseguenza alla costellazione dell'Aquila con le chiese che riprodurrebbero in terra la posizione delle stelle. Le porte Le porta urbiche sono l'elemento caratterizzante delle mura aquilane. Le quattro principali sono state realizzate contemporaneamente all'edificazione delle mura ed a queste sono seguite altre aperture della cinta muraria in corrispondenza delle principali direttrici con il contado. La celebre Pianta dell'Aquila disegnata nel 1575 dal Fonticulano ne conterrà 12 principali cui vanno aggiunte Porta Barisciano, già chiusa al momento della realizzazione della pianta, e Porta Pilese, non citata in altri documenti. Le realizzazioni continueranno nei secoli successivi tanto che in totale si può documentare l'esistenza di 18 porte, delle quali sei aperte e funzionanti ancora oggi. Ci si reca a Piazza San Vito. B) INTERVENTO DI LUCIANO Il trekk urbano: conoscere la città attraverso le storie dei cittadini. Provare a guardare palazzi, monumenti e opere d’arte pensando alle persone, agli incontri, agli scontri, alle relazioni L’Aquila come tutte le nostre bellissime città ci rinvia a una ricca trama di storie e avvenimenti, ad una cultura immensa. L’Aquila oggi: la vedremo. Le immagini prevarranno sulle parole. L’Aquila domani: immaginare un futuro che oggi sembra impossibile. 2 - La Fontana delle 99 cannelle Situata nella zona della Rivera, una delle più antiche del centro storico, a ridosso del fiume Aterno, la fontana è costituita da novantanove mascheroni in pietra (le cannelle appunto), dalla maggior parte dei quali sgorga l'acqua. 4
Secondo la tradizione, le cannelle rappresenterebbero i novantanove castelli che, nel XIII secolo, parteciparono alla fondazione dell'Aquila. Storia Essa fu probabilmente eretta su progetto dell'architetto Tancredi da Pentima nel 1272, a pochi anni dalla seconda fondazione della città, come testimoniato dalla lapide sita sulla parete di fronte il cancello d'ingresso che si conclude nel seguente modo: ANNO DOMINI MCCLXXII MAGISTER TANCREDUS DE PENTOMA DE VALVA FECIT HOC OPUS L'intervento di Tancredi da Pentima sarebbe comunque limitato alla sola realizzazione della parete posta frontalmente rispetto all'ingresso; alcuni studiosi ritengono invece che l'attuale aspetto della fontana risalga interamente al XV secolo. Quel che è certo è che la zona oggi detta della Rivera, corrispondente a un antico castello denominato Acquili, dal quale deriva il nome della città, costituiva all'epoca della fondazione un'area strategica per quanto riguarda l'abbondanza di acqua e le numerose attività artigianali che vi si erano insediate. Al Quattrocento si fa risalire il rivestimento delle pareti (con l'utilizzo di pietra bianca o rosata dalla tipica composizione a scacchiera, utilizzata anche nella facciata della basilica di Santa Maria di Collemaggio) e lo stemma della città posto sopra la lapide; al 1582 risalirebbe il fronte sinistro della fontana, attribuito a Alessandro Ciccarone; infine, al XVIII secolo è ascrivibile il fronte destro, caratterizzato da mascheroni dal gusto tipicamente barocco e probabile riedificazione di un fronte già presente ma distrutto dal terremoto del 1703, con il relativo restauro dell'intero monumento la selciatura della piazza. La stessa lapide già citata in precedenza reca due date: il 1744, cui si fa risalire la costruzione del fronte destro, e il 1871, anno in cui fu attuato un nuovo restauro. Nel 1934 fu realizzata la recinzione in ferro battuto del fronte aperto mentre nel 1994 e nel 2008 è stata nuovamente restaurata. Descrizione A pianta trapezoidale di notevole impatto prospettico, originariamente era costituita da un elaborato sistema simbolico astrologico ripetuto anche nelle aggiunte del 1582 ad opera di Alessandro Ciccarone. La fontana si sviluppa su tre fronti ed è posta ribassata rispetto alla sede stradale; sul lato aperto termina con una scalinata che guarda la medievale chiesa di San Vito. Il perimetro della fontana, che per un lato si appoggia alla cinta muraria della città, è caratterizzato dall'intreccio di masselli di pietra bianca e rosa tratta dalla vicina cava di Genzano di Sassa, presenti anche nella facciata della basilica di Santa Maria di Collemaggio e in altri monumenti dell'Aquila. É costituita da due vasche poste su livelli differenti e leggermente sfalsati tra loro, sulla più alta delle quali viene immessa l'acqua tramite appositi mascheroni. Questa struttura era appositamente studiata per consentire il lavaggio del bucato che ivi avvenne quotidianamente sino ai primi decenni del XX secolo. I mascheroni sono tutti diversi fra loro e intervallati da formelle rettangolari, novantatré delle quali contenenti un fiore in rilievo e un rosone, mentre le rimanenti cinque sono vuote. Queste ultime rappresenterebbero le piaghe del Cristo, mentre il rosone è a simboleggiare il ciclo della vita e quindi l'eternità. 5
Secondo la tradizione, la funzione dei mascheroni è quella di rappresentare allegoricamente i signori dei novantanove castelli che contribuirono alla fondazione dell'Aquila nel XIII secolo. La città sarebbe infatti costituita di novantanove piazze, novantanove chiese e novantanove fontane, ciascuna riferita al castello di riferimento, e la fontana della Rivera testimonierebbe tale operazione; in realtà il numero dei locali su cui fu fondata L'Aquila è leggermente minore di novantanove, e anche il numero di mascheroni dai quali sgorga l'acqua è attualmente di novantatré. Difatti, altre sei cannelle, di dimensioni minori e senza alcuna funzione pratica, sono poste poco sotto il parapetto del lato destro, probabilmente per alimentare la leggenda del numero novantanove. Tra tutti, di particolare interesse è quello posta sull'angolo destro raffigurante un uomo con la testa di pesce che farebbe riferimento a una favola medievale nota come leggenda di Colapesce e, di conseguenza, costituirebbe un richiamo al nome di Federico II, cui è legata la fondazione della città. Un altro mistero legato all'opera riguarda la sorgente di alimentazione, tenuta volontariamente segreta per evitare che un castello piuttosto che un altro ne rivendicasse la paternità, tanto da spingere a giustiziare il progettista affinché non la rilevasse a nessuno; secondo la leggenda le spoglie di Tancredi da Pentima sono tuttora poste al di sotto della pavimentazione della fontana. La sorgente della fontana è con ogni probabilità posta nelle vicinanze della chiesa di Santa Chiara, sul lato nord-orientale della zona della Rivera. 