TREKKING URBANO A L'AQUILA - Arcoiris - 3 aprile 2011

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TREKKING URBANO A L'AQUILA - Arcoiris - 3 aprile 2011
Arcoiris

TREKKING URBANO
   A L’AQUILA

     3 aprile 2011
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a) Il Trekk: il percorso
1 - Le mura nei pressi di Porta Rivera
b) Introduzione
2 - La Fontana delle 99 cannelle e Chiesa di San Vito alla Rivera
c) Lettura sugli alpini nella campagna di russia da Marco Paolini???
d) Intervento di Claudio su Corrado IV
3 - Il Forte Spagnolo
4 - L’Aquila e il rugby
e) Lettura sul rugby da Paolini ???
5 - La Fontana luminosa
6- La chiesa di San Silvestro
7 - Il Teatro comunale
8 - Basilica dedicata a S. Bernardino
9- La Storia della Città de L’Aquila
10 - Piazza Palazzo
f) Intervento di Claudio su Margherita d’Austria
11 - Piazza del Duomo - Cattedrale dei Santi Giorgio e Massimo – Le
Cancelle – Il palazzo delle Poste
12 – I moti del 1971
13 - Il terremoto del 6 aprile 2009
14 - Chiesa di Santa Giusta – Palazzo Centi
g) Lettura: Quanto era bella la mia Onna
15 - La basilica procattedrale Santa Maria di Collemaggio

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Si parte dal piazzale della stazione.

A) INTERVENTO DI LUCIANO
La descrizione del trekking

   1 - Le mura nei pressi di Porta Rivera
   Le mura seguono la morfologia del territorio ed in particolare del colle su cui
   sorge la città. L'area recintata è di circa 157 ettari e manifesta una
   pianificazione architettonica e storica lungimirante, se si pensa che venne
   occupata completamente solo nel XX secolo.
   La lunghezza attuale è di oltre 5 chilometri e mezzo.
   Lo spessore e l'altezza delle mura, quest'ultima ridottasi drasticamente nel
   tempo soprattutto in seguito ai frequenti terremoti, non sono particolarmente
   rilevanti se confrontati con altri esempi; la principale difesa della città era
   costituita difatti dal suo aspetto morfologico e dalla compattezza del suo
   edificato intra moenia. Di particolare interesse è invece la forma, che alcuni
   storici tendono a paragonare a quella della città di Gerusalemme, come per la
   verità già ipotizzato dallo storico Crispomonti nel XVII secolo, e di
   conseguenza alla costellazione dell'Aquila con le chiese che riprodurrebbero in
   terra la posizione delle stelle.
   Le porte
   Le porta urbiche sono l'elemento caratterizzante delle mura aquilane. Le
   quattro principali sono state realizzate contemporaneamente all'edificazione
   delle mura ed a queste sono seguite altre aperture della cinta muraria in
   corrispondenza delle principali direttrici con il contado. La celebre Pianta
   dell'Aquila disegnata nel 1575 dal Fonticulano ne conterrà 12 principali cui
   vanno aggiunte Porta Barisciano, già chiusa al momento della realizzazione
   della pianta, e Porta Pilese, non citata in altri documenti. Le realizzazioni
   continueranno nei secoli successivi tanto che in totale si può documentare
   l'esistenza di 18 porte, delle quali sei aperte e funzionanti ancora oggi.

Ci si reca a Piazza San Vito.

B) INTERVENTO DI LUCIANO
Il trekk urbano: conoscere la città attraverso le storie dei cittadini.
Provare a guardare palazzi, monumenti e opere d’arte pensando alle
persone, agli incontri, agli scontri, alle relazioni
L’Aquila come tutte le nostre bellissime città ci rinvia a una ricca trama di
storie e avvenimenti, ad una cultura immensa.
L’Aquila oggi: la vedremo. Le immagini prevarranno sulle parole.
L’Aquila domani: immaginare un futuro che oggi sembra impossibile.

   2 - La Fontana delle 99 cannelle
   Situata nella zona della Rivera, una delle più antiche del centro storico, a
   ridosso del fiume Aterno, la fontana è costituita da novantanove mascheroni
   in pietra (le cannelle appunto), dalla maggior parte dei quali sgorga l'acqua.
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Secondo la tradizione, le cannelle rappresenterebbero i novantanove castelli
che, nel XIII secolo, parteciparono alla fondazione dell'Aquila.
Storia
Essa fu probabilmente eretta su progetto dell'architetto Tancredi da Pentima
nel 1272, a pochi anni dalla seconda fondazione della città, come testimoniato
dalla lapide sita sulla parete di fronte il cancello d'ingresso che si conclude nel
seguente modo:
ANNO DOMINI MCCLXXII
MAGISTER TANCREDUS DE PENTOMA DE VALVA FECIT HOC OPUS
L'intervento di Tancredi da Pentima sarebbe comunque limitato alla sola
realizzazione della parete posta frontalmente rispetto all'ingresso; alcuni
studiosi ritengono invece che l'attuale aspetto della fontana risalga
interamente al XV secolo. Quel che è certo è che la zona oggi detta della
Rivera, corrispondente a un antico castello denominato Acquili, dal quale
deriva il nome della città, costituiva all'epoca della fondazione un'area
strategica per quanto riguarda l'abbondanza di acqua e le numerose attività
artigianali che vi si erano insediate.
Al Quattrocento si fa risalire il rivestimento delle pareti (con l'utilizzo di pietra
bianca o rosata dalla tipica composizione a scacchiera, utilizzata anche nella
facciata della basilica di Santa Maria di Collemaggio) e lo stemma della città
posto sopra la lapide; al 1582 risalirebbe il fronte sinistro della fontana,
attribuito a Alessandro Ciccarone; infine, al XVIII secolo è ascrivibile il fronte
destro, caratterizzato da mascheroni dal gusto tipicamente barocco e
probabile riedificazione di un fronte già presente ma distrutto dal terremoto del
1703, con il relativo restauro dell'intero monumento la selciatura della piazza.
La stessa lapide già citata in precedenza reca due date: il 1744, cui si fa
risalire la costruzione del fronte destro, e il 1871, anno in cui fu attuato un
nuovo restauro.
Nel 1934 fu realizzata la recinzione in ferro battuto del fronte aperto mentre nel
1994 e nel 2008 è stata nuovamente restaurata.
Descrizione
A pianta trapezoidale di notevole impatto prospettico, originariamente era
costituita da un elaborato sistema simbolico astrologico ripetuto anche nelle
aggiunte del 1582 ad opera di Alessandro Ciccarone. La fontana si sviluppa su
tre fronti ed è posta ribassata rispetto alla sede stradale; sul lato aperto
termina con una scalinata che guarda la medievale chiesa di San Vito.
Il perimetro della fontana, che per un lato si appoggia alla cinta muraria della
città, è caratterizzato dall'intreccio di masselli di pietra bianca e rosa tratta
dalla vicina cava di Genzano di Sassa, presenti anche nella facciata della
basilica di Santa Maria di Collemaggio e in altri monumenti dell'Aquila. É
costituita da due vasche poste su livelli differenti e leggermente sfalsati tra
loro, sulla più alta delle quali viene immessa l'acqua tramite appositi
mascheroni. Questa struttura era appositamente studiata per consentire il
lavaggio del bucato che ivi avvenne quotidianamente sino ai primi decenni del
XX secolo.
I mascheroni sono tutti diversi fra loro e intervallati da formelle rettangolari,
novantatré delle quali contenenti un fiore in rilievo e un rosone, mentre le
rimanenti cinque sono vuote. Queste ultime rappresenterebbero le piaghe del
Cristo, mentre il rosone è a simboleggiare il ciclo della vita e quindi l'eternità.

