Condanna bis in appello per Pedicini e Valenti risarciranno la Regione - Anci FVG
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IL MESSAGGERO VENETO 26 GENNAIO 2019 Gli ex pidiellini avevano impugnato la prima sentenza Il pordenonese verserà 18 mila euro, il goriziano 24 mila Condanna bis in appello per Pedicini e Valenti risarciranno la Regione udine. Dovranno risarcire la Regione Antonio Pedicini, ex consigliere regionale del Pdl,e Gaetano Valenti, anche lui ex consigliere regionale del Pdl ed ex sindaco di Gorizia. Così ha stabilito la sezione seconda giurisdizionale centrale d'appello cui i due politici si erano rivolti impugnando il primo verdetto di condanna dei giudici contabili per il Fvg, che hanno sancito il danno erariale compiuto da due ex pidiellini, per dolo e colpa grave, nell'utilizzo di fondi pubblici assegnati al gruppo consiliare tra il 2010 e il 2012. E se Valenti dovrà restituire alle casse regionali 24 mila 404,60 euro, a Pedicini i magistrati romani hanno concesso uno "sconto", portando il risarcimento alla Regione a quota 18 mila 199,37 euro.La sezione giurisdizionale per il Fvg aveva condannato Pedicini a risarcire la Regione per aver incassato rimborsi chilometrici per 2 mila 995,40; per spese di viaggi e trasferte per 3 mila 441,72 euro; per attività di informazione e divulgazione per 13 mila 418,20 euro e per l'acquisto di beni strumentali per 11 mila 801,91 euro. Il danno complessivo, poi, era stato ridotto del 15 per cento, perché i giudici avevano riconosciuto la co-responsabilità dell'allora Ufficio di presidenza del Consiglio e dell'ex capogruppo, per omesso controllo. Pedicini ha impugnato quella sentenza. I magistrati romani confermano l'estraneità alle funzioni istituzionali di spese come tre iPhone, un iPod nano e cuffie, quattro iPad, apparecchi telefonici, televisori, pneumatici per la propria automobile, arredi e vario materiale informatico, tutte spese per le quali Pedicini aveva ottenuto il rimborso con i fondi del Gruppo consiliare. Su un punto però i magistrati bacchettano i colleghi del Fvg, sui rimborsi per informazione e divulgazione. Perché i giudici regionali avevano contestato la partecipazione di Pedicini a pagamento a trasmissioni Tv e quantificato il danno dimezzando la somma complessiva. «Dai dvd esemplificativi - avevano scritto i magistrati contabili - non è stato possibile pervenire a una quantificazione precisa delle parti rispettivamente dedicate» all'attività istituzionale del Gruppo o realizzata per "fini personali". Per i giudici romani quella decisione, «priva di un valido supporto in termini di nesso causale», non può essere accettata e quindi a Pedicini è stata tagliata dalla condanna quella spesa. Alla fine, quindi, l'ex pidiellino risarcirà alla Regione poco più di 18 mila euro.Diversa la posizione di Valenti. L'ex sindaco di Gorizia doveva alla Regione 24 mila 404,26 euro, ma, spontaneamente, prima della sentenza, aveva restituito quasi 5 mila euro, quota che chiedeva gli venisse "scontata" dal danno complessivo. I giudici romani hanno respinto la richiesta, ma non escludono che sarà la Regione a tener conto dei 5 mila euro versati da Valenti.
EMERGENZA Numero unico 112 gli addetti salgono a 36 UDINE. «Il Nue 112 deve riuscire a funzionare meglio. Per farlo serve innanzitutto una dotazione tecnologica adeguata, e non certo il ritorno a quattro centrali provinciali come pensa qualcuno. Ma nemmeno è il caso, come ritenogono altri, di lasciare tutto com'è, perché ciò che abbiamo trovato non metteva nelle condizioni adeguate gli operatori nel loro lavoro». Così l'assessore alla Sanità, Riccardo Riccardi, e il collega alla Funzione pubblica, Sebastiano Callari. Parole pronunciate dopo la giunta che ha approvato un incremento ulteriore del personale al Nue. «Quando la giunta si è insediata - hanno aggiunto Riccardi e Callari - la dotazione era di 27 persone e subito sono state avviate le procedure, che si stanno completando, per l'assunzione di altre 8, cui se ne aggiungerà un'altra». Al Nue, quindi, lavoreranno 36 persone. -- ministero della salute Nuova riforma in vista per i punti nascita udine. Sui punti nascita la ministra della Salute, Giulia Grillo, si dichiara pronta «a modifiche». «In questi mesi - ha dichiarato - sono state molte le richieste di rimodulazione della rete dei punti nascita arrivate da varie parti d'Italia al ministero. In considerazione del progressivo calo degli indici demografici del Paese, della carenza di alcune figure professionali sanitarie e per l'evidenza di situazioni territoriali caratterizzate da particolare disagio orografico, credo sia necessario valutare insieme alle Regioni l'attualità dell'Accordo Stato-Regioni del 2010». La ministra ha quindi invitato il Comitato Percorso nascita nazionale «ad approfondirne le problematiche al fine di inserire una riflessione specifica all'interno del Patto per la Salute» che sarà successivamente definito e siglato con le Regioni. -- Nei tribunali oltre 2 mila procedimenti pendenti, quasi il 20% in più rispetto al 2017. Salgono i ricorsi dei richiedenti asilo Giustizia lenta tra personale all'osso e arretrati TRIESTE. La macchina della giustizia rischia di ingolfarsi. Di nuovo. E, forse, più di prima. È un anno decisamente in salita quello che la Corte d'appello di Trieste, competente per l'intero Friuli Venezia Giulia, si appresta ad affrontare. Il 2018 ha chiuso con ben 2.183 procedimenti ancora pendenti. Erano 1.832 nel 2017: l'aumento è del 19,16%. Sono sentenze di primo grado che attendono il secondo: una
montagna di pratiche ferme da anni negli armadi dei tribunali. Il motivo? «Manca personale, l'organico è all'osso», ha denunciato ieri il presidente Oliviero Drigani, presidente della Corte, in una conferenza stampa con la dirigente Michela Consoli e la presidente dell'Ordine degli avvocati Mariapia Maier. 