2 - Chiesa di San Vito alla Rivera La chiesa di San Vito alla Rivera (anche conosciuta come San Vito di Tornimparte o, semplicemente, San Vito) è un edificio religioso dell'Aquila. Come la quasi totalità delle chiese aquilane deve la sua realizzazione agli abitanti di uno dei castelli vicini, in questo caso Tornimparte, che contribuirono così alla fondazione della città nel XIII secolo. È rimasta gravemente danneggiata dal terremoto del 2009 ed è attualmente inagibile. Storia La costruzione di una chiesa dedicata a San Vito martire viene fatta risalire alla seconda metà del XIII secolo, nel periodo immediatamente successivo alla definitiva fondazione dell'Aquila, ad opera degli abitanti di una frazione di Tornimparte, un piccolo centro del comitatus aquilano. La facciata romanica risalirebbe invece al quattrocento. Dell'edificio originario non rimane tuttavia che l'assetto spaziale poiché la chiesa e l'intero quartiere vennero profondamente modificati da alcune operazioni architettoniche ed urbanistiche compiute tra il XVI secolo e il XVIII secolo che portarono anche all'ampliamento della fontana delle 99 cannelle: nel 1599 con l'insediamento dei Fatebenefratelli vengono realizzati il convento e l'ospedale adiacenti la chiesa che, un secolo più tardi, viene completamente distrutta dal terremoto del 1703. Ricostruita nel XVIII secolo, la chiesa è stata nuovamente danneggiata dal terremoto del 2009 che ha provocato lo spostamento dell'assetto stazionario ed il crollo della parte sommitale della facciata. L'edificio è stato sottoposto ad opere provvisionali di messa in sicurezza ma non è attualmente agibile. Descrizione 6
La chiesa è situata nella zona della Rivera, all'interno del quarto di San Giovanni, in un contesto impreziosito da altre emergenze architettoniche come la fontana delle 99 cannelle e la Porta Rivera. A differenza della maggior parte degli edifici religiosi aquilani, non si presenta a capo di una piazza con fontanile bensì all'estremità della via Borgo Rivera che collega il centro storico con la cinta muraria, posta parallela alla navata della chiesa; l'ampio spazio delimitato dalla fontana delle 99 cannelle e la sua scalinata ne fanno da sagrato. Si risale Borgo Rivera fino all’incrocio con via XX settembre. Giriamo a sinistra e percorriamo via XX settembre fino al quartiere della Banca d’Italia. Si attraversa il quartiere e risalendo il pendio su due diverse scalinate si giunge al viale Giovanni XXIII. Si gira a sinistra, si prosegue su viale Duca degli Abruzzi. Si giunge a Piazza Battaglione Alpini L’Aquila. C) LETTURA SUGLI ALPINI NELLA CAMPAGNA DI RUSSIA DA MARCO PAOLINI Al rientro dalla Russia il battaglione L'Aquila era rimasto solamente costituito da 3 Ufficiali e 159 alpini. Si attraversano i giardini del Forte Spagnolo fino a giungere all’ingresso. D) INTERVENTO DI CLAUDIO SU CORRADO IV 3 - Il Forte Spagnolo Venne costruito nel corso di un grandioso progetto di rafforzamento militare del territorio avvenuto durante la dominazione spagnola in Italia meridionale nella prima metà del cinquecento. Mai utilizzato per scopi bellici, venne utilizzato nel seicento come residenza del governatore spagnolo e successivamente come alloggio per i soldati francesi nell'ottocento e tedeschi durante l'ultima guerra mondiale. Restaurato nel 1951 ad opera della Soprintendenza ai Monumenti e Gallerie d'Abruzzo e Molise, di cui divenne sede, ospita attualmente il Museo Nazionale d'Abruzzo. Storia La dominazione spagnola Nel 1503 gli spagnoli conquistarono il Regno di Napoli ponendovi a capo un vicerè di loro fiducia ed occupando tutti i posti di comando. All'Aquila, la nomina del conte Ludovico Franchi a Signore della Città segnò il definitivo tramonto di ogni forma di autonomia cittadina e contribuì alla decadenza della città, fino ad allora una delle più fiorenti del Regno. Nella speranza di riconquistare libertà e privilegi perduti, gli aquilani si unirono alla lega antispagnola capeggiata dai francesi, cui vennero nel 1527 aperte le porte della città, che tuttavia venne sconfitta nel 1529. L'Aquila venne 7
occupata militarmente da Filiberto d'Orange, viceré e luogotenente del Regno di Napoli, saccheggiata e costretta a versare nelle casse spagnole una esosa tassa. Inoltre la città venne distaccata dal suo contado, che venne spartito in feudi e dato in possesso a capitani dell'esercito imperiale, infliggendo un colpo durissimo alla sua economia. La Castellina Nello stesso anno Filiberto d'Orange individuò nell'angolo nord-orientale della città il punto più elevato della cinta muraria, laddove già nel 1401 Re Ladislao I fece erigere una rocca, e vi cominciò la costruzione di una piccola fortezza. La Castellina, fatta costruire "per tenere con grosso presidio a freno i cittadini" è di fatto il segno tangibile di un'oppressione non solo politica e militare ma anche, e soprattutto, economica e sociale. Completata nel 1530, era una modesta ma massiccia costruzione bastionata ed ospitava un castellano e una guarnigione dell'esercito imperiale. Era tuttavia destinata ben presto a fare posto ad una ben più imponente fortezza. La costruzione del Forte Nel 1532, il nuovo vicerè del Regno di Napoli, Pedro Álvarez de Toledo, volle, infatti, predisporre un funzionale impianto di fortificazioni rendendo più potenti e più moderne le strutture preesistenti, specialmente lungo la fascia costiera, e realizzando nuove opere che potessero reggere l'attacco della moderna artiglieria delle armi da fuoco. La rivolta del 1527 a favore dei francesi, si dimostrò ancora una volta un abile pretesto colto dagli spagnoli per condannare la città a sostenere totalmente le spese della costruzione del nuovo castello, versando 100.000 ducati annui. Nel 1534 fu incaricato del progetto l'architetto, nonché capitano dell'esercito di Carlo V, Pedro Luis Escrivà (Escribàs) di Valencia. La costruzione, che necessitava di enorme spazio, comportò la distruzione di un intero quartiere. Addirittura, per la costruzione degli enormi cannoni posti a difesa della fortezza vennero fuse le campane della città, tra cui la grande Campana della Giustizia posta sulla Torre Civica. Nelle intenzioni del vicerè, il Forte doveva assolvere una duplice funzione: quella di baluardo difensivo nell'estremo confine settentrionale del regno di Carlo V, e quella di punto di controllo per il traffico della lana lungo l'asse che collegava Napoli a Firenze. Decadenza e successivi utilizzi I lavori procedettero spediti fino al 1549 per poi rallentare fino al 1567 anno in cui, mutate le condizioni politiche e tolto il pesante onere della costruzione alla città, si arrestarono del tutto, nonostante si fossero ultimate soltanto le opere di funzione strettamente militare del manufatto. Lo stesso Escrivà nel 1537 abbandonò la direzione diretta dei lavori per trasferirsi a Napoli dove aveva ottenuto il prestigioso incarico di ricostruire Castel Sant'Elmo. Lo sostituì Gian Girolamo Escrivà, probabilmente suo parente, che diresse i lavori fino al 1541. Il Forte, che non fu mai completato, non fu neanche mai utilizzato dagli spagnoli in importanti azioni militari, poiché nella seconda metà del Cinquecento il centro degli interessi dell'Impero Spagnolo si spostò dal bacino del Mediterraneo prima al Nord Europa e poi in Sudamerica. Venne quindi dapprima utilizzato come residenza dal governatore spagnolo ed, in seguito all'invasione francese, come alloggio dalle truppe transalpine. Subì, invece, gravi danneggiamenti durante la seconda guerra mondiale, periodo in cui venne utilizzato dalle truppe d'occupazione tedesche come comando e prigione. 8