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Secondo la tradizione, la funzione dei mascheroni è quella di rappresentare
allegoricamente i signori dei novantanove castelli che contribuirono alla
fondazione dell'Aquila nel XIII secolo. La città sarebbe infatti costituita di
novantanove piazze, novantanove chiese e novantanove fontane, ciascuna
riferita al castello di riferimento, e la fontana della Rivera testimonierebbe tale
operazione; in realtà il numero dei locali su cui fu fondata L'Aquila è
leggermente minore di novantanove, e anche il numero di mascheroni dai
quali sgorga l'acqua è attualmente di novantatré. Difatti, altre sei cannelle, di
dimensioni minori e senza alcuna funzione pratica, sono poste poco sotto il
parapetto del lato destro, probabilmente per alimentare la leggenda del
numero novantanove. Tra tutti, di particolare interesse è quello posta
sull'angolo destro raffigurante un uomo con la testa di pesce che farebbe
riferimento a una favola medievale nota come leggenda di Colapesce e, di
conseguenza, costituirebbe un richiamo al nome di Federico II, cui è legata la
fondazione della città.
Un altro mistero legato all'opera riguarda la sorgente di alimentazione, tenuta
volontariamente segreta per evitare che un castello piuttosto che un altro ne
rivendicasse la paternità, tanto da spingere a giustiziare il progettista affinché
non la rilevasse a nessuno; secondo la leggenda le spoglie di Tancredi da
Pentima sono tuttora poste al di sotto della pavimentazione della fontana. La
sorgente della fontana è con ogni probabilità posta nelle vicinanze della chiesa
di Santa Chiara, sul lato nord-orientale della zona della Rivera.

2 - Chiesa di San Vito alla Rivera
La chiesa di San Vito alla Rivera (anche conosciuta come San Vito di
Tornimparte o, semplicemente, San Vito) è un edificio religioso dell'Aquila.
Come la quasi totalità delle chiese aquilane deve la sua realizzazione agli
abitanti di uno dei castelli vicini, in questo caso Tornimparte, che contribuirono
così alla fondazione della città nel XIII secolo. È rimasta gravemente
danneggiata dal terremoto del 2009 ed è attualmente inagibile.
Storia
La costruzione di una chiesa dedicata a San Vito martire viene fatta risalire
alla seconda metà del XIII secolo, nel periodo immediatamente successivo
alla definitiva fondazione dell'Aquila, ad opera degli abitanti di una frazione di
Tornimparte, un piccolo centro del comitatus aquilano. La facciata romanica
risalirebbe invece al quattrocento.
Dell'edificio originario non rimane tuttavia che l'assetto spaziale poiché la
chiesa e l'intero quartiere vennero profondamente modificati da alcune
operazioni architettoniche ed urbanistiche compiute tra il XVI secolo e il XVIII
secolo che portarono anche all'ampliamento della fontana delle 99 cannelle:
nel 1599 con l'insediamento dei Fatebenefratelli vengono realizzati il convento
e l'ospedale adiacenti la chiesa che, un secolo più tardi, viene completamente
distrutta dal terremoto del 1703.
Ricostruita nel XVIII secolo, la chiesa è stata nuovamente danneggiata dal
terremoto del 2009 che ha provocato lo spostamento dell'assetto stazionario
ed il crollo della parte sommitale della facciata. L'edificio è stato sottoposto ad
opere provvisionali di messa in sicurezza ma non è attualmente agibile.
Descrizione

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La chiesa è situata nella zona della Rivera, all'interno del quarto di San
   Giovanni, in un contesto impreziosito da altre emergenze architettoniche come
   la fontana delle 99 cannelle e la Porta Rivera. A differenza della maggior parte
   degli edifici religiosi aquilani, non si presenta a capo di una piazza con
   fontanile bensì all'estremità della via Borgo Rivera che collega il centro storico
   con la cinta muraria, posta parallela alla navata della chiesa; l'ampio spazio
   delimitato dalla fontana delle 99 cannelle e la sua scalinata ne fanno da
   sagrato.

Si risale Borgo Rivera fino all’incrocio con via XX settembre.

Giriamo a sinistra e percorriamo via XX settembre fino al quartiere
della Banca d’Italia. Si attraversa il quartiere e risalendo il pendio su
due diverse scalinate si giunge al viale Giovanni XXIII. Si gira a
sinistra, si prosegue su viale Duca degli Abruzzi. Si giunge a Piazza
Battaglione Alpini L’Aquila.

C) LETTURA SUGLI ALPINI NELLA CAMPAGNA DI RUSSIA DA
MARCO PAOLINI
   Al rientro dalla Russia il battaglione L'Aquila era rimasto solamente costituito
   da 3 Ufficiali e 159 alpini.

Si attraversano i giardini del Forte Spagnolo fino a giungere
all’ingresso.