111 le caselle vacanti, tutti funzionari. Risultato? I procedimenti passano più tempo nelle cancellerie che nelle aule di tribunale. «I tempi della giustizia saranno inevitabilmente più lunghi», evidenzia Drigani. Più confortanti i dati sui processi civili, sebbene gravati dalla mole dei procedimenti di protezione internazionale dei richiedenti asilo.I processi civiliLe cause pendenti nel civile, per i processi di primo grado, diminuiscono nei tribunali di Udine (da 2.969 a 2.560: -14%), Pordenone (da 2.799 a 2.390: - 15%) e a Gorizia (da 1.223 a 1.043: -15%), segnando così una decisa contrazione dell'arretrato. Discorso diverso per gli uffici di Trieste (Tribunale e Corte d'Appello, competenti per le procedure di protezione internazionale per il Fvg) in cui si registra un rallentamento nel civilistico dovuto soprattutto all'impennata delle richieste di concessione dello status di rifugiato negli ultimi tre anni: +9% per il Tribunale (da 2.950 a 3.225), +23% (da 1.048 a 1.284). Il pendente dell'arretrato, per i procedimenti di protezione internazionale, è salito del 40% in tribunale (da 964 a 1.344 domande) e del 56% (da 293 a 457) in appello. Un terzo del lavoro della Corte è rappresentato dai ricorsi dei richiedenti asilo: 456 su 1.285.I PROCESSI PENALISchizzano a un preoccupante +19,16% i procedimenti pendenti nel penale in Corte d'Appello, che balzano dai 1.832 del 2017 ai 2.183 del 2018. «Non abbiamo lavorato di meno - rileva Drigani - il problema è che sono affluiti molti più procedimenti in particolare dai Tribunali di Udine e Trieste. Erano giacenti, negli uffici di primo grado, un sacco di appelli fermi che noi abbiamo sollecitato che ci venissero trasmessi». Faldoni bloccati nelle cancellerie talvolta anche per quattro anni perché non c'è abbastanza personale.Le durate dei processiIn Corte d'Appello i procedimenti durano mediamente 427 giorni (394 nel 2017, ma erano 706 sette anni fa), in regola con le normative. «Il merito va alla copertura degli organici della magistratura e al loro impegno», afferma Drigani.GLI ORGANICITra procure e tribunali, su tutto il distretto del Fvg, mancano 111 addetti, di cui 91 funzionari. «Il fatto è che ora dobbiamo far fronte agli arretrati - osserva Drigani - quindi i tempi della giustizia si allungheranno inevitabilmente». --G.S. Il primo operatore privato sull'alta velocità approda in Fvg Il comitato pendolari plaude: «Bene l'aumento dell'offerta» Entro l'anno arriva Italo Roma sarà più vicina per Udine e Pordenone UDINE. La notizia è stata divulgata da Gianbattista La Rocca, neo amministratore delegato della società. Presto i biglietti saranno in vendita on-line. Parliamo di Italo e dei collegamenti ad alta velocità da Udine e Pordenone da e verso Roma. Rari, fino ad ora. Ma secondo quanto annunciato da Italo-Ntv (primo operatore privato italiano sull'alta velocità), dopo Bergamo - che sarà il primo nuovo collegamento a venire inaugurato a giugno - seguiranno Treviso, Pordenone e Udine. Per Bergamo l'attesa è di poche settimane, per il Fvg bisognerà attendere qualche mese e comunque entro la fine dell'anno.Entro il 2019, dunque «Roma potrebbe essere più vicina per il Fvg» è la considerazione del
Comitato pendolari Alto Friuli, che rileva come, con questo e altre direttrici già operative, si riuscirà a smentire l'antico adagio che vuole "l'Italia ferroviaria iniziare da Mestre".«Lo sbarco di Italo in regione è una novità assolutamente positiva, atteso che la questione dei treni a lunga percorrenza è sempre stata molto delicata e discussa - si legge nel blog dei pendolari -. Il servizio Freccia di Trenitalia è infatti oggi garantito grazie al finanziamento di 3 milioni annui della Regione. Riteniamo molto interessante che il mercato dei servizi ferroviari a lunga percorrenza si espanda al Fvg e soprattutto che l'offerta venga caratterizzata da una vera concorrenza tra vettori».Oggi l'offerta Freccia è limitata a due collegamenti, rispettivamente la FR9468 con partenza da Udine alle ore 6.55 e la FR9739 con partenza alle ore 13.00, con cambio a Mestre alle ore 14.37 con la FA9435. Da Roma invece oggi ci sono due corse che servono il Friuli: la FA9400 delle ore 5.35 con cambio a Mestre alle ore 9.32 con la FR9704 e la FR9440 diretta delle ore 16.50. «Interessante sarà anche capire quali saranno le tariffe e i tempi di percorrenza di Italo: oggi viaggiare da Udine a Roma con Trenitalia costa minimo 63 euro e ci si impiega 5 ore e 10 minuti».Non resta che attendere l'ufficializzazione della data di entrata in funzione del servizio, orari, frequenza e, ovviamente, costi. Autonomia responsabile insiste ma non è l'unico a volere l'undicesimo assessore Anche i "ribelli" della Lega chiedono un incontro e sperano nel rimpasto Tondo vuole un posto in giunta ma Fontanini prende tempo Cristian Rigo Renzo Tondo ha ribadito al sindaco Pietro Fontanini la richiesta di avere un rappresentante di Ar in giunta. Perché, dopo lo strappo con Paolo Pizzocaro, il movimento, che ha raccolto il 3,32%, non ha assessori contrariamente ad altri partiti che siedono in giunta pur avendo ricevuto meno voti come per esempio Fdi, che si è fermata al 2,45% e le due liste a sostegno di Salmé che complessivamente sono state scelte dal 2,2% degli elettori. Questo il ragionamento di Tondo che ieri si è confrontato con il primo cittadino mettendo sul piatto le "carte" di Ar che - ha assicurato il carnico - resterà in consiglio rappresentato dal consigliere Marco Valentini con il suo simbolo. Nessuna fusione con Progetto Fvg quindi anche se il rapporto con il nuovo soggetto politico è stretto. «Aspettiamo la decisione di Fontanini e auspichiamo possa arrivare in tempi brevi anche se al momento mi pare sia tutto congelato», ha riferito Tondo che precisa: «Non abbiamo chiesto di sostituire Pizzocaro, ma di garantire ad Ar una rappresentanza in giunta. Nomi - assicura - non ne abbiamo fatti perché aspettiamo di capire se ci sarà questa disponibilità».Tra i papabili ci sono sempre Lorenzo Bosetti, Sandro Bassi e Giulia Manzan che pare abbia il gradimento anche dei "ribelli" della Lega guidati da Antonio Pittioni il quale, insieme ad Andrea Cunta e Lorenza Ioan ha chiesto un incontro al sindaco. Anche in quel caso il ragionamento si basa sui numeri perché tutti e tre hanno preso più voti di Elisa Battaglia (53) e se la differenza con Ioan è di soli dieci voti con Cunta la forbice arriva a 49. Da qui l'idea di Pittioni di affidare a Manzan le deleghe di Battaglia e a Cunta quelle di Pizzocaro. Insomma il posto in giunta fa gola a tanti, ma Fontanini prende tempo in attesa di capire quali saranno le evoluzioni del quadro politico che in consiglio comunale ha già avuto il primo scossone con la fuoriuscita di