Il restauro e la sede del Museo Nazionale d'Abruzzo Nel dopoguerra, sventato il pericolo di trasformazione del Forte in carcere, passò dall'amministrazione della Difesa a quella della Pubblica Istruzione e dopo il restauro avvenuto nel 1951 ad opera della Soprintendenza ai Monumenti e Gallerie d'Abruzzo e Molise, divenne sede del Museo Nazionale d'Abruzzo e di numerose altre istituzioni quali l'Osservatorio Aquilano, l'Istituto Nazionale di Geofisica, la Società Aquilana di Concerti oltre che, naturalmente, la stessa Soprintendenza per i Beni Ambientali Architettonici Artistici e Storici per l'Abruzzo (B.A.A.A.S.), proponendosi come nuovo centro sociale e culturale della città. Il Forte ha subito danni ingenti a seguito del terremoto del 2009, soprattutto per quanto riguarda il ponte di collegamento sul fossato ed i piani superiori. Giriamo attorno al Castello e possiamo osservare lo stadio di Rugby 4 - L’Aquila e il rugby Ultime ore di speranza per la squadra-simbolo Non può finire così La Repubblica - 31 luglio 2010 di JENNER MELETTI L' AQUILA Una baracca di legno, accanto alla tribuna dello stadio dell'Acquasanta. Tre scrivanie, una radio, un fax e un computer. Sulla porta un cartello annuncia che questa è la sede dell' «Aquila Rugby 1936». Con un pennarello, qualcuno ha scritto: «È stato bello». Forse è un ringraziamento, forse è un addio. L' Aquila della palla ovale, come tutta la città, ha infatti un' ala spezzata, e nessuno sa se riuscirà - è lo slogan di tutti gli aquilani che credono nel futuro - a «tornare a volare». Stipendi non pagati, giocatori che fuggono, soldi che mancano e acqua alla gola perché, se non si decide nelle prossime, ore l' Aquila Rugby sparirà dal campionato. «Lassù, sopra la tribuna - dice Marco Molina, dirigente della società - c' è una stanza con i trofei. Cinque scudetti, due Coppe Italia... Sono pieni di polvere: la sede è inagibile dalla notte del terremoto». Bisogna tornare all' 11 settembre dell' anno scorso, per capire cosa sia il rugby in questa città. Prima partita di campionato Top ten, il Super 10, contro il Viadana. L' Aquila vince all' ultimo minuto. Sembra il segno di una riscossa, non solo della squadra ma dell' intera città. Il rugby ha i colori nero del lutto e verde della speranza, che sono gli stessi dell' Aquila fin dal 1703, quando il sisma provocò 6.000 morti. Verde e nero anche i colori portati dagli aquilani a Roma, sotto le manganellate delle forze dell' ordine. I giocatori di rugby, dopo la scossa del 6 aprile, diventano il simbolo di una città ferita, solidale e coraggiosa. Il giocatore Lorenzo Sebastiani muore sotto le macerie. Il trequarti Dario Pallotta salva due anziani in piazza San Pietro, quasi tutta la squadra viene chiamata dall' allenatore Lorenzo Cavallo per evacuare l' ospedale San Salvatore, a braccia perché le barelle non bastano. «Il terremoto - dice Marco Molina - ha però distrutto anche la nostra società, che già non era economicamente solida. Via dalla sede e dallo stadio, abbiamo dovuto trasferirci ad Avezzano, con alte spese per residence e hotel. Duecentomila euro che hanno rotto l' equilibrio di bilancio. La mazzata è arrivata a luglio. Il presidente Giacomo Pasqua dice che pagherà ai giocatori solo la metà dei tre o quattro stipendi arretrati. Lo sponsor Ferla, di Crema, non rinnova il contratto da 350.000 euro. Il campionato non è andato bene, 9
siamo arrivati settimi su dieci, non abbiamo conquistato l' Europa». Il presidente Giacomo Pasqua, imprenditore edile, si arrabbia. «Ai giocatori ho proposto il pagamento dell' 85% degli arretrati, non il 50%. Ma queste persone debbono capire che se sei un professionista hai dei diritti, ma anche dei doveri, compreso quello di giocare bene. Il campionato scorso è costato 2 milioni e a me di finanziare il rugby non l' ha ordinato il medico». Poche ore ancora, per non affogare. «Per ripartire - dice Marco Molina - abbiamo bisogno di almeno 1,5 milioni. Per pagare gli arretrati e per fare la nuova squadra. Oggi come oggi, abbiamo 10 giocatori italiani e 2 stranieri, che hanno firmato un contratto non ancora controfirmato dal presidente. Ma uno dopo l' altro se ne stanno andando quasi tutti. In fondo, non è un male. Abbiamo un progetto per rifondare la squadra con giocatori aquilani e non "stranieri", ma per realizzarlo ci servono due o tre anni. Il milione e mezzo oggi è indispensabile per fare una trentina di contratti, perché non possiamo mandare in campo subito i ragazzi del vivaio. Sono bravi, ma prima di affrontare la Top ten debbono farsi le ossa. In sintesi: senza squadra, non si fa il campionato. Gli stipendi nel rugby vanno dai 1.000 ai 6.000 euro netti al mese, e tutti assieme fanno una bella cifra. Se poi non paghiamo gli arretrati, i giocatori potranno chiedere l' arbitrato al giurì del Coni. L' arbitrato sarà discusso a gennaio e noi verremmo esclusi anche dal campionato 2011-12. Stiamo cercando uno o più sponsor. Non dovrebbe essere difficile. L' Aquila, con la ricostruzione, è diventata il paradiso degli imprenditori». Tanti incontri, anche nella sede provvisoria del municipio. «Il rugby - dice il sindaco Massimo Cialente - nun po' fini' , non può finire. Sarebbe un' umiliazione per la città. Non è solo sport, per noi. È un elemento di identità. Non c' è famiglia che non abbia o abbia avuto un giocatore. Quando ero in seconda media, venne un dirigente dell' Aquila Rugby a cercare nuove leve. I miei compagni Palmerini e Benedetti si misero la casacca verde e nera e da grandi diventarono campioni d' Italia. Mezza classe dirigente della città ha giocato con l' ovale. A Giniano, all' ingresso della città, stiamo preparando un monumento che presenti la città al turista: è un gruppo di statue che mostra una mischia di rugby». La squadra che rischia di essere solo un ricordo è fra le più seguite del campionato. «Se troveremo gli sponsor, andrà bene anche la baracca. Andremo a fare il campionato nel campo di CentiColella, dove giocano 500 bambini. L' importante è non sparire. Sarebbe terribile dover dire ai nostri figli, che già sognano la casacca, che la squadra aquilana non c' è più».È un mondo strano, quello del rugby nero verde. Parli di una palla ovale e una «tifosa» come Chiara Rossi, avvocato penalista, si mette a piangere. «Si parla dell' Aquila solo per le emergenze: le vittime, la ricostruzione... Ma anche la vita quotidiana è un problema serio. La partita può dare un senso a un sabato o a una domenica. Hai bisogno delle cose che avevi prima». «Perdere il rugby - dice Marco Molina - sarebbe come perdere la basilica di Collemaggio». L'Aquila rugby Dalla fondazione alla serie A Primi esperimenti di rugby a L'Aquila risalgono al periodo fra il 1936 ed il 1942. In questi anni una squadra aquilana, dalla divisa a strisce orizzontali bianconere, partecipò ai tornei dei Comandi Federali della GIL. 10