D) INTERVENTO DI CLAUDIO SU CORRADO IV

   3 - Il Forte Spagnolo
   Venne costruito nel corso di un grandioso progetto di rafforzamento militare
   del territorio avvenuto durante la dominazione spagnola in Italia meridionale
   nella prima metà del cinquecento.
   Mai utilizzato per scopi bellici, venne utilizzato nel seicento come residenza
   del governatore spagnolo e successivamente come alloggio per i soldati
   francesi nell'ottocento e tedeschi durante l'ultima guerra mondiale. Restaurato
   nel 1951 ad opera della Soprintendenza ai Monumenti e Gallerie d'Abruzzo e
   Molise, di cui divenne sede, ospita attualmente il Museo Nazionale d'Abruzzo.
   Storia
   La dominazione spagnola
   Nel 1503 gli spagnoli conquistarono il Regno di Napoli ponendovi a capo un
   vicerè di loro fiducia ed occupando tutti i posti di comando. All'Aquila, la
   nomina del conte Ludovico Franchi a Signore della Città segnò il definitivo
   tramonto di ogni forma di autonomia cittadina e contribuì alla decadenza della
   città, fino ad allora una delle più fiorenti del Regno.
   Nella speranza di riconquistare libertà e privilegi perduti, gli aquilani si unirono
   alla lega antispagnola capeggiata dai francesi, cui vennero nel 1527 aperte le
   porte della città, che tuttavia venne sconfitta nel 1529. L'Aquila venne
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occupata militarmente da Filiberto d'Orange, viceré e luogotenente del
Regno di Napoli, saccheggiata e costretta a versare nelle casse spagnole una
esosa tassa. Inoltre la città venne distaccata dal suo contado, che venne
spartito in feudi e dato in possesso a capitani dell'esercito imperiale,
infliggendo un colpo durissimo alla sua economia.
La Castellina
Nello stesso anno Filiberto d'Orange individuò nell'angolo nord-orientale della
città il punto più elevato della cinta muraria, laddove già nel 1401 Re Ladislao I
fece erigere una rocca, e vi cominciò la costruzione di una piccola fortezza.
La Castellina, fatta costruire "per tenere con grosso presidio a freno i cittadini"
è di fatto il segno tangibile di un'oppressione non solo politica e militare ma
anche, e soprattutto, economica e sociale. Completata nel 1530, era una
modesta ma massiccia costruzione bastionata ed ospitava un castellano e una
guarnigione dell'esercito imperiale. Era tuttavia destinata ben presto a fare
posto ad una ben più imponente fortezza.
La costruzione del Forte
Nel 1532, il nuovo vicerè del Regno di Napoli, Pedro Álvarez de Toledo,
volle, infatti, predisporre un funzionale impianto di fortificazioni rendendo più
potenti e più moderne le strutture preesistenti, specialmente lungo la fascia
costiera, e realizzando nuove opere che potessero reggere l'attacco della
moderna artiglieria delle armi da fuoco.
La rivolta del 1527 a favore dei francesi, si dimostrò ancora una volta un abile
pretesto colto dagli spagnoli per condannare la città a sostenere totalmente le
spese della costruzione del nuovo castello, versando 100.000 ducati annui.
Nel 1534 fu incaricato del progetto l'architetto, nonché capitano dell'esercito di
Carlo V, Pedro Luis Escrivà (Escribàs) di Valencia.
La costruzione, che necessitava di enorme spazio, comportò la distruzione di
un intero quartiere. Addirittura, per la costruzione degli enormi cannoni posti a
difesa della fortezza vennero fuse le campane della città, tra cui la grande
Campana della Giustizia posta sulla Torre Civica. Nelle intenzioni del vicerè, il
Forte doveva assolvere una duplice funzione: quella di baluardo difensivo
nell'estremo confine settentrionale del regno di Carlo V, e quella di punto di
controllo per il traffico della lana lungo l'asse che collegava Napoli a Firenze.
Decadenza e successivi utilizzi
I lavori procedettero spediti fino al 1549 per poi rallentare fino al 1567 anno in
cui, mutate le condizioni politiche e tolto il pesante onere della costruzione alla
città, si arrestarono del tutto, nonostante si fossero ultimate soltanto le opere
di funzione strettamente militare del manufatto. Lo stesso Escrivà nel 1537
abbandonò la direzione diretta dei lavori per trasferirsi a Napoli dove aveva
ottenuto il prestigioso incarico di ricostruire Castel Sant'Elmo. Lo sostituì Gian
Girolamo Escrivà, probabilmente suo parente, che diresse i lavori fino al 1541.
Il Forte, che non fu mai completato, non fu neanche mai utilizzato dagli
spagnoli in importanti azioni militari, poiché nella seconda metà del
Cinquecento il centro degli interessi dell'Impero Spagnolo si spostò dal
bacino del Mediterraneo prima al Nord Europa e poi in Sudamerica.
Venne quindi dapprima utilizzato come residenza dal governatore spagnolo
ed, in seguito all'invasione francese, come alloggio dalle truppe transalpine.
Subì, invece, gravi danneggiamenti durante la seconda guerra mondiale,
periodo in cui venne utilizzato dalle truppe d'occupazione tedesche come
comando e prigione.
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Il restauro e la sede del Museo Nazionale d'Abruzzo
   Nel dopoguerra, sventato il pericolo di trasformazione del Forte in carcere,
   passò dall'amministrazione della Difesa a quella della Pubblica Istruzione e
   dopo il restauro avvenuto nel 1951 ad opera della Soprintendenza ai
   Monumenti e Gallerie d'Abruzzo e Molise, divenne sede del Museo Nazionale
   d'Abruzzo e di numerose altre istituzioni quali l'Osservatorio Aquilano, l'Istituto
   Nazionale di Geofisica, la Società Aquilana di Concerti oltre che,
   naturalmente, la stessa Soprintendenza per i Beni Ambientali Architettonici
   Artistici e Storici per l'Abruzzo (B.A.A.A.S.), proponendosi come nuovo centro
   sociale e culturale della città.
   Il Forte ha subito danni ingenti a seguito del terremoto del 2009, soprattutto
   per quanto riguarda il ponte di collegamento sul fossato ed i piani superiori.

Giriamo attorno al Castello e possiamo osservare lo stadio di Rugby

   4 - L’Aquila e il rugby
   Ultime ore di speranza per la squadra-simbolo Non può finire così
   La Repubblica - 31 luglio 2010
   di JENNER MELETTI
   L' AQUILA Una baracca di legno, accanto alla tribuna dello stadio
   dell'Acquasanta. Tre scrivanie, una radio, un fax e un computer. Sulla porta un
   cartello annuncia che questa è la sede dell' «Aquila Rugby 1936». Con un
   pennarello, qualcuno ha scritto: «È stato bello». Forse è un ringraziamento,
   forse è un addio. L' Aquila della palla ovale, come tutta la città, ha infatti un'
   ala spezzata, e nessuno sa se riuscirà - è lo slogan di tutti gli aquilani che
   credono nel futuro - a «tornare a volare». Stipendi non pagati, giocatori che
   fuggono, soldi che mancano e acqua alla gola perché, se non si decide nelle
   prossime, ore l' Aquila Rugby sparirà dal campionato. «Lassù, sopra la tribuna
   - dice Marco Molina, dirigente della società - c' è una stanza con i trofei.
   Cinque scudetti, due Coppe Italia... Sono pieni di polvere: la sede è inagibile
   dalla notte del terremoto». Bisogna tornare all' 11 settembre dell' anno scorso,
   per capire cosa sia il rugby in questa città. Prima partita di campionato Top
   ten, il Super 10, contro il Viadana. L' Aquila vince all' ultimo minuto. Sembra il
   segno di una riscossa, non solo della squadra ma dell' intera città. Il rugby ha i
   colori nero del lutto e verde della speranza, che sono gli stessi dell' Aquila fin
   dal 1703, quando il sisma provocò 6.000 morti. Verde e nero anche i colori
   portati dagli aquilani a Roma, sotto le manganellate delle forze dell' ordine. I
   giocatori di rugby, dopo la scossa del 6 aprile, diventano il simbolo di una città
   ferita, solidale e coraggiosa. Il giocatore Lorenzo Sebastiani muore sotto le
   macerie. Il trequarti Dario Pallotta salva due anziani in piazza San Pietro,
   quasi tutta la squadra viene chiamata dall' allenatore Lorenzo Cavallo per
   evacuare l' ospedale San Salvatore, a braccia perché le barelle non bastano.
   «Il terremoto - dice Marco Molina - ha però distrutto anche la nostra società,
   che già non era economicamente solida. Via dalla sede e dallo stadio,
   abbiamo dovuto trasferirci ad Avezzano, con alte spese per residence e hotel.
   Duecentomila euro che hanno rotto l' equilibrio di bilancio. La mazzata è
   arrivata a luglio. Il presidente Giacomo Pasqua dice che pagherà ai giocatori
   solo la metà dei tre o quattro stipendi arretrati. Lo sponsor Ferla, di Crema,
   non rinnova il contratto da 350.000 euro. Il campionato non è andato bene,