Giovanni Govetto e Mirko Bortolin da Fi. Gli esponenti dell'Udc sono entrati nel Gruppo misto ma Govetto, corteggiato anche da Progetto Fvg, sembra essersi pentito ed è orientato a rientrare con gli azzurri a patto di poter avere più autonomia per sviluppare il progetto "Bene comune". «Sto aspettando una risposta da Fi - dice - e, se sarà positiva, sono pronto a rientrare».Tornando ad Ar, a testimoniare i rapporti tesi con il sindaco, è arrivata ieri una nota di Valentini che ha ricordato come «Fontanini abbia fatto un evidente dietrofront pubblico» sul tema della pedonalizzazione contrariamente ad Ar che invece si è sempre detta a favore della chiusura di via Mercatovecchio e della pedonalizzazione. il piano Castenetto: Progetto Fvg presente nei comuni «La strutturazione di Progetto Fvg per una regione speciale in Provincia di Udine prosegue ogni aspettativa e ci porta a essere praticamente presenti in tutti i Comuni». Così il coordinatore provinciale Giuliano Castenetto che spiega: «Stiamo costituendo un primo coordinamento provinciale che garantisca da subito l'operatività sul territorio. Sarà una struttura dinamica e aperta al contributo di chi vuole impegnarsi, che verrà implementata tenendo conto delle tante persone che si stanno in varia forma avvicinando a noi. Vogliamo essere inclusivi con tutti coloro che abbiano idee, che vogliano confrontarsi e discutere». Ne fanno parte il sindaco di Colloredo di Monte Albano Luca Ovan, Giovanni Cucci di Tavagnacco, Gianpaolo Elia di Tarcento, Paolo Vencato di Udine, l'ex sindaco di Varmo Graziano Vatri, Lorio Murello di Latisana, Enzo Gozzi di Reana del Rojale. «Progetto Fvg - conclude Castenetto - vuole riempire il vuoto politico che si è aperto in quello che un tempo era il centrodestra». 27 GENNAIO 2019 L'allarme dei sindacati: «Così scenderemo al di sotto della soglia di sicurezza» Pronti a proclamare lo stato di agitazione. Via alle consultazioni dei commissari Doppio taglio alla sanità: trecento operatori in meno Alessandra Ceschia udine. Le previsioni sono tutt'altro che rosee: con la nuova sforbiciata alle risorse per le assunzioni del personale, la sanità regionale perderà circa 300 operatori. E i già risicati organici, oscurati da un gap che sfiora il migliaio di lavoratori - fra medici, infermieri, oss, tecnici e amministrativi - potrebbero scendere al di sotto della soglia minima per garantire i servizi agli utenti. Parole e numeri dei sindacati che, con una mobilitazione trasversale, si preparano ad affrontare a testa bassa la "stagione di sacrifici" su stipendi e indennità, annunciata dal vicepresidente regionale, nonché assessore alla Salute, Riccardo Riccardi. Da domani partono i giri di valzer per i rappresentanti delle
sigle sindacali, convocati dai commissari straordinari per una prima stagione di chiarimenti, ma c'è già chi, arroccato su una soglia di garanzie non negoziabili, preannuncia l'intenzione di scendere in campo proclamando lo stato di agitazione.A fare i conti della serva è la Cgil Fp Udine: «L'assessore Riccardi ha ridotto di ben 9 milioni e mezzo le risorse per le assunzioni del personale - è l'esordio di Andrea Traunero e Claudio Di Ottavio -. Questo significa che nel 2019 la sanità regionale perderà circa 300 operatori, di cui la metà nella sanità udinese. E questo comporta una forte riduzione della capacità di dare risposte ai cittadini. Anche perché l'organico della sanità già adesso è sotto di ben oltre mille unità, perse dal 2010 al 2014. L'esito è inevitabile: liste d'attesa ancora più lunghe, pronto soccorso ancora più intasati, ricerca affannosa dei posti letto nei reparti pieni. E che ne sarà dei controlli sulla sicurezza dei luoghi di lavoro in una situazione in cui si registra un aumento di morti e infortuni?».E poi c'è la sforbiciata agli stipendi con il blocco alle Risorse aggiuntive regionali (Rar). «Si tratta di 8 milioni di euro tolti a chi lavora in condizioni difficili e stressanti - è l'affondo di Cigil Fp -. Un taglio pesante attorno ai 100 euro al mese. Ma non è così che si fanno le riforme. Non accettiamo che si riducano i servizi, che si taglino gli stipendi, che si blocchino le assunzioni. In questo modo si fanno risparmi sulla pelle e sulla vita di chi lavora in corsia e su chi ha bisogno della sanità regionale per curarsi o per prevenire l'insorgenza delle malattie».Per Luciano Bressan (Uil Fpl) tagliare 8 milioni dalle Rar, di cui 2,4 milioni sul bilancio dell'Asuiud, significa spazzare via ore aggiuntive, richiami in servizio e straordinari. «Si tratta di forza lavoro che non si potrà più assumere - va giù duro Bressan - a questo punto, qualcuno deve assumersi la responsabilità di chiudere qualche reparto se non addirittura qualche ospedale o a causa della mancanza di personale non sarà possibile garantire livelli di assistenza accettabili. Per questo chiederemo di proclamare lo stato di agitazione, visto che l'organizzazione sanitaria non può reggere ulteriori tagli». Non bastasse, all'orizzonte ci sono anche gli effetti della Quota 100 e del mancato turn over. Per Nicola Cannarsa (Cisl Fp) «mettere un paletto così pesante in questo momento diventa rischioso. Stupisce - è il suo rilievo - che in una regione a statuto speciale come la nostra si debbano prendere decisioni così forti, al di là dei rilievi mossi dalla Corte dei Conti bisogna capire se si vuole garantire un servizio di qualità o se si vuole rischiare provocarne il tracollo. Siamo fra le poche regioni che grazie a 15 milioni di euro spesi per le Rar garantiscono la qualità dei servizi. La scure su questi fondi colpirà anche le liste di attesa e gli assistiti». «Un tavolo di lavoro per decidere gli interventi» udine. I vincoli sono chiari: vista la necessità di adottare misure di contenimento della spesa del personale, il tetto fissato per il 2019 non deve superare il costo proiettato dalle aziende con il secondo rendiconto infrannuale diminuito dell'1 per cento. Complessivamente, il costo per il 2019 non dovrà andare oltre i 936.638.395 euro a livello regionale. Per arrivarci bisogna tagliare quasi 9 milioni e mezzo: 9.460.993 euro per essere precisi.E nemmeno la dirigenza medica è disposta a soprassedere sulla politica di austerity.«La riduzione della spesa dell'1 per cento non può trovarci soddisfatti - mette subito in chiaro Valtiero Fregonese (Anaao Assomed) - riteniamo che bisognerebbe andare a vedere in quali categorie professionali ci siano gli sforamenti sui parametri medi nazionali e su quelli delle regioni
a statuto speciale nel comparto sanità. Non ci sono solo i medici, gli infermieri e gli operatori socio- sanitari - è il distinguo - ci sono anche i tecnici, gli amministrativi, i dirigenti. Auspichiamo che eventuali manovre di rientro e di razionalizzazione siano calibrate in base alla consistenza di tutte le categorie nel comparto sanità».In altre parole, se tagliare bisogna allora è il caso di esaminare in maniera certosina i conti. E i medici si sono già fatti avanti per fare la loro parte. «Come Anaao Assomed abbiamo proposto e richiesto ufficialmente all'assessore Riccardo Riccardi un tavolo di lavoro permanente con la Regione per analizzare e discutere le criticità - assicura Fregonese -: siamo disponibili a dare il nostro contributo per elaborare proposte efficaci. Credo che nessuno meglio di chi lavora ogni giorno a contatto con l'utenza sia legittimato a proporre soluzioni. Mi auguro che l'assessore accetti la nostra offerta di collaborazione: la proposta di riforma approvata, per ora ha modificato solo i perimetri delle aziende, l'assessore dice che il 2019 sarà dedicato a definire l'organizzazione dei servizi, in quella sede sarà opportuno verificare se e dove ci siano gli sprechi».E anche la Cisl Fp suggerisce una visione meno miope sui costi: «Non si può incidere solo sulle spese del