La vera nascita risale tuttavia al 1946 anno in cui Tommaso Fattori si fece promotore della fondazione della Polisportiva L'Aquila Rugby. Due anni più tardi, nel 1948-1949, la neonata formazione abruzzese partecipò al campionato di I divisione, ottenendo subito un prestigioso secondo piazzamento. A causa della rinuncia di Trieste, nel 1949-1950 L'Aquila partecipò al suo primo campionato di Serie B mancando la promozione solo all'ultima partita, persa contro il Genova. Vinse comunque la "Coppa Cicogna" e con questa il primo dei suoi 8 titoli italiani giovanili. L'anno successivo, con soli 3 campionati nazionali all'attivo, conquistò l'agognata promozione in Serie A. I primi successi Nel campionato 1958-1959 arrivò alla sua prima finale Scudetto, contro le Fiamme Oro Padova, ma perse la partita mancando così il titolo italiano. Nel campionato 1963-1964 si classificò 11°, ad un solo punto da Milano e Genova e venne retrocessa in Serie B, dove però rimase solo un anno. Dopo una serie di buoni piazzamenti, finalmente nel 1967 arrivò nuovamente in finale. Nella partita decisiva che si giocò a Roma davanti a più di tremila tifosi aquilani, i neroverdi sconfissero le Fiamme Oro Padova per 6 a 0. Quello scudetto consacrò definitivamente il prestigio del rugby aquilano a livello nazionale e internazionale e fece conoscere a fondo i valori di un movimento sportivo che coinvolge un'intera città. L'anno dopo, L'Aquila perse l'opportunità di ripetere il successo del 1967 per soli due punti. Il secondo scudetto arrivò comunque l'anno successivo, nel 1969 al termine di un campionato senza storia in cui i neroverdi conquistarono 18 vittorie e solo 4 pareggi terminando la stagione da imbattuti. Pochi anni più tardi, nel 1973 arrivò anche la prima Coppa Italia. Gli anni d'oro Nel 1980-1981, emulando il comportamento delle altre squadre di Serie A, L'Aquila si dotò per la prima volta di una sponsorizzazione ufficiale (la MAEL computer). Gli abruzzesi dominarono la stagione andando a vincere il loro terzo Scudetto, con sei punti di distacco dalla seconda classificata, e la loro seconda Coppa Italia. L'anno seguente replicarono il successo in campionato conquistando così il quarto titolo italiano, mentre nel 1983 fallirono il tris per un solo punto. Dopo alcuni buoni piazzamenti e molti rimpianti, nel 1993-1994, L'Aquila arrivò nuovamente in finale contro il più quotato e campione in carica Milan Rugby, dell'allora neopresidente del Consiglio Silvio Berlusconi. La partita, che venne giocata a Padova davanti a quasi quattromila tifosi neroverdi, rappresenta una delle pagine più gloriose della storia del rugby aquilano; sovvertendo ogni pronostico, infatti, L'Aquila vinse 23-14 e conquistò il suo quinto scudetto. La finale del Flaminio e la nascita della Lega d'Eccellenza Sei anni dopo, nel 1999-2000, L'Aquila riuscì a conquistare nuovamente l'accesso in finale contro la RDS Roma dopo una sofferta ed emozionante partita contro i campioni in carica della Benetton Treviso. Anche in questo caso si registrò un vero e proprio esodo di tifosi e circa 8 000 aquilani riempirono lo Stadio Flaminio, sede della finale, creando un colpo d'occhio senza precedenti. Tuttavia l'esito dell'incontro non fu quello sperato: i neroverdi giocarono il primo tempo totalmente in balia degli avversari perdendo una partita che alla vigilia sembrava ampiamente alla portata. 11
La stagione 2001-2002 vide la nascita della Lega Italiana Rugby d'Eccellenza e del campionato Super 10, cui venne ammessa anche L'Aquila. Sempre nella stessa stagione, la squadra partecipò per la prima volta alla European Challenge Cup, vincendo due delle sei partite disputate. Partecipò anche nelle quattro stagioni successive, ma senza vittorie. La retrocessione Al termine di una deludente stagione 2006-2007 L'Aquila venne penalizzata per aver schierato, nella vittoriosa partita contro il Rolly Gran Parma, un giocatore di "formazione italiana" in meno rispetto a quanto previsto dai regolamenti. La violazione (peraltro ininfluente ai fini della partita) venne punita con 4 punti di penalizzazione e la partita persa "a tavolino". Questa sanzione portò alla retrocessione dell'Aquila Rugby dopo 42 anni consecutivi di militanza nella massima serie. Nella stagione 2007-2008, disputata in Serie A, girone 1, L'Aquila ottenne un deludente terzo posto piazzandosi alle spalle di Rugby Roma e Cavalieri Prato. Riuscì comunque a conquistare la finalissima per tornare in Super 10 ma poi perse l'incontro decisivo contro la Roma con il risultato finale di 24-10 (11-3). Il terremoto e il ritorno nel Super 10 La stagione 2008-2009 vide L'Aquila nuovamente al terzo posto, al termine di un anno funestato anche dal terremoto. La società è stata colpita direttamente dalla tragedia. Durante l'emergenza l'intera squadra è stata utilizzata per evacuare i pazienti non deambulanti dell'ospedale San Salvatore dell'Aquila. Lorenzo Sebastiani, giovane promessa della squadra, è deceduto proprio a causa del sisma ma la società ha comunque deciso di continuare regolarmente il campionato per ridare un senso di normalità alla cittadinanza. Dopo aver eliminato la Lazio (giunta seconda) in semifinale con due combattutissime gare giocate entrambe in trasferta per l'impraticabilità dello Stadio Fattori, i neroverdi sono stati battuti in finale allo Stadio Flaminio dai Cavalieri Prato, che hanno così conquistato la loro prima promozione nella massima serie. Tuttavia, il 10 giugno 2009, a causa della mancata iscrizione al massimo campionato della Roma Rugby Capitolina, L'Aquila Rugby viene promossa d'ufficio dalla F.I.R. e torna quindi in Super 10. Nel 2009 L'Aquila Rugby è stata insignita del prestigioso IRB Spirit of Rugby Award per il coraggio e la forza d'animo dimostrati in seguito al terremoto e che contraddistingono da sempre il mondo del rugby. Durante la premiazione, avvenuta l'11 settembre 2009 in occasione della prima partita di campionato, vinta, contro il Rugby Viadana, il presidente dell'International Rugby Board, Bernard Lapasset, ha definito il riconoscimento "un premio speciale per una squadra speciale". E) LETTURA SUL RUGBY DA PAOLINI Si torna nella piazza della fontana luminosa. 5 - La Fontana luminosa. Caratterizzata da due nudi femminili in bronzo sorreggenti la caratteristica conca abruzzese, posti su una vasca a pianta circolare, è posta rialzata da 12