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siamo arrivati settimi su dieci, non abbiamo conquistato l' Europa». Il
presidente Giacomo Pasqua, imprenditore edile, si arrabbia. «Ai giocatori ho
proposto il pagamento dell' 85% degli arretrati, non il 50%. Ma queste persone
debbono capire che se sei un professionista hai dei diritti, ma anche dei
doveri, compreso quello di giocare bene. Il campionato scorso è costato 2
milioni e a me di finanziare il rugby non l' ha ordinato il medico». Poche ore
ancora, per non affogare. «Per ripartire - dice Marco Molina - abbiamo bisogno
di almeno 1,5 milioni. Per pagare gli arretrati e per fare la nuova squadra. Oggi
come oggi, abbiamo 10 giocatori italiani e 2 stranieri, che hanno firmato un
contratto non ancora controfirmato dal presidente. Ma uno dopo l' altro se ne
stanno andando quasi tutti. In fondo, non è un male. Abbiamo un progetto per
rifondare la squadra con giocatori aquilani e non "stranieri", ma per realizzarlo
ci servono due o tre anni. Il milione e mezzo oggi è indispensabile per fare una
trentina di contratti, perché non possiamo mandare in campo subito i ragazzi
del vivaio. Sono bravi, ma prima di affrontare la Top ten debbono farsi le ossa.
In sintesi: senza squadra, non si fa il campionato. Gli stipendi nel rugby vanno
dai 1.000 ai 6.000 euro netti al mese, e tutti assieme fanno una bella cifra. Se
poi non paghiamo gli arretrati, i giocatori potranno chiedere l' arbitrato al giurì
del Coni. L' arbitrato sarà discusso a gennaio e noi verremmo esclusi anche
dal campionato 2011-12. Stiamo cercando uno o più sponsor. Non dovrebbe
essere difficile. L' Aquila, con la ricostruzione, è diventata il paradiso degli
imprenditori». Tanti incontri, anche nella sede provvisoria del municipio. «Il
rugby - dice il sindaco Massimo Cialente - nun po' fini' , non può finire.
Sarebbe un' umiliazione per la città. Non è solo sport, per noi. È un elemento
di identità. Non c' è famiglia che non abbia o abbia avuto un giocatore.
Quando ero in seconda media, venne un dirigente dell' Aquila Rugby a cercare
nuove leve. I miei compagni Palmerini e Benedetti si misero la casacca verde
e nera e da grandi diventarono campioni d' Italia. Mezza classe dirigente della
città ha giocato con l' ovale. A Giniano, all' ingresso della città, stiamo
preparando un monumento che presenti la città al turista: è un gruppo di
statue che mostra una mischia di rugby». La squadra che rischia di essere
solo un ricordo è fra le più seguite del campionato. «Se troveremo gli sponsor,
andrà bene anche la baracca. Andremo a fare il campionato nel campo di
CentiColella, dove giocano 500 bambini. L' importante è non sparire. Sarebbe
terribile dover dire ai nostri figli, che già sognano la casacca, che la squadra
aquilana non c' è più».È un mondo strano, quello del rugby nero verde. Parli di
una palla ovale e una «tifosa» come Chiara Rossi, avvocato penalista, si
mette a piangere. «Si parla dell' Aquila solo per le emergenze: le vittime, la
ricostruzione... Ma anche la vita quotidiana è un problema serio. La partita può
dare un senso a un sabato o a una domenica. Hai bisogno delle cose che
avevi prima». «Perdere il rugby - dice Marco Molina - sarebbe come perdere la
basilica di Collemaggio».

L'Aquila rugby
Dalla fondazione alla serie A
Primi esperimenti di rugby a L'Aquila risalgono al periodo fra il 1936 ed il 1942.
In questi anni una squadra aquilana, dalla divisa a strisce orizzontali
bianconere, partecipò ai tornei dei Comandi Federali della GIL.

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La vera nascita risale tuttavia al 1946 anno in cui Tommaso Fattori si fece
promotore della fondazione della Polisportiva L'Aquila Rugby. Due anni più
tardi, nel 1948-1949, la neonata formazione abruzzese partecipò al
campionato di I divisione, ottenendo subito un prestigioso secondo
piazzamento.
A causa della rinuncia di Trieste, nel 1949-1950 L'Aquila partecipò al suo
primo campionato di Serie B mancando la promozione solo all'ultima partita,
persa contro il Genova. Vinse comunque la "Coppa Cicogna" e con questa il
primo dei suoi 8 titoli italiani giovanili. L'anno successivo, con soli 3 campionati
nazionali all'attivo, conquistò l'agognata promozione in Serie A.
I primi successi
Nel campionato 1958-1959 arrivò alla sua prima finale Scudetto, contro le
Fiamme Oro Padova, ma perse la partita mancando così il titolo italiano. Nel
campionato 1963-1964 si classificò 11°, ad un solo punto da Milano e Genova
e venne retrocessa in Serie B, dove però rimase solo un anno.
Dopo una serie di buoni piazzamenti, finalmente nel 1967 arrivò nuovamente
in finale. Nella partita decisiva che si giocò a Roma davanti a più di tremila
tifosi aquilani, i neroverdi sconfissero le Fiamme Oro Padova per 6 a 0. Quello
scudetto consacrò definitivamente il prestigio del rugby aquilano a livello
nazionale e internazionale e fece conoscere a fondo i valori di un movimento
sportivo che coinvolge un'intera città.
L'anno dopo, L'Aquila perse l'opportunità di ripetere il successo del 1967 per
soli due punti. Il secondo scudetto arrivò comunque l'anno successivo, nel
1969 al termine di un campionato senza storia in cui i neroverdi conquistarono
18 vittorie e solo 4 pareggi terminando la stagione da imbattuti. Pochi anni più
tardi, nel 1973 arrivò anche la prima Coppa Italia.
Gli anni d'oro
Nel 1980-1981, emulando il comportamento delle altre squadre di Serie A,
L'Aquila si dotò per la prima volta di una sponsorizzazione ufficiale (la MAEL
computer). Gli abruzzesi dominarono la stagione andando a vincere il loro
terzo Scudetto, con sei punti di distacco dalla seconda classificata, e la loro
seconda Coppa Italia. L'anno seguente replicarono il successo in campionato
conquistando così il quarto titolo italiano, mentre nel 1983 fallirono il tris per un
solo punto.
Dopo alcuni buoni piazzamenti e molti rimpianti, nel 1993-1994, L'Aquila arrivò
nuovamente in finale contro il più quotato e campione in carica Milan Rugby,
dell'allora neopresidente del Consiglio Silvio Berlusconi. La partita, che venne
giocata a Padova davanti a quasi quattromila tifosi neroverdi, rappresenta una
delle pagine più gloriose della storia del rugby aquilano; sovvertendo ogni
pronostico, infatti, L'Aquila vinse 23-14 e conquistò il suo quinto scudetto.
La finale del Flaminio e la nascita della Lega d'Eccellenza
Sei anni dopo, nel 1999-2000, L'Aquila riuscì a conquistare nuovamente
l'accesso in finale contro la RDS Roma dopo una sofferta ed emozionante
partita contro i campioni in carica della Benetton Treviso. Anche in questo
caso si registrò un vero e proprio esodo di tifosi e circa 8 000 aquilani
riempirono lo Stadio Flaminio, sede della finale, creando un colpo d'occhio
senza precedenti. Tuttavia l'esito dell'incontro non fu quello sperato: i
neroverdi giocarono il primo tempo totalmente in balia degli avversari
perdendo una partita che alla vigilia sembrava ampiamente alla portata.

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La stagione 2001-2002 vide la nascita della Lega Italiana Rugby d'Eccellenza
   e del campionato Super 10, cui venne ammessa anche L'Aquila. Sempre nella
   stessa stagione, la squadra partecipò per la prima volta alla European
   Challenge Cup, vincendo due delle sei partite disputate. Partecipò anche nelle
   quattro stagioni successive, ma senza vittorie.
   La retrocessione
   Al termine di una deludente stagione 2006-2007 L'Aquila venne penalizzata
   per aver schierato, nella vittoriosa partita contro il Rolly Gran Parma, un
   giocatore di "formazione italiana" in meno rispetto a quanto previsto dai
   regolamenti. La violazione (peraltro ininfluente ai fini della partita) venne punita
   con 4 punti di penalizzazione e la partita persa "a tavolino". Questa sanzione
   portò alla retrocessione dell'Aquila Rugby dopo 42 anni consecutivi di
   militanza nella massima serie.
   Nella stagione 2007-2008, disputata in Serie A, girone 1, L'Aquila ottenne un
   deludente terzo posto piazzandosi alle spalle di Rugby Roma e Cavalieri
   Prato. Riuscì comunque a conquistare la finalissima per tornare in Super 10
   ma poi perse l'incontro decisivo contro la Roma con il risultato finale di 24-10
   (11-3).
   Il terremoto e il ritorno nel Super 10
   La stagione 2008-2009 vide L'Aquila nuovamente al terzo posto, al termine di
   un anno funestato anche dal terremoto. La società è stata colpita direttamente
   dalla tragedia. Durante l'emergenza l'intera squadra è stata utilizzata per
   evacuare i pazienti non deambulanti dell'ospedale San Salvatore dell'Aquila.
   Lorenzo Sebastiani, giovane promessa della squadra, è deceduto proprio a
   causa del sisma ma la società ha comunque deciso di continuare
   regolarmente il campionato per ridare un senso di normalità alla cittadinanza.
   Dopo aver eliminato la Lazio (giunta seconda) in semifinale con due
   combattutissime gare giocate entrambe in trasferta per l'impraticabilità dello
   Stadio Fattori, i neroverdi sono stati battuti in finale allo Stadio Flaminio dai
   Cavalieri Prato, che hanno così conquistato la loro prima promozione nella
   massima serie. Tuttavia, il 10 giugno 2009, a causa della mancata iscrizione al
   massimo campionato della Roma Rugby Capitolina, L'Aquila Rugby viene
   promossa d'ufficio dalla F.I.R. e torna quindi in Super 10.
   Nel 2009 L'Aquila Rugby è stata insignita del prestigioso IRB Spirit of Rugby
   Award per il coraggio e la forza d'animo dimostrati in seguito al terremoto e
   che contraddistingono da sempre il mondo del rugby. Durante la premiazione,
   avvenuta l'11 settembre 2009 in occasione della prima partita di campionato,
   vinta, contro il Rugby Viadana, il presidente dell'International Rugby Board,
   Bernard Lapasset, ha definito il riconoscimento "un premio speciale per una
   squadra speciale".