personale per garantire i risparmi - avverte il segretario Nicola Cannarsa - non senza aver prima attentamente esaminato la spesa farmaceutica, quella edile o manutentiva, per esempio». Pierpaolo Brovedani neonatologo del Burlo invita gli operatori sanitari a mobilitarsi «Non è più possibile restare in silenzio né volgere lo sguardo da un'altra parte» l'intervista elena del giudice Non è accettabile restare indifferenti, né lo è il rischiare l'assuefazione di fronte a situazioni, come quella della Sea Watch, in cui «esseri umani vengono usati come arma di ricatto a fini politici». E davvero non è possibile «voltarsi da un'altra parte» di fronte a drammi umani così simili a quelli avvenuti decenni fa e di cui proprio in questi giorni si coltiva il ricordo. Pierpaolo Brovedani, pediatra neonatologo al Burlo di Trieste, parte da queste considerazioni per spiegare il perché dell'appello a istituzioni e Governo perché i migranti raccolti in mare dalla Sea Watch, vengano accolti.Dottor Brovedani, perché questa iniziativa?«L'altra sera stavo guardando il telegiornale dopo cena e mi si è letteralmente bloccata la digestione. Dovevo fare qualcosa».E cosa ha fatto?«Mi sono messo al computer e ho redatto l'appello che poi ho inviato a colleghi e colleghe del Burlo, a medici che conosco e che lavorano in altri ospedali della regione».E l'esito?«È stata l'adesione immediata di tutti coloro che ieri erano in servizio e che, quindi, hanno letto la mail. Spero che altri lo facciano nei prossimi giorni».Ma qual è stata la molla che l'ha spinta ad agire?«Una riflessione... Credo che quella che stiamo vivendo, e non solo oggi, sia una situazione drammatica a cui rischiamo di assuefarci. Lentamente, giorno dopo giorno, osserviamo queste tragedie e diventiamo indifferenti. Ci abituiamo al fatto che esseri umani stiano rischiando la propria vita mentre noi osserviamo al caldo delle nostre case. E non bastasse, questi esseri umani vengono usati come arma di ricatto o di scambio tra governi».Mi pare di capire che considera questa cosa inaccettabile.«È agghiacciante. Come medici abbiamo fatto un giuramento, il giuramento di Ippocrate, che spiega chiaramente in che modo ci si deve comportare. Ogni medico nella sua attività quotidiana si prende cura della vita e della salute delle persone che si rivolgono a lui, e quanti di noi vanno in Africa o in altri Paesi poveri del mondo per
salvare delle vite? Ed è possibile restare ora in silenzio di fronte a queste vite in pericolo, a persone costrette all'addiaccio, in un mare agitato ed esposte a temperature invernali».E tra loro ci sono anche ragazzini...«Esattamente. Ci sono adulti che, immagino, vivano in un profondo stato di angoscia non sapendo quale futuro li attende, e ci sono bambini esposti a serie conseguenze fisiche e psicologiche. E non si dica che un sedicenne o un diciassettenne non è un minore...Spendiamo migliaia di euro di tecnologia per cercare di salvare un bimbo prematuro, e ci giriamo dall'altra parte di fronte ai migranti della Sea Watch? Ci stiamo assuefando al cinismo, alla banalità del male che osserviamo quasi indifferenti nella comodità della nostra casa. Non è accettabile. E in questi giorni, che chiamiamo "della memoria", davvero fatichiamo ad accostare i campi di concentramento in Libia ad altri distanti da noi solo qualche decennio? E i trasbordi di tanti disperati, non ci fanno ripensare ai treni piombati? Nessun parallelismo, certo, ma qualche somiglianza io la vedo».Quindi?«Quindi usciamo dal silenzio, facciamolo noi operatori sanitari, e assumiamoci le nostre responsabilità».- Un'ottantina di medici pediatri, primari, specializzandi sottoscrive l'appello rivolto alle istituzioni regionali e nazionali «Il governatore Fedriga apra i porti Fvg» UDINE. «I migranti della Sea Watch devono sbarcare immediatamente». E primi fra tutti i minori. È l'appello firmato da un'ottantina di medici, soprattutto pediatri, neonatologi, ginecologi, specializzandi, in servizio al Burlo e in altri ospedali della regione, lanciato ieri mattina da Pierpaolo Brovedani, neonatologo dell'Irccs Burlo Garofolo di Trieste che nel volgere di poche ore ha raccolto decine di adesioni. I medici si rivolgono al governatore Fvg Massimiliano Fedriga, e al sindaco di Trieste Di Piazza «perché dichiarino aperti i nostri porti e le nostre strutture per accogliere queste poche decine di migranti e prioritariamente bambini e minori». E sollecitano il Governo, dal premier Conte ai ministri Salvini e Toninelli, a «uscire dall'indifferenza e consentire lo sbarco di queste persone». La prima firma è quella di Pierpaolo Brovedani, pediatra neonatologo, a seguire hanno sottoscritto l'appello Roberto Dall'Amico, primario di pediatria a Pordenone; Franco Colonna, primario pediatra a San Vito al Tagliamento; Egidio Barbi, pediatra; Claudio Germani, pediatra; Marco Rabusin, pediatra; Giuseppe Ricci, ginecologo; Francesco Maria Risso, pediatra; Giuseppe Abbracciavento, neuropsichiatra infantile; Anna Agrusti, medico, specializzanda in pediatria; Stefano Amoroso, medico, specializzando in pediatria; Stefanny Andrade, medico, specializzanda in pediatria; Laura Badina, pediatra; Francesco Baldo, medico, specializzando in pediatria; Elena Battistuz, medico, specializzanda in pediatria; Maria Bernardon, ginecologa; Martina Bevacqua, medico, specializzanda in pediatria; Benedetta Bossini, medico, specializzanda in pediatria; Jenny Bua, pediatra; Giulia Caddeo, medico, specializzanda in pediatria; Marta Campagna, pediatra; Giorgia Carlone, medico, specializzanda in pediatria; Adriano Cattaneo, epidemiologo infantile; Gabriele Cont, pediatra; Mariasole Conte, medico, specializzanda in pediatria; Sarah Contorno, medico, specializzanda in pediatria; Ester Conversano, medico, specializzanda in pediatria; Cristiana Corrado, medico, specializzanda in pediatria; Francesca Corrias, medico, specializzanda in pediatria; Luisa Cortellazzo Wiel, medico, specializzanda in pediatria; Alessandro Daidone, medico, specializzando in pediatria; Laura De Nardi, medico, specializzanda in pediatria; Davide De Santo, ginecologo; Lucia De Zen, pediatra; Irene Del Rizzo, medico,