gradini rispetto al livello della strada. Venne creata nel 1934 dallo scultore Nicola D'Antino a conclusione di un lungo e impegnativo progetto di sistemazione urbanistica della città cominciato nel 1927 e che lo portò anche alla realizzazione delle fontane gemelle di Piazza Duomo. Prende il nome dal suggestivo gioco di luci sull’acqua che si anima nelle ore notturne. Situata al centro di Piazza Battaglione Alpini, alla sommità di Corso Vittorio Emanuele II, in una zona particolarmente amata e frequentata dagli aquilani, è circondata solo per metà da edifici, aprendosi per un quarto al Parco del Castello e per il restante quarto alla zona degli impianti sportivi. Particolarmente apprezzato è il panorama che si ha dalla fontana verso il Gran Sasso. Recentemente la zona è stata oggetto di un progetto di riqualificazione e si è discusso sulla possibilità di costruire un parcheggio sotterraneo ed una fermata della metropolitana di superficie nelle vicinanze. Nel 2007 la viabilità della piazza è stata modificata e l'area che circonda la fontana è stata chiusa al traffico veicolare. La Fontana luminosa non ha subito danni nel terremoto che ha colpito L'Aquila nel 2009 e la zona è stata, fin dalle prime ore dopo la tragedia, luogo di ricovero per gli sfollati nonché uno dei tre accessi al centro storico distrutto dal sisma. Si imbocca via delle Tre Spighe fino a via degli Antinori che si percorre a sinistra. Si arriva a via Garibaldi e la si percorre a destra fino a piazza San Silvestro. 6- La chiesa di San Silvestro Come la quasi totalità delle chiese aquilane deve la sua realizzazione agli abitanti di uno dei castelli vicini, in questo caso Collebrincioni, che contribuirono così alla fondazione della città nel XIII secolo. Storia Venne edificata nella prima metà del XVI secolo, a poca distanza dal perimetro occidentale delle Mura, nel luogo dove, con ogni probabilità, era situata una precedente costruzione duecentesca. Tra il Quattrocento e il Cinquecento, la chiesa risente dell'influenza dell'importante famiglia Branconio, la cui dimora viene costruita proprio adiacente San Silvestro. Nel 1519, viene commissionata al Raffaello da Marino Branconio, e dal figlio Giovanni Battista, protonotario del papa, un dipinto riguardante la Visitazione da inserire nella cappella familiare interna alla chiesa; il dipinto venne poi trafugato dal Vicerè di Napoli per ordine di Filippo IV e portato all'Escorial; oggi si trova al Museo del Prado di Madrid. Nel 1703 San Silvestro viene gravemente danneggiata da un violento terremoto: come le altre chiese aquilane, venne ricostruita adattandola internamente allo stile dell'epoca, il barocco. Più tardi, nel tardo Ottocento viene abbellita da una torre campanaria posta alla destra della facciata principale e, nella seconda metà del Novecento, subisce una complessa e discutibile opera di ripristino che ne ha riportato alla luce le originarie fattezze gotiche. Un altro terremoto nel 2009 l'ha gravamente danneggiata provocando il crollo di alcuni elementi scultorei posti sul prospetto laterale, profonde fessurazioni 13
sullo stesso prospetto ed un importante lesione con principio di crollo sulla torre campanaria. Descrizione La chiesa è posta, elevata, a coronamento dell'omonima piazzetta immersa nel centro storico dell'Aquila, in una delle zone che meglio conserva l'originaria architettura medievale della città. La piazza è abbellita, sulla destra, dall'imponente Palazzo Branconio, dimora di una delle più importanti famiglie aquilane del quattrocento. Nella parte retrostante è circondata da un'ampia area verde. La facciata La facciata, preceduta da scalinata, è datata 1350 e si presenta rivestita in pietra bianca e rossa; divisa orizzontalmente da cornice marcapiano, è caratterizzata da un portale romanico, simile a quello delle chiese di Santa Giusta e San Marco, con lunetta raffiguarante l'Agnus Dei. In asse con il portale si apre un rosone gotico. Il coronamento orizzontale è costituito di arcatelle cieche a sesto acuto. A lato della navata principale ma restrostante rispetto al piano di facciata, è la torre campanaria risalente a tardo Ottocento. L'interno La struttura di San Silvestro appare a tre navate con copertura lignea ed altrettanti absidi finali, il tutto scandito da arcate ogivali su colonne cilindriche. Sulle pareti interne si conservano frammenti di affreschi trecenteschi e quattrocenteschi, la maggior parte dei quali è stata riportata alla luce dal restauro del 1967 che ha eliminato le aggiunte barocche. Gli affreschi sono stati attribuiti al pittore tardo-gotico noto come Maestro di Beffi. In fondo alla navata di sinistra è la cinquecentesca Cappella Branconio, un tempo impreziosita dalla Visitazione del Raffaello. L'opera venne commissionata nel 1517 da Giovan Battista Branconio per conto del padre Marino. Nonostante l'accesa resistenza del popolo Aquilano, la tela venne sottratta dalle truppe d'occupazione spagnole nel 1655 e portata all'Escorial. Oggi è sostituita da una copia. Sul fondo della navata di destra è, invece, una edicola rinascimentale in pietra. Si torna indietro a via Garibaldi, si supera piazza Regina Margherita e si prosegue su via Castello. Si gira a destra su via Arco Terzario e si giunge a piazza Teatro. 7 - Il Teatro comunale dell'Aquila, è lo storico teatro pubblico della città. È sede del Teatro Stabile d'Abruzzo. Storia Edificato tra il 1854 ed il 1872 su progetto di Luigi Catalani con la collaborazione dell'ingegnere Achille Marchi, rappresenta il terzo teatro pubblico cittadino dopo la Sala Olimpica ed il Teatro San Salvatore, quest'ultimo posto frontalmente al comunale. La sua costruzione si rese necessaria in seguito proprio alla chiusura della Sala Olimpia contenuta nel Palazzo della Prefettura, probabilmente a causa della sua vicinanza con la chiesa di Sant'Agostino. La costruzione cominciò nel 1854, in contemporanea con la distruzione della Sala Olimpica; il teatro, intitolato San Ferdinando in onore dell'omonimo re, 14