E) LETTURA SUL RUGBY DA PAOLINI

Si torna nella piazza della fontana luminosa.

   5 - La Fontana luminosa.
   Caratterizzata da due nudi femminili in bronzo sorreggenti la caratteristica
   conca abruzzese, posti su una vasca a pianta circolare, è posta rialzata da

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gradini rispetto al livello della strada. Venne creata nel 1934 dallo scultore
   Nicola D'Antino a conclusione di un lungo e impegnativo progetto di
   sistemazione urbanistica della città cominciato nel 1927 e che lo portò anche
   alla realizzazione delle fontane gemelle di Piazza Duomo. Prende il nome dal
   suggestivo gioco di luci sull’acqua che si anima nelle ore notturne.
   Situata al centro di Piazza Battaglione Alpini, alla sommità di Corso Vittorio
   Emanuele II, in una zona particolarmente amata e frequentata dagli aquilani, è
   circondata solo per metà da edifici, aprendosi per un quarto al Parco del
   Castello e per il restante quarto alla zona degli impianti sportivi.
   Particolarmente apprezzato è il panorama che si ha dalla fontana verso il Gran
   Sasso.
   Recentemente la zona è stata oggetto di un progetto di riqualificazione e si è
   discusso sulla possibilità di costruire un parcheggio sotterraneo ed una
   fermata della metropolitana di superficie nelle vicinanze. Nel 2007 la viabilità
   della piazza è stata modificata e l'area che circonda la fontana è stata chiusa
   al traffico veicolare. La Fontana luminosa non ha subito danni nel terremoto
   che ha colpito L'Aquila nel 2009 e la zona è stata, fin dalle prime ore dopo la
   tragedia, luogo di ricovero per gli sfollati nonché uno dei tre accessi al centro
   storico distrutto dal sisma.

Si imbocca via delle Tre Spighe fino a via degli Antinori che si
percorre a sinistra. Si arriva a via Garibaldi e la si percorre a destra
fino a piazza San Silvestro.

   6- La chiesa di San Silvestro
   Come la quasi totalità delle chiese aquilane deve la sua realizzazione agli
   abitanti di uno dei castelli vicini, in questo caso Collebrincioni, che
   contribuirono così alla fondazione della città nel XIII secolo.
   Storia
   Venne edificata nella prima metà del XVI secolo, a poca distanza dal
   perimetro occidentale delle Mura, nel luogo dove, con ogni probabilità, era
   situata una precedente costruzione duecentesca.
   Tra il Quattrocento e il Cinquecento, la chiesa risente dell'influenza
   dell'importante famiglia Branconio, la cui dimora viene costruita proprio
   adiacente San Silvestro. Nel 1519, viene commissionata al Raffaello da
   Marino Branconio, e dal figlio Giovanni Battista, protonotario del papa, un
   dipinto riguardante la Visitazione da inserire nella cappella familiare interna
   alla chiesa; il dipinto venne poi trafugato dal Vicerè di Napoli per ordine di
   Filippo IV e portato all'Escorial; oggi si trova al Museo del Prado di Madrid.
   Nel 1703 San Silvestro viene gravemente danneggiata da un violento
   terremoto: come le altre chiese aquilane, venne ricostruita adattandola
   internamente allo stile dell'epoca, il barocco. Più tardi, nel tardo Ottocento
   viene abbellita da una torre campanaria posta alla destra della facciata
   principale e, nella seconda metà del Novecento, subisce una complessa e
   discutibile opera di ripristino che ne ha riportato alla luce le originarie fattezze
   gotiche.
   Un altro terremoto nel 2009 l'ha gravamente danneggiata provocando il crollo
   di alcuni elementi scultorei posti sul prospetto laterale, profonde fessurazioni

                                           13
sullo stesso prospetto ed un importante lesione con principio di crollo sulla
   torre campanaria.
   Descrizione
   La chiesa è posta, elevata, a coronamento dell'omonima piazzetta immersa
   nel centro storico dell'Aquila, in una delle zone che meglio conserva l'originaria
   architettura medievale della città. La piazza è abbellita, sulla destra,
   dall'imponente Palazzo Branconio, dimora di una delle più importanti famiglie
   aquilane del quattrocento. Nella parte retrostante è circondata da un'ampia
   area verde.
   La facciata
   La facciata, preceduta da scalinata, è datata 1350 e si presenta rivestita in
   pietra bianca e rossa; divisa orizzontalmente da cornice marcapiano, è
   caratterizzata da un portale romanico, simile a quello delle chiese di Santa
   Giusta e San Marco, con lunetta raffiguarante l'Agnus Dei. In asse con il
   portale si apre un rosone gotico. Il coronamento orizzontale è costituito di
   arcatelle cieche a sesto acuto. A lato della navata principale ma restrostante
   rispetto al piano di facciata, è la torre campanaria risalente a tardo Ottocento.
   L'interno
   La struttura di San Silvestro appare a tre navate con copertura lignea ed
   altrettanti absidi finali, il tutto scandito da arcate ogivali su colonne cilindriche.
   Sulle pareti interne si conservano frammenti di affreschi trecenteschi e
   quattrocenteschi, la maggior parte dei quali è stata riportata alla luce dal
   restauro del 1967 che ha eliminato le aggiunte barocche. Gli affreschi sono
   stati attribuiti al pittore tardo-gotico noto come Maestro di Beffi. In fondo alla
   navata di sinistra è la cinquecentesca Cappella Branconio, un tempo
   impreziosita dalla Visitazione del Raffaello. L'opera venne commissionata nel
   1517 da Giovan Battista Branconio per conto del padre Marino. Nonostante
   l'accesa resistenza del popolo Aquilano, la tela venne sottratta dalle truppe
   d'occupazione spagnole nel 1655 e portata all'Escorial. Oggi è sostituita da
   una copia. Sul fondo della navata di destra è, invece, una edicola
   rinascimentale in pietra.

Si torna indietro a via Garibaldi, si supera piazza Regina Margherita
e si prosegue su via Castello. Si gira a destra su via Arco Terzario e
si giunge a piazza Teatro.