specializzanda in pediatria; Sara Della Paolera, medico, specializzanda in pediatria; Paola Devescovi, infermiera pediatrica; Giulia Maria Di Marzo, medico, specializzanda in neuropsichiatria infantile; Anna Favia, pediatra; Francesca Galdo, pediatra; Maria Rita Genovese, medico, specializzanda in pediatria; Rita Giorgi, pediatra; Antonio Grasso, medico, specializzando in pediatria; Veronica Guastalla, pediatra; Sara Lega, pediatra; Andrea Magnolato, pediatra; Marta Massaro, pediatra; Giuliana Morabito, pediatra; Valentina Moressa, medico, specializzanda in pediatria; Giovanna Morini, neuropsichiatra infantile; Laura Morra, medico, specializzanda in pediatria; Enrico Muzzi, medico ORL pediatrico; Daniela Nisticò, medico, specializzanda in pediatria; Tarcisio Not, pediatra; Laura Novello, assistente sociale; Paola Pascolo, pediatra; Matteo Pavan, pediatra; Roberto Pillon, medico, specializzando in pediatria; Stefano Pintaldi, medico, specializzando in pediatria; Riccardo Pinzan, anestesista pediatrico; Angela Pirrone, pediatra; Federico Poropat, pediatra; Sara Romano, medico, specializzanda in pediatria; Nicoletta Santangelo, ginecologa; Alessia Giuseppina Servidio, medico, specializzanda in pediatria; Aldo Skabar, neuropsichiatra infantile; Alice Sorz, ginecologa; Meta Starc, pediatra; Gianluca Tamaro, medico specializzando in pediatria; Alberto Tommasini, pediatra; Gianluca Tornese, pediatra; Laura Travan, pediatra; Marina Trevisan, pediatra; Andrea Trombetta, medico specializzando in pediatria; Angelica Velkoski, medico specializzanda in pediatria; Giulia Ventura, pediatra; Uri Wiesenfeld, ginecologo; Chiara Zanchi, pediatra. Incontro riservato tra il governatore e la coordinatrice regionale di Forza Italia L'obiettivo è rinsaldare l'alleanza tradizionale e ridimensionare Progetto Fvg Disgelo tra Fedriga e Savino e la destra "rivede" l'antico Mattia Pertoldi UDINE. La politica è l'arte del compromesso e un gioco in cui avversari e antagonisti, spesso, si mescolano tra loro cambiando, velocemente, posizione. Così nel centrodestra locale, a una manciata di mesi da Europee e Comunali, c'è qualcosa di nuovo, anzi d'antico, per dirla alla Giovanni Pascoli.Cosa è successo? Beh, il dato di cronaca, nudo e crudo, dice che ieri mattina in Regione si è svolto un riservatissimo incontro a due tra il governatore Massimiliano Fedriga e la coordinatrice regionale Sandra Savino. Normale, si dirà, tra alleati. Mica tanto, se pensiamo al recente passato. Non è certo un mistero, infatti, come i rapporti tra i due siano, o forse da ieri sarebbe meglio dire erano, a dir poco tesi.Almeno fin dai tempi delle trattative di palazzo Grazioli per la definizione del candidato presidente e, successivamente, della composizione della giunta con la scelta di Fedriga di puntare su Alessia Rosolen, "arcinemica" politica di Savino e del mondo camberiano di Trieste. In questi mesi, inoltre, mentre il gruppo consiliare azzurro e gli assessori di Forza Italia facevano quadrato attorno alla maggioranza, non sono mancate le frecciate di Savino - ma pure di altri parlamentari, come Franco Dal Mas -, nei confronti dell'amministrazione con la creazione di un dualismo che ha contribuito ad alimentare i malumori sull'asse Forza Italia-Lega. Poi, però, qualcosa è successo e si è materializzato per creare le condizioni del "gran disgelo" concretizzatosi ieri dalle parti di piazza Unità.E quel qualcosa ha un riferimento ben specifico perché porta a Progetto Fvg, alle operazioni di scouting avviate da mesi e all'attivismo di Ferruccio Saro. Prima, nel dettaglio, sono stati quelli che potremmo definire come i
corpi intermedi della Lega - leggasi un discreto numero di eletti e rappresentanti del Carroccio - a manifestare più di un mal di pancia per come si stavano muovendo Progetto Fvg e il suo segretario. Dall'uscita dall'Aula al momento della votazione sulla mozione anti-Tito, passando per la fuga in avanti sulle Province, alla sottolineatura di come, dopo una finanziaria con luci ma anche alcune ombre, la giunta abbia bisogno di una sterzata perché nel 2019 ci si gioca una buona fetta di legislatura fino al convegno di giovedì a Udine sullo "sblocca opere", tanto per essere chiari, i motivi di attrito, o quantomeno di dissenso, nel Carroccio sono stati parecchi. Se a questo, poi, ci aggiungiamo che in parecchi Comuni, Progetto Fvg sta dando l'impressione di potere (o volere) andare avanti per conto proprio in vista delle amministrative senza interpellare prima l'azionista di riferimento della maggioranza, il quadro è completo.Al punto tale che sono stati in parecchi, in queste settimane, a bussare alla porta del governatore per lamentarsi. Ora, la Lega sarà anche un partito leninista - dove si ascoltano tutti, ma alla fine decidono Fedriga in Fvg e Matteo Salvini a Roma -, ma certo il presidente, che più di qualcuno descrive comunque come infastidito da certi posizionamenti della civica, non può ignorare i suoi uomini. Visto, poi, come Savino e buona parte del gruppo azzurro vedano come fumo negli occhi tutto quello che sa di "sarismo", bene si capisce come l'operazione disgelo andata in scena ieri sia stata ampiamente agevolata dallo scenario contingente. Così come è palese l'obiettivo: rilanciare il centrodestra tradizionale - con uno schema a tre punte e a partire dalle Comunali - ridimensionando Progetto Fvg. Lega e Forza Italia, in fondo ci sono già, e considerato il clima che si respirava recentemente alle iniziative di Fratelli d'Italia nei confronti della civica - basti ricordare i mugugni all'evento organizzato a palazzo Kechler da Walter Rizzetto per rendersene conto - diventa quasi scontato ritenere che anche i meloniani abbiano tutta la voglia, e l'interesse, di essere della partita. Denunciate disparità tra marilenghe e sloveno Navarria: «Vogliamo il rispetto dei nostri diritti» I sindaci friulani minacciano azioni legali contro la Rai Alessandro Cesare UDINE. I sindaci friulani hanno perso la pazienza e alzano la voce. Contro la Regione, contro il Governo gialloverde e contro la Rai. Ciò che chiedono è semplice: il rispetto della legge di tutela delle minoranze linguistiche, la 482 del 1999, disattesa da 20 anni, e del contratto di servizio Rai già in vigore, con l'avvio delle trasmissioni televisive in lingua friulana sul canale Rai regionale.Oltre a ciò si aspettano lo stanziamento dei fondi necessari alle produzioni televisive in marilenghe per il prossimo quadriennio. In caso contrario sono pronti a rivolgersi a un legale per il riconoscimento di un diritto mancato. «I Governi nazionali non hanno rispettato l'impegno preso con la 482 - spiega Diego Navarria, portavoce della protesta e presidente dell'Assemblea della Comunità linguistica friulana -. Da anni la nostra minoranza sta ricevendo solo le briciole: 90 ore radiofoniche e zero ore televisive contro le 4 mila 700 ore, tra radio e tv, dedicate alla minoranza slovena, 200 mila euro annui contro 11 milioni. Non siamo contro le altre lingue del territorio, ma vogliamo pari dignità e pari trattamento».Navarria sa bene che la questione della minoranza slovena tocca interessi