venne poi inaugurato nel 1872 con la struttura attuale con platea a ferro di cavallo, 57 palchi disposti su tre ordini e loggione finale e circa 600 posti complessivi. Dal 1963 è sede del Teatro Stabile dell'Aquila, poi divenuto Teatro Stabile Abruzzese (1991) e quindi Teatro Stabile d'Abruzzo (2000), il principale ente teatrale della regione. Dal 1970 è stato affiancato da una sala secondaria (Ridotto) a due livelli con ingresso indipendente sulla piazza e 220 posti complessivi, sede dell'Istituzione Sinfonica Abruzzese. Nel 2009 la struttura è stata fortemente danneggiata dal terremoto del 6 aprile riportando lesioni in facciata ed il crollo del soffitto del foyer e del cornicione anteriore; è stata perciò chiusa a tempo indeterminato. Il Ridotto, danneggiato in maniera meno evidente, è stato riaperto nel dicembre del 2009 ed ospita provvisoriamente gli spettacoli del Teatro Stabile d'Abruzzo. In seguito ai gravi danni subiti ed in attesa del restauro della struttura, nel 2010 è stata approvata, su progetto dell'architetto Mario Cucinella, la costruzione di un nuovo teatro comunale in legno lamellare antisismico destinato ad essere inglobato in una più ampia operazione di riqualificazione dell'area di Piazza d'Armi. La costruzione, patrocinata dal Teatro Stabile e finanziata, in parte, dal governo australiano dovrebbe essere utilizzabile già dal 2011. Descrizione Il teatro è situato nella piazza del Teatro, originariamente abbellita dal monumento a Teofilo Patini, rimosso durante il fascismo; la piazza ospitava sino al XIX secolo anche l'altro teatro della città, il San Salvatore, poi riconvertito in edificio scolastico. La struttura è tipicamente neoclassica: la facciata è semplice a doppio ordine con cinque aperture per livello di cui, le tre centrali, sono leggermente aggettanti, scandite da colonne e sovrastate da balconata e frontone triangolare finale. Il foyer, denominato Sala Rossa, è interamente affrescato ed è caratterizzato da uno scalone monumentale in marmo, anch'esso di derivazione neoclassica. La sala presenta una platea a ferro di cavallo prospiciente un palcoscenico di circa 150 metri quadri. I palchi circondano la platea e sono divisi in tre ordini sovrastati da un loggione da circa 100 posti. Prima della chiusura del 2009 il teatro ha fatto registrare la media d'occupazione teatrale più alta in Italia. Raggiungiamo la piazza antistante la Basilica di San Bernardino. 8 - Basilica dedicata a S. Bernardino da Siena che ne conserva le spoglie dato che il Santo morì all’Aquila nel 1444. Caratterizzata dalla grande cupola costruita nella seconda metà del ‘400, fu voluta da S. Giovanni da Capestrano e simboleggiò il potere e il prestigio dell’oligarchia mercantile cittadina. Fra Berardino da Siena sentendo vicina la morte, volle giungere all’Aquila e qui morì il 20 maggio del 1444; a pochi anni di distanza fu dichiarato Santo e gli Aquilani ottennero di far rimanere il suo corpo in città, grazie a S. Giovanni da Capestrano si decise poi di costruire la grandiosa basilica che ancor oggi ne conserva le spoglie. Il complesso fu progettato probabilmente da frate Francesco dall’Aquila, mentre il compito di controllare i lavori fu dato da Papa Niccolò V a Giacomo 15
della Marca. La chiesa con l’annesso convento fu compiuta nel 1472, mentre la splendida facciata, dopo varie vicende, fu costruita nella prima metà del ’500 su progetto di Cola dell’Amatrice in pietra dorata, scansita da colonne appaiate su tre ordini sovrapposti, dorico, ionico e corinzio e da due trabeazioni . Da ammirare l’elegante trifora nel mezzo del secondo ordine, i tre oculi e lo splendido portale centrale, a strombo, che racchiude nella lunetta una Madonna con Bambino e Santi della scuola di Silvestro dall’Aquila. In seguito al terremoto del 1703 la chiesa fu semidistrutta. Della costruzione quattrocentesca restano il perimetro murario absidale con le grandi finestre ogivali, la torre a bifore (anche se ridotta in altezza), la cappella poligonale di S. Bernardino visibile dal chiostro del monastero e le cappelle absidali. Dopo il terremoto del 1703 si ricostruì la chiesa in parte distrutta e nel 1730 il nuovo edificio era già compiuto, fastoso negli interni, con lo splendido organo dorato sulla contro-facciata. L’interno si presenta grandioso nelle dimensioni, in stile barocco, a croce latina, a tre navate con un pregiato soffitto ligneo (di Bernardo Mosca da Pescocostanzo)) che copre quella mediana e con cupola ottagonale. Le cappelle laterali sono ricche di opere d’arte, tra queste di particolare rilevanza la pala di Andrea della Robbia, il mausoleo di S. Bernardino di Silvestro dall’Aquila e scuola, una Crocefissione del XVIesimo secolo, affresco trasportato su tela che in origine si trovava nella chiesa di S. Francesco demolita per la costruzione dei Portici su corso Umberto. Nella cappella maggiore lo splendido sepolcro di Maria Pereira, di famiglia spagnola moglie del potente Pietro Lalle Camponeschi, splendida opera di fine ‘400 di Silvestro dall’Aquila e del suo aiuto Salvato da Roma. Di fronte, in una delle cappelle absidali si possono ammirare resti di affreschi. Da visitare i due chiostri del convento di proprietà dei Francescani ( gli altri due sono occupati dal distretto militare) e lo splendido refettorio oggi sala Bernardiniana che presenta splendidi affreschi del Cardone del secolo XVIesimo. 9- La Storia della Città de L’Aquila In posizione dominante, posta vicino alla catena del Gran Sasso, L'Aquila venne fondata intorno al secolo XIII, per volontà di Federico II. La fondazione della città fu programmata dall'imperatore Federico II di Svevia intorno al 1245, ma certamente il maggiore impulso costruttivo si ebbe sotto il regno di Corrado IV che nel 1253, un anno prima della sua morte, la realizzò quasi completamente. Gli esecutori del programma federiciano furono gli abitanti dei castelli della conca aquilana, 99 secondo la tradizione, che vollero confederarsi in un unico grande centro. La città ebbe una organizzazione autonoma, con un podestà ed un consiglio, ed assunse una tale importanza politico militare che il pontefice Alessandro IV, nel 1257 trasferì l'antica sede vescovile di Forcona a L'Aquila, edificando la chiesa dei S.S. Massimo e Giorgio (futura cattedrale). In quegl'anni era già in atto la contesa tra il papato ed il nuovo re svevo Manfredi, e la città rimasta fedele alla chiesa pagò duramente: nel 1259 infatti Manfredi dopo aver riconquistato la parte meridionale del regno assediò e distrusse L'Aquila che rimase abbandonata per sette anni fino al 1266. Fu questo l'anno in cui Carlo I d'Angiò impossessatosi del regno di Sicilia dette inizio alla ricostruzione della citta', e nel 1272 per opera del Capitano 16