   7 - Il Teatro comunale dell'Aquila, è lo storico teatro pubblico della città. È
   sede del Teatro Stabile d'Abruzzo.
   Storia
   Edificato tra il 1854 ed il 1872 su progetto di Luigi Catalani con la
   collaborazione dell'ingegnere Achille Marchi, rappresenta il terzo teatro
   pubblico cittadino dopo la Sala Olimpica ed il Teatro San Salvatore,
   quest'ultimo posto frontalmente al comunale. La sua costruzione si rese
   necessaria in seguito proprio alla chiusura della Sala Olimpia contenuta nel
   Palazzo della Prefettura, probabilmente a causa della sua vicinanza con la
   chiesa di Sant'Agostino.
   La costruzione cominciò nel 1854, in contemporanea con la distruzione della
   Sala Olimpica; il teatro, intitolato San Ferdinando in onore dell'omonimo re,

                                            14
venne poi inaugurato nel 1872 con la struttura attuale con platea a ferro di
   cavallo, 57 palchi disposti su tre ordini e loggione finale e circa 600 posti
   complessivi.
   Dal 1963 è sede del Teatro Stabile dell'Aquila, poi divenuto Teatro Stabile
   Abruzzese (1991) e quindi Teatro Stabile d'Abruzzo (2000), il principale ente
   teatrale della regione. Dal 1970 è stato affiancato da una sala secondaria
   (Ridotto) a due livelli con ingresso indipendente sulla piazza e 220 posti
   complessivi, sede dell'Istituzione Sinfonica Abruzzese.
   Nel 2009 la struttura è stata fortemente danneggiata dal terremoto del 6 aprile
   riportando lesioni in facciata ed il crollo del soffitto del foyer e del
   cornicione anteriore; è stata perciò chiusa a tempo indeterminato. Il Ridotto,
   danneggiato in maniera meno evidente, è stato riaperto nel dicembre del 2009
   ed ospita provvisoriamente gli spettacoli del Teatro Stabile d'Abruzzo.
   In seguito ai gravi danni subiti ed in attesa del restauro della struttura, nel
   2010 è stata approvata, su progetto dell'architetto Mario Cucinella, la
   costruzione di un nuovo teatro comunale in legno lamellare antisismico
   destinato ad essere inglobato in una più ampia operazione di riqualificazione
   dell'area di Piazza d'Armi. La costruzione, patrocinata dal Teatro Stabile e
   finanziata, in parte, dal governo australiano dovrebbe essere utilizzabile già
   dal 2011.
   Descrizione
   Il teatro è situato nella piazza del Teatro, originariamente abbellita dal
   monumento a Teofilo Patini, rimosso durante il fascismo; la piazza ospitava
   sino al XIX secolo anche l'altro teatro della città, il San Salvatore, poi
   riconvertito in edificio scolastico.
   La struttura è tipicamente neoclassica: la facciata è semplice a doppio ordine
   con cinque aperture per livello di cui, le tre centrali, sono leggermente
   aggettanti, scandite da colonne e sovrastate da balconata e frontone
   triangolare finale. Il foyer, denominato Sala Rossa, è interamente affrescato ed
   è caratterizzato da uno scalone monumentale in marmo, anch'esso di
   derivazione neoclassica. La sala presenta una platea a ferro di cavallo
   prospiciente un palcoscenico di circa 150 metri quadri. I palchi circondano la
   platea e sono divisi in tre ordini sovrastati da un loggione da circa 100 posti.
   Prima della chiusura del 2009 il teatro ha fatto registrare la media
   d'occupazione teatrale più alta in Italia.

Raggiungiamo la piazza antistante la Basilica di San Bernardino.

   8 - Basilica dedicata a S. Bernardino da Siena che ne conserva le spoglie
   dato che il Santo morì all’Aquila nel 1444.
   Caratterizzata dalla grande cupola costruita nella seconda metà del ‘400, fu
   voluta da S. Giovanni da Capestrano e simboleggiò il potere e il prestigio
   dell’oligarchia mercantile cittadina. Fra Berardino da Siena sentendo vicina la
   morte, volle giungere all’Aquila e qui morì il 20 maggio del 1444; a pochi anni
   di distanza fu dichiarato Santo e gli Aquilani ottennero di far rimanere il suo
   corpo in città, grazie a S. Giovanni da Capestrano si decise poi di costruire la
   grandiosa basilica che ancor oggi ne conserva le spoglie.
   Il complesso fu progettato probabilmente da frate Francesco dall’Aquila,
   mentre il compito di controllare i lavori fu dato da Papa Niccolò V a Giacomo

                                         15
della Marca. La chiesa con l’annesso convento fu compiuta nel 1472, mentre
la splendida facciata, dopo varie vicende, fu costruita nella prima metà del
’500 su progetto di Cola dell’Amatrice in pietra dorata, scansita da colonne
appaiate su tre ordini sovrapposti, dorico, ionico e corinzio e da due
trabeazioni . Da ammirare l’elegante trifora nel mezzo del secondo ordine, i tre
oculi e lo splendido portale centrale, a strombo, che racchiude nella lunetta
una Madonna con Bambino e Santi della scuola di Silvestro dall’Aquila.
In seguito al terremoto del 1703 la chiesa fu semidistrutta. Della costruzione
quattrocentesca restano il perimetro murario absidale con le grandi finestre
ogivali, la torre a bifore (anche se ridotta in altezza), la cappella poligonale di
S. Bernardino visibile dal chiostro del monastero e le cappelle absidali. Dopo il
terremoto del 1703 si ricostruì la chiesa in parte distrutta e nel 1730 il nuovo
edificio era già compiuto, fastoso negli interni, con lo splendido organo dorato
sulla contro-facciata. L’interno si presenta grandioso nelle dimensioni, in stile
barocco, a croce latina, a tre navate con un pregiato soffitto ligneo (di
Bernardo Mosca da Pescocostanzo)) che copre quella mediana e con cupola
ottagonale. Le cappelle laterali sono ricche di opere d’arte, tra queste di
particolare rilevanza la pala di Andrea della Robbia, il mausoleo di S.
Bernardino di Silvestro dall’Aquila e scuola, una Crocefissione del XVIesimo
secolo, affresco trasportato su tela che in origine si trovava nella chiesa di S.
Francesco demolita per la costruzione dei Portici su corso Umberto. Nella
cappella maggiore lo splendido sepolcro di Maria Pereira, di famiglia spagnola
moglie del potente Pietro Lalle Camponeschi, splendida opera di fine ‘400 di
Silvestro dall’Aquila e del suo aiuto Salvato da Roma. Di fronte, in una delle
cappelle absidali si possono ammirare resti di affreschi. Da visitare i due
chiostri del convento di proprietà dei Francescani ( gli altri due sono occupati
dal distretto militare) e lo splendido refettorio oggi sala Bernardiniana che
presenta splendidi affreschi del Cardone del secolo XVIesimo.