internazionali, di rapporto tra lo Stato italiano e la Slovenia: «A noi interessa avere ciò che ci spetta per legge, nulla di più. Anche perché siamo la minoranza più numerosa in Fvg, che ha sempre pagato il canone. Dove non arriva né il buonsenso né la politica, ci penserà il diritto». La levata di scudi dei sindaci del Friuli parte da Udine, dalla sede della Regione, durante un incontro organizzato per spiegare le ragioni della protesta. Nessun parlamentare presente (solo i messaggi di sostegno giunti da Mario Pittoni e Aurelia Bubisutti per la Lega, Guido Germano Pettarin per Fi, Tatiana Rojc per il Pd), nessun componente della giunta Fedriga, a rappresentare la Regione c'erano solo i consiglieri Massimo Morettuzzo (Patto per l'Autonomia) e Diego Bernardis (Lega).Una "freddezza", quella della politica nostrana, ribadita da Navarria, che sperava in qualcosa di più. «A luglio il Consiglio ha approvato una mozione all'unanimità sulla questione del friulano in Rai - chiarisce Navarria -, ma sono passati mesi e nulla è successo. Le trasmissioni in lingua friulana, nella programmazione autunnale, non ci sono». La mozione impegnava la giunta a verificare l'attuazione delle previsioni normative relative alla promozione delle culture e alla tutela delle minoranze linguistiche presenti in regione, con il potenziamento delle sedi Rai di Udine e di Pordenone. La pazienza dei sindaci è agli sgoccioli e se nel Milleproroghe atteso per il mese di marzo non conterrà le risorse per avviare una produzione dei programmi televisivi in marilenghe, l'unica strada percorribile sarà quella del ricorso. «Nel dopoguerra il ruolo della tv fu determinante per insegnare l'italiano alle persone - ricorda Navarria -. Vogliamo che questo accada anche in Fvg per il friulano. Non deve essere la Regione a pagare per un servizio che va garantito dallo Stato». incontro a roma Missione di Zanin per i corregionali in fuga dalla crisi in Venezuela UDINE. La drammatica situazione di molti corregionali venezuelani che cercano rifugio e sicurezza raggiungendo in tutti i modi l'Argentina sarà al centro di un incontro nei prossimi giorni a Roma con il direttore generale della Direzione per gli italiani all'Estero Luigi Vignali, per definire alcune linee di azione che possano essere promosse dal Fvg.Lo fa sapere il presidente del Consiglio regionale Piero Mauro Zanin che attraverso Luigi Papais, componente del Consiglio generale degli emigrati all'estero (Cgie), ha in corso i contatti con l'organismo della Farnesina. «Durante la permanenza in Argentina - spiega Zanin -, ho appreso dal console a Rosario che molti cittadini italiani, e tra questi anche corregionali discendenti di quei friulani e giuliani emigrati oltre oceano decine di anni fa, stanno fuggendo dal Venezuela con mezzi di fortuna e giungono in prossimità del confine argentino stremati, bisognosi dei più elementari generi di prima necessità».Alcune famiglie sono state accolte e aiutate dal consolato «ma la realtà è preoccupante se si pensa che sono circa 150 mila gli italiani in Venezuela, di cui 5 mila originari del Friuli Venezia Giulia e tra questi 2 mila con passaporto italiano: cifre impressionanti, davanti alle quali non possiamo rimanere indifferenti. Dobbiamo mettere in campo alcune iniziative di aiuto dirette, non solo per quanto riguarda generi di prima necessità e medicinali, ma anche immaginando sia dei percorsi per eventuali rimpatri con il riconoscimento, data l'instabilità politica del Venezuela, dello status di rifugiato politico, sia le condizioni di sostegno per reimpostare la propria vita qui».
terzo settore La regione è ai vertici in Italia per partecipazione sociale udine. «Il sistema sociale in Fvg, come dimostrano i dati, pone la regione in testa alle classifiche rispetto alle medie del Paese per partecipazione attiva. La politica, quindi, deve mettere il mondo del volontariato, della cooperazione sociale e dell'associazionismo in condizione di poter continuare ad operare in modo efficiente perché non si può istituzionalizzare tutto. Le aziende sanitarie sono uno strumento indispensabile ma devono coordinare le realtà del privato sociale per consentire loro di liberare esperienze e risorse in grado di dare risposte di qualità più alte a un costo inferiore».Lo ha affermato il vicegovernatore Fvg con delega alla Salute, Ricardo Riccardi, in occasione del convegno promosso dal Comitato delle organizzazioni del privato sociale per l'assistenza residenziale e diurna delle persone con disabilità (Cops) su "Sostegni e assistenza alle persone con disabilità: lo stato dell'arte in Fvg e nuove prospettive delineate dalla riforma sanitaria regionale", nel corso del quale sono stati illustrati anche i dati regionali sul sistema sociale.Nel 2016, il 13,6% delle persone di almeno 14 anni ha svolto attività gratuita di volontariato rispetto al 10,7% del Paese e l'85,4% ha dichiarato di avere parenti, amici o vicini su cui può contare contro il dato nazionale che si attesta all'81,7%. Una persona su cinque, inoltre, ha versato del denaro a favore di qualche associazione (19,8% in Fvg 14,8% in Italia).Al 30 aprile 2017, sono mille e 196 le organizzazioni di volontariato iscritte nel registro regionale, ovvero il 5,7% in più rispetto al 2016, mentre le associazioni di promozione sociale si attestano a 630, quasi il 20% in più rispetto all'anno prima. Sono cresciute in particolare le associazioni dei settori sociale e sanitario (+4,5%) e ambientale (+4,2%). 28 GENNAIO 2019 Il commissario straordinario di Governo è morto a Varese, aveva 85 anni. Domani i funerali di Stato, la gente lo ringrazia Il Friuli non dimenticherà Zamberletti gestì l'emergenza dopo il sisma del '76 Giacomina Pellizzari udine. Il Friuli ringrazia e non dimentica l'onorevole democristiano Giuseppe Zamberletti, commissario straordinario di Governo dopo il terremoto del 1976. Zamberletti, 85 anni, se ne è andato sabato sera nella sua Varese. Era molto legato alla nostra terra alla quale, quasi 43 anni fa, aveva messo a disposizione la sua determinazione nel momento più drammatico che i friulani vissero dopo le guerre. Oggi è sempre quel popolo a piangere l'uomo prima che il politico catapultato nella terra di confine a gestire un'emergenza senza precedenti: quasi mille morti, oltre 2.600 feriti, decine di comuni rasi al suolo e 100 mila senzatetto. Lo ricordò lo scorso maggio nell'ultima sua visita a