Lucchesino, si ricominciò l'edificazione delle mura cittadine e si divise la citta' in quattro quartieri o quarti. In questo periodo viene costruita la basilica di S. Maria di Collemaggio dove nel 1294 venne incoronato Papa Pietro da Morrone, con il nome di Celestino V, alla presenza di Carlo II d'Angio'. Con l'avvicendarsi degli Aragonesi agli Angioini per il possesso del regno di Napoli, la città fedele alla causa di Giovanna II d'Angio', fu di nuovo sottoposta a durissimo assedio durato 13 mesi, ad opera di Andrea Braccio Fortebraccio conte di Montone per conto di Alfonso di Aragona. La città resistette strenuamente ed alla sconfitta degli Aragonesi, la regina Giovanna II per ringraziare L'Aquila della sua fedeltà le concesse una serie di privilegi che ne incrementarono lo sviluppo economico e sociale. Ben presto divenne la seconda città del regno di Napoli, prosperosa negli scambi commerciali e culturali che manteneva con le più importanti città italiane ed estere. Nel XV secolo ebbe il privilegio di battere moneta, vi fu istituita l'Università e nel 1482 vi fu aperta la tipografia da A. di Rottwill. discepolo del Gutemherg. Lo spirito d'indipendenza della città fu soffocato durante la lotta tra i Francesi e gli Spagnoli per il possesso del regno di Napoli, e per punirla di aver parteggiato per Francesco I, lo spagnolo Carlo V, ordinò a Filippo d'Orange di assediarla e distruggerla, e nel 1532 da Don Pedro di Toledo fu eretto il Castello "ad reprimendam audaciam Aquilanorum". Durante la rivolta di Masaniello nel 1647 la città si ribellò di nuovo agli Spagnoli e fu per questo condannata a dure repressioni economiche e sociali, che ne causarono un lento declino. Nel 1703 uno spaventoso terremoto distrusse completamente la citta', peggiorando la ripresa economica e demografica. Partecipò attivamente ai moti rivoluzionari per l'unità d'Italia, e nel 1860 divenne capoluogo di regione. Le stragi belliche Durante la seconda guerra mondiale, L'Aquila, che si trovava fuori dalle maggiori vie di comunicazioni, venne risparmiata dalle principali battaglie, ma fu teatro di sanguinose stragi. Nel 1943, dopo l'armistizio, nell'albergo di Campo Imperatore venne imprigionato Benito Mussolini, poi liberato dai tedeschi che occuparono la città e diedero inizio ad un periodo di violenza e terrore conclusosi solo con la loro ritirata, il 13 giugno 1944. Il 23 settembre 1943 un manipolo di dieci giovani venne catturato nelle montagne sopra Collebrincioni: nove di loro (i Nove Martiri) vennero fucilati mentre il decimo si salvò solo grazie all'intervento di un'autorità fascista. Il 2 giugno 1944, in seguito all'uccisione di un ufficiale tedesco ad Onna venne compiuta una tremenda rappresaglia che portò all'uccisione immediata di una ragazza e, qualche giorno più tardi, al sequestro di 24 persone di cui 16 vennero mitragliate e fatte saltare in aria. Il 7 giugno 1944 l'ennesimo assalto ai tedeschi causò l'uccisione di 17 innocenti a Filetto, vicino Paganica. Pochi mesi prima L'Aquila era stata colpita da un violento ed inaspettato bombardamento da parte degli alleati che distrusse la stazione ferroviaria, l'officina della Banca d'Italia e l'aeroporto allora localizzato in Piazza d'Armi causando numerosi morti e feriti. La città, non venne rasa al suolo, solo a causa della permanente instabilità meteorologica nel periodo previsto. 17
La querelle regionale Nel dopoguerra L'Aquila visse un momento di crescita demografica che ha portato, per la prima volta, l'espansione edilizia superare la cinta muraria con la costruzione, non sempre esemplare, di nuovi quartieri a ridosso del centro storico. Politicamente ed economicamente, invece, il declino dell'entroterra abruzzese andava ponendo le basi per una annosa battaglia per l'egemonia regionale, amplificata, sul finire degli anni cinquanta, dalla scelta della RAI di insediarsi a Pescara e non nel capoluogo. Lo scontro vero e proprio si ebbe però, negli anni sessanta e settanta con la regionalizzazione dell'Italia e la conseguente necessità di collocare il capoluogo in Abruzzo. L'Aquila, che fino a quel momento era stata il centro storico e culturale della regione, poteva vantare un miglior rapporto con Roma ma l'appoggio dello Stato alla causa aquilana provocò a Pescara nel 1970 numerose insurrezioni, che prenderanno il nome di Notti dei fuochi e che riapriranno le trattative. A quel punto anche L'Aquila si mobilita in manifestazioni che culmineranno, ad una apparente apertura alle pretese pescaresi nel 1971, in una vera e propria rivolta durata 3 giorni con la devastazione delle sedi di tutti i partiti, delle istituzioni e delle abitazioni di alcuni politici. L'accordo finale riconoscerà alla città il ruolo di capoluogo unico dell'Abruzzo consentendo però alla Giunta e al Consiglio regionali la possibilità di riunirsi anche a Pescara. Percorriamo via San Bernardino fino ad attraversare Corso Vittorio Emanuele e raggiungiamo Piazza Palazzo. 10 - Piazza Palazzo Piazza del Palazzo, detta anche Piazza Palazzo, è una piazza alberata dell'Aquila. Deve il suo nome alla presenza di Palazzo Margherita, sede del Comune, ed è perciò considerato il centro del potere politico della città in antitesi alla Piazza del Duomo che ospita il potere religioso. È nota anche come Piazza Sallustio in onore dello storico latino di cui campeggia una statua al centro della piazza o, in passato, come Piazza San Francesco. La piazza presenta una forma quadrangolare ed è posta su Corso Umberto I, decumano dell'impianto urbanistico cittadino, a poca distanza dall'incrocio detto dei Quattro Cantoni. È caratterizzata da un leggero dislivello che termina con Palazzo Margherita, un edificio di origine quattrocentesca che ha ospitato per lungo tempo il Capitano di Giustizia prima di essere restaurato nel 1572 per collocarvi la dimora di Margherita d'Austria, governatrice degli Abruzzi. A lato si staglia la torre civica, l'unica parte rimasta del Palazzo di Giustizia, su cui venne collocato nel 1374 un orologio pubblico che si riconosce essere come il terzo in Italia dopo quelli di Firenze e Ferrara; la torre ospitava la Reatinella, storica campana cittadina, prima che questa venisse fusa per contribuire alla costruzione del Forte spagnolo mentre ancora oggi custodisce la Bolla del perdono emessa da Celestino V nel 1294. Opposto al Palazzo Margherita è invece il Palazzo del Convitto, imponente edificio neoclassico abbellito da portici costruito sulle fondamenta della chiesa e convento di San Francesco: il palazzo è sede storica del Liceo Ginnasiale e della Biblioteca Tommasiana, la principale della regione. A lato del palazzo si trova una piccola fontana in ghisa che è conosciuta come Fontana dell'Angelo 18