9- La Storia della Città de L’Aquila
In posizione dominante, posta vicino alla catena del Gran Sasso,
L'Aquila venne fondata intorno al secolo XIII, per volontà di Federico II.
La fondazione della città fu programmata dall'imperatore Federico II di Svevia
intorno al 1245, ma certamente il maggiore impulso costruttivo si ebbe
sotto il regno di Corrado IV che nel 1253, un anno prima della sua morte, la
realizzò quasi completamente. Gli esecutori del programma federiciano furono
gli abitanti dei castelli della conca aquilana, 99 secondo la tradizione, che
vollero confederarsi in un unico grande centro. La città ebbe una
organizzazione autonoma, con un podestà ed un consiglio, ed assunse una
tale importanza politico militare che il pontefice Alessandro IV, nel 1257
trasferì l'antica sede vescovile di Forcona a L'Aquila, edificando la chiesa dei
S.S. Massimo e Giorgio (futura cattedrale). In quegl'anni era già in atto la
contesa tra il papato ed il nuovo re svevo Manfredi, e la città rimasta fedele
alla chiesa pagò duramente: nel 1259 infatti Manfredi dopo aver riconquistato
la parte meridionale del regno assediò e distrusse L'Aquila che rimase
abbandonata per sette anni fino al 1266.
Fu questo l'anno in cui Carlo I d'Angiò impossessatosi del regno di Sicilia dette
inizio alla ricostruzione della citta', e nel 1272 per opera del Capitano

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Lucchesino, si ricominciò l'edificazione delle mura cittadine e si divise la citta'
in quattro quartieri o quarti.
In questo periodo viene costruita la basilica di S. Maria di Collemaggio dove
nel 1294 venne incoronato Papa Pietro da Morrone, con il nome di Celestino
V, alla presenza di Carlo II d'Angio'.
Con l'avvicendarsi degli Aragonesi agli Angioini per il possesso del
regno di Napoli, la città fedele alla causa di Giovanna II d'Angio', fu di
nuovo sottoposta a durissimo assedio durato 13 mesi, ad opera di
Andrea Braccio Fortebraccio conte di Montone per conto di Alfonso di
Aragona.
La città resistette strenuamente ed alla sconfitta degli Aragonesi, la regina
Giovanna II per ringraziare L'Aquila della sua fedeltà le concesse una serie di
privilegi che ne incrementarono lo sviluppo economico e sociale.
Ben presto divenne la seconda città del regno di Napoli, prosperosa negli
scambi commerciali e culturali che manteneva con le più importanti città
italiane ed estere.
Nel XV secolo ebbe il privilegio di battere moneta, vi fu istituita l'Università e
nel 1482 vi fu aperta la tipografia da A. di Rottwill. discepolo del Gutemherg.
Lo spirito d'indipendenza della città fu soffocato durante la lotta tra i Francesi e
gli Spagnoli per il possesso del regno di Napoli, e per punirla di aver
parteggiato per Francesco I, lo spagnolo Carlo V, ordinò a Filippo
d'Orange di assediarla e distruggerla, e nel 1532 da Don Pedro di Toledo fu
eretto il Castello "ad reprimendam audaciam Aquilanorum".
Durante la rivolta di Masaniello nel 1647 la città si ribellò di nuovo agli
Spagnoli e fu per questo condannata a dure repressioni economiche e
sociali, che ne causarono un lento declino.
Nel 1703 uno spaventoso terremoto distrusse completamente la citta',
peggiorando la ripresa economica e demografica.
Partecipò attivamente ai moti rivoluzionari per l'unità d'Italia, e nel 1860
divenne capoluogo di regione.
Le stragi belliche
Durante la seconda guerra mondiale, L'Aquila, che si trovava fuori dalle
maggiori vie di comunicazioni, venne risparmiata dalle principali battaglie, ma
fu teatro di sanguinose stragi. Nel 1943, dopo l'armistizio, nell'albergo di
Campo Imperatore venne imprigionato Benito Mussolini, poi liberato dai
tedeschi che occuparono la città e diedero inizio ad un periodo di violenza e
terrore conclusosi solo con la loro ritirata, il 13 giugno 1944.
Il 23 settembre 1943 un manipolo di dieci giovani venne catturato nelle
montagne sopra Collebrincioni: nove di loro (i Nove Martiri) vennero fucilati
mentre il decimo si salvò solo grazie all'intervento di un'autorità fascista. Il 2
giugno 1944, in seguito all'uccisione di un ufficiale tedesco ad Onna venne
compiuta una tremenda rappresaglia che portò all'uccisione immediata di una
ragazza e, qualche giorno più tardi, al sequestro di 24 persone di cui 16
vennero mitragliate e fatte saltare in aria. Il 7 giugno 1944 l'ennesimo assalto
ai tedeschi causò l'uccisione di 17 innocenti a Filetto, vicino Paganica. Pochi
mesi prima L'Aquila era stata colpita da un violento ed inaspettato
bombardamento da parte degli alleati che distrusse la stazione ferroviaria,
l'officina della Banca d'Italia e l'aeroporto allora localizzato in Piazza d'Armi
causando numerosi morti e feriti. La città, non venne rasa al suolo, solo a
causa della permanente instabilità meteorologica nel periodo previsto.
                                        17
La querelle regionale
   Nel dopoguerra L'Aquila visse un momento di crescita demografica che ha
   portato, per la prima volta, l'espansione edilizia superare la cinta muraria con
   la costruzione, non sempre esemplare, di nuovi quartieri a ridosso del centro
   storico. Politicamente ed economicamente, invece, il declino dell'entroterra
   abruzzese andava ponendo le basi per una annosa battaglia per l'egemonia
   regionale, amplificata, sul finire degli anni cinquanta, dalla scelta della RAI di
   insediarsi a Pescara e non nel capoluogo.
   Lo scontro vero e proprio si ebbe però, negli anni sessanta e settanta con la
   regionalizzazione dell'Italia e la conseguente necessità di collocare il
   capoluogo in Abruzzo. L'Aquila, che fino a quel momento era stata il centro
   storico e culturale della regione, poteva vantare un miglior rapporto con Roma
   ma l'appoggio dello Stato alla causa aquilana provocò a Pescara nel 1970
   numerose insurrezioni, che prenderanno il nome di Notti dei fuochi e che
   riapriranno le trattative. A quel punto anche L'Aquila si mobilita in
   manifestazioni che culmineranno, ad una apparente apertura alle pretese
   pescaresi nel 1971, in una vera e propria rivolta durata 3 giorni con la
   devastazione delle sedi di tutti i partiti, delle istituzioni e delle abitazioni di
   alcuni politici. L'accordo finale riconoscerà alla città il ruolo di capoluogo unico
   dell'Abruzzo consentendo però alla Giunta e al Consiglio regionali la possibilità
   di riunirsi anche a Pescara.

Percorriamo via San Bernardino fino ad attraversare Corso Vittorio
Emanuele e raggiungiamo Piazza Palazzo.

   10 - Piazza Palazzo
   Piazza del Palazzo, detta anche Piazza Palazzo, è una piazza alberata
   dell'Aquila. Deve il suo nome alla presenza di Palazzo Margherita, sede del
   Comune, ed è perciò considerato il centro del potere politico della città in
   antitesi alla Piazza del Duomo che ospita il potere religioso. È nota anche
   come Piazza Sallustio in onore dello storico latino di cui campeggia una statua
   al centro della piazza o, in passato, come Piazza San Francesco.
   La piazza presenta una forma quadrangolare ed è posta su Corso Umberto I,
   decumano dell'impianto urbanistico cittadino, a poca distanza dall'incrocio
   detto dei Quattro Cantoni. È caratterizzata da un leggero dislivello che termina
   con Palazzo Margherita, un edificio di origine quattrocentesca che ha ospitato
   per lungo tempo il Capitano di Giustizia prima di essere restaurato nel 1572
   per collocarvi la dimora di Margherita d'Austria, governatrice degli Abruzzi. A
   lato si staglia la torre civica, l'unica parte rimasta del Palazzo di Giustizia, su
   cui venne collocato nel 1374 un orologio pubblico che si riconosce essere
   come il terzo in Italia dopo quelli di Firenze e Ferrara; la torre ospitava la
   Reatinella, storica campana cittadina, prima che questa venisse fusa per
   contribuire alla costruzione del Forte spagnolo mentre ancora oggi custodisce
   la Bolla del perdono emessa da Celestino V nel 1294.
   Opposto al Palazzo Margherita è invece il Palazzo del Convitto, imponente
   edificio neoclassico abbellito da portici costruito sulle fondamenta della chiesa
   e convento di San Francesco: il palazzo è sede storica del Liceo Ginnasiale e
   della Biblioteca Tommasiana, la principale della regione. A lato del palazzo si
   trova una piccola fontana in ghisa che è conosciuta come Fontana dell'Angelo
                                           18
Muto. Al centro della piazza si trova poi il monumento a Gaio Sallustio Crispo
  con relativa statua in bronzo, opera di Cesare Zocchi.
  Dopo il terremoto del 2009 la piazza è stata inclusa nella zona rossa a causa
  dei danneggiamenti degli edifici che ivi si affacciano ed è stata per lungo
  tempo inaccessibile. Per questo motivo, nei primi mesi del 2010, l'area è stata
  al centro delle proteste dei cittadini che chiedevano la rimozione delle macerie
  e la riapertura della città: il 21 febbraio 2010 circa 6.000 persone hanno
  partecipato alla manifestazione del cosiddetto popolo delle carriole,
  trasportando loro stessi i detriti al di fuori della piazza e procedendo alla loro
  differenziazione. É stata riaperta al pubblico nel dicembre 2010.