Majano e Gemona.Zamberletti arrivò in Friuli a bordo di un aereo militare il 7 maggio 1976 e si trovò ad affrontare una realtà «più dura e caotica di quello che si tende a ricordare», disse con il senno di poi in "La memoria di un evento" il volume dell'Associazione comuni terremotati e sindaci della ricostruzione del Friuli. Le informazioni erano poche, né i prefetti né le Forze armate avevano piani di intervento per rispondere alla gente rimasta senza casa e affetti. La stessa nomina a commissario di Governo per il coordinamento dei soccorsi avvenuta a 22 ore dal sisma era un fatto eccezionale e, sulle prime, contribuì a confondere le idee. Si scontava «l'assenza di norme sulle "calamità nazionale" e la mancanza di una pianificazione preventiva della risposta da dare a eventi di estensione almeno regionale». Un vuoto che da lì a qualche anno Zamberletti avrebbe riempito con la creazione della Protezione civile.Ma torniamo al 1976. Il commissario di Governo si insedia in prefettura a Udine e nomina vice commissari i prefetti di Udine e di Pordenone, Domenico Spaziante e Mario Arduini, il comandante della Divisione Mantova, il generale Mario Rossi, e il comandante nazionale dei vigili del fuoco, Alessandro Giomi. Gli appare «subito evidente - sono le sue parole - quanto fosse indispensabile tenere frequenti riunioni anche personali con i sindaci, alla luce delle loro difficoltà operative di fronte alle prime decisioni che tendevano a far centralizzare eccessivamente la gestione dei problemi». Zamberletti si rende conto che deve disporre di «un efficiente punto di coordinamento dei processi decisionali di enti o poteri dello Stato che sono dotati di una propria autonomia e gerarchia interna». Non perde tempo e tre giorni dopo il suo arrivo istituisce nove Centri operativi di settore (Cos) «come luoghi accessibili in cui organizzare e coordinare gli interventi». A questi fanno riferimento i Centri operativi municipali guidati dal sindaco in ogni comune. Coordinati dal commissario, i Cos operano a tutto campo e in 20 giorni allestiscono 18 mila tende e sistemano 80 mila persone. La gente vuole restare nei luoghi del disastro. Due mesi dopo la macchina dei soccorsi è rodata, può contare su 13 mila militari che si muovono quotidianamente. Il 25 luglio Zamberletti rientra a Roma.In Friuli si inizia a riparare le case e a installare i prefabbricati salvo accorgersi poi che «in quella sede - sono sempre le parole di Zamberletti - furono valutati troppo ottimisticamente i tempi», L'operazione si ferma con le scosse di settembre. La gente perde la speranza e la forza che l'avevano contraddistinta a maggio, in Friuli arriva una commissione parlamentare e decide che Zamberletti deve tornare. L'onorevole della Democrazia cristiana viene rinominato commissario con poteri più forti dei precedenti, questa volta deve saldare la fase dei soccorsi alla ricostruzione. Il nuovo terremoto del 15 settembre lo sorprende in prefettura a Udine dove si rende conto che il fabbisogno di alloggio è raddoppiato e che le tende sono ormai inadatte. Con la consueta fermezza il commissario trasferisce la gente sulla costa. Ripristina i Cos, crea i Dipartimenti di assistenza nelle località balneari dove accoglie circa 40 mila persone. Garantisce che entro il 31 marzo 1977 tutti avranno i prefabbricati. Rispetta la tabella di marcia anche se il Parlamento prudentemente fissa il termine della gestione commissariale per il 30 aprile. «Quel giorno - concluse Zamberletti - segnò l'avvio del percorso della ricostruzione e registrò un commosso "arrivederci" tra i friulani e i tanti che avevano con loro condiviso una stagione angosciosa ma anche ricca di impegno e di fiducia nella rinascita». Quell'affetto è stato rinnovato a ogni commemorazione del 6 maggio. «Una calamità - scrisse - ha il potere di farci sentire figli di una stessa terra, eredi di un patrimonio comune, di un comune destino». In Friuli Zamberletti resterà un esempio di rinascita. Tutte le volte che tornava la gente voleva stringergli la mano e l'eco di quel grazie senza fine lo accompagnerà anche nel suo ultimo viaggio. I funerali di Stato saranno celebrati domani, alle 10, a Varese, nella basilica di San Vittore.
il personaggio Era un figlio di questa terra morta e risorta A sinistra, una delle ultime apparizioni pubbliche di Zamberletti. Quindi un po' di sue apparizioni in Friuli: con il presidente della Regione Adriano Biasutti, con Giulio Andreotti e, nella foto grande, davanti a uno dei "monumenti" crollati nel 1976, il castello di Colloredo di Monte Albano. Con lui, in primo pianto, c'era anche l'allora vescovo Brollo. Da Zorro a Garibaldi del Friuli, a Mister terremoto i suoi soprannomi Rivendicava il successo di non aver costretto la gente a lasciare i paesi Padre della Protezione civile capì subito la nostra gente e il desiderio di fare da soli il ritratto Paolo Medeossi Giuseppe Zamberletti capì subito i friulani, chi sono e la loro volontà di fare da soli le cose essenziali, pur stando dentro le regole e i doveri. Lo si intuì fin dai suoi primi passi da commissario del governo in mezzo a una terra devastata, frastornata e stupita. Considerazioni che vengono spontanee e logiche adesso, quasi 43 anni dopo, ma rafforzatesi fin dagli inizi di questa storia che ha visto come protagonista un democristiano intelligente e abile alla vecchia maniera, quella della Prima Repubblica, che avrà avuto mille difetti, ma che richiedeva a chi si cimentava a certi livelli qualità e conoscenze limate e affinate da un'efficace gavetta politica. Zamberletti venne catapultato il 7 maggio 1976 da Roma a Udine trovandosi in una delle peggiori emergenze mai scatenatisi in Italia. E a poco a poco, in uno scenario da incubo, cominciò a meritarsi i soprannomi che via via si sono accumulati nella sua biografia. Inizialmente era "Zorro" perché così veniva chiamato tra i radioamatori, sua passione che gli sarà utile nella gestione dei soccorsi. Poi divenne "il Garibaldi del Friuli" per la capacità anche carismatica nel guidare la macchina organizzativa delegando e coinvolgendo con passione. E venne definito pure "Mister terremoto" perché, in una nazione vulnerabile e indifesa davanti ai disastri naturali, è stato tra i pochi politici ad averne coscienza con una sensibilità che tramutava in efficienza. Grazie a lui, come tutti sanno, è nata in Italia la Protezione civile, inventata attorno all'esperienza dei centri operativi volontari sorti a Majano e poi ovunque, come ha narrato Luciano Di Sopra nel libro "Modello Friuli". La capacità di capire il Friuli nell'anima e nel carattere della gente emerge attraverso i gesti di Zamberletti, le fotografie, i discorsi, gli aneddoti, come è testimoniato in libri, interviste, servizi televisivi usciti a bizzeffe dal 1976. C'è per esempio una straordinaria intervista fattagli da Bruno Vespa tra le macerie di Gemona in cui l'onorevole di Varese dice parole ancora più significative e profonde che se le avesse pronunciate uno di noi, perché lui, da foresto, aveva saputo scandagliarci dentro, ispirando a ciò la sua azione di commissario del governo, tra atti burocratici e tecnici. Rivendicava come successo principale il fatto di aver scongiurato che i paesi venissero abbandonati per concentrare la gente in un