Muto. Al centro della piazza si trova poi il monumento a Gaio Sallustio Crispo con relativa statua in bronzo, opera di Cesare Zocchi. Dopo il terremoto del 2009 la piazza è stata inclusa nella zona rossa a causa dei danneggiamenti degli edifici che ivi si affacciano ed è stata per lungo tempo inaccessibile. Per questo motivo, nei primi mesi del 2010, l'area è stata al centro delle proteste dei cittadini che chiedevano la rimozione delle macerie e la riapertura della città: il 21 febbraio 2010 circa 6.000 persone hanno partecipato alla manifestazione del cosiddetto popolo delle carriole, trasportando loro stessi i detriti al di fuori della piazza e procedendo alla loro differenziazione. É stata riaperta al pubblico nel dicembre 2010. F) INTERVENTO DI CLAUDIO SU MARGHERITA D’AUSTRIA Margherita d’Austria Margherita d'Austria, o d'Asburgo (Audenarde, 28 dicembre 1522 – Ortona, 18 gennaio 1586), era figlia naturale dell'imperatore Carlo V. Fu duchessa di Parma e Piacenza e governatrice dei Paesi Bassi (1559-1567). E del resto la presenza di Margherita inaugurò veramente una stagione felice sia dal punto di vista urbanistico che economico e sociale, stimolando una euforica molteplicità di iniziative volte ad ammodernare e abbellire la città. Il governo illuminato della duchessa determinò persino la creazione di una azienda agricola e zootecnica modernissima a Campo di Pile, un impianto modello di vaste proporzioni, che introdusse indirizzi nuovi nella struttura economica aquilana. Né va sottaciuto il fatto che, del suo seguito, faceva parte anche il capitano e ingegnere militare Francesco de Marchi, il primo ad effettuare una storica ascensione alpinistica del Gran Sasso. Insomma, Margherita e la sua corte evitarono (purtroppo solo per un po’) l’emarginazione culturale ed economica dell’Aquila e dell’Abruzzo, risollevandone momentaneamente le fortune. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1586, il Palazzo ebbe altre destinazioni pubbliche, quale sede della Regia Udienza, poi dell’amministrazione comunale, della giustizia e oggi nuovamente residenza municipale. La gioventù e il primo matrimonio Margherita nacque ad Audenarde, nelle Fiandre, dall'Imperatore Carlo V e da Giovanna Van der Gheynst, figlia di un lavorante di arazzi. Fu legittimata dal padre ed educata secondo i dettami previsti dal suo rango. La sua precettrice fu Margherita, figlia di Massimiliano d'Austria, governatrice dei Paesi Bassi. In un’epoca caratterizzata da guerre politiche e di religione che infiammavano l’intero continente, essa divenne una pedina fondamentale nel gioco delle alleanze. Ben due papi, Clemente VII e Paolo III la legarono al papato ed alle loro famiglie. Nel 1533 ebbe in dote i feudi di Penne, Campli, Leonessa, Cittaducale e Montereale e fu promessa ad Alessandro de' Medici, duca di Firenze, che per poterla sposare dovette attendere ancora qualche anno. Il loro matrimonio non fu felice a causa del carattere e della sregolatezza del marito. Comunque, nel 1537 Alessandro fu assassinato dal cugino Lorenzino de' Medici e così Margherita fu nuovamente libera. Il matrimonio con Ottavio Farnese 19
La condizione di vedova di Margherita convinse Paolo III, nel 1538, a chiedere la sua mano per il nipote Ottavio, figlio di Pier Luigi Farnese e duca ereditiero di Castro. Ma Margherita, allora diciassettenne, dopo essere stata duchessa di Firenze, aspirava a ben altro che a sposare Ottavio che aveva solo quindici anni. Margherita non amava Ottavio Farnese e non lo riteneva degno dei suoi natali, anche se il papa cercava di accumulare su di lui onori, cariche e ricchezze. Dovendo, tuttavia, cedere per ragioni di Stato, si presentò a Roma vestita di nero palesando a tutti che tale imposizione non le piaceva. Il matrimonio fu celebrato il 4 novembre nella Cappella Sistina alla presenza del papa stesso. Paolo III si adoperò affinché venisse risolta in favore della nipote acquisita anche la questione della liquidazione dei beni di proprietà di Alessandro de’ Medici presenti a Roma (tra i quali Villa Madama, che da lei prese il nome, a Monte Mario). L’unione non si rivelò, comunque, felice, sia a causa di Margherita che cercò in tutte le maniere di non consumare il matrimonio (anche a causa di una sua preferenza per le donne che fece molto discutere i suoi contemporanei) e che sognava continuamente la corte medicea, sia a causa della scarsa comprensione e della mancanza di delicatezza di Ottavio. Secondo i dispacci che aggiornavano Carlo V sul menage della coppia sembra che Paolo III e Pier Luigi facessero di tutto per risollevare Margherita, mentre Ottavio conduceva una vita notturna certamente non degna di un nipote del papa. Nel 1545 ci furono due avvenimenti fondamentali: l'erezione del ducato di Parma in favore di Pier Luigi Farnese, con la conseguente investitura del ducato di Castro per Ottavio e la nascita di due gemelli. Margherita rimase duchessa di Castro fino al 1547, anno della morte di Pier Luigi ed anno in cui Ottavio assunse la carica di duca di Parma. Il 27 agosto 1545 nacquero Carlo ed Alessandro. Il loro battesimo avvenne nella Basilica di Sant'Eustachio, alla presenza di diciannove cardinali e con padrini d’eccezione: Carlo V e la regina di Francia. Il 1547, anno nefasto per la morte di Pier Luigi, fu invece l’anno in cui la coppia Margherita Ottavio si rinsaldò: il coraggio dimostrato da Ottavio nel riconquistare Parma quando sia l'Imperatore che il papa erano contro di lui portarono Margherita a schierarsi decisamente in favore del marito, con il quale subentrò una intesa amichevole e comprensiva. Durante la guerra di Parma combattuta tra Ottavio, alleato del re di Francia, ed il papa, alleato di Carlo V, Margherita restò sempre presente in città, come presenza di conforto per i parmensi. Dopo la guerra, l’imperatore, sentendo la morte avvicinarsi, raccomandò Margherita al fratellastro Filippo II di Spagna, che attuò una politica di avvicinamento al duca di Parma. Tra gli accordi che furono presi ci fu la clausola che il figlio Alessandro doveva essere posto sotto la tutela del re di Spagna. Nel 1556 Margherita in persona accompagnò Alessandro a Bruxelles, dove si trovava Filippo II. Governatrice dei Paesi Bassi Nel 1559, Filippo II la nominò governatrice dei Paesi Bassi, che erano in rivolta contro la dominazione spagnola. Margherita partì da Piacenza il 25 maggio tra le acclamazioni della folla. Quando giunse a Gand il re la presentò agli Stati Generali e le conferì pieni poteri. Cercò una mediazione per evitare che scoppiasse una rivolta, mitigando la politica anticalvinista che portava avanti Filippo II, sperando di avvicinare gli elementi più moderati della società fiamminga all'autorità reale. Purtroppo si arrivò al conflitto, che fortunatamente, 20
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