F) INTERVENTO DI CLAUDIO SU MARGHERITA D’AUSTRIA

  Margherita d’Austria
  Margherita d'Austria, o d'Asburgo (Audenarde, 28 dicembre 1522 – Ortona, 18
  gennaio 1586), era figlia naturale dell'imperatore Carlo V. Fu duchessa di
  Parma e Piacenza e governatrice dei Paesi Bassi (1559-1567).

  E del resto la presenza di Margherita inaugurò veramente una stagione felice
  sia dal punto di vista urbanistico che economico e sociale, stimolando una
  euforica molteplicità di iniziative volte ad ammodernare e abbellire la città. Il
  governo illuminato della duchessa determinò persino la creazione di una
  azienda agricola e zootecnica modernissima a Campo di Pile, un impianto
  modello di vaste proporzioni, che introdusse indirizzi nuovi nella struttura
  economica aquilana. Né va sottaciuto il fatto che, del suo seguito, faceva parte
  anche il capitano e ingegnere militare Francesco de Marchi, il primo ad
  effettuare una storica ascensione alpinistica del Gran Sasso. Insomma,
  Margherita e la sua corte evitarono (purtroppo solo per un po’) l’emarginazione
  culturale ed economica dell’Aquila e dell’Abruzzo, risollevandone
  momentaneamente le fortune. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1586, il
  Palazzo ebbe altre destinazioni pubbliche, quale sede della Regia Udienza,
  poi dell’amministrazione comunale, della giustizia e oggi nuovamente
  residenza municipale.
  La gioventù e il primo matrimonio
  Margherita nacque ad Audenarde, nelle Fiandre, dall'Imperatore Carlo V e da
  Giovanna Van der Gheynst, figlia di un lavorante di arazzi. Fu legittimata dal
  padre ed educata secondo i dettami previsti dal suo rango. La sua precettrice
  fu Margherita, figlia di Massimiliano d'Austria, governatrice dei Paesi Bassi.
  In un’epoca caratterizzata da guerre politiche e di religione che infiammavano
  l’intero continente, essa divenne una pedina fondamentale nel gioco delle
  alleanze. Ben due papi, Clemente VII e Paolo III la legarono al papato ed alle
  loro famiglie. Nel 1533 ebbe in dote i feudi di Penne, Campli, Leonessa,
  Cittaducale e Montereale e fu promessa ad Alessandro de' Medici, duca di
  Firenze, che per poterla sposare dovette attendere ancora qualche anno. Il
  loro matrimonio non fu felice a causa del carattere e della sregolatezza del
  marito. Comunque, nel 1537 Alessandro fu assassinato dal cugino Lorenzino
  de' Medici e così Margherita fu nuovamente libera.
  Il matrimonio con Ottavio Farnese

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La condizione di vedova di Margherita convinse Paolo III, nel 1538, a chiedere
la sua mano per il nipote Ottavio, figlio di Pier Luigi Farnese e duca ereditiero
di Castro. Ma Margherita, allora diciassettenne, dopo essere stata duchessa di
Firenze, aspirava a ben altro che a sposare Ottavio che aveva solo quindici
anni. Margherita non amava Ottavio Farnese e non lo riteneva degno dei suoi
natali, anche se il papa cercava di accumulare su di lui onori, cariche e
ricchezze. Dovendo, tuttavia, cedere per ragioni di Stato, si presentò a Roma
vestita di nero palesando a tutti che tale imposizione non le piaceva.
Il matrimonio fu celebrato il 4 novembre nella Cappella Sistina alla presenza
del papa stesso. Paolo III si adoperò affinché venisse risolta in favore della
nipote acquisita anche la questione della liquidazione dei beni di proprietà di
Alessandro de’ Medici presenti a Roma (tra i quali Villa Madama, che da lei
prese il nome, a Monte Mario). L’unione non si rivelò, comunque, felice, sia a
causa di Margherita che cercò in tutte le maniere di non consumare il
matrimonio (anche a causa di una sua preferenza per le donne che fece molto
discutere i suoi contemporanei) e che sognava continuamente la corte
medicea, sia a causa della scarsa comprensione e della mancanza di
delicatezza di Ottavio. Secondo i dispacci che aggiornavano Carlo V sul
menage della coppia sembra che Paolo III e Pier Luigi facessero di tutto per
risollevare Margherita, mentre Ottavio conduceva una vita notturna certamente
non degna di un nipote del papa.
Nel 1545 ci furono due avvenimenti fondamentali: l'erezione del ducato di
Parma in favore di Pier Luigi Farnese, con la conseguente investitura del
ducato di Castro per Ottavio e la nascita di due gemelli. Margherita rimase
duchessa di Castro fino al 1547, anno della morte di Pier Luigi ed anno in cui
Ottavio assunse la carica di duca di Parma. Il 27 agosto 1545 nacquero Carlo
ed Alessandro. Il loro battesimo avvenne nella Basilica di Sant'Eustachio, alla
presenza di diciannove cardinali e con padrini d’eccezione: Carlo V e la regina
di Francia.
Il 1547, anno nefasto per la morte di Pier Luigi, fu invece l’anno in cui la coppia
Margherita Ottavio si rinsaldò: il coraggio dimostrato da Ottavio nel
riconquistare Parma quando sia l'Imperatore che il papa erano contro di lui
portarono Margherita a schierarsi decisamente in favore del marito, con il
quale subentrò una intesa amichevole e comprensiva.
Durante la guerra di Parma combattuta tra Ottavio, alleato del re di Francia, ed
il papa, alleato di Carlo V, Margherita restò sempre presente in città, come
presenza di conforto per i parmensi. Dopo la guerra, l’imperatore, sentendo la
morte avvicinarsi, raccomandò Margherita al fratellastro Filippo II di Spagna,
che attuò una politica di avvicinamento al duca di Parma. Tra gli accordi che
furono presi ci fu la clausola che il figlio Alessandro doveva essere posto sotto
la tutela del re di Spagna. Nel 1556 Margherita in persona accompagnò
Alessandro a Bruxelles, dove si trovava Filippo II.
Governatrice dei Paesi Bassi
Nel 1559, Filippo II la nominò governatrice dei Paesi Bassi, che erano in rivolta
contro la dominazione spagnola. Margherita partì da Piacenza il 25 maggio tra
le acclamazioni della folla. Quando giunse a Gand il re la presentò agli Stati
Generali e le conferì pieni poteri. Cercò una mediazione per evitare che
scoppiasse una rivolta, mitigando la politica anticalvinista che portava avanti
Filippo II, sperando di avvicinare gli elementi più moderati della società
fiamminga all'autorità reale. Purtroppo si arrivò al conflitto, che fortunatamente,
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