unico grande abitato senz'anima. Aveva insomma compreso che solamente nella varietà dei luoghi e dei legami specifici con essi si poteva preservare lo spirito di un popolo chiamato a vivere in zone complicate, eppure non omologato e per questo resistente a invasioni, guerre e calamità.Tanto andrebbe detto su "Zorro" e su cosa accadde lungo i 250 giorni del periodo di commissario in Friuli (250 giorni che poi si sono prolungati fino a oggi, per gratitudine e amicizia verso di lui). Tutti conosciamo a memoria i passaggi di una vicenda epocale, nella quale il Friuli rischiò di sparire, ma uno va soprattutto ricordato. Il 13 settembre 1976 la Regione si arrese perché non aveva vinto la sfida impossibile di ridare una casa a tutti prima dell'inverno. Intanto il terremoto si accanì ancora. Era il momento della sfiducia, della sconfitta definitiva, delle polemiche roventi. "Zorro" tornò e garantì: entro aprile daremo un prefabbricato a tutti, per poter poi ricostruire le case. La gente sfollò e attese. Zamberletti puntò su quella coraggiosa, gigantesca promessa e la vinse. Per questo, è adesso un eroe friulano al cento per cento. Riconoscenza paolo mosanghini Un uomo d'altri tempi, si usa dire per descrivere chi si è fatto riconoscere nella vita senza spingere. Giuseppe Zamberletti allergico alla ribalta della politica urlata è stato il protagonista della politica del fare, legando il suo nome all'Italia che voleva rinascere da disastri naturali.Ha saputo essere al servizio della "res publica" con la passione, l'equilibrio, lo spirito di servizio, l'abnegazione che sono propri di un politico di razza che esige da se stesso un impegno e una costanza crescenti in nome del popolo che rappresenta.Zamberletti è legato - e sempre lo sarà - al terremoto, al nostro terremoto, a quel 6 maggio che ha cambiato i destini di questa terra. Il suo nome si è intrecciato migliaia di volte con le pagine di questo giornale quando i redattori di allora seguivano passo dopo passo il lavoro di quest'uomo arrivato da Varese.In mano gli era stata messa una sfida. La seppe affrontare e vincere: i risultati sono agli atti della storia.Il modello Friuli è diventato molto più di un modello, grazie a lui. È stato ed è un percorso, un cammino, la forza e la volontà, la caparbietà di chi non solo vuole, ma addirittura pretende di rinascere. Zamberletti infuse - da leader senza palcoscenici e da uomo del fare - la fiducia nel futuro a una terra devastata, piegata, ferita.I suoi bollettini trovarono spazio quotidianamente su queste pagine creando un rapporto non solo professionale, ma di amicizia. L'allora direttore Vittorino Meloni formò con Zamberletti un sodalizio al servizio della collettività basato sulla totale condivisione di intenti. Scrissero assieme, seppur con ruoli diversi, pagine drammatiche ed esaltanti.Domani sarà salutato nella sua città con gli onori che merita. Il Friuli custodirà di lui un ricordo indelebile; il ringraziamento che il Friuli gli deve non si sbiadirà. E c'è da augurarsi che nelle prossime settimane anche in Friuli si celebri la sua figura nei luoghi del 1976.Zamberletti è stato sempre un riferimento, è stato legato a questa terra come ci fosse nato. Per questo oggi i friulani gli devono rendere un immenso "grazie". Con il cuore.
Da Fedriga agli ex presidenti Serracchiani e Tondo, coro trasversale di gratitudine L'ex collaboratore Zuballi: visione ampia e umanità coniugate con l'efficienza Cordoglio e tanti grazie dai politici: ha ridato la speranza e un futuro Viviana Zamarian UDINE. «Grazie per quello che hai fatto per la nostra terra, grazie per aver ridato speranza e futuro alla nostra gente». Il grazie del presidente del Fvg Massimiliano Fedriga a Giuseppe Zamberletti è quello di una regione intera. Un grazie sentito, profondo. Un grazie che arriva trasversalmente da tutto il mondo della politica. «Se il Friuli è uscito con grande slancio prospettico dal post terremoto del 1976 - aggiunge Fedriga - lo si deve anche all'opera di colui che, nelle vesti di commissario straordinario per l'emergenza, seppe valutare capacità e determinazione di un territorio storicamente e culturalmente mai domo, delegando ai sindaci importanti competenze e coordinando al meglio quello che è riconosciuto nel mondo come il modello Friuli». Al cordoglio di Fedriga si è unito quello del governatore del Veneto Luca Zaia per il quale «da oltre quarant'anni si scrive Zamberletti e si legge Protezione civile, un uomo di grande coraggio e lucidità, che seppe fare dello slancio solidaristico una istituzione». Lo salutano anche i presidenti di Lombardia Attilio Fontana con la promessa «che faremo tesoro del suo prezioso lavoro», della Liguria Giovanni Toti: «Grazie a lui l'Italia è un luogo più sicuro», dell'Umbria Catiuscia Marini: «Ci rimane in eredità l'esperienza istituzionale al servizio del Paese», del Trentino Maurizio Fugatti: «Ha ispirato centinaia e centinaia di uomini e donne che hanno rischiato spesso la propria incolumità per difendere quella del prossimo». Cordoglio è stato espresso dal presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini: «Zamberletti è l'esempio di come la politica, quando vuole, possa guardare lontano». Per il presidente del Consiglio regionale del Fvg Piero Mauro Zanin è mancato «un amico e un uomo-guida del Fvg che ha condiviso con gli amministratori e le popolazioni la pagina più difficile della storia di questa regione coniugando grandezza politica e forza empatica. Con lui scompare l'ultimo grande protagonista e testimone di quegli anni e di quelle scelte, che con questa terra e la sua gente ha mantenuto sempre vivo un legame di affetto». Un ricordo, quello di Zamberletti, che «rimarrà vivo nelle nostre comunità, un uomo al quale il Friuli sarà sempre riconoscente». Ad affermarlo è il capogruppo del Pd in Consiglio regionale, Sergio Bolzonello. «Non fu solo il padre della Pc - prosegue -, ma fu per noi colui che guidò la rinascita di una terra ferita. Promise alla gente e ai sindaci che il Friuli sarebbe risorto grazie a un modello che ancora oggi viene guardato come esempio. Intuendo per primo quanto, accanto al sistema di soccorso nelle emergenze, è necessario un sistema che permetta la previsione e la prevenzione dei rischi naturali». Per la deputata dem, ex governatrice del Fvg Debora Serracchiani, «l'Italia perde un vero servitore dello Stato, retto e capace nel suo agire, mite e determinato. Zamberletti lascia un esempio scolpito nelle molte opere che testimoniano il suo impegno per la salvaguardia del nostro Paese». E sono «la sua cordiale umanità e la sua generosa curiosità verso gli altri che non vanno dimenticate. Ho avuto la fortuna di conversare con lui in varie occasioni ricevendo un arricchimento che andava oltre lo scambio delle idee». Per l'ex governatore del Fvg Renzo Tondo, deputato di Noi con l'Italia, che lo conobbe durante l'emergenza del sisma, «se ne è andato un uomo straordinario. Lo ricorderemo per l'impegno e la concretezza, la
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